Ponte alle Palle

24 Agosto 1968. Nel pomeriggio anche Natalino Mele viene interrogato. Il bimbo dopa aver passato la notte del 22 a casa con il padre il giorno 23 viene affidato, su richiesta dello stesso padre che è stato incriminato, alla sorella Antonietta che è sposata con Piero Mucciarini.

L’interrogatorio di Natalino è per capire cosa ricorda lui dell’omicidio e soprattutto per farsi spiegare come ha raggiunto la casa di Francesco De Felice. Sino a quel momento ha sostenuto di essere arrivato dal De Felice a piedi da solo. Per spingerlo a ricordare viene addirittura riportato sul posto, ma la sua testimonianza rimane la stessa anche se confusa, sia per come è arrivato a casa di Francesco De Felice sia per chi sono le persone che ricorda sul posto al momento dell’omicidio.

Il Maresciallo Gaetano Ferrero accompagna Natalino in questa ricostruzione. Ad un certo momento il Maresciallo Ferrero dice a Natalino: “Senti Natalino, come vedi su questa strada è impossibile camminare senza scarpe, forse hai fatto un’altra strada e non questa” Natalino risponde: “Questa è la strada da qui sono passato a piedi” Ferrero: “Bada Natalino se non dici la verità questa notte al buio rifaremo la stessa strada, però senza scarpe come quella notte” Natalino: “No. Quella notte mi portò il mio babbo a cavalluccio”.

Ad un certo punto Natalino afferma che è stato accompagnato a cavalluccio dal padre sino al ponticello, anzi lo definisce secondo ponte. Il padre, Stefano Mele, sarebbe poi tornato indietro.

Questo un estratto del 25 Agosto 1968 processo verbale relativo al sopralluogo sommario e successiva ispezione del percorso compiuto da Mele Natale:

“Il percorso veniva iniziato a bordo autovettura Fiat 600 di servizio, partendo dal luogo del delitto.
DESCRIZIONE DELL’ESPERIMENTO:
Giunti sul luogo del delitto il MELE Natale, che calzava un regolare paio di scarpe, indicava la posizione in cui si trovava a dormire sulla macchina e cioè con la testa riversa verso la parte destra della vettura, disteso lungo il sedile posteriore. Precisava che dopo essersi svegliato trovò la mamma morta al posto di guida e sul sedile di destra, disteso, lo “zio”, mentre prima, al posto di guida si trovava lo “zio”. Che erano morti… morti proprio. Che spaventato si allungò per suonare il clacson manovrando delle manovelle sul cruscotto, quindi aprì la portiera posteriore destra e da solo, senza scarpe e coi soli calzini si avviò a piedi lungo la stradicciola in avanti. A questo punto i verbalizzanti avvertono che “ora faremo assieme il percorso”, e infatti alle ore 16,45 viene avviata l’autovettura. Il Mele pronto dice: “Non è possibile passare – ci sono le montagne”.
Si dà atto che la strada in quel punto è in rettilineo per circa 300 metri anche se con fondo ghiaioso è agevolmente percorribile anche con autovettura e non presenta alcuna asperità e, pertanto la marcia prosegue. Il Mele ripeteva che c‘erano… le montagne. Infatti percorsi i circa 600 metri dopo aver superato una curva, si presentavano sulla strada degli ostacoli formati da mucchi di ghiaia al centro della strada. Alla vista di detti mucchi di ghiaia il bambino, tutto soddisfatto per aver preventivato il percorso diceva: “avete visto che ci sono le montagne e che non si può passare con la macchina?”. Superando alcune difficoltà si proseguiva finché gli ostacoli stessi non si presentarono insuperabili. Ma poco dopo altri più grossi mucchi di ghiaia si presentavano davanti a noi in tutta la sede stradale a forma di grosse pietre tagliati che rendevano assolutamente impossibile proseguire. Infatti l’autovettura non poteva assolutamente proseguire per la presenza di mucchi di massi e di ghiaia di monte tagliente da poco scaricata in attesa di essere cosparsa sul piano stradale. Il brigadiere POLI Evaristo con l’ausilio di alcuni contadini intenti nei pressi nei lavori agricoli, disincagliava l’autovettura dai massi e di peso non essendo in quel punto possibile la manovra, invertiva la marcia e tornava indietro, mentre il maresciallo FERRERO proseguiva a piedi la strada unitamente al piccolo Mele. 
Strada facendo il Maresciallo Ferrero mostrando le asprità della strada, rivolgendosi al Mele Natale disse: “Senti Natalino, come vedi su questa strada è impossibile camminare senza scarpe, forse hai fatto altra strada, non questa”. Il bambino replicava: “questa è la strada e da qui sono passato a piedi”, al che il verbalizzante replicava: “bada Natalino, se non dici la verità questa notte al buio rifaremo la stessa strada, però senza scarpe come quella notte”. Al che il Mele di scatto rispose: “No! Quella notte mi portò il mio babbo” precisando… “a cavalluccio”. Si proseguiva così ripetendo che quella è la strada percorsa “col suo babbo” e si raggiungeva un ponticello intersecante con una strada rotabile comunale in terra battuta che dai colli Bassi di Signa porta a S. Angelo a Lecore. In quel punto il Mele Natale indicava di essere ivi stato deposto dal suo babbo e che il suo babbo era tornato indietro – che non sapeva per quale strada il suo babbo era tornata indietro e cioè se la prima o la seconda ivi intersecata, e che lui da quel punto, da solo, aveva raggiunto la casa bianca che si intravedeva illuminata sulla strada statale a S. Angelo a Lecore.

Si dà atto ancora che il Mele Natale, giunti a circa 100 metri dalla “casa bianca”” indicò, rallegrandosi, di averla rintracciata con sicurezza e per dimostrare che ciò era vero indicò che colà, puntando il ditino, vi erano una fila di campanelli. Raggiunta la casetta e preso atto che di fianco al portoncino sulla destra a circa metri 1,60 metri dal suolo effettivamente esistevano, in posizione verticale, una fila di sei bottoni per campanelli, ben visibili. Una lampadina sopra la porta di notte illumina la facciata dello stabile. Il Male disse: “andiamo – non mi faccia entrare in quella casa”.
Però non esitò al nostro invito di suonare. Il Mele istintivamente alzò il braccio senza peraltro poter raggiungere i1 pulsante perché era posto troppe alto rispetto la sua altezza, ma egli immediatamente mise il piede sinistro sul gradino della porta, si appoggiò allo spigolo del muro a con la mano destra, allungandosi, suonò il primo campanello partendo dal basso. Si dà atto che gli altri campanelli non sarebbero stati raggiunti dal bambino anche salendo sul gradino, perché troppo in alto. A questo punto l‘orologio segnava le ore 17,25. Per cui per compiere i 2.500 – 3.000 metri del percorso è stato impiegato 40 minuti.
Si dà altresì atto che alla suonata del campanello si presentò subito alla porta il muratore DE FELICE Francesco, nato a Poggio Marino (Napoli) il 29.10.1942, residente a Campi Bisenzio – Frazione S. Ange1o a Lecore – Via Pistoiese n. 154 interno n. 1, il quale, unitamente alla moglie sopraggiunta, riconobbe subito il piccolo Mele Natale. Anche il bambino 1i riconobbe dimostrò subito familiarità e si mise a giocare con una bambina dei predetti coniugi.
De Felice precisò che quella notte, udendo lo squillo del campanello, istintivamente guardò l’orologio che segnava le ore 2.00 esatte; che aperse subito la finestra; che alla sua vista il bambino Mele disse “aprimi che ho sonno – dopo mi accompagni a case perché ho sonno e mi mamma e mi “zio” morti”; che sulla strada non aveva notato altre persone, né intesi rumori di autovetture o di altri mezzi; che a cospetto del ragazzo solo, scalzo, nel cuore della notte, pensò che qualcosa di grave doveva effettivamente essere successo, e pertanto chiamava subito il suo padrone di casa Marcello Manetti, abitante al piano superiore, da dove insieme partirono per dare l’allarme ai vicini carabinieri di S. Piero a Ponti; che in caserma trovarono il carabiniere Mario Giacomini il quale si accompagnò loro, prelevarono il bambino nel frattempo rimasto in casa e con l’autovettura del MANETTI su indicazione del bambino che parlava di… “vicino al cimitero”, rintracciarono l‘autovettura, visibile infatti dalla strada che porta al Cimitero di Signa, perché aveva la freccia di direzione (quella destra) accesa ad intermittenza si illuminava. Così localizzata l‘autovettura e notati nell’interno i due cadaveri, tutti i predetti raggiungevano questo Comande di Tenenza da dove veniva informato il M.M. c.s. FERRERO che immediatamente raggiungeva il luogo, e iniziava le indagini come innanzi detto.

Rientrati in caserma Natalino viene sentito dal Magistrato Antonino Caponnetto a cui però fornisce una leggermente diversa versione: “Il bambino riferisce più volte che, quando si svegliò in macchina, vide suo padre seduto vicino a lui sul lato sinistro del sedile posteriore… suo padre lo fece uscire dalla macchina dallo sportello posteriore destro e poi lo prese per mano, accompagnandolo fin presso la casa dove poi da solo il bimbo suonò… per buona parte della strada lo portò a cavalluccio…”

1968 08 24 – Interrogatorio Natalino – Caponnetto solo pag. 1

Questa una nostra ricostruzione del percorso di Natalino quella sera

24 Agosto 1968 Testimonianza di Natale (Natalino) Mele (2°)

5 pensieri su “24 Agosto 1968 Testimonianza di Natale (Natalino) Mele (2°)

    • 7 Maggio 2023 alle 22:47
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      … e allora a che serve il commento?

      Rispondi
  • 29 Maggio 2024 alle 08:23
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    Ma scusate secondo me e impossibile che Natalino non abbia mai visto il mostro di Firenze. Uno che uccide sua mamma lo vedi. penso che abbia davvero visto il mostro di Firenze,solo che il mostro di Firenze lo ha minacciato che se avesse detto qualcosa lo avrebbe ucciso e tutt’ora ha paura.poi il mostro uccideva coppiette non bambini. Penso questo io che dite voi? Attendo risposte

    Rispondi
    • 29 Maggio 2024 alle 09:20
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      E’ una sua opinione, le opinioni sono lecite, cosa dovremmo rispondere?

      Rispondi
  • 7 Agosto 2024 alle 18:18
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    Gli inquirenti fin dall’inizio non hanno saputo fare nulla di efficace per capirci qualcosa….hanno trascurato dei dettagli importanti, non hanno fatto parlare chi doveva, non hanno fatto attivita’ di pedinamento e osservazione su Stefano Mele marito della Locci e su Giovanni Mele il fratello…….Stefano Mele a riguardo del delitto della Locci, intorno agli anni 80, in piena attivita’ dei mostri, risponde cosi’ ad una persona che gli dice di dire la verita’: “”se vengono quelli mi ammazzano, ho mio figlio da proteggere….”” prima di tutto parlo’ al prurale, seconda cosa da notare, se lui si riferiva a Francesco e Salvatore Vinci lo avrebbe detto tranquillamente come aveva gia’ fatto tante volte, lui Non si riferiva ai Vinci…ma ad un gruppo di persone che all’epoca non si sono individuati……soprattutto Non venivano da Signa….ma dsl Mugello, intorno a San Casciano, dove Stefano Mele e Barbara Locci avevano abitato prima del 68…..la Locci di facili costumi era stata individuata e avvicinata da qualcuno nel periodo in cui avevano abitato nel Mugello…..poi lei si era trasferita con Mele a Signa…dove poi l’hanno pedinata…e si sa bene che nel Cinema di Signa avevano visto un uomo che era entrato insieme a Locci e l’amante la sera del delitto…..insomma il mostro…i mostri venivano dal Mugello…avevano cknosciuto li’ la Locci…….non si considera che oltre Pacciani il quale abitava in quella zona…, e Calamandrei che abitava in quella zona….in quella zona ad Impruneta abitava Giulio Zucconi….e si sa che per in periodo Zucconi e Pacciani erano vicini di casa….le loro abitazioni confinavano…..inoltre quando molto tardi hanno perquisito Giovanni Mele…nel suo portafoglio aveva una Lama di Bisturi, peli di Pube femminile, ed inoltre a Mantova dove aveva lavorato si dice sparasse la notte con una pistola….la chiave l’inizio di tutto sta proprio in questi nomi: Pacciani, Giovanni Mele, Calamandrei, Giulio Zucconi……e senza menzionare che Natalino in riferimento al delitto, parla dello zio Piero…confondendosi….il nome di Pacciani e’ Pietro….forse Natalino aveva sentito parlare di un Pietro…dalla madre….ma non avendolo visto mai lo aveva confuso con Piero..Piero Mucciarini che Non c’entra Nulla……..Giovanni Mele forse e’ stato il primo indieme a Pacciani a partecipare agli incontri in qualche villa non identificata dove si svolgevano riti di magia nera/satanico/esoterico…..

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