Il 28 ottobre 1993 l‘investigatore privato Valerio Pasquini, dell’Istituto di Investigazioni “Ariston”, consegna alla Procura della Repubblica di Firenze, nelle mani del Procuratore Pier Luigi Vigna, un dossier con memoriale investigativo che contiene delle indagini svolte dal Pasquini stesso su Francesco Narducci. Detto dossier contiene il consuntivo di una attività informativa svolta sul posto dal Pasquini sia sulla famiglia del Narducci, sia sulla morte del Narducci archiviata all’epoca come suicidio.

Questo il verbale di consegna.

Trascrizione del verbale a cura di Claudio Costa:

Alla procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze

L’anno 1993 il giorno 28 del mese di ottobre alle ore 12:00 ministero dottor Pierluigi Vigna si è spontaneamente presentato il signor Pasquini Valerio, nato a Montevarchi (AR) il 25.01.1940 e residente a Impruneta in via Volterrana nr. 1, (loc. La Fornace). (C.A.P. 50018 Scandicci).Professione Investigatore privato. titolare dell’Istituto Ariston investigazioni con sede in Impruneta, il quale consegna una memoria di 18 pagine del predetto che inizia con : ” Il mostro di Firenze forse il vero colpevole” e termina “e in quella degli uomini”.

Il signor Pasquini precisa che in detto memoriale ha riportato voci che gli erano pervenute e il risultato di alcuni accertamenti da lui svolti sia sulla stampa fiorentina che in quella perugina. Il signor Pasquini fa presente che si è trattato di analisi di fatti confrontati con il risultato delle indagini quale riportato dalla stampa. Una copia del presente viene rilasciata al Sig. Pasquini, che ne fa richiesta.

Questo il dossier investigativo.

Questa la trascrizione a cura di Claudio Costa:

Il MEMORIALE PASQUINI: IL MOSTRO DI FIRENZE, FORSE IL VERO COLPEVOLE?

Questa indagine è nata da un colloquio ha avuto con un mio conoscente umbro nel 1989, ( il prof Claudio Mazza) mi disse che in tribunale a Perugia fu (da lui) ascoltato il discorso di due avvocati che discutevano del mostro di Firenze, ed uno di loro disse che costui non avrebbe più colpito perché si era suicidato. Dissi al mio interlocutore che a Firenze non era noto tale episodio e questo, stupito, mi disse ancora che in Umbria e specialmente a Perugia ne parlavano.

Seguitando il discorso aggiunse che questi era un giovane medico, sposato con la figlia di un noto industriale Perugino, e figlio di un noto primario di ostetricia e ginecologia di Perugia. Era aiuto gastroenterologo presso l’omonimo Istituto del policlinico di Perugia, aveva 36 anni, ed un promettente futuro, mi disse che il giorno del suicidio nel primo pomeriggio, il giovane professore si trovava nel laboratorio dell’Istituto suddetto in compagnia di un infermiere, quando squillò il telefono, rispose l’infermiere, chiedevano del professore e l’infermiere gli passò la cornetta, quando questi ebbe terminato la conversazione disse che sarebbe uscito, così fece. Si seppe il giorno dopo che egli si recò al lago Trasimeno dove si annegò!

Il papà, persona stimatissima nell’ambiente medico in Perugia ed in Foligno dove era primario, forte delle sue conoscenze, riuscì a dare credibilità all’evento della disgrazia ed ad inibire le indagini della Polizia di stato e dei Carabinieri.

In quei giorni trapelò e si sparse anche la notizia, che accidentalmente furono trovati i reperti umani sotto formalina in una dimora del professor Narducci, ma anche tale notizia è rimasta voce di popolo e niente di più. La stampa non fece alcun riferimento a tale suicidio con il mostro di Firenze ne accennò al ritrovamento dei reperti umani suddetti.

Intanto sono trascorsi sette anni e mezzo dalla morte del professore e non ci sono stati più omicidi da parte del mostro di Firenze, pura coincidenza?

Nel febbraio 1993 decido di verificare tale voce sollecitato sia da curiosità che dalla sete di verità.

Pianifico le indagini:

1°) accertamenti l’anagrafe di Perugia per identificare il medico suicida

2°) all’istituto di gastroenterologia del policlinico per verificare le voci ed avere notizie sull’identità psicofisica del professore.

3°) rintracciare il cimitero e individuare la tomba dove è stato tumulato per poter osservare la sua effige.

4°) sopralluogo agli indirizzi dove il medesimo ha vissuto per poter avere altre notizie su di lui

5°) ulteriori indagine di verifica e supporto

6°) ricerca presso biblioteca comunale di Perugia e Firenze sui quotidiani locali.

Preciso che tali miei deduzioni sono anche frutto di osservazioni e constatazioni sia delle verità investigative degli inquirenti, sia degli identikit psicofisici del mosto di Firenze fatti dall’illustre criminologo Francesco De Fazio e dal grande sessuologo e psichiatra di Ginevra Giorgio Abraham.

In relazione alle indubbie analogie psicofisiche con il medico di Perugia da ricerche di archivio operate sul quotidiano “La Nazione” che più di altre testate ne ha trattato la cronaca, e permettere così il lettore al lettore di verificare e dedurre per suo conto quando da me li evidenziato.

I RISULTATI

Le ricerche:

il medico suicida si identifica nella persona nel professore fu Francesco Maria Narducci, nato a Perugia il 4-10-1949 figlio di Ugo e di Valeria Elisabetta, coniugato con Francesca Spagnoli nata a Perugia il 2/10/1960, figlia di Giovanni e di Franchini Maria Bona, senza figli e residenti, all’epoca del suicidio, in via G Savonarola 13 scala C in Perugia in un immobile di proprietà. Tale appartamento è ubicato al piano terra subito alla sinistra della rampa di scale, per chi le sale a piedi, ed è composto di cinque stanze più servizi ampia terrazza, garage e spazio in area condominiale nel porticato interno ai vari stabili delle scale ABC. Il medesimo fu acquistato dal signor Agliètti dottor Paolo medico chirurgo ora in Firenze, ed emigrato da Perugia in Uzzano Pistoia in data 13/10/1978. Recentemente è stato venduto alla signora Francesca Spagnoli vedova Narducci.

Il padre Ugo Narducci nato a Perugia il 09/05/1921 coniugato a Valeri Elisabetta nata Pian di Meleto Pisa il 25/05/1922 abita assieme alla moglie in Perugia in via Bonaventura 12.

Nello stesso stabile in un altro appartamento abita anche, al fianco, il fratello Pierluca nato a Perugia il 30/08/1954 coniugato con la signora Ceccarelli Giovanna nata a Perugia il 21/11/1959 e i due figli di questi Piergiorgio e Andrea.

La sorella Narducci Maria Elisabetta nata a Foligno il 25/06/1959 è nubile ed abita da sola in Perugia in viale Roma 74.

Il suocero Spagnoli Giovanni nato a Perugia il 2/08/1931 la suocera Maria Bona Franchini nata a Lucca il 14/09/1930.

le cognate:

– Luisa nata a Perugia il 26-4-1964 coniugata con malpeli Stefano e la figlia di questa Carlotta.

– Benedetta nata a Perugia il 21/03/1967 nubile,

sono residenti ed abitano in Perugia in via dei filosofi 43 M

di tale nucleo familiare dal 29/10/1991 fa parte anche la signora Francesca Spagnoli vedova Narducci la medesima ha abitato ufficialmente fino al 26/12/1989 in via Savonarola 31 scala C dal 26/12/19 1989 e fino al 29/10/1991 ha abitato in Perugia in via Della Viola 20. Questa anche se residente con i genitori in Perugia di fatto abiterebbe ora a Milano dove è anche impiegata.

LE INDAGINI

  • Il padre, professore Ugo è pensionato da circa due-tre anni,

  • il fratello Pierluca è ostetrico ginecologo presso l’ospedale di Assisi,
  • anche il nonno ( di Francesco Narducci) professor Domenico fu un illustre ginecologo in Perugia.
  • la sorella Maria Elisabetta gestiva e gestirebbe una palestra ginnica in Perugia,

  • il suocero Giovanni Spagnoli e membro della nota famiglia Spagnoli di Perugia la cui progenitrice Luisa fondò la nota omonima industria di abbigliamento del capoluogo Umbro.

Francesco Maria Narducci si laureò in medicina e chirurgia all’Università della Sapienza in Roma con 110 e lode specializzandosi in gastroenterologia e fin dal 1975-76 aveva fatto pratica al policlinico di Perugia al reparto prima e all’istituto dopo, di gastroenterologia. Il professore fu Francesco Maria Narducci risulta essere stato riformato in sede di pre-chiamata alle armi all’ospedale militare di Roma il 15/11/1974 in base all’articolo 90 e l, foglio ministeriale 2141 e in data 21/03/1975 dal distretto militare di Perugia.

Nell’ambiente del policlinico il fu il professor Francesco viene ricordato come persona intelligentissima, bravo medico e docente analitico, attento ed ordinato, freddo calcolatore, meticoloso, avvenuto, individualista, queste le sue caratteristiche psichiche.

Il professor Francesco aveva una figura longilinea era alto 1,86 fisico atletico e robusto, bravissimo nuotatore, abile e disinvolto nello sci nautico, si manteneva in forma ed efficienza fisica facendo ginnastica. Queste le sue caratteristiche fisiche.

Voci riferiscono anche che il medesimo giocasse d’azzardo ma a riguardo non si sono avute indicazioni certe per la verifica, si prestava sempre alle richieste di favore da parte dei colleghi e del personale paramedico, in genere era ritenuto un bell’uomo dalle donne e non mancava certo delle loro attenzioni, si ricorda infatti che ha avuto due storie con due infermiere del policlinico.

Si dice anche che il medesimo disponesse di un appartamento in Firenze o dintorni al policlinico si ricordano di:

– una BMW bianca berlina che il professore possedeva negli anni attorno al 1976 della quale non è stato possibile rintracciarne la targa;

– successivamente ha posseduto una Fiat Ritmo super sembra di colore rosso targata Perugia 37328 e successivamente Perugia 492472 immatricolata per prima volta il 05/05/1980

– poi una Citroen BX 2500 CC azzurro metallizzato immatricolata nel 1982 e con targa PG 435418

– ci sono voci anche di un Alfa Romeo spider di colore rosso alla guida della quale sarebbe stato veduto più volte il Narducci Francesco ma della quale non si è trovata immatricolazione.

– A suo nome possedeva ed usava molto spesso anche la motocicletta una Honda Four Super Sport 400 CC targata PG 102777 di colore rosso con prima immatricolazione in data 17/02/1975 e cancellata il 31/12/1989

– è stato venduto spesso anche con una enduro bianca e rossa della quale non è stata rintracciata la targa.

Egli usava spessissimo anche la motocicletta per andare a venire dal policlinico ed anche con questo mezzo vestiva sempre in modo elegante ed appropriato spesso vestiva in blu

La moglie Francesca Spagnoli risulta proprietario di una Polo Volkswagen targata PG 529214 immatricolata il 17/06/1986.

(Francesco Narducci) conduceva anche un proprio studio in Foligno in via dei mulini dove si recava più volte la settimana con una infermiera del reparto.

LE VOCI E I PERCHE’

Al policlinico si erano formate e persistono sul suo conto le tristi supposizioni, anche per il suicidio compiuto senza un motivo ed una spiegazione logica.

La mancata autopsia sul suo cadavere, non voluta dal padre Ugo, né ritenuta opportuna dal procuratore della Repubblica dottor Centrone, vedi La nazione cronaca di Perugia del 14/10/1985, ha alimentato ulteriori dubbi aggiunti anche agli interrogativi creati dai frequenti viaggi che Narducci Francesco faceva a Firenze.

Ripeto che anche se nell’ambiente del policlinico chi lo conosceva non vuole pensare al professore Francesco come il mostro di Firenze, pur tuttavia il pensiero del dubbio esiste in loro.

Al policlinico, all’istituto di gastroenterologia, in molti si ricordano della perquisizione che agenti in borghese, forse carabinieri, effettuarono nei giorni del suicidio nella stanza del professore Narducci Francesco e della quale la stampa locale non ne ha parlato.

Non ne ha parlato perché non ne fu messa a conoscenza? o per altri motivi? certamente si voleva mantenere il massimo riserbo sulle indagini.

Al cimitero comunale di Perugia il professor Francesco Maria Narducci è stato tumulato nella seconda tomba di sinistra dal pavimento della cappella di famiglia per chi la guarda dall’esterno, tale cappella e contrassegnata dal numero 14 ed è ubicata nella zona dell’ampliamento del cimitero a sud-est del medesimo dietro il forno crematorio, nella medesima cappella sono tumulati il nonno Domenico e la nonna Emilia Cirilli e lo zio materno Massimo Valeri.

I coniugi Narducci, in via Savonarola 31 C, erano ritenuti persone molto riservate che non erano soliti scambiare convenevoli con i condomini e i vicini.

Il professor Francesco quando incrociava qualcuno dei suddetti, se salutato, rispondeva pur senza guardare in faccia tali persone, solitamente camminava con lo sguardo rivolto verso terra.

La signora Francesca appariva sempre tesa in volto, mai rilassata e sorridente, visibilmente scontenta e, da parte di donne, descritta e ritenuta, da quanto era dato loro a vedere dal suo comportamento, non appagata dalla vita matrimoniale e con evidenti problemi di natura sentimentale. C’è stato detto che la signora Francesca era veduta spesso in compagnia di amiche ed amici, meno il professore.

A volte hanno dato feste nella loro abitazione dove sono intervenuti i suddetti ed in tali occasioni il loro comportamento è sempre stato corretto nei confronti dei condomini, durante tali feste nella buona stagione, veniva illuminata e allestita la grande terrazza di loro proprietà dove perlopiù si intrattenevano i partecipanti.

E’ stato riferito che la signora Francesca, a volte, quando il marito passava la notte fuori casa o rincasava a tarda ora, era solito, si dice per paura di rimanere sola, invitare la sorella Benedetta a passare la notte con lei.

Perché la signora Francesca aveva paura a rimanere sola? dì che natura erano tali sue paure? confidava alla sorella i suoi timori?

La signora Francesca ha il diploma di interprete, ma a quel tempo non aveva impegni di lavoro subordinato.

Anche nel vicinato, seppur con la dovuta cautela, si parla delle supposizioni e degli atroci dubbi che la vicenda, nel suo complesso, ha alimentato sulla persona del professor Francesco, identificandolo nel mostro di Firenze. Più voci hanno confermato inoltre, quanto ancora si dice, e cioè che la salma del professore non fu esposta, ma tenuta chiusa nello scantinato della villa Narducci a San Feliciano, da dove, senza l’usuale rito funebre, fu trasportata direttamente al cimitero suddetto e tumulata. Perché?

Nell’ambiente della polizia di stato a Perugia si sa che l’allora questore, amico di famiglia dei Narducci e amico personale del professor Ugo, non ritenne opportuno fare eseguire perquisizioni nei domicili e nei nelle dimore del professor Francesco, e fece inoltre capire chiaramente al personale investigativo di sua competenza, di non perdere tempo in indagini approfondite e non necessarie. Comunque si ricorda che per la prima volta quel questore fu spesso presente alle indagini svolte dai funzionari ed agenti della Polizia di stato. Perché?

Altra notizia locale che rimbalza è quella del casuale rinvenimento di reperti umani sotto vetro, nello scantinato della villa Narducci a San Feliciano, da parte di due vigili del fuoco di Perugia dove trasportarono e depositarono la salma del professor Francesco Maria Narducci, dopo che fu rinvenuta nel lago Trasimeno. Di tale sconcertante notizia non se ne è parlato ufficialmente. Perché?

E’ risaputo che al comando compagnia carabinieri di Perugia arrivavano diverse lettere anonime e, tra queste, una in particolare nella quale si indicava il mostro di Firenze nella persona del professor Narducci Francesco, ed i carabinieri di tale compagnia carabinieri, a seguito anche di tale lettera, avevano già svolto, sembra, indagini ancora molto tempo prima del suicidio del Narducci e sulla sua persona e si è risaputo che coincidevano le partenze di questi per Firenze, con gli omicidi commessi dal mostro.

Per i carabinieri non ci sarebbero stati dubbi sull’identità del mosto di Firenze, ma nei giorni del suicidio del Narducci, giunse al comando di Perugia un ordine superiore, si dice da un generale dei carabinieri e addirittura da Firenze, di sospendere subito tutte le indagini. così viene fatto. Perché?

LE ANALOGIE

Esaminando quanto ha descritto La nazione sui risultati delle investigazioni, che gli inquirenti hanno svolto sull’operato del mostro di Firenze e degli studi che il criminologo Francesco De Fazio ha compiuto su tale assassino, si ha la netta sensazione, confrontando tutto quanto con il risultato delle mie ricerche, di trovarci finalmente di fronte all’autore dei tanti omicidi, l’orrore dei quali ha terrorizzato la provincia di Firenze dal lontano settembre 1974 fino al settembre 1985, impegnando anche studiosi di criminologia ed organi di polizia di tutto il mondo, nel tentativo di dare un nome e un volto a tale efferato uccisore. Tengo a sottolineare l’inizio degli omicidi il settembre del 1974 e la fine degli stessi nel settembre 1985, un caso, o un ordine o calcolo voluto dall’autore?

Infatti, come si è letto sulla cronaca, l’identikit psico-psicofisico che ne ha fatto l’illustre criminologo così lo presenta:

un ragioniere dell’orrore che ama il gioco d’azzardo e gioca grosso, è freddo, astuto, metodico, calcolatore, abile, infatti, – aggiunge- , i tagli sulle vittime sono fatti con sicurezza, con una buona tecnica, preleva solo ciò che sa di poter conservare nel tempo, – ed ancora -, è sconcertante secondo il professor De Fazio, la cura dell’assassino nel tentativo di migliorare sempre la tecnica delle sue feroci esecuzioni.

– Si direbbe quasi che cerca il massimo della perfezione, si sente braccato, sa che il minimo errore può essergli fatale, allora continua ad affinare il modo di uccidere, non trascura il minimo particolare, anche stavolta ha scelto un luogo aperto dove fosse facile scomparire, dopo aver compiuto i macabri riti. ( da La nazione)

– L’altezza dell’assassino non sarebbe inferiore a metri 1,85, ha lasciato un’ora del suo piede numero 44, ha una corporatura robusta, possente. Ancora De Fazio dice che l’assassino può tornare sul luogo del delitto per vedere a che punto sono le indagini, che desidera, quasi ossessivamente, controllare.

Altri indizi raccolti in occasione dell’ultimo delitto confermano che il maniaco oltre ad essere freddo ed astuto, conosce i metodi di indagini della polizia. (da La Nazione).

Il fu Francesco Maria Narducci aveva le seguenti caratteristiche psicofisiche:

– 36 anni bravo medico chirurgo, docente analitico, attento, ordinato, freddo, calcolatore, meticoloso, avveduto e individualista

– era alto un metro e 86, figura longilinea, fisico atletico e robusto, bravissimo nuotatore, abile e disinvolto nello sci nautico, si manteneva in forma ed efficienza fisica facendo ginnastica.

– Si interessava di fotografia in forma dilettantistica.

INTERVISTA AL PROFESSOR GIORGIO ABRAHAM

Estrapolata dalla nazione del 15 settembre 1985 riporto parte dell’intervista che il cronista, della testata suddetta, ha fatto telefonicamente, al professor Giorgio Abraham il grande sessuologo e psichiatra di Ginevra:

– professore di fronte a che individuo ci troviamo?

– certo a suo modo è un caso unico nella storia scientifica della criminalità, questo uccisore non è un malato di mente in senso tradizionale, se lo fosse sarebbe allucinato e delirante e a tratti perderebbe il controllo, che invece sembra sempre perfetto: è un malato nel senso sociale del termine non nel senso psichiatrico propriamente detto.

– perché questo uomo uccide?

– ho studiato a lungo il caso, credo che egli abbia cominciato, diciamo così, la sua carriera, perché aveva dei problemi sessuali e i suoi gesti di offesa erano una maniera di rispondere a questa problematica sessuale, ma oggi ormai la problematica sessuale in lui è superata, in realtà questa persona è oggi prigioniera del personaggio che ha creato e del quale non può più liberarsi, di ciò c’è prova: se avesse spinte sessuali non sarebbero così rarefatte nel tempo, ma molto più frequenti. In realtà si è creato un mito di se stesso e perfezione, uccide all’inizio della luna o alla fine, prima di una festa e così via.

– però professore siamo di fronte a un’escalation di ferocia nei vari delitti….

– ciò conferma la mia idea l’uccisore ormai deve perfezionare, noi diciamo strutturare, il suo personaggio all’inizio uccideva così quasi a caso, oggi è un miracolo di perfezione e di riflessione, in questo senso direi che siamo di fronte ad un mostro riuscito, questo lo esalta e lo sostiene.

– ed ancora alle domande del cronista

– Io credo che quest’uomo 364 giorni l’anno viva più o meno come una persona diciamo normale, il suo profilo lo consente, forse il suo comportamento appare ineccepibile e veste in doppiopetto grigio, ma oggi noi abbiamo credo solo due certezze che non si tratta di una donna..

– perché, professore?

– la storia della criminalità ci assicura che la donna può sì, uccidere, si pensi alle terroriste, ma sempre per un preciso motivo: che può essere politico, amatorio, eccetera quasi sempre di natura passionale, qui invece l’uccisione agisce per motivi incongrui che ci sfuggono, per motivazioni che non sono più turbe sessuali.

– e la seconda certezza?

– la seconda certezza che abbiamo è che è diventato un mostro di successo, un mostro riuscito e che quindi cercherà ormai di fare di tutto per mantenere in vita questo personaggio. Il tipico delitto sessuale comporta sbagli ed allucinazioni e alla fine il suo autore viene preso perché troppi pochi elementi emozionali entrano in scena. qui invece la freddezza e la sistematicità sono tali che io credo sarà quasi impossibile prenderlo sul fatto, semmai penso che sia prendibile negli altri 364 giorni dell’anno.

– in che modo?

– penso che questa sua normalità o diventi troppo normale e quindi artefatta perché deve coprire qualcosa, oppure qualcuno scopre il suo covo: questa persona abiterà in qualche posto e dovrà pure tenere protetti i suoi trofei.

– lei crede che serbi ai suoi trofei?

– non c’è dubbio, almeno per questa ragione: che quando fosse preso egli può attraverso questo, mostrare che è lui il vero mostro è che non è un falso mostro.

– professore Abraham cosa si può fare a Firenze?

– Ecco io credo che la Polizia non riuscirà a prenderlo, la sola sfida, la sola cosa che possiamo dirgli è questa: “tu devi costituirti!” perché ormai la tua perfetta capacità di agire è riconosciuta e dunque per completare il tuo lavoro, il tuo capolavoro, devi entrare in contatto con la società, devi spiegarci perché, lo sai che sei imprendibile è provato, ora devi dirci chi sei, solo costituendoti hai questa possibilità.

– posso chiedergli che idea fisica e ad anagrafica ha di questa persona?

– è una persona di media età, non puoi essere troppo giovane perché non riuscirebbe a sopportare una situazione così stressante, neppure un uomo anziano riuscirebbe a sopportarla, credo un uomo di mezza età, molto solido psicologicamente.

– professore Abraham lei ci ha dato il quadro tecnico del personaggio e della situazione ora ci dica come nascono questi casi nella società moderna in quale prospettiva socio civile si inseriscono?

– abbiamo detto che il fatto scatenante è certamente stato di natura sessuale, ma oggi non lo è più, certamente siamo di fronte a un individuo fondamentalmente affascinato dalla morte, questa fascinazione distruttiva fa sì, arrivo a dire, che se in Italia ci fosse la pena di morte forse egli si sarebbe già costituito, perché affascinato dalla volontà di concludere la sua storia con la sua stessa morte. Quello che credo lo spaventi di più è di passare anni inattivi dentro una prigione a riflettere su se stesso.

– concludiamo professore c’è un’idea? una risposta?

– sì bisogna offrire una contropartita a quest’uomo, digli di curarsi non darebbe risultato, proporgli un espiazione nemmeno, bisogna convincerlo che solo se si farà prendere avrà modo di spiegarci finalmente il suo progetto, farci capire chi è e come ha agito, coronare così in modo perfetto la sua terribile storia, tutti noi, scienziati compresi, siamo in attesa di ascoltarlo.

RIFLESSIONI

Da un esame approfondito dei fatti della cronaca è certo che l’uccisore segue quanto i mass media riportano sulle sue gesta e dicono di lui, segue la cronaca e se ne serve anche per seguire le evolversi delle indagini che lo riguardano e con esse rivive, gioiendone, le sue uccisioni, i suoi macabri riti, che perfeziona sempre più.

Da un esame e studio postumi dei fatti susseguitisi, fin dal primo momento dell’ultimo duplice omicidio si ha la sensazione che l’uccisore sia ormai come appagato di questo suo ruolo, che nel tempo è venuto a crearsi e ad assumere, sia per le sue gesta, che per la sua bravura ed imprendibilità, caso unico nella storia criminale, nei confronti dell’opinione pubblica, evidentemente, ormai non ha più niente da dimostrare, quello che è stato capace di fare è noto. Ora vuol far capire chi è pur senza dirlo e quindi indirizza e guida, quale sommo regista della sua storia, le indagini degli inquirenti verso l’ambiente medico e ne segue le evolversi con i mass media. infatti si ricorderà il lembo della pelle del seno di Nadine Mauriot che il sostituto procuratore della repubblica dottor Silvia della Monica di Firenze ricevette in una busta in data 10 settembre 1985 alle ore 15:00 e probabilmente imbucata dal mostro la stessa notte del delitto o il giorno dopo, quindi il suo disegno era già voluto, previsto fin da prima di colpire le sue ultime vittime.

Poi, il 15 settembre 1985, su “La Nazione” come da me trascritta è apparsa l’intervista a Giorgio Abraham, che sicuramente l’uccisore ha letto, la quale prevede, anticipa e forse sollecita nel mostro, la determinazione di farsi conoscere, di manifestarsi.

Sempre la stessa notte o il giorno dopo il duplice omicidio, venne trovata una cartuccia Winchester calibro 22 serie a H all’ospedale di Ponte a Niccheri a poche centinaia di metri dal casello di Firenze sud dell’autosole: ancora messaggi per indirizzare le indagini verso gli ospedali, verso l’ambiente medico e possiamo capire in altre località (l’autosole). E perché no? Altrimenti avrebbe potuto lasciare la cartuccia anche all’ospedale di Torregalli in Scandicci o in un altro di Firenze, allora perché proprio in quello a Ponte a Niccheri dove, successivamente, c’è stata la minuziosa perquisizione che non ha dato risultati?

Poi ancora dopo, in data 30 settembre 1985, ma si saprà solo il 22 aprile 1986, i sostituti procuratori della Repubblica Paolo Canessa, Francesco Fleury e Pierluigi Vigna in procura della Repubblica hanno ricevuto ciascuno di loro una busta con dentro un identico messaggio:

  • Ve ne basta una a testa –

accompagnato da un dito di guanto chirurgico con infilata dentro una cartuccia Winchester calibro 22 serie H, ma tale lettera è stata volutamente tenuta segreta dai magistrati, ed il mittente non avendone avuto evidentemente un riscontro dai media in data 4 ottobre 1985 ha fatto trovare nella zona dell’ultimo delitto, già accuratamente setacciata, un paio di guanti da chirurgo e una garza ripiegata più volte ed intrisa di sangue. Tali guanti erano il numero 7 (numero penso possibile per persona con corporatura longilinea, ma sono mie ipotesi)

Intanto le indagini degli inquirenti proseguono e l’equipe del professore De Fazio riesce a ricavare, con sofisticate e complessi indagini di laboratorio, il gruppo sanguigno del mostro, gruppo piuttosto raro, dalle tenui tracce di saliva che erano servite all’uccisore per sigillare la busta inviata alla dottoressa Silvia della Monica.

A tale proposito viene da chiedersi se l’assassino, fino ad ora sempre così avvenuto, abbia deliberatamente, per dare ancora un ulteriore indicazione per identificarlo, voluto lasciare tali tracce sulla busta: con il senno di poi si può pensare di sì.

INTANTO A PERUGIA

intanto a Perugia il giorno 8 ottobre 1985 un mese esatto dopo lo stesso giorno del duplice omicidio della coppia francese, il giorno 8 del mese, il medico chirurgo Francesco Maria Narducci di Perugia (ecco perché l’ospedale Ponte a Niccheri vicino all’autosole quasi a valori indicare di indagare in un ospedale ma di altra città raggiungibile tramite la suddetta) si suicida lucidamente, senza motivo ed una spiegazione logica, infatti la mattina del martedì 8 ottobre quando il medico suddetto era in reparto, poche ore prima del suicidio, è stato riferito che il suo comportamento non aveva creato sospetti e preoccupazioni in alcuno perché si era comportato normalmente, come al solito, quindi aveva saputo mascherare il terribile progetto che aveva in mente, quello del suicidio.

Infatti alle 14:00 di quel giorno, si saprà poi che; il medico telefonò al signor Trovati Giuseppe proprietario della darsena omonima a San Feliciano, chiedendogli se il motoscafo era in ordine di uso e avuto da questi una risposta affermativa gli disse che sarebbe andato lì, poco dopo telefonò alla madre per salutarla e più tardi alle ore 15:30 giunse a San Feliciano in darsena dove teneva all’ormeggio il motoscafo della Grifo Plast, con un motore di 70 cavalli e con sigla pr3304. Vi giunse con la sua Honda Four super sport di quattrocento cc targata PG 10 27 77 di colore rosso che parcheggiò con cura ed in bella vista all’ombra di un salice, mentre il professor Francesco saliva a bordo del motoscafo, il signor Trovati Peppino gli disse che c’era poco carburante nel serbatoio e questi gli avrebbe risposto: “mi basta mi basta” (capiremo dopo l’epilogo del suo gesto il significato sottointeso di tale sua risposta, quasi a voler aggiungere:…” per quello che ho da fare”) dopodichè si allontanò e fu rinvenuto cadavere il giorno 13 ottobre 1985, dopo una permanenza in acqua di circa 110 ore. Alla sera non vedendolo ritornare fu dato l’allarme ed iniziarono subito le ricerche con grande spiegamento di mezzi e di uomini anche volontari, ma con esito negativo fino al 13 ottobre 1985.

Alle ore 030 del giorno 9/10/1985 fu avvistato il motoscafo del professore, ma senza lui a bordo, nei pressi del castello diroccato dell’Isola Polvese. Dal controllo sull’imbarcazione si poteva constatare che non vi erano persone a bordo e non vi erano segni di colluttazione e tutto era in ordine: le chiavi dell’accensione in posizione di spento e il cambio in folle, un pacchetto di sigarette di marca merit, una scatola di cerini e un paio di occhiali posti belli in ordine e in bella vista del sedile accanto a quello di guida.

Quando fu rinvenuto il cadavere, si constatò che questi indossava: pantaloni jeans, giubbetto in pelle di renna marrone, camicia mocassini marrone, la cintura al suo posto ed il portafogli in tasca. Ci si pone una domanda: perché prima del suo ultimo gesto ha avuto la freddezza e lucidità di togliersi gli occhiali, le sigarette ed i cerini di tasca, lasciandoli in ordine e in bella vista, quasi a voler sottolineare la sua freddezza e determinazione e si è mantenuto il portafogli in tasca propria?

Una dimenticanza o un disegno preciso ossia: quello che nel caso del rinvenimento tardivo del suo cadavere dal lago, e, sia per il processo di saponificazione che di decomposizione, non fosse stato possibile riconoscerne il cadavere, il suo portafoglio lo avrebbe permesso. Non lo si può escludere, visto la pianificazione del suicidio, e poi ancora il giorno di quest’ultimo, suo martedì, non aveva toccato cibo volutamente, forse con scopo di non far credere alla sincope da congestione e trarre in inganno il medico legale sulla verità del proprio intendimento.

Si è anche saputo, in quel giorno, che il professor Francesco nella stagione estiva, non era mai stato al lago: perché ne aveva sentito il bisogno, diciamo ormai in quel periodo fuori stagione, senza dirlo ad alcuno, sia ai familiari che ad amici e colleghi? e senza motivo?

Quindi in base a tali considerazioni oggettive egli voleva che il suo gesto venisse considerato come: egli voleva che fosse, e non frainteso e poter far capire chi era, ricollegandolo sottilmente alla quasi profezia del professor Abraham, quando diceva, parlando dell’uccisore:

certamente siamo di fronte a un individuo fondamentalmente affascinato dalla morte, questa fascinazione distruttiva fa sì che, arrivo a dire, se in Italia ci fosse la pena di morte, forse egli si sarebbe già costituito, perché affascinato dalla volontà di concludere la sua storia con la sua stessa morte. Quello che credo lo spaventi di più è di passare anni inattivi dentro la prigione a riflettere su se stesso.”

A supporto di questa mia ultima considerazione, cioè della pianificazione fredda e calcolata del suicidio, ne é prova di fatto, che il giorno di mercoledì 9 ottobre 1985 avrebbe dovuto partecipare al convegno nazionale sul tema: “stomo-terapia oggi” che si faceva a Villa La colombella Perugia ed il professor Francesco Narducci avrebbe dovuto parlare di valutazione funzionale dell’ileo-anatomo-stomosi e che aveva al riguardo preparato un accurato studio, arricchito anche da diapositive, ( si intendeva di fotografia) seguitando a lavorare normalmente, senza disdire la sua partecipazione a tale convegno, mascherando perfettamente il suo disegno di suicidio, ed arrivando senza intoppi a perpetrarlo secondo il suo volere. Quindi una vera doppia personalità un altro caso di dottor Jekyll e il signor Hyde?

Gli inquirenti delle indagini sul mostro di Firenze dicevano che questi:

– si intendeva di fotografia

-e forse usava per i suoi spostamenti un mezzo più piccolo più occultabile di un’auto

– e cercavano una motocicletta con targa.

Il professore Francesco Narducci si intendeva di fotografia, anche se in modo dilettantistico, ed aveva ed usava due motociclette, delle quali una a suo nome che ne è conosciuta la targa PG 102777. Altre due tessere del mosaico

Il verbale di ricognizione cadaverica fu eseguito dalla dottoressa Donatella Seppoloni funzionario medico dell’USL del Lago Trasimeno su richiesta del magistrato di turno, tale ricognizione fu eseguita dalla suddetta sul cadavere del professor Maria Narducci Francesco, la morte del quale è stata diagnosticata per asfissia da annegamento per causa accidentale avvenuta in data 8 10 1985, ed il nulla osta ai familiari per il seppellimento della salma veniva dato dal medesimo magistrato.

LE POSSIBILI INDAGINI INQUIRENTI

Quali altre indagini postume gli inquirenti possono ora fare, in forza dei dati e delle informazioni loro raccolte, per poter dare una risposta a tutti gli interrogativi posti dalle voci da me riportate e descritte dalle mie ricerche e studi fatti su di esse?

Certamente:

– un accurato controllo e raffronto dei dati il loro possesso con quelli ricavati sul conto del fu professor Francesco Maria Narducci

– un’analisi approfondita:

– sia da parte del professore Francesco De Fazio che da parte del professor Giorgio Abraham

– che su tale persona, indagando sul suo passato, nella sua infanzia, interrogando i genitori, i familiari, la moglie, gli amici, per focalizzare i vari periodi della sua vita e per tracciarne un quadro psicologico

– accertare il numero delle sue scarpe, il numero dei guanti chirurgici che solitamente indossava, ma anche di quelli che avrebbe potuto eccezionalmente indossare, verificandone il tipo, la struttura, la provenienza e comparandone i risultati con quelli in loro possesso

– verificare la struttura, la marca dei cerini e dei mozziconi delle sigarette, rinvenuti sul luogo e sui luoghi dei delitti del mostro, comparandoli con quelli rinvenuti sul motoscafo del fu Narducci.

– verificare le descrizioni fatte dai vari testimoni circa le persone, che i medesimi dicono di aver veduto sul luogo del delitto, facendo anche vedere loro l’effigie del fu professor Narducci.

– verificare se fra le auto che sono state vedute il giorno del delitto, nella zona del medesimo, da eventuali testimoni, ce ne fosse una, del tipo di quelle da me segnalate, come appartenenti al Narducci e/o dal medesimo usate, e lo stesso dicasi per quelle auto segnalate agli inquirenti dai casellanti dell’autosole, transitate con una sola persona a bordo nelle notti dei weekend.

– eseguire gli stessi controlli e confronti sulle targhe e sul tipo delle motociclette segnalate, con quelle appartenute al fu professore Francesco.

– in ultimo accertare il suo gruppo sanguigno per compararlo con quello del mostro, se non fosse possibile ricavarlo, da ricerche fatte, sia negli ospedali dove il professor Francesco Narducci ha operato, che in altri luoghi possibili.

ORDINARE la riesumazione della salma, per eseguirci indagini autoptiche ancora possibili, e per determinarne il gruppo sanguigno: si ricordi che l’uccisore ne ha uno abbastanza raro.

In merito alle analogie è bene evidenziare e ricordare quello che riportò La Nazione del gennaio 1988 circa le parole del professore De Fazio a proposito del mostro:

  • ha un gruppo sanguigno particolare,

  • si è detto che si occupa di fotografia anche se in maniera amatoriale,

  • – e ancora- i mass media sono il suo specchio, un mezzo su cui riconoscersi, altrimenti perderebbe la sua identità,

  • ma un gruppo sanguigno – aggiunge il criminologo- non può certo identificare il responsabile di un reato: diciamo che c’è una percentuale del 30%, se questa probabilità viene unita ad altri elementi, è certo singolare che una persona assommi in sé tutte queste sfortune. Certo si può dire che è vittima di diverse circostanze sfortunate per lui e anche che alcune di esse se le è andate a cercare.

Ora la magistratura può finalmente far luce e dare una risposta agli atroci dubbi che attanagliano ancora le menti dei conterranei del fu professore Francesco Maria Narducci sul suo possibile operato:

– estraniandolo ed assolvendolo se è ritenuto innocente, rendendo così onore alla sua memoria e pace alla sua anima

– o condannandolo se è ritenuto e giudicato colpevole, senza ombra di dubbio,

dando:

– un nome finalmente e un volto, all’eseguitore di tanti orrendi delitti,

– e giustizia e pace alle povere vittime e ai loro poveri genitori e familiari,

– e giustizia a tutti i colori i quali per tanti anni non si sono arresi a tanta inspiegabile crudeltà credendo nella giustizia divina e in quella degli uomini.

Valerio Pasquini

28 Ottobre 1993 Il dossier investigativo di Valerio Pasquini

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