Il 30 Maggio 1985 il Giudice Istruttore Mario Rotella il PM Adolfo Izzo e il Colonnello Nunziato Torrisi si recano presso la Stazione dei CC di Alberedo d’Adige in provincia di Verona per interrogare nuovamente Stefano Mele che risulta imputato di reato di calunnia nei confronti di Francesco Vinci.
Stefano Mel esordi dicendo: “Effettivamente non era Francesco Vinci la persona che ha commesso il reato. Ho accusato Francesco perchè avevo dei rancori verso di lui essendo stato l’amante di mia moglie e prepotente con me“.
Stefano Mele sembra un fiume in piena e comincia a snocciolare nomi e circostanze. Afferma di aver accusato Francesco Vinci di possedere un’arma, con cui minacciava la moglie, perché gli era stato riferito da Salvatore Vinci. Afferma di aver coinvolto anche Salvatore Vinci perché aveva appreso dai suoi fratelli Maria e Giovanni che Natalino non era suo figlio ma figlio di Salvatore Vinci. Inoltre descrive Salvatore come un depravato raccontando episodi in cui era stato coinvolto dallo stesso Salvatore. Lo aveva costretto a partecipare a rapporti a tre con la moglie Barbara Locci, sia come attivo che come passivo e lo stesso Salvatore era talvolta attivo e talvolta passivo. Racconta che Salvatore lo aveva costretto ad andare alle Cascine assieme alla moglie e al figlio per far accoppiare Barbara con uomini trovati occasionalmente. Mentre lui si allontanava con il figlio, Salvatore restava ad assistere.
Disse che aveva sorpreso anche Pietro Mucciarini a letto con la moglie e confermava la presenza di Mucciarini sul luogo dell’omicidio. Ritrattò invece le accuse contro Marcello Chiaramonti e suo fratello Giovanni.
In merito alla pistole Mele riferisce di un incontro a Ronco all’Adige con un ispettore della P.G., inviato dal Procuratore subito dopo il delitto di Vicchio, di nome Valeria a cui avrebbe parlato di Salvatore indirizzando a lui per la ricerca della pistola.
Date le ritrattazioni verso Francesco Vinci il GI e il PM decidono di emettere mandato di arresto per Stefano Mele per calunnia continuata, e per questo il Mele viene subito preso in custodia e tradotto a Firenze presso la camera di sicurezza della Stazione CC di Palazzo Pitti.