In un successivo interrogatorio Enzo Spalletti conferma le sue dichiarazioni ma gli inquirenti rivelano una incongruenza fra il suo racconto e quello della moglie Carla Agnoletti. Gli fanno quindi ripercorrere la sua giornata di Domenica.
“Io già sapevo dell’episodio delittuoso, per averlo appreso nel pomeriggio al bar P. Avevo saputo che a Roveta avevano assassinato due fidanzati, senza venire a conoscenza dei vari particolari, né sapevo come erano stati uccisi. Io non ci ho fatto molto caso alla notizia e lo prova anche il fatto che io non ho preso particolari informazioni, più particolareggiate. La sera, dopo aver preso il caffè dal P. mi sono avviato verso la Roveta. Arrivato alla Taverna Del Diavolo non ho trovato nessuno assolutamente. Allora io ho svoltato la mia autovettura pensando che allora la notizia del delitto era vera. Mi ha colpito in modo particolare il fatto che la strada che da San Vincenzo sale sino alla Taverna Del Diavolo era completamente deserta contrariamente al solito. La gente si fermava anche nelle ore notturne. La mattina successiva ho comprato il giornale e dalla Misericordia ho chiamato telefonicamente Fosco, pochi minuti prima delle ore 09.00, e gli ho detto: “Hai saputo che è successo… hai letto i giornali..?”. Nella circostanza mi rispose che non sapeva nulla. Io gli ho spiegato qualcosa e precisamente quello che era scritto sul giornale, e cioè che lui era stato ucciso in macchina e che lei aveva tentato di scappare e che poi era stata uccisa. Non gli ho fissato appuntamento, né gli ho chiesto se lui, la sera si sarebbe fatto vedere. Anzi io gli ho fatto notare che il nostro lavoro era finito, nel senso che dopo quel macello nessuno avrebbe avuto il coraggio di andare lassù. Io la sera stessa, la sera di martedì e la sera di giovedì, tranne il mercoledì, sono stato sul posto, in Roveta, presso la Taverna Del Diavolo. Io il posto del delitto neanche lo conosco. So soltanto che è vicino alla discoteca, so che è via dell’Arrigo, e giù di lì, avendolo letto sul giornale. Come domenica sera anche nelle serate successive, nei posti dove io sono passato non c’era che il deserto. Verso le ore 16.00 di giovedì, io ho telefonato al Fosco Preciso che una ventina di giorni fa io avevo visto sortire da un pezzo di strada asfaltata in disuso, a duecento metri prima della discoteca, rispetto alla direzione di marcia Scandicci – La Roveta… Chiarisco meglio l’ho vista sortire svoltando a destra procedendo in discesa verso la discoteca. Era una vettura Ritmo di color rame. Ricordandomi di questo fatto ed avendo letto che la macchina sulla quale era stato commesso l’omicidio era del tipo indicato, volevo appunto domandare al Fosco se aveva anche lui notato questa macchina. Poi io volevo presentargli il mio progetto di fare qualcosa tra di noi per scoprire l’assassino. Volevo che altre persone che lui conosceva si unissero a noi per fare delle verifiche sul posto e sulle macchine. Capisco che è un’idea sciocca. Io gli ho chiesto perciò se ci si vedeva alla Taverna Del Diavolo. Lui mi aveva invitato a casa sua, ma io gli avevo detto che non sapevo dove stava. Lui mi disse di avere paura di venire ed io di rimando “se non hai fatto nulla non devi aver paura di venire… che male c’è?”. Ci siamo salutati senza che lui mi desse una risposta precisa, senza dire né sì, né no e io non l’ho visto quella sera. Confermo pertanto di non aver visto il Fosco sin dalla sera di sabato. Questo è tutto“.
Enzo descrive la sua domenica mattina; dopo essere stato al bar G., è passato dai suoceri, quindi ha pranzato con la moglie e i figli. Poi ricorda di aver preso un caffè al bar del P. circa alle 15 e poi di esser andato a fare una girata a Butinaccio con tutta la famiglia fino a circa le 17.30, infine, tornato a casa ha cenato alle 20.30.
Afferma di esser rimasto al bar dalle 21.20 fino alle 23.30, da solo, e poi è tornato a casa a dormire.
Nega di essere tornato nella zona del delitto la domenica sera. Lunedì verso le 9.00 dice di aver letto La Nazione e di aver effettuato una telefonata con l’apparecchio della Misericordia alla bottega di Fosco. La descrizione della sua telefonata non coincide però con quella del Fabbri. Racconta Spalletti: “Hai visto che macello hanno fatto? Io gli ho detto che lui era dentro la macchina e che lei l’avevano trascinata per una decina di metri“.
Gli inquirenti a questo punto lo fermano e gli comunicano che appena uscita la notizia sul quotidiano fiorentino vi era una descrizione diversa dell’accaduto. Il giornale riportava rispetto a Carmela De Nuccio: “…ha cercato una fuga impossibile attraverso i campi. Ha fatto non più di dieci metri, poi, nel buio, è rotolata in un campo sottostante. L’assassino le è piombato addosso e l’ha colpita con furia al collo con il coltello“.
Domandano e si domandano gli inquirenti, perchè lei dice che è stata trascinata quando se non sapeva nulla ed aveva semplicemente letto il giornale avrebbe dovuto riferire la descrizione che questo giornale riportava? Sul giornale Carmela è fuggita attraverso i campi, lei dice che è stata trascinata.
Interviene il Adolfo Izzo che gli contesta ancora le dichiarazioni verbalizzate dalla moglie. Spalletti continua a dire che la moglie si sarà confusa con La Nazione del lunedì. Il magistrato gli fa notare che anche il quotidiano di lunedì non riporta questi particolari di cui era a conoscenza sua moglie. Poi gli contesta che Fosco Fabbri sostiene che vi siete incontrati anche la notte di domenica a Roveta. Lo Spalletti sbotta che: “Fosco è pazzo.“
A questo punto Spalletti sembra in preda al panico e pronuncia frasi sconnesse: “Io non ho nessun complice. Voi mi volete arrestare mentre sono innocente. Attenzione che non vada a finire così“. Aggiunge: “Voi lo sapete che io non sono l’assassino, ma mi tenete in galera perchè state proteggendo qualcun altro“.
I due Sostituti Procuratori della Repubblica Silvia Della Monica ed Adolfo Izzo si risentono con indignazione: “Ma che sta dicendo, lei? Cosa intende dire? Perché?”. Spalletti si morde la lingua: “Niente, niente, dicevo così, tanto per dire qualcosa… L’ho detto per rabbia perché sono innocente“.
Enzo Spalletti, pur ammettendo di essere tornato sul posto negherà sempre di aver incontrato Fosco Fabbri quella domenica.
Tutto questo porta ad individuare in Enzo Spalletti un indiziato, tanto che, nella stessa giornata, sarà incriminato per falsa testimonianza e verrà emesso un ordine di cattura reso esecutivo il 15 giugno 1981 con il suo arresto. Vedi Sentenza di proscioglimento di Enzo Spalletti.