Squarta Jack, squarta

CATTOLICA Perché un docente di storia delle dottrine politiche all’ università di Milano e un docente di psichiatria e psicoterapia all’ università di Roma partecipano oggi a una tavola rotonda su Jack lo Squartatore, organizzata da un Mystfest quest’ anno particolarmente ricco? Perché Giorgio Galli e Luigi Cancrini s’ interessano, con tutta la loro serietà e la loro scienza, a un fatto di cronaca certo orribile ma avvenuto cent’ anni fa, a un personaggio senza volto, mai identificato, e diventato ormai un cupo e sanguinoso eroe immaginario, roba per il cinema, per la televisione, per ricerche lunatiche? Dice Galli: Sto studiando le correnti culturali esoteriche diffuse in Inghilterra e che ebbero molto peso politico soprattutto in Germania, dove nacque il nazismo. E attorno allo Squartatore ci sono ricerche e ipotesi che mi interessano: ai suoi macabri riti di macellazione delle vittime si è attribuita una matrice massonica, si è parlato di un coinvolgimento, nella faccenda, dell’ aristocratico club degli Apostoli, quello di cui poi, a Cambridge, faranno parte Blunt e le altre celebri spie sovietiche. Dice Cancrini: Anch’ io, come Conan Doyle e Umberto Eco, credo che la ricerca scientifica assomigli a un’ indagine poliziesca. In psicoterapia, noi cominciamo con dati insufficienti, poi andiamo alla caccia di altre informazioni, uniamo i tasselli, costruiamo un percorso. Siamo come dei detective della storia umana. Per Galli, l’ oscuro criminale che in meno di tre mesi, e nel raggio di poche centinaia di metri, ammazzò e sbudellò selvaggiamente cinque miserande prostitute del più miserando quartiere di Londra, l’ East End, ha anche un interesse politico. Nell’ Inghilterra tardovittoriana si stava concretizzando la democrazia rappresentativa, c’ era il diritto di voto, si formava il movimento operaio, Marx e Stuart Mills sovvertivano la cultura conservatrice. Sherlock Holmes, in perfetta sintonia con la nuova politica della trasparenza del potere, rappresentava la giustizia che sempre raggiunge il colpevole e lo punisce. I cinque orribili delitti, chiusi nel periodo che va dal 31 agosto al 9 novembre 1888, negavano questa certezza, affermavano quello che è vero anche oggi: la democrazia ha i suoi lati oscuri e insondabili, il potere non è una casa di vetro. Anche allora, inspiegabilmente, scomparvero documenti, furono distrutti appunti, qualcuno manovrò perché la vera identità del criminale non fosse rivelata. In certe cose il caso dello Squartatore mi fa pensare, per la misteriosa inefficienza e mancanza di chiarezza, al caso Moro. Per Cancrini, invece, l’ interesse del caso è legato non ai fatti in sé, ma alla creazione del mito: Attorno a Jack si compie il rito della favola, nasce lo scontro teorico tra chi della favola ha bisogno e chi invece è inquieto e vuole vederci chiaro, indagare oltre. Se tanta gente continua ancora oggi a interessarsi allo Squartatore, è per il piacere di proporre delle controstorie, di far parte di un gioco interminabile. E guai se terminasse: se mai si potesse davvero dargli, dopo cent’ anni, un nome e un volto ormai perduti, sono certo che la scoperta verrebbe rifiutata. Figuriamoci i ripperologi, termine inventato nel 1972 da Colin Wilson, anche lui del gruppo, e derivato dall’ inglese the Ripper, appunto lo Squartatore. Dell’ indomita massa di scrittori (ultimamente sono usciti in Inghilterra otto libri sul personaggio, per celebrare degnamente il centenario dei suoi misfatti) partecipano alla tavola rotanda quattro incalliti studiosi, che già nei giorni scorsi hanno cominciato a litigare tra loro, sia pure con compostezza inglese. Ognuno ha il suo Jack the Ripper, e guai a toccarglielo. Ma guai anche a parlare con loro, perché è insostenibile la gragnuola di citazioni di poliziotti morti e sepolti, di testimoni oculari che hanno distrutto i propri appunti, di ladies che hanno ricopiato a macchina gli appunti del padre capo della polizia al tempo dei massacri, di documenti trafugati, di ricerche in manicomi e dormitori pubblici, di letture di diari reali o di personaggi della Corte. Il giornalista e fotografo Daniel Farson, pronipote di Bram Stoker, (l’ autore di Dracula) rotondo, rosso, sempre con il bicchiere in mano, fu quello che per primo, nel 1959, scovò in appunti privati il nome di Montagu John Druitt, giovanotto di ottima famiglia e di bell’ aspetto, avvocato fallito e ubriacone, campione di cricket (questa è una delle ragioni per cui, molto britannicamente, altri escludono che possa essere lui l’ assassino), forse omosessuale, trovato dentro il Tamigi un mese dopo l’ ultimo squartamento, evidentemente suicida. Martin Fido, autore di uno degli ultimi libri sull’ argomento, scrive diabolico dietro le lenti; il suo Jack è un artigiano ebreo polacco che si chiamava David Cohen e che morì in manicomio nel 1891. Ma come mai il suo nome non compare in nessun documento, ufficiale o privato? Perché il testimone che poteva accusarlo si rifiutò di deporre e perché probabilmente quello fu il nome che gli fu dato in manicomio: ma poteva essere la storpiatura del nome di un indiziato, Nathan Kaminski. L’ altro ripperologo, Paul Begg, indica con certezza il nome di Aaron Kosminski, sarto, diventato assassino e squartatore a causa di una delle malattie più terribili dell’ epoca: l’ appassionata masturbazione. Il francese Stéphane Bourgoin, libraio ed editore, non ha un suo Ripper, ma è certo uno dei più devoti ammiratori del brav’ uomo: sta infatti scrivendo un’ immensa enciclopedia su di lui, i suoi delitti, il suo mito, i suoi seguaci, tutte le opere che ha ispirato. Compito duro, se si pensa che nella bibliografia di uno degli ultimi studi Jack the Ripper, Summing up and Verdict, di Colin Wilson e Robin Odell , sono citati 239 studi e 22 romanzi, mentre sul bel catalogo del Mystfest lo stesso Bourgoin elenca, dal 1915 al 1988, 47 film, tra cui il celebre muto di Hithcock The lodger, quelli tratti dalla Lulu di Wedekind con musica di Alban Berg, il bellissimo La classe dirigente con Peter O’ Toole, fino agli episodi di serial televisivi come Star Trek. Ma i docenti in squartatorologia non solo si azzannano tra di loro, devono anche smontare la monumentale opera di quanti hanno altri Jack da proporre e che sono una folla misteriosa, avvincente, romanzesca. Dopo Druitt, cui il recente ed ennesimo Jack the Ripper di Terence Sharkey assegna 75 punti di probabilità su cento, c’ è Albert duca di Clarence (60 punti) figlio maggiore dell’ erede al trono e nipote della regina Vittoria: giovane, bello, molto somigliante a Druitt, a lui accennò senza tuttavia nominarlo, nel 1970, un medico che aveva letto i diari del medico di Corte di cento anni prima. Attorno ad Albert, intrecci tremendi, secondo varie versioni: lui stesso assassino, morto di sifilide in manicomio, oppure fatto morire dalla Corte, oppure al centro di un altro dramma regal popolare. Poiché il giovanotto si sarebbe sposato in segreto con una commessa da cui aveva avuto una figlia, affidata niente di meno che a Mary Kelly, l’ ultima vittima dello Squartatore (il quale, potendo lavorare indisturbato per ore nella sua stanza, le estrasse i visceri e glieli sistemò attorno alle spalle, le mutilò seni orecchie e naso), il medico di Corte da solo (10 punti), o con l’ aiuto di un cocchiere e del pittore Walter Sickert (40 punti), avrebbe commesso i delitti per eliminare tutte le prostitute che erano al corrente di quel disdicevole matrimonio. Molto pittoreschi tutti gli altri Jack: un polacco che aveva avvelenato tre mogli, misteriosi inquilini di casupole fatiscenti, un insegnante del duca di Clarence odiatore di donne, una donna, finalmente, cioè una forsennata procuratrice di aborti, che avrebbe compiuto i misfatti da sola col nome di Jill, o in coppia con Jack; e ancora un paio di macellai, un giornalista, un poliziotto, una spia russa, due medici anch’ essi russi, un medico inglese che voleva vendicare il figlio morto di sifilide, un amico di Oscar Wilde, e perfino il letterario Sherlock Holmes. Farson spiega perché ancora oggi lo Squartatore ha tanta fortuna e fa la fortuna dei suoi accaniti studiosi, anche se delitti terribili, massacri, macellerie di donne e di bambini si sono moltiplicati nel tempo: neppure l’ efferato mostro di Firenze, anche lui rimasto per ora ignoto, ha lo stesso potere fantastico del suo lontano maestro: Perché è rimasto un mistero, perché fu il primo delitto a sfondo sessuale ingigantito dalla nascente stampa popolare, perché alla Londra elegante, alla Corte ignara, a un Parlamento cieco faceva scoprire che al di là del Tamigi esisteva un mondo miserabile che solo la penna di Jack London e i disegni di Gustave Doré riuscirono a descrivere. Nel 1887, l’ anno del giubileo della regina, esplose quella che fu chiamata la domenica di sangue, quando migliaia di soldati spararono contro una folla stracciata che osava gridare la sua indicibile fame. E l’ anno seguente, nei giorni degli atroci delitti, George Bernard Shaw scriveva: mentre noi socialdemocratici convenzionali perdevamo il nostro tempo con l’ istruzione, le agitazioni e l’ organizzazione, un genio indipendente prendeva in mano la situazione. Quel genio era lo Squartatore. In novembre verrà trasmessa un miniserie televisiva diretta da David Wickes, protagonista Michael Caine nella parte di un ispettore di Scotland Yard. Wickes assicura che finalmente dal suo sceneggiato, tenuto rigorosamente segreto, conosceremo la vera identità di Jack lo Squartatore. L’ industria dei ripperologi è in subbuglio e ha cominciato già a svillaneggiarlo.

di NATALIA ASPESI

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1 Luglio 1988 Stampa: La Repubblica – Squarta Jack, squarta
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