Il 21 ottobre 1996 il Procuratore della Repubblica Pier Luigi Vigna e il sostituto procuratore Paolo Canessa tornano ad interrogare Mario Vanni detenuto al momento presso il carcere di Pisa. L’interrogatorio avviene nel tardo pomeriggio.
Mario Vanni viene messo a conoscenza delle dichiarazioni di Giancarlo Lotti e Fernando Pucci e il Vanni nega queste accuse dando dello “scemo” al Lotti ed affermando che tutti lo sapevano che era scemo. Dichiara di essere stato del Mugello solo per far visita a Paolo Vanni, che è un suo nipote, e che viveva nella campagna di Vicchio. In merito al nipote dice che ha lavorato per le tipografie Stianti in San Casciano per poi acquistare una trattoria in piazza Tasso a Firenze.
In merito alla nipote Alessandra Bartalesi afferma di aver speso addirittura 2 milioni di lire per le cene a cui partecipava anche Giancarlo Lotti, non solo, ma afferma di aver dato a quest’ultima, alla Bartalesi, anche dei soldi.
Nega di aver mai conosciuto Francesco Vinci e i sardi in generale, ammette invece di aver frequentato la Sperduto Antonietta e di conoscere l’appuntato dei Carabinieri Filipponeri Toscano: “per averlo visto e incontrato al bar dello sport chiuse”.
Rispetto alla lettera ricevuta da Pietro Pacciani aggiunge: “è vero che l’avvocato Corsi lesse la lettera. Io la stavo leggendo lì in paese, o al bar Italia o in piazza, e capitò il Corsi che visto che avevo ricevuto una lettera mi chiesa di leggerla. La lesse e poi mi consigliò di strapparla e io dopo la strappai e la buttai via. Non ho mai parlato di questa lettera a Lotti. Parlai della lettera a mia nipote Alessandra. Può essere che al Lotti abbia riferito l’Alessandra.”