Un proiettile nella vigna del presunto mostro

MERCATALE – C’ è un proiettile nella vigna di Pietro Pacciani, l’ ultimo indiziato per i tredici anni di sangue e gli otto duplici delitti del mostro di Firenze. E’ un proiettile calibro 22, serie H, come quello usato dal maniaco delle coppiette. “Un proiettile impastato di terra”, lo definisce Pietro Pacciani che assicura: “Non è mio. Sono innocente”. La cartuccia è stata trovata nella proprietà del contadino del Mugello dopo che per tre giorni poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco hanno messo sottosopra l’ appartamento e l’ orto vicino alla piazza più grande del paese, alla ricerca di qualcosa di decisivo nell’ infinita inchiesta sul maniaco che dal ‘ 68 all’ 85 ha ammazzato otto coppiette a colpi di pistola. Gli uomini della squadra antimostro, dei reparti speciali dei carabinieri sono a Mercatale, a venti chilometri da Firenze da lunedì mattina. Sono arrivati con due squadre dei vigili del fuoco e sofisticati strumenti elettronici per l’ ennesima sfida. Forse quella definitiva. Due giorni di lavoro, di scavi nell’ orto del sospettato e dentro la sua casa di tre stanze sorvegliata a vista da poliziotti in divisa, senza risultati. Fino a ieri erano stati trovati solo un piccolo bossolo arrugginito e un straccio sporco. Li aveva scovati sotto il terreno grazie al raggio laser. Poi, ieri pomeriggio, la tempesta. Sono le sei. Ruggero Perugini, capo della squadra antimostro dall’ 86, esce correndo dalla casa di Pacciani. E’ nervoso, teso ed ha un pacchetto in mano. Vede i cronisti, li evita e s’ infila nell’ Alfetta di servizio. Nessuno parla ufficialmente ma le notizie cominciano a circolare accavallandosi. Le voci s’ intrecciano. Si gonfiano, si confondono, si smentiscono. Di sicuro, nella casa di Pacciani passata e ripassata centimetro dopo centimetro dai raggi laser e dai metal detector qualcosa è successo. Lo conferma il fermento nell’ aria, l’ agitazione che si mescola con l’ isteria delle indiscrezioni senza conferme. In un muro la polizia ha trovato dei soldi. Cinquanta milioni, no ottanta, anzi cento. Dopo pochi minuti, scoppia la bomba. E l’ effetto destabilizza un paese che ormai si era abituato a convivere con quegli uomini in divisa che rovesciano ogni zolla dell’ orto di Pietro Pacciani. La casa ha svelato un segreto. Non è una pistola però, non è la Beretta calibro 22 che ha sparato per la prima volta nel ‘ 68 e per l’ ultima sette anni fa, uccidendo sedici giovani. E allora? E’ un proiettile, una cartuccia calibro 22. L’ hanno trovata nella cavità di un paletto di cemento, uno di quei paletti che sostengono le viti. Sembra che sia una Winchester Serie H. La stessa serie diventata il simbolo del mostro e della sua follia, la sua firma. All’ inizio non ci sono conferme e la latitanza delle dichiarazioni ufficiali crea il caos. Alle otto di sera, il commissario Perugini parla: “Che posso dire? Se avessi trovato un indizio decisivo, mi metteri a saltare come un pazzo. Per favore, lasciateci finire, non posso aggiungere niente di più, parliamone dopo per favore. Siate gentili, quando termineremo diremo tutto e faremo un bilancio su questa nostra operazione”. La cautela è d’ obbligo. Anni fa uno dei sospettati della tragica serie di delitti fu trovato in possesso di proiettili calibro 22 Winchester serie H. Ma non aveva niente a che vedere con gli omicidi del mostro. Mercatale però freme. Fremono i cronisti e i fotografi accampati da cinquanta ore davanti a quella casa di via Sonnino dove Pacciani vive con la moglie. Fremono poliziotti e carabinieri che entrano ed escono di continuo dall’ appartamento, confabulano, gesticolano nervosamente. I magistrati che coordinano l’ inchiesta sui delitti del mostro, Pier Luigi VIgna e Paolo Canessa, non si muovono. A sera sono rintracciabili a casa e sono ferrei nella consegna del silenzio. Si capisce che vogliono ad ogni costo raffreddare un’ atmosfera che è diventata incandescente. Piedi di piombo, controlli accuratissimi prima di azzardare una qualunque ipotesi. In questi giorni lo hanno ripetuto più e più volte. E’ pesante, pesantissima, questa perquisizione tecnologica con metal detector, termocamere e martelli pneumatici. Ma era doverosa, non poteva essere evitata. Perchè c’ era la prova, raccolta nelle scorse settimane, che Pietro Pacciani stava nascondendo qualcosa. Forse il denaro che nessuno ha smentito di aver ritrovato. Forse qualche altra cosa che agenti e carabinieri stanno ancora cercando.

di GIANLUCA MONASTRA

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30 Aprile 1992 Stampa: La Repubblica – Un proiettile nella vigna del presunto mostro
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