Il 22 febbraio del 1993 Pietro Pacciani fu sottoposto ad un nuovo interrogato presso il carcere di Sollicciano. Ad interrogarlo furono il Procuratore della Repubblica Pier Luigi Vigna e il Sostituto Paolo Canessa.
A Pacciani fu domandato della visita Crespello e questo disse: “… Io e mia moglie ci fermammo ad una casa (…) volevo andare da una signora che segna il “Fuoco di Sant’Antonio” e dalla quale era già stato appena uscito dal carcere Nel 1991. Sulla porta trovare un uomo alto, con gli occhiali, sui 60 anni, con i capelli bianchi. Mi chiese “dove va lei?” E quando gli dissi dov’ero diretto mi informò che la donna aveva avuto un male poco buono, mi sembrava una trombosi. questo uomo mi è rimasto impresso perché mi guardava con insistenza e anche quando mi sono allontanato si è girato più volte a guardarmi. parlai Anche successivamente di questo incontro con Don Cuba perché in un sogno avevo visto quest’uomo che aveva i piedi lunghi, a sventola”.
Pacciani negò di essere l’autore della lettera con cui fu inviata l’asta guidamolla ai Carabinieri di San Casciano e si dimostrò perplesso in relazione ad una visita che Don Cubattoli gli aveva fatto in carcere accompagnato da un altro detenuto, che lui stesso aveva conosciuto in carcere, di nome Giuseppe Sgangarella. Secondo Pacciani questo Sgangarella avrebbe potuto prelevare il pezzo di tessuto dal suo garage per poi inviarlo con l’asta guidamolla.
Pacciani respinse le accuse che gli erano state mosse da Lorenzo Nesi riguardo al fatto che andava a caccia ai fagiani con una pistola, in merito disse: “Non è possibile. Io escludo di aver mai riferito ad alcuno episodi del genere e poi non si riesce a prendere i fagiani su un albero nemmeno col fucile, figuriamoci con una pistola. Chi dice queste cose si è inventato tutto.”
Rispetto all’assegno di Euronova ritrattò quanto detto in precedenza affermando di aver scritto di suo pugno quella targa perché apparteneva ad un’auto che aveva visto in piazza del Popolo. Nella circostanza aveva notato una coppia di ragazzi intenta ad amoreggiare. Disse che era Immorale questo atteggiamento e aveva pensato di parlare con i ragazzi qualora gli fosse capitato nuovamente l’occasione di vederli, anche per dirgli dei pericoli di appartarsi in certe zone isolate.
Dalla sentenza Pacciani offre addirittura due versioni alternative: la prima, del tutto nuova, affermando che, poiché di notte macchine con coppiette sostavano ad amoreggiare in piazza del Popolo sotto le sue finestre, lui qualche volta aveva preso il numero di targa e aveva buttato anche dell’acqua per mandarle via, perché si preoccupava della moralità delle sue figliole. La seconda, che riecheggiava la versione del memoriale, e che il Pacciani riassume così: “Sì, c’è anche un’altra versione e cioè può darsi che io, passando dopo cena, per andare all’orto fuori Mercatale, vedessi qualche macchina con delle coppiette e allora prendevo i numeri di targa perché poi, conoscendo chi erano, gli avrei avvertiti dei pericoli che rischiavano appartandosi in luoghi solitari”.
Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 65
Gli fu fatto notare degli appunti annotati su una busta e su una copertina di un album da disegno in merito al duplice omicidio di Scopeti, Pacciani rispose che questi appunti erano tratti dai giornali che aveva letto ed anche perché era stato sentito dai Carabinieri in merito a quei fatti. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 165
Confermò ancora una volta che il blocco da disegno Skizzen Brunnen fu da lui recuperato presso una discarica. Informato della probabile appartenenza del blocco al Horst W. Meyer ucciso nel 1983 e del fatto che su pagine dello stesso vi erano annotazioni di suo pugno, il Pacciani affermava che quel blocco lui non l’aveva mai visto e che se sopra vi era la sua calligrafia ciò poteva essere un “trucco” fattogli da qualcuno che gli voleva male. Vedi Sentenza Pacciani 1 novembre 1994 pag. 280
Mostratogli il portasapone con la marca Deis disse di non riconoscerlo attribuendo ad altri la proprietà.