Il 20 giugno 1996 Giuseppe Sgangarella rilascia una nuova testimonianza dopo quella del 10 giugno 1996, sentito da Michele Giuttari.
In questa testimonianza dichiara di aver visto spesso Pietro Pacciani celebrare riti magici ed esoterici con candele, foto, disegni e croste di formaggio. Disse che Pacciani, due settimane prima di uscire dal carcere, gli aveva detto che era molto legato a lui e gli aveva promesso una piccola abitazione che era vicina alla sua casa. Sgangarella rimase sorpreso per questo fatto e per l’offerta generosa di Pacciani.
“che io sappia l’amante del Pacciani era la moglie di Rubino. So questo per avermelo detto lo stesso Pacciani, il quale appunto nelle confidenze fattemi mi disse che faceva l’amore con la moglie di certo Rubino e che aveva avuto dei problemi che non mi precisò con questa donna” Vedi: Nota informativa n°500/2001 del 3 dicembre 2001 e Vedi Nota Finale Gides 4 aprile 2007 Pag. 183
“Riferì che, durante il periodo di comune detenzione, aveva avuto modo di notare che la domenica mattina il Pacciani, stando con le spalle rivolte all’ingresso della cella e guardando verso la finestra al di sotto della quale c’era un tavolino con alcuni oggetti, celebrava la messa per conto suo secondo il rito della magia nera. Precisava di aver visto che, nel celebrare la messa, Pacciani si serviva di candele, immagini tratte da un settimanale riguardanti argomenti satanici e scorze di formaggio, che, per quanto a lui risultava, venivano utilizzate per le fatture.
Aveva notato anche che Pacciani disegnava animali strani, spesso con le corna, vitelli, lupi, conigli, volpi, nei quali spesso metteva in evidenza gli organi genitali. Disegnava anche figure femminili con le parti erogene risaltate. Gli aveva chiesto il motivo di quei disegni particolari. Pacciani gli aveva risposto di essere molto appassionato a quel genere di disegni.
Riprendendo il racconto fatto nel precedente interrogatorio, relativo alla visita a casa del Pacciani e al suo atteggiamento di controllo, specialmente quando erano entrati nel garage, aggiunse che era accaduta un’altra cosa curiosa. Quando il teste gli aveva chiesto di poter andare nel bagno per soddisfare un bisogno fisiologico, Pacciani gli aveva risposto di attendere.
Era, quindi, entrato nel bagno e c’era rimasto per diversi minuti, tanto che il testimone era dovuto uscire fuori per soddisfare quel bisogno.
Raccontò che Pacciani, circa 15-20 giorni prima di uscire dal carcere, al tempo della detenzione per la questione delle figlie, gli aveva detto di essersi molto affezionato a lui, tanto da volergli regalare una casetta, che aveva ricavato di fronte alla sua abitazione e di cui gli aveva fatto uno schizzo su un foglio.
Naturalmente, conoscendolo bene, aveva immaginato che avesse in animo di chiedergli qualche favore in cambio.
Riguardo al Vinci raccontò che una volta gli aveva manifestato forti preoccupazioni per l’incolumità fisica della propria famiglia. Gli aveva detto, quasi piangendo, di aver nascosto alcune cose impressionanti sui delitti del “Mostro” e di essere stato avvertito dai suoi amici, che erano liberi, che, se avesse parlato con il magistrato, avrebbero colpito la sua famiglia. Gli spiegò di avere un forte rimorso sulla coscienza che non lo faceva dormire la notte. Gli aveva fatto capire che era terrorizzato dai suoi amici. Precisava che Vinci era stato ricoverato in infermeria per lo sciopero della fame e, in un’altra occasione, per la frattura di una mano.
Ribadì, infine, che Vinci, insieme a Pacciani, al postino, all’amante del Pacciani e ad un’altra donna, era solito riunirsi in una colonica per sedute di “magia”, nelle quali Pacciani si sedeva a capotavola. L’amante del Pacciani, secondo le sue stesse dichiarazioni, era la moglie di un certo Rubino, e cioè Milva Malatesta.” Vedi Compagni di Sangue pag. 172/173/174