LA COPPIA ASSASSINATA IN AUTO
Perizia psichiatrica per l’indiziato di Signa Scarcerato il presunto complice – Il bimbo ha ammesso di avere assistito al delitto
Firenze 27 agosto, notte.
L’inchiesta giudiziaria sulla tragedia di Signa (dove Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono trucidati con otto colpi di pistola durante un convegno amoroso) può dirsi conclusa con l’incriminazione del marito della donna, il muratore sardo Stefano Mele che dovrà rispondere di duplice omicidio aggravato e premeditato, e per il quale il magistrato inquirente, dottor Caponnetto, ha chiesto stasera la perizia psichiatrica.
Il presunto complice, Francesco Vinci, che aveva frequentato assiduamente la Locci tempo fa, tanto da incorrere in una denuncia per concubinato da parte della propria moglie, e sul conto del quale erano affiorati gravi sospetti (lo aveva esplicitamente accusato, fra l’altro, lo stesso Mele), è stato scarcerato per mancanza di indizi.
Le indagini hanno rivelato che Natalino Mele, di sei anni, il bambino della Locci, vide uccidere la madre e l’amante di lei, ma fu indotto dal padre a non svelare il terribile segreto.
Pastore per lunghi anni ad Orgosolo, prima di trasferirsi in Toscana, il Mele aveva insegnato al figlioletto l’omertà, come norma di vita. Si spiega così come il ragazzo sia riuscito a non tradirsi, ripetendo ai carabinieri più volte la versione che il padre gli aveva suggerito. Ma agì da solo il Mele? Gli investigatori non escludono che un complice, più
o meno necessario, lo abbia aiutato nella preparazione, se non nell’esecuzione, del duplice assassinio.