Il 15 luglio 1992 fu sottoposto a interrogatorio Pietro Pacciani da parte del Procuratore Pier Luigi Vigna e dal PM Paolo Canessa.
A Pacciani fu chiesto se era mai stato con la propria autovettura da via degli Scopeti, cosa che Pacciani negò contraddicendosi rispetto alle dichiarazioni rese da Maria Antonietta Sperduto il 6 novembre 1991 e confermate il 13 maggio 1992. Negò anche di aver mai spiato delle coppie, di aver segnato una targa sul volantino pubblicitario della ditta Euronova, ed non avere mai tradito la moglie.
Alla contestazione fattagli dal PM di essere stato riconosciuto da una donna, mentre in ora notturna e nei pressi della piazzola dove erano stati uccisi i francesi, guardava lei e il suo compagno mentre facevano all’amore, il Pacciani insorge: “Io vado a vedere quello che fanno in macchina? Questa donna bisognerebbe sapere il nome per denunziarla per calunnia.” ed ancora più in là, all’esplicita domanda se egli sia un guardone: “È impensabile che un padre di famiglia con moglie e figli vada a guardare quello che fanno gli altri”. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 52/53
Ammise che aveva più volte riverniciato il suo ciclomotore. Affermava che il motorino lo aveva da tanti anni, pensava dal 1966. Affermava testualmente: “Il ciclomotore che ora è di colore giallo, prima era di colore rosso sbiadito tipo minio, come sottofondo e sopra colore grigio ferro”. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag.61/184
Alla relativa domanda sugli appunti delle targhe risponde: “Io non ho mai preso numeri di targhe”. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag.64
Ammise invece di aver visto per una combinazione la Miranda Bugli in località Londa, ma di non essersi mai recato presso la sua abitazione di Calenzano. Per caso a passare per Londa assieme ad un mediatore, certo Ciucchi Torello, essendovisi recato per comprare del bestiame. L’incontro con la Bugli era stato del tutto casuale, perché l’avevano vista per caso su un’aia e lei li aveva salutati ed invitati a passare in casa: avevano scambiato due chiacchiere e poi se ne erano andati. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 97
Ammise di aver conosciuto Giovanni Faggi molti anni prima in un bar a Scarperia mentre era in compagnia sia del Mario Vanni sia di un Maresciallo dei Carabinieri in pensione (dovrebbe essere il Simonetti). Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 103/104
Ricordò di aver scritto una lettera a Vanni in cui gli faceva i saluti e gli chiedeva come stava, ma non riferì niente altro in merito al contenuto della lettera.
Ammise di aver detenuto una pistola di tipo scacciacani nel cruscotto nell’auto e che Vanni quando l’aveva vista si era impaurito.
Gli fu mostrato il portasapone DEIS sequestrato presso la sua abitazione e il Pacciani riferì di aver posseduto due portasaponi, uno presente in casa e che consegna, ed uno che è stato acquistato allo spaccio del carcere. Non ricordava quale dei due. Alla contestazione che quest’ultimo
portasapone, secondo quanto riferivano parenti e amici del Meyer Horst, era analogo a quello in possesso della giovane vittima, il Pacciani se ne usciva con la frase: “Non dicono la verità. Qui si vuol prendere un agnelluccio e tagliargli il collo”. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 302/303
Rispetto al album da disegno Skizzen Brunnen disse che, o apparteneva alle figlie o di averlo raccolto nella discarica di Sant’Anna di Montefiridolfi ed averlo usato per dei suoi appunti personali.“…io poi mi servivo di questi blocchi per prendere degli appunti o per riportarci dei dati in un secondo momento.” Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 280/284
Negò qualsiasi correlazione con il proiettile trovato nel suo orto durante la perquisizione del 27 aprile 1992 e con l’asta guidamolla giunta Carabinieri con lettera anonima il 25 maggio 1992. Negò anche di aver mai posseduto un foglio di cartone dove vi erano contenuti i numeri, lettere e le parole si centro no, cioè una classica tavola Ouija.
Rispetto alle pratiche esoteriche e alle sedute spiritiche disse: “Ho in mente un libro che parlava del demonio che fu portato in carcere da Suor Elisabetta, libro che mi fu ritirato prima di uscire dal carcere. Io credo in un essere supremo, in un creatore, ho scritto anche delle poesie. Portai le mie figliole, sul suggerimento di mia moglie, da Don Gino, parroco di Santa Cecilia a Decimo perché mandasse via gli spiriti delle mie figliole, anzi a farle benedire. In giro si dice Don Gino guarisce. Io non ho mai creduto a stregonerie e quel foglio di cui mi si è parlato non l’ho scritto io e poi non lo collego a fatti di stregoneria“.
Negò di aver mai acquistato o posseduto riviste pornografiche e giustificò il possesso di quotidiani contenenti articoli riferiti al MdF dicendo che era pratica diffusa fra i detenuti conservati, per vedere come va a finire tra.
Per quanto riguarda i quadri sequestrati nella sua abitazione dichiarò rispetto al “Mercatale un sogno di Fatascienza”: “Questo quadro era nel magazzino di Gazziero e che lui o la moglie mi dissero di buttarlo via quando fu fatta la pulizia e allora io presi il quadro e poi mi pare di averlo colorato.” Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 442
Dichiarò inoltre: “Il quadro dove si vede in primo piano una fila di sette alberi riguarda una tenuta di Badia a Passignano: preciso però che io l’ho fatto di fantasia senza cioè volete produrre esattamente in posto“.
Gli fu contestato che presso l’abitazione del Pacciani in piazza del Popolo furono sequestrati due pezzi di stoffa uguali a quelli che avvolgevano l’asta guidamolla, mentre un altro brandello dello stesso tessuto era stato rinvenuto e sequestrato presso il garage della stessa abitazione: la parte sfilacciata di uno di tali reperti combaciava perfettamente con quella analoga di uno dei due stracci che avvolgevano l’asta. Il Pacciani ha affermato che senza dubbio quei pezzi di tessuto che accompagnavano l’asta guidamolla doveva averli messi qualcuno a sua insaputa e che, pur avendo egli le chiavi del garage, questo era accessibile anche dall’interno. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 369/370