3 Giugno 1997, 4° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
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Presidente Federico Lombardi, Avv. Sigfrido Fenyes, Avv. Rodolfo Lena, Avv. Nino Filastò, Pubblico Ministero Paolo Canessa, Avv. Stefano Bertini, Avv. Patrizio Pellegrini, Avv. Giampaolo Curandai, Avv. Giangualberto Pepi
Presidente: Vanni è presente. C’è l’avvocato Filastò. Poi c’è Fenies per…
Avv. Nino Filastò: L’avvocato Pepi arriverà fra poco.
Presidente: Sì, sì. Fenies sostituto di Lena, va bene? Lotti… Avvocato Bertini dov’è? Lotti non c’è stamattina?
(voce non udibile)
Presidente: Allora non comparso. Faggi non comparso. Corsi Aberto… Zanobini? Ecco Zanobini. Corsi non c’è, non comparso anche lui. Parti civili, vediamo un po’. L’avvocato Santoni Franchetti? Eccolo. Poi c’è Patrizio Pellegrini è lì. L’avvocato Puliti?
Avv. Giampaolo Curandai: (voce non udibile)
Presidente: L’avvocato Curandai sostituisce l’avvocato Puliti per Rontini Marzia. Curandai è per Rontini Maria Laura. Poi c’è l’avvocato Saldarelli.
Avv. Eriberto Rosso: Lo sostituisco io, Presidente.
Presidente: Avvocato Rosso. L’avvocato Colao?
Avv. Patrizio Pellegrini: (voce non udibile)
Presidente: Allora, l’avvocato Pellegrini in sostituzione dell’avvocato Colao per Frosali Pierina, per Mainardi Adriana e Mainardi Laura. Avvocato Rosso è presente. Saldarelli è sostituito dall’avvocato Rosso. L’avvocato Ciappi?
Avv. Giovanni Paolo Voena: Sono l’avvocato Voena, sostituisco l’avvocato Ciappi.
Presidente: Benissimo, allora siamo tutti presenti. Allora, vi informo che l’avvocato Filastò aveva chiesto, mi aveva telefonato l’altro giorno dicendo che deve partire per un processo che è altrove, non mi ricordo dove, se poteva parlare stamattina. Allora, le parti civili chi è che vuole intervenire?
(voce non udibile)
Presidente: Può parlare subito l’avvocato d’accordo, così lo liberiamo, oppure parlate… può passare prima? Ecco, un secondo, c’è l’avvocato Fenies che mi aveva detto che parlava un minuto, due minuti e poi diamo la parola all’avvocato…
Avv. Sigfrido Fenyes: Solo un minuto Presidente, ringraziando la Corte, per Faggi Giovanni. Dunque, quanto ai fatti che si intendono provare, sono quelli relativi all’estraneità di Giovanni Faggi ai fatti a lui contestati, cioè i duplici omicidi degli Scopeti del 9 settembre ’85 e di Calenzano del 23 ottobre ’81, ai capi A ed M del capo di imputazione. Relativamente ai mezzi di prova, in parte cristallizzati nell’incidente probatorio e quindi saranno oggetto di discussione. Per quanto invece attiene le nuove richieste, vi è una lista testi depositata e testi dei quali appunto si chiede l’esame. Alcuni, si è sentito anche dalla parole del Pubblico Ministero, alcuni testi hanno parlato della presenza di un’auto agli Scopeti, auto con determinate caratteristiche tipologiche, che sarebbero in contrasto con quelle possedute da Giovanni Faggi o dai suoi familiari nei periodi in esame. E su queste circostanze potranno riferire i testi indicati da 1 a 7 della lista testimoniale. Gli stessi testimoni, da 1 a 7, potranno anche riferire circa abitudini, frequentazioni e carattere dello stesso Faggi assolutamente – ad avviso di questa difesa – incompatibili con le caratteristiche di un mostro, per usare una terminologia giornalistica. Altro punto è quello relativo al teste numero…, indicato nella lista: dalle agende in sequestro, del 1981, di proprietà di Giovanni Faggi e delle quali si chiede comunque la produzione, dovrebbero comunque essere già agli atti, risulterebbe che proprio il giorno stesso dell’omicidio di Calenzano, del duplice omicidio di Calenzano, Giovanni Faggi si trovava in Abruzzo. Il teste numero 8 potrà riferire su questa circostanza. Ultimo mezzo di prova, è l’esame dell’imputato. Quindi la produzione delle agende, l’esame dei testi indicati nella lista e l’esame dell’imputato. Credo di essere stato fedele alla consegna della sintesi e ringrazio.
Presidente: Benissimo. Avvocato Filastò, allora, sempre sull’accordo delle parti, va bene? La parola a lei.
Avv. Nino Filastò: Grazie Presidente e ringrazio anche le altre parti per avermi consentito di parlare per primo. Premetto che con il collega avvocato Pepi, in questo momento assente, ma arriverà, ci siamo un po’ divisi i compiti. La mia prospettiva come tale, apparente anche dalla lista dei testi che ho già proposto, è più generale, mentre il collega Pepi si occuperà di aspetti che riguardano più specificamente la persona di Mario Vanni, i suoi rapporti, i suoi vissuti. Dovranno avere un po’ di pazienza con questo difensore, signori della Corte di Assise, nel senso che la mia esposizione sarà non brevissima, ma c’è una ragione. Come dire, io sono ancora un po’ sotto shock, dal punto di vista intellettuale ovviamente, dopo la esposizione introduttiva del Pubblico Ministero. E certamente quello che vi dirò avrà un sapore piuttosto dialettico rispetto all’impostazione del Pubblico Ministero, direi talvolta anche chiaramente polemico. Soprattutto per la ostentazione di sicurezza che egli ha esibito di fronte a voi. Ostentazione di sicurezza alla quale corrisponde una estrema povertà dei mezzi sia di carattere concettuale che specificamente di prova che egli vi propone di raccogliere. Io mi sono chiesto: ma davvero può bastare questo per far morire in carcere questo povero signore? E per dire risolto un caso giudiziario che si è trascinato per 30 anni? Un cambiamento così radicale di fronte, per cui si passa dalla ricerca e dalla convinzione di avere a che fare con un unico serial killer alla ipotesi di un gruppo di balordi di paese che avrebbero commesso questi delitti, davvero per dimostrare la validità, sul piano della prova oltre che sul piano scientifico, può bastare quello che vi ha proposto di raccogliere? Ecco la ragione per cui l’impegno di questo difensore sarà, in questa sede, un po’ più approfondito del consueto. Aggiungo che ho presentato una memoria, ex articolo 121, che viene ad integrare e in qualche modo ad intersecare quello che dirò verbalmente. È una memoria che contiene anche la indicazione degli atti che intendo produrre e che sono lì in quel fascicolo, di cui chiedo la produzione. Nonché, contiene delle richieste di acquisizione rispetto ad altri atti che appartengono al fascicolo del Pubblico Ministero. Quello che appare ancora una volta, perché questo aspetto di acquisizione della prova, questa lacuna era già presente, fu già presente nel processo Pacciani, e la totale svalutazione dell’aspetto scientifico di questa vicenda processuale. Dove, vedano, per aspetto scientifico non si deve ritenere il fatto che questo sia un caso che gli psichiatri o i criminologi possano risolvere meglio dei Giudici, per carità. Il Giudice lo sappiamo che è sempre il perito dei periti. Ma vi sono delle situazioni, degli aspetti attraverso i quali non ci si inserisce, non è possibile districarsi facendo a meno del contributo di coloro che questi aspetti e queste situazioni studiano da anni. Studiano da anni, approfondiscono, ricercano. A me è capitato di andare in giro e sentir dire: ma come, hanno condannato in I Grado all’ergastolo Pacciani senza avergli fatto la perizia psichiatrica? Ma come è possibile! La prima osservazione è questa. La seconda, che ha a che vedere con quel che dicevo prima, la ostentazione della sicurezza, assolutamente ingiustificata, appartiene alla impostazione generale del Pubblico Ministero, il quale vi dice che ci sono le prove e che tutto quello che dovreste far voi è semplicemente controllare queste prove, cercando le conferme. E la prova principale, da questo punto di vista quella che a suo tempo, vero, prima che intervenisse una modifica del nostro sistema processuale, veniva a torto definita la regina delle prove; la prima di queste prove sarebbe la cosiddetta confessione di Giancarlo Lotti. Subito arriva in mente un’associazione che riguarda questo processo, non altri: riguarda questo processo, e poi dirò il perché, anche se non appartiene a questo capo di imputazione, e poi dirò perché non appartiene a questo capo di imputazione. E si tratta della confessione di Stefano Mele. Questo processo fa apparire delle straordinarie coincidenze e una è appunto questa: anche Stefano Mele confessò, si dichiarò autore del delitto a danno di Barbara Locci e di Lo Bianco, eppure questa confessione di Stefano Mele è stata definita, da questo Pubblico Ministero – non dal suo ufficio, da un altro rappresentante, da lui nel corso della sua esposizione introduttiva del processo Pacciani, totalmente inattendibile.
P.M.: Chiedo scusa Presidente, ma ha a che fare con una relazione sulle prove il parlare di un altro processo in cui questo P.M. ha parlato di altre cose?
Presidente: (voce non udibile)
P.M.: Sì, ho capito, ma mi perdoni. Mi sembra che siamo in un campo talmente lontano dal compito del difensore che parla di prove che io mi permetto di fare notare alla Corte che Stefano Mele, confessione, ciò che ha detto il Pubblico Ministero in un altro processo, su fatti completamente diversi, su imputazioni diverse e penso sia difficile potere oggi parlare in questo momento… Ma in questa fase mi sembra, Presidente, io invito lei a tenere presente quali sono i binari in cui debbono…
Presidente: Ho capito. Io ho capito questo che dice il Pubblico Ministero, mi rendo conto del tema decidendum che abbiamo; noi abbiamo cinque episodi, cinque duplici omicidi e quello è il nostro tema. Dobbiamo stabilire se Vanni, Lotti e… come si chiama, l’altro, Faggi, sono agganciabili, sono colpevoli o no di questi episodi e basta. Se ci siano dietro questi imputati altre persone, chi siano e dove siano, alla Corte non può interessare. Questa è indagine che spetta alle Forze di Polizia e al Pubblico Ministero che le dirige. Quindi questo è il nostro campo, questo è il nostro tema, però la difesa credo che abbia il diritto di esporre le sue ragioni, starà poi alla Corte accoglierle o non accoglierle. L’unica cosa che voglio dire: facciamo meno polemiche perché ognuno fa il suo dovere in perfetta buona fede, ognuno crede alle proprie tesi e quindi rispettiamo le tesi degli altri. Avvocato, può continuare.
Avv. Nino Filastò: Presidente, l’interruzione del Pubblico Ministero è fuori luogo e spiego perché. Io stavo iniziando a valutare la confessione di Lotti, da lui definita prova e stavo riferendomi ad un precedente giudiziario che riguardava per l’appunto lui e che riguarda questo processo e ho detto poi spiegherò perché, ma se volete ve lo spiego anche subito. Perché è comodo stralciare dal capo di imputazione certi fatti e allontanarli. Ma non è certamente utile per l’accertamento della verità. E se non c’è nel capo di imputazione l’omicidio del ’68, è certamente un omicidio connesso. E quindi mi accingevo a fare questo tipo di osservazione, che lui stesso, il Pubblico Ministero, affrontando il tema di un’altra confessione che fa parte di questo caso giudiziario: l’aveva definita totalmente inattendibile. Ecco. E non dopo, eh, all’inizio, l’esposizione introduttiva. È in linea con quello che stavo dicendo. Quindi se il Pubblico Ministero mi invita, non so a far che, io lo invito a fare interruzioni perché io le accetto, ma non così fuori luogo. Allora, vediamo – la vedremo meglio dopo – ma intanto a volo di rondine, con riferimento al soggetto: Lotti cos’è? È un pentito, è un collaboratore. A lui è stata applicata la normativa che concerne la protezione di persone, imputati che collaborando abbiano messo in pericolo la loro incolumità ai sensi del Decreto Legge 15 gennaio ’91 numero 8 e successivi. Tanto per cominciare: richiesta subito di acquisizione di tutte le lettere di Vanni, non so quante sono, voglio che vengano acquisite. Non ne ho letta nemmeno una.
Presidente: Abbiamo un grosso volume
Avv. Nino Filastò: Benissimo Presidente
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Come?
P.M.: Le doveva leggere, sono depositate.
Avv. Nino Filastò: Non le ho viste. Io ho visto degli atti depositati… fra le quali quelle lettere? Molto bene, ci sono di già.
P.M.: Ma ci sono.
Presidente: Sono lì, sono lì.
Avv. Nino Filastò: Presidente, questo difensore, lei lo sa perché è negli atti, è stato officiato al signor Mario Vanni il 7 aprile 1997, sta facendo degli sforzi piuttosto notevoli. È ingeneroso questo atteggiamento del Pubblico Ministero, mi consenta.
P.M.: C’è le richieste di acquisizione, ci sono…
Avv. Nino Filastò: Va be’, non lo sapevo, abbia pazienza, non lo sapevo, mi sfuggiva.
Presidente: Va bene, va bene, non facciamo polemiche, sennò…
Avv. Nino Filastò: Mi è gradita la sua interruzione in questo momento – e due, vero – perché in questo modo lei mi illumina, le leggerò là. Ma a parte questo: dov’è il pericoloso gruppo criminale che dovrebbe intimorire il Lotti? E che dovrebbe mettere a repentaglio la sua incolumità personale. Sono tutti fuori di galera eccetto questo povero vecchio. Non mi risulta che alcuni soggetti, beati loro, di questo processo abbiano mai toccato nemmeno il carcere. La verità è questa: si contesta una associazione per delinquere, ma. . .
Presidente: Avvocato, però io dico la verità, stiamo però ai mezzi di prova: questa è una relazione che serve a indicare i mezzi di prova, non per anticipare una discussione…
Avv. Nino Filastò: No, Presidente…
Presidente: … valutare il lavoro da parte del Pubblico Ministero.
Avv. Nino Filastò: Io non posso impostare il mio discorso sui mezzi di prova con l’ipoteca posta dal Pubblico Ministero, il quale, basta leggerla, io l’ho letta quella attentamente, della sua esposizione introduttiva ha fatto una lunga requisitoria finale. Poi se devo discutere questa cosa così, mi rimetto alla memoria e fine del discorso, Presidente. Perché poi sa… In cui vi ha detto: voi non dovete far altro che controllare delle prove. È questo il suo discorso. Ma dovrò contrastare questo!
Presidente: Sì, sì.
Avv. Nino Filastò: Per chiedere e per sostenere la ragione di alcune prove che vi chiede questa difesa, che vanno in tutt’altra direzione, che non hanno a che fare con i controlli! Se poi ella, Presidente, o i Giudici della Corte esaminano quella lista presentata dal Pubblico Ministero, si accorgeranno che è perfettamente in linea con questa impostazione e io questa impostazione sto discutendo, ed è in linea con la richiesta di prove… Non sto facendo una discussione finale: stavo per dire requisitoria, che sarebbe quasi il caso. E quindi devo discuterla questa pretesa confessione e questa attendibilità presupposta di Giancarlo Lotti. Dalla quale deriveranno tutta una serie di conseguenze, che vi illustrerò, sul piano della richiesta di prove del Pubblico Ministero. Perché veda Presidente, nel processo Pacciani il Pubblico Ministero formulò delle prove, per esempio sulla persona di Pacciani, su certi suoi precedenti che avevano a che fare con la sua perversità eventuale, o perversione, come volete definirla; che aveva a che fare con la cosiddetta scena primaria che inserivano essenzialmente sul tema di quello che aveva scatenato una certa sindrome psicopatologica che nessuno aveva mai accertato sul Pacciani. Questa volta proprio zero, non c’è nulla. E vi dovete accontentare di questo! E un difensore non deve essere in grado di additarvi questa lacuna! Fatto sta che l’ex ricoverato della casa-famiglia presso Don Poli di Faltignano, oggi sceglie i ristoranti: lo dice il consulente del Pubblico Ministero. E si trova a suo agio… A me… definirlo un premio. Lotti, secondo il Pubblico Ministero, sarebbe un mostro fra virgolette, succube di Pacciani, di cui non ha nessuna paura per questioni di omosessualità, ma è comunque una prova perché confessa. Si presenta male, da questo punto di vista. Una persona che vede attraverso questo processo trasformarsi la sua vita, da povera foglia al vento, frequentatore di prostitute di stazione e forse non solo frequentatore, a coccolato soggetto protagonista di una situazione, con tutti i benefici che sono immaginabili e che ricevono in qualche modo un riflesso in quella consulenza di cui parlavo. Ma Pucci vi dice il Pubblico Ministero – ecco l’altra prova – è un testimone. E io rispondo: bella forza, ce l’ha messo lui nella condizione del testimone. Considerate questa affermazione del Pubblico Ministero espressa nella sua esposizione introduttiva. Avete visto che personaggi sono. Sono dei perversi. Lotti dice: “quelli che gli piaceva fare quello che facevano, quelli che gli piaceva guardare”, chiuse virgolette. Quindi, che Lotti… che Pucci appartenesse almeno alla componente associativa di quelli che avrebbero provato piacere guardando sta nelle considerazioni del Pubblico Ministero. E viceversa il signor Pucci non appare nel capo di imputazione nemmeno alla lettera Q, nemmeno rispetto a quella imputazione per associazione per delinquere. Dice il P.M. “io faccio quello che mi pare”. No, scusi. Questo è sostanzialmente un premio anticipato.
Presidente: Premio?
Avv. Nino Filastò: Anticipato. Perché un fenomeno premiale di scambio, il quale può essere più o meno discutibile, è accettabile quando venqa concesso sotto il profilo delle attenuanti o di qualche altra agevolazione dal Giudice al termine del processo e del dibattimento. Ma è discutibilissimo da escludere quando venga dato preliminarmente sotto il profilo della impunità. Per quanto riguarda la posizione di Pucci, si assiste alla applicazione del sistema anglosassone, dove si sa che l’accusa può anche evitare, nei confronti di determinati soggetti, di proseguire o di iniziare l’azione penale. Ma da noi, no. Da noi esiste il principio della obbligatorietà dell’azione penale, non è un optional l’azione penale, per nessun Pubblico Ministero. Quindi voi, sul piano sostanziale, Pucci che… di cui dice di esserci stato nell’85 a guardare sulla piazzola, vero. E poi parla anche di aver fatto degli accertamenti nell’84 su un’altra piazzola. Tutte storie, vero. Ma all’interno delle sue dichiarazioni, almeno fra quelli che guardavano, oggi c’è no? E allora voi nella sostanza, al massimo la potete considerare una chiamata di correo quella del signor Pucci. Ma fatta da chi? O ancora confutando le impostazioni del Pubblico Ministero per cui voi dovreste soltanto esercitare un controllo ed acquisire delle conferme alle sue pretese prove, Fatta da chi? Da un oligofrenico in forma grave, al punto di avere il 100% di invalidità relativamente proprio a questo fenomeno di grave oligofrenia. Poi lo vedremo meglio. Concludiamo: il Pubblico Ministero usa una sua potestà…
Presidente: Parla del Lotti.
Avv. Nino Filastò: Pucci.
Presidente: Ah, il Pucci.
Avv. Nino Filastò: Quello del 100% è il Pucci. Lotti, anche lui va benino su quella strada, per dire la verità.
Presidente: Siccome non ha detto…
Avv. Nino Filastò: Se la cava abbastanza anche lui quanto all’oligofrenia. Ma il Pucci proprio 100%, Presidente, come dire insomma…
Presidente: Pubblico Ministero…. Avvocato, siccome lei fa riferimento evidentemente a qualche perizia, noi non la conosciamo.
Avv. Nino Filastò: Eh, sì, ma poi dopo se ne parlerà.
Presidente: Va bene.
Avv. Nino Filastò: Perizia no, consulenza Presidente. Comunque ne parleremo anche di questo.
Presidente: Appunto, specificare a chi si riferisce.
Avv. Nino Filastò: Certo, certo. Insomma, qui è lecito concludere che il Pubblico Ministero usa una sua potestà per confermare, sia pure sotto il profilo formale, dignità di prova, un complesso di atti, le dichiarazioni di Pucci che, a termine di legge, non avrebbero potuto avere questo valore di prova testimoniale. E questo si risolve, a mio parere, con una grave menomazione della dialettica processuale in una direzione autoritaria – ho scritto nella memoria. Ma c’è un altro aspetto. La tesi dell’accusa… e non è una tesi, eh, guai. È un fatto è che il signor singolo di Firenze non esiste, e che al suo posto debba vedersi l’attività di un gruppo: associazione criminale, con un corollario però necessario. È che questo gruppo per esistersi e mantenersi e continuare le sue nefandezze nell’arco di 30 anni, deve essere stato sostenuto da una connivenza o complicità che riguarda una collettività, un paese intero. Ma poi qual è la sostanza di questo gruppo? La sua capacità criminale? Eh, da questo punto di vista, lo dicevo prima: sono i sistemi usati dall’accusa per preservare, per proteggere la collettività dalla pericolosità di questa struttura che valgono, A guardarla, sotto questa angolazione, questa struttura criminale si risolve al signor Pacciani e al signor Vanni, la cui carcerazione – guarda caso che razza di coincidenza – avviene esattamente il giorno 13 febbraio 1996, data fatidica. Perché è la data della sentenza della Corte di Assise di Appello di Firenze che ha caudato assolto Pietro Pacciani per non aver commesso il fatto. 13 febbraio, la sentenza della Corte di Assise di Firenze; 13 febbraio la carcerazione di questo povero vecchio. E gli altri chi sono? Indagini in corso, dice il Pubblico Ministero.
Avv. Nino Filastò: A me sembra che annaspino queste indagini, almeno a leggere i giornali. L’ultima è quella del pittore francese, ho seguito bene la storia. Acquisirete, se non sono acquisiti, i verbali di sopralluogo in cui ad un certo punto si va a cercare nella villa nella quale qualcuno avrebbe dovuto nascondere l’arma che era servita per i delitti, vero. Queste indagini ancora in corso, alternative, aggiuntive, hanno raggiunto a volte i limiti insomma…
Presidente: Sono previste per legge.
Avv. Nino Filastò: Sì, sì.
Presidente: Col 330.
Avv. Nino Filastò: Ma certamente. Comunque il gruppo dovrebbe avere la protezione di un ambiente per 30 anni, almeno dal ’74, nella campagna toscana. Consenta, mi consentano lorsignori, io ho per metà origini campagnole toscane. Mio nonno materno era un fattore di una fattoria del Chianti. Mi sono sentito un po’ ribollire, ecco, pensando a San Casciano come un posto che protegge. O Marcatale che ha questo cancro interno collettivo e nessuno si muove per 30 anni per dire, per segnalare. Sì, certo, sono identificabili degli elementi di corruzione fra certe persone, come dappertutto al mondo. Favorite dai media, da tanti strumenti, anche da un punto di vista sessuale. Ma non poi tanto diversi dal ‘500, eh. Quando a San Casciano andava Machiavelli a scrivere II Principe e a giocare a carte in una di quelle bettole in cui avrebbero dovuto essere maturate le imprese dei compagni di merende. È proprio quel Machiavelli che finisce per vomitare su una prostituta di 70 anni, non avendo altri moccoli, come si dice in Toscana, come questo povero signore non ha avuto altri moccoli per un po’ di tempo. Dice il Pubblico Ministero io non vi propongo una tesi, ma un fatto. Lotti e Pucci, Pucci e Lotti. Ma neppure gli approfondimenti di carattere scientifico, tecnico, come volete chiamarli con riferimento all’equipe De Fazio che questo difensore ha chiesto che venga risentita sul punto, vi diranno o non vi diranno, li interrogherete, approfondirete questo tema che la ipotesi di un gruppo il quale si renda responsabile di reati di questo genere sul piano criminologico, rispetto alle migliaia di casi analoghi, migliaia. Sapete quanti sono i morti da serial killer negli Stati Uniti d’America nel 1985? Cinquemila, signori. È totalmente inattendibile. Ma poi si capisce anche perché, capite? Voglio dire, alla base ci dovrà essere quantomeno quel che il Pubblico Ministero definisce perversione, vale a dire una caratteristica psicopatologica di un soggetto particolare, eccezionale. Eccezionalissima, c’è qualcuno che dice, per fortuna. E rarissima, qualcun altro dice. Per fortuna. Che poi questa singolarità si associ, si frantumi fra diversi soggetti i quali collaborano intorno ad essa, non è mai successo. La coppia criminale si trova, il gruppo, anche. Ma gruppo criminale di questo tipo cementato da un movente di carattere politico, per esempio, o terroristico. Ma intorno ad un aspetto psicopatologico, questo consorzio sarebbe la prima volta. Ma benissimo, l’ho scritto nella memoria. Non siamo per le escissioni aprioristiche, dogmatiche. Se questo può verificarsi, se questo si è verificato, se è addirittura un fatto documentato per il quale non ci sarebbe nemmeno bisogno di un approfondimento di carattere dibattimentale… Va be’, ma allora provatelo però, eh. Ho detto che sono rimasto sotto shock perché mi ha colpito una affermazione del Pubblico Ministero, il quale vi dice: questo è il processo Lotti, prima osservazione. Seconda osservazione: il processo Lotti avrebbe potuto concludersi col rito abbreviato. Avete sentito anche voi. Ora spiego per i Giudici popolari cos’è questo rito abbreviato. È una forma accorciata di giudizio che si svolge nel chiuso di una Camera di Consiglio, con un giudice monocratico, quando, come si dice noi avvocati: il morto è sulla bara, il più delle volte. E c’è da ottenere il vantaggio di una riduzione cospicua della pena per il fatto di aver fatto perdere poco tempo alla Giustizia e avere, in questo modo, abbreviato i tempi e l’economia del giudizio. Ho sentito dire, io non so se è vero, ma insomma forse me lo confermerà oppure mi smentirà il collega che difende Lotti, che la ragione per cui non si è arrivati a fare questo giudizio abbreviato sarebbe stato un inghippo di carattere formale e seduta… Mi ha detto così il collega, sennò, se non è vero me lo dice lui, a me ha detto così. Comunque il Pubblico Ministero sarebbe stato d’accordo per fare il giudizio abbreviato.
Avv. Stefano Bertini: Presidente…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Lo, lo ha detto lei.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Lo ha detto lei. Si poteva definire con un giudizio… Ma scusi, ma abbia pazienza, io me le invento le cose?
P.M.: Sì, avvocato.
Avv. Nino Filastò: Come! No, non me le invento Pubblico Ministero, abbia pazienza. Mi. tiri. fuori la…… deve essere qui…
Presidente: Avvocato, però stiano più ai fatti, lasciamo stare le polemiche, le…. Sennò non si arriva più, eh.
Avv. Stefano Bertini: Vi è la sentenza della Corte Costituzionale che vieta, in questi casi, la possibilità di accedere al rito abbreviato, eh…
Avv. Nino Filastò: Eh, per fortuna, Infatti mi risultava anche a me. Ma me l’hai detta questa cosa, oppure no, collega?
Avv. Stefano Bertini: È una cosa…
Avv. Nino Filastò: Me l’hai detta, o non me l’hai detta?
Avv. Stefano Bertini: Non risponde al vero.
P.M.: Meno male.
Avv. Stefano Bertini: Assolutamente.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Che era mancata una, la forma, era mancata una procura speciale.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Sì, va bene.
P.M.: E allora, mi scusi, rimaniamo ai fatti, sennò…
Avv. Nino Filastò: Va bene, va bene.
P.M.: L’avvocato era in aula direttamente. Che procura aveva bisogno?
Presidente: Pubblico Ministero, andiamo, no.
P.M.: Ho capito, Presidente, sennò ad un certo punto… Non so se il difensore ha diritto di fare una relazione di questo tipo…
Avv. Nino Filastò: Sa cosa si fa? Lei fa la questione formale, il Presidente mi leva la parola. Io mi riporto alla memoria e ho finito.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: E le posso anche dire una cosa…
P.M.: No, mi scusi, mi viene a raccontare quello che non è vero. E allora, sia io che l’altro interessato…
Presidente: Signori, signori, le polemiche basta, eh. Perché sennò allora si toglie la parola a tutti e due. Perché non è possibile andare avanti così. D’altra parte, Pubblico Ministero, quando lei sostiene certe tesi, l’altra parte ha diritto di confutarle.
P.M.: Sì…
Presidente: E questo è il nostro sistema che le prevede. Eh.
P.M.: Mi perdoni, Presidente, sennò scusi chiedo la parola e mi deve autorizzare. Si sta parlando di quello che avremmo io ed il difensore di parte civile… Innanzitutto come fa a saperlo il difensore…
Avv. Nino Filastò: Lo ha detto lei.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Presidente…
Presidente: Avvocato, quelle cose che sono avvenute all’udienza preliminare noi non le sappiamo e non le vogliamo sapere.
Avv. Nino Filastò: Siccome è registrata ed è trascritta, la esposizione introduttiva del Pubblico Ministero, se il Pubblico Ministero non ha detto che il caso di Lotti avrebbe potuto essere definito con giudizio abbreviato, ha ragione lui. Ma siccome lo ha detto, ho ragione io. È scritto là.
Presidente: Avvocato, avvocato Filastò io cortesemente… F
Avv. Nino Filastò: Presidente, non ne parliamo più.
Presidente: No. Cortesemente lei ha fatto delle liste testimoniali, ha presentato stamattina, non so quando, questa memoria di 50 e oltre pagine…
Avv. Nino Filastò: Stamattina, Presidente, sì.
Presidente: Eh, questa mattina. 50 e oltre pagine. Ora…
Avv. Nino Filastò: E va be’, Presidente, è mio diritto. Io…
Presidente: …si attenga un po’ ai fatti, illustri la memoria, ma sinteticamente e basta.
Avv. Nino Filastò: Certamente. È quello che sto facendo, Presidente.
Presidente: Bene.
Avv. Nino Filastò: È quello che sto facendo, è quello che sto facendo.
Presidente: E soprattutto evitiamo di polemizzare con questo, con quello, perché non è il caso. Ecco, tutto qui. Bene, può continuare.
Avv. Nino Filastò: In sostanza, un quadro giudiziario complesso, cioè a dire: uno dei più intricati gineprai della storia giudiziaria italiana, avrebbe potuto essere risolto e potrebbe, secondo il Pubblico Ministero, essere risolto con una semplice e rituale confermazione di determinate dichiarazioni rese da due soggetti, entrambi discutibilmente dotati di una efficiente intellettualità. Neppure la replica del processo che c’è stato a suo tempo, il processo Pacciani. Il che provoca una impressione sgradevole. Che siccome c’è una certa ricorrenza di persone accusate di essere il “mostro di Firenze” in tutte le indagini, da Stefano Mele in poi, mai che si trovi qualcuno che non so, fa il poliziotto di mestiere, per esempio. O che so, l’avvocato. No, sono tutti, dal primo all’ultimo, personaggi che sembrerebbero, come dire, sotto-uomini. Gente proprio ai margini. Umili, poveri, compreso questo signore. Ecco, io credo che i sottouomini, come non esiste il superuomo, così non esistono nemmeno i sottouomini ma esistono i cittadini. Ma insomma, ecco, rileviamo questo nella impostazione del Pubblico Ministero per la quale io vi chiedo di modificarla, rispetto alla quale vi chiedo una sostanziale modifica. Limita la cognizione di questo Giudice a soli cinque dei delitti addebitati al cosiddetto “Mostro di Firenze”. Vale a dire: ed esclude dalla vostra cognizione il delitto del 1968, attribuito al marito tradito Stefano Mele; i delitti del 1974 e il primo delitto del 1981 attribuiti insieme a quello del 1982, al “mostro sardo” Francesco Vinci. E vi chiede soltanto di controllare la prova sui delitti dell’81, fine ’81 – guardate bene eh – i delitti dell’81 avvengono a quattro mesi di distanza l’uno dall’altro. Il Pubblico Ministero porta alla vostra cognizione il delitto di Calenzano che è dell’ottobre dell’81… Quello del giugno del 1981, no. E questo è strano, scusate. Perché dopo la scoperta del gruppo il capo di imputazione si riduce? Dice il Pubblico Ministero perché ho la prova solo per cinque. Strano, perché anzi, la prova avrebbe potuto dilagare, una volta trovata la strada giusta e chiarire anche tutti quei dubbi e quelle perplessità che riguardavano quei vecchi delitti. E poi soprattutto contraddittorio, perché contraddittorio? Perché a suo tempo, quando impostò il suo lavoro di prove il Pubblico Ministero con riferimento all’accusa Pietro Pacciani, egli che aveva a danno diciamo di Pietro Pacciani soltanto degli indizi che riguardavano l’omicidio di Giogoli e quello dei francesi, disse che gli altri gli andavano addebitati con riferimento all’esistenza di un elemento di prova importante che era rappresentato dalla unicità dell’arma. La famosa e mai trovata pistola Beretta calibro 22. Ora mi smentisca, signor Pubblico Ministero, se lei ritiene di farlo, leggete. Ecco, leggete la introduzione, la esposizione introduttiva del Pubblico Ministero. Non un accenno a questa unicità dall’arma; non un accenno a questo elemento di prova che è l’unica certezza di cui voi disponete, tutti noi disponiamo in questo processo. Ce ne sono qualche altre, ma questa è la più cospicua. Parche? Se gruppo criminale o autore unico che sia, c’è una unicità sotto il profilo quantomeno della unicità dell’arma, perché falcidiare così il capo di imputazione? E infine…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: No, Presidente, non si può fare così. Scusi se glielo dico, abbia pazienza. Ecco, è proprio quello… Sono lieto di questa sua interruzione. No, non si può fare così.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Ma si capisce, ma non in un processo come…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Ma non in un processo come questo, signor Pubblico Ministero. Lei vuole – ed è proprio quello che mi stavo accingendo a dire – lei vuole che io mi difenda contro dei fantasmi. Non lo posso fare. E nemmeno questi giudici sono in grado di rendersi conto di una situazione processuale che lei si tiene nei cassetti. Lei ha parlato, l’ho sentito benissimo…
Presidente: Parli con la Corte, avvocato, lasci stare il Pubblico Ministero. Perché lui ha fatto il suo ruolo…
Avv. Nino Filastò: Ma no, perché…
Presidente: Eh…
Avv. Nino Filastò: Presidente, i processi sono fatti attraverso la dialettica.
Presidente: Lo so, però…
Avv. Nino Filastò: E abbia pazienza, scusi…
P.M.: (voce non udibile)
Presidente: Ma c’è un limite.
Avv. Nino Filastò: Come?
P.M.: Con la Corte.
Avv. Nino Filastò: No, no, proprio con lei, proprio con lei invece. Ma vuol scherzare? Proprio con lei. Eh, scusi, lei ha fatto una impostazione. Ha detto: ‘qui voi dovete controllare le prove’. È questo che ha detto. Ed è quello che io le sto confutando, sperando che i Giudici mi capiscano. Eh, se poi, Giudici…
Presidente: Lei spieghi ai Giudici qual è il suo ruolo.
Avv. Nino Filastò: … non vogliono sentire questi argomenti, Presidente, me lo dica. Che vuole che le dica. Ma si può fare processi, un processo come questo, in cui questo signore rischia cinque ergastoli, si può fare un processo come questo aspettando l’inchiesta ter-bis, quater… Sapete che numero sarebbe di inchiesta quella che è, anzi, non sarebbe. Quella che è? È la ottava. Dopo 30 anni voi dovreste essere qui ad aspettare le prove di chissà che cosa? Arriveranno, dice il Pubblico Ministero, al dibattimento, ma speriamo che vengano presto prima della vostra…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Lo ha detto lei. E poi io, senta, se devo andare avanti così e se anche il dibattimento deve andar avanti così, con riferimento anche all’interrogazione dei testimoni in questo modo, come appare dai verbali, questo difensore non ci sta, lo avverto.
Presidente: Avvocato, avvocato…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Lei mi ha interrotto almeno dieci volte.
P.M.: No, è lei che ha … solo polemiche.
Presidente: No, no… Avvocato, avvocato…
P.M.: Non se la deve rifare col Pubblico Ministero…
Avv. Nino Filastò: Io, lei non mi deve insegnare a me come devo parlare e come devo impostare un processo?! Io ho 30 anni di lavoro sulle spalle e so come fare, sa.
P.M.: Amico mio, però non se la deve rifare con me. Capisce?
Presidente: Pubblico Ministero, per cortesia, per cortesia… Avvocato, io capisco il suo ruolo, capisco l’importanza che ha questo processo, però stia ai fatti.
Avv. Nino Filastò: Non ho parlato più di cinque minuti, Presidente, senza una interruzione. E questo, Pubblico Ministero, per avergli fatto osservare che una certa persona era in aula, com’era mio diritto di fare, si è lamentato di due interruzioni questo difensore, quando ha fatto la sua esposizione introduttiva. Questo non è par-eticità, Presidente. Lo avverto ora, perché ho visto com’è il dibattimento, ho letto gli atti del processo Pacciani. Non si fa cosi.
Presidente: Il processo Pacciani non ci riguarda, per ora.
Avv. Nino Filastò: Sì, Presidente che vi riguarda.
Presidente: No, no, non ci riguarda.
Avv. Nino Filastò: Eccome! Ve lo dimostra le carte che il Pubblico Ministero vi chiede di allegare agli atti..
Presidente: Si può fare, il 238.
Avv. Nino Filastò: Benissimo, benissimo. Mi consente una breve sospensione, Presidente? Perché mi sono arrabbiato. Abbia pazienza, ho bisogno di riprendere un momentino con la calma.
Presidente: Bene. Sospendiamo 10 minuti. Però una raccomandazione a tutti, serve di monito e esempio per tutti. Non è possibile continuare il processo in un clima così.
Avv. Nino Filastò: La ringrazio, Presidente.
Presidente: Ognuno ha il tempo e modo per confutare le tesi avversarie.
Avv. Nino Filastò: È per questo…
Presidente: Soprattutto con rispetto, soprattutto con rispetto.
Avv. Nino Filastò: È per questo, Presidente, che io ho chiesto l’interruzione. Grazie.
Presidente: Altrimenti le parole vi verranno tolte con tutto quel che segue.
Presidente: La nostra pausa spero che sia servita a tutti. Comunque, avvocato Filastò, io devo raccomandare a lei di stare un po’ all’argomento. Non deve essere l’occasione per polemizzare col Pubblico Ministero o con altri. Indichi i mezzi di prova, illustri i mezzi di prova e basta. Questo è il nostro momento qui. Anzi, nella discussione finale può dire ben altro, però ora non lo può fare. Bene. Può riprender la parola, grazie.
Avv. Nino Filastò: Grazie, Presidente. Stavo illustrando, Presidente, una caratteristica di questo processo che ha a che fare specificamente col tema dei mezzi di prova. Perché il processo presenta una limitazione, rispetto ad una indagine generale, che è imposta dal capo di imputazione. Vi stavo dicendo che questa limitazione, secondo questo difensore, è strumentale. È strumentale proprio al fine di limitare, ridurre la vostra cognizione. E mi spiego meglio. Bene, voi dovreste indagare… Questo a che scopo, Presidente? Per sostenere quelle richieste che sono inserite nella mia lista testimoniale, che sono contenute, anche sotto il profilo delle acquisizioni documentali nella memoria che ho prodotto, in cui io vi scongiuro di restituire unità alla vicenda processuale. Occupandovi e facendo entrare nella vostra cognizione anche i tre delitti omessi dal Pubblico Ministero: il ’68, il ’74 e il giugno dell’81. Mi consente Presidente di spiegarvi perché?
Presidente: Sì, sì.
Avv. Nino Filastò: Grazie, Vedano, un gruppo che si organizza minuziosamente per quattro anni con notevoli difficoltà, attesa la qualità dei delitti. Con molta difficoltà a mio parere, ma lo si può concepire. Ma un gruppo che si coalizza e che agisce sempre nello stesso modo per 13 anni diventa una cosa a mio parere al limite dell’assurdità. Ecco che voi subito cogliete la strumentalità di questa decurtazione del capo di imputazione. E secondo me voi Giudici non ci dovete cascare. Dovete integrarlo voi richiamando quegli altri. Occupandovi anche di quelli lì. Questo, in linea generale. Perché prima di tutto c’è proprio una difficoltà di apprendere se, come difensore io, se voi vi occupate di tutto, ho la possibilità di dire: ma come, e dov’è questo gruppo nel ’74? E dov’è questo gruppo nel ’68?’ Se voi non lo fate, io di quello non ne posso parlare. E questo si risolve in una limitazione anche di diritto di difesa di Mario Vanni. Primo. E questo è un argomento. Cioè a dire: argomento che riguarda la possibilità o meno che questo collettivo continui ad organizzarsi in questo lungo arco di tempo, che non sono i quattro anni che separano l’81 dall’85, ma sono i 13 che percorrono dal’68 all’85. E questo è un primo argomento. Il secondo è questo: se astrattamente è ipotizzabile che un gruppo di paesani che fa queste pessime cose resti nascosto o protetto nel contesto sociale per la durata di quattro anni, diventa assurdo ipotizzare questo quando si abbia a che fare con 30 perché tanti sono. Lotti arriva oggi. E anche questo è un argomento che vi viene sottratto, se poi non reintegrate l’unità al processo. Non solo argomento sotto il profilo dell’argomento finale, il motivo della prova. Cioè a dire: vedere un po’, indagare il ’68. Anche sulla base soltanto degli atti, vero, del dibattimento Pacciani. Per carità! Sarebbero da integrare, ma insomma… Come si fa, come faccio io ad indicarvi questo aspetto, tentare di provarlo. È mai possibile che in 30 anni… È stato scoperto Gladio in 30 anni, Presidente. E il gruppo amici di merende, no? Di fronte all’enormità di quei crimini. Io cercherò poi di provare una circostanza, una serie di circostanze. Ci sono delle indicazioni precise nella lista dei testimoni che hanno a che fare con quell’intervallo di tempo, il più breve nella catena dei delitti, che intercorre fra il delitto del giugno 1981 e quello dell’ottobre 1981. Sono solo quattro mesi. Qui c’è un aspetto che riguarda la concatenazione cronologica dei delitti in cui si avverte una scansione di carattere temporale che varia e che sembra non omogenea. Perché non omogenea? Perché i primi due sono ’68, ’74, intervallo di sei anni; ’74, ’81, primi dell’81, intervallo di sette anni. Poi, tutto ad un tratto, diventano più rapidi con una particolare rapidità che riguarda l’81 di giugno e l’81 di ottobre, per cui per la prima volta c’è solamente un intervallo di quattro mesi. Ora, l’accusa – per non chiamare in causa il Pubblico Ministero – vi propone un arricchimento del movente di perversione con riferimento all’omicidio dei tedeschi dell’83. E vi chiede di provare alcune circostanze che riguarderebbero la conoscenza fra il Vanni, Pacciani e Francesco Vinci. Non so, poi lo vedremo al dibattimento come lo proverà questo, ma insomma… Chiede di far questo, dicendo: a noi ci risulta che il delitto dell’83 è stato commesso per far scarcerare Francesco Vinci. Introduce un tema, in questo modo, che ha a che fare con la causale, ma con una impostazione completamente diversa rispetto a quella che viene affermata dall’accusa, che salta agli occhi per il delitto dell’81 di ottobre. Per questo io chiedo di acquisire certi atti. E, in particolare, Presidente, con questa memoria, vi chiedo per la prima volta perché non l’avevo indicata nella lista dei testimoni, di ascoltare Enzo Spalletti. Dice: lei, avvocato, questa cosa non l’ha fatta nella lista, è decaduto. No, perché vedano, io chiedo Enzo Spalletti a controprova, proprio a controprova, a prova contraria si dice in penale, a prova contraria proprio con riferimento a questa motivazione che vi propone il Pubblico Ministero. Il quale vi dice: l’83 è stato fatto per scarcerare Francesco Vinci. Ammesso e non concesso che vi fossero rapporti tra Francesco Vinci e Pacciani e Vanni in particolare e Enzo Spalletti, che l’omicidio dell’ottobre dell’81 sia stato anticipato, questa scansione temporale venga ravvicinata con riferimento alla presenza in carcere di Enzo Spalletti, è una cosa chiarissima. Almeno a me risulta. Ecco perché chiedo che venga sentito Enzo Spalletti, per altre ragioni che poi indicherò meglio quando, affrontando questo tema specifico. Ma per ora, fermatevi a questo aspetto ad una causale indicata dalla accusa che, a un certo punto, dovrebbe essere quella riguardante solo Francesco Vinci e non anche questo episodio. Ma non anche i successivi, perché questo aspetto dell’essere alcuni delitti commessi durante la carcerazione di persone che poi sono risultate innocenti e sono ahimè tragicamente risultate innocenti, perché il vero serial killer ha ucciso, è una costante di questi delitti. Non riguarda soltanto il caso Spalletti, ma riguarda anche Mele e Mucciarini. I quali Mele e Mucciarini, signor Presidente e signori della Corte, quando vengono incarcerati avviene a due giorni di distanza prima un misterioso delitto a Lucca di due fidanzati. Io vi ho chiesto di approfondire, chiamando il capo dalla Squadra Mobile di Lucca e un ufficiale che si è occupato di quel delitto, se per caso, quel delitto, non abbia a che vedere con i nostri. Perché a me ha sempre impressionato questa straordinaria coincidenza temporale. Perché tutti sapevano già due giorni prima che scattasse il mandato di cattura a Mele e Mucciarini che il Giudice Rotella era sul punto di fare un arresto. E due giorni prima avviene questo delitto. Il che fra l’altro collima con una serie di dati ricorrenti, per cui sembrerebbe qualcuno essere in possesso di informazioni di prima mano sulle indagini. Per esempio, vorrò, ho chiesto che voi chiediate a questi funzionari della Squadra Mobile di Lucca se per caso questa coppia di fidanzati uccisi a Lucca non avesse l’abitudine di andare a far l’amore con un bambino in macchina, che è poi quello che capita a Barbara Locci e a Lo Bianco e che è quello che presumibilmente, per chi guardi la macchina dei francesi, può capitare ai francesi perché hanno un seggiolino da bambini nel sedile posteriore, i francesi. Ma in ogni caso voi dovete porvi il problema che io vi pongo qui rimettendomi poi alla memoria che ho scritto, per altri aspetti più singolari e più specifici, è questo: io vi invito ad esaminare tutta la materia di questo processo. Ad evitare a non cadere in una… nel tatticismo, insomma, dell’accusa che vi dice: ma noi stiamo facendo altre indagini, di questo voi non vi dovete preoccupare, ci sarà un altro processo… Non si può, lo ripeto ancora. Sarebbe una limitazione gravissima del diritto di difesa di Mario Vanni esercitare un rinvio di questo genere. E mi viene a mancare, non restituendo unità al processo, un altro argomento di approfondimento di prova che io chiedo di approfondire in particolare, ma non soltanto per questo. Poi in dibattimento io spero che lo si farà a tutto campo. In particolare interrogando l’equipe De Fazio. Voi sapete che a un certo punto di questa indagine, esattamente dopo l’omicidio di Vicchio: Pia Rontini e Stefanacci, si decide di affidarsi ad un collettivo di studio e di ricerca della Università di Modena per fare quello che non si era mai fatto prima. O per meglio dire: un tentativo c’era stato, ed io l’ho documentato e chiedo la produzione. Il Giudice istruttore, dottor Palazzo del Tribunale di Prato, incaricato all’inizio delle indagini relative all’omicidio Susanna Cambi e Stefano Baldi, ritenne opportuno rivolgersi ad uno psicologo, psichiatra, il dottor Carlo Nocentini di Firenze, perché gli indicasse se esistevano delle caratteristiche simili fra i vari delitti e se lui era in grado, o meno, di identificare questo personaggio. Su questa metodologia di indagine è stato detto da varie parti peste e corna, E certamente qualcuno si risentirà di sentirsela riproporre dalla difesa di Vanni. E fa male chi si risente su questo argomento. Perché non c’è niente da fare, è l’unico sistema. Io vi rimando alla lettura di un libro edito da Rizzoli, si intitola Serial Killer, dove chi scrive è un certo John Douglas insieme ad un altro scrittore, dove si dice che l’unico meccanismo valido per individuare un autore di questo genere, è quello. Cioè a dire l’esame obiettivo delle circostanze che caratterizzano i delitti dai quali, solamente da quelli, ricavare un aspetto psicologico prima di tutto, psichiatrico, e poi anche di altro carattere che riguardi per esempio il mestiere che fa, l’età, l’altezza e tutto il resto, di una persona. Perché vedano Giudici della Corte di Assise, le indagini sui delitti di questo genere hanno un aspetto che differenzia rispetto a tutte le altre indagini sui delitti normali. E qual è? La mancanza della relazione fra la vittima e il carnefice. La stragrande maggioranza dei delitti che avvengono, avvengono nel contesto di una relazione di un certo tipo fra colui che uccide e l’ucciso. Relazioni familiari, relazioni di interessi, di gelosia, di astio, di odio di qualsiasi tipo. Delitti come quelli di cui voi vi state occupando sembrerebbe su questo punto essere d’accordo anche l’accusa quando vi parla di perversione. Per il fatto di avere alla base soltanto un aspetto psicopatologico della gente, mancano di questa caratteristica. Che è quella che sempre è la base di partenza per qualsiasi indagine sul delitto. Che si va a cercare? Eh, l’amante tradito, o il marito geloso, la persona che aveva attriti e contrasti di interesse con l’altra, queste cose qui. Quando questo viene a mancare che altro si può fare se non che costruire questa struttura, sia pure astratta in partenza. E questa è una opinione mia, questa è stata una opinione dell’Ufficio della Procura della Repubblica di Firenze. Che a suo tempo ha incaricato queste persone di fare questa analisi. Sto parlando dell’equipe De Fazio. Prima il dottor Salvatore Palazzo fece questa ricerca sollecitando questo elaborato di cui chiedo la produzione del dottor Carlo Nocentini; poi successivamente la Procura della Repubblica di Firenze affidò questo incarico a questa equipe. E gliel’ha affidato in due diverse occasioni: dopo il delitto dell’84 e dopo il delitto dell’85. Possiamo cancellare tutto questo dal processo? Perché da questi elaborati e da queste conclusioni di questi signori non possiamo farlo e non può farlo indubbiamente la difesa che vi chiede anzi di approfondire il discorso, perché da queste conclusioni di questi scienziati, di questi tecnici della materia, è risultato, sia pure attraverso varie diverse sfaccettature sotto il profilo del tipo di psicopatologia di cui soffre o soffrirebbe questo serial killer, un dato certissimo: un solo autore. (…) diventato negli ultimi anni, per effetto di una serie di concatenazione di fenomeni correlativi di intera attività anche rispetto alla azione di certi materiali di carattere cinematografico, televisivo e semplicemente scritto, il rilievo di un fenomeno di rilevanza sociale. E questo atto, a parte dare una descrizione di un personaggio che si attaglia moltissimo ad alcune descrizioni date da alcuni testi, in particolare l’avvocato Zanetti e il teste Bardazzi; Ubaldo Bardazzi che io ho chiesto e che ho indicato nella lista dei testimoni, oltre anche, a dire la verità, anche il teste Buiani, che è indicato credo anche nella lista del Pubblico Ministero. Oltre anche il teste Bevilacqua.. Insomma, molti, ci sono altre voci all’interno del processo che fanno riferimento a questo personaggio distinto con delle caratteristiche di un certo tipo, di età soprattutto – guarda caso – 40-45 anni che sono per l’appunto quelle riprodotte in quell’elaborato che proviene dalla scuola di Quantico. Dunque, come si fa, ripeto, ad esaminare tutto questo senza, facendo a meno di tre delitti? Non si può. E non si può anche perché riducendo la materia viene ridotta anche la possibilità di appezzare nella sua giusta entità anche di carattere quantitativo, la causale razionale, il motivo razionale per il quale, secondo questa difesa, ma questa difesa ha diritto di provarlo questo. O perlomeno di confrontare questa sua opinione con quegli scienziati di cui chiede che vengano sentiti, il motivo dicevo per il quale si assiste ad un fenomeno straordinario in questo processo, eccezionale. Che è la unicità dell’arma da fuoco. Ma non solo la unicità dell’arma da fuoco, la unicità anche dei proiettili. Queste domande devono essere poste nel processo e non solo l’attendibilità del signor Lotti. Perché nella loro interezza – ecco un’altra ragione per cui io vi chiedo di ricostituire unità al processo – nella loro interezza con cui vengono commessi questi delitti percorre ’68-1985, quanti sono? 13 anni. È mai possibile che chi ha ucciso fosse stato il gruppo criminale di San Casciano, quei compagni dì merende anche per evitare di essere identificati, no? Perché questa è un’arma che spara sempre, lascia delle tracce inequivocabili fino al ’68. Voi lo approfondirete questo. Lo dovete approfondire. Voi sapete, si sa perché il processo Pacciani, eccetera… Il Pubblico Ministero non vi chiede di approfondire questo aspetto; questo difensore si. È sempre la stessa barba. Sì, io dico che è sempre la stessa, ma trovate prove di questo, acquisite le perizie balistiche fin dal ’68. Ecco, la domanda è questa: ma è possibile che il gruppo criminale non sì procuri un’altra arma? E ammesso che non si procuri un’altra arma, non si procuri almeno altri proiettili di specie diversa? E continui ad usare quella stessa arma e quegli stessi proiettili Winchester H? Come collima questo aspetto… E che significato ha, prima di tutto? Che significato probabile, razionale, ovviamente. È una domanda razionale che voi dovete porvi, rispetto alla quale si cercherà una soluzione. Ma io personalmente leggendo quella relazione dell’equipe di Quantico, leggendo certi chiarimenti dati dalla equipe di De Fazio e tutto il resto, arrivo a definire in un solo modo: qualcuno vuole essere identificato sempre come l’autore di certi delitti. Mette la firma. Naturalmente, al momento in cui voi avete approfondito questo aspetto – e lo potete fare solo attraverso l’analisi di tutti gli episodi a partire dal ’68 – eh, naturalmente a questo punto il difensore, voi, il Pubblico Ministero, potranno porsi il problema di dire: ma come si incastra questo aspetto con il gruppo compagni di merende? In che modo collima? Perché un Pacciani, un Vanni, un Faggi, un chissà chi altro dovrebbero aver avuto questa intenzione? Cos’era, un gruppo politico? Tipo Brigate Rosse o qualche altra, che voleva rivendicare certi delitti? Per dirvi che? Mica per lasciare così insoluto e per aria il discorso, è una cosa, che chiederemo di provare, interrogare l’equipe De Fazio, che chiediamo di provare interrogando tutti quelli che ho indicato, per dire: ma per caso, signori, questo si inserisce, collima con un psicopatico il quale abbia, insieme a quella sindrome di tipo sessuale, anche una sorta di mania di grandezza per cui ha bisogno di essere presente rispetto agli altri? Rispetto alla collettività? Rispetto alla società in cui vive? Presentarsi con questo crisma? Perbacco, molti vi dicono di sì: per esempio, quell’analisi del FBI, dice: come no! È un comportamento ricorrente avuto nella nostra casistica una cosa del genere. Ecco, ma certo questo voglio dire: si trova, anticipando un tema di indagine che deve essere approfondito, e non può esserlo senza ricostituire unità a tutti i casi. Per fare un esempio ancora, e poi su questo tema della decurtazione del caso dei delitti del serial killer della provincia di Firenze che corrisponde – l’ho scritto nella memoria – ad una abolizione di ufficio del serial killer della provincia di Firenze da parte dell’accusa, per chiudere questo discorso, mi corre l’obbligo di indicarvi, da un lato una lacuna dell’accusa e dall’altro un arricchimento che la difesa di Vanni chiede accludendo tutti gli atti relativi e anche tutti gli atti dibattimentali relativi alla circostanza.
Avv. Nino Filastò: Quali, chiedo anche la vostra collaborazione. Questo difensore è stato ufficiato il 7 aprile 1997 non è stato in grado di indicarvi precipuamente quali atti. Qual’è questa circostanza? La circostanza è la spedizione. Il giorno successivo all’omicidio di Nadine Mauriot e di Jean Kraveichvili, di un pezzetto di seno della povera signora Nadine Mauriot alla dottoressa Della Monica. Circostanza di cui l’accusa non vi ha parlato, ma che non può essere trascurabile. Vedano, il tipo di materiale che viene sottoposto alla vostra cognizione a me ha suggerito l’immagine un po’ vecchiotta e logora di chi vi abbia consegnato un certo numero di tessere di un puzzle tenendosene in tasca un terzo, perché è proprio un terzo che resta assente dalla vostra cognizione. Bene, con queste tessere voi non sarete mai in grado di ricostruire un disegno attendibile che abbia una sua fisionomia per forza di cose. Ma non soltanto questo vi capiterebbe nella metafora come dicevo prima un po’ logora che sto facendo, ma vi capiterebbe certamente che una o due, o più tessere, vi restassero in mano senza possibilità di essere inserite dentro anche a quel disegno parziale che voi eventualmente aveste riposto. Quindi senza, poterne venire completo. Perché manca come dire, manca la madre, o manca la figlia. Manca insomma, l’incastro. E quindi vi restano questi pezzi in mano. Uno di questi che vi resta, in qualunque modo. Io sono in attesa di vedere come questa circostanza venga – che poi fa parte del delitto dei francesi – venga inserita nella impostazione dell’accusa. Molto curioso. Questa spedizione del seno di Nadine Mauriot resta nelle mani, non c’è niente da fare, non si ‘incastra da nessuna parte. Ma è una iniziativa di Pietro Pacciani, punto interrogativo. Pacciani è stato in galera 13 anni, vale a dire è stato all’università. Se non lo sa lui che i magistrati non vanno struculiati mai per nessuna ragione, e poi per quale ragione dovrebbe averlo fatto, capito? … di questa circostanza, attribuito a queste persone, come si inserisce, come si incastra, come dicevo prima? Non c’è modo. Vanni, lo stesso. Se invece voi lo considerate insieme alla unicità dell’arma, alla unicità delle cartucce, che come dicevo prima rappresentano una firma, ma lo vedete subito che si tratta il pezzo trova subito la sua perfetta collocazione all’interno di quell’aspetto psicopatologico che riguarda l’assassino, il serial killer, e che fra l’altro conosciutissimo anche quello in una catalogazione fatta dal FBI su comportamenti ricorrenti del serial killer, questo tipo di rapporto con l’autorità inquirente, viene indicato al settimo posto. Il primo, è la ritualità. Bene. Quindi alla priorità che vi viene proposta di una analisi di tipo correlativo, rispetto alla attendibilità della confessione di Lotti, questa difesa vi propone invece un’altra priorità: quella di un esame approfondito degli elementi obiettivi del processo costituito nella sua unitarietà e integrarti con i delitti del ’68 e del ’74 e dell’81 di giugno, per valutare che cosa? Per valutare la congruità obiettiva, o meno, di quella conclusione a cui arrivarono a suo tempo. Prima di tutto da un punto di vista obiettivo. Poi vedremo i periti, ma prima di tutto da un punto di vista obiettivo. Esaminando, approfondendo in particolare il modus operandi. Se cioè da questi aspetti di carattere obiettivo non sia ravvisabile un modus operandi costante, tale anche da identificare certe peculiarità in cui si ravvisa una persona. In maniera tale da ritenere più probabile, ritenere l’unica, ritenere la esclusiva. Oppure abbandonare, l’ipotesi della unicità del serial killer di Firenze. Unicità e solitudine per certi versi. E come dicevo prima è un tema che va affrontato in tutti i modi, con riferimento a che cosa, con riferimento a quelle che sono le caratteristiche ricorrenti della sua azione. Non solo riguardo alla unicità dell’arma e dei bossoli, ma alla unicità anche dell’arma bianca. Riguardo anche al tipo di escissioni, al modo di escissioni. E qui il dibattimento dovrà approfondire un tema che è stato posto in dubbio dalla sentenza di I Grado della Corte di Assise di Firenze nel processo Pacciani, ma che resta secondo me negli accertamenti medico-legali. La estrema abilità manuale di questo soggetto quanto con le escissioni. Capite, il processo Pacciani, da questo punto di vista, è stato tutta una altalena di estremismi. Qualcuno diceva: macchè chirurgo provetto. Dall’altra parte, la sentenza dice: macchè abilità manuale. Questo signore, per esempio, quando uccide nel 1981 di ottobre, rispetto all’81 del giugno, è un macellaio, è una escissione grandissima. Si interrogherà di questo Maurri e gli altri medici legali. Gli si chiederà: scusate, per caso, questa escissione seconda dell’ottobre 1981, non ha per caso a che vedere con una progressione da parte dell’omicida in senso di un maggiore impossessamento del corpo della vittima? E scusate, mi scusi la signora fra i Giudici, ma devo dirlo: in modo da estendere l’escissione, oltre che alla parte del pube, anche alla zona anale? Come avviene anche per i successivi. E visto che siamo a parlar di progressione, come e in che modo e come collima con la unicità o meno dell’autore, oppure di un certo gruppo, qual è ipotesi più probabile da questo punto di vista, la constatazione di questa progressione criminale? Di questo accrescersi che va di pari passo con l’accrescersi della sicurezza del soggetto, a crescere il desiderio di possesso del corpo. A questo punto questo difensore chiede l’altro approfondimento. Ne parlo subito perché siamo in argomento. Che può sembrare strano, può sembrare pittoresco, certamente potrebbe darsi senza ora entrare in polemica, visto che sta zitto, con il Pubblico Ministero che qualcuno dica che è roba da romanzo di stazione, ma a me non pare questo. Di che si tratta? Vi racconto la storia perché devo raccontarvela per spiegare perché un certo dottor S.G…
Presidente: S.?
Avv. Nino Filastò: G., Presidente, l’ho indicato nella memoria, non è nella lista. È stato indicato da me nella memoria e non è nella lista. Allora, frase al ristorante di qualche giorno fa, insieme…
(voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Scusi, io devo documentare, perché ho perso… Se vuol protestare, cosa vuole che le dica?
Presidente: Ma lasci fare, avvocato. Continui, sennò si va avanti con polemiche e basta.
Avv. Nino Filastò: Basta che lui lasci fare, però, eh, Presidente. Scusi.
Presidente: Uno può anche non condividere la…
Avv. Nino Filastò: Ceto, sì, sì. Va bene. Insomma, io voglio dire: vengo a sapere da un collega che esiste un certo fascicolo intitolato “Maniac” scritto da un personaggio. Siccome di questo film avevo intravisto anch’io a suo tempo questa cosa, che cioè a dire precedeva all’inizio delle escissioni la presenza nelle sale, in una sala cinematografica cittadina, ma con riferimento solo all’ottobre dell’81, un certo film americano in cui esiste un serial killer di New York il quale uccide le coppie e poi porta via lo scalpo alle donne per rivestirne dei manichini, ho chiesto a questo collega che mi mandasse il fascicolo che è qui, che voi vedrete. Se ne avete voglia di vederlo, lo allegherete agli atti, se… Convintissimo che, al di là della, come dire, corrispondenza con una osservazione che avevo fatto anch’io a suo tempo, dovendo preparare un certo scritto per un giornale francese, di aver a che fare con una persona, come dire, uno dei tanti che si occupano di queste cose… Benché questo scritto sia, fosse a suo tempo… Presidente, poi dopo lo vedrete, anche per curiosità, ripeto. Benché la persona fosse anonima nello scritto, sono riuscito a rintracciarlo. E ci ho parlato, ed è un medico serissimo, giovane, che ha fatto – come risulta da quell’ atto – nonostante che sia un po’ verboso, uno studio serissimo approfondendo dei fatti, però. Ecco perché l’ho chiamato a testimoniare, perché i testimoni si chiamano sui fatti. E quali sono questi fatti? Questo film è stato ossessivamente programmato nella forma dei cosiddetti trailer che comprendevano anche la scena delle escissioni, ossessivamente da parte di alcune televisioni locali, ossessivamente. Vale a dire quattro o cinque volte al giorno, prima del 5-6 giugno 1981. Poi sparisce e non appare nemmeno nei cinema. Fino a quando? Fino al 18 ottobre 1981. Allorché appare al cinema Nazionale di Firenze, ci resta solamente tre giorni fino al 22 ottobre 1981. E non basta, questo signore che ha fatto questo studio profondo su questo aspetto, serissimo ripeto, nonostante la verbosità che riguarda anche altri aspetti, ma questo qui è importante, è arrivato persino a individuare che il film, ha fotografato alcuni fotogrammi, e ha messo a paragone la foto del povero Stefano Baldi con la foto del protagonista del film. Beh, guardatela. Guardatela. Approfondiremo se questi aspetti fisiognomici nella scelta delle vittime in rapporto ai serial killer possono essere in qualche modo condizionati da episodi di questo genere. … di Dusseldorf, si ispirava a dei materiali di questo tipo. E cosi altri. Questo, per come dire, arricchire il quadro di una certa personalità che può o meno essere condizionata a determinate cose. Ma che questa progressione esista, è indiscutibile. E che questa progressione corrisponda a quel certo tipo di psicopatologia che implica una progressiva possessione, è anche questa una cosa che cercheremo di provare e che deve essere provata. E che spiega perché non esistono escissioni sul cadavere di Barbara Locci, che è il primo delitto. Ma in rapporto a quel primo delitto, attraverso l’esame della prova generica delle perizie, la difesa cercherà di provare che non è vero che non vi siano comportamenti sul cadavere della vittima femminile. E come se ci sono! C’è una forma, come dire, di ottenebrazione dell’organo sessuale in maniera diversa. Lì, in quel caso, il primo caso, all’interno di una sintomatologia che va aggravandosi col tempo e che è tipica di quelle forme in quel caso l’assassino ha nascosto quelle parti, rivestendo il cadavere di Barba Locci. Voglio provarlo, questo, Giudice. Voglio essere in grado di poterlo provare, documentare questo aspetto. Che si inserisce e che ricostituisce e che ha tutta questa serie di delitti. Bene. Perché vedano, signori, ogni processo ha il suo punto di riferimento. E questo processo che riguarda Mario Vanni e gli altri cosiddetti compagni di merende… Lo sapeva Vanni che l’ha inventata lei questa frase? Se non fosse stato per lei, no, l’etichetta non ci sarebbe stata. Mi fa una compassione, se proprio ve lo devo dire col cuore, mi fa compassione quest’uomo, eh. È per questo che mi spolmono, non per altro, eh. E il punto di questa causa di questo processo è il movente, riguardo al quale le richieste di prove di questo difensore di Mario Vanni, sono principalmente: come dicevo prima, la rivisitazione di tutte le circostanze di carattere obiettivo dei delitti, tutti, primo. Secondo: la rivisitazione delle analisi fatte dai periti a suo tempo, equipe De Fazio, Nocentini ed altri, con riferimento alla omogeneità identificabile fra i vari delitti, tale da indicare un comportamento costante riferibile ad una persona sola. E poi una perizia psichiatrica su Mario Vanni. E una perizia psichiatrica su Giancarlo Lotti. Su Pacciani non la possiamo fare perché non è qui, a Faggi ci penserà il suo difensore, se lo ritiene. Anche Lotti.
Avvocato: Come?
Avv. Nino Filastò: Anche Lotti.
Avvocato: No, si sbaglia.
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Come dice? Ma perché non l’ha chiesta lei, scusi?
Presidente: La perizia…
Avv. Nino Filastò: Ma abbia pazienza, Presidente, insomma, voglio dire, per dire la verità ora non polemizzavo nemmeno. Prima polemizzavo un po’, diciamo la verità. Ora stavo facendo il mio discorso e questo…
Presidente: Ma avvocato, non raccolga sempre, andiamo.
Avv. Nino Filastò: Non raccolgo, Lo so, Presidente, è un po’ faticoso, sa. Ha ragione lei però Presidente, perché l’ho capito benissimo che lo fa apposta, il Pubblico Ministero. Che non l’abbia capito… Io, avendolo capito, non dovrei raccogliere. Invece io sono così e raccolgo. Perché, vedano, sul punto della causale lo stesso, la stessa accusa che vi dice che voi dovreste compiere leggo testualmente “Una attività ampia, completa per cercare riscontri testimoniali a fatti, l’attendibilità della confessione è il primo lavoro da fare. Il secondo lavoro da fare è quello di verificare se vi sono riscontri sulla chiamata di correo percorso di quello che è la verifica della attendibilità. Il primo scopo del dibattimento è verificare l’attendibilità. Ci sono dei riscontri oggettivi e dei riscontri testimoniali… eccetera. Insomma, tutta la storia di riscontri, che poi voi sapete che in Toscana la parola “riscontri”, significa anche corrente d’aria, no? E a me francamente le correnti d’aria che provengono, scritte nella memoria, mi sembrava bellino, ve lo dico, della Pubblica Accusa, puzzano un po’ di ‘600, per dire la verità.
Presidente: Sono verifiche, vai.
Avv. Nino Filastò: Ecco, va bene. Dice, qui…
P.M.: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Come? Bah, se ne parlerà, se ne parlerà. Lo stile di certi verbali di interrogatorio. Fo la… quelli che per fortuna sono stati pubblicati, riguardano un certo processo del ‘600. Sulla causale, il Pubblico Ministero si è espresso in questo modo. Dice, cioè a dire, non dice lui, eh, dice: “Ma perché faceva questi omicidi?” Ma signori, io direi che se questo dovesse essere uno degli elementi da valutare… Come, se questo dovesse essere uno degli elementi da valutare, scusate? Potesse essere? “E lo sarà senz’altro in una fase successiva”. Ah, così voi lo sapete subito, eh. È la fase successiva che deve indagare il movente di tutto questo processo, di questi delitti. Non voi. Voi siete anche Giudici declassati rispetto ai Giudici del processo Pacciani, perché i Giudici del processo Pacciani, ai Giudici del processo Pacciani, la causale era stata proposta: la famosa scena primaria, no? Ve lo ricordate? Il seno della Bugli, che la Bugli si sarebbe data a quello là che gli mostrava il seno. E allora questo avrebbe scatenato la furia omicida di Pacciani… Classico delitto d’impeto, ovviamente in quel caso là del ’51 che poi chissà perché Pacciani si sarebbe sempre sentito coartato a riproporlo. Ma insomma… Va be’. Dna causale un po’, a mio avviso, un po’… però insomma con un certo minimo di dignità, rispetto ai delitti. Ora no, ora no, ora niente! Dovete aspettare le fasi successive, la ottava fase successiva, eccole le fasi. Prima: inchiesta sul marito geloso e interessante economicamente Stefano Mele; inchiesta sul guardone dichiarato Enzo Spalletti, la numero due. La numero tre: inchiesta sul sardo perverso, seviziatore di animali e vendicatore dell’offeso clan dei sardi Francesco Vinci. Quarto: inchiesta sui sardi perversi Giovanni Mele e Piero Mucciarini. Quinto: inchiesta sul sardo perverso omosessuale e probabile omicida Salvatore Vinci. Sesto: inchiesta sul perverso omicida e violentatore delle figlie Pietro Pacciani. Settimo: inchiesta sui compagni di merende Vanni e compagnia bella. Ottavo: cosa? I maghi di Faltignano? Le fattucchiere di Montefiridolfi? I commercianti di feticci macabri di Chiesanuova? È questo che dobbiamo aspettare? E voi dovete aspettare? Voi non aspettate, questo difensore vi scongiura di non aspettare. Di indagarlo ora e subito in questo momento questo aspetto, questo problema. E tanto vi verrebbe impedito, e voi non lo farete, di approfondire il tema che mi corre l’obbligo di indicarvi, a costo di polemizzare ancora una volta, un’altra anomalia nell’esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero in questo processo. Benissimo, se il movente è quello, un movente di generica perversione sul quale però un momento dovremo approfondire, e quindi sostanzialmente, o forse chissà qualche altra cosa, il commercio di feticci, semplicemente la semplice incultura, o chissà cosa. Ma insomma, qualcosa di indefinibile, di non palpabile in questo modo. Però questo, quando non è definibile, non è palpabile, si chiama futile no? il motivo quando invece ha a che veder con una perversione che è molto vicina al pervertimento di carattere sessuale, che non è la perversione, è una cosa diversa, si chiama abietto, no? E dov’è la contestata aggravante dei motivi abietti e futili? Se non c’è una situazione psicopatologica a monte che riguarda Vanni, e non c’è, perché nessuno lo perizia, nessuno chiede di periziarlo, nemmeno prima di sbatterlo in galera, guardino signori, eh, che è una cosa un po’ seria questa eh. Perché, voglio dire, al limite avrebbe potuto essere mandato in un manicomio giudiziale eventualmente, mica in carcere, eh. Perché se lui, Vanni, è un responsabile di questi omicidi e li ha commessi, perché è una persona che soffre di questo aspetto psicopatologico, e come diamine! Prima cosa si dice: ma sei malato? E se lo sei, perché devi andare in galera? E invece non si fa nulla qui. Si fa la perizia nei confronti di Lotti per…
Presidente: No, avvocato, stiamo più all’argomento, per cortesia, Non posso indagare sull’operato del Pubblico Ministero sulle ragioni che hanno spinto a contestare o non contestare una circostanza aggravante o meno.
Avv. Nino Filastò: Ma come, Presidente, glielo sto dicendo…
Presidente: No…
Avv. Nino Filastò: Glielo sto dicendo, Presidente, per impedire a voi di approfondire il tema della causale. Lo sto dicendo chiaro…
P.M.: Ma aveva un difensore, avvocato, eh, per la perizia. Poteva fare il suo difensore. Cosa lo contesta il Pubblico Ministero?
Presidente: Abbiamo sospeso per evitare polemiche, ci siamo ricaduti…
P.M.: Aveva tanto di difensore che poteva chiedere tutte le perizie che credeva.
Avv. Nino Filastò: Ma lei…
P.M.: Cosa lo contesta ora al Pubblico Ministero, eh?
Avv. Nino Filastò: Lei mi sta, come dire, continuando a provocare. Questo…
P.M.: No, è lei… No, mi perdoni, mi perdoni, guardi…
Presidente: Pubblico Ministero, allora, a questo punto si sospende.
P.M.: Bene, bene.
Presidente: La prossima volta tolgo la parola definitivamente.
P.M.: Bene, perfetto.
Presidente: Bene. Volete portare tensione…
Avv. Santoni Franchetti: (voce non udibile)
Presidente: Dica.
Avv. Santoni Franchetti: No, Presidente, chiedo scusa, ma era soltanto sull’eventuale proseguimento del pomeriggio o meno, cosa si intendeva fare. È una cosa…
Presidente: No, no…
(voci sovrapposte)
Avv. Santoni Franchetti: … volevo disturbare tutti, ecco.
Presidente: Ora facciamo concludere l’avvocato Filastò e poi ci si organizza cosa fare. Va bene?
Avv. Santoni Franchetti: Va bene.
Presidente: Avvocato Filastò, la parola a lei.
Avv. Nino Filastò: Grazie, Presidente. Dunque, perizia su Mario Vanni che emerge dalla stessa impostazione di accusa. Perché l’accusa che, come ho letto prima citando testualmente l’esposizione introduttiva, vi parla di perversione. Non meglio specificata. Perché, per come la propone il rappresentante dell’accusa, sembrerebbe quasi sinonimo di perversità, la parola. Mentre il termine perversione ha un significato preciso. Per esempio, secondo Robert Stoller che ha scritto un libro sull’argomento, sarebbe la forma erotica dell’odio, forma erotica dell’odio. Espressione molto precisa, una fantasia, una aberrazione abituale definita da altre forme di comportamento sessuale necessaria perché il soggetto provi piena soddisfazione. Ed è motivata primariamente da ostilità. E che per ostilità non significa, dice l’autore, semplice aggressività. Per ostilità nello stato in cui un individuo desidera danneggiare un oggetto, cosa, o persona. Il suo desiderio si esercita attraverso il danneggiamento della persona che, nel caso degli omicidi cosiddetti per libidine, diventa il danneggiamento estremo. Se esiste questa perversione, qui ne deve essere accertata da un, possibilmente da una equipe peritale che approfondisca questo tema nella persona del Vanni. Non è certo possibile affidarsi, sotto questo profilo, a quelle prove che sono state richieste dal Pubblico Ministero in cui sembrerebbe che il Lotti avesse sentito, avesse detto alla signorina Bartalesi di non star sola con lo zio… la signora Bartalesi non si è mai lamentata di nessun atteggiamento nè ostile, nè aggressivo del signor Vanni. Questo è un dato di fatto. Oppure per il fatto che questo signore ogni tanto andava, pretendeva di andare dalle prostitute portandosi dietro un vibratore. In questo processo ci sono degli aspetti veramente scadenti. E questa sarebbe la perversione, sarebbe qualcuno che può essere vicino a commettere un omicidio per libidine, una persona che si porta dietro un vibratore? Comunque vorrei la perizia anche su Lotti. Una perizia che riguarda questo aspetto, psichiatrico di questo tipo. Perché se c’è il gruppo, ci devono essere varie persone che hanno queste, che si sono trovate nella loro, nel loro consorzio partendo da questo tipo di pulsioni psicopatologiche. Quindi dovrebbe parteciparvi anche Lotti. Non è tanto questo il problema. Il problema è che la non qualità di prova nella pretesa confessione di Lotti, sta proprio nella consulenza chiesta dal Pubblico Ministero sulla persona sotto il profilo psicologico, psichiatrico. È vero che la consulenza del Pubblico Ministero è una consulenza parzialissima che vuole accertare semplicemente, in linea con la sua impostazione che mi sembra di aver capito abbastanza, di cercare riscontri. Siccome c’è una delle ragioni per cui il Lotti si sarebbe accompagnato a Vanni, a Pacciani, a commettere queste atrocità, sarebbe stato il fatto che lui è un omosessuale e aveva paura che gli altri parlassero della sua omosessualità. E questo spiegherebbe anche la ragione per cui è stato zitto per 30 anni o passa, o meno, non lo so. 30 anni no, perché il Lotti compare, sembrerebbe nell’82, dopo insomma. Quindi in epoca più recente. E quindi a questo punto viene il fatto di chiedersi: ma quegli altri delitti? Ma insomma, le indagini sono in corso… Va be’, via… Ma è il primo il Pubblico Ministero evidentemente a mettere in discussione la sua attendibilità. Perché dico questo? Perché i periti rispondono sulla attendibilità di Lotti, benché non siano stati i quesiti proposti. Voi non ammetterete che questo problema così importante, avendo a che fare con un soggetto il quale manifesta un fortissimo deficit intellettivo, risulta dal test di Rorschach che i periti gli hanno fatto. Ora, da questo punto di vista, la memoria – e mi rimetto a quella – presenta tutta una serie di indicazioni abbastanza critiche, proprio su questa perizia. Questa consulenza, scusate. Indicandola come un atto di parte. Ma parzialissimo da questo punto di vista. Raramente mi è capitato di vedere e di riscontrare delle tautologie così evidenti come sono inserite in quella consulenza. Che è aspecifica perché comincia male proprio con riferimento ai quesiti, perché in sostanza si chiede soltanto di accertare se il Lotti è omosessuale oppure no e i periti dicono che ha delle tendenze omosessuali, ma insomma… Che poi com’è finito? Nulla, perché la maggior parte degli eterosessuali hanno le tendenze omosessuali, cosi ci dice la moderna psicologia. Come la maggior parte degli omosessuali hanno delle tendenze eterosessuali e non vuol dire assolutamente niente. Ma a parte questo, come dicevo prima, si continua, si impostano i problemi male, si risolvono peggio, in maniera tautologica. Vi potrei leggere un pezzo ma non è il caso e vado avanti. Come dovrete fare una perizia su Pucci, proprio sotto il profilo di quell’articolo del Codice di procedura penale che vi consente di investigare sulla capacità testimoniale di un teste, visto che è teste. Perché anche quello non può essere affidato soltanto al controllo della consulenza del Pubblico Ministero, così come vi chiede lui nella sua lista chiedendovi di interrogare i suoi consulenti, perché anche questa consulenza ha questo aspetto di estrema parzialità. Per esempio nella svalutazione assoluta di questo dato clinico iniziale che è rappresentato da un giudizio – che vi chiedo di acquisire – della Commissione Regionale Toscana, che riguarda la persona, per cui hanno riscontrato una grave oligofrenia in Pucci; oligofrenia che gli provoca il 100% di invalidità. Ora, come si pongono… il modo di approccio dei consulenti su questo aspetto è veramente lacunoso, insoddisfacente nel modo più assoluto. Ma lo è in maniera particolare, non solo con riferimento al Pucci ma anche con riferimento al Lotti, perché vedano questi aspetti di una personalità – io su questo mi sono fatto aiutare ad esaminare queste consulenze dal professor Salvatore Cesareo che è docente di università di Firenze in psicologia – si riscontra attraverso una serie di test specialistici. Uno dei quali, che è il test Minnesota, c’ha un nome un po’ speciale, in questo momento non mi ricordo, comprende ben 550 domande, è proprio specifico tarato, proponendo anche una serie di domande, di test in cui appare la collaboratività o la sincerità del soggetto. Ora, i periti, riscontrato questo deficit intellettuale, alla fine dicono: ‘sì, lo riscontriamo dal teste ma è perché non collabora’. E dicono questo sia per Lotti che per Pucci. Non si capisce perché questi qui non avrebbero dovuto collaborare. Insomma, vi rimando alla lettura di quelle pagine che sono abbastanza lunghe e sono piuttosto dense di critiche ovviamente alla consulenza del Pubblico Ministero. Per esempio, voglio dire, il fatto grave per quanto riguarda Lotti, questi consulenti non abbiamo tratto nessuna conseguenza dalla valutazione e dalla considerazione di un dato anamnestico familiare imponente: la madre è in manicomio. Voglio dire, è una delle prime cose che si guarda dovendo valutare se un soggetto è sano di mente oppure no, se ha dei precedenti in famiglia. E lui c’ha la madre che è stata ricoverata in manicomio. Ecco, e così anche la consulenza Pucci ha queste tare gravissime, anche sotto il profilo dei test che sono stati espletati concretamente. Bene, vi ho chiesto e insisto in questa istanza nella acquisizione degli atti dibattimentali del processo Pacciani, tutti. Perché, non sto a ripetere tutte le osservazioni, l’ho fatto sulla necessità che voi restituiate unità alla vostra indagine dibattimentale e perché le acquisizioni che vi propone il Pubblico Ministero, attraverso le produzioni, sono di una scarnità estrema. È come se il Pubblico Ministero avesse fior da fiore alcuni atti che confortano la sua tesi e che confortano Lotti e il Pucci, insomma le prove, quelle che lui definisce prove. Ecco, lo potrete constatare. Alcune macchine viste in certi posti, una persona che vede qualcuno che crede di riconoscere il Pacciani. Ma tutto quello che è diverso… e ve ne propone tra l’altro una situazione in cui viene letta una parte della sentenza di I Grado che ipotizza i complici, dimenticando che la sentenza Pacciani è stata contraddetta da un’altra sentenza della Corte di Assise di Appello: a giudizio mio personale è una delle più belle sentenze che abbia mai letto in vita mia, quella dell’Appello, questo è un altro discorso. E questa sentenza dei Giudici dell’Appello, punto per punto, rilievo per rilievo, tutti i pretesi indizi nei confronti di Pacciani vengono demoliti. Quindi voi avete una situazione di questo genere e quindi non potete comportarvi, rispetto all’ipotesi Pacciani colpevole, come se fosse gravato da una sentenza passata in giudicato. Pietro Pacciani, altro che sentenza passata in giudicato. Benché l’accusa nei suoi riguardi avesse, secondo me, una notevole dignità sotto il profilo concettuale, rispetto a quella che viene rivolta a Vanni e agli altri compagni di merende, tuttavia si riscontrano degli aspetti proprio di tale vacuità, che la sentenza della Corte di Assise di Appello di assoluzione, tra l’altro non sotto il profilo delle prove insufficienti, il capoverso dell’articolo 530, no, no, proprio carenza assoluta. Carenza assoluta delle prove. Ora, che cosa teme questo difensore, nel momento in cui voi non acquisiste questi atti dibattimentali? Che il processo Pacciani restasse, come dire, a livello di preconcetto e di quella sentenza di I Grado, alla lunga tutta da definire perché il processo ora è in fase di rinvio, ci sarà poi forse un’altra Cassazione essendo stato uno dei soliti tormentoni che non finiscono mai nella nostra procedura. Quando invece è essenziale che voi rivisitiate tutto, anche con riferimento alla posizione specifica
di Pacciani, perché voi, capite, se ci sono i compagni di merende, Pacciani dovrebbe essere una specie di capo, per quello che ho capito io. Perché io mi sto cercando, come dire, di fare un’idea, ma è molto difficile. Sempre con riferimento alla questione della causale, del movente, del perché per esempio questo Lotti avrebbe dovuto seguire Pacciani, o questo Vanni segue il Pacciani. Mi sono fatto un’idea di una specie di – nell’impostazione del Pubblico Ministero – di una specie di demone, di personaggio che aveva questo carisma sugli altri e se li trascinava dietro, una sorta di plagiatore. Insomma, tutto questo da cosa vien fuori? Voglio dire, guardiamo quegli atti del processo interamente per vedere se esistono cose di questo genere. A che cosa si riferivano le frequentazioni. Vedete, da questo punto di vista anche la posizione di Vanni – vi chiedo, credo sia stata allegata, ma comunque vi chiedo di acquisire – il suo esame dibattimentale al processo Pacciani è indicativo al massimo, di una sorta di, come dire, preconcetto sotto il profilo di questa idea dei complici. Appena si è messo a sedere quest’uomo, lì a quel dibattimento, la prima cosa che disse, disse: ‘mah, io levato che fare qualche merenda con il Pacciani, non c’ho nulla a che fare’. Subito il Presidente gli disse: ‘ma come? Chi gliel’ha chiesta questa cosa qui? Lei mi sa che è venuto qui organizzato prima, con la lezioncina da dare’. E può darsi anche che fosse perché questo pover’uomo, prima di sedersi lì davanti al Presidente, era già diversi mesi che andava, entrava, usciva dalla caserma dei Carabinieri, dalla SAM, eccetera, perché volevano che lui dicesse delle cose su Pacciani che lui non voleva, non poteva dire perché non le sapeva, perché non gli risultavano insomma, oltretutto è una persona questa… Questo perverso, vedano, secondo le dichiarazioni di un testimone dell’accusa, Nesi Lorenzo – che io ho allegato – è una persona buona e mite. Il perverso, quello che esercita la sua sessualità attraverso l’aggressività, dovrebbe essere così, una persona buona, mite dice un testimone. Io c’ho questa voce dentro al processo per ora, per dire, per ritornare al tema della perizia e della necessità di… Quindi non accontentatevi. Non accontentatevi e soprattutto indagate, quantomeno approfondite il tema degli indizi… degli unici indizi. Perché si risolvono a due gli indizi che gravavano la posizione di Pacciani e che sono il blocco da schizzi e la cartuccia nell’orto. Acquisite gli atti, se ritenete di non dover sentire di nuovo i testimoni, i periti grafici acquisite gli atti, ci sono tutti. Ma approfondiamo questo tema e vediamolo. Vediamo se è possibile che Pacciani abbia fatto delle annotazioni .su questo blocco perché temeva che la Polizia gli dovesse fare un trucco, e compagnia bella, nella ipotesi straordinaria del Giudice di I Grado, vediamolo. Vediamo se quella cartuccia è una cartuccia che può essere stata dentro la pistola del mostro davvero, oppure se è andata lì, come ci è finita lì in quell’orto. Acquisite, vi ho chiesto di acquisire il verbale di perquisizione, quella maxi-perquisizione di quasi 10 giorni e vi ho chiesto di acquisire anche la cassetta video registrata. Come del resto altri materiali chiederò, vi chiedo ora – in questo momento perché mi pare dimenticato nella memoria – di acquisire, da questo punto di vista. Questo per esempio è un processo in cui quello strumento là va usato, come venne usato per Pacciani, per il processo Pacciani: vale a dire le immagini fotografiche riportate lì, confrontate rispetto al resto, per quei dati obiettivi, come dicevo prima, che indicano la presenza di un unico autore. Signori della Corte, vi chiede questo difensore di approfondire un altro aspetto e che è un aspetto che riguarda più intimamente le indagini. Lo farete, se voi lo riterrete opportuno, interrogando i vari indagatori che sono stati indicati dal Pubblico Ministero. Perché, vedano, vi è stato detto che una delle ragioni di attendibilità, rispetto alle dichiarazioni di Pucci e di Lotti consisterebbe nella non spontaneità di esse. Beh, in genere questo è un argomento che può essere anche usato al contrario, in quanto una dichiarazione non spontanea e arriva verso un incalzare di domande e di richieste, in genere si ritiene che sia meno attendibile che non di una persona che un giorno dicesse, per esempio, ‘voglio raccontarvi quello che è successo’. Ma quello che è interessante notare è l’aspetto cronologico della questione, che interagisce con il processo di Pacciani, con la fase dell’appello in un modo che è più evidente e difficile immaginare. Io vi ho indicato e lì ho anche inserito un riepilogo, una specie di indice degli atti del Pubblico Ministero, un dato di fatto: dall’8 febbraio 1996 al 18 febbraio 1996, in questo arco temporale che comprende 10 giorni, gli atti svolti dalla Polizia Giudiziaria, SAM, Pubblico Ministero, GIP, Carabinieri – raramente – sono 106. In una giornata si interrogano 23 persone a sommarie informazioni, il 10 di febbraio. Tutto questo avviene nell’intervallo… il Procuratore Generale concluse come voi sapete, per l’assoluzione di Pacciani, fino al verdetto assolutorio e poi queste indagine, concitatamente, proseguono dopo, fino ad arrivare a quella situazione che vi ricorderete, Giudici popolari, i Giudici togati se lo ricordano benissimo perché ha formato oggetto di una questione di carattere giuridico gius-penalistico di tipo processuale della Corte che si vede arrivare gli Alfa, Beta, Gamma e Delta. Cosa abbastanza buffa perché, mentre gli arrivava sul tavolo della Corte gli Alfa, Beta, Gamma e Delta, facendo dire al Presidente Ferri ‘siamo qui a fare un processo non un’equazione algebrica’, un noto cronista della RAI TV, la stessa sera intervistava Pucci, sia pure alla lontana. No, Lotti, Lotti, non Pucci, Lotti. Alla faccia della segretezza, dei pericoli e tutto il resto, comunque, va bene. Ma insomma, resta questa contemporaneità, che corrisponde ad un principio espresso nella sentenza dell”Appello. La quale sentenza dell’Appello dice: ‘guardate che la ipotesi dei complici, espressa nella…’, io nella memoria ho citato proprio il pezzo della sentenza, visto l’ha citata testualmente quella di I Grado il Pubblico Ministero, ho citato anch’io quella di II Grado. Dice: ‘guardate che la ipotesi dei complici è surrettizia perché i Giudici di I Grado tutte le volte che viene a trovarsi di fronte ad una circostanza che fa a pugni con la persona di Pacciani, si dice che c’è un complice. Ma questo è strumentale’, dice il Giudice dell’Appello, giustamente. Per fare un esempio: che un certo signor Bardazzi, il quale io ho chiesto che venga sentito, abbia incontrato, uno dei pochi, il mostro di Firenze davvero, che l’abbia visto, a me… lui ride, però si sentirà. Io vorrei sapere chi può essere questo signore che insegue questa coppia, che entra lo stesso giorno della morte di questi due, va be’, poi si sentirà, io sono convinto di questo, poi vedremo nel dibattimento. Ma in ogni caso certo è, c’è una certa persona. C’ha delle caratteristiche, per esempio una distinzione che con Pacciani proprio non hanno niente a che vedere. Perché di Pacciani si può dire tutto, ma che sia distinto no.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Nino Filastò: Distinto, Presidente. Pacciani distinto. L’avvocato Zanetti, che vede una certa macchina otto-nove volte vicino alla piazzola… macchina che i consulenti del Pubblico Ministero, affrontando fra l’altro un excursus, che più sbagliato non si potrebbe, delle risultanze, dicono che è la macchina di Pacciani, non è una macchina simile a quella di Pacciani, non è quella di Pacciani. L’avvocato Zanetti vede una persona che anche lui, distinta, di una certa età, 40-45 anni, che non ha niente a che vedere con Pacciani. Poi io ho chiesto che venga sentito, sia Zanetti che Bardazzi e che vengano, magari con le forme della ricognizione di persona, sottoposto il signor Vanni. Peccato non fosse stata lui questa persona distinta. E allora quando si notano le tracce di ginocchio sulla macchina della povera Pia Rontini, che sono 60 centimetri di altezza, non c’è niente da fare. Insomma, voglio dire, si potrà discutere, sentiremo i periti, ma secondo me che questo si sia appoggiato mentre… con i ginocchi per colpire da vicino con la pistola, mi sembrerebbe che ci fossero tanti dubbi. Comunque vedremo. La sentenza della Corte di Assise di I Grado dice: ‘è il complice che è più alto’. E poi ci si dice: ‘che cosa fa però questo complice in questo caso?’ E risponde: ‘apre la portiera della macchina per consentire a Pacciani di tirare fuori il corpo’. Questa è l’ipotesi della sentenza di I Grado. Cosicché si viene a sapere che il colpevole è sempre il maggiordomo, perché ovviamente il maggiordomo apre la portiera e lo tira fuori, tipico comportamento da maggiordomo. Ed è a questo punto che i Giudici dell’Appello dicono: ‘no, su questo non si può mettere in piedi una congettura’. Questo è il ragionamento che vien fatto. E proprio mentre questi Giudici fanno questo ragionamento, in qualche modo anche favorito dalla impostazione del Procuratore Generale, ecco cronologicamente le prove, le indicazioni di Lotti – io poi valuto solo questo e considero solo questo aspetto cronologico – di Pucci e compagni. Ecco, in quei giorni avvengono, in quei giorni, non prima, in quei giorni, dall’8 febbraio al 18. E chiedo, come dire, che venga approfondito questo aspetto perché è essenziale alla difesa di Mario Vanni. Presidente, ho quasi finito. Ringrazio lei e la Corte di tutta questa attenzione. Dunque, due parole sulle richieste ex articolo 238 Codice di procedura penale contenute a pagina 51 della memoria, per la prima volta fra l’altro, queste sono nuove. Perché riguardano in particolare l’omicidio di Lastra a Signa. Io chiedo che vengano acquisite e alcune però le produco dibattimentali, dichiarazioni di Francesco Vinci, tutte. Il quale è stato ammazzato: questo aspetto. Una delle ragioni per le quali sono atti irripetibili che possono entrare. Hanno ammazzato questo Francesco Vinci, Pacciani non è stato di sicuro perché in quel momento Pacciani è in galera. Ora questo Francesco Vinci, in una sua deposizione dibattimentale, che fa riferimento ad una deposizione resa precedente davanti alla Polizia Giudiziaria, che io non sono riuscito ad avere perché, ripeto, mi sono arrabattato in queste poche settimane; riferisce una circostanza molto importante. Vale a dire di aver visto la Barbara Locci in compagnia di una persona, alla Cascine del Riccio di Signa, e questa persona – lui al dibattimento dice – ‘gli faceva certi atti’. Cosa si trattasse, quali atti fossero lo avrà detto probabilmente nelle deposizioni istruttorie, come si chiamavano allora, che io non ho, acquisitele. Perché è importante, perché collima con le dichiarazioni rese da un certo Barranca Salvatore, il quale dice che Barbara Lacci, una volta che lui gli aveva offerto di andare a far l’amore, disse: ‘no, perché mi potrebbero sparare in macchina, mi potrebbe sparare in macchina’. E gli aveva confidato di essere seguita da un tale con il sorriso, il che fra l’altro collima con le dichiarazioni di un certo Rugi, che è titolare di un cinematografo di Lastra a Signa, che vide entrare la coppia Lo Bianco-Locci nel cinema e immediatamente dopo una sola persona. E che film si faceva al cinema di Lastra a Signa? Un film intitolato “Nuda per un pugno di eroi”, che è un film che gronda sadismo dalla prima sequenza fino all’ultima. Lasciatevelo dire da chi l’ha visto. Se voleste approfondire si dovrebbe trovare. Vedo che qualcuno sorride, eppure processi di questo genere sono fatti di queste cose. Nei paesi in cui questi processi vengono approfonditi – perché si approfondiscono altrove, non qui purtroppo – non si sorride su queste cose, per niente, le si affrontano seriamente e le si valutano perché è noto che l’input, la spinta può esser data da materiali di questo genere. Fa parte della letteratura scientifica sul tema. Non sono fanfaluche della persona fantasiosa. Alla fine – e ho finito – chiedo la perizia grafologica sulla confessione scritta dal Lotti, grafica e grafologica, tendente ad accertarne la spontaneità. E ho finito.
Presidente: Dov’è questo scritto?
Avv. Nino Filastò: Come?
Presidente: Questo scritto dov’è?
Avv. Nino Filastò: Non lo so Presidente. L’ho sentito parlare dal Pubblico Ministero nella sua esposizione introduttiva, ha detto c’è una confessione scritta. Io ce l’ho Presidente, l’ho avuto in copia, me l’ha mandato un collega.
Presidente: Va bene.
Avv. Nino Filastò: L’ho guardato e non mi piace punto, per questo chiedo la perizia. D’altra parte mi pare che per un atto si può fare. A suo tempo Pacciani, sugli appunti sullo Skizzen Brunnen, mamma mia, ci sono pagine e pagine di perizie. Periziamo anche questo per vedere se è spontanea quella scrittura.
Presidente: Va bene. Va bene, allora, le parti civili chi è che vuol parlare?
Avvocato: Facciamo finire i difensori degli imputati a questo punto, sennò si confonde…
Presidente: Abbiamo dato la parola all’avvocato Fenies e all’avvocato Filastò solamente per una questione di processi, dovevano partire, eccetera. In ogni modo si può riprendere il corso normale. Io riprenderei il corso normale. Se volete che sospendiamo un po’, ci vediamo alle tre volentieri, come volete.
Avvocato: A questo punto, sì.
Presidente: Allora si sospende e si torna alle tre, alle 15.00 di oggi.
Presidente: Allora, Pubblico Ministero e anche i difensori volevo dire questo. C’è l’avvocato Santoni Franchetti, al termine della seduta di stamattina, mi ha detto che lui aveva un impegno all’Università di Modena e doveva comunque andare via. Era disposto a parlare domani mattina. Io, da parte mia, nulla in contrario; se anche voi siete d’accordo, si può fare cosi. Insomma, io vi informo. Va bene? L’unica cosa che vi voglio dire – approfitto di questo – perché l’avvocato Filastò è andato via, ha lasciato un’istanza… cioè istanza: una lettera, a me, dove mi segnala alcune udienze in cui è impedito. Ora, voi siete tanti difensori; è bene che capiate, io non posso stare dietro a tutti gli impedimenti professionali dei difensori. Qui ci sono i sostituti, o ce l’uno o ce l’altro, o un altro sostituto; questo è chiaro. Sennò il processo non lo faremo mai. Quindi, è chiaro? È bene essere precisi, perché sennò dopo non voglio essere scortese con nessuno, ecco. Bene?
(voce non udibile)
P.M.: Non si finisce mai. L’avvocato Santoni ha tanto di sostituto, ha depositato una lista scritta, non vedo che altro diritto di parola… onestamente, ha, se non quello di indicare qualcosa a controprova. Io, per carità, non è una questione domani o domani l’altro…
Presidente: Siamo nella fase preliminare, nella fase iniziale, quindi…
P.M.: Sì, ho capito.
Presidente: … non vorrei creare problemi a nessuno.
P.M.: No, Presidente.
Presidente: … L’abbiamo fatto con l’avvocato Filastò, non vedo perché non si possa fare anche per l’altro.
P.M.: No, per carità.
Presidente: Però oltre quello non andrei.
P.M.: Per carità, era un discorso di tempi, Presidente.
Presidente: Esatto.
P.M.: Il P.M., in fondo, in un paio di ore se l’è cavata. Poi io mi faccio la mia replica di due giorni e lei mi sta a sentire.
Presidente: Sì, come no.
P.M.: Mi sta benissimo. Grazie.
Presidente: Allora, chi vuol parlare ora?
Avv. Patrizio Pellegrini: Parlano le parti civili, signor Presidente.
Presidente: Sì, benissimo.
Avv. Patrizio Pellegrini: La posizione che le parti civili hanno assunto nel processo Pacciani – mi consenta: il richiamo è quasi inevitabile – inevitabilmente, anche in questo processo, è quella di attesa; è quella di colui che si pone alla finestra per…
Presidente: Scusi, avvocato. Siamo all’inizio, volevo informare lo staff della difesa di questa situazione che si è creata. Lì c’è il processo, come sapete, delle stragi. Si sta creando una situazione di incompatibilità con questo processo per il numero degli imputati soggetti a regime del 41 bis. Bene, sapete cos’è e cosa non è. Per oggi abbiamo potuto sistemare la situazione lì. Non so domani quante persone verranno e se è possibile sistemarli. In ogni modo, è intenzione di continuare il processo il quest’aula, perché vedo che partecipazione numerosa dei fotografi, dei giornalisti, del pubblico, eccetera. Quindi l’aula Dionisi difficilmente potrebbe contenere tutti; allora, col comune si è studiata la possibilità di mettere delle gabbie suppletive lì, in aggiunta; però ci vuole il tempo materiale per farlo, quindi semmai slitterà di alcuni giorni questo processo qui.
P.M.: Questo qui?
Presidente: Per consentire la…
P.M.: (voce non udibile)
Presidente: Eh?
P.M.: Il nostro?
Presidente: Il nostro. Però non so, può darsi pure che si riesce a fare, perché la settimana prossima la Corte sarà impegnata in altro processo alla Dionisi; l’altra settimana il processo viene sospeso per lo sciopero, per lo meno sapevo questo, allora in quel frattempo si tratta di pazientare per questa settimana. Bene, possiamo continuare. Grazie.
Avv. Patrizio Pellegrini: Stavo dicendo che la nostra posizione è di attesa e di verifica delle prove che anche il questo processo – come è successo la volta scorsa nel caso Pacciani – ci verranno offerte nel corso del dibattimento. Se è vero, come è vero, che la prova si forma qua, noi non abbiamo posizioni precostituite, né tantomeno preconcette. In questo spirito e col punto fermo che a noi – ovviamente, è quasi banale quello che io sto per dire – non interessano degli imputati o peggio ancora dei condannati quali che siano. A noi interessa individuare chi ha ucciso i parenti, i figli, dei nostri assistiti. Questo è l’unico scopo. Non partiamo da nessun presupposto. Quindi siamo bene felici – io credo di poter parlare in questo momento per tutti, ma sicuramente per quanto mi riguarda e riguarda i miei assistiti – noi siamo ben felici che tutte le prove possibili e immaginabili vengano acquisite e sfogate nel corso del dibattimento. Anche quelle che si presentano al limite della ammissibilità processuale. Direi che eventuali strappi in aggiunta, non in difetto, in aggiunta di quelle che possono essere le prove canoniche, quelle tempestivamente chieste e quelle tempestivamente depositate, li favoriamo in partenza; perché siamo qua per tentare, una volta per tutte di arrivare alla verità. Quindi, anche il desiderio, la volontà, la richiesta del Pubblico Ministero, dei difensori, degli imputati di allargare acquisendo in pratica tutto il processo Pacciani, per noi va benissimo. Se la Corte riterrà, noi non abbiamo preclusioni di alcun tipo. Ci va bene allargare anche a atti che di per sé non fanno parte di questo processo e di questo dibattimento. Detto questo, la richiesta… Credo che non si debbano aggiungere altre cose, altre parole in questa fase da parte di coloro che hanno una posizione non marginale, non marginale. Noi siamo parti attive del processo e l’abbiamo dimostrato nel processo Pacciani. Se il processo Pacciani è ancora aperto, in un senso o nell’altro, lo sì deve alla parti civili. Rivendico a me e a tutti gli altri colleghi questo onore: di avere combattuto per l’accertamento della verità. Perché non abbiamo accettato che si chiudessero le porte in faccia a un possibile allargamento e consolidamento di quella che già allora a noi, per la verità, sembrava una prova acquisita. Si appropriavano, in quel momento, altre ulteriori e più sostanziali prove e fu chiusa la porta: la Cassazione l’ha riaperta, tecnicamente su ricorso della Procura Generale di Firenze, praticamente per la posizione di insistenza e l’attenzione che le parti civili hanno posto perché non si mettesse la parola fine a un processo nel momento in cui si scoprivano, o si riteneva di scoprire – che per il momento per noi è la stessa cosa – i complici di quello stesso individuo. Sarebbe stata un’aberrazione logica, prima che giuridica. Ci siamo opposti e abbiamo potuto ottenere quel che si è potuto ottenere e cioè che si rifarà il processo di Appello a Pacciani. In questa ottica, quindi, non di marginalità ma certamente di non coinvolgimento diretto, nella dialettica delle prove, in quanto a noi non spetta portare prove, perché noi siamo portatori di un’azione civile, la legge ci consente questo e questo vogliamo essere. Allora, ripeto, per quanto riguarda tutto il ventaglio delle prove documentali, peritali, testimoniali, che il Pubblico Ministero e la difesa hanno chiesto e chiederanno, per coloro dei difensori che ancora non hanno parlato, la parte civile che io rappresento si dichiara non solo remissiva, ma auspica che venga tutto ammesso. Da parte nostra, da parte mia chiedo l’esame degli imputati che vi consentano; il controesame di tutti i testimoni che la Corte riterrà di ammettere; e, ovviamente, dei periti o consulenti tecnici. Grazie.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Giampaolo Curandai: Avvocato Curandai per Maria Laura Rontini. Brevissimamente, signor Presidente e signori della Corte. Mi associo, in un certo senso, alle argomentazioni del collega Pellegrini. Noi non siamo qui per vincere la causa, ma per l’accertamento della verità. Noi confidiamo di fornire un contributo sereno ed obiettivo per la verità processuale. Processuale, perché i teoremi, i romanzi, i gialli, qui non contano: qui contano le risultanze dibattimentali. Io ho ascoltato, signor Presidente e signori della Corte, con molta attenzione; e con altrettanto interesse ho letto la memoria, l’esposizione introduttiva dell’avvocato Nino Filastò. E non posso nascondere la mia profonda delusione. Non dico questo per tatticismo, ma perché in effetti, a mio avviso, è venuta fuori una pre-arringa suggestiva ma estremamente fumosa, prolissa, direi quasi, sotto certi aspetti, teoretica e romanzata: troppo ipotetica. Io posso comprendere tutto, signor Presidente e signori della Corte. Posso comprendere la solitudine del difensore dell’imputato, l’angoscia. Spesso ci siamo trovati, anzi, usualmente ci troviamo noi da quella parte, anche in processi molto gravi e comprendiamo il tormento, l’impotenza, la disparità di armi che prova il difensore. Tutto possiamo comprendere, ma non le inesattezze. Le inesattezze direi, sotto certi profili, sfacciate. Io, per non tediare la Corte – il dibattimento si dovrà aprire e, come ripeto, la partita si gioca all’interno del dibattimento, la prova si forma nel dibattimento – io dirò soltanto due cose, perché non posso farne a meno, signor Presidente e signori della Corte. Due inesattezze che mi bruciano. L’avvocato – valoroso avvocato – di Vanni Mario ha detto una cosa estremamente sgarbata e scorretta, soprattutto nei confronti del signor Pubblico Ministero; che, fra l’altro, ha esposto una relazione estremamente lineare e, a mio avviso, molto più lucida di quella del difensore dell’imputato. Cioè ha detto, a un certo momento; “Il Pubblico Ministero vi offre un Lotti, io vi offro l’esame approfondito degli elementi obiettivi del processo”. Questo non è vero, o è parzialmente vero; molto parzialmente. La pubblica accusa ed anche la privata accusa non offre un Lotti, offre un Lotti più tutta una serie di riscontri obiettivi di natura medico-legale, di natura testimoniale, di natura tecnica, ma qui non sto a ripetere pedissequamente la relazione del Pubblico Ministero, che faccio mia. Altra inesattezza emergenziale è costituita dal fatto, da una incompatibilità. Si dice che il Vanni “è buono e mite”. Ma signor Presidente, questo bisognerebbe chiederlo alla moglie di Vanni, quando è stata gettata giù per le scale con un bambino in grembo, che poi è nato handicappato. E questo io ho il dovere di dirlo. Perché non si possono venire a raccontare qui cose romanzate, solo per fare teatro. Quindi, signor Presidente e signori della Corte, noi possiamo tollerare tutto, ma non le inesattezze. Siamo, diceva bene l’avvocato Pellegrini, per l’accertamento della verità; e quindi siamo favorevolissimi all’acquisizione di tutte le prove, di tutti i mezzi di prova richiesti dalla difesa, fra i quali siamo favorevolissimi all’acquisizione di tutti i verbali dibattimentali del processo Pacciani. Con una riserva, signor Presidente e signori della Corte: che se determinati testi, determinati consulenti, determinati periti sono già stati sentiti dettagliatamente all’interno di quel processo, se non vi sono circostanze nuove, non vedo la necessità della rinnovazione della prova in questa fase. Vi è un’ordinanza del Tribunale di Milano per una situazione processuale analoga in cui si dice: ‘va be’, si rinnova la prova, ma soltanto qualora la prova testimoniale richiesta abbia ad oggetto circostanze nuove’. E questo deve essere il criterio da adottare in base all’articolo 190, che lascia inalterato il potere discrezionale e sovrano del Giudice di ritenere superflua o non superflua una determinata prova. Quindi, vado verso le conclusioni. Noi, pertanto, serenamente ed obiettivamente chiediamo il controesame di tutti i testi, di tutti i consulenti e periti, co-indagati o coimputati dello stesso reato in procedimento separato, che siano convitati di pietra o che siano ospiti d’onore in carne ed ossa. Comunque, chiediamo il controesame di questi signori e il controesame degli imputati. Grazie.
Presidente: Prego,
Avv. Giovanni Paolo Voena: Sono l’avvocato Voena; parlo per la signora Baldi Iolanda. La mia esposizione introduttiva sarà brevissima, perché non ritengo che questa parte civile abbia molto da aggiungere alle parole del Procuratore della Repubblica. Faccio quindi mia l’esposizione introduttiva circa i fatti da provare. Del resto l’onere di una esposizione introduttiva più analitica spetta all’accusa, cui tocca porre le premesse di questo processo e al tempo stesso faccio anche mie le richieste istruttorie dettagliate, arringhe, proposte dal Pubblico Ministero. Mi riservo, però, dopo di prendere la parola, dopo che avrò sentito la difesa dell’imputato Vanni per intero esporre la sua linea introduttiva; perché già adesso anticipo che avrò alcune cose da dire circa le richieste di prova avanzate dall’avvocato Filastò. Grazie.
Presidente: Prego.
Avv. Eriberto Rosso: Sì, signor Presidente e signori della Corte, prendo la parola per Cambi Cinzia. Faccio mia la esposizione introduttiva del Pubblico Ministero. Già considerazioni sono state proposte in ordine allo spirito con il quale le parti civili affrontano il processo e il suo divenire, dopo che la Corte avrà ammesso le prove. Non ho richieste istruttorie specifiche da proporre e quindi mi richiamo a quanto già dedotto dall’ufficio della pubblica accusa.
Presidente: Bene.
Avv. Luca Saldarelli: Avvocato Saldarelli. Confesso il mio imbarazzo alla Corte, perché il processo penale è la verifica di una proposizione formulata dall’accusa. Ed è una verifica che deve avvenire in sede dibattimentale, perché dì fronte a voi deve formarsi la prova. La proposizione dell’accusa è chiarissima, nel suo contenuto enunciativo e nel suo contenuto probatorio. Ovviamente, parte da una contestazione di singoli fatti reato e questi chiede, la pubblica accusa, di poter provare. Dinanzi a questa chiara esposizione, sia in termini di proposizione accusatoria, sia in termini di richiesta di ammissione di provata la parte civile deve per forza di cose adeguarsi, perché per il solo fatto che si è costituita parte civile ha ritenuto la fondatezza di quella proposizione accusatoria e la sostanziale correttezza delle richieste che il Pubblico Ministero ha formulato, perché dinanzi al Giudice si formi la prova sia essa positiva, sia essa negativa – in ordine a quella proposizione accusatoria. Perché ripeto a me stesso, ma non dovrebbe esservene necessità alcuna, la Corte di Assise di Firenze è chiamata a decidere in ordine alla asserita, formulata, dichiarata responsabilità degli odierni imputati con riferimento a specifici fatti reato. È pur vero che la tendenza è sempre quella della ricerca della verità, però non vorrei che, a fronte di un obbligo chiaro e definito dalla norma processuale, che è quello di acquisire la prova al fine di affermare o delegare la responsabilità per quei fatti reato oggetto di contestazione, nei confronti di quegli imputati che oggi sono chiamati a rispondere dinanzi a voi, si possa in qualche modo allargare il campo della indagine dibattimentale per seguire od inseguire altre proposizioni o altre ipotesi che di fatto conflittano con quella che oggi a voi è stata proposta correttamente dal signor Pubblico Ministero. E in ordine alla quale questa parte civile intende cimentarsi, intende svolgere la sua attività di puntuale controllo, intende pervenire ad un suo convincimento all’esito dell’acquisizione di queste prove per formulare le sue conclusioni definitive. Certo, non nasconderò l’ulteriore imbarazzo che deriva a questo difensore dal meccanismo della acquisizione tout court di atti processuali, realizzati, acquisiti o svolti dinanzi ad un Giudice diverso da voi, relativamente ad una posizione che non è quella degli odierni imputati. In parole povere è un problema che più volte ci siamo trovati ad affrontare, e con riferimento a questo specifico problema. Poiché questo difensore di parte civile non vorrà mai sentirsi dire che questo processo sia stato preconfezionato in altra sede, laddove la Corte ritenga di assumere autonomamente e genuinamente quei mezzi di prova, ancorché sfogati dinanzi ad un’altra Autorità Giudiziaria, troverà il pieno ed assoluto consenso di questa parte civile. Ma in questi limiti. Non certo – ripeto e sottolineo – per inseguire ipotesi che non fanno parte del devoluto, che non fanno parte dell’accertamento che a questa Corte viene richiesto e viene demandato dal nostro ordinamento processuale e sostanziale. Con questi limiti e con questa dichiarazione, questa parte civile non può che concordare con le richieste formulate dal signor Pubblico Ministero. Propone fin d’ora un’opposizione a quelle richieste tendenti ad estendere il campo di indagine a fatti non oggetto della attuale proposizione accusatoria, sia che esse vengano formulati dalla difesa degli imputati, nel comprensibile tentativo difensivo di estendere l’indagine ad un campo ancora più vasto, sia che essi vengano formulati da parti civili che probabilmente non credono nella proposizione accusatoria formulata dal Pubblico Ministero, ma a quella devono adeguarsi. Perché di quello oggi si discute e di quello oggi è chiamata a decidere questa Corte di Assise, costituita in nome del popolo italiano. Per questi motivi, questo difensore concorda e fa proprie le richieste di prova formulate dal signor Pubblico Ministero con opposizione a tutte quelle richieste di prove formulate sia dalle difese degli imputati, sia da difese di parte civile che non abbiano attinenza con i fatti reato e con l’oggetto dell’accertamento devoluto a questa Corte di Assise. Grazie.
Presidente: Bene. Chi altro?
(voce non udibile)
Presidente: Per la parte civile c’è l’avvocato Santoni che parlerà domani mattina. Ora avvocato Zanobini, va bene?
Avv. Gabriele Zanobini: Sì.
Presidente: Avvocato Zanobini.
Avv. Gabriele Zanobini: Avvocato Zanobini per l’imputato avvocato Corsi. Signor Presidente e signori della Corte, questa difesa vuole provare la assoluta non responsabilità dell’avvocato Corsi, in ordine al reato a lui contestato dal Pubblico Ministero di favoreggiamento. E lo vuole provare con la assoluta mancanza di motivo alcuno, di interesse alcuno. Lo vuole provare con il tipo di conoscenze e di rapporti che il malcapitato avvocato Corsi, quale legale conosciutissimo in San Casciano, aveva con i protagonisti principali di questo processo, vale a dire con Vanni Mario e con Lotti. È per questo che questo difensore ha depositato nei termini una lista testi di tre, avrebbe potuto portare tutto il paese, ma ha inteso indicare tre testimoni, che sono suoi paesani, e sono paesani di Vanni Mario e di Lotti – quali persone nate e cresciute e sempre vissute in San Casciano; chef quindi, da lunghissimo tempo hanno avuto rapporti di conoscenza e di frequentazione sia con l’avvocato Alberto Corsi, che con Vanni Mario che possano riferire circa i rapporti fra questi ultimi. In particolare il tipo e il grado di conoscenza e di frequentazione di questi ultimi. Perché voi avete visto dagli atti, che sono già stati acquisiti, che si è detto vi sarebbe stato un rapporto di amicizia intima fra l’avvocato Corsi e il Vanni Mario. Quindi questo potrebbe essere uno dei motivi per cui il mio assistito avrebbe voluto aiutare, avrebbe voluto favorire quest’ultimo. Ecco, questo noi vogliamo provare che, in realtà, non è mai esistito. Abbiamo chiesto anche – ma credo che questo sia superato perché mi sembra che questa acquisizione sia stata ampiamente già a voi richiesta sia da parte del Pubblico Ministero che da parte del difensore di Vanni Mario – anche la acquisizione agli atti delle prove assunte nel procedimento presso la Corte di Assise di Firenze a carico di Pacciani Pietro; e per quel che riguarda la posizione del mio assistito relative, in particolare, alle dichiarazioni di Vanni Mario in quel processo e di Nesi Lorenzo in quel processo. Voi ricorderete che noi siamo solo ed esclusivamente qui per questa famigerata lettera. Ecco, le dichiarazioni di Pacciani e di Vanni e di Nesi in ordine a questa lettera, già in quella sede, credo che debbano essere prese in considerazione per tutte quelle discrepanze, contraddizioni, per quel che riguarda l’attendibilità di chi di questa lettera ha parlato in questo procedimento. Sempre allo scopo di dimostrare l’assoluta estraneità dell’avvocato Corsi, questo difensore, quindi, oltre all’ammissione della prova testi di cui alla lista e di cui vi ho ora parlato, chiede l’esame dell’imputato, avvocato Corsi; nonché di tutti gli altri imputati; nonché poi ovviamente il controesame di tutti quelli che sono i testimoni di cui altri hanno richiesto l’ammissione. E oltre naturalmente anche al controesame dei consulenti tecnici, pure, di cui è stata chiesta la ammissione. Io non ho altro da aggiungere, se non per quel che riguarda la richiesta di prova in ordine alla posizione del mio assistito formulata dal Pubblico Ministero e di cui la Corte sicuramente ricorderà a proposito delle osservazioni che il Pubblico Ministero ha fatto su questo punto nella sua relazione. Che il Pubblico Ministero ci indichi e ci indichi perché io possa essere messo in grado di contrastare con la cosiddetta prova a discarico su quali circostanze, quali nominativi e su quali circostanze i testi da lui indicati, tipo per esempio i due Ricci, la Bartalesi, il Bartalesi, eccetera, dovrebbero essere rilevanti in ordine alla posizione processuale del mio assistito. Perché io questo non l’ho capito e non riesco, anche a rileggerlo, a capirlo dalla lista testi. E quindi io gradirei che questa precisazione fosse fornita, perché così poi io posso dire e posso evidentemente replicare in ordine alla ammissibilità, in ordine alle circostanze precise e determinate sulle quali questi testi, per quel che riguarda il mio assistito, dovranno testimoniare. Non ho altro da aggiungere.
Presidente: Avvocato Bertini.
Avv. Stefano Bertini: Avvocato Bertini, difensore di Lotti. Signor Presidente e signori della Corte, questo difensore intenderà dimostrare la vera attendibilità di Lotti Giancarlo e la assoluta verosimiglianza delle sue dichiarazioni alla luce della articolata e complessa attività di indagine che ne ha costituito il presupposto e al contempo il riscontro più valido. Il P.M. vi ha illustrato come si è giunti a celebrare questo processo, come sono nate le nuove indagini, da che cosa hanno tratto impulso, attraverso quali accertamenti probatori si è arrivati a cumulare il capo di imputazione che per la prima volta comprende altri imputati, oltre al Pacciani, che per la prima volta conseguentemente comprendono la contestazione della associazione per delinquere. Ma vi ha spiegato il P.M. altresì qual è il ruolo importante, determinante, insostenibile che il Lotti ha in questo processo, quale suggello probatorio di questa attività di indagine complessa, nata dal processo Pacciani medesimo. Via ha però, spiegato altresì il Pubblico Ministero com’è nata la volontà di collaborare del Lotti Giancarlo, ed è questa la chiave credo la più importante delle sue dichiarazioni. Questi non si è presentato spontaneamente, sappiamo, a riferire quanto conosceva dei fatti di cui è il processo. Quindi ammettendo responsabilità proprie e degli altri, ma lo ha fatto in modo graduale, ha ammesso queste responsabilità in modo graduale, in modo diciamo abbastanza distante nel tempo dal momento in cui veniva assunto per le prime volte come testimone. E questo appunto ha un duplice significato, ha una duplice spiegazione: da una parte è pur vero che una simile convinzione deve e può maturare soltanto gradualmente in una persona, la convinzione di ammettere i fatti così importanti, così determinanti non può che nascere da un travaglio interno appunto che si è estrinsecato attraverso una serie di atti. Questo si intende anche provare. Ma si tratta anche oltremodo di fronte ad una emergenza processuale che lui non conosceva, ovvero, questi fatti li ha dovuti ammettere – come giustamente ci ha espletato il Pubblico Ministero – in quanto costretto dalla necessità di non poter negare circostanze evidenziate da testimoni, da emergenze oggettive che erano risultate da una attività di indagine esperita da Pubblico Ministero. Si è sentito stamattina che forse questa, il fatto che le dichiarazioni del Lotti non spontanee siano per sé stesse, per questo stesso motivo, poco attendibili. Ma la realtà, come vi ho detto, è ben diversa. Appunto perché hanno un presupposto in indagini concrete oggettive fatte e compiute dal Pubblico Ministero, è ovvio che esse hanno un riscontro ancora prima di essere riferite, perché esse hanno un presupposto valido in attività di indagine. Ecco quindi in base di che cosa cercare di affermare, dimostrare che effettivamente in questo processo che il Lotti ha detto il vero, che le sue dichiarazioni sono verosimili, che esse corrispondono effettivamente a emergenze processuali. Se questo è quindi il senso da dare alle sue dichiarazioni, poi vi è anche un’altra circostanza importantissima che occorre dimostrare in questo processo riguardo la posizione Lotti. Ovvero, occorrerà valutare attentamente qual è il livello della partecipazione del Lotti nei fatti di cui è il processo, qual è il grado della sua responsabilità. Il Lotti risponde, lo sappiamo tutti, di concorso con gli altri imputati in reati di cui ai capi di imputazione. Orbene, questo concorso alla luce delle emergenze processuali, ma alla luce anche di tutte le norme che disciplinano appunto il concorso di persona nel reato, deve essere valutato attentamente perché è ovvio, è evidente, è palese appunto che un conto è uccidere, un conto è seviziare, un conto è tagliare, un conto è essere presenti passivamente ad un fatto. Essere presenti poi passivamente vedremo poi, cercheremo di dimostrare per quale motivo anche lui lo era, per quale motivo fu costretto anche ad essere presente a questi fatti. Perciò, dicevo: un conto è uccidere, un conto è essere compartecipe passivo della commissione di un delitto. Quindi occorrerà a questo processo definire assolutamente quella che è la presenza del Lotti nei fatti di cui è il processo, che significato ha, quale apporto egli possa aver dato agli altri compartecipi. Questo è un punto essenziale riguardo alla posizione del Lotti. Però è ovvio appunto che, se come, se è vero, come molti psichiatri, psicologi hanno sostenuto che in ogni persona che è una parte latente in una… una violenza latente, è pur vero appunto che passare da questa, da idea di commettere un delitto, dalla accondiscendenza a commettere un delitto a commetterlo veramente, a uccidere materialmente, il passo è ben lungo. E comunque sia, questa difficoltà può essere ben superata attraverso un corretto approccio alle norme che decidono il concorso di persona al reato. Quindi, occorre valutare il tipo di apporto, se questo apporto è in efficacia causale con i fatti, quali si sono verificati; se questo apporto può avere determinato effettivamente, negli altri compartecipi, un aiuto a commettere i fatti medesimi. Questo, alla luce anche di quelle che sono le emergenze che riguardano gli altri coimputati. Perché sappiamo – risulta dagli atti di questo processo – perché si è anche detto che la personalità per esempio del Pacciani era talmente preponderante che ben difficile poteva supporsi un aiuto esterno da parte di chicchessia, perché i fatti, che lui ha commesso potevano essere compiuti senza l’apporto di nessun altro. In quanto fatti che lui stesso ha commesso con un apporto volontario assolutamente preponderante. Tutto questo si cercherà di dimostrare, dicevo, quindi arrivando a concludere, attraverso la audizione del teste che noi abbiamo dedotto nella lista testimoniale, attraverso praticamente il controesame di tutti quei testi che verranno ammessi dalla Corte e naturalmente dei periti che appunto, sono nelle liste testimoniali. E attraverso l’esame dell’imputato. Grazie.
Avv. Giangualberto Pepi: Signor Presidente e signori della Corte – avvocato Pepi per Mario Vanni – io sarò estremamente sintetico. Sarò estremamente sintetico perché ritengo che in questa fase non si debbano fare grandi ricostruzioni, non si debbano fare teorie, non si deve cercare la fiera delle vanità che purtroppo in questi giorni di giudizio, fin dal primo momento, nonostante il richiamo fatto dal Presidente della Corte che io ho condiviso fin da primo momento, è un processo serio.
Presidente: Avvocato, scusi se interrompo.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
Presidente: Ho prospettato alla Corte in camera di Consiglio, se lo spettacolo continua, si vuol trasformare il processo in spettacolo, di revocare l’ordinanza di ammissione delle televisioni e dei giornali.
Avv. Giangualberto Pepi: Va bene.
Presidente: Perché l’unico… Perché veramente vedo che si supera ogni limite.
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, ero della stessa…
Presidente: Questo, lo farò, il discorso, più in là.
Avv. Giangualberto Pepi: Ero della sua stessa linea, stavo facendo…
Presidente: Però questo è uno dei punti al quale la Corte non chiede consiglio.
Avv. Giangualberto Pepi: Appunto…
Presidente: Per evitare certi spettacoli.
Avv. Giangualberto Pepi: Era un modo di entrare…
Presidente: Bene, può riprendere, cortesemente può riprendere.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì. No, io non è che voglia fare né polemica e né niente.
Presidente: No, no, per…
Avv. Giangualberto Pepi: Io dicevo: questo processo è estremamente serio, è un processo che deve essere fatto con tutte le garanzie e queste garanzie ci sono. È un processo in cui da un lato si deve portare il dovuto rispetto a dieci giovani vittime, alle loro famiglie. E dall’altro lato si deve comunque portare rispetto a quelli che sono i diritti inviolabili della libertà, in questo caso del mio assistito. È un processo che va fatto secondo le regole. E secondo le regole io mi attengo nonostante che più volte, quando ho parlato di fronte alle Corti di Assise, ai Tribunali, alle Corti di Appello, ho sempre mosso un giudizio totale di critica al Codice di procedura penale che è stato introdotto nell’89. Io non condivido in nulla. Nonostante questo, vi è questo codice, rispettiamolo. E siccome va rispettato, oggi questo difensore si limita soltanto ad illustrare quelle che sono le sue richieste istruttorie. E devo dire che il mio discorso sarà estremamente sintetico, anche perché vi è un parere scritto del Pubblico Ministero nei confronti delle prove da me richieste senza alcuna opposizione, perché sono richieste istruttorie che ritengo – non perché le ho fatte io – ma sono richieste che attengono strettamente al rapporto processuale, strettamente alla posizione di estraneità che io cercherò di dimostrare del Vanni ai fatti omicidiari e che quindi abbisogneranno soltanto di alcune osservazioni. Loro, quando in Camera di Consiglio valuteranno l’ammissibilità o meno delle prove, vedranno che il mio capitolato è un capitolato tendente ad un duplice scopo. Da un lato vi è una serie di prove testimoniali e non testimoniali che attiene alla credibilità e alla attendibilità del Lotti e del Pucci. Vi sono dei testi indicati proprio per poter mettere in luce quelle che sono le discrepanze, le difformità, le contraddizioni, le affermazioni assolutamente incredibili che questa persona in tre interrogatori all’incidente probatorio ha ripetuto, anzi, direi ha peggiorato nella sua situazione. E su queste basi che vengono chieste e articolate, una serie di prove non solo sull’attendibilità, ma sulla personalità del Lotti per accertare che personaggio esso sia, che tipo di mente possa egli stesso avere. Se possa, a un certo momento, ravvisarsi nel Lotti la persona monomaniaca che abbia anche eventualmente la volontà o l’idea di autoaccusarsi anche di cose non fatte. Non escluderei che a un certo punto il Lotti non fosse nemmeno condannato per questi reati, ma magari fosse condannato per autocalunnia o calunnia. È questa la base su cui io punterò, la base per cui cercherò di dimostrare assolutamente l’inattendibilità della chiamata in correità. E soprattutto se anche il Lotti non è credibile nelle sue affermazioni, vi è anche un corollario successivo che riguarda il Pucci, una serie di prove. Io ho chiesto anche l’audizione del Pucci al quale vorrò chiedere certe spiegazioni e che dovrà spiegarmi certi tipi di attività non fatte, certi atti omissivi che non trovano alcuna logica se non si volesse poi ravvisare una possibilità di coinvolgimento del Pucci in questi fatti. Perché sennò altrimenti – e loro lo vedranno – non si capisce perché il Pucci non sia andato immediatamente dai Carabinieri a fare la denuncia di quello che aveva visto, di quello che era stato fatto. E questa difesa cercherà, nell’ambito delle sue forze, se gli sarà possibile, se gli sarà possibile continuare in questo tipo di difesa, cercherà di dimostrare che probabilmente Lotti, non solo non ha detto tutto, ma forse ha fatto anche qualcosa di più di quello che ha detto. E questo sarà la verifica dibattimentale. Perché nel dibattimento questo dovrà emergere. Dovrà emergere se il Lotti è veramente credibile, o se viceversa, sia semplicemente un calunniatore. E questi lo vedremo, lo valuteremo con le prove indotte da questa difesa, ma anche da quelle indotte dal Pubblico Ministero. È giusto quando il Pubblico Ministero ha iniziato la sua introduzione, la relazione introduttiva, quando ha detto: questo è il processo di Lotti, è vero. Perché tutto ruota intorno a questo personaggio. Purtroppo le conseguenze negative le ha subite un’altra persona che è il mio assistito: Mario Vanni. Però che questo sia il processo di Lotti mi sembra che nessuno lo possa escludere. E allora, siccome si è parlato da varie parti – domani probabilmente il difensore di parte civile che deve essere ancora sentito – farà le sue argomentazioni in materia, io ritengo che è molto più serio in un processo come questo attenersi ai fatti. Ed è un materiale probatorio che da questa difesa – il dottor Canessa me ne può dare atto – ho contestato fin dal primo momento, fin dal primo interrogatorio, ma questo è. Questo è il materiale probatorio, su questo dobbiamo lavorare, dobbiamo vedere se ho ragione io, se ha ragione questa difesa o ha ragione il Pubblico Ministero. Ma non possiamo scindere da questo paradigma. Questo è il reato. Viene contestato a tre persone più una per fatti molto più semplici e molto meno gravi. Noi dobbiamo soltanto difenderci da questo fatto. Se noi faremo questa attività avremo fatto, non solo l’interesse di Mario Vanni che mi sta a cuore da più di un anno e mezzo che lo seguo con passione, come attività questa situazione di quest’uomo. Innumerevoli sarebbero stati infatti che sono stati fatti a questo difensore, per cercare di dimostrare che Vanni non c’entra nulla in questo processo. Ma tant’è, noi dovremo, sulla base di queste prove testimoniali che abbiamo chiesto. Si è parlato stamattina, dice: perché non è stata richiesta una perizia psichiatrica nei confronti di Vanni? Con una indicazione evidentemente non so se di critica, adoperato di questo difensore. Voglio sperare che non lo sia. Ma la perizia psichiatrica da questo difensore non è stata chiesta per un semplice motivo: perché questo difensore è sempre stato convinto, primo che Mario Vanni, nonostante i suoi limiti intellettuali eccetera, non è una persona assolutamente incapace di intendere e di volere; e poi soprattutto perché non c’era da difendersi sotto un profilo di mandare quest’uomo in manicomio. Era semplicemente difendere quest’uomo da farlo uscire dal carcere. E io non mi sono mai pensato di fare una perizia psichiatrica su quest’uomo che non ne ha bisogno. Probabilmente ne ha bisogno Lotti, probabilmente ne ha bisogno Pucci e lo vedrete a seguito del dibattimento. Gli contesteremo tutto quello che c’è da contestare. E allora, signori della Corte, io mi accingo a concludere, perché come ripeto non è questa la sede in cui si debba fare e anticipare quelle che sono le mosse difensive. Perché in processi di questi genere io mi chiedo cosa potrà succedere domani, cosa potrà succedere domani l’altro. Vi potrà essere un programma istruttorio che è formulato magari in un certo modo e che ci darà risultati del tutto opposti. Come facciamo oggi a valutare questo? Atteniamoci quindi a quella che è l’imputazione. L’imputazione è di concorso in omicidio aggravato e altro che viene mossa a Vanni e ad altri soggetti. Su queste basi noi cercheremo e ci batteremo fino alla fine con tutti i nostri mezzi, con tutta la nostra forza, con tutta la nostra volontà che abbiamo dimostrato in più di un anno di difesa a Mario Vanni. Cercheremo di dimostrare che Mario Vanni non c’entra. Il signor Pubblico Ministero ha, nella sua relazione, individuato e ci ha detto che non vi è soltanto le dichiarazioni di Lotti, ma vi sono dei riscontri. Fra i vari riscontri viene anche indicata la famosa telefonata che viene intercettata tra il Lotti e la Ghiribelli. Questo difensore non è abituato a nascondersi dietro nessun dito. C’è questa dichiarazione, ma che cosa dice questa conversazione? Parla e dice che Lotti era lì. Ma da questo, a dire che c’era anche Vanni, il discorso è molto lungo. Che Lotti ci possa essere stato e che abbia fatto anche più di quello che ha dichiarato, lo valuteremo in dibattimento, sicuramente, attentamente. Ma tutto questo non implica che ci fosse anche Mario Vanni, come non ci fosse negli altri fatti. Dovremo verificarlo, lo verificheremo con calma, con serenità, con quelli che sono gli atti prodotti dal Pubblico Ministero, dai difensori di vario genere, di tutti quanti… Il processo sarà lungo, sarà quello che sarà. E alla fine vedremo se veramente vi sono soltanto le chiamate in correità fatte dal Lotti, se queste chiamate in correità siano corroborate o meno da altri elementi indizianti o indiziari o probanti. Valuteremo se le prove che noi abbiamo portato serviranno a scagionare totalmente il Mario Vanni. E pertanto io non ho da aggiungere altro. Ho da semplicemente insistere perché tutte le richieste che ai sensi del 468 Codice di procedura penale, questo difensore ha proposto. Insisto quindi per l’ammissione di tutti i testi a difesa, per l’esame degli imputati o indagati, ove essi accettino di rispondere alle domande. Ovviamente il controesame di tutti quelli che sono i testi indotti dal Pubblico Ministero e dalle altre parti. E insisto pertanto per l’accoglimento delle mie prove.
Presidente: Pubblico Ministero, vuole replicare alla richiesta dell’avvocato Filastò, o aspetta domani mattina per….
P.M.: Mi sembra che sarebbe bene fare una valutazione del Pubblico Ministero unica e globale dopo che hanno parlato tutte le parti, Presidente. Per questo mi sono permesso, prima di dirle… dico: ma se rimandiamo l’avvocato Santoni Franchetti, sulle quali io ho molte cose da dire, perché ha già presentato una lista testi.
Presidente: Sì, infatti.
P.M.: Eh, allora mi capisce, fare due interventi non mi sembra proprio il caso.
Presidente: Va bene. Allora rimandiamo a domani mattina…
P.M.: Bene, Presidente, senz’altro.
Presidente: Purtroppo è andata così, oggi. Allora ci aggiorniamo a domani mattina alle ore 09.00. Bene, grazie.
Presidente: Nuova traduzione dell’imputato Vanni.
Avv. Giangualberto Pepi: C’era Mario Vanni che voleva fare una dichiarazione.
Presidente: Un attimo solo, un attimo solo. Il Vanni vuol parlare…
Mario Vanni: Io non ho fatto del male a nessuno. A Sollicciano sono all’isolamento, ci sto poco bene. Mi manda a casa per gentilezza dalla mi’ moglie? Io non ho fatto niente.
Presidente: È questa litania tutti i giorni, noi abbiamo risposto già prima con l’ordinanza… Io credo che per ora sta bene così.
Mario Vanni: Sono innocente.
Presidente: Bene.