Il 12 Febbraio 1996 viene richiesto dalla Procura della Repubblica di Firenze l’autorizzazione all‘arresto di Mario Vanni. L’autorizzazione fu convalidata dal Giudice per le indagini preliminari Valerio Lombardo. Il provvedimento su base cautelare si basava sulle testimonianze dei testi Fernando Pucci, Giancarlo Lotti, Gabriella Ghiribelli e Norberto Galli che furono indicati con le lettere greche alfa, beta, gamma e delta per necessità investigative.
La sera del 12 febbraio, il Procuratore Capo Dott. Pier Luigi Vigna e il Sostituto Dott. Paolo Canessa consegnarono al Dott. Michele Giuttari, per la sua esecuzione, il provvedimento restrittivo a carico del Vanni.
Il Vanni viene arrestato, a San Casciano presso la sua abitazione, con l’accusa di aver partecipato al delitto di Scopeti. Le uniche parole pronunciate da Vanni durante l’arresto sono: “Potete perquisire… non voglio nessuno… io non ho fatto niente… solo merende“. Vanni fu tradotto al carcere di Prato in località Meliseti e lo stesso nominò quale suo avvocato l’Avv. Giangualberto Pepi che impugnava il provvedimento presso il Tribunale del Riesame, che, però, rigettava il ricorso.
La perquisizione dell’appartamento, due stanze, un piccolo ripostiglio e l’ingresso, porta al sequestro di due falli di gomma, tre coltelli da cucina trovati sotto una catasta di legno nel ripostiglio, e due paia di scarponi, ancora sporchi di terra, misura 44.
“Mi recai personalmente a San Casciano, dove, con i miei collaboratori, eseguivo l’arresto e contestualmente effettuavo una minuziosa perquisizione dell’abitazione di Vanni. Era la prima volta che vedevo Vanni e la moglie Luisa. La donna non voleva aprire la porta e ci accolse con atteggiamento grintoso, quasi violento. Luisa aveva un aspetto trascurato, era una persona infelice, esasperata, sofferente, vittima di un marito che non le aveva mai garantito un’esistenza normale. Il Vanni, pur essendo appena le 20, era a letto, parlava con voce lamentosa e poco comprensibile, diceva qualche frase del tipo io ho fatto solo merende! Mi colpì il fatto che, mentre era in corso la perquisizione, il Vanni, ancor prima di sapere del provvedimento di cattura, aveva capito che eravamo andati ad arrestarlo. Infatti si alzò dal letto, si vestì, prese da un cassetto alcune banconote da centomila lire e, terminata la perquisizione, ci seguì, uscendo di casa senza neppure salutare la moglie. Luisa urlava frasi a me incomprensibili. Ripensai spesso a quella donna a cui il marito, nell’andare via, non aveva rivolto neppure uno sguardo.“. Vedi Compagni di Sangue pag. 148