Alla fine della mattinata del 13 Ottobre 1985 il corpo ripescato dal lago Trasimeno viene preparato per il trasporto. L’agenzia funebre presente, chiamata dai Carabinieri di Magione, è quella di Nazzareno Moretti titolare della ditta di pompe funebri di Magione. Il Moretti si meraviglia di due o tre episodi che succedono durante lo svolgimento del suo servizio, tanto da rendere quel trasporto anomalo rispetto a tutti gli altri.
Il primo fatto è che la Dott.ssa Daniela Seppoloni, contravvenendo alla consuetudine, non gli fornirgli alcun documento per il trasporto per la salma. Ancora più strano è che al posto del passeggero sul carro funebre sale a bordo un non meglio identificato “ufficiale di polizia”.
In quel momento, mentre sistemano il corpo nella bara, il maresciallo Lorenzo Bruni fa notare al suo comandante che a quel cadavere doveva ancora essere fatta l’autopsia, il Capitano Francesco Di Carlo lo gela ancora una volta: “Ma lascia stare…!“.
Il carro funebre della ditta Moretti si avvia per portare il corpo a Perugia, ma nel percorrere la strada, arrivati al bivio che porta a San Feliciano, il trasporto viene fermato.
Una donna è ferma sulla strada; donna che Moretti associa alla persona di Giovanna Ceccarelli, la moglie di Pier Luca Narducci. Si avvicina al finestrino e dice testualmente al Moretti: “Mi intimò di invertire la marcia e di raggiungere la villa di San Feliciano, esclamando: “Papà lo vuole a casa!” o qualcosa del genere“. Moretti si volge verso l’ufficiale di polizia seduto accanto a lui il quale stranamente non ha niente da eccepire e quindi il veicolo col feretro, invece di raggiungere l’obitorio di Perugia come sempre Moretti ha fatto in questi casi, si mette in marcia verso villa Narducci a San Feliciano.
Sembra sussista un colloquio telefonico tra il sostituto di turno Dr. Federico Centrone (che non si trova sul posto e che deve decidere sulla base di ciò che gli viene riferito) il quale autorizza la restituzione del cadavere ai familiari. Vedi l’informativa: 29 giugno 2004 Informativa stato indagini Perugia Pag.9
Arrivato alla villa il cadavere viene scaricato nel garage, e subito dopo, sorprendendosi ancora, il Moretti viene liquidato dalla famiglia Narducci rispetto al servizio funebre che stava svolgendo. Nazareno Moretti se ne torna a casa e sconvolto e racconta alla moglie quello che è successo. In seguito la moglie di Moretti, Anna Rita Fino, ebbe a testimoniare: “Tornato a casa disse che era rimasto sconvolto dal cadavere, che definì molto grosso. Forse partì con un amico, Pietro Cesarini. Disse che fu costretto a portarlo non all’obitorio come voleva lui, ma nella villa dei Narducci, come gli ordinò una persona che comandava e che era salita a bordo, insieme anche a un familiare del defunto. Gli dissi: “ma ti sei rimbecillito? Guarda che rischi cose gravi”, e lui si giustificò dicendo che la persona potente gli disse di non preoccuparsi, che avrebbero pensato a tutto loro». Molti anni dopo sarà proprio Moretti a confidare preoccupato al maresciallo Bruni: «Ho proprio fatto una cavolata, ma pensavo fosse una cosa normale”.
A quel punto la famiglia Narducci contatta una seconda agenzia funebre, la Passeri di Perugia, la quale si deve occupare della vestizione e del funerale. Titolare dell’agenzia è Nazzareno Morarelli.
A volte le combinazioni anche sui nomi, la prima agenzia funebre è di Nazareno Moretti e la seconda di Nazareno Morarelli.
Nazzareno Morarelli si ritrova da vestire un corpo che giudica dall’aspetto “negroide, per la protuberanza delle labbra” e il gonfiore. Anche Gabriele Barbetta, suo collaboratore, resta impressionato dalle condizioni della salma, tanto da esclamare al suo socio: “Dio com’è ridotto, ma ce lo fanno anche rivestire?”.
Gabriele Barbetta ricorda quando furono chiamati la famiglia Narducci: “Quando arrivammo al pontile c’era però l’impresa di Magione. La bara di recupero era la loro, così abbiamo seguito il corteo fino alla villa di San Feliciano. Il cadavere era stato messo in un salone al piano terra, sopra un tappeto o una coperta. Era gonfio, grigio con chiazze color kaki, caratteristiche di un avanzato stato di decomposizione ed emanava fetore. Aveva dei capelli sul nero, un po’ stempiato, gli occhi semichiusi”.
Prosegue Barbetta: «I familiari avevano preparato gli abiti. Quando lo spogliammo ricordo che aveva una canottiera bianca e dei pantaloni scuri. Lo svestimmo in fretta, ricordo delle macchie su tutto il corpo. Una in particolare, dalla tempia passava per la guancia fino alla spalla. Gli facemmo indossare delle mutandine, una maglietta bianca, un paio di pantaloni, una camicia e sopra la maglietta infilammo un golf marrone con ricami fatti a “V”, che andavano orizzontalmente, da un pettorale all’altro. I pantaloni erano di una tuta, quindi elastici e senza passanti. A quel cadavere era impossibile far indossare alcun paio di pantaloni, che avrebbero dovuto essere tagliati sul retro e indossanti da davanti».
Anche il Morarelli racconta che dovettero tagliare sul retro una camicia bianca per fargliela indossare insieme ad una giacca o un golf blu.
Ugo Narducci, ricevuto il figlio presso la villa, disse: “L’ho visto quando fu portato dal molo nella mia villetta. Pur riconoscendolo, vidi che il viso era gonfio e sembrava quello di un negro. Il corpo lo vidi quando lo stavano girando e ricordo che era gonfio anche il corpo, ma quello che colpiva di più era il volto, estremamente gonfio, labbra comprese. Facevo capolino dalle scale, malgrado gli uomini delle pompe funebri mi invitassero a venire dopo che il cadavere fosse stato ricomposto“.