Giancarlo Lotti nasce nella frazione de La Fornace a San Casciano Val di Pesa il 16 settembre 1940. Il padre Primo Lotti è deceduto nel 1966 a 67, era un forte bevitore. La Madre, affetta da disturbi psichici, è deceduta 1975 all’età di 74 anni. A Lotti rimane una sorella.

Giancarlo Lotti smise di frequentare la scuola alla IV elementare senza ottenere la licenza.

Nel 1971 il Lotti e la madre si trasferiscono Borgo Sarchiani, 25 a San Casciano.

Dopo il 1975 e la morte della madre ruppe il legame con la sorella.

Il lotti è considerato uno dei “matti del paese” e gli vengono affibbiati svariati soprannomi tra cui il più famoso è “Katanga”, ma è chiamato anche “Zampino”“Garibaldi”.

Prese la patente di guida, dopo svariati tentativi, nel 1978 all’età di 38 anni. Ha posseduto diverse automobili secondo un accertamento del 29 agosto 1996.  Una FIAT 850 Special bianca; una Mini Minor 1000 gialla; una FIAT 124 gialla; un FIAT 128 Coupè rossa, una FIAT 124 blu; una FIAT 131 1300 rosso scuro e infine una FIAT 131 1600 rosso vivo.

Nel 1981 iniziò a lavorare alla cava di sabbia dei fratelli Scherma sita al Ponte Rotto, lavoro mantenuto sino agli anni ’90. Il lavoro consisteva in cavatore di inerti. I fratelli Luigi e Roberto Scherma concederanno al Lotti una porzione della colonica, di loro proprietà, sita in via Lucciano, 41. La colonica si trovava all’interno della cava.

In quel periodo il Lotti frequentava il bar “La Cantinetta” dove strinse amicizia con Mario Vanni, Fernando Pucci e in seguito con Pietro Pacciani.

Nell’estate del 1981 un amico comune, Giovanni Vermigli detto Alberobello, gli presenta Filippa Nicoletti. Il Lotti accompagna, nell’occasione, la Filippa a casa in via Faltignano dove la stessa conviveva con Salvatore indovino. Il Lotti ebbe con la Filippa una relazione per svariati anni.

In seguito presso via Faltignano conobbe anche Gabriella Ghiribelli.

Nel 1989 perse il lavoro e l’uso dell’abitazione in via Luciano 41 fu quindi costretto a rivolgersi alla comunità di Don Fabrizio Poli che gli assegnò una stanza dove vivere in via Faltignano, 27.

La prima volta che viene raccolta una sua testimonianza era il 19 luglio 1990.

A luglio del 1995 il Lotti, con il benestare dello zio Mario Vanni, cominciò ad accompagnarsi con Alessandra Bartalesi. La nipote del Vanni aveva avuto, circa nel 1985, un aneurisma cerebrale che l’aveva portata in coma e lasciandole alcuni problemi fisici. La relazione durò l’intera estate per poi terminare quando ritornò in San Casciano il suo ragazzo dalla sua permanenza a Potenza.

L’11 febbraio 1996 dopo la sua deposizione la Procura della Repubblica, attraverso il capo della Squadra mobile Michele Giuttari, richiese misure di protezione nei confronti di Giancarlo Lotti che assunse il ruolo di “collaboratore di giustizia”. Il programma di protezione prevedeva un piccolo stipendio ed una abitazione.

Il 16 settembre 1996 fu sottoposto ad una visita specialista in psichiatria e in psicologia da cui fu redatto un profilo psicologico consegnato in data 20 novembre 1996.

Il 15 novembre del 1996 consegna al dottor Vinci una lettera da lui redatta in cui confessa di essere stato presente all’omicidio di Giogoli del 1983.

Il 24 Marzo 1998 la Corte d’Assisi di Firenze nella persona del suo Presidente Federico Lombardi condanna a 30 anni Giancarlo Lotti concedendo le attenuanti. 

Il 15 marzo del 2002 Giancarlo Lotti lascia il carcere di Monza dove stava scontando una pena a 26 anni per un ricovero d’urgenza presso l’ospedale San Paolo di Milano per un tumore al fegato. Il 30 marzo 2002 morì a 62 anni.

Al funerale non partecipò nessun parente ed erano presenti solo il suo avvocato Stefano Bertini, Don Fabrizio Poli ed alcuni giornalisti.

Il 3 dicembre 2015 vengono riesumate le spoglie mortali e sistemate in una cassetta di zinco a disposizione dei parenti.

Giancarlo Lotti

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