Dall’album affiora la firma del mostro
FIRENZE – Per ore e ore è rimasto davanti ai magistrati. Nella stanza piena di fascicoli, i vestiti che si attaccavano alla pelle, in un’ atmosfera sempre più calda, e tesa. Pietro Pacciani, l’ unico indagato per delitti del maniaco, per la prima volta ha risposto alle domande del procuratore capo di Firenze, Pierluigi Vigna, e del sostituto Paolo Canessa. L’ interrogatorio era stato fissato in Procura, ma all’ ultimo momento hanno cambiato idea. Dopo una lunga fuga attraverso la città, per depistare cronisti e fotografi, Pacciani è stato portato negli uffici della polizia giudiziaria di viale dei Mille, vicino allo stadio fiorentino. Il contadino di Mercatale la sera precedente aveva fatto arrivare un lungo memoriale ai magistrati che indagano sugli otto duplici delitti. Durante l’ interrogatorio, che è durato cinque ore, sembra che non si sia discostato molto da quanto aveva messo per scritto. Molte risposte non hanno soddisfatto Vigna e Canessa, tanto che l’ interrogatorio forse sarà ripetuto nei prossimi giorni. Ruggero Perugini, il vicequestore che comanda dall’ 86 la squadra anti mostro, era presente. E’ lui che ha diretto la missione della Sam in Germania. Un viaggio da cui poliziotti e carabinieri sono tornati con nuovi indizi. Uno su tutti: nella casa di Pacciani fu sequestrato un blocco da disegno. La commessa di un negozio vicino all’ Università di Munster ha riconosciuto la sua calligrafia sul talloncino del prezzo, riportato in marchi. Horst Meyer, uno dei due ragazzi tedeschi uccisi dal maniaco nell’ 83, frequentava l’ Università di Munster e studiava belle arti. A Perugini la sorella di Meyer ha detto che il fratello utilizzava proprio quel tipo di blocchi. Come ha fatto quell’ album a finire nelle mani di Pacciani? Ai giornalisti il contadino di Mercatale, un paesino a venti chilometri da Firenze, ha detto che il blocco era delle figlie. E il prezzo in marchi tedeschi? Senza contare che il blocco pare essere stato venduto in Germania. Vigna, Canessa, Perugini, tutti gli uomini della Sam non hanno nascosto di essere decisi a chiedere a Pacciani precisi chiarimenti sul blocco. I magistrati a questo punto sono convinti che il contadino di 67 anni sappia qualcosa. Sempre durante la missione in Germania i parenti dei due ragazzi uccisi hanno anche riconosciuto un portasapone in plastica, anche quello sequestrato a casa di Pacciani. L’ interrogatorio è finito alle nove e mezzo. Pacciani è salito su un taxi insieme ai suoi avvocati, Renzo Ventura e Pietro Fioravanti. Sono scesi dopo pochi minuti, per entrare nell’ auto di uno dei due avvocati. “Ma smettetela, mi verrà l’ infarto…” ha urlato Pacciani ai fotografi. Poi si è coperto la faccia con un giornale ed è sparito in macchina. La giornata della squadra anti mostro era iniziata all’ alba, come tante altre degli ultimi mesi. Gli uomini di Perugini preparavano l’ ultima relazione per Vigna e Canessa, il canovaccio su cui sarebbe stato imbastito il lungo confronto. Rapporti, buste piene di fotografie, mappe di tutte le misure. Tutti convinti che qualcosa Pacciani sappia di sicuro. La stessa convinzione ce l’ hanno i misteriosi ma informati anonimi che negli ultimi tempi si sono fatti vivi più volte. Una manciata di messaggi, alcuni per lettera altri per telefono, mandati da una o più persone che conoscono particolari dettagliatissimi della vita di Pacciani. A questo gruppo appartiene di sicuro l’ anonimo che ha spedito ai carabinieri l’ asta guidamolla di una pistola, avvolta in uno straccio. Un pezzo di stoffa che combacia quasi perfettamente con un altro, trovato nel garage di Pacciani a Mercatale. Perugini è convinto che ci sia quaslcuno che sa e che negli ultimi tempi si è quasi deciso a parlare, ma ancora non vuole mostrarsi a viso aperto. E’ in questo scenario che si inquadra l’ appello lanciato ieri mattina dal capo della Sam. “Chi sa qualcosa deve avere la coscienza civica di presentarsi con nome e cognome e raccontarci tutto. Non si deve preoccupare di niente”. E’ lo stesso Perugini a disegnare un identikit del testimone e soprattutto a cercare di spiegare perchè finora potrebbe aver scelto di rimanere nell’ ombra. “E’ una persona che magari non ha parlato perchè pensava che non fosse determinante per l’ inchiesta e perchè temeva di far finire nei guai un innocente. Queste persone debbono sapere che non incorrono in nessun tipo di riprovazione per aver taciuto: paure, e scrupoli, possono essere comprensibili…”.
di FABIO GALATI