Il 20 Agosto 1984, domenica, viene trovato il cadavere del Marchese Roberto Corsini, nato nel 1950 di soli 34 anni. Risulta deceduto per una fucilata che lo ha colto al volto, il corpo era nella sua riserva di villa Le Mozzette a San Piero a Sieve.
I giornali riportano che: “Non c’è intrigo, non ci sono storie poco nobili dietro la morte di questo toscano molto blasonato che tra gli avi conta un papa, un santo, decine di priori gonfalonieri e anche l’uomo che arrestò Savonarola. Solo un banale racconto di caccia, la prima domenica in cui le doppiette del Mugello possono sparare liberamente… E nemmeno il chiacchiericcio della voce popolare che dietro la cronaca nera s’immagina sempre chissà che (qui resta però sempre il mostro)“.
La storia è riportata come segue. Nel tardo pomeriggio di domenica 19 il Marchese Roberto gioca a dama cinese con alcuni amici tedeschi nella sua villa delle Mozzette. Durante la partita sente alcuni spari che suppone provengono dalla propria tenuta e pensa al bracconaggio. Il Corsini si allontana a piedi per un controllo. Da quel momento sparisce. I domestici dopo il lungo periodo di assenza lo cercano e avvertono i Carabinieri. Saranno questi ultimi a ritrovarlo tra le frasche e l’acqua di un torrentello. In breve viene individuato Marco Parigi, scalpellino di 24 anni, il quale confessa che sorpreso con la preda di frodo cerca di scappare, ma cade, e parte un colpo accidentale che uccide il Corsini colpendolo in pieno volto. Il Parigi fugge terrorizzato fino a casa per poi tornare più tardi per nascondere meglio il cadavere. Il corpo è stato trascinato per un centinaio di metri e nascosto in una ansa del torrente Levisone, ai piedi di un albero.
In casa trovano il fucile, forse gli abiti macchiati di sangue, non è dato saperlo. I Carabinieri portano il Parigi sul luogo del delitto in modo da fargli ricostruire il suo racconto. Tutto viene verbalizzato.
Il padre del ragazzo, la cui casa confina con la tenuta del Corsini, si reca a trovare donna Laura, madre del conte ammazzato.
Dopo la ricostruzione il Sostituto Procuratore Gabriele Chelazzi emette l’ordine di cattura e arresta il Parigi.
Il fucile da caccia in realtà non è proprio un fucile classico da caccia, una doppietta, si tratta di un Franchi due canne sovrapposte, il fucile trionfatore delle Olimpiadi. Anche le cartucce, alcune trovate accanto al corpo del Marchese e altre a casa del Parigi, sono molto particolari, fabbricate e vendute da pochi armaioli della zona. Inoltre non torna il racconto del ragazzo in quanto il colpo partito dal basso non corrisponde all’incidenza rispetto al volto del Nobile.
Per un mese intero Marco Parigi ha continuato a ripetere: “Ho ucciso per fatalità, sono scivolato e dal fucile è partito un colpo“. Poi ad un certo punto il Parigi ha chiesto di parlare con il magistrato Gabriele Chelazzi ed ha cambiato versione.
Ha affermato di aver sparato a un fagiano in volo e non ha visto che in quel punto si era palesato il Marchese. Ha spiegato di aver ucciso senza saperlo e senza volerlo. In questo modo l’angolo diventa corretto e se la magistratura accerterà che Marco Parigi ha detto la verità si potrebbe arrivare a una modifica del capo d’imputazione da omicidio volontario a omicidio colposo.
Nonostante la famiglia Corsini, tramite l’avvocato Terenzio Ducci, si opponga a questa nuova versione che sposta l’accusa sull’omicidio colposo la magistratura sembra propensa ad accoglierla.
Alla presenza dell’avvocato Luca Santoni, difensore di Parigi, viene interrogato ancora presso il carcere di Solliciano dove è detenuto, che ripete la sua nuova versione: “Ero lì quando ho sentito frullare un fagiano in un fosso, ho sparato e ho sentito un urlo. Sono corso a vedere. C’era il marchese a terra sanguinante. Io non l’avevo visto. Era nascosto. Mi sono impaurito e sono scappato. Sono andato a casa. Poi sono tornato indietro per cercare di nascondere il cadavere. Questa è la verità. E’ stata una disgrazia. Io non lo volevo ammazzare”.
Questa nuova versione, per la verità, in qualche modo fa quadrare la ricostruzione degli inquirenti. Il colpo che ha ucciso il nobile infatti è stato sparato dall’ alto verso il basso.
Don Roberto è stato sepolto nella cappella di famiglia, sotto i cipressi di San Casciano.
Restano alcune voci di popolo, non confermate, non indagate, che si riaffermeranno in seguito durante il processo Pacciani e pronunciate proprio dall’imputato.