Il “mostro di Firenze” nel delitto Cesaroni?
ROMA Ad un mese esatto dall’ assassinio di Simonetta Cesaroni il giallo di via Poma si arricchisce di nuovi elementi anche se di difficile lettura: da Firenze è arrivato a Roma il vicequestore Ruggero Perugini, capo della cosiddetta Sam, la squadra anti mostro. Voci attendibili accreditano che la trasferta del funzionario della questura fiorentina sia stata dettata proprio da alcuni risvolti che, messi in rilievo nel corso delle indagini sull’ omicidio della impiegata romana, in qualche modo potrebbero richiamare e, forse, avere punti di contatto con alcuni dei sedici assassinii compiuti dal mostro di Firenze. Trovare una conferma ufficiale dell’ esistenza di questa inquietante ipotesi investigativa è stato impossibile. Uno dei magistrati che nel capoluogo toscano ha seguito l’ inchiesta sulla catena dei delitti delle coppiette si è detto assolutamente all’ oscuro di tutto. Non si può escludere, tuttavia, una iniziativa autonoma nata in ambiente di polizia o stimolata dalla Procura della Repubblica romana. Sui perchè della presenza nella capitale del vicequestore Perugini è possibile, dunque, ragionare soltanto in via di ipotesi. Fra i tanti delitti consumati dal mostro nella provincia di Firenze ce n’ è forse uno che, per certi versi, può essere accostato a quello di Simonetta Cesaroni. E’ l’ assassinio, avvenuto il 14 settembre del 1974 a Borgo S. Lorenzo, di Stefania Pettini e di Pasquale Gentilcore, la prima ricomparsa del mostro dopo un silenzio che durava dal ‘ 69. In quel caso, come nella lunga serie successiva, è vero che l’ omicida utilizzò la famosa e mai trovata Beretta calibro 22, ma in seguito si accanì sul cadavere della ragazza vibrando ben 97 colpi di coltello o cacciavite, molti dei quali nelle zone sessuali. Anche nel caso di via Poma l’ arma usata è stata una lama lunga e sottile. Proseguendo nella ricerca dei possibili accostamenti c’ è poi da dire che anche Stefania Pettini, che aveva 18 anni, era una segretaria, nè più nè meno di Simonetta Cesaroni. E anche nell’ intreccio delle date si potrebbe andare a cercare qualche cosa, la vaga traccia di una ricorrenza macabra: l’ ultimo delitto fiorentino è stato scoperto l’ 8 settembre 1985. Il corpo della impiegata ventenne di via Poma è stato trovato la notte fra il 7 e l’ 8 agosto. Il filo, come si vede, è veramente troppo esile, ma la stagione dei fatti è la medesima, l’ arco dell’ estate. Sempre ragionando in via ipotetica e conoscendo quelli che sono i sospetti della squadra mobile romana, convinta, nonostante una sentenza del Tribunale della Libertà, che il portiere di via Poma ha avuto a che fare con l’ assassinio di Simonetta, è probabile che gli accertamenti in corso siano anche altri. Uno su tutti: la ricostruzione della vita passata di Pietrino Vanacore. Di lui è noto che è arrivato a Roma quattro anni fa, dopo essersi sposato in seconde nozze con Giuseppa De Luca. Era rimasto vedovo nel 1973. Il gioco delle date, in collegamento con i fattacci fiorentini, potrebbe permettere molte fantasie. E poi si sa che Pietrino Vanacore prima di assumere la guardianìa di via Poma faceva il camionista, con casa a Torino ma costantemente in giro per l’ Italia. Sicuramente si andrà a vedere se era assiduo anche della Toscana. Se la pista potrà donare qualche frutto lo si vedrà soltanto nei prossimi giorni e si può anche dare per scontato che già da oggi la polizia liquiderà la faccenda con secchi no comment e ancora più probabili smentite. Ma è anche vero che nella questura romana da più di una settimana la parola d’ ordine è quella del silenzio più assoluto. Non si sa nemmeno se e quando in via Poma verrà compiuto un attesissimo e importante sopralluogo. Ad esso dovrebbero partecipare tutte le persone presenti la sera del 7 agosto, quando venne trovato il cadavere di Simonetta Cesaroni: la sorella Paola col fidanzato Antonello, il datore di lavoro della vittima, Salvatore Volponi, con suo figlio, la portiera, il portiere, loro figlio Mario con la moglie Donatella, l’ ingegner Valle. Tutti di nuovo lì, in via Poma, per vedere se sapranno rivivere quei momenti così come li hanno raccontati. Oppure se qualcuno commetterà un errore di recitazione.
di EMILIO RADICE
Due casi diversi. Due mostri diversi. Due territoriali diversi e sconosciuti tra di loro.