4 Giugno 1997, 5° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
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Presidente Federico Lombardi, Avv. Luca Santoni Franchetti, Avv. Giampaolo Curandai, Avv. Aldo Colao, Avv. Giovanni Paolo Voena, Pubblico Ministero Paolo Canessa
Presidente: L’avvocato Pepi?
Avvocato: (voce non udibile)
Presidente: Ah, benissimo. Allora, l’avvocato Barattini… L’avvocato Pepi per Vanni; Faggi c’è l’avvocato Fenies; Lotti, l’avvocato Bertini è lì.
Avv. Stefano Bertini: Sì, presente.
Presidente: C’è Lotti?
Avv. Stefano Bertini: No, non è presente.
Presidente: Zanobini? Dov’è Zanobini? È presente, va bene. Corsi è sempre contumace. Poi abbiamo le altre parti: Luca Saldarelli… Chi lo sostituisce?
Avv. Patrizio Pellegrini: Posso sostituirlo io, Presidente.
Presidente: Bene. Allora, Luca Saldarelli è sostituito dall’avvocato Pellegrini. Puliti?
Avv. Andrea Capanni: Lo sostituisco io, avvocato Capanni.
Presidente: Avvocato Capanni.
Avv. Andrea Capanni: Grazie.
Presidente: Curandai è presente. Ciappi e l’avvocato Voena. Poi Colao è presente. … è presente. Luca Santoni Franchetti è presente. Avvocato Eriberto Rosso… sostituisce Capanni?
Avv. Andrea Capanni: Sì, signor Presidente.
Presidente: Bene. Ci siamo tutti. Volevo fare una precisazione. Ieri, al termine dell’udienza, ho detto che la Corte avrebbe potuto rivedere il provvedimento di ammissione delle telecamere in aula. Chiaramente non era rivolto ai giornalisti e ai fotografi, operatori che stanno facendo il loro dovere con perfetta armonia, io ne do atto e li ringrazio. E tanto sono convinto di questo – e tutti possono vederlo – che mi sono interessato presso il Presidente del Tribunale, più volte, per risolvere il problema di coabitazione con l’altro processo. Proprio per non trasferirci nell’aula Dionisi, che è un’aula troppo piccola per accogliere tutti; soprattutto per voi che fate informazione. Allora stiamo risolvendo quel problema con gli organi del comune, per mettere delle gabbie aggiuntive di là, per risolvere il problema dei detenuti soggetti al 41 bis. Tutto qui. Quindi io vi ringrazio per il modo in cui state operando. Non era rivolto a voi. So che un portavoce di Canale 5, mi sembra – un giornalista, non mi ricordo dov’è – lui sì; l’ho fatto presente a lui, ma comunque non eravate voi l’oggetto della mia osservazione. Voglio evitare, comunque, che il processo si spettacolarizzi troppo. Ammetto che per certe cose è difficile stare nei binari stretti, però certe intemperanze vanno eliminate. Noi abbiamo bisogno di serenità; abbiamo bisogno di fare il processo con calma. Tutti avranno il loro spazio, l’ho già detto all’inizio di questo processo; quindi non c’è motivo, soprattutto, di fare polemiche e di portare tensioni. Detto tutto questo, si può iniziare. Allora, avvocato Santoni Franchetti, la parola a lei.
Avv. Santoni Franchetti: La ringrazio, Presidente. Non mi è facile spiegare tutte le istanze in problemi che si agitano in me in questo processo. Io so per certo una cosa, Giudici, che questa è una storia processuale anomala; talmente impregnata di mistero, di enigmi, di contraddizioni, che l’ha resa singolare e famosa in tutto il mondo. Diciamo che nella storia del crimine è veramente unica, eccezionale, per delle caratteristiche precise – che vedremo, che analizzeremo – perché in questo processo cercheremo come sempre di dare delle risposte. Ma le risposte, vivaddio, nasceranno a delle domande che ci porremo qui oggi, perché la prova, ricordiamocelo, si forma al processo. Ho detto che è un processo, una storia criminale densa di mistero. E bisogna procedere, quindi, con grande cautela. Ricordiamoci che di questo processo si sono occupati, negli anni, nei decenni, valentissimi magistrati. I Giudici popolari non lo sapranno, ma nel 1968 – e parleremo brevemente dei singoli omicidi, per capire per cosa dobbiamo cercare, quali sono i problemi che oppongono accusa, difesa e tutti i protagonisti del processo – se ne occupò un famoso magistrato, che voi avrete sentito in televisione: dottor Caponnetto; famoso per voi per essere parte del pool antimafia di Palermo. Se ne occupò lui nel ’68; se ne occupò un altro magistrato valentissimo nel ’74, il dottor Mario Persiani; valentissimo magistrato, oggi in Cassazione. Poi il dottor Tricomi, la dottoressa Della Monica, il Dottor Izzo. E tanti altri… Il dottor Rotella. Tutti costoro si può dire che hanno avuto tesi diverse – tesi a cui si sono appassionati, che hanno portato avanti con coraggio, con intelligenza – che poi si sono dimostrate in qualche modo sbagliate. Processo che ha visto incarcerati lo Spalletti, Vinci Francesco, Mele, Mucciarini; per altri motivi Salvatore Vinci e tante altre persone – quattro o cinque, se non sbaglio – indagate per questi fatti e arrestate per questi fatti e poi risultate in qualche modo, scarcerate perché non dico innocenti, ma non colpevoli. Quindi, tantissime persone arrestate e poi scarcerate. Quindi, la confusione, la mancanza di certezze è grande. E per quello, ripeto, bisogna procedere con grande cautela. Io seguo questo processo dal 1974, e i miei atti, la mia biblioteca del processo è pari soltanto a quella di un noto giornalista della RAI, che ha quasi tutto ancora, lui, e certamente, però, inferiore a quella del Pubblico Ministero. Io parlerò, quindi, di quello che ho visto, dei problemi che ci sono, e sto limitandomi – perché sono parte civile – ai fatti storici. Cercando, dai fatti storici, di avere delle risposte. Perché le dico a lei, Presidente, subito: se dal 1981 avessi chiesto la testa dello Spalletti, allora imputato, di Francesco Vinci, del Mele, del Mucciarini, invece di limitarmi ai fatti, mi sentirei oggi una peripatetica, buona ad ogni uso, e non lo sono. Perché capii, allora, dopo aver sbagliato – e vi dirò, perché i miei errori penso possono servire a tutti – dopo aver sbagliato parecchie volte, capii che se in questo processo noi lasciamo quel binario oggettivo, concreto, legato morbosamente soltanto ai fatti, piglieremo ulteriori abbagli. Questa premessa la ritenevo indispensabile, Presidente, perché è molto importante anche per capire quello che noi pensiamo e quello che noi vogliamo da questo processo che venga fuori. Perché oggi noi discutiamo finalmente – e sono molto contento, signor Pubblico Ministero, e lei lo sa – di una pluralità di persone coinvolte nell’omicidio. Io questo l’ho sempre sostenuto. L’ho sostenuto quando fu arrestato Francesco Vinci, l’ho sostenuto quando fu arrestato lo Spalletti, lo sostenni quando fu arrestato il Mele e Mucciarini e quando era indagato Salvatore Vinci. E l’ho sostenuto fortemente nel processo contro Pacciani, che era considerato rigidamente monoautore. L’ho sostenuto contro tutti gli scienziati e gli accademici. E gli accademici che hanno scritto, pubblicato su questa storia. Tutti; e oggi lo sostiene ancora fortemente ancora la difesa. E questo sarà oggetto di grande discussione, perché io, sentendo la relazione appassionata e come sempre coltissima della difesa – degli avvocati Filastò e Pepi – ho sentito parlare di serial killer. Rigidamente monoautore. Mentre noi oggi parliamo di una pluralità di persone. Quindi, noi dovremo dire, ancor prima di dire Vanni, Faggi, Pacciani, Vinci o altri: ‘ma risulta dagli atti, gualche cosa – lasciamo stare le testimonianze, ma dai fatti – che siano più autori? ‘ La mia risposta è sì. E l’ho sostenuto in tempi non sospetti, Presidente, duramente nel processo contro Pacciani. Ma perché partivo dai fatti, e continuerò, oggi, su quella linea. La Procura della Repubblica me ne ha dato atto. La cordialità della Procura della Repubblica nei miei confronti, Presidente, non è mai mancata: né sul piano personale, come d’altronde non è mai mancata con le altre parti, né sul piano processuale. E vedremo, allora, perché sia sul piano scientifico sia sul piano pratico: è vero, sono più autori. Allora, incomincerò a parlare di questi delitti, per spiegare perché oggi c’è questo grande contrasto, che credo diventerà a volte drammatico, durante lo svolgimento del processo. Saranno sentiti i periti, persone, su questo tema che è fondamentale. Voi sapete che i delitti sono uniti da un filo, che è rappresentato dalla pistola calibro 22 che ha ucciso nel ’68, nel ’74, nell’81, ’81, ’82, ’83, ’84 e ’85. Noi sappiamo per certo, perché hanno fatto perizie su perizie, che non so se voi avete su questo tema: la pistola è la stessa. Sono stessi gli autori? Noi non lo sappiamo. Noi si ha certezza di questo legame nel 1981. Perché nel 1981, dopo che viene arrestato lo Spalletti, che era un guardone di Montelupo, si incomincia a capire che questi delitti sono più di uno. Steso modo di uccidere nell’81, giugno- settembre ; chiaramente ’74, e poi si scoprirà, vi dirò come, il 1968. Allora fu discussa una tesi, Presidente, e io fui protagonista, credo sbagliato, sostenitore acerrimo, scientificamente – ero un giovane criminologo della scuola di Modena – di dire: è un monoautore, un serial killer. Va bene? Non so e voi avete visto – visto che si è parlato precedentemente di film – un film famoso, americano: Psyco, di Hitchcock. Siccome gli americani fanno dei films con grande rigore scientifico, il tema è affascinante. Perché si vede una persona con un grossissimo problema con la madre, che vive da sola, quindi problemi sessuali, il conflitto edipico con la madre. Abbiamo tutta una serie di argomentazioni che portarono, allora, a ricercare a tappeto tutte le persone che vivevano sole e che avevano un conflitto fortissimo con la madre. Furono perquisite centinaia di abitazioni, forse migliaia; indagate a tappeto tutte le persone che avevano determinati requisiti; però questa tesi, pian piano, incominciò a dimostrare delle crepe. Perché? Fui io, con un’istanza alla Procura della Repubblica, a chiedere – in ossequio ad un principio scientifico famosissimo che si chiama coazione a ripetere, di cui ha parlato un illustre psicanalista e criminologo, Theodor Reich – di andare a ricercare nel passato quale poteva essere la motivazione di questo omicida. Me ne dà atto la Procura della Repubblica, perché c’è l’istanza; me ne dà atto la stampa, perché chiesi a tutti aiuto per cercare – alla dottoressa Della Monica la presentai – per avere persone che mi aiutassero in questa ricerca, finché a un maresciallo, mi sembra dei Carabinieri, gli venne in mente che nel 19 68 c’era stato un omicidio che poteva spiegare questi fatti e poteva essere l’origine storica di questi fatti. Questo omicidio era stato commesso – c’era una sentenza passata in giudicato – da un certo Stefano Mele e da un gruppo di sardi. Nasce allora, nel 1981, questa serie di indagini su questo clan di sardi. Ed è importante, perché ce lo siamo tirato dietro fino ad oggi. Il clan dei sardi era una cosa molto strana, in poche parole, perché questo Stefano Mele era sposato con una certa Barbara Locci e convivevano tutti insieme in casa con altre persone, certi Vinci – vari fratelli: Giovanni, Francesco, Salvatore – e andavano tutti a letto insieme. E addirittura c’erano dei rapporti singolari, li potremmo definire perversi. Talché si disse, allora, che i Vinci avrebbero detto a Stefano Mele: “Tua moglie ci tradisce, uccidila”. E questa storia, poi, si sarebbe riverberata nei delitti successivi. È molto importante – e anche di questo, Presidente, sono molto contento, oggi – perché nel primo processo contro Pietro Pacciani si escluse – si escluse rigidamente – l’ipotesi della presenza, in questi delitti, dei sardi. Io, in quella sede però, combattei duramente per ricordare che questa presenza, invece, era importante. E voglio fare una parentesi, Presidente. Io, nel processo contro Pietro Pacciani – che ricordo si voleva monoautore e addirittura colpevole di quel delitto del ’68, che invece era stato attribuito a vario titolo ai sardi, cioè Stefano Mele, Vinci, eccetera – presentai una lista di testi, in un processo in cui era escluso questa ipotesi in cui c’era: Natalino Mele – il bambino famoso, ne avrete sentito parlare, che era sulla macchina quando la moglie di Stefano Mele fu uccisa, c’era il Mele, il Mucciarini, la moglie di Salvatore Vinci. E io devo ringraziare, Presidente, il Presidente Ognibene e il Procuratore della Repubblica, il dottor Canessa, che non si opposero a questi testi. E furono sentiti. A volte si dice che questa parte civile è un po’ anomala. Allora fui sicuramente anomalo, perché portai nel processo temi e tesi completamente estranee alla richiesta di rinvio a giudizio. Ma Presidente, lo voglio ricordare, quei testi – non si oppose il P.M. – furono sentiti, furono ammessi. Combattei contro la condanna del Pacciani per il delitto del 1968, in ossequio a un principio che mi contraddistingue in questa storia: dobbiamo dare a ciascuno il suo, dobbiamo individuare esattamente fatti e responsabilità, perché solo in questa maniera la tesi della pluralità di persone, che oggi sosteniamo, può mantenersi e soprattutto focalizzare la responsabilità di tante persone. Tutti devono pagare per questi terribili omicidi. E se noi non individuiamo, non ricostruiamo storicamente i fatti, non ce riusciremo. È questo il nostro compito, quello che vogliamo: prima la ricostruzione dei fatti, poi le responsabilità degli individui. Quindi, è un ringraziamento, Presidente, a quello che è stato fatto e ai Giudici del Primo Grado, che mi permisero allora di indagare in questo senso e d oggi sono contento, perché la pista sarda, non dico responsabilità a tutt’oggi, perché non abbiamo imputati costoro – forse qualcuno è anche morto, figuriamoci – ma certamente il legame in questa storia, la loro presenza, la presenza della loro ombra c’è. E va spiegata esattamente. Vede Presidente, io penso una cosa e la devo dire a futura memoria. Se mi sono battuto per la pluralità, sempre, dei responsabili… e per la presenza dei sardi ho un perché ho parlato prima dell’ostilità accademica e scientifica contro la tesi che non sia il serial killer, la persona alla Psyco, che abbia problemi edipici, sessuali, l’odio/amore nei confronti della madre, e quindi della vendetta sulla donna, noi abbiamo avuto conferma che queste tesi non sono tesi assolute dai fatti terribili che si sono svolti recentemente in Belgio. Tutti voi avrete visto la morte, gli omicidi di tanti ragazzini, di tanti bambini, ad opera di gruppi di pedofili… Anche lì, inizialmente, si pensò a dei serial killer e purtroppo la verità era molto diversa. Quegli omicidi, quelle vittime erano frutto di gruppi di persone; che hanno compiuto questi delitti, persone fra l’altro insospettabili, colletti bianchi, come si suol dire. E allora, quella tesi scientifica, Presidente, che vede possibile, certo anzi, abbiamo dei documenti storici ineccepibili in Belgio è fondata. E quando ci sarà lo scontro tra i sostenitori del serial killer anonimo, il solitario che colpisce, e dei gruppi, ricordatevi – e porteremo una letteratura infinita, italiana, su questo punto – vedrete che la pluralità di persone è anche scientificamente e teoricamente possibile. Il Belgio ce l’insegna. E la mia paura è che non solo questo gruppo, per ora anonimo di persone, qui abbia ucciso 16 persone, ma ne abbia certamente uccise molte di più. Questo è un mio sospetto. Una volta tanto, lasciatemi uscire dai fatti e dire: questo è possibile. Spero che l’attentissima Procura della Repubblica, che tanto indaga, porterà, come sembra, ulteriori, in futuro, processi contro persone che legate a questo gruppo hanno ucciso, hanno compiuto anche altri omicidi. Io non voglio, ora, tediare troppo, perché avevamo incominciato a parlare dei 1974 e di questi delitti. Vedano, ci sono delle differenze fondamentali. E noi le dobbiamo dire, perché ancora ipotesi che sarà discussa in questo processo, anche se lateralmente, questi delitti sono diversi. Nel ’68 è un’esecuzione fredda. Dovremo pur rispondere a questi temi. Vengono uccise due persone; non vengono toccati i corpi, non vengono portate mutilazioni. Nel 1974 la donna viene invece colpita da 96 colpi, dico 96. Voi non avete le fotografie di quel delitto qui, ma pensate – a casa fate un esperimento – di prendere un pezzo di pane e tirarci 20 coltellate sopra. Dopo 20 coltellate, il vostro braccio sarà stanco. Pensate di tirarne 96. Deve essere dentro una furia talmente forte, bestiale, violenta, apocalittica, direi quasi; che dimostra che quel delitto ha un etimo, una caratteristica specifica, che manca, poi, nei delitti dell’81. Perché è vero, lì vengo uccisi freddamente, poi viene compiuta un’operazione, più o meno variata, al pube, al seno, che però è uno spregio, una firma specifica ma manca questa violenza. Ne dovremo trarre, forse, delle conseguenze specifiche. Ho detto che l’altra grande caratteristica di questi delitti – e noi dovremo riflettere su questo, è importante – è il tempo. Quando diremo: non è un serial killer, perché su queste cose dovremo batterci e mi batterò per questo, penso contro la difesa… Il tempo: ’68, ’74; passano sette anni, circa. ’74, ’81, passano altri sette anni. Vi sembra un serial killer a voi? Il serial killer, sappiamo, ha un’attività omicida consequenziale e progressiva, logaritmica. I mostri di Milwakee o quelli russi hanno ucciso centinaia di persone, decine e decine di persone, in un crescendo continuo che non tollera, però, delle cesure temporali così forti. Allora dovremo andare a capire qualche cosa meglio: perché ci furono queste cesure temporali, nel limite, ovviamente, dell’accusa portata attualmente agli imputati. Una risposta c’è, Presidente. Una risposta che torna, in questo processo, tramite un interrogativo che ha aperto il signor Lotti, pentito eccellente del processo, quando dice di aver incontrato il signor Vanni che parlava con il Vinci, e che lo stesso, poi, gli avrebbe detto che questi omicidi e l’omicidio del 1983 sarebbe avvenuto per liberare lo stesso Vinci. E dovremo indagare un momentino se questa frase, al di là del personaggio da cui proviene, è vera o non è vera, e se abbiamo qualche elemento di riscontro. Perché questo delitto è segnato anche da una caratteristica eccezionale. Si può dire che ogni volta che veniva arrestato qualcuno – Spalletti nell’81, Vinci nell’82, Mele e Mucciarini poi nell ’83 – viene effettuato un omicidio e questi escono. Vengono liberati. Si può dire che Spalletti, Francesco Vinci, Mele, Mucciarini e infine il Salvatore Vinci vengono liberati perché qualcuno ha ucciso mentre loro erano in carcere, o comunque per l’ultimo fortemente sospettati e indagati. E questa è una cosa realmente singolare. Questo sospetto che noi avevamo – e su cui mi sono, Presidente, sempre battuto, tutti lo sanno, dicendo che il 1983 fu compiuto sui due tedeschi e non su un uomo e una donna perché assolutamente doveva essere messo fuori Francesco Vinci – viene in qualche modo, oggi, confermato dal Lotti, Vero, non vero: lo vedremo. Questi sono i temi fondamentali del processo, su cui noi dobbiamo indagare e su cui ho cercato di portare delle prove. Ho anche detto – in ossequio a un altro principio e a quei pochi principi criminologici a cui mi ispiro in questa storia – che pure si presterebbe il fianco a lunghissime dissertazioni scientifiche, se è vero il principio di coazione a ripetere suffragata dalla Procura della Repubblica, perché dovete sapere che abbiamo ritrovato come molla ispiratrice di questi delitti il ’68, ma vi sono ulteriori molle. Per il Pacciani, addirittura, si risale nella notte dei tempi al 1951, se non sbaglio, quando uccise un uomo, perché stava avendo un rapporto sessuale con una sua donna – che poi non era la sua donna – ma comunque, insomma, era una persona a cui lui era affezionato. E per i sardi si risale ancora agli anni ‘ 60 e precedentemente con un altro omicidio, che si vorrebbe a loro imputare. Quindi noi vediamo che gli etimi di questa coazione a ripetere sono infiniti. Ma ce n’è un altro: noi si dice che l’assassino lascia la firma. E io ho, e vorrei, in questo processo, chiamato testimoni, controllare se è vero. Noi abbiamo, per esempio, nell’omicidio di Vicchio quella telefonata alle 4.28 cosi misteriosa. Abbiamo nell’omicidio di Calenzano un’altra telefonata alla famiglia successiva altrettanto misteriosa… non di Calenzano, nell’omicidio Migliorini. Abbiamo, nel secondo omicidio ‘81, venne lasciata una traccia ulteriore sul luogo del delitto, su cui dobbiamo indagare. Abbiamo, nel 1983, sicuramente – ed ora chiederò l’acquisizione – lasciato da parte, dell’omicida, una rivista sul luogo dell’omicidio. Abbiamo sicuramente, nel 1985, un segnale stranissimo, che è la famosa lettera con, purtroppo, un lembo del seno della povera Mauriot, della ragazza francese, spedita alla dottoressa Della Monica. Tutti questi atti successivi, e forse qualcuno non l’abbiamo letto, non l’abbiamo visto, non l’abbiamo considerato, ci dovranno far riflettere. Dovremo, se possiamo, se ci riusciamo, farli parlare. Questo è il compito di questa parte civile, quello che mi sono prefissato: di rivedere attentamente, di rivalutare questi dati sostanziali, concreti, oggettivi, come questa è una penna, questa evidentemente è una penna, il cappuccio, il biro, il refill, ecco, i dati concreti dobbiamo farli parlare. Io, Presidente, ho chiesto delle prove testimoniali – le prove testimoniali sono, in parte, quasi tutte uguali a quelle del Pubblico Ministero – medico-legali sull’esecuzione degli omicidi. Questo è il compito che mi sono prefissato – ho richiamato anche i professori modenesi – per avere una chiara, se possibile, una chiara definizione delle modalità di esecuzione e dei reperti che furono allora trovati sul luogo del delitto. Ho chiesto, ed è l’unica cosa che mi sembra il Pubblico Ministero si sia opposto, di sentire testimoni del delitto del 1974. Giustamente il Pubblico Ministero dice: guardate, che non sono attinenti alla contestazione oggi effettuata. Sì, ma non era attinente, potrei dirle, Presidente, allora nemmeno Natalino Mele o altri testimoni chiamati, ammessi senza opposizione del P.M. del primo processo. Ma perché mi interessa il ’74, Presidente? Perché vorrei vedere se in quel delitto – che è prodromo, perché è il punto centrale: sette anni prima il ’68, sette anni dopo la sequenza degli omicidi dell’81 – se in quel delitto possiamo ritrovare elementi che ci illuminano; o delle diversità. Perché stiamo bene attenti. Dicono che il signor Vanni abbia conosciuto Pacciani nel 1978. Ne siamo sicuri? Possiamo, attraverso la lettura dei fatti costruire qualcosa di più certo, di diverso, vedere se fra questi delitti vi sono quelle dissomiglianze, quelle divergenze che prima vi ho illustrato, o no? Certo se ci sono è molto importante, Presidente. Se tra il ’74 e l’81 ci sono delle divergenze assolute allora certe tesi accusatorie hanno un maggior peso, o forse è il contrario, non lo so. Io sono arrivato addirittura a pensare – ma questa è una mia ipotesi Presidente, ma me la lasci dire, ieri ne ho sentite tante di ipotesi, splendide, coltissime, ma soltanto ipotesi – che possano essere tre mani diverse, tre storie diverse ’68, ’74, ’81 e seguenti. Ma vogliamo andarle a vedere? Il ’68 no, perché il ’68 abbiamo sentenze passate in giudicato di tutti i tipi che furono i sardi, noi non possiamo ritornare lì. È prodromo come il 1951: non possiamo rifare il processo del 1951 del Pacciani o al processo in Sardegna a Salvatore Vinci quando fu accusato di avere ucciso la moglie. Quelle sono storie assolutamente chiuse e noi non ci possiamo fare nulla. Ma il ’74, no. Il ’74 è stato imputato una persona che oggi è definita correa di questi attuali imputati, cioè Pacciani. E allora vogliamo vedere un momentino se vi possono essere dei dati fattuali, oggettivi e concreti di unione? Ecco, questo era il significato della mia domanda e di questa lista testi. Nessun altro, perché non ce ne potevano essere assolutamente altri. Ricordandoci poi che il 1974 – ed è molto importante – è il luogo prossimo, sono due chilometri circa, forse tre, dal luogo dell’omicidio del 1984 dei ragazzi di Vicchio, quindi abbiamo una contiguità spaziale veramente stretta. Dal che si disse che dopo 10 anni, 1974, 1984, l’omicidio di Vicchio sarà la ripetizione di quello di Borgo San Lorenzo. E allora se abbiamo questa immagine speculare vogliamo – voi soprattutto che non sapete di questa storia – vederlo un pochino a di presso? Quando io vi chiederò di andare a fare un sopralluogo sui tragitti e sui luoghi del 1984, cioè dove è avvenuto l’omicidio dei ragazzi di Vicchio, e l’ho chiesto nella mia istanza istruttoria, allora quell’omicidio che è avvenuto lì a poche centinaia si può dire di metri, in linea d’aria saranno 800 metri, non vogliamo saperne nulla? Non vogliamo conoscere i dettagli? Per me è importante e io ho demandato alla Corte questa possibilità di sentire gli uomini che indagarono nel 1984. Perché nel 1974 ho chiesto soltanto la presenza dei medici legali, il professor Maurri, dottor Morelli e dei marescialli dei Carabinieri che fecero le indagini. Nessun altro. Vi sono altre istanze Presidente. Perché vede, quando noi abbiamo parlato di sardi abbiamo detto: la pistola l’hanno usato loro nel ’68, forse c’entrano anche in quelli successivi. Abbiamo detto: ma nell’81… guarda caso incominciano nel giugno del 1981. Nell’aprile del 1981 esce Stefano Mele, che era stata la persona condannata per il delitto del 1968, cioè dove per la prima volta spara quella maledetta pistola. È una combinazione? Ma chissà se è una combinazione. E una combinazione che il delitto avviene vicino a Montelupo? dove stanno i Vinci? Ed è una combinazione che lo Spalletti, il guardone che avrebbe visto questo omicidio, sia di Montelupo? Anche questa è una combinazione? Ed è una combinazione che costoro, ogni volta che vengono arrestati, avviene un altro omicidio e vengono messi fuori? Ed è una combinazione che il signor Lotti li veda a San Casciano a parlare col signor Vanni? No, forse un’attenzione particolare anche a questa storia parallela andrà data, per vedere se magari un giorno il numero degli indagati e magari degli imputati possa aumentare. Poi vi sono delle altre istanze da parte della difesa di parte civile del ’74. Noi abbiamo detto, Presidente, non abbiamo paura della verità. Una volta tanto in vita mia, io faccio il difensore, forse questo ruolo me lo porto sempre dietro, ma come parte civile mi sento libero. Non sposo nessuna tesi, non ho un imputato da assistere. Ho avuto un ampio mandato dei miei assistiti di ricercare semplicemente la verità. Ma prima la verità dei fatti, il perché dei fatti. E allora mi dico, perché non costruire su basi solide questa verità, visto che tante persone sono state arrestate, Presidente, e poi scarcerate. Anche il Pacciani è stato arrestato e poi scarcerato. Che di certezze ancora non ne abbiamo, ma forse, forse in questo processo possiamo arrivare ad averne. È, diciamo, il processo dove si discutono fra l’altro le mie tesi, ne sarei molto contento. Ma allora perché non fondarle rigidamente sui fatti, poi le eventuali sentenze di condanna o di assoluzione. E allora cosa abbiamo chiesto? Uno dei problemi più grossi in questa storia, più enigmatici sono i delitti del 1983 e del 1985, perché? Voi vedrete nelle ricostruzioni dei medico legali dell’omicidio dei tedeschi del 1983, che è anomalo rispetto agli altri perché vengono colpiti due uomini. Se l’omicida colpisce per esternare questa sua vendetta nei confronti della donna, perché va a uccidere due uomini? È importante questo processo perché ci viene a dire qualcuno: guardate che quell’omicidio fu fatto essenzialmente per scarcerare il Vinci. Io ho sempre sostenuto, forse sbagliavo, queste tesi; c’era chi sosteneva perché si era sbagliato. Ha visto un furgone, due persone dentro, ha detto non possono che essere un uomo e una donna. Si è sbagliato e quando se n’è accorto ormai era troppo tardi, ha preso e se n’è andato. Eh, ma oggi noi su queste ricostruzioni dobbiamo essere estremamente attenti. E che cosa ho chiesto? Ho chiesto : ma si vuol riprendere questo pulmino benedetto, metterlo in quel posto e vedere – perché vi sono dei problemi medico-legali nell’esecuzione di questi colpi – vedere come è avvenuto, abbiamo anche un teste oggi, o un presunto teste, come è avvenuto questo omicidio? Il professor Beduschi, luminare dell’università di medicina legale di Modena disse prima che la persona che ha sparato doveva avere una certa altezza, poi modificò dicendo che forse sparava in questa maniera, e ci sono i filmati. Il professor Maurri di Firenze disse no, il tiro è avvenuto a braccio teso, in maniera completamente diversa. Non c’è assolutamente conformità di pareri su di loro e addirittura la ricostruzione fatta dalla facoltà di medicina legale di Firenze sembrerebbe quasi un attacco degli indiani che sparano girando intorno al furgone. Ma non possiamo andare a vederlo questo luogo? Ricostruire. In un paese dove si spende miliardi per sapere… per macchinari, per sapere se un pallone è passato al di là della rete, se è gol o non è gol, noi non vogliamo andare a vedere con i nostri occhi questo pulmino? Abbiamo le altezze, abbiano i fori le fotografie di dove sono stati sparati i colpi e vedere come fu fatto questo omicidio, come avvenne la ricostruzione? Perché voi che non avete mai visto penso questi posti avete una grande difficoltà a ricostruire questo omicidio che è difficilissimo e vi chiedo, Presidente, quanto potrà costare, coi tempi così lunghi di questo processo, andare – niente – a fare questa ricostruzione? Non siamo capaci di trovare un pulmino del genere, ma scherziamo! Ho chiesto questo; la ricostruzione di questo posto. Così ho chiesto di andare a effettuare un sopralluogo sui luoghi di Vicchio, perché Lotti farà tutta una ricostruzione di dove viene nascosta l’arma, del tragitto complessissimo. Io sono di quei posti, Presidente, so perfettamente, li ho rifatti quei tragitti, ho preso tempi, distanze e tutto. Ecco, vorrei capire esattamente la ricostruzione anche di questo omicidio, di andar là a vederlo con gli occhi. Si dice: “evidence” in inglese è prova, vedere e la prova maggiore quando io vedo una cosa evidentemente questa è prova, sennò sono supposizioni e navigare nel buio. Andiamo a vederli. Non mi sembra di chiedere delle cose contro l’accusa o contro la difesa, ma soltanto delle cose che fondano in maniera oggettiva e rigida la verità. Poi la sentenza. Una sentenza che è importante, che può mettere fine a questa storia. Ma proprio perché noi abbiamo questa pluralità, addirittura mi sembra che si stia svolgendo da parte della Procura della Repubblica, così ho saputo dalla Procura stessa e poi leggendo i giornali: un mostro. Allora andiamo a fondare in maniera certa le nostre future deduzioni, mie e soprattutto le vostre. Ecco quindi il significato di questi accertamenti che noi abbiamo chiesto nella nostra richiesta di prove. Ma ce n’è un altro, Presidente, che per noi è molto importante. Abbiamo detto che sui luoghi del delitto sono stati trovati reperti importanti. Abbiamo detto, e lo vedremo perché interrogheremo nel delitto del 1981 di Calenzano il maresciallo, mi sembra Dino Salvini, interrogheremo il carabiniere Messina nel delitto di Vicchio, vedremo che ci sono delle cose su cui noi dobbiamo riflettere e sono veramente molto importanti. Anche perché confermano determinate piste, determinate responsabilità. Ma ce n’è una in particolare, Presidente, nel 1983: delitto dei tedeschi. Durante il processo di I Grado, che fu tanto importante. Ricordiamoci, io le devo ancora ringraziare il Presidente, perché se a norma del Codice di procedura penale è annessa una domanda a chi ha chiesto il teste, che poi potrà controinterrogare, il Presidente, che sapeva perfettamente le difficoltà e le anomalie di questo processo, si permise a tutti non una, due, ma tre-quattro volte di ritornare a fare domande – tutte le parti sono presenti – perché sapeva perfettamente la difficoltà che tutti noi avevamo nel capire questa storia. Quindi c’era un teste, la domanda, poi rincominciavamo, due, e poi ‘mi scusi Presidente’, tre e il Presidente ce le concedeva, perché era difficile capire… E durante questi interrogatori, riguardando le carte, mi accorsi che nel delitto del 1983 ai tedeschi, accanto, c’erano delle riviste pornografiche, che nessuno aveva guardato perché le indagini non sempre furono fatte con molta attenzione. State bene attenti perché è fondamentale. Guardando un momento meglio queste riviste, ce n’era una sola, una pagina intera con attorno dei brandelli di foto. E in questa pagina intera notai una cosa strana, che oggi però acquista un significato completamente diverso. Guardando la data, vidi che era del 1981. Dissi.: ‘o mio Dio, come fa a essere una rivista del 1981 se il delitto è del 1983?’. Anche perché, nei rapporti dei Carabinieri c’era scritto che quella rivista era stata messa, e non poteva che essere stata messa quella notte, perché non mostrava i segni di deterioramento che il sole o la rugiada potevano portare. E che poi, che fosse lì dal 1981 era impossibile. Anche perché Presidente, i testi sentiti, gli abitanti – c’è una casa proprio accanto – dissero: “questo non è luogo dove le coppie vengono a far l’amore, guardoni non ci sono”, quindi riviste pornografiche è difficile… ma è del 1981. E lo sapete Presidente di quand’è il primo numero? Il primo numero era dell’aprile del 1981. Quindi quando esce Stefano Mele, esce anche questa rivista che guarda caso era stata appesa a una parte perché dietro si vede lo scotch attaccato e poi quando viene staccata va via e resta la pagina strappata. Ora Presidente, visto che in questo processo appare la figura di Francesco Vinci, è importante parlare un momento – e ve la vorrei far vedere, c’è lo strumento, perché sennò sarà un po’ difficile farla, vedere a tutta la Corte – perché dice delle cose, questa rivista, fondamentali. La prima pagina… Presidente, la posso far vedere questa?
Presidente: Quale pagina?
Avv. Santoni Franchetti: I fogli della rivista.
Presidente: Non so se è tecnicamente possibile, comunque…
Avv. Santoni Franchetti: Ho chiesto prima a Antonio… proseguo Presidente, ve lo spiego, cosi guadagneremo tempo.
Presidente: Va bene.
Avv. Santoni Franchetti: Dunque, ripeto, questa rivista è del 1981, va bene? E parla, lo vedremo poi nelle foto a riprova di quello che dico, parla di un gruppo di persone gay che compie delle vendette contro chi gli ha portato dei torti. Infondo vi è la punizione e vedremo che quella punizione portata a coloro che hanno osato offendere questo gruppo di persone è una punizione… posso? Scusatemi? Presidente, sento… uguale a quella che avviene nell’omicidio. Però, Presidente, annuncio prima di vedere le immagini, che chiederemo, ai sensi dell’articolo 238 ter di procedura penale, l’acquisizione – il signor Pubblico Ministero dovrà dare il suo parere – della perizia psichiatrica che fu effettuata su Francesco Vinci nell’ agosto del 1983. Che cosa voglio dire? Quando leggerò i brani di questa perizia psichiatrica, in cui lui fa delle dichiarazioni importantissime e Francesco Vinci credo che sia morto, non ne dubito, non lo so, ho parlato, non ho letto gli atti…
Presidente: Che è successo? È saltato il microfono.
Avv. Santoni Franchetti: Bene.
Presidente: Allora che succede? No, qui non si vede nulla. Neanche qui nulla. Questo monitor, schermo fisso da secoli.
Avv. Santoni Franchetti: Va bene, Presidente? Allora, prima vorrei leggere… (voci sovrapposte)
Presidente: Ve lo dico subito.
Avv. Santoni Franchetti: Va be’, intanto leggo…
Presidente: Insomma, ce la vediamo così.
Avv. Santoni Franchetti: Presidente, intanto leggo che cosa scrive, che cosa dice Francesco Vinci nel 1983, nell’agosto, cioè due mesi prima l’omicidio. Interrogato sulle macchie di Rorschach lui dice: “mah, a me sembra che siano due persone queste qui che stanno portando via una persona così, per le braccia. Sono due esseri umani, va bene, che stanno trascinando via un’altra persona. Ci sono, credo, delle persone con dei mantelli e dei cappucci che portano via un’altra persona”. E i commenti degli psichiatri dicono: ‘ma questo è imputato di omicidio di questo genere, ci dà queste risposte’. “E quei tali coi cappucci a che cosa le fanno pensare”. “Mah, che sia un tipo di reato, un sequestro di persone, non so, cose del genere”. E poi continua: “che cos’è questa?” “Una vagina”. Sta interpretando le macchie di Rorschach. Ognuno dice è libero di interpretare a suo modo, fanno gli psichiatri. Certamente è molto strano. E poi continua: “Questi sono uomini incappucciati, questi sono uomini mascherati che legano le mani a un altro uomo, che portano via, e questo è sangue, un altro uomo”. Allora, noi sappiamo che nel 1983, due mesi prima l’omicidio, Francesco Vinci parla in questa perizia di uomini incappucciati, di uomini mascherati e parla esattamente di legame di sangue. Legame di sangue. Io, cioè, che è…. un giuramento di sangue. Ora io, Presidente le dico questo: quando voi vedrete ora non le possiamo vedere però è interessante la prima foto, perché vi spiegherà il seguito lui, secondo la tesi oggi del Lotti, dell’accusa verrà liberato perché delle persone non vogliono che lui ingiustamente, o giustamente poi non lo sappiamo, rimanga comunque in carcere. Si parla di uomini mascherati e in quella rivista vi sono uomini mascherati. Ve lo farò vedere, va bene? In quella rivista vi sono uomini mascherati. E la punizione è esattamente la stessa che viene, vi è sfondamento anale, in questa rivista la punizione è questa, la morte atroce per sfondamento anale, mentre in questi delitti abbiamo una punizione comunque con asportazione del pube con questo segno. Io mi domando…
Avv. Giampaolo Curandai: Signor Presidente, mi perdoni l’interruzione, anche l’avvocato Santoni Franchetti, sono l’avvocato Curandai. Io vorrei sapere cortesemente contro chi si è costituito parte civile l’avvocato Santoni Franchetti?
Presidente: L’abbiamo detto già all’altra udienza. Ora facciamogli svolgere la…
Avv. Giampaolo Curandai: Io vorrei sapere questo, Presidente, vorrei precisare che l’esposizione introduttiva deve avere ad oggetto gli elementi di prova a carico degli imputati contro cui si è costituito parte civile l’avvocato Santoni Franchetti. Mi sembra che si stia divagando, mi sembra che queste prove, che riguardano fra l’altro una persona morta, altri processi, siano assolutamente in conferenti con la causa.
Presidente: Questo poi lo dirà la Corte alla fine, però…
Avv. Giampaolo Curandai: Vorrà valutare la Corte cortesemente se vi è ancora legittimazione ad causa, oppure no. Se vi sono cioè gli estremi oppure no dell’estromissione di ufficio di questa parte civile. Grazie.
Avv. Santoni Franchetti: Io Presidente rispondo e sono allibito. Mi lasci parlare, Presidente.
Presidente: Avvocato, stia un po’ più ai fatti…
Avv. Santoni Franchetti: Io sono ai fatti in maniera…
(voci sovrapposte)
Presidente: … possibile.
Avv. Santoni Franchetti: Posso rispondere, Presidente? Devo rispondere…
Presidente: L’ho già detto l’altra volta quando parlava l’avvocato Filastò: noi dobbiamo… il tema nostro..
Avv. Santoni Franchetti: Ma non sono io a fare le polemiche, Presidente.
Presidente: Bene?
Avv. Santoni Franchetti: Posso parlare?
Avv. Giampaolo Curandai: È una questione formale.
Avv. Santoni Franchetti: Insomma, è incredibile. Perché vede, Presidente, sono contento però di questo perché sottolinea un’altra volta il nostro impegno in questo processo. Io vi devo dire una cosa: ringrazio ancora il Pubblico Ministero perché in tanti anni mi ha sempre aiutato, ogni volta che ho bussato al suo ufficio la porta era aperta e ripeto quello che ho detto prima, alla cordialità personale ha sempre unito la cordialità processuale. Ho detto, e forse quando parlo non mi si ascolta, l’avvocato Curandai è arrivato ora, non conosce le carte…
Avv. Giampaolo Curandai: No.
Avv. Santoni Franchetti: Ora basta, voglio finire perché si esce dall’educazione, eh, veramente. Ora si esce dall’educazione.
Avv. Giampaolo Curandai: Ho preso gli appunti.
Avv. Santoni Franchetti: Io seguo questo processo dal ’74…
Presidente: No, avvocato, non cominciamo a becchettarvi così perché non va bene.
Avv. Santoni Franchetti: Presidente.
Presidente: Avvocato Curandai, per cortesia lasciamolo fare.
Avv. Santoni Franchetti: (voce non udibile)
Presidente: Ora non funziona più.
P.M.: Forse nemmeno i microfoni vogliono stare a sentire, Presidente.
Presidente: Vanno? Vediamo un po’? Bene.
Avv. Santoni Franchetti: Presidente, seguo questo caso, l’ho già detto e mi sembrava chiarissimo, dal 1974 e non ho mai visto, nonostante tutti i contributi portati oggettivi, non di chiacchiere, a questo storia, un Pubblico Ministero e soprattutto l’attuale Pubblico Ministero dire una parola, o un Presidente, dire una parola contro il nostro operato. Ho avuto, e l’ho detto, e credo di non essere smentito, è presente in aula il dottor Canessa, i complimenti, prima di questo processo, per certe tesi portate avanti. E oggi dicevo, sono contento perché finalmente si discute qui dei temi che noi abbiamo sempre sostenuto. È incredibile Presidente, che mi si porti da una parte, appena arrivato a questo processo, una parte che non è il Pubblico Ministero, un attacco di questo genere. Io ho letto le carte del processo e mi sembra che in queste carte processuali si parlasse di Francesco Vinci e si dicesse che questi attuali imputati hanno fatto di tutto per liberarlo, o mi sbaglio? Oppure la mia lettura delle carte non è corretta? È un tema fondamentale di questo processo e mi se ne vorrebbe negare di parlare? Quando porto delle prove costruttive per questo? Io devo raccontarle anche un altro fatto Presidente, che ogni tanto, da posti stranissimi, da latitudini strane mi vengono portati degli attacchi che nel primo processo mi potevo aspettare me li portasse il Pubblico Ministero specialmente, perché allora sì, si discuteva di un monoimputato, si discuteva assolutamente non dei sardi, portavo quei temi, invece sono temi di attualità. Andai dal Presidente della Corte di Appello e gli dissi: ‘Presidente, succede questo, ma a volte sa, mi potrei sbagliare, lei cosa ne pensa?’ E lo dico pubblicamente, il Presidente della Corte di Appello, cioè il primo magistrato della Toscana mi disse: ‘lei avvocato fa benissimo a seguire la sua scienza e la sua coscienza perché soltanto a quelli deve rispondere’. E comunque se una critica mi dovesse essere rivolta, e non mi è stata mai rivolta in tempo ben diversi, mi dovrebbe venire dalle fonti ufficiali e il Presidente non mi è mai venuto, al contrario.
Presidente: Va bene, ora…
(brusio)
Avv. Santoni Franchetti: Quindi sono sorpreso di questa uscita dall’ultimo arrivato in questo processo. Bene, andiamo avanti. Che cosa volevo dire Presidente? Insomma, per me è piuttosto importante vedere che una persona, che si dice oggi liberata da costoro, due mesi prima dell’omicidio viene a parlare di pluralità di persone e di persone incappucciate, di persone legate da un giuramento di sangue. Dopo due mesi io mi ritrovo sul luogo dell’omicidio una rivista del 1981, pressoché in data dell’inizio di questi omicidi, che mi parla di uomini incappucciati, di giuramento di sangue – testuale, in quella rivista c’è scritto giuramento di sangue – e di punizione simile a quella che viene compiuta contro… Io che cosa devo pensare, Presidente? Quello che pensai allora: la rivista fu lasciata sul luogo del delitto apposta come messaggio a Francesco Vinci per dirgli: il giuramento di sangue è stato adempiuto. Non c’entra col processo questo! Allora il Lotti si inventa le cose secondo qualcuno. Il Lotti quando verrà a dire certe cose, che gli avrebbe riferito il Vanni, vere o non vere non mi interessa in questo momento, io non sto facendo un attacco a nessuno. Io ho letto delle cose e ho detto, ma guarda, esattamente quello che noi da anni diciamo e cioè che quell’omicidio fu compiuto per liberare Francesco Vinci. E questo è il tema del processo. Io sono allibito da certe osservazioni, è il tema di oggi, ed è fondamentale davanti a una difesa che vi parla di serial killer, di monoautore; noi sosteniamo invece la pluralità degli autori e di certi fatti storici all’interno di questo processo. Ma lo capite che è tutto qui? Forse sbaglio, l’ho detto. Mi sembrava di averlo detto, Presidente, anche con i miei consueti toni di pacatezza, perché so perfettamente, è stata un’anticipazione che se tanti magistrati valentissimi hanno sbagliato, figuriamoci io che non ho a disposizione mezzi di indagine particolari, posso sbagliarmi. Certamente. Ma pensate insomma che in 23 anni che seguo questa storia qualche cosa posso sapere e datemi atto che certe persone che oggi, del tutto inopportunamente mi hanno attaccato, non erano presenti a quel famoso incidente probatorio – e questo Presidente ne ho già parlato, ma mi faccia il piacere di ridirlo – fu l’unico, e non è una polemica, io non voglio far polemica, unico difensore delle famiglie delle vittime che si costituì, pagando di persona, parte civile all’incidente probatorio, per poter direttamente interrogare il Lotti, fui l’unico. Volevo – e questa mia morbosa voglia di sapere, di sapere una verità che mi tormenta da tanti anni, di sapere la verità dal Lotti. Fui l’unico a interrogare il Lotti personalmente, non certamente l’avvocato Curandai. Chiusa la polemica per me, Presidente.
Presidente: Bravo.
Avv. Santoni Franchetti: Le fanno gli altri purtroppo, che ci posso fare. Allora dico, questo fatto è fondamentale perché serve a illustrare questa vicenda. Ma vi dirò di più: il Lotti – e sto per concludere, Presidente – il Lotti non ha saputo indicare quando avvenne il colloquio fra il Vanni ed il Vinci in San Casciano. Allora dico, ma signori della Corte, possiamo investigare su questo? E allora mi metto io, sì ma da solo, le critiche me le fo da solo, son sempre quelle più pesanti. Nella mia richiesta testi molte persone purtroppo mancano, per molti motivi. A volte per un certo senso di stanchezza che ci trasciniamo dietro, perché le polemiche non servono a fare le cose per bene, ma soltanto a ingarbugliare, a mettere nebbia davanti agli occhi purtroppo. E allora vi domando, a voi della Corte, ai sensi del 507: ma non sarebbe il caso di sapere un po’ meglio i fatti del Vinci e la sua presenza in quel di San Casciano? E come potremo mai saperli un pochino meglio? E allora io chiederei, e non l’ho messo nella mia lista testi purtroppo… Ripeto, per questo ruolo a volte di indagatore, che soffro io stesso perché vorrei fare altro, ma mi tocca farlo. E allora dico: ma non è una verità assoluta quella che vi propongo, è un’ipotesi di lavoro e ve la propongo a voi. Voi decidete, quello che voi farete va fatto bene. Vogliamo sentire la moglie di Francesco Vinci, Vitalia Melis – ed è una mia richiesta ufficiale di integrazione nella lista testi, Presidente – sugli spostamenti, se li conosceva, sulle frequentazioni di Francesco Vinci in quegli anni? Vogliamo sentire Alessandrina Rescinito che era l’amante di Francesco Vinci in quel di Barberino nel 1974 quando avviene l’omicidio, quindi Vitalia Melis, sugli spostamenti, le conoscenze, possibili legami con questa storia? Vitalia Melis, Rescinito Alessandrina furono interrogate in quegli anni passati. Però non su questi rapporti possibili, conoscenze di luoghi, di posti che oggi invece si discute. Perché grande problema, ricordiamocelo, di questo processo è come ha fatto mai quella dannata pistola e perché dal ’68 a passare agli attuali imputati, se loro l’hanno detenuta, se veramente è passata. Questa è l’ipotesi accusatoria. Allora vogliamo verificare o no? Io penso che queste due persone possono essere importanti. Perché sennò come possiamo avere certezze? Ricordiamoci che questo clan di sardi era estremamente chiuso, estremamente chiuso. Io penso che potrebbe essere importante. Perché? Perché porterebbe finalmente a quella sintesi che secondo me è fondamentale. Non so perché, non so come, signor Pubblico Ministero, ma a un certo punto quella pistola e forse quelle persone riuniscono a quel gruppo di San Casciano. E abbiamo chiamato noi delle prove specifiche su questo punto. Perché io ne sono convinto. San Casciano per un motivo o per un altro, siano loro colpevoli o non colpevoli, non lo so, diventa comunque luogo di incontro. Sono presenti tutti lì. Come e perché certamente non facevano gli annunci, non mettevano i cartelli in piazza. Però possiamo forse indagare. E chiedere la presenza di queste due persone da lei interrogate, magari, qualche domanda Presidente la farà fare anche a noi, io penso che possa essere importante. Ma un’altra cosa mi sono dimenticato di mettere. Quello è stato purtroppo un errore della segretaria che me lo ha battuto: lo Spalletti Enzo. Chiediamo anche la sua presenza insieme a quella di Carla Agnoletti che è sua moglie. Perché? Presidente, per me – lo ripeto, è la mia battaglia ancorché voce dal deserto che mi vengono ad attaccare – che pluralità di persone si debba parlare. Dice Agnoletti Carla, la moglie dello Spalletti, che è quindi più importante dello Spalletti stesso che ha sempre negato tutto, che la domenica del primo omicidio del giugno dell’81, lui arriva a casa e dice: ‘stanotte ho visto che hanno fatto una strage, un massacro ‘. Questa testimonianza della donna, lo Spalletti verrà arrestato, è importante. Poi la storia purtroppo finisce, lui non ci dirà mai la verità e che Dio lo illumini se viene da noi ce la potrebbe dire e risolvere tutti i nostri problemi. Chissà mai che un uomo cambi, potrebbe essere folgorato anche lui sulle strade di Damasco. Speriamo. Ma importante, perché è un altro elemento che sostiene la teoria della pluralità di persone. Questa è la mia interpretazione e per questo chiedo queste quattro testimonianze. Io purtroppo non avevo assistito completamente all’intervento della difesa. So che anche lei ha chiesto lo Spalletti, non credo la Carla Agnoletti. Ma per me questa è una acquisizione fondamentale. Forse in maniera, per motivi completamente opposti, credo. Perché io chiedo la loro testimonianza per sostenere la pluralità di persone. Non credo certamente che la difesa li volesse chiamare per questo. Ecco, Presidente, mi sembra, come sempre è burrasca, di avere concluso il mio intervento. La maggior parte delle prove non sono state contestate dal Pubblico Ministero, salvo, ripeto, quelle del 1974. Ma serenamente le offro a voi. Se voi riterrete opportuno sorreggere meglio i fatti dell’84, ripeto, che sono speculari, li ammetterete, sennò le respingerete. Quelle che mi interessano molto sono però tutti quegli accertamenti oggettivi che meglio servono a strutturare una sentenza. Perché prima, ripeto, bisogna vagliare questi fatti e poi arrivare alle eventuali condanne o soluzioni che esse siano. Questo è il senso e lo è sempre stato, Presidente, da 23 anni, di questa parte civile che ha combattuto… Perché questo è un processo anomalo, è diverso, ve l’ho detto. Troppi errori sono stati commessi e non si potrà mai rinfacciare niente a nessuno se siamo esseri civili non lo potremo mai rinfacciare, perché la premessa che ho compiuto inizialmente, la mia premessa iniziale fondamentale, questo è un processo anomalo, misterioso e quindi difficile. I moventi ci sono sostanzialmente sconosciuti. Perché una cosa così atroce, quando parla di vedere quelle maledette fotografie, ne vengo ogni volta sconvolto, Presidente, perché sono una cosa veramente atroce e dietro non ci può essere una banalità, ma qualche cosa di estremamente più complesso che ancora ci è sfuggito. Quando andremo a vedere determinate coincidenze di luoghi e di posti, e allora dovremo riflettere ulteriormente su questo. Io vi consegno… Ah, una ulteriore riflessione: in quella rivista c’è una cosa molto strana, perché è una rivista gay. E state attenti, è una rivista quindi fondamentalmente omosessuale. Ma non è soltanto omosessuale, è anche eterosessuale. Ci sono scene di uomini con uomini, di uomini con donne. E che cosa vuol dire questo? State attenti, perché mi sembra – se non sbaglio signor Pubblico Ministero la lettura delle carte – che in questa storia vi siano rapporti eterosessuali, ma anche omosessuali. Che queste persone, sia queste i sardi, avessero simultaneamente rapporti eterosessuali: due uomini una donna, due donne un uomo, ma rapporti anche omosessuali. E questa è una rivista etero e omosessuale. E siccome queste carte del processo le ho lette molto bene e i rapporti omosessuali non sono esclusi, anzi, mi sembra che a un certo punto, signor Pubblico Ministero, questi rapporti omosessuali, vengono – lo dice il Lotti – posti come fondamento di determinate tematiche. parla di rapporti anche omosessuali. Cioè, la leggono persone che hanno rapporti omosessuali. Ecco, ho concluso sui problemi che non mi fanno paura, soprattutto perché incredibilmente ho sempre avuto…
Presidente: Ma cerchiamone altri però di argomenti.
Avv. Santoni Franchetti: Ma io non ne ho mai cercati, Presidente, perché ho lavorato con tutti questi valentissimi magistrati che sono stati tutti miei amici: Mario Rotella, Persiani, figuriamoci. E Della Monica…Non ho mai avuto con loro, pur non accettando per esempio l’ipotesi del Mele e Mucciarini, mi ha sempre trovato estremamente in disaccordo, pubblico violento. Eppure si è sempre lavorato tutti insieme perché è talmente difficile questa storia che noi dobbiamo umilmente cercare la verità e nient’altro. E tutto il resto veramente è meno che nulla. Consegno questi fogli che ho già dato, Presidente. C’era una ulteriore piccola cosa: era la lettera che accompagnava l’asta guidamolla. Dna lettera in cui si dice, si manda un’asta guidamolla di una pistola dicendo che è del Pacciani. Io, quella lettera, vorrei che fosse acquisita. A futura memoria, perché penso possa essere nel futuro di questo processo importante. Quindi la consegnerò a voi, valuterete o meno l’importanza di acquisirla. Non ha, mentre la rivista ha un preciso e storico significato in questa storia, la lettera no. Però per me è una lettera importante, perché è una lettera – voi la vedrete – che sembra scritta da una persona ignorante. Vi sono errori di ortografia, vi sono… una lettura… Però no, però in realtà è scritta da una persona estremamente colta. Quindi, al momento opportuno, se sarà necessario, la potremo vedere e analizzare insieme. E credo che averla non faccia veramente male a nessuno. Vi ringrazio.
Presidente: Prego, chi voleva parlare?
P.M.: Sì, Presidente, non so se c’è ancora qualche altra parte. Io non…
Presidente: C’era l’avvocato anche Voena che voleva, aveva da dire qualcosa sui mezzi di prova chiesti dall’avvocato Filastò, mi pare. Vero?
Avv. Giovanni Paolo Voena: Sì…
Avv. Aldo Colao: (voce non udibile)
Presidente: Ah, no. Prima l’avvocato Colao.
Avv. Aldo Colao: Sì. Signor Presidente, signori della Corte di Assise. Dopo questi interventi diciamo della difesa e dei miei colleghi, mi rivolgo ai giurati per dire che questo processo in cui vi accorgerete che bisogna stare ai fatti. I fatti sono quelli che contano e bisogna stare ai fatti. Ora, in questo processo, abbiamo delle prove dirette, avremo delle prove dirette. Perché è vero tanti errori sono stati fatti, forse troppi errori. Però in carcere non c’è nessun innocente fino ad ora. In quanto che anche Pacciani, è stato detto dal collega Santoni Franchetti, è stato scarcerato, però dimentica il collega Santoni Franchetti che c’è stata una sentenza della Suprema Corte che ha rinviato a giudizio annullando quella sentenza di II Grado. Quindi Pacciani è ancora imputato, sia pure in altro processo. Posto questo, proprio per la verità, perché le parti civili, noi più di tutti vogliamo la verità. Ma la verità si troverà soltanto se staremo ai fatti, ai fatti e senza cortine fumogene. Perché troppe ce ne sono state in passato e troppi depistamenti ci sono stati. Per carità di Dio! Questo è un processo difficilissimo, questi sono processi molto difficili. Qui c’è una pluralità di soggetti, non c’è il serial killer. Bene, non c’è il serial killer, c’è una banda di balordi. Balordi, ossessioni sessuali, avarizia, tirchieria, sete di guadagno, feticci che venivano venduti. Bene, ci sono delle note segretate nelle dichiarazioni del Lotti. C’è un inchiesta che il P.M. ha detto è in corso. Non so se sarà fatto di approfondire, se anche questo deve venire fuori ora per trovare questo benedetto movente. Però una cosa è certa: chi fa cose del genere è un barbaro, sono dei barbari e sono assatanati di tutto quello che si può essere assatanati del sesso, del danaro, della lussuria. E quindi questi fatti ora però stanno prendendo il loro corso, un corso ben deciso, chiaro. Quindi, andare a rivangare, andare ancora indietro, andare a tirare fuori elementi di capi di imputazione che non solo… Cioè, elementi che non hanno a che vedere con il capo di imputazione per delitti che sono stati, omicidi che sono stati stralciati, formeranno parte di una loro inchiesta, questo naturalmente dovrà essere preso atto che proceduralmente non si può andare a tutto campo, andare a tutto… So che chiunque può dire tutto e di tutto. Allora questo qui non diventa più un processo, ma diventa un pool di investigatori, i quali con la lente di ingrandimento possono portare il loro contributo. Ma torno a ripetere: abbiamo qui prove dirette. E già c’era stato il processo connesso, il quale indiziario che fosse, aveva portato ad una colpevolezza accertata. E tuttora è così. Quindi dico: stiamo ai fatti. E mi rivolgo naturalmente ai giurati, perché sono loro che dovranno analizzare, vagliare, controllare. E far sì che venga fatta giustizia. Questo può essere la soluzione, o la colpevolezza. Questo qui è un altro discorso. Però l’importante è stare ai fatti. Per quanto riguarda appunto, sono contrario all’estensione, a tirare in ballo il ’68, il ’74, l’81, perché non riguardano il capo di imputazione. E perché torno a ripetere blocchi, porta delle… È una prova diretta. Per altro, però, proprio se verità deve esser fatta e verità vogliamo e accertamento vogliamo minuzioso, sono favorevole alla richiesta proprio della difesa che dice di acquisire gli atti del processo Pacciani. Perché i due processi sono connessi, è chiaro. E questa documentazione, gli atti, le prove che sono state sfogate là, sono veramente strettamente connesse. Quando ad un certo punto la difesa, l’avvocato Filastò, tratta dell’avvocato Zanetti che è quel teste proprio indifferente a tutto, il quale è ciclista e passava e ha visto un uomo che non era il Pacciani e venne giustamente a dirlo e correttamente, onestamente a dirlo, però ha detto che era un uomo grosso, grande. Quindi corrisponde proprio forse al nostro uomo, al Lotti. E allora perché questi atti devono rimanere avulsi da questo processo? Questi atti devono essere inseriti. Ma anche devono essere inseriti i corpi di reato. Perché se il Pubblico Ministero ha chiesto l’esame, e si sono associate altre parti, sulle armi bianche sequestrate ai corpi di reato per quanto riguarda questo processo, non possiamo tenere fuori le armi bianche sequestrate nel processo Pacciani. E perché no? Perché che senso avrebbe l’esame fatto sulle armi bianche sequestrate e il corpo di reato in questo processo, senza tener conto delle altre anni bianche. Ma questo non è perché si voglia coinvolgere Pacciani. Perché le armi bianche sono oggetti, sono corpi di reato. Quindi poichè appartengano a Pacciani, perché sono state sequestrate a Pacciani, o che appartengano a Vanni, noi dovremo porre dei quesiti. E io, questo vorrei. Che venissero – e questa è la mia richiesta – che fossero acquisiti appunto gli atti, i corpi di reato e fossero sottoposte anche queste armi bianche. Cioè il trincetto del Pacciani. E uno dei due trincetti è quello che porta inequivocabilmente la prova oggettiva che quell’arma è stata l’arma delle escissioni e della colluttazione che ci fu fra il Pacciani e il giovane francese. Poi dopo che, perché nel polso, nel radio del ragazzo francese c’è uno stampo a calco evidenziato dai periti settori che forma un angolo di 140 gradi. E la punta sottostante del trincetto di Pacciani ha un angolo di 139 gradi. A parte la circostanza, che quella lama lunga cinque centimetri e cinque, corrisponde perfettamente, ed è l’unico strumento che poteva fare quelle escissioni del seno sinistro della povera Mauriot e della povera Rontini. Quando il seno era più grande, il trincetto affondava di più. Ed ecco i famosi strappi. Ora, che senso avrebbe esaminare soltanto un coltellaccio trovato, il quale non poteva – per carità, lo potrebbe anche essere – ma non ha le caratteristiche per far quel tipo di escissione. Quindi insisto per questa domanda e mi associo in questo, all’avvocato Filastò. Per quanto riguarda poi – torno a ripetere – quello che può essere, portare in questo processo riviste o altre cose, io mi asterrei. Perché naturalmente il processo è già complesso, molto difficile e non va appesantito se vogliamo arrivare ad una verità non fra 50 anni, ma se vogliamo arrivare entro un tempo ragionevole. Grazie, signor Presidente. Grazie, signori.
Presidente: Bene. L’avvocato Voena. Lei voleva fare delle osservazioni su una richiesta istruttoria dell’avvocato Filastò?
Avv. Giovanni Paolo Voena: Sì.
Presidente: Mi dica.
Avv. Giovanni Paolo Voena: Avevo anticipato, avevo qualche osservazione da fare. Avrei voluto iniziare parlando della “microscuri” visto che c’era poc’anzi degli studenti americani qui presenti. Il mio intervento sarà quello di una “microscuri”, nel senso che il mio intendimento è quello di difendere il processo in questa circostanza. Un processo che a mio avviso è stato attaccato nel suo svolgimento dalle richieste probatorie avanzate, seppure in modo suggestivo, ieri dall’avvocato Filastò. Il punto di partenza è che il processo muove da una imputazione, una imputazione di cui signore è il Pubblico Ministero. Noi stiamo discutendo unicamente una ipotesi di colpevolezza che il Pubblico Ministero ci propone e che egli solo ci può proporre in questa scena. Noi stiamo al tema che il Pubblico Ministero ci propone, un tema che è fatto della individuazione dell’imputato di un certo fatto storico e della attribuzione di un fatto giuridico, quel fatto storico. Questi tre sono gli elementi dell’imputazione. Però, rispetto a questo tema fisso, l’avvocato Filastò chiede di scostarsi per evidenti ragioni, cerca di allargare il tema di prova da un canto; e dall’altro cerca di immettere nel processo altri elementi probatori. Cerca di fare entrare in questo processo un fiume di informazioni, una massa di informazioni. Non vorrei che si creasse quel pericolo che è un po’’ tipico della società in cui domina l’informazione. Di chi va a comprare un giornale e vede questo giornale cosi spesso, edizione domenicale dei giornali americani, per esempio, è tale in cui non ci si riesce più a raccapezzare. Non vorrei che questo processo in realtà fosse arato, distrutto quasi da una massa di informazioni che col tema di imputazione non hanno nulla a che vedere. Dice l’avvocato Filastò – ed è argomento sul quale come difensore e come studioso mi sento sensibile – egli è costretto a farlo per esigenze del diritto di difesa. Non lo credo. Non credo che debba farlo perché ontologicamente, per sua natura la difesa non è altro che la resistenza ad una accusa, E se l’accusa non c’è per certi fatti, non c’è motivo che ci sia la difesa per quei fatti. Quindi c’è, da questo punto di vista, una perfetta simmetria tra l’accusa e la difesa. Quindi, da questo punto di vista non direi che vi sia una violazione al diritto di difesa se non venisse allargato il tema di questo processo ad altri, ad altri infatti che qui non sono in gioco. Bene, si potrà anche dire che tutto quello che entra nel processo è bene. Più materiale abbiamo in questo processo e maggiormente siamo in grado di arrivare ad una verità che tutti cerchiamo e anche la parte civile, come cerca naturalmente. Ma c’è il pericolo che questa massa di informazioni rovini il significato esistemologico del processo. Il processo è uno strumento esistemologico, anzi. Anche se oggi troppo spesso lo dimentichiamo. Uno strumento esistemologico risponde a sue regole precise. Prima: abbiamo detto un tema predeterminato. Non si è, i signori giurati non sono chiamati a fare gli storici. Qui, il processo, non è una storia. Anche se spesso si fa parallelo tra storia e processo. È diverso. Non solo perché lo storico il tema se lo cerca lui; mentre qui il tema ce l’ha dato l’accusatore. Lo storico va a cercarlo dove vuole, noi invece lo abbiamo prefissato. Non solo, perché nel rispetto a questa ipotesi di accusa tutto dipende, tutto il processo in fondo non è altro che la dimostrazione, il tentativo di dimostrazione della tesi dell’accusa. Badate bene, questo processo, come tutti i processi italiani, non tende a stabilire se tizio è colpevole o innocente ma unicamente se è colpevole. L’ipotesi tende a dimostrare se è colpevole. Il resto è residuale. Poi ci saranno le formule di proscioglimento o di assoluzione. Ma non siamo di fronte all’alternativa se c’è un innocente o un colpevole, ma solo se c’è un colpevole, se dimostrata la colpevolezza di un certo soggetto non è dimostrata. Il resto è residuale. Quindi non è una alternativa tra colpevolezza e innocenza, ma tra dimostrazioni di colpevolezza e tutto il resto. E questo, guardate bene, è una garanzia grossa per l’imputato. E’ una garanzia massima del nostro sistema. E su questo punto direi che non c’è altro da dire. Ma dicevamo: è una richiesta su temi fissi, ma anche una ricerca predeterminata nei mezzi. Non c’è la libertà che ha lo storico che può cercare i documenti può anche evocare magari spiriti, se ci crede. O cose di questo genere. No, il processo obbedisce a sue regole interne nella ammissione – e qui siamo al momento dell’ammissione della prova – nella sua assunzione e poi ancora nel momento della valutazione. È una attività, a differenza dello storico, che è determinata non solo nel metodo, non solo nel fine, ma anche nel metodo, nei vari passaggi. E quindi la norma cardio sulla quale in questo momento dobbiamo guardare, perché questo è il momento della richiesta dell’ammissione delle prove: è l’articolo 190. Una norma importantissima in punto di procedura penale, una norma nuova. La quale ci dice che le prove sono ammesse a richiesta di parte; il Giudice provvede senza ritardo con l’ordinanza, escludendo le prove vietate dalla legge, quelle manifestamente superflue e quelle irrilevanti. Lasciamo pure perdere manifestamente superflue, se si lavorerà un po’ di più, se tutti lavoreremmo un po’ di più non sarà poi molto grave. Pazienza. Ma molto più se ci saranno delle azioni su questo terreno, ma molto più gravi alla violazione che si realizza sugli altri due terreni, quelli della.. . Perché su questi due terreni, quella rilevanza della prova e quella della prova rilevata dalla legge, si può urtare contro il principio della legalità della prova che deve dominare la nostra attività. Una attività che quindi non è libera. E invece l’avvocato Filastò ci vuole far saltare in questi binari che il 190 ci pone. In fondo ci fissa un sentiero stretto, ce lo ha fissato il Pubblico Ministero. L’imputazione è il nostro fare, su questo dovremo camminare, su questo faro le parti possono chieder le prove, l’ammissione delle prove. Non su altri terreni. E invece l’avvocato Filastò che pure si lamenta degli anni delle indagini, che pure dice che queste indagini ci sono da troppi anni e purtroppo ben lo sappiamo. Vuole portare tutto, vuole tracimare – gualche anno fa è venuto di moda questa espressione purtroppo in un disastro che era successo in Italia – quindi c’è una tracimazione di materiale, tutto quello del processo a carico di Pacciani, vuole che venga immesso in questo processo. Io credo che invece il compito della parte civile sia in questa circostanza difendere il processo contro i pericoli che esso presenta, se queste regole sono violate. E io direi, mi permetterò molto brevemente di illustrare tre confini per i quali, secondo me, sono le richieste probatorie dell’avvocato Filastò, urtano contro i parametri dell’articolo 190. E quindi contro i parametri di illegalità della prova che debbono guidare la nostra ricerca finalizzata e tematizzata. Il primo punto, secondo il mio avviso, è quello relativo alle richieste che già da pagina 2 del suo pur analitico capitolato di prova, l’avvocato Filastò presenta. Che cosa vuol sapere l’avvocato Filastò a pagina 2? Rilievi psicologici, psichiatrici e criminologici. E avanti, sulla ritualità, sull’attore unico, sul quadro psicologico o sessuale, sul quadro criminologico complessivo, sugli stati di un soggetto psicopatologico organizzato, se abbia capacità e padronanza di sé e via discorrendo. Badate bene, già questa richiesta della ritualità può essere oggetto di attenzione. Perché non significa, in questo caso, una semplice analogia di condotte. In realtà, da questa analogia di condotte, si vuole desumere un significato. Queste analogie diventano attributive di significato. E quindi si passa inevitabilmente dal piano dei fatui al piano del valore. Ecco, io ho apprezzato l’avvocato Santoni Franchetti, sul quale pur devo dissentire per molti passaggi, quando ha richiamato la concretezza. Questo processo deve basarsi sui fatti, non nel modo dei valori. Perché purtroppo nel modo dei valori ci sono molte opinioni. Sul piano dei fatti, anche se sappiamo ben tutti la difficoltà dei fatti, del modo dei fatti, comunque si può arrivare ad un risultato di certezza. E noi quello vogliamo fare, non muoverci sul piano dei valori. E poi continua l’avvocato Filastò, gli arricchimenti’ é le precisazioni sull’intelligenza superiore del probabile omicidio sul grado di forza fisica, sull’altezza e via discorrendo. E poi ancora, ci chiede a pagina 6 l’attività dell’entrata in scena, l’attività dell’uscita di scena. E chiama sempre gli stessi testimoni, i periti. Poi ancora il macabro feticismo dell’assassinio e via discorrendo. Ecco, io credo che queste richieste di prova dell’avvocato Filastò non debbano essere ammesse in questo processo. No, non devono essere ammesse. Le ragioni, certo, sono, mi sembra, abbastanza evidenti. Se vi furono – e a mio avviso vi furono – elementi di analogia, di uguaglianza tra i vari episodi omicidiari, anzi, tra quei cinque episodi omicidiari di cui siamo chiamati a discutere in questa sede, questi elementi devono, di analogia, devono venire fuori dai fatti, dagli accertamenti e rilievi di certe circostanze d’attività, da perizie medico-legali, dalla documentazione fotografica purtroppo drammatica, dai reperti. E forse, speriamo, anche dei testimoni, anche dell”istituto dei testimoni diretti sul fatto. La famosa mitica prova diretta. E allora potremo certamente valutare le circostanze di ‘tempo, di luogo, l’uso delle più armi, il numero dei colpi esplosi, l’oggetto dell’aggressione, dell’asportazione di parti del corpo e via discorrendo. Se invece ci sposteremo sul piano della dinamica psicologia della psicopatologia, a mio avviso, ci allontaneremo dal mondo dei fatti per arrivare al mondo dei valori. Un mondo per altro affascinante, nulla ho contro il mondo dei valori. Ma sul quale i dissensi possono essere grandi e soprattutto l’indagine si può … il suo obiettivo. Direi che due sono le obiezioni di fondo ad una simile impostazione. Cioè, in sostanza l’avvocato Filastò prosegue il tentativo di produrre nel processo una indagine psicologica, personologica, criminologica, svolte autorevolmente per carità, a priori alcuni anni fa, ormai molti anni fa, dai nostri studiosi. E sappiamo dove egli mira. Dimostrare che l’immagine che questi studiosi hanno fatto a priori scientificamente, nel silenzio delle loro biblioteche e dei loro istituti sia in grado di escludere la colpevolezza di singoli soggetti. Perché non c’è corrispondenza tra gli imi e gli altri. Ma i soggetti a priori determinati, serial killer e via discorrendo da un canto, e i soggetti che in questa circostanza sono giudicati. E quindi arrivare attraverso questa via all’esclusione. A mio avviso, questa operazione – e con questo ho concluso questo passaggio – non si può fare per due ragioni. Una prima ragione è che in questo modo si viola una norma precisa, discutibile, per carità, ma puntuale del nostro Codice di procedura penale. Di fronte alla quale casomai se voi dissentite, ritenete che essa sia istituzionalmente illegittimo, potete sollevare questa illegittimità. Credo che non ne sia il caso. Intendo riferirmi all’articolo 220 del Codice di procedura penale, una norma che è stata riscritta, come era stata scritta nel Codice Rocco. Il punto di un dibattito che qui non sto a raccontare, di oscillazioni. Ma tant’è, questa norma che poi essi esemplificheranno perché ha matrice realistica, perché forse non valorizza fino in fondo le nuove scienze sociali, ci dice chiaramente che, salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena, solo su questo terreno, badate bene, non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere, la personalità dell’imputato, in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. A mio avviso, questo metodo che l’avvocato Filastò ci vorrebbe far seguire, proiettando le risultanze delle perizie sulla personalità dell’autore ignoto, su un soggetto prepuntuale, quale oggi Vanni che giudicate in questa sede, finirebbe dì aggirare il divieto di cui all’articolo 220 II Comma del Codice di procedura penale che vieta la perizia di tal genere, personologica e psicologica. E quindi violerebbe una norma del Codice di procedura penale, posta pena di inutilizzabilità. Ma non basta. Non è a mio avviso solamente in gioco il 220, II comma, ma a mio avviso è anche in gioco la portata delle valutazioni dei periti. Le quali si prestano a tutte le letture. Sappiamo bene, si può parlare di iposessualità, di ipersessualità, di voyerismo, proiettando su questo quadro indistinto ogni soluzione di ammissibile, ogni ragionamento è possibile e conclusivo. Si tratta, ripeto, di mondo di valori e non mondo dei fatti al quale vogliamo essere qui preciso. E che ci porterebbe verso un tasso di soggettivismo, come infatti è già successo, insopprimibile e che deve essere estirpato, invece. Ecco, perché ripeto che non si farebbe altro che proiettare quei risultati scientifici di fatti a priori su un soggetto identificato, rispetto al quale, che non è certo esaminato su quei fatti, che non può essere esaminato – badate bene – perché lr articolo 220 non consente a voi, non consente a noi di chiedere una perizia psicologica. Secondo aspetto dei tre che mi sono prefissato. E direi che è un aspetto direi quasi divertente. Perché nel pur analitico lavoro dell’avvocato Filastò, basa certamente alla vostra attenzione – a pagina 19 – ecco, visiva a me balza all’evidenza una circostanza. In tutti gli altri capitolati di prova giustamente l’avvocato Filastò fa riferimento a singoli capi di imputazione. Rispetto ad ogni capo di imputazione egli propone dei mezzi di prova. C’è il legame tra il capo di imputazione … Qui invece manca il riferimento. Già, perché quando si tratta di parlare della cartuccia trovata nell’orto di Pacciani, si viola un’altra regola processuale di cui abbiamo già parlato. Cioè l’articolo 190. Laddove richiede la pertinenza della prova. Qui non sto ad entrare nei particolari, perché non è necessario. In genere gli studiosi distinguono tra rilevanza e pertinenza. Il Codice parla solo di rilevanza.
Presidente: Scusi, avvocato, che pagina fa riferimento lei?
Avv. Giovanni Paolo Voena: Faccio riferimento a pagina 19.
Presidente: 19.
Avv. Giovanni Paolo Voena: Vedete che manca visivamente il riferimento al capo di imputazione. Ma certo che manca, che questo non è il processo a carico di Pietro Pacciani. Quindi, in questo caso, dicevo manca la pertinenza della prova in ordine alla cartuccia. Perché si tratta di un profilo specifico del processo Pacciani che in questa sede non rileva un interesse. Dicevo, non rileva, perché tra pertinenza e rilevanza, si potrebbe discutere a lungo. Comunque è pacifico è in dottrina, anche nella giurisprudenza, l’opinione che la rilevanza, il soggetto più ampio, che comprende anche in sé la pertinenza. Cioè, che è un concetto dì relazione rispetto al tema di prova; mentre la rilevanza in senso proprio e l’idoneità di un certo fatto, approvando un certo tema di prova, la pertinenza è l’attinenza, se mi permette il gioco di parole, rispetto a un tema di prova. Ma in fondo, anche la pertinenza, rientra per vedere nel concetto di rilevanza. E un apprezzabile sforzo di economia linguistica e normativa, il legislatore nell’articolo 190 fa riferimento solamente alla rilevanza che però, ripeto, rilevanza e pertinenza. Questo è un caso classico in cui già sul piano visivo emerge la impossibilità di accogliere questa richiesta che ci fa l’avvocato Filastò. E infine un ultimo aspetto che è singolare un po’: i difensori studiosi sono sempre perplessi sull’uso in un procedimento degli atti di un altro procedimento. E infatti, dopo la Controriforma del ’92, molte voci di dissenso si sono elevate contro le modifiche apportate all’articolo 238. In genere non piace l’immissione in un processo di atti formati in un altro procedimento al cui compimento non si era assistito. Cardine, voi sapete in un processo penale, era quello anche se un po’ annacquato, per la quale la prova si pone davanti a voi. La prova si forma nel dibattimento, come luogo elettivo di formazione della prova. Quindi non siamo in genere le prove che vengono … Certo, favoriscono i tempi dal processo, ma questo non è un processo sul quale si possa giocare sui tempi, evidentemente. Ed è singolare allora che l’avvocato Filastò, che come atteggiamento generale dovrebbe vedere con un certo sospetto atti formati in altra sede quando lui non era presente. No, qui ci chiede tutto. Ci chiede di portare un intero processo dentro questo processo, un secondo processo. Anzi, un certo, un quarto: Pacciani-ter, quater. Io non credo che questo sia corretto. Non credo ad esempio che sia corretto che l’avvocato Filastò ci chieda che sia acquisita al processo la relazione introduttiva del processo di I Grado a carico di Pacciani esposta dal dottor Canessa. Non lo credo. Se noi andiamo a prenderci l’articolo 238 del Codice di procedura penale non avremo difficoltà a vedere che questa norma parla di verbali di prove. Ne parla il I Comma, dove parla di prove assunte nell’incidente probatorio nel dibattimento, prove assunte. Lo conferma il IV Comma: i verbali di dichiarazioni possono essere verbali di dichiarazioni, non sono dichiarazioni prese a disposizione introduttiva in senso processuale. Certo, e neanche il III Comma dove ammette l’acquisizione di atti che anche per cause sopravvenute non sono ripetibili. Certo, qui si parla di ripetibilità in senso giuridico, potremmo ben chieder al dottor Canessa di ripeterci che, alla sua cortesia, di ripeterci quello che dice in quella circostanza. Ma questo per dire in sostanza che questo materiale non deve entrare nel processo, perché non è rilevante e pertinente quel tema di prova. Quindi, per concludere, questo io vorrei dire: proprio come ruolo costituzionale della parte civile che deve essere, che anche è custode – non che ce ne sia bisogno – ma certamente un custode in più su questo terreno non fa male. Questo processo deve svolgersi sui fatti e deve svolgersi tempestivamente, perché troppo tempo è passato dai fatti per cui si giudica. Ma deve essere giudicato secondo le regole del processo penale vigente, non secondo altre regole che finirebbero di distorcere le finalità quale quelle maxi inchieste che sono andate di moda in passato. In fondo l’avvocato Filastò si è richiamato, mi piace questo richiamo al processo accusatorio. Dice, questo è inquisitorio questo processo… Forse sarebbe inquisitorio, è tutto discutibile cosa voglia dire accusatorio e inquisitorio. I parametri sono storicamente mutevoli, non starò qui a discutere su questi temi. Ma se per accusatorio vuol dire, come ci insegna l’esperienza nord-americana, un processo che si fa un singolo episodio, rispetto ad un singolo soggetto, direi che più si aumenta il materiale, più si intorbidiamo le acque, più si chiamano imputazioni che non sono qui in discussione e più ci si allontana dal processo accusatorio. Da quella razionalità, da quella semplicità del processo accusatorio, che vuole, che vorrebbe che ogni processo fosse per un solo imputato e per un solo episodio. E che al quale si deve dialogare inevitabilmente per ragioni di economia processuale. Perché questo è lo scopo del processo accusatorio. Non è uno scopo di ricercare la verità assoluta; non è lo scopo di ricostruire tutta la storia. Già l’abbiamo provato in Italia quel nesso, lo abbiamo fatto per molti anni. E alla fine siamo stati convinti purtroppo dai fatti, dall’esito di certi processi, che il processo non è il luogo per ricostruire la storia. E’ un luogo solo per accertare delle responsabilità rispetto a certi fatti storici precisi. siano ammesse tutte le prove chieste dall’avvocato Filastò, le quali tendono ad essere, come si diceva un tempo, specifiche sulla singola persona. Qui le prove comuni del processo Pacciani che possono essere utilizzate, sono le prove generiche, quelle che attengono al fatto storico in discussione, nient’altro. Scusate per il tempo che vi ho fatto perdere. Grazie.
Presidente: Bene. Sospendiamo un quarto d’ora e poi diamo la parola finale al Pubblico Ministero. Bene.
P.M.: Grazie, Presidente.
Presidente: Allora, Pubblico Ministero, la parola a lei per le osservazioni.
P.M.: Grazie, Presidente. Mi sembra che sull’ argomento prove è già stato detto tutto in questo processo, in questa fase cioè. E mi vorrei, perché questo il Codice in fondo prevede, ritagliare lo spazio forse conclusivo di replica che consente forse a mio avviso di dare quelle indicazioni alla Corte che io vorrei dare e che darò, che forse in un caso come questo, nella situazione in cui si trova la Corte a dover decidere su istanze diverse, l’indicazione che il P.M. fornirà penso forse è la più equilibrata. Nel senso che è una indicazione di questo tipo: andiamo per gradi. Cerco di spiegarmi, facendo presente che per quanto riguarda tutte le istanze formulata dai difensori io mi sono permesso di scrivere tre o quattro paginette indicative, riassuntive, nella quale la Corte sostanzialmente troverà riportato qual è il pensiero del P.M. su queste richieste. Sono considerazioni schematiche che provo ora a riassumere. Il P.M. vi ha proposto all’inizio quello che è l’indicazione normale, quella prevista dal Codice sulle fonti di prova. E direi che quella indicazione ovviamente a mio avviso corretta, è l’indicazione che vi dice: questi sono i fatti sui quali voi dovete giudicare, queste sono le prove su quei fatti e gli elementi relativi alla responsabilità degli imputati. Direi che tutti i difensori indistintamente, tranne uno, si sono attenuti a queste indicazioni, perché voi avete sentito il pensiero, secondo me che ha riassunto in toto la situazione che io condivido sia dell’avvocato Voena che dell’avvocato Curandai, i quali, come tutti gli altri che non vi ci sono soffermati specificamente, vi hanno fatto presente che qui si tratta di una imputazione scelta dal Pubblico Ministero e comunque per la quale il GUP ha fatto rinvio a giudizio, la quale è il tema di questo processo. E direi che di lì è inutile sforzarsi di ricordare. Io ho, ripeto, ho sentito le parole e dell’avvocato Curandai e dell’avvocato Voena, alle quali io mi riporto interamente. Non è che ho da aggiungere altro. Cioè, è inutile perché non consentito dalla legge, allargarsi, cercare di introdurre altri elementi, ma bisogna attenersi a quelle che sono le prove sui fatti. Vi è stato fatto presente come si è tentato da parte di un difensore, di uno solo – l’avvocato Filastò difensore di Vanni – di allargare il tema, di fare una confusione infinita che a mio avviso non solo non serve alla Corte, perché non è il tema della decisione di allargare senza alcun limite i fatti dei quali voi siete chiamati a giudicare, ma non ha neppure alcun senso ai fini difensivi. Perché allargare infinitamente è fare confusione, è allontanarsi da quella decisione, qualunque essa sia che voi dovrete prendere sulle imputazioni che sono davanti a voi. Allora io mi riporto al tema fondamentale. Cioè, qual è la prova? Quali sono gli elementi di prova su cui voi, per i quali voi potete e dovete consentire l’ammissione? Sono tutti quelli indicativi indistintamente da tutti i difensori e dal P.M. al di fuori assolutamente indicati dall’avvocato Filastò – ora mi spiego – e alcuni, ma parzialmente dalla parte civile Santoni. Perché tutti si sono attenuti alle regole processuali e hanno indicato delle liste dei testi secondo me perfettamente in linea con quella che è la norma che sovrintende all’ammissione della prova, cioè il 190 come ricordava un momento fa il professor Voena. Cioè, signori, qui le prove da ammettere sono solo quelle che sono rilevanti, pertinenti e non superflue. Chi vi propone film, riviste, romanzi, o argomenti simili, va fuori tema, non è possibile. Non c’è assolutamente spazio per voi per consentire un simile allargamento. Perché se noi andiamo alle norme, non solo la norma che voi dovete prendere a base della vostra decisione, è il 190 del Codice, ma dovete tenere presente, perché questa è la realtà, che l’imputazione è stata formulata, il rinvio a giudizio è stato formulato nei confronti di quegli imputati e le norme in materia sono quelle di cui al 416 II comma e il 130 norme di attuazione. Che probabilmente nessuno ha mai presente che in questa discussione sull’ammissione delle prove non è stato tenuto presente, ma la norma è lì, da lì nasce tutto. Cioè il 130, norme di attuazione, dice che: nel momento in cui c’è una indagine e nel momento in cui si raggiungono elementi di prova a carico di alcuni imputati per alcuni atti, si va a giudizio. Se poi ce ne sono altri, se è necessario fare altre indagini, questo è problema del Pubblico Ministero che questo sta facendo. Quindi, è inutile dire che ci sono altre indagini, non ci sono altre indagini; ci sono fatti per i quali ancora non è stata esercitata l’azione penale, ci sono altri delitti, c’erano altri complici. No, signori, le norme sono molto chiare e hanno dato al P.M. la strada che doveva percorrere: 130, norme di attuazione. Ma mai che si raggiunge la prova per alcuni fatti a carico di alcuni imputati, si va a giudizio nei termini di cui al 405, entro l’anno. Così il P.M. ha fatto. Quindi non è possibile in questo momento stare a pensare a scene teatrali che non hanno niente a che vedere con questo processo, cercando di far pensare a voi che sono state scelte opzionali per fare qualcosa di diverso dal reale. No, il Pubblico Ministero, l’ufficio del Pubblico Ministero si è comportato secondo le norme. Quindi, nel momento in cui qualcuno, come l’avvocato Filastò per Vanni, ha inteso dirvi che bisogna estendere il tema delle decisioni di altri fatti, è una risposta che deve essere, da parte vostra, assolutamente negativa, perché contro la legge. E quindi tutti gli argomenti usati per questo fine, sono argomenti che io condivido interamente ciò che ha detto ieri l’avvocato Curandai in quest’aula: sono esclusivamente argomenti usati per fare scena, per fare teatro. Attenzione, a non cadere in questa provocazione, io ritengo di poter dire. Perché al contrario tutti gli altri difensori, compreso l’altro difensore di Vanni, l’avvocato Pepi, ha prodotto a voi una lista testi che mi trova pienamente d’accordo come scelta, perché si tratta di testimonianze utili alla ricostruzione dei fatti. Non c’è teatro, non c’è scena, non si va al di fuori del seminato. Vengano pure qua, il P.M. non ha nessun preconcetto, vengano i testi a dirvi quello che il difensore, avvocato Pepi, ritiene che possono dire a favore del suo assistito. Però rimaniamo nei termini. Oramai arci stra-chiari a tutti noi e penso soprattutto a voi relativi al tema, decisione ai fatti per i quali voi siete chiamati oggi a giudicare. Io dicevo, fatte queste premesse, il tema è quello, i fatti sono quelli, gli imputati sono quelli, non si può andare oltre. Io ho lista per lista espresso un parere anche per scritto che sinteticamente posso esprimere in questo modo. Per quanto riguarda la lista presentata dall’avvocato Lena per Faggi Giovanni, pienamente in linea. Si tratta di testi che possono smentire o provare fatti diversi relativi alle circostanze di cui è il processo. Non ho alcuna osservazione. Ovviamente chiedo il controesame dei testi. Idem per quanto riguarda quella dell’avvocato Zanobini. Per quella dell’avvocato Pepi, mi sono già espresso. Sicuramente nessuna osservazione, controesame. Idem per quel teste indicato dall’avvocato Bertini. Vorrei quindi dire qualcosa sulle due altre liste: quella della parte civile, avvocato Santoni Franchetti e quella dell’avvocato Filastò. Direi qua allora bisogna un attimo tornare al tema. Cioè, dovremo, in questo processo, innanzitutto partire dalla prova già fornita, se esiste sui fatti specifici contestati, e poi vedere come avevo io nella mia relazione introduttiva, cercato di indicare e poi vedere quali sono gli elementi di prova specifica a carico degli imputati. Io già ho fatto presente nella relazione introduttiva che, per quanto riguarda la prova generica, cioè quella sui fatti, abbiamo la fortuna, sfortuna, o comunque un lavoro già fatto. Intendo dire che la prova generica di quegli omicidi e solo quelli dell’imputazione. Cioè, ottobre ’81, ’82, ’83, ’84, ’85, abbiamo la possibilità tecnica giuridica sostanziale di utilizzare una prova di un altro procedimento, quello a carico di Pacciani Pietro, in cui questa prova è stata già interamente sfogata. E voi la potete acquisire ex 238 e 468 IV comma, cosa che il P.M. nei termini ha richiesto e offerto alla Corte. Con questo voglio dire: signori, questa prova relativa ai fatti, è una prova che in fondo è un lavoro che è già stato espletato in una sede giudiziaria davanti alla Corte di Assise e si tratta di una prova per la quale direi che c’è stato il massimo del contraddittorio in quella sede. Ed è una prova che noi, voi potete utilizzare già oggi per il vostro esame e per le vostre future decisioni e soprattutto per poter poi seguire le argomentazioni di tutte le parti. Cioè, questa relativa ai fatti, prova generica ai fatti, esiste già. Noi la possiamo utilizzare e non c’è, a mio avviso, alcun motivo oggi per ritornarci sopra globalmente. lontani nel tempo e già narrati una volta da quelli che erano i protagonisti, con le difficoltà dovute già al tempo trascorso, che richiamare oggi un maresciallo e richiedergli cosa ricorda di 20 anni fa, è sicuramente a mio avviso superfluo. Quindi, per quanto riguarda la prova generica di quei fatti, la mia indicazione – che poi è l’indicazione sostanziale degli altri difensori vista globalmente al di là appunto delle osservazioni dell’avvocato Filastò – per quanto riguarda questa prova teniamo presente questo elemento. Se poi ci dovesse essere in futuro qualche dubbio da parte vostra su una singola circostanza, ci dovesse essere la possibilità o la necessità di ritornarci sopra, richiamiamo qualcuno, ma quando il dibattimento sarà in una fase che ci consentirà di fare qualche verifica. Ma è inutile
oggi ripetere tutte cose che, ai fini della decisione delle responsabilità degli imputati oggi chiamati in questo processo, non importa granché, tranne singole circostanze. Questo quindi è la mia indicazione: prendiamo tutta la prova generica che è già offerta alla Corte e poi, in un secondo momento, se necessario, torniamoci sopra. Mi oppongo quindi assolutamente a ripetere questa prova totalmente. Perché non ha senso richiamare una persona e fargli dire, dice: “ma io l’ho già detto”. Lo ripete e non può assolutamente essere che un duplicato. Se, ripeto, ci sarà, ci dovesse essere una necessità di chiarire un argomento, lo chiameremo. Ma dopo che avremo fatto il dibattimento su quelli che sono gli elementi di questo processo. Allora il concetto è: la prova generica non solo è già stata espletata, ma voi la potete oggi utilizzare globalmente. Tutte le parti possono usare gli argomenti che credono, già ora per confutare, per le proprie tesi. Non c’è bisogno di far ripetere nulla di quello che già esiste. E questo vale anche per le perizie già espletate in quella sede che io vi ho offerto. Per quello che riguarda i sopralluoghi che sono stati fatti, per quello che riguarda le perizie medico-legali sulla dinamica. Le ho utilizzate io come concetti e come elementi al momento in cui ho fatto la relazione introduttiva, ritornarci sopra, se non nei particolari che potete sicuramente, anche a istanza di parte, in futuro esaminare meglio.. Ma ora non ha senso che prendiate una decisione di risentire tutti questi testi. Lo vedremo in futuro. Io sono contrario assolutamente alla ripetizione, perché è completamente inutile. Nella fase attuale, li acquisite e vedremo alla fine. Allora c’è ora da vedere il problema, la prova specifica di quel processo, tutti gli atti come vi è stato chiesto dall’avvocato Filastò relativi alle prove espletate in quel processo. Ma al di là della prova generica, tutti quegli atti che non si possono introdurre globalmente come un pacco in questo processo, sono assolutamente superflui e non pertinenti per quanto riguarda gli indizi a carico di un altro imputato. Perché si tratta di elementi che non solo sono da rivalutare come giustamente ha detto la Corte di Cassazione annullando quella sentenza; e sapete già il problema per cui saranno rivalutati quegli indizi e quelle prove a carico del coimputato Pacciani in un’altra sede. elementi specifici di prova sul blocco a carico di Pacciani o sulla asta guidamolla, mi capite che è un lavoro che non solo a voi non può essere richiesto, ma totalmente non pertinente e superfluo. Perché qua si parla di imputazioni a carico di persone diverse con prova diretta assolutamente diversa da quella indiziaria. Allora se questi sono i confini, mi capite che tutte quelle richieste che mirano alla introduzione in toto, sono assolutamente superflue e non pertinenti e direi non consentite. Perché il 238, come giustamente faceva rilevare il professor Voena, riguarda esclusivamente i singoli atti. Non un intero processo. I singoli atti. Credo che per ora come indicazione non perché l’ho fatta io nella mia richiesta, ma sono, è un’indicazione quella della prova generica che nel momento in cui siamo, è l’unica indicazione utile per fare partire questo dibattimento. Perché l’altro elemento è che voi in qualsiasi momento, avete la possibilità con vari strumenti, che siano quelli del 507 e sia il 238, che sia il 508 per quanto riguarda le perizie, avete la possibilità in un secondo momento all’esito della prova specifica relativa alle imputazioni formulate a carico degli odierni imputati, avete la possibilità nel caso su istanza di parte o d’ufficio, di ottenere tutte quelle precisazioni e chiarimenti di cui avrete bisogno. Ma oggi avete una prova che riguarda gli odierni imputati, per quanto riguarda la responsabilità e gli elementi di fatto che esistono già in quegli atti. Per quanto riguarda singole indicazioni, io le ho messe per iscritto e osservo che per quanto riguarda la lista dell’avvocato Santoni e direi, nella prima parte, in cui tutto sommato ha ragione l’avvocato Curandai quando dice: ‘si tratta qua di allargare e di fare una sorta di romanzo e di scienza su questi fatti’; in quella parte lì, non ha senso assolutamente prendere in considerazione quelle richieste. Si possono prendere in considerazione solo le richieste pertinenti, come dicevo, ai nostri fatti. Quindi, nel momento in cui vi chiede l’ammissione ai testi per l’omicidio del ’74, si tratta manifestamente di una richiesta non pertinente. Per quanto riguarda risentire i testi che ha elencato per tutti gli omicidi, l’ho già detto, c’è nel caso la lista dell’avvocato Santoni addirittura non solo superflui e non necessario ripetere; ma si tratta di prove che sono state assunte all’epoca quando quella parte civile, avvocato Santoni, era presente. Quindi, il contraddittorio per quelle prove, è già stato espletato. Quindi, figuriamoci se una parte civile come l’avvocato Santoni, su quei fatti possa oggi richiedere di sentire quei testi. A meno che, a meno che non abbia elementi diversi da portare che ad oggi non sono presenti. Se in futuro li avrà, io ovviamente non ho in questo momento, pregiudizi sul punto e né ostacoli. Ma oggi non è possibile che si chieda di risentire quelle parti da parte di quella parte civile che li ha già sentiti. Questo, per quanto riguarda tutti gli omicidi. Per il ’74, siamo completamente lontani. Idem per quello che riguarda le perizie. Risentire i medici legali? Per carità! Sono già stati sentiti a dovizia in tutte le forme e con tutto il contraddittorio. Innanzitutto voi avete quelle deposizioni, avete quegli elaborati, vi maturerete le vostre convinzioni; se in futuro avete voi bisogno di chiarimenti o se qualche parte vi chiederà, riservatevi su questo, lo farete in un secondo momento. Oggi, decidere sulla ammissione di questi mezzi è assolutamente non opportuno. mi fermo a discorso opportuno. E allora faccio, poi, qualche osservazione. Tutte quelle prove richieste oggi in udienza dall’avvocato Santoni per guanto riguarda il delitto del 1983: Vinci, parenti, riviste o non riviste. Io dico soltanto che sono remissivo perché qui è il tema della causa. Ha fatto bene secondo me a introdurre limitatamente a questo. Del resto, mi permetto di ripetere quello che ho detto io e quello che diceva l’avvocato Curandai sul punto, quando a mio avviso giustamente è intervenuto facendo presente che una parte civile non può comportarsi in due modi diversi. Quando la parte civile, come ha fatto oggi l’avvocato Santoni, tira fuori un argomento come quello Vinci nell’83, mi trova assolutamente d’accordo e io non ho niente da dire sul fatto che la richiesta è tardiva. Io vi dico: superatela. Perché c’è il consenso del P.M. a che quelle prove siano assunte. Però non facciamo romanzi, non facciamo teatro, non parliamo di cinema o di film. Allora mi rimane – perché questo che mi rimane da fare – dare qualche indicazione ulteriore in questa linea sulle richieste dell’avvocato Filastò. Devo dire, perché questo lo devo dire, quando l’avvocato Filastò ieri presenta la memoria ex 121 in cui chiede l’ammissione di prove, è tardiva. Questo ve lo dico e su questo io invece sono intransigente. È impossibile che ci presenti una ammissione di testi nuovi, ieri. Ma al di là del fatto che è tardiva – e su questo io insisto: sul fatto che è tardiva – direi che tutte le indicazioni di prova in genere, quelle tardive e non tardive dell’avvocato Filastò per i motivi che ho detto prima, sono assolutamente non pertinenti e superflue e non portano alcuna possibilità per voi di decidere su quelle che sono le imputazioni. Quindi da, assolutamente, non prendere in considerazione. E qui io sono generico, non sto a dilungarmi sulle singole prove richieste. Perché qui, è proprio l’impostazione generale. Quindi versare tutto il processo, l’ho già detto, le prove che riguardano film, cassette, romanzi, orari di cinema dell’81 – perdonatemi – ma ho tutto il, direi, il diritto dopo aver lavorato su questo caso, di dire: beh, insomma se ha qualcosa da dire, faccia le denunce, ci sono tanti strumenti per stimolare. Fra l’altro l’avvocato Filastò è uno che ogni mattina ha presentato dagli anni ’80, denunce contro presunti mostri. E lui lo sa. Quindi, ne faccia ancora, ci mancherebbe! Ma non può sicuramente presentarle alla Corte oggi o venire a fare confusione in questo processo. Perché qui si tratta di proporre esclusivamente argomenti che fanno solo confusione. Quindi, io sono contrario a perizie di tutti i tipi. Perché, per quanto riguarda le perizie – e questo è l’ultimo argomento che lui vi ha proposto – a parte la singolare situazione, direi quasi unica, in cui l’imputato Vanni – che non si sa a questo punto che persona è: se è normale o non normale, se ha perversioni o no, è tutto da dimostrare. Per me le ha – c’è un difensore che dice: è incapace di intendere, perché non l’avete messo in manicomio?; c’è l’altro che, giustamente, dice: per carità! Il mio assistito io l’ho difeso in tutte le sedi, io gliene do atto all’avvocato Pepi perché per un anno di indagini preliminari, ci siamo correttamente da l’una e dall’altra parte battuti – se cosi si può dire – davanti agli Organi Giudiziari, per portar avanti ognuno la sua tesi. Persino al Tribunale della Libertà, spesso come è capitato, ha avuto ragione il Pubblico Ministero; a volte la sua richiesta ha avuto, ha sortito un effetto, poi annullato. Ma non è qui il problema. È il problema dire: confrontiamoci su temi concreti. Quindi, io insisto col dire che per quanto riguarda la lista dell’avvocato Pepi, non ho niente da dire. Per quanto riguarda le perizie psichiatriche, quindi a parte la anomala situazione che riguarda Vanni, direi che le considerazioni fatte circa l’ammissibilità di una perizia psichiatrica, la norma del 220, sono tutte considerazioni che mi trovano senz’altro d’accordo. Qui non c’è un elemento, uno, che possa far pensare a perizie psichiatriche da fare a carico degli imputati e tanto meno del Pucci. Perché nessun elemento in tal senso è stato fornito a voi per stimolarvi a prendere una simile decisione. Al dibattimento, se per caso alla Corte o a qualcuno sembrasse che Vanni o chi riterrà opportuno, ha qualche problema basato su elementi di fatti e su circostanze che per ora negli atti non ci sono. Il P.M. si metterà da una parte e vedremo. Per carità!, una bella perizia psichiatrica se serve a illuminare fatti accertati, ben venga. Ma non una perizia psichiatrica così, calata dal cielo perché gli altri argomenti sono gli scienziati che ci devono dare una mano. No, intanto facciamo i fatti. Poi gli scienziati se ne abbiamo bisogno, se ne avrete bisogno, li chiamerete in un secondo momento.. Io penso che non sarà necessario. Per quanto riguarda la perizia calligrafica, signori, abbiamo un incidente probatorio per intero. Per quanto riguarda Lotti, beh, direi non solo è da esprimere un dissenso completo su una perizia calligrafica per vedere se è calligrafia o se è spontanea. E voi capite benissimo che una simile perizia non ha nemmeno la possibilità di essere presa in considerazione. Perché che credibilità potrebbe avere un perito che vi viene a spiegare qualcosa sul punto… sentite Lotti, vedete cosa ha scritto, fategli tutte le domande che volete perché questo è lo scopo del processo, facciamo tutto il contraddittorio anche se c’è incidente probatorio. Io ho chiesto l’esame di quell’imputato e vedrete che di perizie calligrafiche, non solo non c’è bisogno in fatto, ma sono perizie che non servono assolutamente a nulla. Concludo quindi, perché siano ammesse tutte le prove ammesse dai difensori nei limiti e che io ho messo, ho indicato nella memoria che vi produco e vi do come indicazione, come suggerimento, come ultimo… non so se il P.M. può dare un consiglio, ma andiamo sulle prove che sono state indicate e fornite fino ad ora, ad eccezione di quelle dell’avvocato Filastò per i motivi che vi ho detto. E in un secondo momento se necessario, avete più di una norma: 238, 507, 508 per integrare all’esito del dibattimento quello che sarà necessario. Nel caso, su alcune, potete comunque potete riservarvi. Qui è l’indicazione scritta, la lascio…
Presidente: Pubblico Ministero, tanto per avere… siccome si è fatto riferimento a quell”atto scritto del Lotti, dov’è?
(voce non udibile)
P.M.: Questa è l’indicazione…
Presidente: Siccome non lo troviamo di là…
P.M.: Se mi consente, due parole dato che è l’argomento: penso che doveva fornirlo per tempo, nei termini l’avvocato Filastò. Ma su questo io non ho nessun motivo perché la richiesta c’è, si tratta di un manoscritto che il Lotti…
Presidente: Siccome aveva detto, mi pare, all’inizio dell’udienza che lei lo produceva come atto…
P.M.: Sì, sì. Ecco…
Presidente: … proveniente dall’imputato…
P.M.: Eccolo qua. Eccolo qua.
Presidente: Siccome l’avevamo, non lo trovavamo… Bene. Allora, si produce questo atto scritto proveniente dall’imputato Lotti, viene acquisito e allegato all’istanza oggi prodotta dal Pubblico Ministero, va bene? La teniamo noi. Allora, a questo punto, niente, ci aggiorniamo a venerdì mattina alle ore 9.00. Bene. (voce non udibile)
Presidente: Come?
(voce non udibile)
Presidente: No, a lunedì no, perché lunedì poi c’è il problema perché poi la Corte… si può fare udienza anche lunedì, però la Corte ha un altro processo da martedì in poi e poi c’è la sospensione. Quindi volevo utilizzare venerdì e lunedì.
Avvocato: Ecco, Presidente, quindi non sabato come lei disse tempo fa.
Presidente: Sabato, sabato c’è fatta opposizione da qualche Giudice che è impedito. Comunque andiamo a venerdì, poi venerdì si deciderà. Se poi lasciamo… revocata, allora è un altro discorso; allora si va alla settimana dal 16 in poi. Ora come ora possiamo utilizzare venerdì e il lunedì. Ci vediamo venerdì alle 9.00.