Il 15 Giugno 1981 viene arrestato Enzo Spalletti. Le ragioni per cui gli inquirenti decidono per l’arresto sono varie. In primis il suo racconto piuttosto sconclusionato, la telefonata anonima che lo segnala sul posto e la testimonianza della moglie oltre che la testimonianza del Signor Guido M. La sommatoria dei dati acquisiti indicano Spalletti come indiziato.
Inoltre la posizione dello Spalletti come guardone, un “indiano”, che con l’amico Fosco Fabbri girava per i boschi in cerca di coppiette, ammesso da loro stessi durante gli interrogatori, non facilita la sua posizione.
La Testimonianza di Fosco Fabbri insieme a quella della moglie di Spalletti creano un divario di orario fra quando Fabbri rientra a casa e quando rientra Spalletti, divario che è centrato sull’ora approssimativa dell’omicidio, da mezzanotte alle due una di notte.
Il fatto che il giorno successivo Spalletti comunichi alla Moglie Carla Agnoletti non solo di aver visto i cadaveri, ma particolari sul metodo di uccisione e spostamento della ragazza che non sono ancora comparsi su nessun mezzo di informazione e che quindi implica una acquisizione diretta dello Spalletti.
Tutto questo porta ad individuare in Spalletti un indiziato e a far passare l’incriminazione da falsa testimonianza ad incriminazione per i delitti rubricati nel giro di pochi giorni.
Vista a posteriori l’arresto di Spalletti si dimostra uno degli errori più clamorosi avvenuti in questa vicenda. Aver arrestato il “guardone”, averlo trattenuto in galera senza un’evidenza di prove che lo incriminavano, averlo demolito pubblicamente e quindi socialmente ha immediatamente chiuso agli inquirenti la fonte di informazione derivante dai guardoni. Una volta appurato che il rischio di essere esposti al pubblico ludibrio, o anche peggio, era palese, nessun guardone, pur a conoscenza di fatti importanti, avrebbe mai collaborato con le forze dell’ordine. Questo è stato il vero errore dell’arresto di Enzo Spalletti. Spalletti andava protetto come possibile testimone, messo in condizione di essere intercettato, seguito e invitato alla collaborazione protetta. Questo avrebbe permesso non solo di acquisire informazioni che Enzo Spalletti dimostra, nel tempo, di avere, ma anche mandare un segnale ai suoi “colleghi” che la Procura era disponibile ad un dialogo “protetto”.
Condivido quanto scritto in blu dalla Redazione. L’arresto di Spalletti e l’averlo demolito pubblicamente ha fatto in modo che tutti i guardoni, anche se avessero visto qualcosa, sicuramente non si sarebbero fatti avanti. Ovviamente gli inquirenti non potevano sapere che c’era un serial killer in circolazione (era il secondo delitto del genere nel giro di 7 anni e avvenuto in zone distanti una cinquantina di chilometri e questo ha ritardato il collegamento fra il delitto del 1974 e questo) ma è vero che averlo sbattuto in galera per 4 mesi non è stato il modo migliore per farlo collaborare (sempre che abbia visto o sentito qualcosa). Peraltro Spalletti, come tutti quelli che sono stati “attenzionati” anche una sola volta, ha subito un calvario fatto di perquisizioni e controlli per anni e anni. Ma questo a mio modesto giudizio non è stato l’unico errore degli inquirenti.