Nell’interrogatorio del pomeriggio gli inquirenti fanno leva sul fatto che Stefano Mele aveva detto a più persone di tacere la verità per paura che gli ammazzassero il figlio, e Mele lo ammette. Se ne argomenta che se la sua paura è reale, dati gli altri omicidi, sarebbe necessario per lui dire la verità.
Subito dopo il verbale dice: “A questo punto il Mele dice che egli pensa di poter essere nuovamente processato e condannato per gli omicidi Locci-Lo Bianco“. Tal cosa, se gl’inquirenti avessero ancora dubbio, significa ineluttabilmente che, per poter dire una verità utile allo sviluppo delle
indagini, Mele deve ammettere le sue stesse responsabilità, e che egli è proprio certo di aver subito una pena troppo lieve, per quanto commesso.
Il p.m. lo rassicura, spiegandogli il tenore dell’art. 90 CPP, anzi lo invita a leggerlo, ma egli non può perché senza occhiali. Allora gli rilascia, a sua richiesta, una dichiarazione autografa che non sarà nuovamente processato.
Intanto Mele lascia capire di voler prima parlare con suo figlio, che non vede da due anni e dice che dopo dirà il vero. Autorizza intanto il p.m. ad ottenere, dai suoi difensori nel processo per il delitto duplice del 1968, il loro fascicolo.
Estrapolato dalla Sentenza Rotella Pag. 76