23 Giugno 1997, 7° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Michele Giuttari

Presidente: Allora, Vanni Mario è lì presente. Difeso dall’avvocato Pepi. Faggi Giovanni: non c’è. L’avvocato Lena e Bagattini. Chi c’è?
Avvocato Pepi: Nessuno, Presidente.
Presidente: Va bene. Allora, avvocato Pepi in sostituzione dell’avvocato Lena. Va bene? Lotti Giancarlo: è presente. Difeso dall’avvocato Bertini, presente. Corsi Alberto: non c’è. Zanobini?
P.M.: Non c’è, Presidente.
Presidente: Allora, qui ci vuole un difensore. Lo può difenderà… Chi lo può difendere, Bertini lo può difendere? C’è incompatibilità?
P.M.: Con Bertini, forse, incompatibilità c’è.
Presidente: Va bene, lo poteva difendere Lena. Però Lena non c’è. Pepi? No…
P.M.: Direi c’è la stessa incompatibilità, Presidente.
Presidente: Allora, un difensore? Allora, signorina, sospendiamo, va convocato un avvocato di turno di oggi. Va bene?
P.M.: Bene, Presidente. Non bene, ma comunque…
Presidente: Eh, va male, si inizia male. Di corsa, per cortesia, perché già si sta perdendo troppo tempo per queste ragioni qui. 

« DOPO LA SOSPENSIONE » 
 
Presidente: Allora, abbiamo Vanni al Pepi; abbiamo l’avvocato Fenies in sostituzione dell’avvocato Lena; Lotti: Bertini. Chi c’è per Corsi Alberto?
Avvocato Fenies: Non c’è nessuno, Presidente. Posso sostituirlo io.
Presidente: L’avvocato… Chi era? Ah, è lei. Sì, lei può sostituire, sì.
Avvocato Fenies: Sostituisco io l’avvocato Zanobini, Presidente
Presidente: Sì. Fenies, sostituisce l’avvocato Zanobini. Poi, parte civile: Saldarelli?
Avvocato Saldarelli: Presente.
Presidente: Ecco, presente. Puliti? Puliti lo sostituisce l’avvocato Pellegrini, chi lo può sostituire? Curandai, Curandai. Curandai c’è. Ciappi?
Avvocato Saldarelli: Lo sostituisco io, Presidente.
Presidente: Bene. L’avvocato Saldarelli. Colao, c’è Colao? No. L’avvocato Pellegrini, Patrizio Pellegrini c’è. Santoni Franchetti, l’ho visto. Dov’è? Eccolo. Eriberto Rosso, c’è l’avvocato Saldarelli. Allora possiamo partire. Bene, Pubblico Ministero, a lei per iniziare.
P.M.: (voce fuori microfono)
Presidente: Il microfono, per cortesia.
P.M.: Sì. Dicevo, vorrei sentire come teste stamani il dottor Michele Giuttari, che è dirigente della Squadra Mobile che ha coordinato la parte investigativa relativa a queste indagini.
Presidente: Bene.
P.M.: Il dottor Giuttari lo fa venire lei?
Presidente: Può entrare. I testi sono tutti fuori dall’aula. Per cortesia, se c’è qualcuno… Ufficiale giudiziario.
M.G.: Buongiorno.
Presidente: Buongiorno. Si chiama lei?
M.G.: Giuttari Michele. Nato a Xxxxxxxx il XX/XX/19XX, residente a Xxxxxxx. Primo dirigente della Polizia di Stato, dirigo la Squadra Mobile di Firenze.
Presidente: Bene. La formula.
M.G.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Prego, Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, Presidente. Grazie. Dottor Giuttari, vuole innanzitutto spiegare alla Corte in quale momento lei ha iniziato a occuparsi di queste indagini, soprattutto qual è l’incarico che lei ha ricevuto. E nell’ambito di questo incarico qual è il metodo che ha seguito, da cosa è partito e sostanzialmente quali sono stati i capisaldi della sua attività.
M.G.: Sì. Signor Presidente, innanzitutto vorrei chiederle l’autorizzazione di poter consultare gli atti. È stata una attività molto complessa, in cui io ho eseguito personalmente tantissimi atti che non posso ricordare nei suoi…
Presidente: L’autorizzazione è concessa, va bene.
M.G.: Grazie. Mi sono interessato di questa vicenda dopo aver assunto la dirigenza della Squadra Mobile di Firenze. E quindi nel mese di ottobre del millenovecento…
Presidente: Ah, scusi, vuole essere ripreso dalle telecamere?
M.G.:Ma per me è indifferente. Non ho… 
Presidente: Bene.
M.G.: Dopo aver assunto la dirigenza della Squadra Mobile, cioè nel mese di ottobre dell’anno 1995. Ricevetti l’incarico da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze nelle persone del procuratore capo dottor Vigna e del sostituto Canessa, di procedere ad una lettura di tutti gli atti della vicenda dei delitti attribuibili al Mostro di Firenze. E quindi, sia degli atti processuali, sia degli atti della Polizia Giudiziaria che non erano stati inseriti nel fascicolo del dibattimento. L’incarico mirava sostanzialmente a vedere se da questa lettura, da questo esame potessero emergere elementi utili per dimostrare che, oltre al Pacciani condannato dalla Corte di Assise il 1 novembre ’94, potessero esserci stati eventuali complici, quantomeno nel delitto degli Scopeti del settembre ’85, come aveva, ipotizzato la Corte di Assise all’epoca. La Corte di Assise infatti, nella motivazione della sentenza del 1 novembre ’94, aveva ipotizzato la compartecipazione di un altro soggetto nel delitto degli Scopeti. E, a questo proposito, posso richiamare le pagine sentenza, dove apertamente la Corte di Assise affermava che, sulla base di alcune testimonianze dibattimentali, quelle di Lorenzo Nesi e di Longo Ivo e dell’avvocato Giuseppe Zanetti, era verosimile che agli Scopeti, oltre a Pacciani, ci fosse stato un complice. Ecco quindi che l’input investigativo alla Procura della Repubblica l’aveva fornito un giudice: la Corte di Assise. La Procura mi delega a fare questa attività ed io, quale primo incarico di un certo spessore investigativo che ho trovato nella nuova veste di dirigente della Squadra Mobile, mi metto a leggere tutti gli atti, ad esaminarli, ad analizzarli. Ricavando, debbo dire, subito una impressione molto positiva da questa attività di lettura. Perché il risultato di questa attività mi offriva già in partenza degli spunti interessanti per la ricostruzione oggettiva dei fatti. Vado più nello specifico: leggendo e analizzando questi atti ho constatato che tra questi atti esistevano numerosissime testimonianze. Alla fine li elencherò tutti e vedremo che sono ben 18 testimonianze. Quindi di persone diverse, la maggior parte o quasi tutte che si erano presentati nell’immediatezza dei delitti di Vicchio ’84 e di Scopeti ’85, agli investigatori. Quindi testimonianze dell’epoca. E che avevano riferito in quelle occasioni ciò che loro avevano notato in circostanze di tempo e luogo molto significative in relazione proprio ai delitti che si erano verificati in quei territori. Testimonianze per me ritenute utili e spiegherò perché, che mi accorsi purtroppo non erano state portate alla conoscenza della Corte di Assise che aveva giudicato Pacciani. È chiaro che la lettura di tutti gli atti mi consentiva di avere un’ottica investigativa completa, non parziale. E quindi mi consentiva anche di potere fare dei riscontri tra una dichiarazione e l’altra. E quindi di poter leggere nella loro totalità tutte queste testimonianze. Vediamo allora adesso quali sono, così come si sono presentate alla mia lettura, alla mia prima lettura e poi qualcuna di esse dovrò necessariamente tornarci sopra perché su delega della Procura ho risentito le persone completando gli atti. Partiamo dal delitto di Vicchio del 1984. Per questo delitto vi erano tre testimonianze importantissime e a mio giudizio utili per la ricostruzione oggettiva dei fatti, del fatto, del delitto. Le testimonianze sono quelle dei coniugi Andrea Caini e Tiziana Martelli. E la testimonianza della signora Frigo, Frigo Maria Teresa, credo, che… Maria Grazia. Coniugi Caini-Martelli, il 21 luglio del 1994, quindi mentre era in corso il processo a carico di Pacciani – il processo a carico di Pacciani inizia ad aprile e termina con la sentenza il 1 novembre del ’94 – quindi mentre è in corso questo processo, si presentano agli investigatori il 21 luglio 1994, e dicono, dice: “noi, a suo tempo, abbiamo fatto delle dichiarazioni, dichiarazioni che non sono state verbalizzate. Ci ripresentiamo adesso perché riteniamo che le nostre dichiarazioni non siano state prese in considerazione, nella dovuta considerazione”. E ripetono quindi il racconto fatto all’epoca. Il loro racconto è il seguente: la notte del delitto si trovavano in località Santa Margherita, che è una località, una piccola frazione a monte proprio a ridosso della piazzola di Vicchio dov’è avvenuto il delitto, su una strada sterrata che collega alcuni casolari là della zona, alcune frazioni: la frazione di Chiggiana, San Giovanni a Scopeto, credo che sia…
P.M.: San Martino.
M.G.: San Martino a Scopeto, esatto, San Martino a Scopeto. E si trovavano a casa di parenti, di una cognata che abitava appunto in questa località Santa Margherita perché era l’anniversario del matrimonio dei genitori della Martelli Tiziana. Verso le 24.00 vanno via da quella abitazione per rientrare a casa. Abitavano, all’epoca, a Fiesole. Dopo circa un chilometro, percorrendo questa strada sterrata che poi va a toccare sulla sagginalese, quindi sulla strada asfaltata normale, provinciale, la Provinciale 41 che collega Vicchio a Dicomano, percorrendo questa strada sterrata, dopo circa un chilometro si fermano, perché in una curva c’è una fonte e si fermano per prendere l’acqua a questa fonte. Sulla macchina c’erano altri familiari che poi però nell’87 e nell’88 sono deceduti e che chiaramente non sono stati all’epoca… Quindi si fermano in questa fonte per prendere l’acqua e, ad un certo punto, mentre stanno per scendere dall’auto, vedono transitare a fortissima velocità, circa 60 chilometri orari che è fortissima per loro, ma per tutti, in relazione alle condizioni del fondo stradale e della tortuosità proprio della strada. La fonte era in prossimità, era proprio in una curva, vedono transitare due autovetture a forte velocità in relazione al fondo stradale e alla tortuosità della strada e vengono colpiti da questo passaggio anomalo, strano, molto curioso a quell’ora, con quella guida fuori dal normale. Vedono che si tratta di due autovetture, di cui una autovettura di colore rosso. E vengono colpiti in particolare dalla seconda autovettura, perché questa seconda autovettura che tallonava la prima, procedeva con le sole luci di posizione accese, i fanalini, le luci piccole. Quindi quasi al buio. E alzavano un enorme polverone. Il fatto proprio sembrò loro molto strano, perché erano soliti andare da quei parenti e mai si era verificato un episodio simile. In più loro, i coniugi, esternavano delle loro riflessioni e dicevano: ‘sicuramente non si trattava di persone del luogo, perché per una forma di rispetto, le persone che vivono in quelle coloniche là nella zona, non avrebbero sicuramente proceduto a quella velocità per alzare quella polvere e dare fastidio agli altri’. La seconda riflessione che facevano era questa: ‘sicuramente si trattava di gente che conosceva bene quei posti, perché per andare in quel modo forte in auto, in una strada con curve, è chiaro che bisognava conoscere bene quella strada’. I coniugi facevano sempre presente che non avevano ancora saputo del delitto. Ma il giorno dopo, quando avevano appreso la notizia del delitto che si era verificato proprio lì vicino, avevano collegato questo transito delle macchine a quell’episodio omicidiario e quindi avevano sentito il bisogno, il senso civico, mossi da un forte senso civico, di notiziare gli investigatori. Quindi queste sono le due prime testimonianze che mi hanno particolarmente colpito e impressionato favorevolmente in questa attività di lettura, perché le ritenevo utili per la ricostruzione dei fatti.

M.G.: La terza testimonianza che trovavo in quegli atti e anch’essa che non era stata valutata e non era stata portata davanti ai giudici del dibattimento era la testimonianza della signora Maria Grazia Frigo. La signora Frigo che è una artigiana e lavora in una azienda a livello familiare insieme al marito – i coniugi Caini-Martelli hanno, avevano e hanno una attività imprenditoriale nel settore della manutenzione di caldaie – la signora Frigo nel 1992, esattamente il 2 dicembre del 1992, telefona all’ufficio della Procura al dottor Canessa. E dice: ‘io ho delle notizie. So innanzitutto – premette – sono ossessionata da otto anni da un episodio che mi è capitato. Sono ossessionata’. Dice: ‘ho delle notizie da riferire sul delitto verificatosi nell’84 a Vicchio’. Racconta telefonicamente in estrema sintesi le notizie di cui dispone, dice che la notte del delitto si trovava a casa di parenti in località La Rena. È una località che come vedremo sta proprio sopra alla piazzola del delitto. In linea d’aria proprio vicinissima, 3/400 metri in linea d’aria, forse anche di meno. Dice: ‘e quella notte, quando stavamo andando a casa intorno alla mezzanotte, nel percorrere questa strada sterrata che porta alla sagginalese, dopo poche centinaia di metri che avevamo lasciato l’abitazione dei nostri cugini, dei nostri parenti, abbiamo incontrato una autovettura il cui autista ha tenuto un comportamento molto, molto, molto strano. Perché avanzava, lo vedevamo avanzare a forte andatura verso di noi e ad un certo punto ci tagliò la strada per evitare proprio la collisione con noi. Io fissai bene quest’uomo al volante – dice la donna – e quest’uomo io l’ho riconosciuto nelle foto pubblicate proprio in questi giorni sulla stampa, su L’Unità e su La Nazione. L’uomo alla guida di quella autovettura era Pacciani Pietro’. Il dottor Canessa redige una relazione di questo colloquio telefonico. Al dottor Canessa telefonicamente la signora parla di una macchina di colore rosso. C’è una macchina di colore rosso nelle sue primissime dichiarazioni, 2 dicembre ’92. Il dottor Canessa redige una annotazione che invia agli investigatori della Questura perché procedano ad assumere informazioni dettagliate dalla signora Frigo.
Presidente: (voce fuori microfono)
M.G.: Prego?
Presidente: La macchina di colore rosso, la guidava il Pacciani?
M.G.: La signora non ha precisato il Pacciani che macchina guidava. La signora ha fatto al dottor Canessa un discorso molto generico, dicendo alcuni elementi che lei intendeva riferire. La telefonata è stata molto sintetica, però ha parlato di una macchina rossa. Poi vedremo, perché la signora è molto precisa ha, una memoria devo dire, formidabile ed è stata molto, molto precisa. Quindi…
P.M.: È stata poi portata sul posto, dottore, no?
M.G.: Sì, sì, è stata portata sul posto, ci sono tutti… Vedremo che è una testimone che mi ha impressionato veramente in una maniera eccezionale, positivamente e che devo dire, quando l’ho sentito, era mortificata perché non era stata quasi creduta nel ’92, quando si era presentata spontaneamente. Comunque vorrei procedere un po’ per ordine. Vedremo che poi il racconto sarà molto più circostanziato e più ricco. La signora Frigo quindi si presenta agli investigatori e viene assunta a verbale. In questo verbale… Io sto parlando degli atti come li ho trovati.
Presidente: Sì, sì.
M.G.: In questo verbale la signora dichiarava l’episodio – così come l’ho accennato prima – di questo incontro sospetto, curioso, con questa autovettura, con questo autista che all’ultimo momento aveva evitato la collisione con la loro macchina facendo una sterzata brutta proprio, sulla sinistra, sterzata e quindi mettendosi, tagliando loro la strada la signora aveva avuto modo di vedere bene l’autista di questa macchina. Anzi, dice la signora: ‘prima guardai il volto, la persona e poi la macchina. Perché incentrai l’attenzione sul volto? Perché era mia intenzione, nel caso in cui l’avessi rivisto, richiamarlo sul modo corretto di guida, perché non era quello un modo corretto che aveva fatto, aveva messo in pericolo la vita nostra’. La signora era col marito che guidava la macchina, una Citroen e con la bambina, che all’epoca aveva 10 anni. Quindi il marito, anche lui testimone di questo incontro, che non era stato sentito e poi l’ho sentito io nel corso di questa attività. Dice: ‘io l’ho vista bene questa persona. Sul colore della macchina – che gli investigatori chiedono sul colore della macchina – dice: ‘ma, era una macchina che a me è sembrata scura, ma io sul colore non posso essere sicuro perché ho guardato proprio… era una macchina di media cilindrata comunque. Io ho guardato, ho fissato bene l’uomo e l’ho potuto anche fissare perché aveva il finestrino del lato del passeggero abbassato, quindi l’ho potuto vedere bene in viso’. Lo descrive come una persona robusta, di mezza età, i capelli tirati all’indietro, dice: ‘comunque io l’ho riconosciuto nella foto di, Pacciani’. Fanno vedere un album fotografico dove erano inserite tre fotografie del Pacciani e lo riconosce perfettamente in una di queste foto, che era proprio la foto che corrispondeva all’epoca in cui si era verificato il fatto, quindi al 1984. La signora faceva anche presente che non si era presentata prima a fare queste dichiarazioni, per lei importanti, perché era stata sconsigliata in famiglia. Aveva avuto paura, i familiari avevano avuto paura, dice: ‘ma poi, subito dopo vidi che per i delitti attribuibili al mostro di Firenze erano stati imputati i sardi, i Mele. Quindi vedendo le foto dei Mele sulla stampa non riconobbi la persona da me notata in quella circostanza, quindi dissi, pensai, si vede che quell’incontro non ha niente a che vedere con i delitti attribuibili al mostro, se sono i Mele. Questo fatto anche in un certo senso mi rassicurò’. Poi, quando nel ’92 vide che nel tempo i Mele vennero scagionati, il gruppo dei sardi, la pista sarda era stata messa da parte ed era venuto fuori il nuovo personaggio, il Pacciani, ed erano state pubblicate le foto del Pacciani. Ecco che la signora, nel ’92,lo riconosce con certezza e sente il dovere civico, superando tutte le resistenze anche familiari, di andare, di rivolgersi agli investigatori e agli inquirenti che stavano seguendo il caso Pacciani. Aveva fatto presente anche che si era rivolta all’avvocato Ventura prima di andare, dichiarare l’Autorità Giudiziari. L’avvocato Ventura era l’avvocato di Pacciani, l’aveva consigliata e poiché era avvocato di Pacciani, di rivolgersi agli inquirenti. Quindi che lui non avrebbe potuto fare nulla, ma di rivolgersi, le diede consiglio di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria. Cosa che la signora aveva fatto. Quindi la lettura, soprattutto di queste tre testimonianze, il sopralluogo che feci, mi convinsero che erano testimonianze importantissime, al di là della Frigo dove c’è una prova diretta, un riconoscimento diretto del Pacciani. Ma comunque, per quelle circostanze di tempo e di luogo, non potevano che essere riferibili al delitto da poco, poco prima commesso proprio in quella zona. Ora, se noi potessimo vedere la foto, la cartina di quei posti, la cartina del luogo del delitto e di questa strada dove si sono verificati a distanza di pochi minuti questi incontri da parte della Frigo e da parte dei coniugi Caini-Martelli, io penso che più di ogni altra parola ecco può dare l’idea di quanto importanti dovevano essere quelle… siano quelle circostanze e quanto importante sarebbe stato portarle alla valutazione del Giudice della Corte di Assise. Possiamo mettere un po’ meglio a fuoco?
Presidente: Signor Filippo? Perché questa immagine è sempre fissa qui? Lo schermo qui. Filippo, questo qui perché è sempre fisso? Cioè, se è possibile, mandare la stessa immagine… la seguiamo meglio.
(voce fuori microfono)
Presidente: Questa è fissa, non serve a nulla.
(voce fuori microfono)
Presidente: Bene. Guardano lì, però si guarda con una certa difficoltà, ma in ogni modo… sì, sì, insomma, un po’ si fa.
M.G.: Dunque, nella parte…
Presidente: C’è una bacchetta? Non c’è una bacchetta?
M.G.: La linea rossa indica, se facciamo scorrere il cursore, indica la strada provinciale 41 che collega Vicchio a Dicomano. Ecco, si fermi là, alla piazzola.
Presidente: Questa è la piazzola.
M.G.: Sul margine destro, andando da Vicchio verso Dicomano, c’è questa rientranza, questo spiazzo dove si è verificato il delitto. Quindi sul margine, ecco là, dove c’è il segnale in questo momento. Quello è il luogo del delitto. Se torniamo poco più indietro, ecco là, quindi a pochissima distanza dall’entrata in questa…
Presidente: Piazzola.
M.G.:… in questa piazzola – siamo nell’ordine di qualche centinaio di metri – c’è la strada sterrata che va alla fattoria La Rena. Se la percorriamo quella strada… No, ancora verso sopra. No, no, no. Io da qua… Questa così, passa da San Martino a Scopeto, Chiggiana e poi ritorna sulla Sagginalese. L’incontro di cui parla la signora Frigo avviene poco prima della fattoria La Rena, quindi siamo qua. Siamo proprio sopra la piazzola. In sede di sopralluogo abbiamo anche fatto il calcolo con il chilometraggio ed è una distanza di poco più di mille metri, stradale. Il luogo invece di cui parlano i coniugi Caini-Martelli sempre su questa strada, è in questo punto, dove c’è la fonte. E le macchina, dicono i coniugi, venivano da questa direzione: da San Martino a Scopeto verso Chiggiana, mentre loro andavano in senso contrario. Diranno poi anche i coniugi: questo posto qua, della fonte, dal luogo del delitto – ecco perché loro l’avevano collegato – considerata la strada tortuosa, la strada brutta, è a meno di dieci minuti di ma… e in effetti è vicinissimo. Cioè, questi incontri avvengono, si verificano in ora; in circostanze di tempo e luogo estremamente interessanti per ricostruire i fatti. Nel sopralluogo della Frigo… Perché poi, ecco, vedremo che il teste è stato sentito da me, è stato fatto un sopralluogo, sono stati fatti altri rilievi, tornerò dopo. Io adesso vorrei fermarmi alle testimonianze così come le ho trovate, anche nella loro incompletezza e poi nello sviluppo investigativo, ritornarci sopra, riferendo anche e facendo vedere i rilievi fatti in quella occasione. Sempre per il delitto dell’84 – questo l’ho rilevato dopo, sulla base però di emergenze investigative acquisite successivamente – già all’epoca c’erano altre testimonianze importanti che non erano state valutate. Comunque a tempo, in seguito farò cenno anche a queste testimonianze. Per il delitto dell’85 invece, quindi passiamo al delitto dell’85, il quale era così come l’ho letto io e con gli atti che ho trovato io ; le testimonianze utili per la ricostruzione dei fatti, interessanti, anche se nessuna di queste testimonianze aveva un valore probatorio forte come quello della Frigo, del riconoscimento, sono ancora più numerose queste testimonianze. Sono tutte di persone che all’epoca del delitto si sono trovate a passare da quel posto poco dopo, poco prima, o nel pomeriggio e hanno notato fatti particolari, da loro ritenuti importanti, che potessero aiutare gli investigatori a sviluppare le indagini, e quindi si erano presentati di loro spontanea volontà agli investigatori riferendo queste circostanze. Qua sono veramente numerose, io devo aiutarmi un po’ con i nomi, per le date, anche per le professioni che ritengo che siano importanti. Perché come vedremo non sono, sono persone tutte con un’attività qualificata, tutte persone che non hanno niente a che vedere con questo mondo emerso da questa inchiesta-bis, tutti anche professionisti. Abbiamo la testimonianza di un’americana, Sharon Stepman, tecnico nel settore della stampa. Questa donna si presenta il 10 di settembre dell’85 quindi il delitto avviene l’8 di settembre, la notte dell’8, viene scoperto il giorno 9, di lunedì, verso le 13.30-14.00 – quindi il 10 questa donna si presenta spontaneamente ai Carabinieri. E riferisce che quella sera, quella notte del delitto, aveva accompagnato a casa, a San Casciano, un suo amico, con cui era stata ad una festa in un’altra città, credo Perugia, quindi l’aveva accompagnato a San Casciano e poi stava… una volta che l’aveva lasciato, verso le 23.30, più verso le 24.00 nel fare ritorno a Firenze era transitata dagli Scopeti, vedendo che proprio di fronte alla piazzola dove si era verificato il delitto stava per uscire un’auto di media cilindrata di colore chiaro, bianco, e alla vista dei fari dell’auto della donna che sopraggiungeva, vede che quest’auto ad un certo punto fa marcia indietro. Quindi, anziché uscire sulla strada degli Scopeti, di fronte alla piazzola del delitto, vedendo arrivare la donna… fa marcia indietro. Dice: ‘il fatto mi sembrò strano. Avendo saputo poi del delitto, avendo visto questo movimento che era come di una persona che non voleva farsi notare che stava uscendo da questo luogo, vengo e ve lo riferisco’. Sostanzialmente la donna il 10 settembre ha detto questo. Dice: ‘ne parlai anche col mio amico’. L’amico è un gallerista, il Raspollini Valeriano, che non risultava all’epoca essere stato sentito, è stato sentito solo successivamente, nel settembre del ’95, ed aveva confermato il racconto della donna. Anzi dice: ‘me lo disse subito la mia amica di questo incontro strano, curioso. Eravamo a casa mia perché l’avevo invitata a cena, sentito questo racconto le dissi, andiamo subito dai Carabinieri, e riferiamolo perché può essere utile per gli inquirenti. Ebbi l’impressione però’ – dice questo Raspollini – ‘che il racconto della mia amica non fosse stato valutato nella giusta considerazione’. Quindi, abbiamo questa prima dichiarazione. Abbiamo poi la dichiarazione di una ragazza, Sabrina Carmignani, che il 9 settembre dell’85, cioè lo stesso giorno in cui sono stati scoperti i cadaveri dei due francesi uccisi, era stata sentita dai Carabinieri. E aveva raccontato che il pomeriggio di quella domenica si trovava col fidanzato, Galli Mauro, nella piazzola del delitto, proprio là dove c’era la tenda. Erano andati lì a mangiarsi un panino, a stare un po’ insieme. In un successivo interrogatorio poi spiegherà che era il giorno del suo compleanno quindi avevano portato un po’ di torta, avevano inteso festeggiare così, stando in quel posto una mezzoretta. Erano verso le 17.30, quindi c’era la tenda dei due francesi, c’era la macchina, la Golf dei due francesi lì accanto alla tenda. Ad un certo punto vedono sopraggiungere una macchina che, provenendo da San Casciano, si immette nella piazzola, percorre per un tratto questa stradina che portava proprio alla tenda dei francesi. Ad un certo punto però notano che questa macchina, ‘forse’ – spiega la donna – ‘perché aveva visto che c’eravamo noi’, l’autista fa marcia indietro, quindi non procede, fa marcia indietro e si ferma al margine della strada, all’inizio della piazzola, con la parte frontale rivolta verso Firenze. Poi noi siamo andati via’. ‘Che macchina era?’ ‘Una macchina tipo Regata’ – dice – ‘ma non era Regata’. Sul colore della macchina non c’è nessuna traccia nel verbale dell’85, quindi presumo che non sia stato chiesto il colore della macchina. Che sicuramente la ragazza avrebbe potuto riferire con maggiore certezza all’epoca, essendo stata sentita il giorno dopo l’omicidio. Comunque non c’era, ecco, traccia del colore della macchina. Sulla testimonianza della Carmignani, quella che vi ho riferito adesso, e così come l’ho trovata, torneremo poi nello sviluppo investigativo. Il fidanzato non risultava essere stato sentito, il Galli Mauro. 

M.G.: Altro teste, un fotografo americano, James Taylor. Il 9 di settembre, quindi lo stesso giorno in cui vengono scoperti i due francesi uccisi, si presenta ai Carabinieri e riferisce che la notte precedente, quindi la note del delitto, stava tornando a San Casciano assieme alla sua ragazza, – che non è stata interrogata anche lei all’epoca, l’abbiamo sentita successivamente – e nel passare dagli Scopeti, dice: ‘proprio dal luogo dove oggi, ripassando, ho visto che sono stati scoperti due turisti uccisi, poteva essere mezzanotte e dieci, mezzanotte e un quarto, vidi lì nei pressi, proprio poco prima della stradella che porta a questa piazzola del delitto, vidi ferma un’autovettura senza nessuno a bordo’. ‘Che autovettura era?’ ‘Era un’autovettura Fiat 131 di colore argento’. Dice: ‘di questo sono sicuro, tanto che ne parlai con la mia ragazza. C’era un disaccordo con la mia ragazza solo sulla targa, lei riteneva che fosse a sfondo bianco, io a fondo rosso, comunque l’incontrario’. Ecco, avevano una diversità di vedute sulla targa di questa macchina. Però dice: ‘il colore io sono sicuro, era grigio argentato. Si trattava di una FIAT 131’. Questa è la dichiarazione di Taylor del 9 settembre ’85. La ragazza, la Gracili, oggi avvocato non è stata, non risultava essere stata interrogata. Poi ancora, tra le testimonianze trovate, la testimonianza di una tedesca, Weber Petra. Questa donna si trovava in vacanza, ospite di amici lì a San Casciano, ed abitava in una casa in linea d’aria a un chilometro dalla piazzola del delitto, in direzione frontale alla piazzola del delitto, quindi prospiciente, in linea d’aria circa un chilometro. La Weber racconta ai Carabinieri, dice: ‘io la notte del delitto ero con i miei familiari fuori, nel giardino di questa casa, ad una certa ora, verso le 24.00 ho udito un rumore, come di stappo di bottiglia di spumante. Ho sentito un rumore che mi ha dato l’impressione che potesse essere lo stappo di una bottiglia di spumante. C’era anche mia madre, la quale però mi disse: no, questi sono colpi, sono spari, colpi d’arma da fuoco. Tant’è che ebbe paura e dopo un po’ volle entrare dentro nella casa, non preferì rimanere più nel giardino. Entrammo tutti quanti…’ E quindi, ecco, la Weber dava questa testimonianza e poteva essere utile per collocare temporalmente l’orario dell’episodio. La madre, che aveva manifestato questa impressione di colpi d’arma da fuoco, non era stata sentita. Dopo qualche giorno, dopo uno o due giorni era tornata in Germania. Altra testimonianza è quella di Rufo Giancarlo. Rufo Giancarlo, un costruttore, proprietario di una casa colonica proprio dirimpetto alla piazzola del delitto, dall’altro lato della strada al numero 120 credo che sia… 124 di via Scopeti, era proprietario di una casa colonica. Quindi è stato sentito’ dai Carabinieri. Casa colonica dove lui andava soprattutto la domenica. Dice: ‘io sì ero qua la domenica di pomeriggio, fino alle sette, sette e mezza, le otto, ma non ho notato nulla di anormale, nulla di strano. Ho ricevuto degli amici, ospiti’ – e fa il nome di questi amici – ‘i coniugi Chiarappa-Rufo’. Coniugi Chiarappa-Rufo, che all’epoca non sono stati sentiti. Il Rufo, nell’aprile ’95 è morto, quindi poi non è stato possibile risentirlo. Mentre i coniugi Chiarappa e De Faveri erano stati sentiti l’11 ottobre del ’95. Quindi non sono stati sentiti da me, sono stati sentiti prima che io mi interessassi della vicenda, però ho trovato già queste verbalizzazioni dell’11 ottobre ’95. Che cosa hanno dichiarato questi coniugi? I coniugi Chiarappa-De Faveri la domenica dell’8 di settembre ’85, che ricordano bene e dicono poi anche perché la ricordano bene, hanno dei riferimenti precisi, in particolare era morto un maestro di musica e quindi il marito si era dovuto assentare da questa casa per fare un necrologio al giornale La Nazione. Verso le 14.30, le 15.00 di quel pomeriggio si erano recati a trovare l’amico Rufo Giancarlo, in questa casa colonica. Dice la De Faveri… quindi provenivano da Firenze, dice: ‘nel girare, nello svoltare a sinistra per prendere lo stradello che porta alla casa colonica di Rufo, mio marito ha incontrato delle difficoltà perché sulla destra’ – proprio in uno spiazzettino da cui poi parte la stradina che va al luogo del delitto – ‘c’era ferma una macchina. Una macchina di colore rosso con il dietro tronco e c’erano due persone: una persona che stava appoggiata sul cofano della macchina’ – macchina che aveva il frontale verso San Casciano ed era appoggiata sul cofano della macchina – ‘e l’altra persona’ – descrive questa persona come una persona rozza, anche dall’abbigliamento, massiccia, di mezza età – ‘dall’altro lato della macchina vi era un’altra persona che mi è sembrato meno grezzo di quell’altro e che guardava insistentemente verso la piazzola dove poi si è verificato il delitto’. Quindi guardava in maniera fissa verso la tenda dei due francesi. Quindi, la De Faveri parla di una macchina rossa, con la cosa tronca, ferma in quel posto all’inizio dello stradello che porta alla tenda dei due francesi, con due persone, di cui una che guardava insistentemente verso la tenda. La De Faveri è un’insegnante, il marito un maestro di musica. ‘Mi è rimasta impressa questa macchina, questo particolare anche delle persone’ – dice la De Faveri – ‘perché passando da lì, non ci siamo…. mio marito non si è potuto allargare con la macchina per fare la manovra bene’ – tanto che ha dovuto fare due manovre per entrare nella strada di Rufo che era dall’altro lato – ‘e queste persone ci hanno ignorato, cioè non si sono neppure voltate a guardarci, come se noi non fossimo stati là presenti, non stessimo passando. Questo è un particolare che mi ha colpito’. Il marito, che conferma questa circostanza, dice qualcosa in più, dice: ‘quel giorno io – a parte che sulla data sono sicuro perché era morto questo maestro di musica quindi sono andato quel giorno a La Nazione a fare questo articolo, poi sono tornato, la macchina era ferma sempre là – ma quel giorno avevo portato a casa di questo mio amico Rufo, un teleobbiettivo molto potente, perché sono un appassionato di fotografia, il Rufo era un appassionato di fotografia e quindi dalla casa di Rufo’ che poi vedremo fotograficamente…
P.M.: Se crede dottore possiamo già proiettarlo così rende…
M.G.: Completerei poi… Bene, bene. ‘Dalla casa di Rufo, il… provai questo teleobbiettivo molto potente, commentando insieme l’efficacia di questo obiettivo con il mio amico Rufo. E notai che c’era ferma sempre questa macchina’ – proprio all’inizio della piazzola del delitto – con una persona che stava… che voltava a me le spalle, che stava appoggiata sul tetto della macchina, che guardava verso la piazzola del delitto. Tant’è che io incuriosito dissi all’amico mio, Giancarlo’ – il Rufo – ‘guarda quello là dove s’è messo con la macchina ancora sta fermo là e come guarda verso la piazzola. È chiaro che mi sembrò strano ma poi quando seppi del delitto collegai questa presenza’. Descrive anche il Chiarappa – cioè il marito della De Faveri – questa persona come una persona robusta, di mezza età, massiccia, che lui ebbe modo di vedere di spalle e quindi non frontalmente. Altra testimonianza di quelle trovate così dalla… in questa attività di lettura, che anche se non è molto significativa comunque ritengo utile citare, è quella di un operaio, un certo Giuseppe Bortoli, che il 10 settembre dell’85 si presenta spontaneamente ai Carabinieri e dice che, alcuni giorni prima del delitto, aveva notato in quella piazzola due autovetture di colore chiaro, una bianca e una più scura proprio nei pressi della tenda. Dichiarava poi anche che, sempre nei giorni prima del delitto, aveva notato nei pressi di quella piazzola una motocicletta con fermo lì vicino una persona di circa 40 anni, corporatura robusta, alto sul 1,75. Cioè, dà delle notizie sulla presenza di persone però nei giorni precedenti, non presenze significative come quelle degli altri testi. Queste le testimonianze da me evidenziate, già in un prima nota con cui riferii alla Procura l’esito e il risultato di questa attività delegatami e in cui manifestavo chiaramente che prendeva consistenza l’ipotesi fatta dalla Corte d’Assise che, nel delitto quantomeno dell’85 e anche in quello dell’84, potessero esserci stati dei complici del Pacciani. Quindi il metodo che ho seguito, per rispondere alla domanda…
P.M.: Era quella che le avevo fatto dottore. Possiamo per sintesi, per spezzare un attimo questo suo racconto, passare alla fase seconda del suo lavoro, cioè, vedere di spiegare alla Corte, una volta in cui lei si è reso conto, perché questo era stato l’incarico che le era stato affidato, di qual era il quadro generale, diciamo, nuovo che si prospettava a seguito di quelle che erano state le novità emerse in quel dibattimento a carico di Pacciani, allora, una volta in cui lei completa questo lavoro lei viene, mi sembra di ricordare, incaricato anche di fare delle proposte investigative, se non sbaglio.
M.G.: Sì. 
P.M.: Era questa, in fondo, la domanda che io le voglio fare proprio per spiegare, perché lei abbia la possibilità di spiegare alla Corte, il lavoro successivo di approfondimento.
M.G.: Certo. 
P.M.: Perché, se abbiamo capito bene, perché è la realtà, a questo momento lei non si è ancora mosso, ha solo letto e ha valutato del materiale.
M.G.: Sì.

P.M.: Ecco, veniamo ora alla fase in cui lei si muove e apporta il suo contributo al fine di costruire meglio l’indagine che è poi oggetto del processo odierno. Teste Giuttari: Perfetto. Si, la prima attività è stata quella di lettura, di esame, di analisi degli atti. Riferita questa attività con le mie considerazioni che, come dicevo prima, questi delitti, almeno quelli dove c’erano queste testimonianze molto importanti erano da ritenere delitti fatti da più persone, mi viene chiesto dalla Procura di formulare ipotesi investigative, che io ho formulato. Investigativamente ho ritenuto di muovermi in una duplice direzione: una prima direzione volta a ricostruire in maniera più completa i fatti che emergevano già da quelle testimonianze. Quindi, risentendo le persone e risentendo anche quelle persone che già erano indicate e non erano state sentite. Quindi orientavo l’indagine, chiedendo delega alla Procura della Repubblica ad assumere informazioni, per ricostruire in maniera più completa possibile le circostanze di fatto su questi delitti. Quindi, da un lato mi muovevo in questo senso. E dall’altro lato avviavo, richiedevo, proponevo delle richieste specifiche di intercettazione telefonica e poi di perquisizione, di assunzione di informazioni testimoniali, di sopralluoghi, cioè l’attività investigativa tipica. L’ attività di intercettazione ricordo di averla chiesta il 4 dicembre del ’95, cioè è stata una delle prime proposte che ho chiesto e che ho attuato, e la chiesi su Vanni e sulla Nicoletti Filippa. Perché su Vanni e sulla Nicoletti Filippa? La chiesi su Vanni perché il Vanni mi appariva un soggetto investigamente interessante, sia perché risultavano i suoi rapporti di stretta amicizia e di frequentazione con Pacciani, sia perché vi erano elementi molto significativi a carico… che potevano, lasciavano già intravedere all’epoca un possibile coinvolgimento di Vanni nel delitto dell’84. C’era la testimonianza del padre della Pia Rontini, del signor Renzo Rontini, che aveva riferito che Vanni era stato da lui notato proprio nei giorni immediatamente precedenti al delitto davanti al bar della stazione di Vicchio dove lavorava la ragazza. C’era la testimonianza anche della madre della ragazza che aveva riferito che il Vanni era stato da lei notato a San Casciano. C’era la dichiarazione testimoniale di un’altra persona, un certo Santoni Paolo, che aveva riferito che il Vanni l’aveva visto a Vicchio. Quindi, dovendo cercare, dovendo approfondire, sviluppare l’attività su uno o più complici del Pacciani, era chiaro che un soggetto da attenzionare in maniera specifica era il Vanni. La Nicoletti Filippa perché? Nicoletti Filippa il 27 novembre del ’95 era stata interrogata in Procura sulle sue conoscenze di Pacciani, del Vanni, che aveva negato, però aveva detto in quell’occasione: ‘io conosco, ho frequentato, continuo a frequentare saltuariamente un amico di Vanni e Pacciani, Giancarlo Lotti. Giancarlo Lotti che, devo dirvi, è ottimo amico di Vanni, tuttora, mi risulta che vanno anche a cena insieme, a San Casciano. Giancarlo Lotti che, sapendo che io dovevo venire qui ad essere interrogata, mi ha chiesto di fargli sapere le domande che mi avreste fatto. E devo dire che ogni volta che in passato sono stata avvicinata dagli inquirenti, dagli investigatori, il Lotti mi ha sempre chiesto poi di conoscere le domande’. Quindi, per me la Nicoletti era un personaggio non da indagare, come il Vanni, ma comunque da attenzionare con una attività tecnica d’intercettazione perché da quell’ascolto avrei potuto desumere, ricavare elementi, notizie utili per le indagini. Quindi, tra le prime proposte investigative, già il 4 dicembre formulo e vengo autorizzato a effettuare questa intercettazione telefonica. Mi muovo poi, vengo delegato a assumere informazioni da testi e quindi riascolto per la ricostruzione dei fatti i testi già noti negli atti e i testi poi che risultavano essere amici, frequentatori del Pacciani, tipo il Lotti. Io andrei però a vedere prima i testi da me sentiti per ricostruire i fatti, per avere anche un ordine logico, per dare un ordine logico al mio discorso e tra questi testi la Frigo Maria Grazia e la Carmignani Sabrina. La Frigo Maria Grazia, la signora Frigo, la sento nel 26 marzo ’96 e sento anche il marito e sento anche i cugini dove era stata ospite quella notte. 
Presidente: Questo è il delitto del… 
M.G.: Di Vicchio. 
Presidente: Di Vicchio. 
M.G.: Sì. Perciò, la Carmignani è dell’85 e questa è di Vicchio. Faccio il sopralluogo – sempre delegato dal P.M. – di quei luoghi indicati dalla Frigo, quindi la Frigo la sento il 26 marzo ’96. Mi raccontava di aver chiamato nel ’92 il P.M., di essere stata sentita, che si era molto meravigliata perché non era stata creduta, che lei era ancora ossessionata da quella vicenda, da quel fatto, che era sicura al 100% di quello che aveva riferito. E le chiedevo, per capire anche meglio il soggetto, come mai si era decisa così in ritardo a riferire agli inquirenti un fatto così importante, da lei ritenuto importante, riconducibile a quel delitto. Mi spiegò che era stata sconsigliata in famiglia, che poi c’erano stati ecco i sardi, m’ha ripetuto sostanzialmente quello che aveva detto anche nel ’92. Poi mi dice: ‘sa dottore come vanno queste cose, più tempo passa e meno poi è l’animo di venir fuori, di farsi avanti e di collaborare. Quando ho visto però la foto del Pacciani, siccome io sono sicura, ecco è stato più forte di me, ho parlato con l’avvocato e poi ho parlato con l’Autorità Giudiziaria e con gli investigatori’. Ho detto: ‘va bene. Mi spieghi bene questo episodio che lei ha registrato quella notte, nei particolari che ricorda, capisco che è passato molto tempo, comunque, in tutti i particolari che può ricordare’. Dice: ‘no, lo ricordo benissimo perché è un fatto che non ho potuto cancellare dalla mia mente, è un fatto a cui ci penso continuamente’. E mi dice: ‘quella sera… Noi andavamo spesso dai miei cugini, la famiglia Bianchi, là in questa località La Rena, quasi tutte le domeniche nel periodo estivo, per far giocare la bambina con le altre bambine là dei miei cugini e per passare un po’ di tempo in campagna. Quella sera, verso le 22.30-23.00 ero con mia cugina Lidia e con le bambine, nel giardino di questa casa di campagna, e ad un certo punto io ho sentito come un fragore, un boato tant’è che pensai, e dissi: ma guarda, ci sono già i cacciatori, è aperta la caccia; ma la caccia era chiusa. Mentre mia cugina Lidia, che sentì anche lei questo rumore, ebbe un’impressione diversa e pensò che fosse stato causato dallo scoppio di un pneumatico. Poi ad una certa ora andammo via da questa casa per tornare a casa nostra. Avevamo percorso circa 200 metri, eravamo su questa strada sterrata che porta alla Sagginalese, quando abbiamo visto venire dal lato opposto al nostro una macchina a forte velocità, tant’è che io preoccupata dissi a mio marito: oh, stai attento perché questo ci viene sopra e provoca un incidente. Mio marito era in quel momento impegnato a manovrare la leva che nella Citroen consente agli ammortizzatori di sollevarsi, questo proprio perché è una strada piena di buche, dissestata e questo camminava a fortissima velocità. Mio marito dice: no, ma stai tranquilla – mi rassicurò – stai tranquilla perché vedrai che se non vuole investire questo si ferma prima. Perché la strada non consentiva il passaggio contestuale di due autovetture. Io però ero sempre preoccupata e prestai attenzione a questa scena. Ad un certo punto prima di una curva, leggera curva a sinistra, mentre noi ci avvicinavamo a questa curva, vedo che questa macchina ci taglia la strada, proprio di traverso, va verso uno spiazzo, si orienta verso uno spiazzo e fa una brusca frenata. Quindi io guardai bene questa persona e la riconobbi nel Pacciani. Guardai anche la targa della macchina, che non aveva le lettere, che memorizzai ma poi adesso non la ricordo più. Guardai bene l’autista, il soggetto, perché era mia intenzione incontrandolo fargli notare che non era quello il modo di guidare. Era una macchina decente, di media cilindrata, una Ford di colore bianco. Procedendo su questa strada, prima di arrivare al bivio che porta alla Sagginalese, a distanza di qualche centinaio di metri, di 2-300 metri da questo primo incontro, vedo che un’altra macchina, che procedeva sempre in direzione opposta alla nostra, quindi che da sotto veniva verso di noi, si immette in una strada, in uno stradello – che adesso non c’è più, che è prato, ma all’epoca era percorribile – e vidi che alla guida di questa persona… alla guida di questa macchina vi era una persona di corporatura robusta, massiccia, più giovane del Pacciani. Era una macchina rossa’. Ecco perché lei nella prima telefonata al dottor Canessa aveva parlato di macchina rossa. Io feci notare alla signora ma adesso… parlava prima… rossa nella telefonata, poi ha parlato alla P.G., una macchina di colore che non sa dire forse scuro, oggi bianca la prima, dice: ‘si dottore, però non mi è stato… non sono stata sentita proprio nei dettagli, ho avuto la convinzione che non ero creduta’. Quindi vede questa seconda macchina che taglia sempre loro, prima che loro arrivino a questa deviazione, taglia la strada e si immette in questo percorso. Dice: ‘era una macchina rossa con la coda tronca’. Si dichiara disponibile a fare un sopralluogo, cosa che farò poi il 29 marzo. Prima del sopralluogo però sento il marito Bertaccini Giampaolo che non era stato sentito. Bertaccini Giampaolo. Bertaccini conferma interamente il racconto della moglie. Dice: ‘io non ho visto l’uomo in viso, quindi non l’ho riconosciuto, perché ero impegnato nella guida. Prima ero impegnato nella manovra là per sollevare la macchina, poi ero impegnato nella guida e stavo attento alla guida, però mia moglie lo vide bene, tant’è che me lo disse, ne parlammo e poi mi disse che l’ha riconosciuto per il Pacciani’. Quindi il Bertaccini sostanzialmente conferma il racconto della donna, della moglie che erano stati dai cugini quella sera, erano stati lì. Conferma anche che la moglie gli aveva riferito che stando nel giardino aveva sentito questo fragore, questo boato, e anche la cugina Lidia. Però sul soggetto, sull’autista di questa macchina non è in grado di dire nulla. Fa solo una riflessione dice: ‘da come procedeva, per la velocità che teneva, per il modo di guida in quella strada pericolosa sicuramente doveva essere una persona che conosceva bene quei posti, pratico di quella zona’. Lui ha fatto questa riflessione. Ho sentito poi i coniugi Bianchi, cioè i cugini di questa famiglia, proprietari della casa colonica, che avevano ospitato… 
Presidente: Queste due macchine furono incrociate tutte e due, no? 
M.G.: Prego? 
Presidente: Queste due macchine di cui parla la Frigo. 
M.G.: Sì. 
P.M.: Furono incrociate, passarono oltre poi? 
M.G.: No. Questa macchina, la prima macchina con Pacciani evita l’urto perché si…
Presidente: Si ferma alla piazzola. 
M.G.: No. Taglia la strada e si ferma su uno spiazzo. Dice, pianta una frenata fortissima, poi in sede di sopralluogo vedrà la signora che sotto c’era un vuoto quindi si doveva per questo fermare. Loro procedono… 
Presidente: Loro procedono. 
M.G.: Loro procedono. 
Presidente: L’altra rossa? 
M.G.: Poi l’altra rossa, prima che loro arrivano a quella deviazione, vedono che si inserisce in questa, si avvia in questa strada, e loro procedono, loro poi vanno via, vanno a casa. Quindi non si sono fermati sul posto. 
Presidente: Bene. 
M.G.: Sento i coniugi Bianchi, cioè i titolari della casa di campagna che avevano ospitato i coniugi Frigo-Bertaccini. E questi coniugi confermavano, dicevano di non essere stati mai sentiti prima se non mentre era in corso il processo Pacciani o comunque quando era indagato Pacciani avevano ricevuto una telefonata con cui era stato loro chiesto se la signora Frigo era stata ospite da loro il 29 luglio ’84, e loro avevano risposto che non potevano ricordarsi quella circostanza essendo passato molto tempo. Quindi dicevano: ‘no, io non sono stato sentito, solo questa telefonata’. 
P.M.: Dottore scusi, chi la faceva questa telefonata? Lo dica. 
M.G.: La telefonata no. 
P.M.: L’organo di Polizia. 
M.G.: L’organo di Polizia, sì. L’organo di Polizia. 
P.M.: Bene, grazie. 
M.G.: Dice: ‘volevano sapere se mia cugina era stata qui da noi ma io non ricordavo la circostanza. Dice la signora, la moglie del Bianchi, la signora Lidia Falchetti: ‘io, quando ricevetti questa telefonata chiamai mia cugina e dissi a mia cugina che avevo ricevuto questa telefonata con cui mi avevano chiesto notizie di lei, se lei era stata la notte del 29 luglio, la sera del 29 luglio ’84 nella nostra casa di campagna. In quell’occasione mia cugina mi disse che si riferiva, quest’accertamento, al fatto che lei aveva raccontato agli investigatori di un incontro fatto quella notte, quando erano andati via, di queste due macchine e quindi della macchina poi guidata dal Pacciani’. Quindi, la signora Lidia Bianchi, l’episodio dell’incontro della cugina lo viene a sapere successivamente, quindi a distanza di anni, in occasione di questa telefonata che fa alla cugina in cui dice che era stata chiamata dalla. Polizia per avere conferma se fosse stata presente quella sera nella casa di campagna, oppure no. Quindi la signora Lidia che sento, ed anche il marito che sul fatto non potevano ricordare esattamente se quella sera erano stati là o meno i cugini. Però dice: ‘ i miei cugini all’epoca venivano quasi ogni domenica e poi se mia cugina dice così è così, perché è una persona seria, non ha motivo di non dire la verità. Mio cugino, il Bertaccini, anche lui è una persona seria’. Il 29 marzo…

Presidente: Una domanda sola
M.G.: Prego.
Presidente: Quando la Frigo ha parlato del giardino di casa e ha sentito dei botti, un boato…
M.G.: Un boato un fragore.
Presidente: Uno o più boati?
M.G.: No, ha sentito un fragore, come un boato, dice: ‘ci sono i cacciatori’. Ecco, lei me l’ha spiegato così, cioè lei ha rettificato subito un particolare che risultava dal primo verbale reso nel ’92. Perché nel ’92, verbale che io prima di sentirla le ho letto, la signora dice: ‘no, questo lo devo rettificare, perché io non dissi che sentii un colpo di pistola. Io sentii un fragore, un boato. Tant’è che dissi: ma guarda, ci sono i cacciatori’. Mentre la cugina Lidia ebbe un’impressione diversa, questo scoppio di un pneumatico. ‘Tant’è – dice la signora Frigo – che io risposi a mia cugina: ma se è stato un pneumatico, deve essere stato un pneumatico di un tir, perché era un rumore forte’. Quindi il 29 marzo, su delega sempre dell’ufficio del Pubblico Ministero, effettuo il sopralluogo con la signora Frigo per farmi indicare i posti esatti in cui era avvenuto l’incontro con la prima macchina guidata da Pacciani e l’incontro con la seconda macchina rossa che era poco più sotto. Se possiamo vedere le due foto.
P.M.: Sì. È il più veloce che abbiamo trovato, eh. No, no, ci arriviamo. È la prima che fa così. Così il dottore riprende un po’ di fiato, via. Magari fra un po’ se crede, facciamo una interruzione.
M.G.:(voce fuori microfono)
P.M.: Va be’, ora magari facciamo queste foto e poi ce lo dice lei, dottor Giuttari.
M.G.: Questo è il bivio che porta alla fattoria La Rena.
Presidente: Ah, questo è il bivio.
M.G.: Sì, questo qui a destra. E quindi porta alla casa dei coniugi Bianchi, dov’erano ospiti…
Presidente: La piazzola di prima?
M.G.: No, la piazzola… Vede? Procedendo avanti c’è questa curva così a sinistra.
Presidente: Ah, ecco.
M.G.: Poi, a destra, subito dopo la curva. Praticamente sta dietro quella specie di promontorio.
Presidente: Sì, sì, ecco, questo…
M.G.: Saranno, da questo bivio, 200 metri neppure, proprio dietro..
Presidente: Sì, sì.
M.G.: Questo è il bivio che sale.
Presidente: Che sale sopra.
M.G.:È tutto a sfondo sterrato che ci sono pietre, ecco, è molto dissestato. Andiamo avanti.
P.M.: Fattoria La Rena.
M.G.: Fattoria La Rena.
P.M.: La Rena, La Renaia, La Rena.
M.G.: Va be’, questo è sempre la strada che…
P.M.: È lo stradello visto un po’ più…
M.G.: Lo stradello, sì, visto più in particolare, che si vede che il fondo è dissestato. Comunque…
Presidente: C’è la didascalia, che dice? Perché da qui non si legge.
P.M.: La didascalia gliela leggiamo noi, Presidente.
Presidente: Ah.
P.M.: Leggo io.
Presidente: O per lo meno non la leggo io.
P.M.: No, no, ma nemmeno io. Però se prendo il foglio… Dunque, quella lì, volendo… Ah, ecco. Dice: “Insieme della porzione iniziale della stradina sterrata di cui al rilievo precedente, con riferimento agli indicatori stradali”. Cioè, qui nella foto si vede bene uno di quegli indicatori parla…
Presidente: Sì, sì.
P.M.:… Fattoria La Rena.
Presidente: Fattoria La Rena.
P.M.:È praticamente la strada – se abbiamo capito tutti bene – i nostri soggetti di cui parla il dottore, venivano in senso inverso. Invece le altre due macchine di cui parliamo salivano.
Presidente: Sì, sì. C’è il palo, cos’è? Se c’è più luce…
P.M.: Proviamo a farla meglio? Sennò proviamo a metterla sull’altra macchina, eh? Provi su quel… Che questa è importante. È il…
Presidente: Questa macchia qui.
P.M.: Fa vedere un attimo al dottor Giuttari se è questa, eh? La qualità non… Era d’inverno, poca luce.
P.M.: Poi le abbiamo migliori a colori, no?
M.G.: Sì, ma c’è a colori.
P.M.: C’è anche quella a colori.
Presidente: Senta, questa qui non si può collegare, eh, Filippo.
P.M.: Dopo c’è anche a colori. Intanto vediamo questa, perché è indicata bene.
M.G.: Ah, no. Si vede, si vede bene, sì.
Presidente: Ah, ecco, adesso si vede meglio, sì sì.
P.M.: Perfetto.
M.G.: Da questo lato, casa degli amici, c’è la casa dei Bianchi. Qui siamo a 200 metri dalla casa dei Bianchi scendendo verso sotto, quindi in direzione della Sagginalese. Loro si, quando…
Presidente: E questo indica il preciso fatto dalla Frigo?
M.G.: Sì, il percorso della Frigo da questo lato, casa degli amici, questo sotto. Quindi lei vede, qui c’è la curva a sinistra di cui parla…
Presidente: Sì.
M.G.: Vede salire questa macchina. Quando si avvicinano, la macchina dei coniugi Frigo si avvicina alla curva, la macchina con Pacciani entra in questo spiazzo qui dentro per evitare la collusione ed evitare…
Presidente: Sì, sì.
M.G.: E taglia la strada. E poi si vede che proprio nello spiazzo, ecco la frenata brusca che ha visto la Frigo fare, c’era un sobbalzo. Quindi, necessariamente, doveva bloccare la macchina prima del sobbalzo. Quindi questo è il primo incontro con la prima macchina. Se andiamo ora più sotto, sempre su questa strada, quindi mentre continuano a scendere verso giù, sale un’altra autovettura, l’autovettura rossa.
P.M.: La foto successiva, dovrebbe essere.
M.G.: No, questa è sempre il particolare, lo spiazzo dove si inserisce, dove entra la macchina e c’è il sobbalzo.
Presidente: Sì, sì.
M.G.: Quello è il particolare del sobbalzo. In modo per andare ancora… (voce fuori microfono)
M.G.: No, no no.
Presidente: Questa è la piazzola… Queste sono le foto… Il Pubblico Ministero dov’è?
P.M.: Sì…
Presidente: Sono le foto che noi abbiamo, vero?
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Queste sono le foto del sopralluogo.
Presidente: Del sopralluogo.
P.M.:(voce fuori microfono)
Presidente: Ah, un teste, sì, sì.
M.G.: Ecco, questa lasciala. Poi, Antonini, l’altra foto voglio, quella prima di questa. Questa lasciala, poi in ordine.
P.M.: Ci devono essere quelle a colori.
M.G.: Sì, quelle a colori sono. Ma non… Non c’erano…
M.G.: Erano separati.
P.M.: Vogliamo fare…
Presidente: Va bene. Sospendiamo cinque minuti, così preparate il materiale.

« DOPO LA SOSPENSIONE »

Presidente: Signorina, man mano che arrivano gli avvocati – è inutile che glielo dico io – può dare atto della loro presenza. Ci siamo tutti, vero? Bene. No, il Vanni non c’è.
P.M.: Sta arrivando, Presidente.
Presidente: Eccolo. Allora, Pubblico Ministero, si può riprendere.
P.M.: Sì, io continuerei con la deposizione del dottor Giuttari al punto in cui aveva interrotto.
M.G.: Eccoci. Ecco, questa è la foto che cercavamo prima dell’interruzione. Immagine sinistra del prato. All’epoca era percorribile dalle macchine. Quindi, questa parte, proprio questa striscia di verde accanto al palo, consentiva alle macchine di poter passare. Ed è la deviazione dove la Frigo vide entrare la macchina rossa. La strada sale in questo senso. Quindi la macchina rossa saliva, la Frigo scendeva e deve girare e entrare su questa strada la macchina rossa con la coda tronca. Questo posto si trova proprio sopra alla piazzola del delitto. Noi adesso vedremo nella foto successiva da sotto… Ecco, questa è la piazzola del delitto. Vediamo dalla parte alta, Antonini. Ecco, corrisponde…
Presidente: Dove c’è il palo…
M.G.: Ecco, praticamente andava a finire proprio sulla piazzola del delitto. La Frigo, questa macchina l’aveva vista anche il giorno precedente, cioè il sabato precedente. E non era ancora buio quando lo aveva visto, era l’imbrunire. E lo aveva visto sempre entrare in questa strada. In quella occasione, quindi il sabato, aveva avuto modo di notare di profilo la persona che si trovava alla guida di questa autovettura. E dalla foto del Lotti, la Frigo notava una forte somiglianza con la persona notata…
Presidente: Il sabato precedente.
M.G.:… il sabato precedente. Infatti dice: ‘aveva la stessa corporatura, lo stesso capoccione, la stessa pettinatura’. Dice: ‘la pettinatura proprio è quella là’. Quindi ecco che abbiamo, per il delitto dell’84, delle testimonianze già dell’epoca e poi sviluppate successivamente anche con i sopralluoghi che ho effettuato su delega del P.M. molto significative delle circostanze di tempo e di luogo per il delitto della piazzola.
Presidente: Perché lei ha detto poc’anzi, dice: il sabato precedente aveva visto la macchina sulla stessa strada.
M.G.: Sulla stessa strada…
Presidente: Strada che è nella piazzola, o la stessa strada che percorreva la Frigo…
M.G.: No, che percorreva la Frigo.
Presidente: La Frigo, ecco.
M.G.: C’è la foto precedente che è in senso… Entrava in quel percorso dove la notte del delitto l’aveva visto entrare.
Presidente: Questo per chiarire, per puntualizzare per tutti, capito?
M.G.: Sì, sì. Questo qua.
Presidente: Bene.
M.G.: Quindi possiamo passare adesso al delitto degli Scopeti. E, in particolare, a quelle testimonianze che io ho ripreso approfondendole. In particolare la testimonianza di Sabrina Carmignani. Sabrina Carmignani, come dicevo all’inizio, quella ragazza che il giorno del compleanno con il fidanzato si trovava nella piazzola e aveva visto sopraggiungere una autovettura che, provenendo da San Casciano, era entrata e poi aveva fatto marcia indietro. No c’era il colore della macchina, non c’erano elementi in quel primo verbale. Quindi, su delega della Procura, sento la Carmignani Sabrina il 6 dicembre ’95. Quindi è stato anche questo uno dei primi atti che ho fatto nello sviluppo investigativo. La Carmignani sostanzialmente conferma il racconto fatto al’epoca, lo arricchisce di particolari. Dice che l’auto da lei notata era un’auto tipo regata, ma non era Regata. Perché la regata all’epoca era una macchina che possedeva la madre, la propria madre, e quindi la conosceva bene. Dice: ‘non era la Regata, era tipo Regata. Era più bassa della Regata’. ‘A bordo di questa macchina – dice – ebbi modo di vedere sia quando si intravide nello stradello che conduce alla tenda e poi fece marcia indietro, sia quando andammo via dal luogo, la macchina era ferma proprio all’imbocco dello stradello. Quindi ebbi modo di vedere questa persona che era alla guida di spalle, nella seconda occasione. Vi era una persona di età matura, massiccia di corporatura e mi colpì perché indossava, nonostante il caldo, era una giornata di caldo quella, nonostante il caldo, indossava un giaccone di colore verde tipo cacciatore, pesante. Ebbi modo di notare che era una persona massiccia perché, quando andammo via e quindi passammo dietro questa macchina per girare in direzione di San Casciano, vidi che questa persona proprio era… cioè, nella macchina era abbastanza ingombrante e poi teneva il braccio destro sulla parte alta del volante. E quindi mi diede la possibilità di poter vedere anche il braccio ‘. Quindi diede questo particolare. Sulla macchina precisava quindi che non si trattava di una Regata, di una macchina più bassa della Regata. Il retro di questa macchina era tronco. Perché lei ebbe modo di vedere il retro quando andò via. ‘Come colore – dice – non era né troppo chiara, né troppo scura. Era comunque un colore sbiadito’. Non è stata in grado, ecco, di pronunciarsi sul colore di questa autovettura. Quindi ha fornito degli elementi in più di quelli che già erano presenti nel verbale dell’85. Raccontava poi di aver notato nei giorni precedenti al delitto, perché era solita passare da quel posto per venire a Firenze, quindi passava quasi quotidianamente, nei giorni precedenti al delitto aveva avuto modo di notare, appoggiato ad un albero, proprio all’inizio della piazzola, dello stradello che conduce alla piazzola del delitto, un motorino che descrive nei minimi dettagli. Dice: ‘questo motorino aveva il serbatoio a goccia in diagonale, il sellino largo nella parte posteriore di colore nero, i parafanghi molto ampi che coprivano le ruote. Era, di colore rosso mattone’. Visto, fatto vedere alla Carmignani un album fotografico, perché la teste si era dichiarata disponibile a eventualmente riconoscere in fotografia questo tipo di motorino, lo riconosce con certezza, tranne che nel colore che era diverso, però il tipo era uguale, nel motorino che aveva Pacciani all’epoca. Quindi, come tipo, come parafanghi, come caratterizzazione della caratteristica proprio del serbatoio a goccia in diagonale, come sellino. Quindi lo riconosce con certezza. Dice: ‘il colore però era diverso’. Poi riferiva anche del Vanni. Dice: ‘sì, conosco il Vanni in paese, l’ho visto anche agli Scopeti, però l’ho visto soltanto camminare lungo la strada’. Tra le altre testimonianze, sempre che ho ripreso per approfondirle, c’è la testimonianza anche dell’avvocato Gracili Luisa che, come dissi prima, era la…
Presidente: (voce fuori microfono)
M.G.: Quello del Pacciani.
Presidente: (voce fuori microfono)
M.G.: Per il colore, per il…
Presidente: (voce fuori microfono)
M.G.: Era un altro colore, però era stato più volte verniciato il motorino del Pacciani.
P.M.: Abbiamo tutti gli atti.
M.G.: Sì.
P.M.: Nel precedente dibattimento sono stati forniti alla Corte.
Presidente: (voce fuori microfono)
M.G.: Sì.
P.M.: Sì, sì, certo certo. Nuove, volendo agli atti ci sono.
M.G.: Quello era stato più volte verniciato. Comunque nelle foto mostratele in quest’album, era il modello, il tipo era lui, però il colore diverso da quello notato nell’85 dalla teste sul luogo là del…
P.M.: Sarà oggetto di prova diversa, Presidente.
M.G.: Quindi dicevo: dalle altre testimonianze che io ho cercato di completare, sempre per la ricostruzione dei fatti, cito quella dell’avvocato Gracili Luisa che all’epoca non risultava essere stata sentita. Era praticamente l’amica del Taylor, del fotografo americano, che era stata accompagnata la sera proprio del delitto passando dagli Scopeti dal Taylor. Sentiamo la Gracili e ricordava sostanzialmente, essendo passato troppo tempo, poco o nulla. Però dice: ‘vedete, che io ho riferito all’epoca ai Carabinieri’. Quindi riferisco io la circostanza al Pubblico Ministero, fa richiesta ai Carabinieri di eventuale presenza di verbali di interrogatorio della Gracili. I Carabinieri rispondono che non era stata mai sentita formalmente ma in effetti si era presentata lì da loro e aveva riferito una circostanza che loro, il comandante verosimilmente – scrivono i Carabinieri – dell’epoca, della Stazione di San Casciano, ha annotato in un appunto che hanno trasmesso al P.M. In questo appunto si legge, ed è l’atto che si trova a pagina 927 del processo, si legge che: “Nei giorni precedenti al delitto la Gracili sul posto del delitto aveva notato ferma, nessuno a bordo, una FIAT 128 di colore rosso” A proposito di questa autovettura ricorrente, spesso come tipo e colore, talvolta solo come colore, devo citare altre due testimonianze: la testimonianza di Nenci Giovanni che è morto poi il 9 agosto del 1990 e quindi non ho potuto risentire. Il Nenci Giovanni il 13 settembre del 1983, dopo il delitto di Giogoli dei due tedeschi che si è verificato il 9 settembre ’83 – sto parlando di un altro delitto, però siccome la macchina è importante, la inserisco adesso – il 13 settembre, quindi dopo due giorni che è stato scoperto il delitto dei due tedeschi a Giogoli, si presenta ai Carabinieri e riferisce che il Nenci abitava in via di Giogoli all’epoca, al numero 12-13. Lavorava da Brandimarte. La moglie aveva ed ha tuttora una lavanderia al Galluzzo, e quindi era un itinerario che facevano diverse volte al giorno. Come minimo quattro volte al giorno. Quindi passavano dal luogo in cui era posteggiato il furgone dei due tedeschi uccisi. Il Nenci, il 13 settembre dell’85, va dai Carabinieri e riferisce che, prima del delitto, la mattina prima del delitto, in quello spiazzo dove c’era fermo, posteggiato il furgone dei due tedeschi uccisi, transitando da lì aveva notato ferma una FIAT 128 di colore rosso. Dice sempre in quel verbale ai Carabinieri. Dice: ‘mia moglie ha notato in altra circostanza, ma sempre in quei giorni, il giorno prima, una autovettura bianca sempre ferma all’inizio, dello spiazzo dov’era poi posteggiato il furgone dei tedeschi e col furgone là sul posto.’ Ebbene, io non ho potuto sentire il Nenci Giovanni perché è morto, però è stata sentita la moglie Buzzicchini Teresina che all’epoca non era stata ascoltata. La Buzzicchini Teresina conferma che il marito le aveva riferito di aver notato questa macchina. Però dice: ‘dato il tempo trascorso, non vi so dire che macchina fosse, perché me lo ha detto, ma non lo posso ricordare, non lo ricordo dopo tanti anni. Mi ricordo però che era una macchina di colore rosso’. Dice: ‘io invece avevo visto, passando da lì la mattina presto, quando andavo ad aprire la lavanderia al Galluzzo, una autovettura di media cilindrata, di piccola-media cilindrata di colore chiaro, bianco. Ma, dato il tempo trascorso, non so dirvi… Mi colpì perché ne parlai con mio marito perché la sera non l’avevamo vista, avevamo soltanto il furgone dei due tedeschi che già – dice – io avevo notato dalla fine di agosto in quel posto. E avevo visto anche i due tedeschi far la spesa, perché li avevo conosciuti che erano venuti anche alla mia lavanderia al Galluzzo e li avevo visti anche alla Coop di Galluzzo fare la spesa. Quindi, passando, riconoscevo il furgone, riconoscevo i tedeschi. La sera prima non c’era questa macchina bianca, la mattina alle sette, sette e mezza, quando stavo andando ad aprire la lavanderia, vidi questa macchina bianca all’inizio dello spiazzo dove c’era fermo il furgone. Quindi mi colpì, tant’è che parlando con mio marito e riferendo questa circostanza, dissi: ci saranno altre persone accampate insieme ai tedeschi’. Quindi, a proposito di macchina, anche nell’83 abbiamo una macchina chiara e una macchina rossa, un 128 rosso.

M.G.: Questa è l’attività da me espletata, prima di esame, di lettura, di analisi, poi di sviluppo investigativo per la ricostruzione dei fatti di questi delitti. Parallelamente, come dicevo prima, abbiamo anche una attività di intercettazione sulle utenze di Vanni e della Nicoletti e di assunzione di informazione testimoniale sempre su delega del P.M. di personaggi che risultavano in collegamento, in rapporti di amicizia, di frequentazione con Pacciani. E quindi personaggi che ritenevo opportuno sentire per acquisire notizie utili. Fra questi personaggi c’era il Lotti. E arriviamo così al 15 dicembre ’95. Il Lotti risultava già dagli atti che era stato sentito nel ‘90. Il 19 luglio, esattamente, del 1990. Era stato sentito sul suo rapporto di conoscenza con Pacciani, aveva riferito delle notizie molto vaghe, ricche di ‘non ricordo’: non ricordava quando l’aveva conosciuto, non ricordava chi glielo aveva presentato, riferiva soltanto che talvolta era stato con Pacciani a fare merende alla Sambuca o in altri locali lì nella zona di San Casciano. Era stato poi sentito informalmente dalla Polizia il 21 luglio ‘94, quindi mentre era in corso il processo a carico di Pacciani, sulle auto che aveva posseduto nel tempo il Lotti. Questo perché? Perché si era ipotizzato all’epoca che Pacciani avesse potuto avere in prestito un’autovettura da qualche suo amico. Quindi, siccome Lotti era uno dei suoi frequentatori, conoscenti, amici, ecco la SAM aveva informalmente chiesto notizie al Lotti sulle auto possedute e se qualche volta aveva avuto modo di prestare su richiesta la propria autovettura al Pacciani. Era stato poi sentito a verbale sempre sulle stesse circostanza il 26 luglio del ’94, aveva negato di aver prestato autovetture a nessuno, né tantomeno a Pacciani e in quella occasione, del 26 luglio ’94, aveva riferito dei suoi rapporti con la Filippa Nicoletti e aveva detto che da questa Filippa era andato anche, almeno una volta, il Vanni. Ecco perché anche per me era importante, anche se non indagata la Filippa, avere l’intercettazione telefonica, perché comunque mi risultava già dalla pregressa attività che era un soggetto in collegamento, in contatto con questo ambiente e quindi da quell’ascolto avrei potuto acquisire notizie utili. Sento io il Lotti il 15 dicembre quindi ’95. Gli leggevo le dichiarazioni rese precedentemente nel ’90, me le confermava. Gli chiedevo notizie sulla Filippa Nicoletti, per vedere un po’ e capire meglio anche i suoi rapporti con il Vanni. Mi raccontava come aveva conosciuto questa donna. L’aveva conosciuta nell’81 a San Casciano, nel piazzone di San Casciano, aveva iniziato… le aveva dato un passaggio in macchina – la donna abitava in via di Faltìgnano, all’epoca – le aveva dato un passaggio in macchina, l’aveva accompagnata a casa, da lì poi aveva avviato un rapporto di frequentazione prima e poi di amicizia. Era una donna che si prostituiva e con cui aveva avuto anche rapporti. Aveva frequentato in maniera più assidua nel periodo in cui l’uomo di questa donna era detenuto. L’uomo, Salvatore Indovino, detenuto proprio nell’81, dal maggio, luglio ’81 fino al 5 dicembre ’81. Quindi in quest’arco di tempo, nel primo periodo in cui lui aveva conosciuto questa Filippa, aveva avuto modo di potere avere un rapporto di frequentazione abbastanza assiduo. Riferiva poi che era stato chiamato proprio giorni prima dalla Filippa al bar di San Casciano, al bar Centrale di San Casciano, che lui frequentava, e nell’occasione la Filippa gli aveva comunicato che era stata invitata in Questura per essere interrogata e quindi gli aveva chiesto la cortesia di poterla accompagnare a Firenze. Lui aveva addotto motivi di lavoro, dice: ‘no, non ti posso accompagnare’ e quindi aveva dato una risposta negativa. Qualche giorno dopo però – aggiungeva sempre il Lotti – si trovava a casa di un’altra sua amica, qui a Firenze, una certa Gabriella – ecco che viene per la prima volta fuori questo nome di Gabriella, sconosciuto prima nell’inchiesta, ed è la Gabriella Ghiribelli, teste importantissimo – dice : ‘mi trovavo da questa Gabriella, una mia amica e anche amica della Filippa, abita in via Tripoli qui a Firenze, le raccontai che la Filippa era stata convocata in Questura per la vicenda del Pacciani, le dissi anche che io non l’avrei potuta accompagnare in Questura e al che la Gabriella chiamò la Filippa, senza dire che io fossi qua, e parlarono insieme e si dichiarò disponibile eventualmente ad accompagnarla in Questura la Gabriella. Dice Lotti: ‘io poi non so se effettivamente l’ha accompagnata oppure no, però parlarono al telefono. È chiaro che questo nome, per me della Gabriella nuovo, era un nome che andava identificato, che andava sentito, che andava approfondito. Quindi da questa attività io tutto quello che potevo rilevare di nuovo, di utile lo focalizzavo per poterlo sviluppare, e Gabriella è uno di questi soggetti nuovi che non era mai emerso, come poi viene fuori anche il nome di Fernando Pucci che non era mai emerso. In quella sede, sempre del 15 dicembre ’95, il Lotti, continuando nel suo discorso, dice che, parlava del Vanni e che il Vanni era andato, almeno una volta da quello che lui sapeva, da questa Filippa quando la donna abitava in via di Faltignano, dice: ‘però io non so se la Filippa poi ha fatto qualcosa perché il Vanni ha delle preferenze fuori dalla norma, alle quali non sempre anche una prostituta aderisce’. Quindi ecco, il Lotti già di sua iniziativa dà questo flash sulla personalità del Vanni. Riferiva poi i sui rapporti, sempre a proposito del Vanni, i suoi rapporti di amicizia e di frequentazione, le sue specificità nei rapporti sessuali, lo definiva un tipo particolare, facente sovente uso fall… anche uso di fa… eccetera. Diceva poi che negli ultimi tempi il Vanni gli era sembrato molto preoccupato e cagionevole di salute. Lui aveva avuto modo di constatare questo stato d’animo di preoccupazione direttamente perché era stato vicino al Vanni anche andando a cene, andando nei locali là di San Casciano, a fare merende o a cenare. E sui rapporti tra Vanni e Pacciani, che era quello che sostanzialmente a me interessava in maniera specifica, riferiva che i rapporti erano buoni o meglio, erano stati buoni fino ad una certa epoca. Perché poi il Vanni aveva ricevuto una lettera dal Pacciani, che si trovava detenuto per la questione delle figlie, una lettera che il Lotti definisce dal contenuto minaccioso, per come gli aveva detto il Vanni. Quindi, da una certa data in poi il Vanni aveva paura del Pacciani. Aveva ricevuto questa lettera di cui aveva parlato al Lotti, aveva ricevuto delle telefonate da parte del Pacciani quando era stato scarcerato, il Pacciani, e sempre di queste telefonate era stato il Vanni stesso a parlarne con il Lotti. Aveva riferito poi, il Lotti, un episodio specifico da cui aveva rilevato questo stato di paura e di preoccupazione del Vanni. Raccontava che, trovandosi a passeggio con il Vanni a San Casciano, ad un certo punto notano seduto sul bordo di un’aiuola il Pacciani. Il Vanni, alla vista del Pacciani dice al Lotti: ‘torniamo indietro che non lo voglio incontrare’. Episodio specifico che trova riscontro in un’annotazione di servizio del personale della SAM, che all’epoca – siamo nel ’92 – faceva discreti servizi di osservazione e di pedinamento nei confronti del Pacciani. C’è questa annotazione del 22 febbraio ’92 in cui appunto il personale nota questa circostanza riferita dal Lotti: la presenza del Pacciani su questo bordo dell’aiuola, il Vanni e il Lotti che sono lì nella piazza e poi fanno marcia indietro. Questo è il primo verbale del Lotti, del 15 dicembre, che mi forniva delle notizie più o meno note sul Vanni, ma mi dava degli spunti nuovi perché mi parlava della Gabriella e mi consentiva di potere avere dei ritorni investigativi dall’attività di intercettazione telefonica, che era già in corso perché richiesta il 4 dicembre ’95. Il 16 dicembre, infatti, quindi il giorno dopo che Lotti era stato da me sentito, il 16 dicembre telefona subito alla Nicoletti, alla Filippa, alle 11.49 e racconta alla donna di essere stato in Questura, di essere stato interrogato, racconta sostanzialmente quello che gli era stato chiesto e dice poi, ad un certo punto: ‘questo Pietro io l’ho conosciuto, sono stato anche a casa sua’. E alla domanda della donna poi sulle domande che gli erano state fatte, riferisce… Alla spiegazione della donna sulle domande che le erano state fatte – perché il Lotti è curioso di conoscere dalla Filippa le domande che la Polizia aveva fatto alla Filippa – la Filippa dice: ‘mah, mi hanno chiesto se ti conoscevo, che tipo di macchina avevi, se quella macchina sportiva rossa ce l’avevi’. E il Lotti risponde: ‘si, io tanti anni fa avevo la l28 coupé di colore rosso’. Quindi da questa attività, ecco, io da questa prima telefonata ricavavo questi dati investigativi: che lui era stato a casa di Pietro, quindi un rapporto sicuramente di buona amicizia, buona frequentazione e che molti anni prima aveva avuto una macchina di colore rosso, un 128 coupé di colore rosso, di cui già vi era traccia nelle numerose testimonianze che io ho citato. L’ulteriore passaggio dello sviluppo investigativo mi ha portato quindi a sentire la Gabriella: Gabriella Ghiribelii. La Gabriella Ghiribelli viene sentita in un primo tempo dai miei collaboratori il 21 dicembre ‘ 95. Riferiva del suo rapporto di frequentazione con Lotti, del suo rapporto, della conoscenza con Vanni che abitava in Borgo Sarchiani, vicino alla casa della stessa Gabriella. La Gabriella all’epoca, negli anni ’80, dall’82 all’86 si prostituiva a Firenze, ma abitava a San Casciano. Quindi veniva da San Casciano qui a Firenze per lavoro e qui tra i suoi clienti aveva tante persone di San Casciano che venivano anche con
la Sita. Quindi parla della sua conoscenza con Vanni, dice: ‘sì, lo conosco perché abitava a Borgo Sarchiani, là dove abitavo io, però ho avuto rapporto con tutti i clienti che venivano da San Casciano tranne che con Vanni perché non mi piaceva la sua volgarità. I clienti me li scelgo io quindi… non ho mai avuto rapporti con il Vanni. Col Lotti sì, anche attualmente, saltuariamente ho rapporti’. Riferiva che il Vanni era un cliente però della Filippi, in via di Faltignano per come la Filippa stesso le aveva raccontato. In questo verbale del 21 dicembre ’95, la Ghiribelli poi, parlando della Filippa, parlando dell’uomo della Filippa, questo Salvatore Indovino, pregiudicato, introduce un argomento completamente nuovo, sconosciuto prima: cioè la frequentazione di questa casa di via di Faltignano – dove abitava l’Indovino e la Filippa – che lei frequentava perché amica di Indovino Salvatore, dove si facevano all’epoca delle sedute di magia nera, sedute spiritiche le chiama. Cita delle persone che partecipavano a queste sedute e dice che lei aveva avuto modo di notare i resti di questi sedute proprio andando, soprattutto la domenica mattina, a trovare l’indovino in questa abitazione. Questo è il primo verbale della Ghiribelli del 21 dicembre ’95 fatto dai miei collaboratori. Il 21 dicembre ‘ 95, sempre lo stesso giorno che è stata sentita, una volta tornata a casa, telefona alla Filippa. Quindi noi abbiamo Lotti che viene sentito, va fuori e il giorno dopo chiama la Filippa. La Ghiribelli viene sentita e lo stesso giorno chiama la Filippa. E commenta l’interrogatorio, le domande che le erano state fatte in Questura e a un certo punto delle telefonata dice: ‘io l’unica cosa che posso dire è che una macchina arancione l’ho vista sotto le luci piccole, piccole di strada. Sai, è una strada piccola, potrebbe essere stata arancione, potrebbe essere stata rossa, scodata di dietro’. Quindi ammette, in questa telefonata fatta con la Filippa in cui commentava l’interrogatorio in Questura, che aveva visto, senza specificare però in quale circostanza di tempo e di luogo, una macchina arancione o di colore rosso. Il 23 dicembre ’95, quindi dopo due giorni, la Gabriella ritelefona alla Filippa. Commentano sempre gli interrogatori e a un certo punto la Gabriella si dichiara meravigliata che Lotti ancora non aveva messo di mezzo il Fernando. Fernando, un nome completamente sconosciuto prima. Però si meraviglia. Ho citato queste telefonate anche per dimostrare come anche l’intuito della intercettazione telefonica di mettere sotto controllo quelle telefonate, quei telefoni, si è rivelato investigativamente proficuo perché ha portato ad acquisire notizie prima sconosciute e che poi chiaramente sono state utili nel momento in cui si andavano a fare le assunzioni di informazioni testimoniali di questi soggetti. Il 27 dicembre ’95 quindi riconvoco la Ghiribelli. Quindi era stata sentita il 21 dicembre con quelle notizie, poi ci sono le due telefonate del 21/12 e del 23/12 che mi davano questi spunti investigativi. Il 27 dicembre la convoco per sentirla. Mi parla dei clienti di San Casciano e un po’ chiedo chi erano questi clienti che venivano con la Sita, di cui aveva fatto cenno e me li indica uno per uno. Mi indica anche il Lotti, dice che veniva però non con la Sita ma con la macchina, con un suo intimo amico, Fernando. Ecco il Fernando della telefonata. ‘Tutti prendevano la Sita ad eccezione di Lotti che veniva con la sua macchina, insieme a Fernando. Facevano coppia fissa. Con tutti questi clienti di San Casciano ho avuto rapporti tranne che con Vanni’. E ripeteva le stesse cose. Ad un certo punto della deposizione, in maniera del tutto spontanea, la Ghiribelli raccontava quello che aveva avuto modo di notare la sera dell’omicidio degli Scopeti nel mentre stava rientrando a casa da Firenze dopo aver effettuato la propria giornata lavorativa. E allora raccontava che stava tornando in macchina con il suo protettore dell’epoca, Norberto Galli, e erano verso le 23.30 perché di solito si intratteneva a Firenze la domenica sino alle 23.00 circa, 22.00, 22.30, 23.00. Si accingeva a far ritorno a San Casciano – perché la donna abitava a San Casciano – con la Polo del protettore. Giunta agli Scopeti, proprio sotto, in corrispondenza della piazzola ove si trovava la tenda che la donna aveva visto anche nei giorni precedenti e dice che era di colore grigio, transitando da quel posto aveva notato ferma, al margine della strada, che copriva una parte della… una specie di manto erboso, ecco, di fuori strada della carreggiata, aveva notato ferma una macchina di colore rosso, del tipo sportivo e con la coda tronca, aveva le luci spente. Dice: ‘quando ho saputo il giorno dopo dell’omicidio che si era verificato proprio quella notte in quel posto, ho ricollegato la presenza di quella macchina al delitto, però il mio protettore mi invitò e mi disse espressamente di non riferire niente a nessuno perché lui non avrebbe voluto avere noie con gli investigatori per la vita che faceva. Quindi io non raccontai niente a nessuno’. È chiaro che questa testimonianza per me è andata anche, sul momento, al di là delle aspettative, quindi come prima cosa, per vedere anche la genuinità della teste, mentre la teste era ancora nel mio ufficio, feci cercare il Galli Norberto, il protettore e lo feci invitare in ufficio per non consentire loro poi di potersi vedere dopo che la donna sarebbe andata via. Quindi il Galli poi io lo sento subito dopo senza nessun contatto con la donna, proprio per la genuinità delle dichiarazioni. Quindi, dice: ‘ho collegato, ma non ho raccontato nulla. Avevo paura del mio protettore, il mio protettore m’ha detto in questo modo, io ho fatto come ha detto lui’. Ho chiesto notizie sul protettore, dice: ‘sì, no, con lui adesso ho litigato, non abbiamo più nessunissimo rapporto’. Quindi non era più un rapporto attuale. Mi riferisce poi un particolare che riguardava il Lotti perché dice: ‘io, circa tre mesi fa, comunque alcuni mesi fa, ebbi modo di vedere una macchina del Lotti che aveva una portiera diversa, di colore diverso dal resto della macchina. Mi diede l’impressione un po’ del colore della macchina che io avevo notato la notte del delitto lì agli Scopeti e dissi, così per scherzo al Lotti, vuoi vedere che sei tu il mostro? E Lotti, ma no, ma che vai dicendo che dici’ . Però ecco la donna, nella sua spontaneità mi riferisce questo particolare. Parlava quindi di un’auto di colore rosso, sportiva, con la coda tronca. Si dichiarava disponibile a sottoporsi a vedere delle foto. Gli veniva fatta vedere la foto del 128 coupé e trovava una forte somiglianza con la macchina sportiva da lei notata, gli sembrava proprio uguale. Quindi la Ghiribelli mi dava questo spaccato specifico sul delitto degli Scopeti, sulla presenza di questa macchina.

M.G.: E nel corso della deposizione mi forniva poi un approfondimento su quel mondo nuovo di maghi, di sedute spiritiche, delle frequentazioni di via di Faltignano aveva fatto cenno nel precedente verbale del 21 dicembre. E qua c’è in particolare una circostanza molto importante. Perché mi dice tutti i nominativi che frequentavano queste sedute, tutti i personaggi poi morti misteriosamente comunque, la Milva Malatesta, il Limongi Vincenzo, Domenico Agnello che è scomparso, quindi tutti personaggi dalle uccisioni misteriose. Però sulle sedute spiritiche che io ho voluto riprendere e approfondire questo argomento mi fornisce proprio dei dettagli, che ricordava benissimo, sulle tracce da lei notate, soprattutto la domenica mattina, nella casa dell’Indovino. E mi dice: ‘c’erano candele spente croce di carbonella combusta, preservativi… nonché un cartellone appoggiato al tavolo contenente tutte le lettere dell’alfabeto e numeri all’estremità con due cerchi con scritte in uno “Sì” nell’altro “No”. Nel mezzo vi era un piattino da caffè sporco di nero’. Questo mi descrive queste tracce e la presenza di questo cartellone in maniera molto specifica il 27 dicembre ’95. Ebbene, proprio nelle ultimissime settimane c’è stata l’esigenza di dover riesaminare, alla luce di nuove emergenze, di nuovi fatti che sono sotto indagine adesso, c’è stata la necessità di riesaminare tutto il materiale che era stato acquisito e sequestrato al Pacciani, che potesse ricondurre ad una conoscenza e ad una prativa del Pacciani a questi riti di magia nera. Ebbene, proprio recentemente tra questo materiale è stata trovato un cartellone che…
P.M.: Materiale sequestrato a suo tempo.
M.G.: Sequestrato nel 19… Era stato acquisito prima, nel corso di una perquisizione a Pacciani, l’11 giugno ’90, acquisito, insieme a tantissimo altro materiale e poi sequestrato dal P.M. il 19 luglio ’91. Quindi è materiale sequestrato. Se possiamo fare vedere il cartellone che è oggetto di sequestro e lo raffrontiamo con le dichiarazioni della Ghiribelli del 27 dicembre.
(voci fuori microfono)
P.M.: È un riscontro alla dichiarazione di una teste.
(voce fuori micorfono)
P.M.: È un fatto, poi se hai dubbi sulla genuinità è un’altra cosa. Il fatto storico è lì. Quello è quello che dice la teste e quello è il cartellone.
M.G.: Questo è il cartellone. Siccome la…
(Voce fuori microfono)
M.G.: Si. Dunque, la teste dice: “Un cartellone appoggiato al tavolo contenente tutte le lettere dell’alfabeto e numeri all’estremità con due cerchi con scritti in uno “SI” e nell’altro “No”. Nel mezzo vi era un piattino di caffè sporco di nero”. Il cartellone… Questo, siccome la Ghiribelli stessa dice che Pacciani frequentava l’abitazione dell’indovino, mi sembra che sia un riscontro documentale molto chiaro.
P.M.: Dottore, cosa sembra è un fatto nostro. Andiamo avanti, non si preoccupi.
M.G.: Quindi…
Avvocato Pepi: (voce fuori microfono)
P.M.: No, si parla di cosa ha detto la teste, avvocato. Scusi, lo lasci finire perché…
M.G.: Quindi la teste il 27 dicembre mi dava una spiegazione minuziosa di questo materiale che lei, di queste cose che lei aveva visto nell’abitazione dell’indovino e mi descriveva questo cartellone. Su questi riti, su questa magia, su queste riunioni anche la Sperduto, un’altra teste di cui poi parlerò, riferiva che effettivamente si facevano e che aveva visto andare in questa casa sia il Vanni che il Pacciani. Subito dopo la Ghiribelli quindi, sento il protettore dell’epoca, Norberto Galli. Fatto invitare, fatto venire in Questura mentre la Ghiribelli era ancora nel mio ufficio, per non consentire che potessero parlarsi. Ghiribelli e Norberto Galli che avevano stroncato la loro frequentazione già da tempo, quindi non c’era nessun rapporto. Il Galli confermava sostanzialmente il racconto della Ghiribelli sull’attività di prostituzione, che veniva a Firenze, che abitavano a San Casciano in quegli anni ’80. E poi nello specifico del particolare del delitto degli Scopeti, che Galli Norberto raccontava che effettivamente quella sera del delitto, transitando da quel posto con la Ghiribelli, di ritorno da Firenze, aveva visto ferma una macchina proprio all’inizio dello stradello che conduce a dov’era la tenda dei due turisti uccisi. Diceva che era intorno alle 24.00, diceva anche che, appresa la notizia del delitto, anche lui aveva collegato la presenza di quella macchina all’omicidio e che non aveva parlato all’epoca e aveva invitato la sua donna a fare lo stesso perché, essendo un pregiudicato, facendo quella vita, non voleva avere noie con la Polizia, con i Carabinieri. Quindi il Galli, sentito in maniera proprio asettica, proprio Ghiribelli… non hanno avuto possibilità assolutamente di incontrarsi, mi riferisce. Mi parla poi anche lui di queste frequentazioni della casa di Indovino Salvatore, mi parla del Lotti che vedeva insieme a Fernando ecco qui ancora un ulteriore elemento che mi portava a questo rapporto stretto di cui aveva fatto cenno la Ghiribelli tra Lotti e Fernando. E quindi identifico il Fernando: Fernando Pucci. Che sento per la prima volta il 2 gennaio ’96. Il Pucci – personaggio quindi completamente sconosciuto prima, emerso così il suo nome prima dalla telefonata tra la Ghiribelli e la Filippa, poi da questi nuovi interrogatori – mi diceva di aver frequentato assiduamente, per un lungo periodo, il Lotti, ‘fino a circa’ – dice – ’10 anni fa perché poi a un certo punto litigammo. Con il Lotti facevamo coppia fissa, eravamo soliti venire la domenica qui a Firenze, andare a donne, andavamo soprattutto dalla Gabriella. Prima di conoscere la Gabriella andavamo da altre prostitute, andavamo anche alle Cascine. Poi si è instaurato un rapporto anche di amicizia con la Gabriella, quindi eravamo soliti la domenica pomeriggio partire da San Casciano con la macchina di Lotti, venire a Firenze e intrattenerci con questa Gabriella’. Dice che con loro qualche volta era andato anche ..Vanni, che mi indicava come: ‘un tipo un po’ particolare, nel senso che non era normale perché si portava appresso falli…’ eccetera. Alla domanda poi specifica se durante queste girate con Giancarlo si fosse fermato nella piazzola degli Scopeti, rispondeva di sì, affermativamente. Avevo ritenuto di fare la domanda specifica se si fosse fermato in quella piazzola qualche volta perché già avevo elementi che mi facevano pensare che la macchina, o comunque una macchina come quella di Lotti, quella domenica sera era già ferma lì in quel posto. Il Pucci senza alcuna titubanza proprio dice: ‘sì’, rientrando da Firenze una domenica sera – e poi si vede che è proprio la domenica del delitto – ‘ci fermammo lì. Fu il Lotti a dire di fermarci per fare un bisogno fisiologico’. Quindi racconta della presenza in quel posto di due individui che, appena li vedono scendere dalla macchina e incamminarsi su questa stradina verso la piazzola, li avvicinano e li cacciano in malo modo, li minacciano. Dice che si trattava di due uomini di mezza età e di corporatura robusta, dall’aspetto rozzo e vestiti primitivamente con giubbotto o giaccone.. Dice anche che minacciati si erano messi in macchina ed erano andati via. Quindi non si erano intrattenuti sul posto. Dice: ‘poi al bar di San Casciano’ – il giorno dopo, comunque nei giorni successivi al delitto – ‘quando abbiamo appreso il delitto, abbiamo raccontato lì. Ma non so dirvi, perché non lo ricordo chi fossero le persone, gli avventori presenti, abbiamo raccontato che quella notte ci eravamo fermati lì ed eravamo stati minacciati da due persone’. Poi aggiungeva che dopo quell’ episodio non aveva più frequentato il Lotti perché: ‘la domenica successiva’ — dice — ‘come al solito avevo l’appuntamento con il Lotti al bar, nel piazzone di San Casciano, vado all’appuntamento ma Lotti già era andato via. Quindi m’ha lasciato all’appuntamento, da allora io non l’ho voluto più frequentare’. Dice anche che quand’era stato minacciato, quando erano stati minacciati dai due individui, lui aveva detto a Giancarlo, andando via: ‘andiamo a denunciare questo fatto ai Carabinieri’. E Giancarlo gli aveva risposto, il Lotti gli aveva risposto: ‘no, io non voglio passare, da spione, non voglio fare là spia’. Quindi il Pucci afferma, dice: ‘sicuramente il Lotti ha conosciuto queste persone’. Diceva anche che non aveva raccontato a nessuno dei suoi familiari quello che gli era capitato quella notte. E infine, circa le amicizie del Giancarlo, del Lotti, diceva che era un buon amico sia di Vanni che di Pacciani, con i quali andava a fare merende. Diceva poi: ‘Giancarlo aveva paura sia di Vanni che di Pacciani, come se fosse in soggezione e tale stato di paura era ancora più accentuato dopo l’episodio di Scopeti’. Quindi il Pucci mi fa fare un passo ulteriore in avanti nell’attività investigativa, perché con la testimonianza del Pucci abbiamo non solo la macchina rossa scodata, sportiva sul posto, ma sappiamo che è la macchina di Lotti. Che Lotti e Pucci si trovano in quel posto alla data del 2 gennaio ’96, nelle primissime dichiarazioni, nelle primissime ammissioni, così sembrerebbe casualmente testimone oculare per soddisfare un bisogno fisiologico. La testimonianza del Pucci però era comunque importante e utile perché riferiva che lui voleva andare dai Carabinieri e Lotti gli aveva detto: ‘no, io la spia non la voglio fare, quindi mi faceva pensare che comunque quelle persone dovevano essere note al Lotti per non fare la spia, per non passare da spia’. E l’altro elemento, che era possibile comunque riscontrare e come poi abbiamo riscontrato, era questo racconto, che loro avrebbero fatto nel bar di San Casciano, di questo episodio di minacce che loro avevano subito la notte del delitto. E poi vedremo che sentendo tutti gli avventori, o la maggior parte degli avventori che è stato possibile identificare, ci sono almeno due testimonianze che ricordano questi discorsi fatti proprio nel bar nei giorni successivi alla scoperta del delitto. Dunque, gli esiti di queste prime emergenze investigative io li riferivo alla Procura con annotazione del 15 gennaio ’96, con una successiva annotazione del 10 febbraio ’96 in cui sintetizzavo tutti gli elementi raccolti e riferivo – in questa annotazione del 10 febbraio ’ 9 6 – anche i primi riscontri alle dichiarazioni di Pucci. La sorella e il fratello del Pucci, Pucci Marisa e Pucci Valdemaro – Pucci Valdemaro gestisce un negozio di alimentari lì a Montefiridolfi – il 24 gennaio ’96 dopo un interrogatorio di Pucci in Procura chiamano la squadra Mobile e dicono di voler parlare. Andiamo a casa del Pucci e ci dicono, devo dire anche con atteggiamento di mortificazione, che avevano saputo proprio in quel giorno la verità che si portava dentro il proprio congiunto perché loro avevano molto insistito col fratello per conoscere i motivi delle diverse convocazioni sia in Questura che in Procura e quindi il fratello aveva raccontato loro che era stato convocato perché era stato testimone oculare a quel delitto, a quell’episodio degli Scopeti. I fratelli quindi mortificati: ‘non lo sapevamo prima, nostro fratello però è un tipo molto chiuso, introverso, le sue cose non le dice mai a nessuno. Se l’avessimo saputo prima sicuramente l’avremmo portato dai Carabinieri o in Procura’. Quindi, ecco la spontaneità anche di queste dichiarazioni e la conferma che Pucci effettivamente, come aveva dichiarato, non aveva parlato neppure in famiglia di quello che aveva visto, di quello che gli era capitato la notte del delitto. Altri riscontri, facevo cenno prima, gli avventori del bar. In particolare voglio chiamare due testimonianze: quella di Meucci Raffaello e quella di Zanieri Giovanbattista. Il Meucci Raffaello riferiva che dopo il delitto degli Scopeti al bar circolava la voce secondo cui qualcuno, o Vanni o Giancarlo Lotti era passato da quel luogo nell’imminenza dell’omicidio e poteva aver visto qualcosa. Il Pucci aveva detto: ‘noi parlammo al bar e dicemmo che eravamo passati, eravamo stati…’ Quindi già, a distanza anche di anni, il Meucci ha questo ricordo, che al bar si parlava, dopo la scoperta del delitto, che o Vanni o Lotti erano passati da quel posto e potevano aver visto qualcosa. L’altro teste, Zanieri – credo sia il gioielliere, questo ha un negozio di oreficeria, l’orefice là di San Casciano – diceva di essere a conoscenza degli ottimi rapporti di amicizia, di frequentazione tra Lotti e Pucci, che erano soliti entrambi andare da prostitute a Firenze, perché nel paese si sapeva. E, in relazione ai commenti al bar, dopo il delitto, affermava di aver sentito fare commenti nel senso che si diceva che qualcuno quella sera era passato casualmente per strada dal luogo del delitto vedendo qualcosa. Specificava più in dettaglio che quei discorsi lui ricordava di averli sentiti fare anche a Lotti. Ecco quindi che
già da una prima verifica le dichiarazioni del Pucci, in alcuni aspetti e segnatamente sulla presenza in quel luogo del delitto, sembravano verosimili. Sono stati sentiti a riscontro anche altri testi, tipo il Pestelli Ezio che era titolare di un negozio di generi alimentari lì a Spedaletto, dove il Lotti e il Pucci erano soliti fermarsi per fare colazione. Sia si fermavano spesso all’andata la domenica quando venivano a Firenze, sia al ritorno quando tornavano a San Casciano. Quindi il Pestelli Ezio confermava questo rapporto stretto di amicizia e di frequentazione tra i due, queste girate dei due la domenica per andare a donne a Firenze e il Pestelli riferiva anche particolari, notizie sui frequentatori della casa dell’Indovino di via di Faltignano, perché conosceva la Filippa; la Filippa faceva la spesa lì nel suo esercizio commerciale, lui era andato più volte a portare la spesa a casa della Filippa in via di Faltignano. Quindi parlava anche lui di queste frequentazioni, tra cui quella del Lotti che aveva visto, questo Domenico di Prato, che poi è Domenico Agnello che è scomparso. Tra gli altri testi a riscontro c’è poi la testimonianza di Corsi Rosato, un altro avventore e un amico del Lotti. Il quale confermava sempre questo rapporto stretto tra i due e diceva che il Lotti, ad un certo punto, molti anni prima, aveva litigato con il Fernando, a dire del Lotti perché Fernando non voleva mettere i soldi per la benzina nella macchina. Quindi il Corsi Rosato dà una testimonianza anche sulla rottura, a una certa data, che non poteva chiaramente collocare temporalmente, ma dà conferma di questa rottura del rapporto solido che invece c’era tra Lotti e Pucci. 

M.G.: La Ghiribelli Gabriella sentita l’8 febbraio dava ulteriori conferme di questa rottura del rapporto tra i due, perché dichiara, dice: ‘dopo il delitto degli Scopeti venne a trovarmi da solo il Lotti, senza il Fernando, cosa strana perché erano sempre venuti insieme. Chiesi notizia al Lotti come mai il Fernando non era venuto anche lui e mi rispose che avevano litigato e che lui quando litiga con uno, litiga e non vuole saperne più niente. La domenica ancora successiva venne nuovamente il Lotti da solo, perché erano clienti praticamente fissi della domenica, venne da solo. Eravamo per strada a piazza Santa Maria Novella, vedo entrare Fernando Pucci in un bar lì nella piazza, allora dico al Lotti, aspetta che vado a salutare Fernando perché per me è sempre un amico, anzi vieni anche tu. Dice no, col Fernando non voglio più avere a che vedere, a che fare’ e quindi è andata solo la Ghiribelli a salutare il Fernando. Quindi su questa rottura di amicizia abbiamo diverse testimonianze a riscontro. L’intercettazione intanto dava altri spunti molto significativi e devo dire che nel frattempo avevo richiesto e ottenuto l’intercettazione anche dell’utenza del bar di San Casciano frequentato da Lotti, il bar Centrale. Quindi avevamo l’utenza di Vanni, della Filippa e l’utenza adesso del bar Centrale. Proprio su questa utenza del bar Centrale il 25 gennaio viene registrata una telefonata. È la GhiribeIli che telefona al Lotti. Chiede del Lotti, se lo fa passare, il Lotti era nell’esercizio. Discutono prima delle perquisizioni della polizia e del sequestro delle agende. Perché il 24 gennaio, credo proprio il giorno prima, avevamo richiesto una serie di perquisizioni… Mi si sta abbassando…
P.M.: Se vuole interrompere un attimo.
M.G.: Avevamo richiesto una serie di perquisizioni domiciliari e le avevamo eseguite il 24 gennaio: a carico della Filippa, della Ghiribelli, del Vanni stesso, del Lotti. La Procura ci aveva autorizzato, quindi noi il 24 gennaio avevamo eseguito questi decreti di perquisizione. Il 25 gennaio, il giorno successivo il Lotti… la Ghiribelli telefona al bar di San Casciano, parla con il Lotti, discutono di questa perquisizione, la Ghiribelli è molto risentita perché dice: ‘è colpa tua, la Polizia mi ha fatto la perquisizione, mi ha preso le agende’. E poi la donna dice ad un certo punto, testuale: “Non ci si può fermare neanche a fare un bisogno, lo hai detto” – non è proprio testuale, comunque – “a pisciare, lo hai detto tu”. Quindi ammette qui, nella telefonata, la conferma che il Lotti quella notte si era fermato nella piazzola del delitto. Quindi ulteriore conferma anche al racconto fatto da Pucci. Questa telefonata chiaramente faceva presupporre che i due avessero discusso prima sull’argomento, che Lotti aveva notiziato la donna che era stato là in quel posto per un bisogno tant’è che la donna adesso ribattendo dice: ‘ma non ci si può fermare neanche… lo hai detto tu’. Quindi è una importante ammissione. Identificavo poi tutti questi frequentatori della casa di Salvatore Indovino e devo dire che dovrei soffermarmi su questo aspetto di questa abitazione, di questa magia, perché i racconti della Ghiribelli su questi riti, su queste riunioni mi richiamarono alla memoria, in particolare un verbale che avevo letto io nella prima lettura di tutti gli atti e che ho ripreso. Ed è il verbale della signora Silvia Del Secco. La signora Del Secco il 9 luglio del ‘ 94, quindi quando sempre c’è in corso il dibattimento del processo Pacciani, si presentava alla Questura per riferire un episodio che le era occorso anni prima, sicuramente prima del delitto dell’85, probabilmente nell’84. La signora Del Secco faceva la decoratrice qui a Firenze, aveva il suo uomo a Chiesanuova, capitava da quelle parti, lei in quegli anni, quindi anni ’80-’84 era alla ricerca dì una casa da prendere in affitto in quei posti, tra San Casciano e Chiesanuova e racconta, quindi il 9 luglio ’94 – e dice in questa sede il 9 luglio ’94 che già nell’89 era andata in Questura e l’aveva raccontato lo stesso fatto, comunque il verbale che io trovo è del 9 luglio ’94 – racconta che cercava questa casa tra San Casciano e Chiesanuova. A un certo punto nel girare per trovare una casa in affitto vede un “Vendesi” in un’abitazione là di via di Faltignano. Nota che in uno spiazzo di fronte a questa abitazione ci sono due uomini e si ferma a parlare con questi due uomini chiedendo notizie di quella casa. Se per caso anziché venderla era possibile prenderla in affitto, chi era il proprietario. Insomma, si è messa a parlare chiedendo notizie di quella casa, dicendo che a lei interessava molto andare in quella zona, eccetera. Al che la colpisce che uno dei due le fa: ‘eh, certo che se lei viene ad abitare qua, lei verrà ad abitare dal mago di San Casciano’. Lei si mostra scettica su questo discorso di magia e allora questa persona che asseriva poi di essere un mago, ed è l’Indovino Salvatore che purtroppo è morto nell’86, le fa tutto un discorso su come lui era capace di legare indissolubilmente una coppia di giovani fidanzati. Gli spiega tutta una procedura, una preparazione di filtri, una conoscenza preventiva che doveva avere sul luogo in cui la coppia si sarebbe appartata, che doveva essere un luogo all’aperto, un luogo di campagna, un luogo in macchina, dovevano stare in macchina, che lui avrebbe dovuto sapere in tempo antecedente e riservatamente, ad insaputa del ragazzo, dell’uomo, le indicazioni precise di questo posto per poter in quell’attimo legare indissolubilmente la coppia.
Avvocato Pepi: Presidente, mi scusi, avvocato Pepi. Io vorrei che magari il Presidente invitasse il teste a riferire le investigazioni relative ai cinque duplici omicidi cui ci dobbiamo occupare. Qui si sta parlando… Tra un po’ si parlerà anche della strage di piazza Fontana e così si…
Presidente: Può darsi che si arrivi anche a quello, non lo so. Ora sta risalendo un pochettino…
Avvocato Pepi: Sì, ma infatti…
Presidente: Stiamo arrivando alle…
Avvocato Pepi: … che sono fatti del tutto estranei al nostro dibattimento.
Presidente: Sì, va bene…
Avvocato Pepi: Perché se noi si fosse dovuti risalire…
P.M.: Questa, ho l’impressione che sia una sua valutazione, che sia utile o no. Quella la faremo alla fine. Io.. .
Presidente: Va bene.
Avvocato Pepi: No, io…
Presidente: Pubblico Ministero non interrompa, per cortesia, eh. Può continuare, grazie.
M.G.: Posso? Dunque, avrebbe dovuto sapere all’insaputa dell’uomo. Questo discorso aveva molto colpito la signora Silvia Del Secco alla luce del delitto dell’85. E aveva ritenuto, aveva trovato una ragionevole, un ragionevole collegamento fra il discorso fattole dal mago e le modalità esecutive del delitto dell’85. Ecco perché le era rimasto impresso quel racconto e aveva ritenuto di presentarsi alla Polizia e raccontare nei dettagli quello che aveva appreso dal mago. Quell’ abitazione di via di Faltignano che poté ricordare l’abitazione frequentata anche dagli imputati proprio in quegli anni. Nel prosieguo dell’attività ci sono più interrogatori fatti dal P.M. A precisa contestazione si è verificato uno sviluppo della posizione, un cambiamento della posizione del Lotti da testimone oculare a indagato. Cioè, il Lotti ha iniziato a fare delle ammissioni importanti sul suo coinvolgimento prima nel delitto dell’85, poi negli altri. Comunque da questa attività, da questa attività di interrogatori fatti dalla Procura, io venni poi delegato ad effettuare riscontri e ad effettuare anche i sopralluoghi. In particolare, in un verbale del 17 febbraio ’96, il Lotti aveva riferito di essere stato a Vicchio nella piazzola dove poi è stata uccisa la coppia Rontini-Stefanacci, sia con la Filippa Nicoletti e sia con il Pucci in situazioni diverse, in occasioni diverse. Riferiva che – questo, il 17 febbraio ’96 – riferiva che era stato con la Filippa anche a fare colazione, dopo aver fatto l’amore in questa piazzola là di Vicchio, alla Casa del Prosciutto che si trova lì nei pressi a Ponte a Vicchio. Mentre col Pucci era stata in quel posto nel 1984. Quindi vengo delegato dal Pubblico Ministero a effettuare un sopralluogo, una individuazione di luoghi con il Lotti il 18 febbraio, quindi il giorno successivo all’interrogatorio, 18 febbraio ’96, per ricostruire, partendo da Chiesanuova, dalla via di Faltignano dove abitava all’epoca la Filippa Nicoletti, l’itinerario fatto da Lotti nell’occasione in cui con la Filippa si era portato nella piazzola di Vicchio dove poi si era verificato il delitto. Quindi il 18 febbraio partiamo da via di Faltignano, dall’abitazione che all’epoca era occupata dalla Filippa, facciamo tutto un percorso via degli Scopeti, Sant’Andrea in Percussina, piazzola degli Scopeti, ponte agli Scopeti, Tavarnuzze. Passiamo da Firenze, ponte San Niccolò, lungarno del Tempio, Girone, Ellera, Pontassieve, Rufina, Dicomano. Giunti a Dicomano Lotti dichiarava di ricordare il ponte di ferro della ferrovia che si trova sulla sinistra dopo aver lasciato l’abitato. Poi si arrivava a Vicchio. Ricordava di aver passato il passaggio a livello. Ponte a Vicchio, Ponte a Vicchio dove c’è la Casa del Prosciutto Lotti indicava di svoltare a sinistra verso Dicomano. La distanza da via di Faltignano a questa località di Ponte a Vicchio alla Casa del Prosciutto risultava essere di 61 chilometri e 800 metri. Quindi è stato un itinerario abbastanza lungo. A Ponte a Vicchio dice di svoltare a sinistra, svoltiamo a sinistra verso Dicomano e il Lotti prestava attenzione a tutte le deviazioni che si incontravano sulla destra. Passiamo la prima deviazione, dice: ‘no, questa no, perché va alle case più sopra’. Ne passiamo un’altra sulla destra. Dice: ‘no, questa no perché va ad una fattoria, l’ho percorsa per un tratto. Ed è quella strada che porta alla fattoria La Rena.’ Quindi dichiarava di conoscere quella strada, anche se l’aveva percorsa per un tratto, a suo dire. Andando poco più avanti e avvicinandoci alla vera piazzola, alla vera deviazione, incomincia a dire: ‘ma mi pare questa’. Quindi presta maggiore attenzione. Quando siamo proprio sul posto : ‘è questa’. Quindi ci mettiamo dentro, quindi la riconosce perfettamente. E sono 65 chilometri da via di Faltignano. Quindi sono 65 chilometri da via di Faltignano. Se calcoliamo da San Casciano Mercatale sono circa 70 chilometri. Questo per ricondurre anche alle dichiarazioni Caini-Martelli… queste persone vengono viste a 70 chilometri di distanza in tutt’altra zona dai luoghi di residenza. Quindi sono 65 chilometri. Entravamo in questa stradina, in questo spiazzo che poi è il luogo del delitto e il Lotti dice: ‘sì, riconosco quel palo della luce’, che c’è il palo della luce là… ‘Non vi erano le croci’. Eh, le croci sono quelle del delitto. E qui, a questa vista, ha mostrato un palese turbamento. Dice: ‘la ghiaia a terra non c’era’. Perché il manto là di questa strada è coperto da ghiaia. E questo della ghiaia è un elemento che anche la Filippa Nicoletti, quando andiamo a far il sopralluogo, dice: ‘no, la ghiaia non c’era all’epoca. Riconosce il posto, la ghiaia, non c’era. Anche il Pucci quando andiamo sul posto a fare il sopralluogo si mette a muovere la ghiaia col piede perchè vuole vedere sotto, perchè la ghiaia non c’era. Quindi dice: ‘ecco, sì, il posto è questo, ma la ghiaia non c’era all’epoca’. Quindi spiega come ha fermato la macchina nella circostanza in cui è andato con la Filippa; che ha messo la macchina con la parte posteriore verso la collina e la parte anteriore verso l’ingresso di questa stradina che porta allo spiazzo e dice che, quando era con la Filippa, faceva molto caldo, tanto che ricordava che, prima di andare via, si erano fermati al fiume che scorre lì vicino per bagnarsi i piedi. Questa è una circostanza che poi anche la Filippa interrogata conferma. Riferiva poi, sempre in questa occasione che, dopo qualche giorno da questa sua girata a Vicchio, sia fatta con il Pucci… Perché dice: ‘con la Filippa era per fare l’amore con la Filippa; poi sono tornato con Pucci…
P.M.: (voce fuori microfono)
M.G.: Prego.
P.M.: (voce fuori microfono)
M.G.: Lui ha dato… Sì, questo è stato chiesto, dice per fare una girata, gli piaceva girare con la macchina, ecco. Girando con la macchina poi sono capitati in questa piazzola, si sono appartati, hanno fatto l’amore, poi hanno fatto… Poi è tornato con Pucci in questa piazzola. E quando torna con Pucci vede che in questa piazzola c’era una Panda con una coppia. Era una Panda di colore sul celestino, lui dice c’era una coppia che non vede bene . Comunque con il Pucci si mettono…

Avvocato Pepi: Presidente, avvocato Pepi. Opposizione. Mi sembra il teste non possa riferire quello che un imputato ha detto nei vari interrogatori. Perché il Lotti, fino a prova contraria, è un imputato. Sta riferendo continuamente quello che il Lotti aveva detto.
Presidente: No, no. Prima che lui è stato sentito formalmente a verbale, si può fare. Dopo non più.
Avvocato Pepi: Bah…
Presidente: Ecco.
P.M.: Poi, se non sbaglio, ci sono gli atti di un incidente probatorio oramai già agli atti del dibattimento. Quindi sta, se non sbaglio, la domanda era…
Presidente: Va bene, va bene.
P.M.: … i riscontri all’attività che ha…
Presidente: Sta parlando dei riscontri alle dichiarazioni. Non sta riferendo delle dichiarazioni del Lotti.
Avvocato Pepi: Non faccia i riscontri sui sopralluoghi, ma non può riferire quello che l’imputato gli ha detto.
P.M.: Eh, ma se deve riscontrare quello a cui…
Avvocato Pepi: Allora dica pure tutto quello che vuole. Noi ci si cheta e si va via.
P.M.: No, mi scusi
Presidente: No, calma, calma, calma…
P.M.: Avvocato…
Presidente: Prima di andar via a lei ce ne vuole ancora.
P.M.: No, via…
Presidente: Non riscaldiamoci, non è ancora il momento, non è ancora il momento per scaldarci.
P.M.: Ci ha detto il teste, se non sbaglio…
Presidente: In fondo…
P.M.: Prego, Presidente.
Presidente: Sì, sì, va bene, lo abbiamo già visto cosa dice il teste. Va bene?
P.M.: No, ecco, sta riferendo una attività di riscontro a lui delegata.
Presidente: Sì, sì.
P.M.: Se deve riscontrare dei fatti e va su un certo posto, come può raccontare?
Avvocato Pepi: (voce fuori microfono)
P.M.: No, se il dottore riesce a non riferire le parole esatte, ina ci dice il concetto di cosa lei ha ascoltato…
Presidente: Infatti, non vedo qual è il problema.
P.M.: A noi ci fa ugualmente l’effetto che vogliamo ottenere. Poi, Presidente, penso che…
Presidente: Può continuare, può continuare. Noi continuiamo fino alle due grossomodo e poi si smette.
P.M.: Magari cerchiamo di valutare…
Presidente: Non so se il teste se la sente di parlare ancora.
P.M.: Ecco, le forze del dottor…
Presidente: … oppure se vuole interrompere.
M.G.: Va be’, completiamo questo…
Presidente: Eh?
M.G.: Completiamo questo…
Presidente: Come?
M.G.: Completiamo questo.. .
Presidente: Completiamo questo discorso qui. Va bene, dottore.
Avvocato Pepi: Il pomeriggio che si fa, signor Presidente?
Presidente: No, al pomeriggio non si può lavorare, perché stanno montando le gabbie di là. Quindi…
P.M.: Ecco, allora completiamo questi riscontri con questi sopralluoghi e penso sia sufficiente per oggi.
Presidente: Bene, bene.
M.G.: Dunque, sulla… Cercherò, ecco, di non ripetere le stesse parole. Circa l’omicidio di Vicchio poi il Lotti – e questo in una successiva testimonianza dell’11 marzo – forniva dei dettagli ancora più precisi, più particolari. Spiegava di essere stato presente, di aver seguito ad insaputa di Pacciani e di Vanni, i due sulla macchina del Pacciani, di essere giunti in questa piazzola dove si era verificato il delitto, di aver visto che Pacciani aveva fermato la macchina ponendola di traverso davanti alla Panda della coppia, proprio per evitare una via di fuga; Poi aveva visto Pacciani prendere da sotto il sedile della macchina la pistola e sparare verso la Panda. Aveva visto Vanni mettere, indossare uno spolverino, prendere un coltello e dopo aver tirato fuori dalla macchina la ragazza, infierire in un campo lì vicino sul corpo della ragazza. Raccontava poi che, dopo il fatto, i due, Pacciani e Vanni si erano portati nel fiume lì vicino per lavarsi le mani e lavare il coltello. I riscontri su questa dinamica raccontata da Lotti : all’epoca – quindi siamo il giorno dopo la scoperta del delitto. Però di questo fatto non vi era traccia negli atti e io lo vengo a sapere, vengo informato dal signor-Rontini – un macellaio di Dicomano che era solito andare a lavare la macchina in quel fiume proprio di fronte alla piazzola dove si è verificato il delitto, nota alcune macchie di sangue su pietre proprio al margine del fiume. Il nome di questo signore che voglio riferire è Pasquini Pietro. Quindi il Pasquini che poi ho sentito, dice: ‘si, andando là il giorno dopo l’omicidio, quindi, noto queste macchie di sangue. Incuriosito faccio un po’ il percorso a ritroso e vedo che sulla strada asfaltata, la strada Provinciale 41, fino all’imbocco della deviazione che porta al luogo del delitto, vi erano qui e là delle macchie di sangue. La sera, andando a casa di Rontini, perché – dice – sono amico dei Rontini, per fare le condoglianze, racconto questo episodio, di aver notato queste macchie di sangue’. Vengono avvisati i Carabinieri. Lui dice li vede su alcune pietre al bordo, proprio al margine del fiume. E poi, facendo il percorso a ritroso fino alla piazzola, vede che sulla strada asfaltata vi erano a distanza di due-tre metri, delle gocce di sangue che si fermavano proprio all’ingresso di questa piazzola dove si è verificato il delitto. Cioè, questo fatto lo ha incuriosito. Quindi, andando a casa dei Rontini fa le condoglianze e riferisce questo particolare. Vengono avvisati i Carabinieri, lui racconta ai Carabinieri questo particolare e poi accompagna i Carabinieri sul posto. Insieme ad un altro amico di Rontini che è un bronzista, il signor Bartolini Luciano che ho sentito è ha confermato la circostanza di essersi portato anche lui sul posto, di aver notato queste macchie. Comunque all’epoca, ecco, sia il Pasquini che il Bartolini, non erano stati verbalizzati, però la testimonianza è molto precisa, lo hanno riferito a casa dei Rontini, sono intervenuti i Carabinieri, sono andati sul posto, hanno accompagnato sul posto i Carabinieri. Questo per me era un particolare completamente inedito, sconosciuto. Non c’è traccia negli atti del processo, negli atti processuali di tutti questi delitti, non c’è traccia. Quindi il Lotti, riferendo quel particolare di aver visto che i due erano andati a lavarsi là nel fiume, ha riferito un particolare veramente inedito. Altro riscontro: e qui…
Presidente: Perché, a suo tempo i Carabinieri non parlarono di questo fatto?
P.M.: Non lo hanno messo per iscritto, Presidente.
Presidente: Non lo hanno…
P.M.: E chi lo ha visto, è deceduto. Così hanno riferito i Carabinieri.
Presidente: Quindi, il Pasquini è deceduto, il…
M.G.: No, no…
P.M.: No, no, il Pasquini no. Il carabiniere che è andato…
Presidente: Ah, i Carabinieri dell’epoca. Va bene.
P.M.: Ci sono i due che hanno avvisato i Carabinieri. 
Presidente: No, no…
P.M.: No, sono nella lista testi, eh.
M.G.: Pasquini e Bartolini hanno confermato, non…
P.M.: Sono nella lista testi del P.M.
Presidente: Va bene.
M.G.: Altro riscontro alla circostanza del Lotti che, sempre nel corso della sua deposizione, del suo interrogatorio sul delitto di Vicchio, aveva riferito che lui, almeno lui, in una circostanza con il Vanni, aveva, si era portato sul posto con il Vanni, aveva visto la coppia in macchina sulla Panda, aveva seguito la Panda quando era uscita dalla piazzola, avevano visto che la Panda si era fermata nella piazza della Stazione di Vicchio, era. scesa la ragazza che era entrata nel bar. E il ragazzo era andato via. Quindi aveva riferito nell’interrogatorio di un inseguimento, pedinamento della coppia che sarebbe stata – uccisa poi a distanza di qualche giorno da parte del Lotti stesso e del Vanni. E a proposito del modo di operare della coppia Vanni-Pacciani lui aveva riferito anche che i due erano soliti seguire le vittime predestinate. Questa attività di pedinamento della ragazza risulta anche, ed è riscontrata positivamente, da testimonianza. Testimonianza del Poggiali Mauro che è un operatore ecologico presso la Fiorentinambiente il quale è stato sentito a verbale il 16 febbraio ’93.Il 16 febbraio ’93 riferisce adesso la circostanza che racconterò. Però già all’epoca, quindi nell’immediatezza della scoperta del delitto, lo aveva riferito ad un appuntato dei Carabinieri. Non risultava però nessun atto. Io trovo quest’atto del 16 febbraio ’93, mi sembra interessante che riscontra le dichiarazioni di Lotti e poi lo risento io. Il 16 di febbraio ’93 aveva riferito che in almeno due circostanze, accompagnando a casa la Pia, Rontini dal luogo di lavoro dal bar della Stazione di Vicchio a casa, si era accorto, di essere stato seguito da una autovettura che era partita proprio dalla piazzola della Stazione di Vicchio. Dice: ‘almeno in due occasioni, io ho visto bene questa macchina che è partita dopo che siamo andati via noi’. Il Poggiali era vicino di casa della vittima. All’epoca, due volte la settimana, il martedì e il giovedì veniva a Firenze perché era arbitro in una federazione sportiva. Quindi tornava tardi a casa, intorno alla mezzanotte. Allora si fermava al bar a bere qualcosa. All’orario di chiusura il titolare del bar lo pregava di dare un passaggio alla ragazza che lui conosceva e per altro era amico anche del fidanzato della ragazza. In due occasioni, proprio prima del delitto, si accorge che una macchina dopo che loro sono partiti da questa, dal bar, parte dalla piazzetta del bar e li segue. Aveva riferito che si trattava di un’auto di media cilindrata che gli era sembrata di colore scuro. Quindi questo è il racconto che ho trovato di un verbale del 16 febbraio ’93. Viene risentito il 17 aprile ’96. Riferisce in questa occasione che, precisa meglio i giorni in cui ha visto questo inseguimento da parte di questa macchina. Dice: ‘sicuramente era di martedì o di giovedì, perché erano gli unici due giorni in cui io mi portavo a Firenze e rientravo tarai’. Dice poi: ‘la seconda volta, quindi l’ultimo giorno, la seconda volta, mi sono accorto bene di questo inseguimento, perché immettendomi dopo il bar sul vialone ebbi modo di vedere proprio bene questa macchina che partiva dalla piazza della Stazione, che ci è venuta dietro, che si manteneva a distanza di 200 metri, di 100 metri, talvolta anche di 50 metri e poi giunti proprio nei pressi dell’abitazione della Pia, era ancora dietro di noi e questo mi insospettì molto perché quella era una strada frequentata soltanto dagli abitanti di quella zona. E quindi, questa macchina, per me non apparteneva a persone che abitavano nella zona. E il fatto mi insospettì parecchio. Ripensandoci, in quella occasione, allora mi sono ricordato che anche giorni prima avevo avuto l’impressione di essere stato seguito sempre in questo itinerario serale, notturno, fatto per accompagnare la Pia a casa’. Raccontava di aver riferito questo racconto, di aver riferito questo racconto dell’inseguimento ad alcuni suoi amici, faceva il nome di questi amici, tra cui un certo Badii Fabio che sentii e ricordava – non era stato sentito prima, venne sentito adesso – confermava effettivamente che il Poggiali gli aveva manifestato questa sua sensazione di essere stato seguito in due occasioni insieme alla Pia. Gli descriveva questa macchina come una macchina che non era sicuramente di colore chiaro. Gli era sembrata di colore rosso ma non rosso vivo, spiegava. Gli veniva fatta vedere la foto della 128 coupé e a questa vista dice: ‘sì, mi fa un certo effetto questa macchina. Mi sembra un po’ più grande in fotografia di quella che io ho notato, però devo dire che mi fa un certo effetto. Soprattutto la parte posteriore, perché quando la vidi svoltare, vidi che non aveva il fanalino laterale come in effetti non ce l’ha questa macchina’. E poi dice: ‘anche come modello mi fa un certo effetto. Nella foto – dice – mi sembra un po’ più grande, dovrei vederla di presenza’. Ecco, ha questo effetto, “un certo effetto” proprio usa questa espressione, di quella macchina, e dice che la macchina era di colore rosso. Ma non nuovo, un rosso… Non rosso vivo. Il Poggiali inoltre mi forniva un riscontro anche alle dichiarazioni della Frigo, quella teste che ha visto quel movimento sulla strada che porta alla contrada La Rena. Perché mi diceva che su quella strada che porta alla fattoria La Rena vi era un… dopo aver percorso poche centinaia di metri, vi era tracciata una stradella, una strada in terra battuta, oggi non più visibile, ma all’epoca c’era, che consentiva di arrivare proprio a ridosso della piazzola dove si è verificato il delitto. E siamo su quella stradella di cui la Frigo parla, dove vide entrare l’autovettura di colore rosso. E che oggi non c’è più questa strada, come abbiamo visto nella foto. Ed il Poggiali che è della zona dice: ‘no, all’epoca là c’era una strada che era percorribile dalle macchine e che consentiva di arrivare proprio sul luogo, sulla collina sovrastante il luogo della piazzola del delitto’. Il Badii Fabio, amico del Poggiali, sentito sempre nel mese di aprile del ’96, confermava che il Poggiali a suo tempo gli aveva raccontato di questi inseguimenti, di questi pedinamenti almeno in due occasioni. Sentivo anche un altro amico di cui il Poggiali mi aveva fatto il nome, che ricordava che probabilmente gli aveva riferito la circostanza, un certo Innocenti Rossano. Il quale però non ricordava questo particolare, perché dice: ‘è passato molto tempo, comunque non escludo che l’amico mi abbia potuto fare questo racconto’.
P.M.: Dottore, forse vogliamo interrompere, eh? Presidente, noi proponiamo di riprenderlo alla prossima udienza…
Presidente: Va bene. Domani…
P.M.: Anche perché obiettivamente si tratta di una serie di circostanze molto complesse, che poi…
Presidente: Domani mattina devono lavorare per le gabbie. Fra l’altro è festivo. Riprendiamo dopodomani, mercoledì, alle ore 09.00 in quest’aula. Va bene?
P.M.: Bene, grazie Presidente.
Presidente: Ordino la nuova traduzione dell’imputato. A dopodomani.

23 Giugno 1997 7° udienza processo Compagni di Merende

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