Il 15 aprile 1996 rilascia testimonianza Mariagrazia Frigo Presso la Procura della Repubblica di Firenze al PM Paolo Canessa e alla presenza del dirigente della Squadra Mobile Michele Giuttari.
“Il 15 aprile, la signora Frigo veniva convocata negli uffici della Procura della Repubblica per essere interrogata dal Pubblico Ministero.
In quella sede, la teste rispondeva alla domanda sull’attività svolta, asserendo che era socia di una ditta, a gestione familiare, che produceva contenitori per musicassette e oggetti simili. Precisava che la ditta aveva rapporti anche con l’estero e la parte contabile era curata da lei, che svolgeva anche lavori in casa e lavori di artigianato. Quindi confermò pienamente sia le precedenti dichiarazioni rese in Questura, nel mio ufficio, sia quelle rese nel corso del sopralluogo, fatto nei giorni precedenti. Confermò, anche, di aver telefonato al Dott. Canessa dopo essersi rivolta all’avvocato Ventura, suo conoscente, che, essendo difensore di Pacciani, le aveva fatto presente che lui non avrebbe potuto, proprio in fede del suo incarico, interessarsi della sua testimonianza.
Circa l’ora in cui aveva udito il boato riferì che era sicuramente dopo cena e che dove si trovava lei, e cioè ad una certa altezza, era il momento del crepuscolo fondo. Si potevano distinguere le bambine che si muovevano nel giardino, una delle quali aveva una maglia bianca, mentre, più in basso, e il luogo del delitto era più in basso, il buio era ormai fatto.
Per quanto riguardava la distanza tra la macchina bianca, guidata da Pacciani, e l’altra di colore rosso sbiadito, precisava doveva trattarsi di un centinaio di metri. Aggiunse di aver avuto la netta impressione che le due auto procedessero insieme.
Il Pubblico Ministero osservò che lei, nella telefonata fatta nel 1992 al Dott. Canessa, aveva parlato genericamente di una macchina rossa. La donna rispose che per telefono aveva fornito solo delle generiche indicazioni in attesa di poter chiarire meglio.
Disse che suo marito e anche i suoi figli le avevano consigliato di non riferire quello che aveva visto quella notte, facendole presente che, in quei posti, abitava gente poco raccomandabile. Si era sentita, però, sempre combattuta anche quando i familiari avevano cercato di tranquillizzarla il giorno in cui furono arrestati i sardi Mele e Mucciarini. Aveva guardato le foto ma tra loro non c’era la persona della macchina bianca.
Nelle foto aveva riconosciuto invece la Fiat 128 coupé color rosso sbiadito, di cui aveva parlato.
Il Pubblico Ministero rimase positivamente impressionato dalla deposizione della donna e, certificata l’importanza dell’atto, dispose la sua segretazione.” Vedi Compagni di Sangue pag. 138/139