Le immagini qui raccolte dovrebbero essere le fotografie dei fondelli dei bossoli e dei proiettili del duplice delitto di Signa del 1968. Indichiamo con la parola dovrebbero perchè dovrebbero (ancora) essere le immagini dei fondelli dei bossoli e dei proiettili ritrovate allegate al faldone del Processo, in terzo grado, a Stefano Mele avvenuto a Perugia ed arrivato a sentenza il 12 aprile 1973. Faldone che viene recuperato dal Giudice Istruttore di Firenze Vincenzo Tricomi in data 20 luglio 1982.
Ricordiamo che uno dei proiettili dovrebbe essere ancora ritenuto nel corpo di Antonio Lo Bianco. Ricordiamo anche che le ogive che qui sotto compaiono sembrano in piombo nudo e non rivestiti in rame come invece dovrebbero essere secondo perizia. Quanti dovrebbero ci sono in questa pagina?
Ma i bossoli ritrovati tra le prove del delitto del 68 a seguito della lettera anonima o del ricordo del maresciallo Fiore, sono stati mai confrontati con i bossoli fotografati nell’agosto ddl 1968?
A quanto sembra la perizia originale di Zuntini e le foto ad essa allegate è sparita. Rimane una copia che però non ha nessuna foto allegata.
Grazie per il preziosissimo contributo documentale. Dagli atti che ho reperito sul web, il Giudice Tricomi dichiara che avrebbe letto la perizia 1968 del Col.Zuntini (il quale nel 1982 era già Generale) e solo dopo avrebbe indicato la necessità di recuperare il fascicolo e forse questo è il motivo per cui mancherebbe l’originale?(indirizza i cc a Perugia ma sbaglia in quanto essi si trovavano a Firenze dove altre mani potevano aver operato…). Poiché Innocenzo Zuntini veniva conosciuto come “molto pignolo”, mi pare improbabile che il dott. Tricomi non avesse rilevato le clamorose incongruenze riguardo lo stato (usurato-in ottime condizioni) dell’arma con la perizia del medesimo Zuntini del 1974 sul secondo delitto e il tipo di cartucce usato (incamiciate-ramate e nude). Anche la modalità di “segnalazione” (lettera anonima con un riferimento del tutto generico, oppure la “ricordanza acerba” del carabiniere Fiori che all’epoca era appuntato e non si era occupato affatto del delitto Locci-Lo Bianco,avrebbe dovuto stimolare riscontri o controverifiche a scanso di dubbi. Si era nel 1982 e le sollecitazioni su colpevoli e moventi già inondavano le caserme e le procure… Una ipotesi fantasiosa(?) che sto seguendo, si lega alla catena “Benincasa-Dell’Amico-Fiori” (quindi servizi segreti) che volle mandare un messaggio stile “corvo” a PLV (i rapporti tra l’anonima sarda e lui, da nemici o da scambi di favori resta nel dubbio) affinché “influenzasse” il proseguo delle indagini in un senso gradito quindi potendo “coercire” la libertà di indagine di quella persona “ricattabile e non estranea ai fatti delittuosi”. Silvia Della Monica ci mette poco più di un anno per chiamarsi fuori dalla palude adducendo la malattia della mamma (e una indagine complessa di traffico di droga internazionale). Quando cominciano gli arresti dei Vinci, qualcuno deve rassicurarli di stare buoni e zitti che presto verranno tirati fuori e, infatti, così avviene a botte di pistolettate e squartamenti. Questa vicenda è uno spaccato dell’Italia di quegli anni e della verità negata quando diventa “indicibile” per l’ordine costituito.