Luca Iandelli.
Dall’80 all’86 è stato fidanzato con Antonella Salvadori.
Nell’estate del 1986, mentre erano appartati verso le 10.30/11.00, subirono un’aggressione. I due erano appartati in auto presso il cimitero di San Casciano Val di Pesa.
Mentre sono abbracciati lo Iandelli sentì un urto metallico contro il parabrezza e girandosi vide una canna di una pistola impugnata da una persona appoggiata al vetro che stava abbracciando l’automobile. Dopo aver tentato di scacciarlo lo Iandelli cerca di mettere in moto l’automobile, ma non essendo sul sedile di guida girando le chiavi l’auto è saltata avanti di due o tre balzi. Poi dando gas l’auto è entrata in moto e andando in sottosterzo ha fatto uno o due giri del piazzale. L’aggressore ha resistito per i due tre balzi a rimanere attaccato all’automobile, poi con le giravolte si è staccato e ne hanno perso la vista. L’aggressore non è stato riconosciuto ma è stato notato il braccio destro fasciato o ingessato. Il giorno dopo lo Iandelli ha visto il Pietro Pacciani con un braccio fasciato.
Rilascia una testimonianza sull’accaduto ai Carabinieri di San Casciano Val di Pesa il 28 ottobre 1992.
Rilascia una deposizione in aula il 31 maggio 1994 riassunta cosi in sentenza Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 68/69: Iandelli Luca, residente a S. Casciano, e Salvadori Antonella, residente a Mercatale. Il racconto di costoro è sostanzialmente concorde nella descrizione dei fatti: una notte essi stavano intrattenendosi intimamente sul sedile anteriore lato guida della Volkswagen Passat familiare del ragazzo, quando si erano accorti che all’esterno dell’auto abbarbicato al parabrezza vi era un individuo il quale, con le braccia allargate, quasi abbracciava l’auto. Costui impugnava nella mano destra una pistola, tanto che lo Iandelli aveva udito il rumore di un urto metallico su un finestrino ed aveva riconosciuto, assieme all’uomo, la canna dell’arma, che descriveva simile nella forma a quella in dotazione ai CC, ma di dimensioni più piccole. L’uomo era rimasto in quella posizione per 30/40 secondi, incurante dei pugni che lo Iandelli tirava dall’interno contro il vetro del parabrezza per cercare di farlo staccare. Alla fine lo Iandelli, sia pure con qualche difficoltà, era riuscito a rimettere in moto: ma, privo com’era dell’appoggio dello schienale, essendo i sedili abbassati, aveva perso l’equilibrio e l’auto era andata sottosterzo facendo dei giri su se stessa, mentre l’uomo si era staccato dalla macchina. Mentre la Salvadori, per la posizione che aveva in quel momento, essendo stesa supina sotto allo Iandelli, non aveva potuto vedere l’individuo, il ragazzo riferiva invece di averlo visto in faccia da vicino, col volto schiacciato contro il vetro del parabrezza, che era appannato, ma che proprio il contatto del viso aveva in quel punto sbrinato. L’individuo aveva capelli bianchi brizzolati, faccia un po’ massiccia, la mano che impugnava la pistola grande e robusta come la corporatura, le dita piuttosto massicce. Egli sul momento, anche per la grande paura provata, non era stato in grado di riconoscerlo.
La Salvadori Antonella (fasc. 35, pag. 36 e segg.), nel confermare sostanzialmente i fatti narrati dallo Iandelli, aveva però aggiunto che qualche tempo dopo il ragazzo le aveva raccontato di aver visto a Mercatale il Pacciani che aveva un braccio fasciato di bianco e che egli pensava potesse essere stato lui il guardone di quella notte. A tali affermazioni lo Iandelli ha opposto dapprima un atteggiamento reticente, affermando in dibattimento (fasc. 36 pagg. 8 e 9) che non gli sembrava di aver detto quelle cose alla ragazza, pur ammettendo di avere, nei giorni successivi, guardato in giro per individuare se vi fosse qualcuno col braccio fasciato che potesse corrispondere al guardone di quella notte (ivi pag. 6). Ma l’atteggiamento reticente dello Iandelli diviene palesemente mendace quando gli vengono contestate le affermazioni fatte da Caioli Luigi, residente a S. Casciano, il quale ha dichiarato in dibattimento (fasc. 35, pag. 1 e segg.) che nel maggio-giugno 1992, mentre erano in corso le perquisizioni in casa Pacciani, lo Iandelli gli aveva raccontato l’episodio del guardone col braccio fasciato e la pistola occorsogli nel piazzale del cimitero. Lo Iandelli gli aveva detto che lì per lì non aveva riconosciuto molto bene costui e che lo aveva forse scambiato con una persona di Mercatale. Il giorno dopo si era recato in paese per verificare se fosse proprio quella persona, ma non l’aveva trovata ed aveva invece incontrato il Pacciani col braccio fasciato o ingessato come l’individuo della sera prima.