Il 24 gennaio 1984, dopo la perquisizione della mattina, viene interrogato Giovanni Mele. Chieste spiegazioni sul biglietto trovato nel portafoglio di Stefano Mele il 16 gennaio 1984 e che Stefano indica some scritto da lui, ammette di averlo scritto nel 1982 prima che Stefano accusasse Francesco Vinci. Spiega che il biglietto aveva lo scopo di spingerlo a dire la verità e giustifica le frasi dichiarando: “Quanto alla prima frase, Natale aveva fatto il nome di zio Pietro. Io perciò volevo che lui si adeguasse alle dichiarazioni rese dal figlio in istruttoria. Escludo che io intendessi con quel promemoria far capire a mio fratello che io volevo che lui accusasse Locci Pietro. Suggerii altresì a mio fratello che avrebbe dovuto dire che aveva intenzione di fare il nome dopo scontata la pena. Quanto alla frase “come risulta da esame balistico dei colpi sparati”, questa era di mero promemoria, dal momento che aveva indicato esattamente il numero dei colpi sparati. In questi termini io volevo dire a mio fratello che lui era stato provato colpevole e che perciò su questo fatto non c’erano problemi“. 

“Adesso che faccio mente locale ho scritto il biglietto prima che, nel 1982, fosse disposto il raffronto con Vinci. Mio fratello mi aveva detto che avrebbe fatto il nome, una volta scontata la pena. Io pensavo, perciò di spingerlo a rendere testimonianza [l’imputato non ha nulla da obiettare alla contestazione che, udito poche sere prima come testimone, ha dichiarato di essersi sempre guardato dal penetrare la riservatezza del fratello, e aggiunge:] … Quanto alla prima frase, Natale aveva fatto il nome di zio Pietro. Io perciò volevo che lui si adeguasse alle dichiarazioni rese dal figlio in istruttoria [istruttoria del 1968. Gli si contesta che il bambino in istruttoria aveva parlato dello zio Piero Mucciarini, e le altre emergenze in merito dagli atti del 1968, ed egli spiega:] … La confusione tra ‘zio Piero’ e ‘zio Pietro’ fu cagionata dall’avv. Ricci [difensore di Stefano Mele nel 1968] che scambiò un nome per un altro, cosicché si disse successivamente al bambino per errore, da parte dell’avvocato di fare il nome di ‘zio Piero’ [gli si contesta che il fratello, il 16 gennaio, ritrattando le accuse contro Vinci ha dichiarato — v. retro —: “… e poi il bambino un nome lo fece, era lo zio Pietro, il fratello di Barbara”, ma G. Mele risponde:] Escludo, visto che la S.V. me lo contesta, che io intendessi con quel promemoria far capire a mio fratello che io volevo che lui accusasse Locci Pietro, fratello di Barbara… Suggerii altresì a mio fratello che avrebbe dovuto dire che aveva intenzione di fare il nome dopo scontata la pena… Quanto alla frase ‘Come risulta da esame ballistico dei colpi sparati’, questa era di mero promemoria, voleva cioè significare che mio fratello aveva detto il giusto, con il fatto che lui era presente, dal momento che aveva indicato
esattamente il numero dei colpi sparati. In altri termini io volevo dire a mio fratello che lui era stato provato colpevole e che perciò su questo fatto non c’erano problemi”.esattamente il numero dei colpi sparati. In altri termini io volevo dire a mio fratello che lui era stato
provato colpevole e che perciò su questo fatto non c’erano problemi”.

Estratto dalla sentenza Rotella.

24 Gennaio 1984 Interrogatorio di Giovanni Mele

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