L’8 Ottobre 1985 il Dott. Francesco Narducci  si alza alle 7.30 e si reca, come di consueto, al lavoro presso la clinica medica del Policlinico Monteluce di Perugia partendo da casa sua in Via Savonarola 31.

Nell’ospedale il Dott. Narducci ha un ufficio che divide con Dott. Gabrio Bassotti e la Dott.ssa Manuela Gaburri, il suo primario è il Prof. Antonio Morelli, amico di famiglia di lunga data e suo testimone di nozze.

Incontra il Dott. Gabrio Bassotti il quale gli chiede di correggergli la stesura di un lavoro, cosa che avvenne. Al Bassotti il Narducci disse che: “sarebbe andato al lago per riordinare le idee per un convegno medico” al quale, dopo pochi giorni, avrebbe dovuto partecipare. (Vedi: Nota Carabinieri 27 giugno 2007)

Alle ore 11.00 circa incontra il Dott. Paolo Bianchi (vedi 2 aprile 2005), questa l’impressione del Bianchi: “il giorno della scomparsa, lo incontrai verso le 11, sotto la Clinica Medica, di fronte alla statua della Madonna. Era in camice e, dopo avermi parlato di mia zia, che avevo fatto ricoverare da lui per gravi problemi epatici, mi disse che era in ansia perché doveva andare a ritirare delle diapositive che riteneva determinanti per l’introduzione ad una sua relazione ad un congresso a cui avrebbe dovuto partecipare. Non mi disse che cosa rappresentassero queste diapositive. Francesco mi appariva tranquillo, ma era in ansia esclusivamente per le diapositive. Credo che il congresso fosse imminente perché altrimenti non si sarebbe potuta spiegare la sua preoccupazione. A un certo punto, un’infermiera, almeno così mi sembra, lo chiamò da una finestra della Clinica medica e Francesco mi salutò, avviandosi velocemente all’ingresso della Clinica. L’infermiera lo chiamò, facendogli capire che doveva salire. Non sono sicuro se fece allusioni ad una telefonata. Va tenuto presente che, all’epoca, non vi erano i cellulari.

Alle ore 12.00 circa, il Dott. Narducci è impegnato in un esame medico (colonscopico) presso il reparto.

Un infermiere, Giuseppe Piferotti, risponde ad una telefonata di una persona che richiede al telefono il Dott. Narducci. L’infermiere avverte il medico che si alza, esce dalla stanza e risponde al telefono. Subito dopo aver riagganciato la cornetta rientra nell’ambulatorio degli esami e si avvicina al Prof. Morelli e a bassa voce gli comunica che è costretto ad allontanarsi, subito, a causa di un impegno improvviso. La cosa stupisce tutti i presenti, a cominciare proprio dal Prof. Morelli che in seguito dirà di aver pensato, sul momento, a un’emergenza di carattere personale.

Usufruisce dell’ufficio di Anna Maria Feligetti per fare una telefonata che appare normale nei toni, cosi come il saluto alla Feligetti.

Il Dott. Narducci passa velocemente dall’ufficio per riprendere le sue cose e si affaccia dalla segretaria chiedendole di spostare all’indomani gli esami previsti per il pomeriggio. Dei motivi di quell’uscita anticipata il medico non dà spiegazioni a nessuno.

Il Narducci incrocia il collega Giovan Battista Pioda, che cosi lo descrive nella testimonianza del 4 maggio 2002: “Non sembrava affatto rilassato, non indossava il camice ma un giubbotto scamosciato. Lo salutai e stranamente non mi rispose. La cosa mi sorprese molto, visto che Francesco era sempre educato e corretto. Mi sembrò pensieroso, camminava guardando dritto davanti a sé”.

Il Dott. Narducci esce dal Policlinico e sul piazzale incontra altri colleghi.

Il Dottor Franco Aversa sta arrivando in quel momento con già addosso il camice. Deve montare di guardia, l’orario è circa le 13.30/13.45 dato che il cambio di turno avveniva alle 14.00. Dopo alcuni convenevoli, Francesco gli rivolge una proposta inaspettata, di accompagnarlo al lago, vista la bella giornata. Questo uno stralcio della sua testimonianza del 29 maggio 2002: “Quel giorno e cioè l’8 ottobre 1985 vidi Francesco nel Piazzale d’ingresso del Policlinico. Posso affermare con certezza che l’orario in questione, verso le ore 13,30-14,00, coincideva con il cambio di guardia medica, turno che personalmente iniziai alle ore 14,00 circa. Francesco era uscito dall’Istituto e quando mi vide iniziammo a parlare, poi mi chiese se volessi accompagnarlo al lago a fare un giro in moto vista la bella giornata; mi pare che proprio davanti all’Istituto vi fosse parcheggiata la mia moto. Io, che indossavo la divisa prevista per la guardia medica, gli dissi che non potevo andare con lui perchè iniziavo il turno. Ricordo con certezza che mandai bonariamente a quel paese Francesco perchè pensavo volesse prendermi in giro atteso che iniziassi proprio allora a lavorare ed era evidente la mia impossibilità a seguirlo. Qualcuno ci invitò a prendere un aperitivo al bar, cosa che avvenne. Francesco, dopo aver consumato assieme a noi la bevanda, mi salutò e si diresse verso il parcheggio di Monteluce dove di solito teneva la moto e la macchina.

Durante il tragitto incontra un altro collega, il dottor Claudio Cassetta, che di quell’incontro frettoloso conserva, a distanza di anni, solo una sensazione rilasciata nella sua testimonianza del 12 aprile 2003: “Ebbi l’impressione che volesse confidarsi con qualcuno. Ricordo perfettamente che indossava una maglietta”.

Narducci arriva al parcheggio e sale a bordo della sua Citroen Cx azzurrina e prende la strada di casa.

Quando arriva a casa ed apre la porta la moglie Francesca Spagnoli non nasconde il suo stupore per quel ritorno inatteso. La stessa mattina gli aveva detto che non sarebbe tornato per pranzo, che avrebbe mangiato un panino in ospedale. Francesca immaginava che avesse svariati impegni in ospedale e non di vederlo, circa alle 14.00, a casa per il pranzo. Francesco le spiega che all’ultimo minuto a deciso di rincasare per un pranzo veloce e che sarebbe tornato in ospedale nel pomeriggio, ma non avrebbe fatto tanto tardi; aggiunge che in prima serata c’era un programma in televisione che lo interessava.

I due coniugi consumano insieme in fretta un pasto frugale, riso integrale in bianco. La moglie, mentre sparecchia la tavola, lo sente parlare con i suoi parenti al telefono, con la madre, forse con il fratello Pier Luca Narducci. Francesco a spesso l’abitudine di fermarsi a pranzo a casa dai genitori, spesso anche la sorella. In seguito Francesca interpreta questa telefonata come un addio. (Rif. Un amore all’inferno pag. 37)

L’ultima telefonata di Narducci è a Giuseppe (Peppino) Trovati, il proprietario della darsena di San Feliciano sul lago Trasimeno, dove la famiglia ha una villa e una barca. Da lui si informa se il natante è ancora in acqua e funzionante, ricevuta conferma positiva e quindi lo preavverte che arriverà alla darsena entro breve.

A quel punto saluta la moglie rinnovando l’appuntamento per cena e anziché il consueto e fuggevole bacetto sulla guancia, la bacia sulla bocca, a lungo e con passione. Francesca lo vede uscire con indosso un paio di jeans marca Burberry che lei stessa gli aveva regalato per il suo trentaseiesimo compleanno festeggiato pochi giorni prima. (Rif. Un amore all’inferno pag. 37)

Francesco Narducci si allontana con la sua motocicletta Honda 400 Four Sport targata PG 102777. Il medico invece di tornare in ospedale si dirige verso il lago Trasimeno, imbocca la superstrada E45 per San Feliciano sulla sponda orientale del Trasimeno. Impiega circa un quarto d’ora, e prima di recarsi alla darsena passa dalla villa di famiglia che sta alla fine di una strada stretta e in salita. Non è dato sapere quanto si trattiene in casa, non essendoci testimoni. Si sa però che quando lascia la villa lo fa a grande velocità, come racconta un vicino, Alberto Buini, e come prova si vede il segno profondo della sgommata sulla ghiaia davanti all’ingresso.

Percorre il chilometro in discesa che lo separa dalla darsena. È ormai pomeriggio inoltrato quando arriva alla darsena alle 15.35.  Lascia la moto sotto un Salice, dove verrà ritrovata, e saluta Peppino Trovati. I due si conoscono bene e il Trovati riferirà poi che Narducci gli sembrò tranquillo. Stranamente parlando con la madre di Francesca Spagnoli, signora Maria Bona Franchini riferisce diversamente: “Trovati mi riferì di un Francesco arrivato alla darsena molto pallido e agitato”.

A quel punto si imbarca sul suo motoscafo, un Grifo Plaster con un fuoribordo da 70 CV targato PR 3304. Si tratta di un’imbarcazione a quattro posti, sistemati “schiena contro schiena”, con i due posti anteriori che guardavano davanti e quelli posteriori che erano volti verso la parte posteriore dello scafo. I posti sono ubicati piuttosto in basso nello scafo e la parte superiore dei sedili è
praticamente all’altezza del bordo dell’imbarcazione.

Prima di partire Peppino Trovati lo avverte: «Dottore, guardi che il serbatoio è pieno solo a metà». Narducci risponde: «Tanto per quello che mi serve… Vado qui vicino e torno», aggiungendo che, all’occorrenza, poteva contare anche su una scorta di altri sei o sette litri.

Il serbatoio era mezzo pieno significa che conteneva 10-12 litri. Considerato che il consumo era pari a 1,5 litri/Km e che, da San Feliciano all’estremità opposta più distante, cioè al punto in corrispondenza di Borghetto, vi è una distanza che approssimativamente può calcolarsi attorno ai 12 Km, è evidente che il carburante esistente nell’imbarcazione al momento della partenza poteva consentire un viaggio di andata e ritorno in condizioni di sicurezza su una distanza non superiore ai 7-8 Km complessivamente, considerando proprio l’andata e il ritorno. In un raggio kilometrico simile, all’interno del lago, per chi parta da San Feliciano, vi è un solo approdo, l’isola Polvese, la più grande del lago Trasimeno. Narducci si diresse dapprima lentamente, poi acquistando velocità, verso il centro del lago, cioè piegando verso nord e verso destra, in direzione della punta nord-occidentale dell’Isola Polvese, cioè del Belvedere, da cui, dirigendosi poi verso sud, si trova un’area appartata, coperta verso San Feliciano dal rilievo dell’isola e verso la sponda occidentale del lago, cioè verso Castiglione del Lago, dalla stessa distanza. È quella la zona detta del « Maciarone », nei pressi della quale si trovano i resti del monastero e della chiesa di San Secondo, l’area più appartata e nascosta dell’Isola Polvese. (Vedi Relazione Commissione Parlamentare)

Il Trovati a quel punto si reca dal proprio commercialista. Rientra al piccolo molo verso le ore 19,00 ed accorgendosi che la barca del Narducci non era rientrata si preoccupa e chiama, alle 19.30 a casa dei “genitori del medico”. Al telefono risponde Pier Luca Narducci, fratello di Francesco, al quale riferisce che la barca con a bordo il familiare non era rientrata.

8 Ottobre 1985 Il Dott. Francesco Narducci riceve una telefonata

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