Il 22 gennaio 1984 la Signora Iolanda Libbra si presenta spontaneamente presso i Carabinieri di Scandicci per fornire una testimonianza riguardante Giovanni Mele. La Libra dichiara di essere stata amante del Mele e che adesso ne provava paura a causa sia del suo strano comportamento sia per degli oggetti che aveva visto.
Raccontò che il Mele pretendeva di avere rapporti in macchina e l’aveva portata in un’occasione a Roveta di Scandicci, non distante dalla Taverna del Diavolo (e quindi non distante dalla piazzola dell’omicidio di Mosciano) e in un’altra occasione presso il Bargino (San Casciano) nelle vicinanze di un cimitero abbandonato. In tutte e due le occasioni vi si erano recati con l’auto del Mele, una FIAT 128 color verde.
Rispetto a questa autovettura dichiarò di aver visto dentro il bagagliaio un grosso coltello, delle riviste pornografiche, un groviglio di corde di 5/6 mm. e dei flaconi con liquido per detergersi profumato. Parlandone con il Mele questi gli disse parlò di una tecnica di uccisione della mafia chiamata incaprettamento in cui si legava il collo e gli arti posteriori ad arco sulla schiena in moda da arrivare progressivamente allo strangolamento.
Parlando sempre del Mele la Libbra riferì che lo stesso faceva discorsi sul suo membro che era di dimensioni sproporzionate, tanto che una lesbica di Fiesole addestrava delle ragazze con un fallo artificiale molto grosso in modo che abituate alle dimensioni, lui potesse possederle. In tal senso la Libbra commentò che però nei rapporti intimi non gli serviva a gran che questo membro sproporzionato.
Aggiunse che gli aveva mostrato più volte riviste pornografiche e che secondo lei era il MdF fra l’altro mandato da suo marito, da cui era separata, perchè la voleva morta. Infine aggiunse che il Mele, dopo la morte di Antonietta Mele conviveva con Pietro Mucciarini e i due litigavano spesso per problemi di denaro.