Il 15 maggio 1996 viene emesso dal Sostituto Procuratore un decreto di perquisizione per Giovanni Faggi. Nella motivazione si leggeva: ” …il fondato motivo di ritenere che presso l’abitazione di Faggi Giovanni, comprese pertinenze e autovetture e in ogni altro luogo che nel contesto risulti in disponibilità del medesimo e sulla sua persona possono rinvenirsi cose o documenti o quanto altro pertinente ai reati in ordine ai quali sono in corso le indagini“. L’atto conteneva apposita informazione di garanzia in relazione ai reati indicati nel decreto di perquisizione. Era il primo atto che faceva entrare Faggi, come indagato e non più come testimone, nello scenario del “Mostro”.
La perquisizione avvenne la mattina presto.
“Il Faggi era ancora a letto con la moglie. Dopo qualche minuto, aprì. …. Di lui avevo visto solo una foto tessera, che sembrava una fotocopia fedele dell’identikit fatto a suo tempo dai coniugi Parisi-Tozzini. Gli zigomi e il mento stretto, la stempiatura sulla fronte le ritrovavo nel suo volto reale.
Di lui, inoltre, conoscevo l’apparizione, come testimone, al processo a carico di Pacciani. Si era seduto di fronte alla Corte di Assise con in mano un’agenda: così le televisioni lo avevano ripreso.
Era un uomo anziano, con i suoi 76 anni ben portati, curato, con i capelli tinti di color rosso ruggine. Con modi gentili assisteva all’operazione di polizia. C’era anche la moglie. La casa era molto ordinata e curata. Mi colpì il fatto che la stanza adibita a studio, dove l’uomo custodiva le cose personali, aveva un lucchetto esterno, come per escludere da quello spazio anche la moglie e gli altri familiari. Era una sorta di isola protetta. La perquisizione fu effettuata anche nel garage. Vennero trovati, ben nascosti, diversi falli di legno, di diversa grandezza e ben curati nella fattura, che il Faggi disse di aver fatto personalmente.
Furono trovate anche varie agende. Allorché feci presente di procedere al loro sequestro, Faggi disse che, negli anni passati e per lo stesso motivo aveva subito altre perquisizioni e che le agende arano rimaste al loro posto. Nel dire ciò fece trapelare un certo nervosismo. Nello studio trovai altre agende, una relativa al 1990 e un’altra, ben visibile, al 1981.
Intanto la mattinata era quasi trascorsa e con Faggi si lasciava Calenzano per raggiungere la località “Leccio”, poco fuori dal centro abitato. Attraverso una strada in terra battuta, tutta in salita, si raggiunse una zona collinare dove l’indagato aveva una villetta e un appezzamento di terreno. Era un casolare ristrutturato con cura. Uno di quei posti amati dai toscani, dai turisti, specialmente dai tedeschi che da anni hanno fatto delle colline toscane la loro seconda dimora. Un luogo fantastico dove lo sguardo si perde nel verde, nel silenzio. L’operazione di polizia nella villa non portava al ritrovamento di cose utili per le indagini.
Nei giorni successivi vennero esaminate le agende. C’erano tracce importanti che portavano da Faggi a Pacciani. … Innanzitutto c’era un riscontro preciso della cono-
scienza, da parte di Faggi, della località Travalle, luogo dell’omicidio del 1981, al quale, secondo i racconti di Pucci e di Lotti egli aveva partecipato.
Sull’agenda del 1981 c’era la notazione bella gita a Travalle.
Inoltre sulle pagine delle agende c’erano annotati continui apprezzamenti su uomini e sulle loro caratteristiche personali. Nell’agenda del 1977, in relazione al 5 dicembre, c’era scritto: ore 17,30 circa a Montefìridolfì materiale muratori con Pietro Pacciani – scritto lettera 28.11. Nell’agenda del 1968 era annotato: dato mio biglietto da visita a Vanni.“
Vedi Compagni di Sangue pag. 164/165/166