FIRENZE, PARERE FAVOREVOLE AL RILASCIO DEI DUE INDIZIATI PER I DELITTI
FIRENZE – Le vicende giudiziarie di Giovanni Mele e Piero Mucciarini, arrestati il 25 gennaio di quest’ anno con l’ accusa di concorso nell’ omicidio della cognata Barbara Locci e del suo amante Antonio Lo Bianco e indiziati di reato per l’ uccisione di altre cinque giovani coppie, forse si stanno per concludere, sulla scia di quanto era già capitato a Enzo Spalletti e Francesco Vinci, gli altri due uomini accusati, tra l’ 81 e l’ 83, di essere i “mostri” di Firenze. L’ ufficio del pubblico ministero ha infatti espresso parere favorevole sulle istanze di scarcerazione presentate dagli avvocati difensori dei due imputati. Non si conosce ancora la motivazione di questo parere espresso dalla procura della Repubblica, ma i magistrati hanno lasciato intendere che l’ ultimo duplice delitto compiuto a Vicchio, dodici giorni fa, ha indebolito gli elementi che portarono all’ arresto di Giovanni Mele e Piero Mucciarini. La parola passa ora al giudice istruttore, Mario Rotella, che dovrà accogliere o respingere le istanze di scarcerazione. Se la risposta sarà positiva, i due cognati, detenuti uno a Volterra e l’ altro a Siena, potranno tornare in libertà. Se il giudice esprimerà, invece, il parere negativo, Mele e Mucciarini resteranno ancora in carcere. In questo caso, si ricorrerà al giudizio del Tribunale della libertà su richiesta dei difensori o della procura della Repubblica. Il parere favorevole espresso dall’ ufficio del pubblico ministero fa capire che gli inquirenti, che indagano su questa catena di delitti che da sedici anni insanguinano nelle notti di novilunio le colline che circondano Firenze, sono convinti che non solo la pistola è la stessa da Signa a Vicchio, ma che anche la mano non è cambiata. Il “mostro” non è dietro le sbarre di una cella, ma circola liberamente. Per saperne di più su questa Beretta calibro 22 Long Rifle, unico elemento certo, una firma inconfondibile che lega tutti i quattrodici delitti, i sostituti procuratori della Repubblica Francesco Fleury e Paolo Canessa sono stati, insieme agli uomini della squadra speciale che danno la caccia al maniaco, nella sede della casa costruttrice, in provincia di Brescia. E’ stato un confronto utile – hanno detto i magistrati – nel corso del quale è stato possibile avere una ulteriore conferma che i bossoli ritrovati sui luoghi dei sette duplici delitti sono stati sparati con la stessa arma, una Beretta serie 70, ancora in produzione. La fabbricazione della Beretta serie 70 è cominciata negli anni ‘ 59-‘ 60 e ne sono stati fabbricati diversi tipi: dai segni lasciati sui bossoli è difficile stabilire a quale di questi tipi appartenga la pistola che il folle ha usato dal ‘ 68 ad oggi. Tuttavia, i dati raccolti a Brescia permettono di ridurre sensibilmente il numero dei possessori delle calibro 22 sui quali indagare. In Toscana, di tali armi ne circolano quattordicimila, si parla di quelle regolarmente denunciate. Particolare interessante: la Beretta non ha prodotto per la serie 70 nessun silenziatore. C’ è una testimonianza, emersa in questi giorni, secondo la quale, una persona, la sera del 29 luglio ha sentito esplodere alcuni colpi di pistola nella zona dove sono stati uccisi Claudio Stefanacci e Pia Rontini. Questo particolare avrebbe permesso di stabilire con maggiore precisione l’ ora del duplice omicidio. Ciò ha permesso alla squadra speciale di investigatori di scartare subito alcune segnalazioni e di concentrare la loro attenzione su alcuni possibili indiziati. Mentre continuano le ricerche dell’ auto rossa, vista la sera del delitto nella zona di Vicchio, si sono conosciuti i risultati della perizia sulle macchie di sangue e sui peli trovati dentro la Panda. I peli sono quelli di Claudio e il sangue appartiene allo stesso gruppo dei due giovani uccisi.
di VITTORIO MIMMI
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