Il 20 luglio 1982 il Giudice Istruttore di Firenze Vincenzo Tricomi ha sulla sua scrivania il fascicolo del processo Mele. Oltre l’incartamento al fascicolo è spillata una bustina di plastica trasparente contenente bossoli e proiettili riferiti al caso in oggetto, il delitto di Signa del 1968.
Da un articolo di Francesco Amicone: ” (omissis)
«Il G.I. dell’epoca, avvertito, disponeva il recupero del fascicolo processuale. Intorno al 20 luglio del 1982 esso si trovava sul suo tavolo. Allegati al fascicolo erano, per fortuita e inspiegabile combinazione, i bossoli e i proiettili rinvenuti dopo il duplice omicidio.» Sentenza Rotella, pag 50
PROVE INCOMPATIBILI
Il citato paragrafo scritto dal giudice istruttore Rotella contiene un’approssimazione. Il fatto che le prove di cui parlava fossero realmente quelle rinvenute sulla scena del crimine del 1968 doveva essere provato e non dato per scontato, essendo corpi di reato “archiviati” al di fuori delle regole. I bossoli e i proiettili trovati nel faldone non offrivano la solidità probatoria di reperti rinvenuti nei posti giusti (ufficio corpi di reato o scena del crimine) e si sarebbe dovuto procedere a un’immediata verifica volta a confermarne la loro genuinità. Si sarebbero dovuti confrontare proiettili e bossoli con le relative descrizioni contenute nella perizia balistica del ’68 (priva di macrofoto). Se combaciavano, erano gli stessi rinvenuti a Signa. Altrimenti, no.
Nel 1982, gli investigatori dedussero che, siccome c’erano i proiettili e i bossoli del Mostro nel faldone del caso Mele, il Mostro aveva ucciso a Signa. Se invece di fare questo ragionamento, avessero richiesto il necessario confronto con la perizia, avrebbero scoperto che le prove nel faldone del caso Mele erano del Mostro ma allo stesso tempo erano incompatibili con quelle descritte nel 1968. Qualcuno le aveva sostituite. (omissis)“
Questo ragionamento ha una sua piena logica, andava immediatamente accertato se i bossoli e i proiettili allegati al faldone lo erano perché recuperati correttamente dall’ufficio corpi di reato e spillati al faldone dal CC incaricato del recupero o se invece erano da innumerevole tempo spillati al faldone stesso. All’epoca era banalmente facile accertarlo, bastava interrogare il CC che si era occupato del recupero e chiedergli se li aveva trovati allegati o recuperati e allegati lui stesso. Già questo avrebbe chiarito molti dubbi. Come indica Amicone nel suo articolo la immediata ricerca di corrispondenza con la perizia del 1968 di Zuntini avrebbe definitivamente chiarito il dubbio, sempre che all’epoca alla perizia fosse ancora disponibile in originale, oggi sembra non esserlo, sia che vi fossero allegate le macrofotografie, che oggi non ci sono più.
Inoltre ci domandiamo se quando vengono forniti faldone e prove documentali non sia in uso la firma di una ricevuta di presa in consegna, non solo, forse una copia di questa ricevuta viene consegnata anche al richiedente come confronto successivo al momento della restituzione di faldoni e prove. La corrispondenza delle due ricevute testimonia che niente è andato perso. Era prassi questo? E se si, le ricevute, in un luogo e insieme ad incartamenti e prove, erano presenti?
Non solo, per il materiale probatorio probabilmente sussiste anche una lista, anche questa forse duplice, una che rimane presso il deposito e una magari allegata alla ricevuta suddetta. Una lista di cosa esattamente viene consegnato. Dico duplice perché in caso di ritorno al deposito del materiale, se viene sollevata una obbiezione che manchi qualcosa, chi restituisce deve avere una lista esattamente di cosa ha preso per un eventuale confronto. Sappiamo che non abbiamo traccia di cosa successe allora e questo determina il permanere del dubbio oggi. Altri magistrati, sapendo poi dell’episodio, si sono più che meravigliati.