I giudici di Firenze “fidanzati, attenti il mostro può colpire”
FIRENZE – E’ notte. Un’ auto è ferma in una stradina di campagna. Dentro un ragazzo e una ragazza si baciano e si abbracciano teneramente. D’ improvviso sentono bussare al finestrino: è la polizia. “Siete in una zona troppo isolata – dice l’ agente – andatevene. Qui siete un bersaglio per il mostro”. Sì, il mostro di Firenze, l’ inafferrabile assassino autore di quattordici delitti, fa ancora paura. E’ ormai passato un anno dall’ ultimo duplice omicidio e i controlli sono stati intensificati. “Le coppie devono stare attente, il pericolo non è passato”, testimonia il sostituto procuratore Francesco Fleury, uno dei magistrato incaricati delle indagini. Parole che suonano come un appello. I corpi straziati delle ultime due vittime, Pia Rontini e Claudio Stefanacci, furono scoperti a Vicchio, nel Mugello, il 29 luglio del 1984. Ma il folle assassino non è stato catturato e la paura di un nuovo delitto comincia a farsi sentire. In una Firenze zeppa di turisti scamiciati si muovono con discrezione squadre di poliziotti e carabinieri che hanno il delicato compito di invitare le coppiette a lasciare le zone isolate. Non solo. “Per intensificare i controlli delle persone sospette – spiega il procuratore aggiunto Carlo Bellitto – abbiamo mobilitato vigili urbani e forze dell’ ordine in trentasei comuni della provincia”. E intanto un nucleo speciale prosegue le indagini. Già le indagini, migliaia di pagine ma ancora nessun risultato concreto. E i commenti sono molto duri. “Da quello che sappiamo noi, come famiglia – afferma Renzo Rontini, padre della ragazza uccisa nel luglio ‘ 84 – non si danno molto da fare. Le indagini si sono trasformate in una gara che tutti vogliono vincere. Ognuno lavora per conto suo. Siamo a questo punto. E’ la verità, purtroppo. Nessuno ci potrà ridare nostra figlia, viviamo con questa angoscia che ci martella in continuazione. Ma se sapessimo che questa persona è nelle mani della giustizia avremmo un piccolo aiuto interno. Prima credevo tanto nella giustizia. Ora per niente”. “Avevo scritto a Pertini e al papa – racconta Renzo Rontini -. Pertini mi disse che si sarebbe dato da fare. Il papa invece non ha risposto. Il parroco mi ha detto che forse non ha parlato perchè questi ragazzi erano a fare atti impuri…”. “Le indagini comunque proseguono senza sosta – assicura il sostituto Fleury – soltanto che dobbiamo lavorare su grandi numeri. Di pistole calibro 22 marca Beretta, l’ arma che solitamente usa l’ assassino, a Firenze ce ne sono 14 mila. Le stiamo controllando tutte. Ma ci vuole tempo”. Di inchieste sul mostro di Firenze ce ne sono due: una in fase formale affidata al giudice istruttore Mario Rotella e che ha come pubblico ministero il sostituto Adolfo Izzo; l’ altra in sommaria tiene impegnata i sostituti Fleury, Piero Luigi Vigna e Paolo Canessa. Inchieste con tanto di indiziati o imputati. Ma ogni volta che c’ è stato un arresto, ogni volta che magistrati e forze dell’ ordine hanno tirato un sospiro di solliveo c’ è stato un nuovo delitto. E’ una storia terribile, che si trascina dall’ agosto del 1968 quando furono assassinati due amanti clandestini, Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, uccisi a colpi di Beretta calibro 22. Finì in carcere e fu condannato il marito della donna, Stefano Mele. Sei anni dopo, nel settembre del 1974, quando furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, apparvero quelle connotazioni a sfondo sessuale che insieme alla pistola sono il marchio del mostro. Alla ragazza furono inferte 96 coltellate nella zona del pube. Ma nessuno, allora, si accorse che era entrato in azione un maniaco. I delitti furono collegati dopo il quarto duplice omicidio. La sequenza di morte però è continuata, non si è mai interrotta. E ci sono stati anche due suicidi, due persone che si sono uccise perchè si sono sentite appiccicate addosso l’ etichetta di mostro. Sono invece finiti in carcere in tempi diversi Enzo Spalletti, infermiere di Montelupo fiorentino, Francesco Vinci, muratore, Giovanni Mele e Piero Mucciarini, pensionato il primo, fornaio il secondo. Tutti scarcerati per mancanza di indizi e perchè durante la loro detenzione il mostro era tornato a colpire. Tuttavia ancora oggi sono formalmente imputati, possono essere prosciolti soltanto con ordinanza e quindi a conclusione dell’ istruttoria.
di PAOLO VAGHEGGI