Il “mostro di Firenze” una pista al computer

FIRENZE – “Certezze? Nessuna. Noi continuiamo a lavorare, a controllare possibili sospetti, a cercare prove, indizi. Non possiamo dire: adesso stiamo camminando sulla pista giusta, il mostro di Firenze è incastrato. No, questo non lo possiamo proprio dire. Ma dopo la notte forse si comincia a vedere l’ alba…”. E’ con queste parole – una dichiarazione ufficiosa di un magistrato – che inizia un altro capitolo di quel giallo spaventoso di cui è protagonista il mostro di Firenze, il maniaco che ha ucciso otto giovani coppie, sedici persone. E’ un capitolo difficile, pieno di dubbi e incertezze. In questo caso che da anni getta un’ ombra angosciante sulla capitale dell’ arte è apparso un nuovo personaggio: un detenuto, condannato per omicidio e per reati a sfondo sessuale, che tra due mesi tornerà in libertà. E’ il numero uno di un segreto elenco di potenziali e possibili assassini. Persone da tener discretamente sotto controllo, con un passato che deve essere accuratamente esaminato. Ma non ci sono provvedimenti giudiziari: la procura della repubblica, guidata da Piero Luigi Vigna, non ha inviato avvisi di reato, non ha emesso ordini di cattura. Siamo ancora ai sospetti dunque, labili o saldi, a seconda di un giudizio che può essere solo soggettivo. Non ci sono elementi oggettivi: non è stata trovata quella micidiale Beretta calibro 22 che da sempre usa per uccidere, il marchio di riconoscimento dell’ assassino, non sono stati scoperti gli strumenti che il folle impugna per deturpare i corpi delle vittime innocenti. C’ è un nome, uscito dal computer delle Sam, le squadre antimostro, e una storia che in qualche modo, per date e spostamenti, coincide con quella del killer. E’ poco per un’ inchiesta su cui continuano a pesare gli errori del passato. Ci sono stati troppi arresti, troppe persone rovinate dalle voci. Qualche anno fa anche un suicidio. Prima di raccontare questo capitolo del giallo, di cui si conosce ogni dettaglio e che come è facile immaginare ha acceso speranze tra i parenti delle vittime e curiosità anche morbose, bisogna spiegare che all’ ultimo piano della Questura di Firenze, in uno stanzone modesto e disadorno, c’ è un gruppo di agenti di polizia che continua ad occuparsi esclusivamente delle indagini sugli otto duplici omicidi. Sono le cosiddette Sam. Verificano alibi, ogni segnalazione, comprese quelle anonime. Lavorano su un computer dove vengono continuamente immessi dati che tengono conto di quell’ identikit psicologico dell’ assassino che è stato messo a punto cinque anni fa dall’ istituto di criminologia di Modena diretto dal professor Francesco De Fazio e a cui ha poi collaborato anche l’ Fbi. Un esempio: sono stati inseriti i nomi di diecimila scapoli che vivono ancora con la madre che è da tempo rimasta vedova. Il maniaco – era una delle tesi – è uno scapolo protetto dalla famiglia che a lui è attaccata in modo patologico. L’ ultimo intervento informativo ha preso spunto da quello che viene definito “il silenzio”. L’ ultimo duplice omicidio è del settembre 1985. Poi il maniaco è “scomparso”. E’ morto? E’ detenuto per altri reati? E così sono cominciati i controlli su persone con precedenti per reati a sfondo sessuale. Esami incrociati. Il cerchio si è lentamente ristretto. Alla fine sono rimasti quattro “indiziati”. Di questi due sono morti, uno di vecchiaia e l’ altro suicida, un terzo è uscito di scena, scagionato. E’ sul quarto e ultimo uomo che puntano le Sam. Oggi ha 65 anni, è detenuto per aver violentato le figlie. In gioventù è stato un tiratore scelto dell’ esercito. All’ inizio degli anni Cinquanta fu condannato a 18 anni di reclusione per aver ucciso con 23 coltellate l’ amante della fidanzata. Dopo aver massacrato il rivale si placò soltanto dopo un furioso rapporto sessuale con la ragazza, stesa accanto al morto. Tornò in libertà nel 1968, alla vigilia del primo duplice delitto. E’ nel mese di agosto di quell’ anno che furono uccisi Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, ammazzati a colpi di Beretta calibro 22. Trasformatosi da contadino in operaio dopo aver sposato un’ altra donna ha girato per quei paesi della cintura industriale di Firenze che hanno fatto da scenario per i delitti del mostro: Vicchio, Montespertoli, San Casciano, Calenzano. Tornato in carcere nel 1982, dopo la denuncia delle figlie, è uscito e poi rientrato nel 1987 per finire di scontare la pena. I periodi di libertà coincidono con quelli degli omicidi avvenuti negli anni Ottanta. Solo coincidenze? C’ è una lettera anonima che accusa l’ uomo. Ma non basta, perché nella sua abitazione è stato trovato soltanto un fucile da caccia e qualche cartuccia. Adesso è sotto inchiesta per violazione della legge sulle armi e forse questo gli impedirà di lasciare, nel mese di gennaio, il carcere. Ma in ogni modo il tempo per indagare con calma e tranquillità sta per scadere. E a Firenze torna a serpeggiare l’ inquietudine.

di PAOLO VAGHEGGI

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27 Ottobre 1991 Stampa: La Repubblica – Il “mostro di Firenze” una pista al computer
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