Circa alle 6.30 arrivano sul posto il Colonnello Olinto Dell’Amico e il Sostituto Procuratore Antonino Caponnetto. I rilievi fotografici vengono eseguiti su richiesta del Procuratore Caponnetto da un gruppo specializzato dei carabinieri di Firenze. Il Procuratore Caponnetto detta il verbale di ricognizione 22 agosto 1968.
Nel frattempo molti curiosi si erano radunati sul posto.
Trascrizione Verbale di ricostruzione
Alle ore 6.30 del 22 agosto 1968 i sottostanti Dr. Antonino Caponnetto, Sost. Procuratore della Repubblica di Firenze, assistito dal Tenente dei CC. Olinto Dell’Amico, del gruppo CC. di Firenze, ci siamo recati in località “Castelletti” di Signa, via Vingone dove a poche decine di metri dall’incrocio per Lecore trovasi una autovettura tipo Alfa Romeo Giulietta TI, targata AR 63442, sui cui sedili anteriori sono i corpi di un uomo e di una donna, apparentemente senza vita.
Si da atto che a mezzo dei militari del nucleo investigativo vengono eseguiti accurati rilievi fotografici, cui si fa rimando per una più esatta trascrizione della posizione dei corpi nella autovettura.
Su una prima sommaria ispezione allo esterno e di interno della vettura sono stati rinvenuti e repertati n° 2 bossoli cal. 22 rinvenuti a terra sul lato sinistro del veicolo, nonché un proiettile dello stesso calibro, deformato per schiacciamento, sul pavimento della vettura, nello spazio fra i sedili anteriore e posteriore sul lato destro.
Si da atto che è presente anche il Dr. Pratelli Ugo medico condotto di Signa per gli opportuni accertamenti rilievi medico-legali.
Alle ore 8.05 sopraggiunti due autofurgoni funebri da Lastra a Signa e Campi Bisenzio, i due corpi vengono adagiati in due barelle onde consentire al Dr. Pratelli Ugo un primo sommario esame dei corpi; “Il cadavere della donna presenta un avanzato stato di rigidità cadaverica. Presenta esternamente due fori, uno sopra la mammella destra sul margine (e)sternale e uno in zona della branca xifo-ombelicale. Posteriormente si notano tre fori: uno in corrispondenza della scapola sinistra e due nella regione lombare sinistra.
Il cadavere dell’uomo presenta egualmente un avanzato stato di rigidità cadaverica. Presenta un foro sulla regione ascellare sinistra, uno nel III superiore posteriore del braccio sinistro, uno sulla regione (p)arascapolare sinistra. Anteriormente presenta un foro al III medio del braccio sinistro, uno al III superiore del braccio sinistro, uno al III superiore dell’avambraccio sinistro. L’epoca della morte risale a circa 8 ore fa. Circa la causa della stessa, fatti salvi quelli che saranno i rilievi autoptici, le cause sembrano le identiche, sia per l’uomo che per la donna, in una emorragia intensa provocata da colpi di arma da fuoco.
L. e S.
Ugo Pratelli
Sost. Procuratore Caponnetto
Olinto D’Amico Tenente CC
Si da atto che durante l’ispezione del cadavere della donna è stato rinvenuto fra gli abiti della stessa un proiettile dello stesso calibro di quelli già in precedenza repertati.
Olinto D’Amico Tenente CC
Caponnetto
V Per presa visone e con rinuncia al quesito(?) 29.8.68 XXXX
XXXX per gg tre (processo con detenuto) XXXXX Fi 29.8.1968
All’interno dell’auto viene trovata, tra il sedile e il montante dello sportello lato passeggero, la borsa aperta della Barbara Locci. Fu pensato che fosse stata frugata, ma niente risultò mancare. Viene ritrovata, nell’auto, anche il porta-patente di Antonio Lo Bianco contenente un piccolo calendario che si trovavano frequentemente all’epoca come pubblicità, nel caso di un barbiere con sopra raffigurante donne semi-svestite. La Locci presenta al collo una catenina d’oro spezzata di cui una parte giace sul pavimento della macchina e una parte è rimasta incastrata fra le pieghe della pelle.
La Posizione dei cadaveri si ritrova descritta nel Rapporto Giudiziario di Gerardo Matassino del 21 settembre.
” -Premettendo che il sedile anteriore destro è ribaltato si afferma che sdraiato – in posizione supina – giace Lo Binco Antonio con le mani che reggono i pantaloni, come nello atto di chi vuole abbassarli o calzarli. Gli stessi sono sbottonati a metà con la cinghia slacciata. Il Lo Bianco veste:–canottiera di cotone bianco, casacca chiara, slips bianchi, pantaloni scuri, calzini scuri e calza solamente la scarpa destra Sui suoi vestiti, all‘altezza della spalla sinistra e sul – ginocchio sinistro,si notano delle macchie di sangue –Al posto di guida, sedile anteriore, trovasi Locci Barbara, in posizione semi–sdraiata,con il capo reclinato verso la spalla sinistra e gli arti superiori penzoloni lateralmente al busto. Le vesti della Locci sono scomposte tanto che ambedue le cosce sono scoperte quasi all‘altezza dell‘inguine, La Locci veste:–abito di stoffa variopinta, sottoveste chiara, reggiseno nero, mutandine bianche e non calza le scarpe che si trovano invece al di sotto del sedile anteriore. Evidenti fori prodotti da colpi di arma da fuoco si notano sul petto della donne, con macchie di sangue all‘altezza dell‘ombelico. Al collo della donna è posta una catenina in oro giallo, spezzata in due punti e lo spezzone, di circa tre centimetri, derivato dalla rottura,attaccato alla pelle.–La catenina viene repertata e rimessa come corpo di reato.”
Viene poi ispezionata l’automobile.
“Continuando nella sommaria ispezione dell‘interno si rinviene, posta nello spazio esistente tra il sedile anteriore e quello posteriore destro, una pallottola esplosa, presumibilmente da cartuccia calibro 22, che viene repertata dal Magistrato. Nell‘ispezionare le zone laterali ove è parcata l‘autovettura, sulla parte sinistra, in relazione alla direzione di marcia della macchina, si rinvengono tre bossoli recenti stampigliata sul fondello la lettera H. I bossoli, sempre di calibro 22, vengono anche questi repertati dal Magistrato.”
La zona viene setacciata con cura, all‘operazione prendono parte, oltre a militari dell‘Arma, Vigili del fuoco di Firenze e militari della Compagnia Genio Pontieri della Caserma *Predieri” di Rovezzano. L‘operazione stessa dà però esito negativo e nulla viene rinvenuto.
I cadaveri, estratti dall’automobile, furono valutati in un primo momento sul posto.
L’Avv. Filastò asseriva che dalle risultanze ufficiali alla donna fosse stata strappata la collanina d’oro che aveva un crocifisso od una madonnina e che post mortem il MdF si fosse adoperato per tirarle su le mutandine che la donna aveva abbassate.
In base a quanto in vostra disponibilità documentale questo corrisponde alla verità?
Si tratta di ipotesi, non può esistere la certezza di un comportamento ricostruito. Potrebbe essere stato il marito…
Se il Mele avesse effettivamente sparato potrebbe averlo fatto ma risulta evidente che l’omicida non sia lui.
Pudore postumo?
Concordo.
Ma da parte di chi è soprattutto perché?
Non ci dimentichiamo che il Mele « portava la colazione a letto a moglie e amanti vari » per cui questo « pudore postumo» risulterebbe un’azione improbabile soprattutto nella concitazione del momento e con il bambino che presumibilmente piangeva o gridava.
Ma la collanina strappata conteneva una immagine sacra?
Non è stata rubata.
É stata tolta dal collo della donna.
Era indegna di indossarla?
Se così fosse e collegandola all’atto sopra di pietàs potrebbe configurare una sequenza logica che avrebbe una genesi diversa.
Mi sembra una buona linea di pensiero, ma aggiungo che secondo me la presenza del bambino potrebbe essere proprio quella che ha fatto scattare l ira del Mele. Sentirsi tradito davanti al figlio potrebbe avergli fatto pensare: tu mi tradisci proprio davanti agli occhi di nostro figlio? Io davanti ai suoi occhi ti uccido. Credo sia una possibilità.