Il 29 maggio 1975 il Colonnello Innocenzo Zuntini, a seguito dell’incarico di perizia balistica del 12 ottobre 1974, e dopo aver consegnato i primi accertamenti il 18 ottobre 1974, consegnò la perizia balistica sul duplice delitto di Borgo San Lorenzo del 15 settembre 1974.
Questi i bossoli ritrovati sulla scena del crimine e consegnati a Zuntini in data 12 ottobre 1974.
Questo il verbale di consegna: 29 maggio 1975 Consegna Perizia Zuntini delitto 1974
Questa la perizia: 29 maggio 1975 Perizia Zuntini delitto 1974 completa
Questo un disegno presente all’interno della perizia:
Questa la trascrizione, forse incompleta e da controllare:
PERIZIA TECNICO-BALISTICA DI UFFICIO DEL COL. ART. ZUNTINI INNOCENZO CIRC. IL DUPLICE OMICIDIO AVVENUTO A BORGO S. LORENZO (FI) IN DATA SET. 1974 IN CUI FURONO UCCISI PETTINI STEFANIA E GENTILCORE PASQUALE.
ORIGINALE
IL PERITO TECNICO-BALISTICO
COL. ART. ZUNTINI INNOCENZO
I N D I C E
1) AFFIDAMENTO DELL’ INCARICO E QUESITI. pag.2
2) IMPOSTAZIONE TECNICA E PRIMI RISULTATI DELLE INDAGINI PERITALI. pag.3
3) I REPERTI – CIO’ CHI CI DICONO – LORO IMPORTANZA. pag.5
4) SOPRALLUOGO ED ISPEZIONE DELL’AUTOVETTURA. pag.10
5) LE FERITE RIPORTATE DAI DUE LESI. pag.17
6) L’ARMA CON LA QUALE FURONO SPARATI I COLPI. pag.23
7) MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DALL’EPISODIO CRIMINALE. pag.26
8) CONCLUSIONE E RISPOSTA AI QUESITI. pag.32
ALLEG. N°1 – ALCUNI FRAMMENTI DEL VETRO ROTTO.
ALLEG. N°2 – PROIETTILI E BOSSOLI REPERTATI.
ALLEG. N°3 – LA PISTOLA AUT. BERETTA C.L.22 L.R. MOD. 73 E MOD. 74
ALLEG. N°4 – COMUNICAZIONE DELL’ESITO PRIME INDAGINI
PERIZIA TECNICO-BALISTICA DI UFFICIO DEL COL. ART. ZUNTINI INNOCENZO CIRC. IL DUPLICE OMICIDIO AVVENUTO A BORGO S. LORENZO (FI) IN DATA SET. 1974 IN CUI FURONO UCCISI PETTINI STEFANIA E GENTILCORE PASQUALE.
1°) AFFIDAMENTO DELL’INCARICO E QUESITI.
In data 12 Ott. 1974 il sottoscritto veniva convocato nelle sue funzioni di Perito tecnico-balistico dal Dott. Vittorio La Cava nel suo ufficio; il Magistrato dopo l’accettazione da parte il Perito dell’incarico peritale e dopo i preliminari di rito poneva al Perito i seguenti quesiti: “Sulla base degli accertamenti di Polizia operati dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Firenze e dai Carabinieri di Borgo S. Lorenzo, nonchè sulla base degli accertamenti necroscopici già compiuti ed in corso di svolgimento ed infine sulla base dei reperti tra cui i proiettili – relativi bossoli in reperto e l’Autovettura Fiat 127 nella quale si trovavano il Gentilcore e la Pettini al momento del fatto (depositata presso i Carabinieri di Borgo S. Lorenzo) dica il Perito:
1°) quale fu il n° dei proiettili che raggiunse i 2 obiettivi umani;
2°) quali le regioni colpite da detti proiettili;
3°) distanza, provenienza o angolazione dei proiettili rispetto ai corpi delle vittime se detti proiettili possano essere stati sparati da una o più persone;
4°) qual tipo di arma o i tipi di armi adoperate dallo sparatore o dagli sparatori;
5°) se il cristallo corrispondente al posto di guida dell’auto trovato infranto, possa essere stato frantumato da uno di detti proiettili (e da quale distanza in tale caso sia stato esploso) oppure da altro mezzo;
6°) In quale modo si possa ricostruire nell’insieme e nei vari momenti esecutivi lo svolgimento di fatti relativamente alla esplosione dei colpi di arma da fuoco.
Il P.M. autorizzava in pari tempo il Perito ed eseguire sul vetro omologo della stessa autovettura la prova di tiro al fine di definire il quesito di cui al n°5.
Lo autorizzava inoltre a prendere visione ed a fare l’uso necessario di tutti i reperti sopra indicati e di quelli che eventualmente potessero ancora trovarsi in corso delle indagini.
Autorizzava inoltre il Perito a prendere visione degli atti di P.G.
Il Perito chiedeva un termine di almeno 50 gg. per rispondere ai quesiti.
Il P.M. concedeva il chiesto termine e consegnava in visione al perito gli atti di P.G.
Era presente all’affidamento dell’incarico l’avv. Bianco Marino difensore dell’indiziato Guido Giovannini.
2°) IMPOSTAZIONE TECNICA E PRIMI RISULTATI DELLE INDAGINI PERITALI
Al momento dell’affidamento dell’incarico, essendo le indagini febbrilmente in corso, al fine di individuare i responsabili del crimine, il G.I. chiese la collaborazione dello scrivente essenzialmente per chiarire 3 punti:
a) – se si trattava del delitto di un criminale che agiva da solo oppure di più persone (era chiaro infatti che i due lesi erano stati uccisi nell’interno dell’autovettura senza che nessuno di essi tentasse o potesse tentare un minimo accenno di reazione o di fuga, mentre lo sparatore (se unico) rivolgeva intanto l’arma verso la 1a delle vittime)
b) – quale precisa arma (o quali armi in alternativa) erano state impiegate per il delitto; e ciò al fine di potere individuare, quanto prima, il oppure i responsabili
c) – ricostruire l’azione nei minimi particolari al fine di poterne vagliare le modalità esecutive e, dal quadro di insieme, avere una specie di identikit morale di comportamento del o dei responsabili.
Si tratta in definitiva di esaminare, unitamente ai Periti Medici Legali tutte le ferite sia da arma di fuoco che di arma bianca inferte alle vittime (e ciò da parte nostra solo dal punto di vista della balistica terminale) allo scopo di determinare, attraverso gli effetti riscontrati ed i reperti, il tipo di arma e l’ordine di successione.
Dallo studio di tali effetti la moderna Criminologia arriva a stabilire, spesso senza che possano sussistere dubbi, i minimi particolari di un’azione criminosa, i mezzi usati e dal comportamento del reo anche la personalità ed il tipo di temperamento criminale dello stesso.
Era cosi possibile stabilire, attraverso l’esame dei bossoli repertati e dei proiettili estratti ai lesi, non solo la Ditta costruttrice, ma anche il modello della pistola (unica) impiegata che fu dallo scrivente comunicato al G.I. Dott. La Cava con lettera raccomandata (allegata in copia) nella speranza che anche con l’ausilio di tale elemento si potesse giungere alla identificazione del reo e stabilire in pari tempo tutte le modalità esecutive del delitto.
Con tale comunicazione, già 6gg. dopo l’affidamento, il Perito forniva praticamente, la risposta a tutti i quesiti posti, riservandosi di approfondire e di fornire successivamente entro i termini assegnati, ogni più esauriente dimostrazione tecnica atta a chiarire più compiutamente il delitto.
Il Perito pertanto, pur confermando le varie affermazioni che formano l’oggetto della comunicazione di cui sopra, si accinge ora ad esaminare metodicamente i vari elementi già emersi o rilevati nel corso delle indagini ed a fornire la dimostrazione tecnica circa le conclusioni cui era giunto.
3) I REPERTI, CIO’ CHE SI DICONO, LORO IMPORTANZA
a) I 5 BOSSOLI ESPLOSI.
Si tratta di bossoletti a percussione anulare in ottone già facenti parte di cartucce cal. 22 L.R. di marca Winchester (la Winchester Italiane di Anagni – Roma); ciò si rileva anche dalla H impressa al centro del fondello.
Tale bossoli furono rinvenuti sul terreno, alla sinistra della autovettura 127 sulla quale si trovavano i 2 cadaveri, all’altezza della ruota posteriore sinistra, su un’area di circa 1 m quadro. Quando, pochi giorni dopo l’affidamento della perizia, lo scrivente si rese conto che i colpi esplosi nell’episodio erano stati n°. 11 oppure al minimo n°. 10, effettuò ancora in zona (alla presenza dei CC.) delle ricerche dei rimanenti 5-6 bossoletti, valendosi anche di un rilevatore magnetico nei punti ove avrebbero dovuto essere caduti, ma senza risultato.
Ciò poteva essere un indizio che colui che esplose i colpi avesse in pugno una pistola a rotazione (o revolvers, ve ne sono appunto da 5 a 6 colpi); in tal modo, esplosi i primi 5-6 colpi contenuti nel tamburo, lo sparatore avrebbe scaricato simultaneamente l’arma dei bossoli vuoti (come si fa in effetti), avrebbe ricaricato l’arma con altre cartucce ed avrebbe nuovamente fatto fuoco.
Il tempo minimo occorrente per rifare solo tale operazione è di almeno 30”; ma come vedremo in seguito, la dinamica dell’episodio NON gli avrebbe consentito un intervallo di circa 1 minuto primo (considerando anche il tempo per andare all’altro sportello), né durante tutto tale tempo l’altra vittima designata, che fu ferita sulla parte destra, se ne sarebbe stata lì ad attendere.
Sennonché esaminando attentamente i bossoli con una lente (oppure al microscopio) ci si rende conto benissimo che egli stessi furono invece esplosi con una pistola automatica, in quanto sul fondello di ciascuno di essi è visibile il duplice segno dell’espulsore rilevabile alle ore 7 e alle ore 9 (considerando un ipotetico orologio centrato sul fondello del bossolo con il segno più evidente della percussione ubicato sulle ore 12); qualora l’arma fosse stata un revolver, tali segni dell’espulsore non si sarebbero potuti rilevare in quanto le armi di tale tipo ne sono sprovvisti.
Altro segno caratteristica delle pistole aut. è rilevabile alla base della parte cilindrica di ciascun bossoletto, quasi a contatto con l’orletto anulare di base (rim), in posizione diametralmente opposto al segno del percussore che è visibile sull’orlo della faccia di ciascuno fondello; tale segno è costituito da un piccolo rigonfiamento che si forma per la mancanza di appoggio in tal punto in corrispondenza del quale sull’arma abbiamo la gola di caricamento della cartuccia.
In tal modo abbiamo già potuto constatare che i 5 bossoletti in reperto furono esplosi con una pistola automatica.
Abbiamo già accennato al fatto che sul fondello di ciascuno bossoletto è rilevabile, perché inciso profondamente e nettamente, il segno del percussore del tipo a sbarretta rettangolare; esso è delle dimensioni di circa 1,6 x 0,75.
Si notano poi come già detto i 2 segni dell’espulsore.
Dallo studio di tali segni (percussore ed espulsore) potremo arrivare alla individuazione del tipo di arma che ha esplosi i bossoli in reperto (Ditta costruttrice e modello dell’arma); infatti è una caratteristica delle armi cal. 22 che ciascuna Ditta ha adottato un tipo di percussore con una forma particolare, inoltre quasi sempre anche gli espulsori hanno forma e posizione (riferita alla posizione del percussore) particolare.
b)– I PROIETTILI IN REPERTO.
Si tratta di n. 6 proiettili estratti in sede di esame autoptico dei 2 lesi, di cui 4 interi, ma parzialmente deformati, 1 è ridotto a 1/3 del suo volume totale (solo il fondello), 1 è aperto e schiacciato.
Repertiamo inoltre altri 2 proiettili schiacciati, rinvenuti dallo scrivente nell’imbottitura dello schienale del sedile di guida che appariva forato solo in entrata.
Tali proiettili di piombo con ramatura esterna facevano tutti parte di cartucce tipo “solid” cal. 22 Long Rifl. Marca Winchester, le stesse quindi delle quali facevano parte anche i bossoli già esaminati.
E’ importante notare come tali proiettili portano incise, lungo la parte cilindrica, n. 6 rigature destrorse costituenti la traccia dei pieni della rigatura dell’arma; essi appena urtano si deformano molto facilmente in quanto sono di piombo con ramatura superficiali e quindi senza rivestimento protettivo. Si rileva che il rapporto fra pieni e vuoti è di circa 1:43.
Concludiamo intanto l’arma che ha esplosi tali proiettili è una arma avente n.° 6 righe volgenti a destra, ciascuna delle dimensioni derivanti dal rapporto sopra accennato; anche tale dato ci servirà per individuare la Ditta costruttrice ed il modello dell’arma che ha sparato.
c– MATERASSINO IN GOMMAPIUMA CON FODERA IN VINILPELLA NERA
Tale oggetto è stato creato su misura per l’uso in un piccola autovettura utilitaria; ha le dimensioni di cm 53 x 90 con una appendice ripiegabile (lunghezza totale m. 1,36).
Esso si trovava sul sedile del posto di guida ed appare colpito nella parte che ci trovava più alto, da 2 proiettili che, dopo averla traversato (per un colpo anche due volte, essendo il medesimo piegato), hanno proseguito oltre.
Il materassino risulta poco sporco di macchie di sangue; in quanto lo stesso si trovava subito a contatto della poltroncina del sedile di guida, e sopra di esso vi era una stuoia coprisedile con il fondo il paglia (del tipo che si usano durante l’estate perché il sedile non riscaldi), che esamineremo al successivo punto d).
d) – STUOIE COPRISEDILE
Si tratta di due stuoie di paglia su supporto di stoffa rinforzate con bordo in pelle nera. Esse si trovano:
– quella del sedile del posto di guida, sopra il materassino, di cui al precedente c);
– quella del sedile anteriore destro, direttamente sul sedili,
Come noto, sul sedile di guida fu trovato il corpo e sangue del Gentilcore, il quale fu rimosso solo l’indomani mattina dopo circa 7-8 ore dal fatto; la stuoia appare pertanto sporca di sangue per circa 50% e porta i fori di due proiettili che colpirono successivamente il materassino (punto c) e lo schienale del sedile di guida.
Sul sedile di destra (che aveva la spalliera completamente rovesciata all’indietro con la testata sul sedile posteriore), come noto, non fu trovata la Pettini; la stuoia appare però ugualmente sporca di sangue per circa il 40%.
Alcune importanti osservazioni ci consentiranno di affermare che la vittima fu colpita mortalmente, prima con la pistola, mentre si trovava appunto distesa sul sedile di destra e che fu lasciata appunto morente su tale sedile per un tempo valutabile, intorno ai 10 minuti primi, prima di essere trasportata dietro l’autovettura e seviziata.
Osserviamo intanto che la stuoia, nella zona di giunzione fra il sedile e la spalliera, presenta un foro di proiettili analogo agli altri, ma un poco più largo; tale foro ci consentirà di fissare l’esatta posizione della vittima, nel momento in cui fu ferita.
4) SOPRALUOGO E ISPEZIONE DELL’AUTOVETTURA
Lo scrivente ha avuto modo di esaminare minutamente l’autovettura nella quale erano le due vittime, circa un mese dopo i fatti, subito dopo l’affidamento della perizia; da alcuni esami completati da alcune precisazioni del Com.nte la Staz. C.C. di Borgo S. Lorenzo, che si recò sul porto, subito dopo che fu segnalato il fatto, è risultato quanto segue:
a) Sportello sinistro e vetro rotto.
Lo sportello sinistro all’atto in cui fu scoperto il delitto si presentava chiuso e con la sicura inserita; il vetro appariva rotto come risulta dalla foto n. 7 del fascicolo della squadra P.G. dei C.C. di Borgo S. Lorenzo.
Come si può rilevare anche dai frammenti del vetro rotto ancora presenti nella parte alta dello sportello (foto agli atti), al momento in cui lo stesso fu rotto era completamente alzato.
Si noti come il Gentilcore si trovava con la regione temporozigomatica sinistra contro la parte centrale del bordo inferiore di tale sportello, lo stesso appariva ferito in tale zona fino alla palpebra superiore.
Tale ferita è stata giudicata dai periti medico legali come prodotta mentre il leso era ancora in vita (v. n. 1 dell’ispezione esterna); gli stessi hanno convenuto con lo scrivente che la ferita fu prodotto verosimilmente, mentre il leso ormai colpito mortalmente, ma ancora in vita si abbatteva sul sedile di guida e negli ultimi spasmi dell’agonia urtava con il capo contro il bordo inferiore dello sportello.
In tale istante il vetro doveva certamente essere già rotto, infatti urtando con la testa contro un vetro del genere ancora integro, non è possibile romperlo,; inoltre anche nell’ipotesi di un colpo molto violento il leso avrebbe per lo meno dovuto presentare una forte contusione alla bozza frontale sinistra (il che non è stato rilevato).
Le linee di frattura più marcate del vetro convergono in un punto presso che centrale, ma spostato verso la parte posteriore, di circa 10 cm. ove verosimilmente, doveva trovarsi il punto di impatto del corpo contundente che lo aveva rotto (v. indicazioni sulla foto n. 9).
Per giudicare se il vetro è stato rotto dall’esterno oppure dall’interno, era sufficiente controllare in quale verso volgeva la “bombatura dei frammenti ancora in sito.
Nel sopralluogo lo scrivente poté controllare chiaramente che la bombatura era rivolta verso l’esterno; e che inoltre la grande maggioranza dei frammenti giaceva verso l’esterno dell’autovettura.
In base a quanto spora si può quindi concludere che il vetro è stato rotto all’interno dell’autovettura.
Tale punto, apparentemente di scarsa importanza, costituisce invece un elemento essenziale di partenza per la ricostruzione dell’incidente.
Era noto allo scrivente, per precedenti esperienze che un proiettile cal. 22 esploso a pochi metri di distanza contro un vetro, tipo “securit” dello spessore di mm. 4,5 quale quello in esame, lo perfora sicuramente producendo una crettatura analoga a quella riscontrata, se l’angolo di incidenza è compreso fra i 40 gradi e i 90 gradi; per valori intorno ai 30 gradi o meno, il proiettile che è di piombo nudo, rimbalza deformandosi; pertanto in seguito alla constatazione del verso della bombatura ritiene chiarite le cause che avevano prodotta la rottura di tale vetro e rinuncio alla facoltà concessagli dal G.I. di effettuare delle prove con una pistola cal. 22 contro il vetro dell’altro sportello.
Nell’allegato n. 1 presentiamo alcuni frammenti di vetro a suo tempo repertati; in esso si nota:
– che esiste un frammento plurimo ( o crittato ) di vetro ove è chiaro il punto di impatto di un corpo di minime dimensioni (proiettile) e che da tale punto le linee di rottura si ripartono a raggiera;
– che esistono molti frammenti di forma allungata caratteristici delle zone abbastanza vicine ad un punto di impatto puntiforme;
– che esistono anche molte zone di crettatura a chicco caratteristiche di zone perimetrali.
Dalla foto n. 9 del fascicolo della squadra di P.G. abbaiamo indicato sul prolungamento delle linee principali di rottura del vetro, quale è il punto centrale di impatto dal quale tali linee si dipartono.
D’altra parte è chiaro che, data la dinamica dell’episodio ed il fatto che il vetro fu rotto necessariamente verso l’esterno dell’autovettura, nessun altro mezzo per quanto possa essere idoneo a raggiungere un analogo risultato, può essere stato impiegato; in contrapposto il fatto che il vetro non possa essere stato rotto che mediante un colpo di pistola, ci dice che lo sparatore agiva dal vano della portiera destra mentre esso si trovava a diretto contatto con esso e con la portiera sulla destra aperta, come di norma a circa 45 gradi.
Tal fatto come vedremo fra poco, ci viene anche confermato dal luogo di ritrovamento dei cinque bossoli che ad un esame superficiale potrebbe sembrare strano o inspiegabile.
b)cosa ci dice il rinvenimento dei cinque bossoli
Al momento del sopralluogo, era opinione di quanti trattavano il caso che i proiettili erano staffi esplosi con una pistola a rotazione (revolver) e perciò vi erano i bossoli riuniti in una stessa zona della sinistra dell’autovettura, mentre gli altri bossoli vuoti potevano essere restati nel revolver dopo effettuata la seconda ripresa di tiro.
Poiché il Gentilcore appariva sul sedile sinistro colpito sul fianco sinistro e nelle parti anteriori della persona sembrava logico concludere che lo stesso era stato ucciso sullo sportello sinistro aperto.
Esaminando bene (con i Medici Legali) i tramiti delle 5 ferite da proiettile del leso, ci rendiamo conto che non poteva essere stato colpito da tale posizione; inoltre non si spiegavano le tracce degli altri colpi rilevati nell’autovettura, né il ferimento della Pettini la quale, non potendo neanche essere ferita come lo fu dalla sportello sinistro, certo non sarebbe stata ad attendere che lo sparatore avesse estratti i bossoli, sulla sinistra dell’autovettura, ricaricate le singole cartucce del tamburo si fosse poi portato presso di Lei; né si spiegavano tutti gli altri elementi, compresa sicura inserita allo sportello sinistro dopo essere stato eventualmente richiuso.
Esaminati i tramiti delle ferite sui 2 lesi, inquadrando il tutto nella dinamica dell’episodio, ci si renderà conto che i colpi furono esplosi in uno spazio di tempo di circa 10’’, quindi in rapida successione.
D’altra parte l’ipotesi (assurda come abbiamo visto) dell’impiego di un revolver cadeva definitivamente dopo la consultazione da parte dello scrivente, che i 5 bossoli erano invece stati esplosi tutti da una pistola automatica della quale erano chiari sul fondello i segni dell’espulsore (cap. 3 – a).
Poiché, le pistole automatiche in genere espellono i bossoli sulla destra dell’arma diagonalmente un poco in alto ad una distanza di circa 3 m., è chiaro che sparando con l’arma a circa 1 metro di altezza dal vano dello sportello destro aperto (come di norma a 40-50 gradi), i bossoli espulsi urtano contro il vetro (che nella vettura in esame era alzato, come si rivela anche dalla foto n. 6) ed ivi rimbalzando, a causa dell’angolazione che avevano, passano sopra l’autovettura per cadere subito al di la sulla sinistra della stessa.
Diamo atto che lo scrivente ha effettuato alcune prove per avere la conferma pratica di tale fatto e che quanto sopra descritto si è verificato.
Abbiamo avuto conferma pertanto che i 5 bossoli trovati sulla sinistra dell’autovettura a circa 1 metro della ruota posteriore sinistra della stessa possono essere stati esplosi dal vano dello sportello destro aperto.
c) ispezione esterna dell’autovettura
Come abbiamo visto, sia il materassino di un gommapiuma che si trovava sul sedile del posto di guida, che la stuoia che era ancora sopra di esso appariva colpiti da due proiettili; gli stessi avevano successivamente perforato il rivestimento di vinilpelle rossa del sedile stesso nello schienale, ma non erano passati della parte opposta.
Era chiaro pertanto che tali 2 proiettili dovevano trovarsi nella imbottitura dello schienale; dopo una rapida ispezione ne abbiamo trovato uno nella parte bassa e l’altro rannicchiato contro un supporto tubolare.
Li abbiamo repertati entrambi e li presentiamo in allegato n. 2.
Esaminando i tramiti dei due proiettili è facile concludere che gli stessi furono esplosi dal vano dello sportello destro, vedremo in seguito in quale momento dell’episodio.
Avevamo rilevato (v. cap. 3) che anche la stuoia che era sul sedile di destra presentava un foro nella zona di giunzione fra sedile e spalliera; a seconda della direzione seguita dal proiettile nel fare tale foro e conoscendo ormai la zona dalla quale era stato esploso, avremmo dovuto trovare il proiettile schiacciato o la traccia nel punto di impatto; infatti sulla guida metallica di scorrimento del sedile di destra abbiamo potuto rilevare una zona deformata a causa dell’impatto del proiettile che era ivi rimbalzato, forando successivamente la stuoia come già visto.
Da ciò se ne trae la prova che quando fu esploso tale colpo, con inclinazione di circa 45 gradi, la Pettini doveva trovarsi sdraiata sul sedile di destra (che era ribaltato) in quanto in sede di autopsia fu rilevato sul fianco destro (quindi nella zona che era a contatto con quella del foro esistente sulla stuoia) una triplice ferita penetrante prodotta dai tre frammenti metallici (provenienti quindi dal proiettile che aveva impattato nella guida del sedile rimbalzando ed aprendosi).
Nessuna altra traccia di proiettili fu notata nell’autovettura per quanto accurata sia stata l’ispezione.
5) LA FERITE RIPORTATE DAI DUE LESI.
Per poter rendersi conto della dinamica dell’episodio occorre esaminare i tramiti delle ferite di armi da fuoco riportate sia dal Gentilcore, che dalla Pettini; da tali tramiti né conseguirà la posizione dei due lesi nei singoli istanti in cui furono colpiti con ciascuno di tali proiettili, quella di colui che esplose i colpi ed in definitiva la risposta a tutti i quesiti posti dal G.I.
Prima di esaminare i tramiti di tali ferite è opportuno premettere un cenno della capacità lesiva dei proiettili cal. 22 in reperto.
In allegato n. 2 presentiamo una cartuccia Winchester cal. 22 L.R. “solid” corrispondente al cal. di mm 5,6, identica quindi a quella usata da colui che esplose i colpi; cartucce che possono essere usate sia con carabine da tiro a segno, che con pistole.
Esplodendo tali cartucce con una pistola con canna lunga 15 cm il proiettile parte con una velocità di 353m/sec. .
Poiché il proiettile ha un peso di gr. 2,59 la forza viva dello stesso è all’origine di Chilogrammetri 15,4.
Si tratta quindi di un proiettile molto veloce e penetrante; più potente del proiettile della pistola automatica cal. 6,35 (di maggior calibro) che è di soli 10 Kgm; meno potente pero del proiettile della 7,65 che è di Kgm 21.
La capacità di penetrazione di tale proiettile nel corpo umano è di circa 28-30 cm se non incontra ostacoli consistenti (ossa) che, dato il minimo peso del proiettile, possono deformarlo ed arrestarlo.
Gentilcore Pasquale
Fu colpito da 5 proiettili che furono tutti ritenuti nel corpo del leso ove si arrestarono; vediamo per ciascuno di essi i tramiti elencandoli con l’ordine secondo cui siamo stati esplosi, citando per ciascun punto colpito il n. del paragrafo in cui è descritta la ferita nella Ispezione esterna del cadavere stilata dai Periti Medici:
1°colpo (Sin dx) – Faccia esterna braccio sinistro (n.°9) – Faccia interna braccio sinistro (n.°10) – emitorace sinistro (n.° 7) zona sottoscapolare sin. (n.ç 18) – (tramite di circa 22 – 24 cm).
2° colpo (Sin dx) – Faccia esterna avambraccio sin. (n.° 12)- faccia interna (n.° 13) – emitorace sinistro sull’ascellare anteriore, settimo spazio intercostale, polmone sinistro, cuore, polmone dx., quinto spazio intercostale, muscoli intercostali. (Tramite circa 30 cm.)
3° colpo( Sin dx) – Ala iliaca sin. (n.° 8) – regione lombare sin. (Tramiti circa 15 cm)
4° colpo (Sin dx) – Regione inguinale sin. – alla iliaca dx. – Tramite circa 20 cm
5° colpo – Zona ombelicale – arresto contro vertebre L2 – L3- Tramite circa 15 cm.
Nel caso che i tramiti non sono stati più corti del normale (colpi 3-5-4), ciò significa che i proiettili hanno incontrato ostacoli consistenti che li hanno rallentati e fermati.
I proiettili sono stati tutti ritenuti nel corpo del leso ed estratti in sede di sezione cadaverica; li presentiamo in allegato n.2.
I primi 3 colpi avevano provenienza rispetto al leso, da sinistra verso destra e pertanto lo sparatore era sulla sinistra rispetto alla posizione del leso ; il quarto fu esploso mentre il leso si era girato attorno all’asse di persona di circa 45 gradi; il quinto quando ormai si era girato di 90 gradi e presentava quindi il ventre verso lo sparatore; vedremo fra poco in quale posizione si trovava il leso.
Le ferite erano tutte molto gravi, in particolare la seconda (ferita al cuore) era mortale, nel senso che la morte intervenne dopo qualche minuto.
Oltre alle cinque ferite da proiettile il leso presentava anche alcune ferite da arma bianca (molto gravi), fra cui in particolare n. 2 all’emitorace destro inferta con un coltello (n. 16- 17) e penetranti in cavità circa 10 cm. (di cui cm 5, 2 e cm 5,5 rispettivamente nel fegato).
Le foto n. 8-9-10 mostrano il leso nella posizione in cui fu trovato; essi indicano che lo stesso prima di reclinare, ormai sfinito, il capo verso sinistra, scivolando poi verso destra col bacino, subì almeno per qualche minuto una copiosa emorragia che imbrattò il bordo superiore delle mutandine, prevalentemente sulla parte posteriore destra sulla quale quindi in primo tempo lo stesso doveva essere poggiato e reclinato.
Il Consulente di Ufficio ritiene che il Gentilcore fu il primo ad essere ferito (e ne chiariremo le cause); contro la stessa vennero esplosi i cinque colpi che lo ferirono mortalmente, il colpo che ruppe il vetro dello sportello ed i 2 che colpirono il sedile. In totale n.° 8 colpi.
Pettini Stefania
Fu colpita da tre proiettili che le infersero delle ferite non gravi; vi sono segni indubbi che lo sparatore e la sua vittima si trovassero a distanza molto ravvicinata (lui nel vano della portiera, Lei sul sedile destro, ribaltato); vi sono ancora molti fatti che indicano (e lo vedremo meglio fra poco) che la Pettini cercò di difendersi con le mani e con le gambe.
Certamente per tali ragioni lo sparatore, che pure aveva la sua vittima in posizione distesa a cosi breve distanza, non riuscì neanche a colpirla mortalmente come in caso contrario sarebbe stato facile.
Infatti la Pettini fu ferita dai seguenti proiettili:
1°colpo – il proiettile impattò prima contro la guida di scorrimento dal sedile con angolo di circa 45 gradi, rimbalzò verso l’alto, scindendosi in 3 frammenti di cui almeno uno passò fra sedile e spalliera, perforò quindi la stuoia ed ormai deformato, con forza viva ridotta, colpì unitamente agli altri 2 frammenti la lesa al fianco destro (frammenti non recuperati) E’ molto probabile che fu proprio la Pettini che in tale istante si trovava poggiata sul fianco destro, per contrastare il suo assalitore, a deviare l’arma che doveva essere a portata delle sue mani (come l’origine della traiettoria del proiettile ci indica); in alternativa il colpo impreciso e troppo basso fu frutto della precipitazione dello sparatore.
2°colpo – ferì la lesa al ginocchio destro e fuoriuscì dopo un tramite di 5 cm (v. anche foto n. 15); tale arto per essere colpito in tal modo da un tiratore in piedi doveva essere all’altezza di circa 1 m. ,quindi verosimilmente in posizione di difesa.
3°colpo – al terzo medio della faccia laterale della stessa gamba , esso fu repertato molto deformato (v. alleg. n.2) contro la metafisi tibiale superiore.
Le tre ferite di cui sopra non erano certo gravi; per quanto dolorose potessero essere, lasciarono la vittima con le mani libere e indenni e terrorizzata; lo sparatore solo in tale istante dovette rendersi conto di avere in mano un’arma scarica senza il tempo sufficiente di ricaricarla (qualora avesse avuto altre munizioni con sè oppure un caricatore di riserva pieno); estrasse allora un coltello (con lama lunga almeno 10 cm, larga 1,5 con taglio su un solo lato ed a punta) e decise di finire la sua vittima, nella maniera che vedremo nella ricostruzione tecnica dell’episodio criminosa.
Lo stesso aveva quindi in mano inizialmente un’arma carica con soli 10 – 11 colpi, altrimenti avrebbe continuato a sparare.
A questo punto dell’azione criminosa, infatti lo sparatore aveva esplosi 11 colpi, di cui 5 contro il Gentilcore, 2 erano finiti nella spalliera del sedile di guida, 1 aveva rotto il vetro, 3 avevano colpito la Pettini, di questi ultimi però solo 2 erano stati ritenuti (1 alla gamba, l’altro scisso in 3 frammenti al fianco destro), mentre 1 era fuoriuscito dal ginocchio destro e, non essendo stato trovato nell’autovettura per quanto ne sia stata fatta una ricerca accuratissima, si deve concludere che lo stesso o sia fuoriuscito dal vetro rotto (perdendosi fuori), oppure che sia uno dei 2 proiettili che colpirono la spalliera del sedile di guida.
Concludendo quindi circa il n. di colpi sparati, diremo che nell’episodio furono esplosi 11 colpi oppure 10 (nell’eventualità si sia verificata l’ultima ipotesi sopra accennata); ciò è molto indicativo e ci consentirà di definire il modello dell’arma dell’ omicida.
6) L’ARMA CON LA QUALE FURONO ESPLOSI I COLPI.
Abbiamo, via via che procedevamo nell’indagine, raccolti diversi dati caratteristici relativi all’arma impiegata, che possiamo considerare certi, essi sono:
a)- si trattava di un pistola automatica e non di un revolver
b)- i bossoli esplosi portano incisa sul bordo l’impronta di un percussore a sbarretta di dimensioni ben precise (mm 1,6 x 0,75) ed inoltre, l’impronta dall’espulsore con 2 segni in posizione pressoché ortogonale alle ore 7 ed alle ore 9 (rispetto al segno del percussore) ed inoltre la bombatura alla base della parte cilindrica (v. cap. 3 a).
c)- i proiettili hanno n. 6 righe volgenti a destra, tali righe hanno una lunghezza che è in proporzione di circa 1:4 rispetto ai corrispondenti vuoti; l’inclinazione delle righe può anche essere misurata
d)- l’arma da ricercare dovrebbe essere in grado di esplodere n. 10 – 11 colpi in rapida successione.
Rileviamo che nel caso in esame, mentre i dati di cui alla lett. a), b), c) sono vincolati, esistendo le prove nei bossoli e proiettili in reperto, il dato di cui al punto d) è solo complementare perché deriva da una valutazione del dinamismo dell’episodio, fatta dal perito.
Senza entrare in particolari tecnici su misure micrometriche e su raffronti diretti al microscopio comparatore con relativa laboriosa dimostrazione fotografica, diremo che dopo un accurato studio di raffronto effettuato appunto al microscopio comparato fra i bossoli e proiettili in esame con altri facenti parte del nostro campionario personale, abbiamo potuto constatare:
che i segni sia di percussione che di espulsione rilevabili sul fondello del bossolo coincidono con quelli egualmente rilevabili su fondelli di cartucce della stessa marca di quelli in reperto, ed esplosi con pistole cal. 22 (Long Rifle oppure Short) fabbricate dalla Ditta Beretta. A tal proposito facciamo rilevare che tale osservazione è già una “individuazione” (che peraltro merita altra conferma) perché ogni Ditta costruttrice usa percussori di forma, dimensioni ed orientamento diverso; lo stesso può dirsi per i segni dell’espulsore.
A conferma di quanto sopra presentiamo in alleg. n.° 2 bossoli Winchester cal. 22 esplosi con una pistola Beretta Mod. 74 che appaiano (anche osservati con semplice lente di ingrandimento) del tutto uguali a quelli in reperto.
analogamente, per brevità, presentiamo in alleg. n. 2 proiettili della stessa marca Winchester esplosi con una pistola Beretta cal. 22 mod. 74 (prelevati dal nostro campionario) che appaiono identici a quelli non deformati estratti al Gentilcore; abbiamo controllato al microscopio come almeno le strie primarie sono della stessa larghezza nei proiettili in raffronto e come anche la inclinazione delle righe stesse sia dello stesso valore; anche tali dati sono caratteristici delle pistole Beretta cal. 22 di tutti i modelli e non di altri tipi di pistole di marche diverse.
Pertanto per ora abbiamo potuto dimostrare, con la presentazione di campioni, che i bossoli ed i proiettili in reperto con i quali fu consumato il delitto, furono esplosi con una pistola aut. Beretta cal. 22 L.R. di modello non precisato per ora.
Osserviamo che esistono ben 9 modelli di pistola Beretta cal. 22 L.R. che danno tutte le stese impronte rilevate sui bossoli sui proiettili in reperto, ma di esse il mod. 949 ha un caricatore con soli 5 colpi ; n. 5 modelli (948 – 71- 72 – 72 – 75) hanno caricatori con 8 colpi ; n.3 mod. (73 – 74 – 76) hanno un caricatore con 10 colpi.
Degli ultimi 3 modelli, escludendo forse il modello 76 che è un’arma da poligono quindi voluminosa, pesante e poco tascabile, restano quali più probabili armi del delitto la Mod. 73 – 74 (la Mod. 76 possibile quindi, ma solo eccezionalmente).
Tali 3 armi, che presentiamo in allegato n. 3, hanno un caricatore che può contenere 10 cartucce, mentre una 11a può essere introdotta contemporaneamente in canna, ponendo poi l’arma in sicura; esse armi sono quindi in grado di esplodere in rapida successione n. 10-11 colpi, quanti riteniamo ne siano stati in realtà esplosi nell’episodio in esame.
7) MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELL’EPISODIO CRIMINOSO IN ESAME.
Nella zona di Borgo S. Lorenzo, come d’altra parte in altre zone, non mancano alcuni individui comunemente chiamati “guardoni” (risulta anche agli atti), che forse a causa di un trauma psichico subito, di impotenza o di perversione sessuale, si dilettano (o sentono il bisogno) di andare ad osservare le coppiette che, in autovettura o a piedi, si inoltrano, lungo strade o viottoli, e si appartano in atteggiamenti di intimità.
E’ intuitivo che costoro, potendo incontrare la reazione, anche violenta delle persone disturbate, decidono presto di andare armati; anche per riacquistare quella sicurezza di sé stessi che psichicamente loro manca.
E’ probabile che il maniaco seguisse preferibilmente la Pettini ed i giovani che con lei si accompagnavano (in tal caso doveva essere motorizzato in qualche modo), ma può anche darsi che sia persona proprio della zona e che abbia trovato la coppia casualmente.
Il suo comodo posto di osservazione poteva essere dietro la voluminosa vite che si trovava 3-4 m sul fianco destro dell’autovettura.
In un determinato momento, forse eccitato dalle effusioni amorose dei due giovani, ha deciso di dare sfogo, con la pistola Beretta mod. 73 (o 74) cal. 22 L.R. in pugno, al furore che si era gradualmente caricato nel suo animo.
La portiera destra che aveva il vetro alzato, era verosimilmente aperta perché in caso contrario “il guardone” avrebbe visto poco di quanto (erano già passate le ore 23) avveniva nell’autovettura.
Lo sparatore con l’arma in pugno, si è dunque presentato nel vano (già aperto oppure che ha aperto esso stesso) della portiera destra dell’autovettura Fiat 127.
Sul sedile di destra, cui era stata completamente abbassata la spalliera, giaceva distesa la Pettini che indossava solo un paio di piccole mutandine bianche; essa quindi era con la parte destra del corpo verso la portiera.
Su di lei, “vis – è-vis” vi era il Gentilcore; anche essao indossava soltanto le mutandine bianche ,“slip”, con le quali è stato poi trovato; esso era quindi con il fianco sinistro verso la portiera.
Prima che i due “partners” avessero modi di riaversi e di ricomporsi, lo sparatore ha aperto il fuoco con la sua pistola sui 2 giovani; poiché il corpo del Gentilcore copriva il corpo della sua compagna, esso fu il primo di essere colpito con i primi 3 colpi già esaminati (v. cap 5-a) al fianco sinistro, i quali colpi hanno infatti tutti una comune direzione da sinistra versa destra.
Le 3 ferite erano tutte gravissime, la 2, in particolare mortale, ma non tale da bloccare all’istante i centri nervosi e motori dalla vittima; il leso pertanto iniziò un movimento di ribaltamento del corpo di circa 180 gradi, facendo perno sulla parte destra del corpo rimasta illesa, e verosimilmente aiutato anche istintivamente dalla Pettini che, terrorizzata, lo spingeva nello stesso verso con le sue mani.
Durante tale movimento di ribaltamento, dopo che il corpo aveva appena compiuta una rotazione di 45 gradi, fu esploso il quarto colpo alla regione inguinale e, dopo una rotazione di 90 gradi circa, fu esploso il quinto colpo che colpì il leso nella zona ombelicale.
Mentre il Gentilcore si abbatteva sul sedile di guida, lo sparatore esplose un sesto colpo che fu probabilmente quello che mancò e fratturò il vetro dello sportello sinistro; esplose quindi contro lo stesso ancora 2 colpi che colpirono la spalliera del sedile di guida, probabilmente disturbato dalla Pettini che intanto si era girata sul fianco destro, muovendo le mani in atteggiamento di difesa.
Durante i primi 5 colpi il bersaglio Gentilcore era stato molto facile, ed alla mercè dello sparatore, successivamente il tiro cominciò a diventare impreciso, verosimilmente a causa della reazione della Pettini, che aveva lo sparatore a portata di mani.
Questi quindi abbassò l’arma e fece partire contro la Pettini il primo colpo che, urtando come abbiamo visto (cap. 5 b) contro la guida di scorrimento del sedile di destra, rimbalzò scindendosi in 3 frammenti che colpirono quindi la Pettini al fianco destro sul quale la stessa faceva leva.
La triplice ferita non era grave, né toglieva alla giovane una certa libertà di movimenti nella feroce scena che stava svolgendosi; la stessa pertanto, con le mani e con le gambe, continuò a lottare tanto che il ginocchio destro, quando fu colpito da un proiettile che dopo un tramite di appena 5 cm fuoriuscì (avendo perso verosimilmente solo il 15% – 20% della sua velocità iniziale nell’attraversare il ginocchio), questo doveva trovarsi all’altezza di almeno un metro, sia nel caso che il proiettile in uscita fu uno dei 2 che si conficcò nella spalliera del sedile destro, sia nel caso che si perse fuori dell’autovettura attraverso il vano del vetro ormai rotto.
Lo sparatore esplose quindi il 3° e ultimo colpo che raggiunse ancora la giovane alla gamba destra, dopo di che si rese subito conto di avere in mano un’arma scarica, e poiché la Pettini ferita sì, ma non gravemente, si divincolava terrorizzata, l’assassino decise di finirla a colpi di coltello.
Il Perito si scusa di inserire a tal punto una sua osservazione in una ricostruzione che si base esclusivamente su risultanze tecniche.
Perché l’assassino decise a tale punto di spingere le cose agli estremi e di finirla? Forse perché ormai invasato di furore omicidio? Per completare l’opera e scaricare la sua carica di perversione a lungo accumulata? Per puro sadismo? Oppure perché fu riconosciuto dalla sua seconda vittima che perseguiva?
Le risultanze tecniche ci consentono di narrare ancora come si svolse il penultimo e quindi l’ultimo atto.
L’assassino estrasse il coltello che abbiamo già sommariamente descritto (cap. 5° – b) brandendolo sulla sua vittima, questa cercò di difendersi con le mani, tanto che ricevette su di esse e sulle braccia diverse ferite da taglio le quali, perché sanguinanti e classiche ferite da difesa, ci dicono appunto che la stessa era ancora in vita; la colpì ancora con furiose colpi di coltello alla tempia destra, alla faccia “fino ad aggiungere il piano osseo”; completò infine l’opera con diversi colpi a petto e con 4 direttamente al cuore, tanto precisi che si direbbero mirati.
Intanto l’assassino aveva vibrato anche 2 colpi al fianco destro del Gentilcore, il quale forse nell’agonia si lamentava, raggiungendola con entrambi al fegato.
I 4 colpi a cuore avevano determinato la morte pressoché istantanea della Pettini ormai sfinita.
A tal punto l’assassino si concesse una tregua, forse 10 minuti, quanti ne occorsero perché la Pettini perdesse tutto il sangue che possiamo vedere sulla stuoia coprisedile (v. cap. 3-d) e conseguentemente finchè la stessa non restò esangue.
Ritornò quindi alle sue 2 vittime e, constatato che erano ormai morte, compì l’ultimo macabro atto:
– fece svicolare la Pettini dal sedile dell’auto ove era deceduta, tirandola per i piedi
– la trascinò sul prato dietro l’automobile (sul verbale di necroscopia sono indicate le tracce di strisciamene e residui di erba conficcati nella pelle)
– le tolse le mutandine lacerandole e lanciandole intorno sull’erba
– infierì ancora da forsennato sul corpo ormai esangue della giovane, vibrando decine e decine di colpi di coltello in tutte le parti del corpo, ferite inferte ad un cadavere e perciò neanche sanguinanti;
– completò infine l’opera con il tralcio di vite.
8°) CONCLUSIONE I RISPOSTA AI QUESITI.
Possiamo ora rispondere ai quesiti posti dai G.I.
1°) Il Gentilcore fu raggiunto da n°5 proiettili; la Pettini da n°3 proiettili di cui 1 rimbalzando si era scisso in n°3 frammenti.
2°) Il Gentilcore fu colpito da n°5 proiettili di cui:
- 1 alla faccia esterna del braccio sin. che fuoriuscì dalla parte interna, penetrò di nuovo nell’emitorace sinistro, per arrestarsi nella zona sottoscapolare sin.
- 1 alla faccia esterna all’avambraccio sin. che fuoriuscì dalla parte interno, pentrò nell’emitorace sin. sull’ascellare anteriore al 7° spazio intercostale, lese polmone sin, cuore, polmone destro, e si fermò nei muscoli del 5° spazio intercostale.
- 1 all’ala iliaca sin, che si fermo nella regione Lombare sinistra
- 1 alla regione inguinale. sin. che si fermò sull’ala iliaca destra
- 1 penetrò in zona ombelicale arrestandosi poi fra le vertebre L2-L3
La Pettini fu raggiunta da 3 proiettili di cui:
- 1 rimbalzò contro una guida di scorrimento del sedile dx scindendosi in 3 frammenti che la ferirono al fianco destro.
- 1 al ginocchio dx che dopo un tramite di circa 5 cm fuoriuscì
- 1 al 3° medio della gamba dx che si fermò contro la metafisi tibiale superiore.
3°) Dei 5 colpi che raggiunsero il Gentilcore i primi 3 furono esplosi di una distanzi di circa 50 cm; gli altri 2 da circa I m.; i primi 3 avevano provenienza da sinistra verso dx rispetto al leso, il 4° fu esploso con direzione di circa 45° sempre da sinistra verso destra, il 5° da posizione frontale.
Come abbiamo già chiarito, però lo sparatore restò fermo nella posizione iniziale, nel vano dello sportello destro, ma fu il corpo del Gentilcore che compì una rotazione sul fianco destro facendo ruotare il braccio a sinistra.
I 3 colpi che raggiunsero la Pettini avevano provenienza:
- il 1° di rimbalzo, inclinato circa a 45° dal basso verso l’alto,
- il 2° e il 3° colpirono ginocchio e gamba destra dal basso verso l’alto (per quanto avessero traiettoria pressochè orizzontale)
4°) L’arma, unica, impiegata dallo sparatore fu una pistola automatica Beretta cal.22 L.B. mod.73 oppure mod.74 (difficilmente, una mod.76). Fu impiegato anche un coltello con lama di cm 10-12, larga circa cm 1,5 con punta, e taglio da un lato solo.
5°) Il cristallo della portiera sinistra fu frantumato da un proiettile esploso con la stessa arma dalla distanza di m.1,60
6°) Circa le modalità di svolgimento dell’episodio criminoso ribadiamo a quanto dettagliatamente esposto al cap.7.
I perito tecnico-bilistico
COL. ART. ZUNTINI INNOCENZO
Firenze 18 Ottobre 1974
AL DOTT. LA CAVA VITTORIO
G.I. della Procura della Repubblica di Firenze OGGETTO: PERIZIA BALISTICA DI UFFICIO PER L’OMICIDIO DI PETTINI STEFANIA E GENTILCORE PASQUALE.
Riferisco in merito ai primi accertamenti effettuati relativi alla perizia in oggetto affidatami.
In considerazione della possibilità che alcune delle notizie sotto indicate possano essere utili per le indagini in corso, riferisco in merito alle prime risultanze relative alla perizia affidatami Sabato scorso 12 c.m.
1) Le armi usate dal reo per uccidere le 2 vittime sopra indicate sono:
- una pistola automat. Beretta cal.22 Long Rifle (L.R.) mod. 73 o mod. 74 o 76 (quasi identiche) impiegando cartucce cal. 22 Long Rifl. Marca Winchester
- un coltello da punta e taglio (solo da un lato) con lama larga circa cm 1,5 e lunga cm 10.
L’identificazione dell’arma si può considerare pressoché certa per le seguenti ragioni:
- i 5 bossoli repertati hanno chiaramente impresso il segno dello espulsore il che le fa assegnare alla categoria delle armi autom. (i revolvers ne sono sprovvisti)
- il segno di percussione anulare su tali bossoli è a sbarretta rettangolare delle dimensioni di mm 1,6 x 0,75 che è caratteristico delle armi Beretta. (ogni marca o tipo di armi in cal. 22 L.R. ha un segno di percussore particolare inconfondibile)
- poiché dalla ricostruzione dell’episodio risulta (come vedremo) che furono esplosi in rapida successione n. 11 colpi, abbiamo indicati i modelli di cui sopra che possono appunto contenere 10 o 11 cartucce nel caricatore ed una in canna.
Tali armi cartucce possono essere acquistate dalle armerie anche in zona (che ne sono provviste come da noi controllato) dietro semplice esibizione del porto d’armi o dell’autorizzazione delle Autorità di P.S.
2) RICOSTRUZIONE TECNICA DELL’EPISODIO CRIMINOSO:
La ricostruzione è stata fatta dallo scrivente sulla base dei documenti necroscopici e con la Collaborazione dei Medici Legali Dott. Mauri e Dott. Marello già incaricati:
a) – Le 2 vittime, che indossavano le sole mutandine, si trovavano abbracciate sulla poltrona di destra alla quale era stata abbattuta la spalliera, sotto vi era la Pettini sopra il Gentilcore; erano le ore 23.30 -23,45;
b) – L’assassino si è presentato dalla parte destra dell’autovettura ove ha trovato la portiera aperta ed ha subito aperto il fuoco sui due;
c) – Il corpo del Gentilcore, come bersaglio, copriva quasi completamente quello della sua partner; solo per tale ragione i primi 5 colpi hanno colpito il primo
- N°. 3 al braccio sinistro e fianco sinistro (prima che avesse il tempo di muoversi) tutte mortali
- N°. 2 alla regione ombelicale ed inguinale (durante il movimento di questi per ribaltarsi sul sedile di guida dove è stato poi trovato, facendo una rotazione di 180 gradi sul fianco destro)
- un 6° colpo, mancando lo stesso bersaglio, ha colpito e rotto il vetro della portiera di sinistra sull’autovettura, contro il quale nel suo movimento incontrollato il Gentilcore ha poi battuto la testa, ferendosi alla zigomo sinistro contro i vetri già in parte frantumi
- altri colpi, mancando ugualmente il bersaglio, hanno colpito il sedile di guida (1 recuperato)
d) – L’assassino ha allora avuto il libero bersaglio delle Pettini ancora indenne; aveva ancora nell’arma 3 colpi ha abbassato la mira
- ha colpito la base del sedile di destra (sul quale si trovava la Pettini) il proiettile si è ivi frantumato in 5 piccole schegge che hanno colpita la donna al fianco destro:
- la stessa, ferita così non gravemente, ha alzato la gamba di destra per difendersi e per tentare di uscire ma è stata raggiunta da un colpo al ginocchio destro e da un colpo alla gamba destra;
e) – L’assassino deve essersi reso conto che le cartucce erano terminate, mentre la Pettini era ferita gravemente, ma non mortalmente da n°3 colpi e verosimilmente cercavi disperatamente di difendersi con le mani; ha estratto allora il coltello colpendo per prima le mani e le braccia della vittima (sulle quali si notano delle ferite sanguinanti, cioè “in vita”), quindi alla tempia destra ed alla guancia sinistra (ampio squarcio); solo allora, ormai più libero ha vibrato n°3 colpi di coltello penetranti nella zona del cuore provocandone la morte pressochè istantanea.
Ha ancora vibrato 8-10 colpi con il coltello sul corpo della sue vittima e 2 ai fianco destro di Gentilcore ormai morente che era affiancata (non colpita per errore, ma volutamente, perchè dal basso verso l’alto).
f) – Compiuta la 1° parte della sua opera, l’assassino ha sostato almeno 10 minuti (perchè intanto il sedile dove si trovava la Pettini si è intriso tutto del sangue della vittima), quindi tirando questa per i piedi, la ha fatta cadere dalla macchina (sul dorso) e l’ha trascinata per circa 3 metri dietro l’autovetture.
Ivi le ha strappato le mutandine gettandone i brandelli nei dintorni e con il coltello le ha inferto circa altri 50-60 colpi in tutto il corpo; ferite queste ultime, quasi non più sanguinanti e perciò riconoscibili da quelle infertele mentre era ancora viva perchè sanguinanti. Lo stesso ha voluto poi completare l’opera con il tralcio di vite.
Non si tratta di una ricostruzione ipotetica dei fatti; ogni particolare sembra essere ampiamente dimostrato da risultanze tecniche che esamineremo nel tempo nelle mie relazioni tecniche.
Il Perito Tecnico-Balistico
27/02/1975
omicidio di Gentilcore Pasquale e Pettini Stefania
AL NUCLEO INV. DEI CC FIRENZE –
In relazione anche al colloquio avuto con il maresciallo dio Trigliozzi che si occupò delle indagini relativa al fatto in criminoso di cui all’oggetto, prego che siano svolte le segue indagini:
1) siano accertate le generalità e l’attuale residenza del fratello di Giuseppe Francini per acclarare se il medesimo possegga o abbia posseduto una pistola-Beretta nod. 74,73 0 76, cal.22, se l’abbia smarrita e se ne abbia denunciato lo smarrimento, in tal caso accertandone l’epoca; se il predetto risieda, come pare, a Basilea, si interpellerà l’Interpol per avere le notizie desiderate. Nell’eventualità che la pistola in questione fosse stata denunciata come smarrita, si accerti anche se Francini Giuseppe, si trovasse con il fratello all’epoca dello smarrimento.
2) siano accertate presso le stazioni dei cc del Mugello le generalità dei possessori di armi di quel tipo che le abbiano regolarmente denunciate, estendendo anche i controlli presso gli armaioli, tenendo presente che i tre tipi di pistola Beretta sopra indicati sono stati commercializzati dopo il 1970.
3) siano possibilmente identificati i guardoni indicati o descritti nell’anonimo inviato alla famiglia Gentilcore (indicata nell’indirizzo come Bonalcore). Codesto Comando deve possedere una copia fotostatica nella missiva, che, altrimenti, potrà essere richiesta allo scrivente G.I.
Ringrazio.
IL GIUDICE ISTRUTTORE
R. Santilli
Documento di deposizione della perizia
PERIZIA TECNICO-BALISTICA DI UFFICIO DEL COL. ART. ZUNTINI INNOCENZO CIRC. IL DUPLICE OMICIDIO AVVENUTO A BORGO S. LORENZO (FI) IN DATA SET. 1974 IN CUI FURONO UCCISI PETTINI STEFANIA E GENTILCORE PASQUALE.
I N D I C E
1) PREMESSA – AFFIDAMENTO DELL’ INCARICO – QUESITI. pag.2
2) LE ARMI IN REPERTO – ESAME TECNICO BOSSOLI DI PROVA. pag.4
3) ESAME COMPARATIVO FRA BOSSOLI IN REPERTO E BOSSOLI DI PROVA. pag.5
pist. semiaut. Beretta mod.74 in cal.22 L.R. matr. FO2461 pag. 6
Pist. semiaut. Beretta mod.76 in cal.22 L.R. matr. A097220 pag. 6
Pist. semiaut. Beretta mod.76 in cal.22 L.R. matr. M54949 pag. 7
Pist. semiaut. Beretta mod.76 in cal.22 L.R. matr. M33308 pag. 8
Pist. semiaut. Beretta mod.76 in cal.22 L.R. matr. M43955 pag. 8
ESAME COMPARATIVO FRA PROIETTILI IN REPERTO E PROIETTILI PROVA. pag. 10
CONCLUSIONI e RISPOSTA AI QUESITI. pag. 12
Tavole dimostrative
Tav. n 1 – Segni lasciati sui 5 bossoli in reperto dell’arma del delitto
Tav. n 2 – Segni sui bossoli di prova della pistola Beretta mod.74 matr. FO2461
Tav. n 3 – Segni sui bossoli di prova della pistola Beretta mod.76 matr. A097220
Tav. n 4 – Segni sui bossoli di prova della pistola Beretta mod.76 matr. M54949
Tav. n 5 – Segni sui bossoli di prova della pistola Beretta mod.76 matr. M33308
Tav. n 6 – Segni sui bossoli di prova della pistola Beretta mod.76 matr. M43955
5°) CONCLUSIONI B RISPOSTA AL QUESITO.
Riteniamo di avere raggiunta ormai la certezza, specialmente sulla base degli esperimenti comparativi al microscopio, fatti sui bossoli in reperto per il delitto e sui bossoli di prova per le pistole attualmente in reperto, che nessuna di tali 5 armi è l’arma del delitto, cioè l’arma con la quale furono esplosi i 5 bossoli e gli 8 proiettili in 1° reperto con i quali furono uccisi Pettini Stefania e Gentilcore Pasquale.
IL PERITO TECNICO-BALISTICO