“Non uccise la moglie” per Vinci si schiude la porta del carcere

CAGLIARI La lettura della sentenza è stata come un adempimento notarile. Dopo due ore di camera di consiglio Salvatore Vinci, 52 anni, è stato assolto dall’ accusa di uxoricidio con la formula più ampia perché il fatto non sussiste e sono state così confermate in pieno le previsioni della vigilia su un processo nel quale parte civile e pubblico ministero hanno alla fine rinunciato a sostenere l’ accusa. Un processo del tutto anomalo con un capo d’ imputazione ufficiale (un uxoricidio avvenuto 28 anni fa e riesumato dagli inquirenti) diverso da quello sostanziale: ieri, nella arringa, uno dei legali dell’ imputato, l’ avvocato Aldo Marongiu, ha detto a chiare lettere che Vinci è finito in cella soprattutto perché una parte della magistratura toscana lo ritiene il mostro di Firenze, cioè l’ autore di sedici feroci omicidi, il maniaco che da vent’ anni tiene in scacco gli investigatori. Ma queste accuse non gli sono state mai contestate perché molti indizi non valgono una prova, e probabilmente Vinci non verrebbe nemmeno rinviato a giudizio. La guerra tra la magistratura e il mostro è una guerra di nervi: ieri chiunque esso sia il mostro ha vinto una battaglia. Dal processo è emerso che Salvatore Vinci è stato tenuto due anni in carcere perché accusato d’ aver ucciso, nel 1960, la prima moglie Barbarina Steri, sulla base di elementi sostanzialmente identici a quelli che, 28 anni fa, fecero archiviare la vicenda come suicidio. La sentenza di ieri ha riconfermato l’ archiviazione e ha fatto, di quello che resta il principale sospettato dei delitti del mostro, una vittima. Vinci non ha tardato a entrare nel ruolo. Basso di statura, il viso simile a quello d’ un mastro Geppetto corrucciato, subito dopo la sentenza ha voluto salutare Enzo Tortora: Lo faccio ha spiegato perché credo che anche lui sia un giusto. Lo sguardo, dietro le lenti spesse da miope, non tradiva alcuna emozione: rivolto verso un punto indeterminato dell’ aula, sembrava voler esprimere qualche sofferenza asceticamente vissuta: Non ho più nulla di valido, nemmeno il mio nome, ha detto. E quando gli è stato chiesto se tornerà in Toscana, ha risposto di non aver preso una decisione, ma subito dopo ha sentito il bisogno di definire eccezionali i fiorentini: Amo Firenze e la sua gente. Salvatore Vinci non è bello, né simpatico, né accattivante. Concludendo l’ arringa l’ avvocato Marongiu, rivolto ai giudici popolari, ha introdotto così la parte più complicata della difesa: scindere l’ ombra sinistra del mostro di Firenze dalla figura di Vinci-imputato, i sospetti dalle prove, il processo sostanziale da quello ufficiale. Secondo il legale, il suo assistito è stato vittima di un meccanismo giudiziario perverso: nell’ impossibilità di colpire il mostro al cuore, si è tentato di catturarne l’ ombra al laccio. E così il processo a Vinci Salvatore di Villacidro un pervertito, un omosessuale, un cinico, secondo un rapporto dei carabinieri potrebbe diventare un nuovo paradigma delle degenerazioni inquisitorie. Nell’ arringa, Marongiu ha elencato minuziosamente le forzature fatte per tentare di trovare una nuova prova, ha ricordato il caso del principale sostenitore dell’ alibi di Vinci, trasformato in imputato e poi ritrasformato in testimone nel momento in cui ha avallato la tesi accusatoria, ha segnalato la stranezza di una nuova perizia sulle cause della morte di Barbarina Steri affidata, anziché a un medico-legale toscano, a un esperto di un’ altra regione. Ha quindi ricordato che nemmeno il principale testimone d’ accusa Stefano Mele, marito di Barbara Locci, la prima vittima del mostro ha confermato la sua versione. Nella gabbia dirimpetto a quella dell’ imputato, Antonio Vinci figlio ventinovenne dell’ imputato, ha ascoltato impassibile la sentenza. Non aveva battuto ciglio nemmeno quando, nella seconda udienza, il colonnello dei carabinieri Nunziato Torrisi aveva descritto il padre come un maniaco sessuale. E’ questo il presupposto di un ragionamento che la difesa ha ribattezzato teorema Torrisi: il mostro un maniaco, Vinci è un maniaco, Vinci è il mostro. Nell’ elencazione minuziosa degli oggetti rinvenuti in casa dell’ imputato (un vibratore, un cetriolo che non serviva certo a fare l’ insalata, uno zucchino in avanzato stato di decomposizione) emergono contemporaneamente le reliquie di una vita miserabile e un moralismo inquisitorio che si è avvolto su se stesso. Sicurezza del diritto ha detto l’ avvocato Marongiu guardando il pubblico ministero Enrico Altieri significa tutela rigorosa della dignità, della libertà, della personalità umana. Aldo Marongiu è il penalista sardo che, coinvolto nel giallo-Manuella, trascorse due anni di reclusione prima di essere assolto con formula piena. Enrico Altieri l’ accusatore che ha rinunciato ad accusare dopo che la corte gli ha respinto l’ istanza di sottoporre Vinci a perizia psichiatrica fu il pubblico ministero in quello stesso processo.

di GIOVANNI MARIA BELLU

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20 Aprile 1988 Stampa: La Repubblica – “Non uccise la moglie” per Vinci si schiude la porta del carcere
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