25 Giugno 1997, 8° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Michele Giuttari

Presidente: Allora, visto e considerato che… scusate il modo di presentarsi un po’ brusco di questa mattina. Le telecamere mobili sono state vietate in aula. Non possono entrare le telecamere mobili in aula. Allora, è stato fatto presente che entravano senza riprendere nessuno; invece, un po’ alla chetichella, entrano, fanno interviste, fanno… Io non ho concesso nessuna intervista esclusiva a nessuno. Mi fu domandato l’altro giorno se potevano fare tre chiacchiere, o quattro chiacchiere col Vanni. Il suo difensore, se lui è d’accordo lo potete fare. Ho autorizzato in questo senso il caposcorta. Il caposcorta dov’è? Ecco. No, non era lei, era un altro. 
(voce non udibile)
Presidente: Ecco. A questo punto niente interviste esclusive eccetera. Il Vanni, quando vuol parlare, parla con me. Poi non lo so. Quindi, le telecamere io non ho nessun problema per le telecamere mobili, però che siano ferme. Non facciano come la scorsa udienza che aggrediscono il Vanni, eccetera, mentre la Corte ancora sta per uscire. Non è giusto, non si può fare questo lavoro. Va bene, superato l’incidente. Allora, Vanni: Pepi, ci sono. C’è Bagattini Per Faggi. Lotti è presente, Bertini è presente. Zanobini? 
(voce non udibile)
Presidente: Come? Non capisco. 
Avv. Gremigni: Avvocato Gremigni, sostituisce l’avvocato Zanobini.
Presidente: Bene. Prenda nota, signorina. Poi c’è Curandai. Per chi è lei, avvocato Curandai? Per tutti. Allora, Curandai. Poi c’è… Puliti, c’è Puliti? No. Lo sostituisce Curandai. Saldarelli, nemmeno. Sempre Curandai. Ciappi. C’è il professor… 
Avv. Giampaolo Curandai: (voce non udibile)
Presidente: Bene. Colao, lo sostituisce Curandai. Pellegrini, Curandai. Santoni Franchetti dov’è? Diamolo a Curandai, va bene? In sostituzione anche di Santoni Franchetti. Tutte le parti civili. E Rosso, è lo stesso Curandai. Bene. Pubblico Ministero, possiamo riprendere.
P.M.: Io riprenderei con la testimonianza del dottor Giuttari, dirigente della Squadra Mobile per continuare la ricostruzione che stavamo facendo sulle indagini.
Presidente: Sì.
Michele Giuttari: Buongiorno.
Presidente: Buongiorno. Allora, Pubblico Ministero.
P.M.: Grazie, Presidente. Dottor Giuttari, dunque, nella scorsa udienza stavamo ricostruendo quello che era stata la sua attività e eravamo rimasti al punto in cui lei descriveva la sua attività relativa ai riscontri che erano stati a lei affidati, la ricerca dei riscontri in merito alle dichiarazioni fatte dal Lotti. Vogliamo riprendere da quel punto lì? Magari andando in ordine cronologico. Come sono stati a lei affidati questi riscontri. E, se non sbaglio, sui fatti dal delitto dell’85 andando indietro. Quindi riprendiamo da quel punto lì. Se magari fa una sintesi, vede lei, per riprendere il discorso. E riprendiamo da quel momento lì della scorsa udienza. Grazie.
M.G.: Seguirò quindi un ordine cronologico decrescente. Parto dal delitto degli Scopeti, quindi del 9 settembre, 8 settembre 1985. Su delega sempre del Pubblico Ministero ho eseguito i riscontri alle dichiarazioni del Lotti Giancarlo. Riscontri che indicherò in maniera specifica in riferimento proprio a particolari, a dettagli, del racconto del Lotti in relazione a questo duplice omicidio. Il primo riscontro che indico è il rinvenimento di una buca nel bosco degli Scopeti in prossimità della tenda dei due turisti. Il Lotti, nel corso del sopralluogo e della sua successiva testimonianza, aveva riferito che la notte di quel duplice omicidio, dopo l’esecuzione materiale da parte di Pacciani e Vanni, dopo quindi l’uccisione dei due turisti francesi, aveva visto i due – Vanni e Pacciani – dirigersi verso i bosco di fronte proprio alla tenda dei francesi e fermarsi ad un certo punto sotto un albero abbassandosi. ‘Tenevano in mano qualcosa – dice – un involtò, chiama il Lotti, definisce questo qualcosa che tenevano in mano. Stanno un po’ chinati in questo posto che indica. E poi dopo alcuni minuti, 10-15 minuti, li vede andare via, tornare indietro, attraversare la strada San Casciano-Firenze e prendere la macchina del Pacciani, che era posteggiata dietro un muretto. Quindi vengo delegato dall’ufficio del Pubblico Ministero alla ricerca, a bonificare innanzitutto, a perquisire bonificando questa zona del bosco indicata da Lotti per vedere se in quella zona ci fosse qualcosa che potesse far pensare ad una attività di occultamento da parte di Pacciani e Vanni, di qualcosa che tenevano in mano, dell'”involto” – per usare lo stesso termine di Lotti – che tenevano in mano. “Involto” che poi il Lotti aveva visto che non avevano più in mano quando erano usciti dal bosco. Bonificando questa zona. E devo dire che se non ci fosse stato proprio la ripulitura totale della zona, dei cespugli presenti in questa zona, non era stato possibile rilevare la presenza di questa buca che era completamente mimetizzata, coperta dalla fitta vegetazione, dopo aver bonificato la zona, dopo averla ripulita, ecco nel posto indicato dal Lotti troviamo questa buca che, se è possibile anche farla vedere…
P.M.: Vogliamo mostrarla, sì. Un attimo, dottore, grazie. Vediamo…
Presidente: Questo è stato fatto nel ’96?
M.G.: Questo nel ’96. Questo è stato fatto il 26 febbraio del 1996. Giorno in cui, su delega del P.M., ho eseguito la perquisizione di questa zona del terreno che è di proprietà di tale Corti Franco e che si trova nella località Salve Regina, proprio la località dove si è verificato il delitto. Questa buca – fornisco dei dati di riferimento – a seguito delle misurazioni effettuate proprio in quella occasione…
Presidente: (voce non udibile)
M.G.: Posso?
Presidente: Sì, sì. No, è col monitor che non corrisponde l’immagine. Va be’, lei può continuare.
M.G.: A seguito delle misurazioni effettuate in quella occasione sul posto, questa buca si trovava a metri 7,70 dal bordo della piazzola. Ed era costituita da una cavità profonda circa centimetri 40 con diametro di centimetri 35,40, per 40. In pratica, dove noi vediamo nell’immagine il numero 1, il cartello col numero 1, il cartello col numero 1 sta ad indicare il margine della strada sterrata di fronte alla quale, sul lato quindi opposto al numero, vi era la tenda dei francesi, quindi questa è la zona prospiciente alla tenda verso il bosco. La distanza tra il bordo di questa strada, quindi contrassegnato dal numero 1, alla buca che è contrassegnata col numero 3, che io non riesco a leggere… Ecco, numero 3, è risultata 7 metri e 70. Se possiamo far vedere adesso la foto del particolare della buca, perché dà proprio l’immagine dello scavo effettuato. È proprio una vera e propria buca che sicuramente è stata utilizzata per mettere qualcosa dentro e che poi non è stata più ricoperta, una volta che non serviva più alla funzione a cui era stata destinata.
P.M.: Dottore, chiedo scusa.
M.G.: Prego.
P.M.: Per chiarire meglio alla Corte. Lei ha detto: prima della bonifica qui c’era un albero, c’era qualcosa intorno?
M.G.: Sì, era tutto pieno di cespugli. Cioè, non solo io, ma i miei collaboratori, c’erano anche i Vigili del Fuoco che ci hanno aiutati in questa attività di ripulitura della zona, non era possibile notare questa buca se non dopo. È stato possibile solo dopo aver pulito, aver tolto tutti i cespugli.
P.M.: Quindi…
M.G.: La buca era completamente coperta da questa vegetazione bassa, fittissima che esiste là in quella porzione di territorio.
P.M.: Quindi, se non ho capito male, durante il sopralluogo l’imputato Lotti vi ha indicato la zona. Poi…
M.G.: La zona. Ha indicato la zona. Ha detto: ‘io, dopo il fatto, vidi Vanni e Pacciani dirigersi in quella direzione e fermarsi all’incirca in quel posto. C’era un albero là…’, dice: ‘li vidi abbassare e poi rimasero alcuni minuti, 10—15 minuti, circa 10 minuti. Poi si alzarono, vennero indietro, attraversarono la strada e…’. Quindi, Lotti indicò soltanto quella zona.
M.G.: Quel punto là.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Dove poi, ecco, sul momento non è stato possibile vedere, trovarla, perché la zona era completamente coperta da questa vegetazione molto fitta. Una volta ripulito, ecco, è venuta fuori questa buca. All’interno della buca c’era a sua volta un’altra piccola cavità verosimilmente originata da un involucro inserito in quel posto della dimensione di 9 centimetri per 15 e profonda centimetri 24. Se possiamo vedere il particolare di questa piccola cavità… Eccola, che si trovava all’interno su una parete all’interno di questa buca più ampia. Nei pressi proprio della buca, poi, abbiamo trovato una bottiglia, una bottiglia di vetro di quelle che… della Granini, c’era scritto sotto Granini, di quelle tipo succo di frutta, abbastanza, nella parte centrale anche larga, non una bottiglia regolare, che era spezzata. Era spezzata e si trovava proprio ai margini, nei pressi di questa buca. A proposito di questa attività, quindi dell’esistenza di questa buca, del rinvenimento di questa buca in questa zona indicata da Lotti devo far riferimento ad altra testimonianza, molto significativa a mio giudizio, di certo Ennio De Pace.
Presidente: Aspetti, prima di passare oltre…
M.G.: Prego.
Presidente: … questa buca era piena di vegetazione, foglie secche…
M.G.: Dentro la buca c’era… Dentro la buca non c’era nulla. Cioè, era scavato, quindi sulle pareti terra e basta. Tutt’intorno c’era vegetazione, quindi cespugli, che coprivano, che andavano a coprire l’apertura della buca. Quindi, se noi non avessimo pulito tutta la zona intorno, ad occhio nudo non era possibile poter vedere questa apertura. Che tutti i cespugli intorno…
Presidente: No, ma all’interno della buca che cosa c’era?
M.G.: C’era terra normale, non c’era nessun oggetto.
Presidente: Foglie secche?
M.G.: No, no, non c’era… Ci potevano essere ecco qualche traccia dei cespugli spezzati che magari il vento poi nel tempo aveva fatto cadere, non so, ecco. Della… Ma come oggetti…
Presidente: Sono passati 10 anni, 11 anni dalla buca…
M.G.: Sì…
Presidente: Stando al riferimento, sono passati 11 anni dall’ultimo delitto. Quindi questa buca, in qualche modo, si può essere riempita, sia pur parzialmente, di fogliame, erbacce, che so io. Tutto qui.
M.G.: Ma… Sì, probabilmente…
Presidente: … come l’avete trovato voi.
M.G.: Probabilmente c’era fogliame. Possiamo vedere anche dei particolari. Ecco, io adesso esattamente non ricordo se c’erano fogliame… Ma sicuramente.. .
P.M.: C’è l’album fotografico.
M.G.: Sicuramente. Perché stando, anche se coperta, il vento, spezzando, portando le foglie, ecco qualche cosa dentro sarà sicuramente caduta. Però, come oggetti, ecco dico: contenitori, oggetti, non ce n’erano. C’era soltanto questa bottiglia un po’ particolare, molto grossa nella parte centrale che era spezzata e che si trovava proprio al margine della buca. Posso…
P.M.: Presidente, chiedo scusa. Forse sarà opportuno – io chiedo che la Corte lo acquisisca, se non lo ha già – il fascicolo fotografico relativo a questo sopralluogo, perché comunque… Non so se…
Presidente: Mi sembra che non l’abbiamo trovato, questo…
P.M.: Non lo avete trovato. Ecco, il P.M. chiede di poterlo produrre come documento relativo al sopralluogo atto irripetibile, perché tutti i dubbi che lei ha avuto, o comunque le circostanze di fatto relative a questo rinvenimento, possono essere edotte o comunque visti da queste fotografie.
Presidente: Bene. Ce l’ha lei questo album?
P.M.: Sì, sì.
Presidente: Bene.
P.M.: Ce l’ha la Polizia Giudiziaria, lo mettiamo a disposizione delle parti e del…
M.G.: Sono stati fatti tanti rilievi fotografici in quell’occasione. Quindi, sicuramente i dati possono essere rilevabili dalle foto.

Le foto mostrate sono degli scavi a Scopeti realizzate da Antonio Taddei.

M.G.: Posso andare avanti?
Presidente: Sì, sì.
M.G.: Stavo dicendo che, a proposito di questo rinvenimento, ritengo utile richiamare una testimonianza che per me è significativa di tale Ennio De Pace, un pensionato del ’24, classe ’24, che il 5 marzo del 1996, l’anno scorso, spontaneamente si presenta in Questura. E ci racconta un episodio capitatogli nel mese di settembre del 1985 proprio agli Scopeti, nel bosco degli Scopeti. Il racconto che ci fa è questo. Dice: ‘una mattina presto, stavo andando a funghi nella zona degli Scopeti, proprio nel bosco degli Scopeti. Erano circa le sei di mattina, avevo lasciato la macchina, entrando da Chiesanuova, in una casa colonica che si trova lì nel bosco’ – e che poi vedremo nel rilievo fotografico – ‘stavo scendendo giù verso il vallone per poi risalirlo ed andare quindi verso la piazzola dove poi si è verificato il delitto, quando ad un certo punto, sento prima un fruscio di arbusti proprio a pochi metri di distanza da me. E subito dopo vedo sbucare fuori una persona da me successivamente riconosciuta con certezza per Pacciani Pietro. Questa persona mi colpì in modo particolare, sia per il suo camminare molto furtivo e sia per il fatto che teneva qualcosa sicuramente sotto l’ascella, in quanto aveva il braccio destro che comprimeva forte verso il corpo per tenere nascosto, fermo qualcosa, e non rispose al mio salutò. Dice: ‘io, per una forma di cortesia, incontrandolo, anche in una situazione così sospetta che mi mise un po’ paura, lo salutai. Non mi rispose. Mi guardò un attimo e poi di corsa andò via. Questa persona proveniva dall’altro lato del vallone dove io stavo per salire, e quindi dalla piazzola dove si era verificato ilo delitto’. A questo punto è chiaro che la domanda, la prima domanda spontanea che è venuta da fare al signor De Pace, è: ‘ma scusi, lei perché viene qui a distanza di tanti anni, se ha registrato, se è stato testimone di un episodio così strano, così anomalo, così curioso, proprio nel mese di settembre quando si è verificato il duplice omicidio lì, agli Scopeti?’ E il De Pace risponde, dice: ‘sì, avete ragione, però io avevo visto che gli inquirenti avevano identificato il Pacciani. Prima non lo conoscevo, io lo riconobbi quando lo vidi in televisione il Pacciani, riconobbi che si trattava di quella persona. Non mi feci avanti perché pensai: tanto lo hanno identificato. vedendo però che è stato assolto, allora ho sentito il dovere civico di venire a raccontarvi questo episodio.
Presidente: È stato dopo la sentenza di appello?
M.G.: Dopo la sentenza di Appello, perché la sentenza di Appello è del 13 febbraio del 1996; il signor De Pace si presenta spontaneamente. Nessuno lo conosceva il signor De Pace. Si presenta spontaneamente nei nostri uffici il 5 marzo 1996, il 5 marzo. E dice: ‘vengo adesso, perché per me, io prima, sul momento, quel giorno non l’ho riconosciuto, non lo conoscevo. L’ho visto poi in televisione, sui giornali. Ho detto: va be’, sì, è collegabile l’ episodio strano di cui io sono stato testimone, però lo hanno identificato, è sotto processo, la mia testimonianza me la tengo per me’, questo è… Quando ha visto che è stato assolto, ha prevalso il senso civico di questa persona anziana, di questo, pensionato del ’24 e trova la forza per venire lì da noi a rendere la sua testimonianza. Un’altra cosa che è venuta spontanea chiedere al signor De Pace: ‘ma scusi, lei come fa a dire che questo episodio si è verificato proprio nel settembre dell’85? A distanza di anni, come può essere così preciso sulla data?’ E il De Pace, con molta sicurezza, dice: ‘no, guardi, le posso dire con certezza che era settembre, perché c’era il frutto tipico di settembre, c’era il frutto, un albero di sorbe, tipico frutto settembrino – dice – me lo ricordo benissimo. E poi comunque ancora, alla data di quell’incontro, non si era verificato l’incendio che successivamente ha interessato quella zona boscosa degli Scopeti. Quindi, da questo limite entro il quale comunque si era verificato l’episodio dell’incontro. Facciamo gli accertamenti sull’incendio di questa zona del bosco. Ebbene, questo incendio è avvenuto il 20 ottobre del 1985. Quindi il signor De Pace ha fornito due elementi di riferimento temporali: uno, la presenza di un albero di frutta tipico di settembre; e l’altro che comunque non si era ancora verificato l’incendio di quella parte del bosco. Se possiamo far vedere adesso la foto dei posti che dà proprio l’immagine esatta dei luoghi in cui…
Presidente: L’incendio interessò anche la zona della piazzola, per caso?
M.G.: Ma guardi, l’incendio interessò tutta quella zona. Dovrebbero esserci anche agli atti gli accertamenti che abbiamo fatto.
P.M.: Lo verifichiamo.
M.G.: Eh?
P.M.: Lo verifichiamo e…
M.G.: Sì. Interessò proprio quella zona boscosa di cui parlava il… E ci sono i documenti che abbiamo acquisito. Il 20 di ottobre, è stato l’incendio dell’85. Possiamo far vedere la foto? Foto che è stata fatta vedere al testimone, al signor De Pace e che De Pace ha indicato i luoghi, su questa foto, dove si trovava lui, dov’è avvenuto l’incontro. La lettera A, la casa colonica che si intravede sotto la lettera A, è la casa dove lui lasciò la macchina quella mattina per andare alla ricerca di funghi. Venendo da Chiesanuova, lui con la macchina arriva alla casa colonica contrassegnata dalla lettera A, lascia la macchina e a piedi procede verso il vallone sottostante. E quindi dove c’è la zona contrassegnata dalla lettera B, quindi siamo nel vallone, che è sottostante la casa colonica e sottostante la piazzola del delitto che è contrassegnata dalla lettera C. Quindi il De Pace, procedendo a piedi dalla A verso la C, si trovava nell’attimo in cui si è verificato l’incontro nella zona contrassegnata dalla lettera B. In quel posto avviene questo incontro mattutino, le sei di mattina con questa persona che proveniva dalla zona contrassegnata dalla lettera C, cioè dal luogo della piazzola del delitto. Ho citato questa testimonianza in riferimento alla buca, perché è strano che il Pacciani, riconosciuto…
Presidente: No, no, commenti no. Lei dia i fatti.
M.G.: Dunque, stando sempre limitatamente ai fatti, il De Pace, nell’individuare i luoghi esatti in cui aveva avuto questo incontro che lo aveva insospettito, faceva presente che altre volte era stato in quei posti, ma mai gli era capitato un caso simile. Dice: ‘questa era stata l’unica volta in cui, andando a cercare funghi in quella zona’, e andava in quella zona, specificava, perché, pur abitando a Firenze, aveva una figlia che abitava a San Casciano. Quindi, ecco, era per lui normale andare in quei posti. Mai, prima di quella volta, aveva avuto, aveva notato una circostanza così per lui strana, così per lui anomala.
Presidente: Che ora era?
M.G.: Prego?
Presidente: Ha riferito anche l’orario?
M.G.: Le sei di mattina.
Presidente: Le sei di mattina.
M.G.: Lui era appena arrivato al casolare, aveva lasciato la macchina, stava procedendo a piedi verso, nel vallone sottostante alla casa colonica per dirigersi dall’altro lato. Erano le sei, sei e un quarto di mattina ed ha questo incontro.
P.M.: Dottore, scusi.
M.G.: Prego.
P.M.: Circa la data di questo incontro è stato possibile approfondire niente di più del giorno, rispetto all’omicidio, al fatto che c’era stato un incendio il 20? Il De Pace ha detto niente di più concreto, lei ricorda?
M.G.: Mah, qualche..: Sì, un particolare credo proprio che l’abbia detto, un particolare…
P.M.: Poi sentiremo lui, eh. Solo se lo ricorda lei.
M.G.: Sì. Sì, sì.
P.M.: Che lo metteva in…
M.G.: No, lo metteva in relazione, se non ricordo male, proprio all’omicidio.
P.M.: Al lunedì mattina dell’omicidio.
M.G.: Eh.
P.M.: E non ricorda attraverso quale meccanismo della memoria del De Pace ci arrivò a quella mattina? Se lo ricorda, eh, sennò…
M.G.: Questo, sinceramente… Però ricordo che diede…
P.M.: Anche lei ha…
M.G.: … diede un riferimento suo personale con…
P.M.: Con la figlia o qualcosa del genere.
M.G.: Sì, fece una sua deduzione che lo collocava subito dopo l’omicidio.
P.M.: La mattina del…
M.G.: La mattina del…
P.M.: Va be’, lo vedremo sentiremo lui, non c’è problema. Grazie. Vada pure avanti in merito ai riscontri.
M.G.: Sì, sì. Passo allora, passerei ad un altro riscontro oggettivo.
P.M.: Sì, grazie.
M.G.: Il Lotti, sempre in relazione a questo duplice omicidio, riferiva che Pacciani e Vanni, usciti dal bosco quindi vanno verso la strada, attraversano la strada…
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, mi scusi, ma questa volta è formale l’opposizione come avevo già…
Presidente: Va bene. Lei riferisca quale cosa deve ricercare.
M.G.: Devo ricercare…
Presidente: Le dichiarazioni del Vanni, lo sappiamo, perché sono acquisite agli atti.
M.G.: Va bene. Non stavo riferendo io le dichiarazioni di di Vanni, di Lotti.
Presidente: No, no, del Lotti, del Lotti…
P.M.: C’è l’incidente probatorio, sono a disposizione di tutte le parti e della Corte. Quindi stiamo già riscontrando dichiarazioni fatte. Comunque non c’è problema.
M.G.: Il riscontro…
Avv. Giangualberto Pepi: Capito, Presidente, perché sennò qui…
Presidente: Può dirlo indirettamente sul punto direttamente dove ha lasciato l’altro. Dai…
M.G.: È il riscontro, il punto della…
Presidente: Lo dice in forma indiretta, è uguale.
Avv. Giangualberto Pepi: Le dichiarazioni non le può riferire. È dall’altra volta che riferisce le dichiarazioni di Lotti.
Presidente: Benissimo.
P.M.: Io non lo so… se il Presidente mi permette avere…
Avv. Giangualberto Pepi: Purché il Pubblico Ministero mi lasci finire…
P.M.: Sì, certo.
Presidente: Ora facciamo parlare il Pubblico Ministero.
P.M.: Credevo avesse finito, mi scusi.
Avv. Giangualberto Pepi: Perché l’articolo 62 testualmente dice…
Presidente: Grazie.
Avv. Giangualberto Pepi: “Le dichiarazioni, comunque rese nel corso del procedimento” – quindi in qualsiasi fase, anche nelle indagini preliminari – ” non possono essere testimonianza”. Il teste ci deve riferire soltanto sulle sue attività investigative. Non può continuare a dirci quello che ha detto Lotti, poi magari tra poco quello che ha detto Vanni. Sennò io faccio formale eccezione di non utilizzabilità degli atti.
Presidente: Va bene. Avvocato, però non si inquieti, perché non c’è motivo di…
Avv. Giangualberto Pepi: È già due volte. Eh, sennò…
Presidente: No, no…
Avv. Giangualberto Pepi: … se si va avanti in questo modo…
Presidente: … alterandosi, non si risolve nulla. Si complica soltanto le cose. Ha capito il problema?
M.G.: Sì, sì.
Presidente: Allora…
P.M.: Presidente, mi scusi, potrei fare una osservazione?
Presidente: Dica, mi dica.
P.M.: Io, mi sembra… Forse merita un attimo di attenzione questa opposizione formale. Mi sembra che, in questo caso, ci troviamo in una situazione particolare relativa alle dichiarazioni di questo imputato teste. Perché sono dichiarazioni, Presidente, che loro hanno già, perché sono acquisite al dibattimento in un incidente probatorio. Quindi è normale che loro ne abbiano già conoscenza in questo dibattimento. Allora, come loro sanno, il teste che riferisce cose a riscontro di altre già versate in dibattimento, ha tutto il diritto di dirle. O comunque, come nel caso specifico, ha diritto di raccontare quelli che sono i suoi riscontri. Quindi io ho qualche perplessità nel valutare l’opposizione dell’avvocato Pepi come pertinente a questo caso. Perché è vero ciò che dice l’avvocato Pepi, ma non tiene presente di una circostanza particolare di questo dibattimento in cui quella testimonianza che è anche di un imputato, nel dibattimento è già stata versata. Allora direi che ha tutti i diritti di dire quello che crede circa dichiarazioni fatte da Vanni, ma per quanto riguarda Lotti non c’è soltanto la circostanza che il teste, dottor Giuttari, riferisce solo riscontri, ma riferisce “cose relative a dichiarazioni che sono già versate nel dibattimento e che tutte le parti conoscono. Quindi mi sembra una situazione particolare rispetto…
Presidente: Io comunque conosco bene l’incidente probatorio. A volte non mi sembrano esatte le dichiarazioni del teste in base a quello che dice il Lotti.
P.M.: Sì, sì, Presidente.
Presidente: Quindi, stiamo cauti.
P.M.: Presidente…
Presidente: Allora
P.M.: No, no, Presidente, bene che ci sia la possibilità di verificarle, Presidente. Ma siamo qui proprio per verificare questo dato. Se non lo facciamo, la verifica rimane persa.
Presidente: Sì, SÌ.
P.M.: Io volevo dire che tutte le parti, non solo lei, Presidente, ma anche l’avvocato Pepi, le conosce quelle dichiarazioni. Quindi ha la possibilità poi di controinterrogare il teste.
Presidente: Ho capito il problema, ho capito il problema. In ogni modo…
P.M.: Bene? Quindi è… Se non tornano, benissimo, c’è il processo apposta.
Presidente: Non occorre le che lei mi riproduca fedelmente cosa ha detto a lei o all’incidente probatorio il Lotti, il Vanni chiunque sia. Basta che lei faccia riferimento alla circostanza nuda e cruda.
M.G.: Va bene.
Presidente: Noi sappiamo cosa ha detto, quindi non c’è problema.
M.G.: Cosa ha detto… Va bene.
Presidente: Cosa ha fatto lei e cosa ha riscontrato lei.
M.G.: Va bene. Altro riscontro quindi che ho trovato: la testimonianza della Stattman (NdR: Sharon Stepman) che aveva visto uscire una macchina di colore chiaro.
Presidente: Come si chiama questa donna?
M.G.: Stattman.
Presidente: Stattman.
M.G.: Testimonianza dell’epoca, avevo fatto cenno anche nell’udienza di avanti ieri, Sharon Stattman, che aveva visto uscire dalla stradina proprio dirimpetto alla piazzola del delitto una autovettura di colore bianco con a suo giudizio della teste, della Stattman, due persone. E che alla vista dei fari della propria autovettura improvvisamente aveva fatto marcia indietro, aveva spento le luci come per non farsi notare. E allora, su questo riscontro obiettivo di questo luogo in cui la Stattman, da cui la Stattman aveva visto avanzare verso la strada questa autovettura bianca e poi spegnere le luci e fare marcia indietro… Se possiamo far vedere la foto… Dunque…
P.M.: Sono foto aeree queste…
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Le aveva… Ecco, le avevate fatte nell’occasione, o le avevate già queste?
M.G.: Queste erano già agli atti.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Quindi si vede la piazzola del delitto sulla parte alta, sul lato destro della strada. La macchina vista dalla Stattman uscire, era da questo lato. Ecco, sul lato…
P.M.: Se ce la può indicare…
M.G.: Sul lato basso.
Presidente: Certo, quel monitor è un po’ in una posizione infelice, eh. È lì, quello che stava lì.
M.G.: Ecco, la Stattman… Qua c’è San Casciano, da questo lato Firenze.
Presidente: Sì.
M.G.: La Stattman che procedeva così. Quindi, giunta qua in prossimità della piazzola, vede questa macchina che sta per uscire da qua, di colore bianco. Poi la vede subito dopo spegnere le luci e fare marcia indietro.
Avvocato: Scusi, signor Presidente, se il teste potesse andare a quell’arnese, riusciremmo a capire anche noi. Perché effettivamente non…
Presidente: Non so, io non vedo l’altro. Di lì loro, la difesa non riesce a vedere. Se può indicare di là.
M.G.: Sì.
P.M.: Se indica direttamente sulla foto con…
Presidente: Quella è la piazzola. Scusi, qual è la piazzola?
M.G.: La piazzola del delitto è questa che sto indicando in questo momento. Questa è la strada San Casciano-Firenze. Il luogo in cui si trovava la macchina notata dalla testimone Stattman, è questo.
Presidente: Che sta uscendo.
M.G.: Quindi la signora Stattman procedeva in questo senso di marcia, quella notte, intorno alla mezzanotte o un orario vicino alla mezzanotte. E, ad un certo punto, vede da questo luogo stava uscendo per immettersi sulla strada asfaltata questa autovettura di colore bianco. E che poi, al sopraggiungere della propria macchina, fa marcia indietro, spenge le luci e fa marcia indietro. Va bene?
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: E che giorno era questo qui?
M.G.: Questo era la sera dell’8 settembre ’85, la notte del delitto. La Stattman è andata subito a fare, a rendere questa testimonianza. C’è un verbale, credo, del giorno 9 o del giorno 10 settembre. Il 10 settembre ’85. Passerei ad un altro riscontro.
Presidente: Ha riferito anche l’orario, grossomodo?
M.G.: Ha definito l’orario intorno… La Stattman era stata quel giorno con un suo amico, un certo Valeriano Raspollini ad una festa da amici nella zona di Perugia. Aveva appena lasciato a casa a San Casciano il Raspollini e stava rientrando a Firenze. E indica l’orario intorno alle 23.00-23.30 ma più vicino alla mezzanotte che alle 23.00. Ecco, dà questa indicazione di tempo. Il racconto della Stattmann poi sostanzialmente confermato anche dall’amico, da Valeriano Raspollini che dice: ‘sì, effettivamente mi raccontò la mia amica questo particolare curioso che aveva notato tornando a casa a Firenze dopo avermi lasciato a San Casciano. E mi parlò che ebbe l’impressione, la macchina era bianca’. E sul colore era sicura, perché la Stattman svolge una attività, infatti sottolinea che sul colore della macchina è proprio certa perché è un tecnico nel settore della stampa. Cioè del colore proprio rapportato all’arte tipografica. Quindi, dice: ‘io, sui colori, non posso sbagliarmi’ dice la Stattman. E quindi, il colore, questa macchina era bianca. E il Raspollini, nel confermare questo racconto, nel dire che effettivamente l’amica gli aveva subito detto di questo incontro sospetto, gli aveva, gli fa presente, gli aveva riferito che a suo giudizio poteva trattarsi di una coppia di amanti che, ecco, avevano spento le luci, avevano fatto marcia indietro come per non farsi notare da macchine che sopraggiungevano. È chiaro che dopo il delitto la teste aveva, parlando anche con Raspollini, aveva ritenuto che fosse un particolare utile per gli investigatori ed era andata a riferire la circostanza. Vado avanti con…
Presidente: Sì.
P.M.: Si, grazie.

M.G.: E allora, altro riscontro oggettivo: il taglio della tenda dei due francesi nella parte posteriore. Effettivamente la tenda dei due francesi, com’è stato accertato all’epoca in sede di sopralluogo e come risulta dal fascicolo del relativo sopralluogo esistente agi atti, presenta un taglio in verticale nella parte posteriore. Possiamo far vedere? Ecco, è abbastanza vistoso. Abbiamo credo due foto in cui sì vede questo taglio esatto. E anche in quest’altra foto si nota il taglio della tenda. Passerei ad un altro riscontro.
P.M.: Sì, grazie, grazie. Vada pure avanti lei con…
M.G.: Sì. Ulteriore riscontro che ho, dalla lettura degli atti di quel duplice omicidio, evidenziato è l’esito della perizia autoptica e la ricostruzione della dinamica del duplice omicidio fatta dai periti dell’epoca. A tal proposito, nell’attività di riscontro riferita al Pubblico Ministero, evidenziavo questa parte della perizia fatta dagli studiosi di Modena nell’85. Che a pagina 27 riferivano, leggo testuale : “Dopo aver ucciso la vittima di sesso maschile, l’assassino, è tornato sui suoi passi. E operando all’interno della tenda ha iniziato con calma la rituale escissione dei feticci. Tagliando prima il seno con difficoltà di affilatura del mezzo tagliente; quindi il pube, dove tale difficoltà di taglio non appaiono più documentabili”. Quindi riscontrano i periti una diversità di taglio tra il seno e il pube. Dice: ‘nel seno notiamo una difficoltà proprio di affilatura del mezzo tagliente; nel taglio del pube invece queste difficoltà non esistono più’. Il che, sostengono i periti, rende possibile l’ipotesi che l’autore disponesse di un secondo coltello. Quindi il riscontro che ho evidenziato dalla lettura di questi atti che illustravano la dinamica operativa del duplice omicidio era che per quell’episodio delittuoso furono usati due coltelli. Vado avanti con i riscontri. Ulteriore riscontro oggettivo sia sulla macchina rossa con la coda tronca, sia sulla presenza il pomeriggio del delitto, cioè il pomeriggio dell’8 settembre 1985, quindi come riscontro oggettivo, quindi sia sulla macchina rossa, sia di due persone in quel posto di cui una intenta a guardare verso il bosco verso la tenda dei due francesi, richiamo le testimonianze di cui già ho fatto cenno nella precedente udienza, dei coniugi Chiarappa e De Faveri. Ricordo che questi coniugi stavano andando dal loro amico Rufo Giancarlo, quindi quel pomeriggio intorno alle 14.30-15.00 andando là videro questa macchina ferma sul margine destro, proprio all’inizio della stradella che porta alla piazzola, il delitto, e due persone ferme che descrivono.
P.M.: Possiamo, dottore, far vedere nel caso in una foto dove si trova questa casa del Rufo?
M.G.: Si, sì. . .
P.M.: Cosi si capisce meglio. Lei ci aveva descritto la curva che avevano fatto…
M.G.: Sì, sì, la donna aveva descritto, la signora De Faveri…
P.M.: Se può magari fare come prima, andare sulla foto e…
M.G.: Sì, sì.
Presidente: È quello del binocolo, del teleobiettivo…
P.M.: È quello del binocolo, esatto.
M.G.: È quello col binocolo. La moglie, soprattutto la moglie che, nella sua testimonianza, spiega la manovra che hanno dovuto fare quel giorno un pò difficoltosa a causa proprio della presenza di questa macchina rossa con la coda tronca e di due persone sul margine destro.
P.M.: Questo ovviamente, lei non lo può dire, ma lo dico io, è un riscontro alle dichiarazioni di Lotti che dice: il pomeriggio erano andati lì, eh.
M.G.: Dunque ecco, questa che indico adesso è la casa di Rufo, la colonica di Rufo, del signor Rufo. Dove quel giorno si sono recati i coniugi Chiarappa-De Faveri e da dove il signor Chiarappa col teleobiettivo, provandolo, guardava poi verso la piazzola notando la macchina rossa. Questa è la stradella che porta alla piazzola del delitto, questa qua. La macchina rossa si trovava ferma sul margine destro qui, in prossimità dell’inizio dello stradello che conduce alla piazzola del delitto, quindi in questo posto. coniugi Chiarappa, con la loro autovettura, provenivano in questo, da questo lato da Firenze verso San Casciano. Quindi, dovendo svoltare a sinistra per immettersi nella stradina che porta alla casa colonica di Rufo, essendoci fermo sul margine destro questa autovettura rossa, hanno trovato difficoltà a svoltare e hanno dovuto fare due manovre. Fatto che incuriosì la signora e che riferì nella sua dettagliata testimonianza, è che le due persone da lei notate in questa occasione accanto alla macchina, una appoggiata sul cofano della macchina e l’altra sul lato destro che guardava verso il bosco in direzione della tenda, non si… neppure si voltarono per vedere loro che sopraggiungevano e avevano difficoltà in questa manovra di svolta. Cioè completamente avevano ignorato la presenza e di conseguenza le difficoltà di manovra, che il signor Chiarappa era costretto a fare per svoltare proprio per la presenza della vettura rossa ferma in quel posto.
Presidente: Bene.
P.M.: Bene. Grazie, dottore. Vediamo di andare avanti. Eventualmente, se non ce ne sono altri, almeno di quelli rilevati da lei, di riscontri per quanto riguarda l’85, passiamo alla sua attività per il delitto precedente. O se ce ne sono altri dell’85…
M.G.: Mah, in relazione ai riscontri dell’85 che ho evidenziato, vorrei citare per ultimo…
P.M.: Prego, prego.
M.G.: … la posizione in cui venne trovato il giovane francese ucciso. Se possiamo far vedere la fotografia. Si trovava – e risulta dagli atti fotografici e sia dal verbale di sopralluogo esistente agli atti – si trovava su un cespuglio con i piedi, erano sollevati da terra, di 50 centimetri circa. Ecco, questo è il dato obiettivo che vorrei segnalare senza commenti. Ecco, la presenza di questo ragazzo ucciso che viene trovato dagli inquirenti che giungono sul posto, sopra un cespuglio, sollevato quindi da terra.
Presidente: C’era il barattolo di vernice? Cos’era, quel barattolo…
M.G.: Sì, c’erano dei barattoli, delle lattine buttate sopra. Ecco, però non era per terra, era su un cespuglio. A 50 centimetri, c’è il verbale di sopralluogo della Scientifica. Credo sia la pagina 2 di questo verbale che descrive il rinvenimento e la posizione del cadavere del ragazzo francese, dice: i piedi erano a 50 centimetri sollevati da terra.
P.M.: Bene, grazie. È un dato obiettivo, poi le valutazioni circa come ci possa essere arrivato, o messo, da una o più persone, le faremo a tempo debito.
M.G.: Sì.
P.M.: Vogliamo vedere se ci sono riscontri per i delitti… O meglio, ci sonò senz’altro, lo sappiamo sia io che lei e le parti. Vediamo quali, relativamente stiamo andando a ritroso…
M.G.: A ritroso, sì.
P.M.: … per il delitto dell’84. A ritroso anche nelle dichiarazioni di Lotti per le quali lei ha fatto, è stato incaricato di riscontri.
M.G.: Sì.
Presidente: Il delitto di Vicchio.
M.G.: Delitto di Vicchio.
P.M.: Sì, Presidente.
M.G.: 29 luglio 1984, località La Boschetta. In relazione a questo delitto, già nell’udienza precedente ho riferito alcuni dei riscontri che richiamo brevemente per non ripetermi. Mi riferisco alle testimonianze sulle macchie di sangue sulle pietre del fiume Sieve. E alle testimonianze sui pedinamenti fatti alla ragazza uccisa pochi giorni prima dell’omicidio. Testimonianza di Poggiali Mauro in particolare e di cui ho parlato. Altri riscontri oggettivi in relazione a questo duplice delitto che ho evidenziato nell’attività di riscontro delegatami sempre dall’ufficio del Pubblico Ministero lo rilevavo nella perizia relativa all’esame autoptico eseguita a suo tempo dai professori Maurri e Marini sul cadavere della ragazza. Qui devo aiutarmi col documento per leggere testualmente quello che scrivevano in quella occasione nell’84 i due professori. In questa perizia…
Presidente: Scusi…
M.G.: Prego.
Presidente: … prima di parlare della perizia Maurri eccetera. Lei ha parlato dei pedinamenti della ragazza qualche giorno prima…
M.G.: Sì.
Presidente: …insomma, nei giorni prima del delitto eccetera. A me risulta, leggendo gli atti dell’episodio, eccetera, che i familiari del ragazzo, i familiari del ragazzo, verso le undici, giù di lì – ora non ricordo esattamente – fecero una denuncia ai Carabinieri, loro, che non era tornato il ragazzo. Perché il ragazzo pare che doveva tornare entro le dieci e mezza.
M.G.: Sì.
Presidente: Alle undici non lo videro tornare, fecero la denuncia ai Carabinieri. Ecco, cosa può riferire su questo punto?
M.G.: Questo, già siamo alla sera del delitto, qua siamo.
Presidente: Sì. Ma come mai, come mai questo ragazzo non torna, ritarda mezzora, alle undici diciamo d’estate, ancora un’ora possibilissima, si allarma. Com’è, da cosa era originato questo allarme?
M.G.: Forse…
P.M.: Ma credo… Prego, prego.
Presidente: Se lei lo sa, se non lo sa, pace.
P.M.: Il dottore, all’epoca, non c’era. Quindi ha solo letto atti.
Presidente: Ma se nelle indagini di riscontro ha verificato anche questo. Questo, volevo sapere.
P.M.: Sì, sì…
M.G.: Ma io credo, ecco, ho letto questa parte qua. Se non ricordo male credo che? forse era anche più’ tardi delle undici. perché la madre del ragazzo era stata fuori da alcuni parenti. Era rientrata a casa, trova l’altro fratello, c’era una partita di calcio importante, penso dell’Italia, chiede notizie di Claudio che doveva essere a casa anche per la partita, non c’è, Claudio non c’è. Il fratello non sa dove si trovi. Credo però che la denuncia sia avvenuta dopo le undici. Ecco già si era arrivati ad un’ora in cui, ecco, la preoccupazione si era fatta forte e la madre aveva…
Presidente: Cioè, il problema mio è solamente questo: sapere da che era originato questo allarme. Perché erano allarmati, questo ragazzo ritarda di un’ora, due ore. In fondo c’ha una ragazza, tranquillamente usciva, era fidanzato, se non erro. Quindi se ha verificato questo, tutto qui. Nient’altro.
M.G.: No, io, come diceva il P.M., all’epoca non c’ero. Ho letto gli atti. Negli atti ci sono tante testimonianze di amici che si sono adoperati si sono messi alla ricerca intorno alla mezzanotte, l’una, le due, ecco. C’è stata proprio una ricerca frenetica di questa coppia, ecco, di questo ragazzo. Però, ecco, sul perché credo che ad un certo punto là, in quegli anni, c’era la anche del_ mostro, ecco, c’era un certo allarmismo. Quindi le famiglie stavano in pensiero se si verificava un ritardo da parte di congiunti, una situazione strana, ecco, anomala nel ritorno a casa. Ecco, quindi ritengo che l’allarme sia stato originato da questo. 

P.M.: Dottore, mi scusi.
M.G.: Prego.
P.M.: Prima forse di passare alla perizia, a proposito… Dato che l’argomento lo ha introdotto il Presidente, è forse il caso di vedere se ci sono altri riscontri, se lei ha in mente, relativi al fatto che, almeno la ragazza, aveva manifestato qualche suo timore, aveva fatto racconti a qualcuno. Dal momento che lei ha citato le testimonianze di quelli che l’accompagnavano a casa, quasi sembra di capire – ricostruendolo poi, ma sono solo sensazioni ne deduco anche dalla domanda del Presidente – che questi ragazzi avessero manifestato del timore. Lei sa, o ha avuto contatti con qualcuno – è citata come teste quella signora olandese – relativi al fatto che la ragazza aveva manifestato a terzi, ai familiari, o in parte, le sue preoccupazioni? Che poi, se non sbaglio, questa è sempre una cosa che dice il P.M., sono preoccupazioni perfettamente coincidenti con la dichiarazioni di Lotti. Mi riferisco a questo clima di questi ragazzi…
M.G.: Sì, sì…
P.M.: . . . che forse può in qualche modo aver stimolato – ma è solo una deduzione – le paure dei familiari.
M.G.: Sì, sì, ci sono elementi precisi in questo senso.
P.M.: Ecco.
M.G.: Volevo citarli dopo, li cito adesso.
P.M.: Sì, forse come argomento, viene bene ora.
M.G.: Sì, sì. La madre della Pia Rontini, Kristensen Winnie venuta nel mio ufficio l’anno scorso, mi riferiva che una sua amica olandese il cui nome è Ingrind van Flug, in occasione dell’ultima visita fatta alla famiglia Rontini qua in Italia in occasione del compleanno della ragazza, aveva riferito loro che la Pia Rontini, pochi giorni prima di essere uccisa, in una telefonata che era intervenuta tra le due donne, quindi tra questa Ingrind van Flug e la Pia Rontini – le due donne erano amiche anche l’amicizia si era molto consolidata negli ultimi tempi perché la Pia era stata in Olanda a frequentare un corso, una scuola e quindi era stata ospite di questa signora, si era rafforzato in quell’occasione il rapporto di amicizia e di confidenza – in una telefonata che è intervenuta pochi giorni prima del delitto, la Pia aveva riferito all’amica Ingrid che al bar dove la Pia lavorava qualcuno la molestava. L’amica olandese, la Ingrid, vide che, nel riferire questo, era un po’ turbata la ragazza. E le aveva consigliato di cambiare poi lavoro. Dice: ‘se vieni molestata lì, cambia lavorò. La Ingrid, successivamente, inviò all’ufficio, al mio ufficio, una lettera in olandese, poi fatta tradurre, in cui confermava il contenuto di questa conversazione intercorsa con la Pia pochi giorni prima che la Pia venisse uccisa. E la lettera è agli atti perché è stata trasmessa all’ufficio del Pubblico Ministero. Su questa…
Presidente: No, dico, veniva molestata nelle ore del lavoro. Però ha fatto riferimento anche alla persona o alle persone che la molestavano.
M.G.: Sì.
P.M.: O il tipo di persona.
Presidente: O il tipo di persona.
M.G.: Dice che c’erano persone là al bar, avventori che le davano fastidio, la molestavano. Ecco, questo è il discorso…
Presidente: Avventori del bar.
M.G.: Sì. E poi in relazione a queste molestie c’è un’altra testimonianza che fornisce un riscontro. Ed è la testimonianza della moglie del titolare del bar. Cioè la moglie del datore di lavoro della Pia Rontini: la signora Sorbi Anna. Questa è stata sentita il 23 maggio del 1996 e riferiva, in quella occasione, che le risultava per averlo sentito al bar – non ricordava però da parte di chi, perché era trascorso tanto tempo, erano trascorsi 12 anni, però ecco le risultava comunque questa circostanza – che qualche vecchietto aveva fatto apprezzamenti alla Pia. Del tipo: ‘sei bella, sei bona’. Però la Pia se la cavava rispondendo con una battuta in tono scherzoso. Questa, ecco, è la circostanza che la Sorbi ricordava su molestie che aveva subito la ragazza e che aveva appreso lì al bar, anche se non sapeva fornire le indicazioni sulle persone che avevano all’interno del bar riferito questa circostanza perché era trascorso tanto tempo.
P.M.: Ecco, dottore, vogliamo riprendere allora da dove l’avevo interrotta? Sul…
M.G.: Sì. Stavo, ecco, stavo dicendo prima del riscontro rilevato dalla perizia autoptica eseguita dai professori Maurri e Marini. In questo elaborato esiste un capitolo intitolato: “Eventuale sopravvivenza e possibilità di movimenti coordinati e finalistici della ragazza”. A pagina 59 di questo elaborato, dopo che i periti avevano, si erano espressi sul colpo di arma da fuoco che era stato, che aveva colpito la giovane, i periti dicono testualmente: “Sul cadavere non ci sono segni che indichino la comparsa di morte immediata, ma al contrario, ci sono segni indicativi di una certa sopravvivenza che, come abbiamo detto, sono rappresentati dall’edema polmonare”. Ed ancora dicono: “Per quanto riguarda il carattere delle lesioni da arma bianca al collo” – la ragazza presentava delle ferite…
Presidente: Scusi, eh, però devo fare rilevare una cosa. Ora lei legge la perizia, ma la perizia già fa parte del processo, sappiamo cosa dice, l’abbiamo letta, la leggeremo. Vedremo se è un riscontro…
P.M.: Presidente, noi lo conosciamo già. Il dottore racconta i riscontri che ha fatto lui. Beh, noi gli diciamo che lo sappiamo e andiamo avanti, eh. Non è che…
Presidente: Appunto, basta dire: riferimento alla sopravvivenza del perito sul, sulla ricostruzione che fa e basta.
P.M.: Bene, Presidente.
Presidente: Non occorre… sennò…
P.M.: Bene, senz’altro,
Presidente: …non arriviamo più. Il processo lo fa lui e basta.
P.M.: Bene, bene.
Presidente: Bene.
P.M.: Ma forse i fatti… li racconta come li ha vissuti lui. Questa era la domanda che gli ho fatto io.
Presidente: Si, va bene, va bene.
P.M.: Colpa mia che gli ho fatto la domanda, Presidente, Non diamo…
Presidente: Bene.
P.M.: Diamo a Cesare quello che è di Cesare…
M.G.: Comunque è un riscontro che io ho riferito anche negli atti.
P.M.: È stato incaricato di questo riscontro, e il dottore ne può sorvolare su questo, perché la Corte lo conosce già.
M.G.: Sì, sì. Altro riscontro oggettivo a cui faccio riferimento, sono le dichiarazioni della Nicoletti che è stata nella piazzola di Vicchio col Lotti.
Presidente: In quella piazzola.
M.G.: Ecco, è stata nella piazzola di Vicchio col Lotti. Il sopralluogo con la Nìcoletti che riconosce la piazzola e indica anche la posizione in cui Lotti, in quelle occasioni, aveva fermato la propria autovettura. Posizione della macchina che rilevavo perfettamente coincidente la posizione in cui si trovava la FIAT Panda della giovane coppia uccisa. Cioè col retro rivolto verso la collina. Se è il caso di vedere le foto…
P.M.: Ci sono le foto. Se vogliamo far vedere sia le foto, se abbiamo quelle della macchina dei ragazzi, sia l’indicazione che ha fatto la Nicoletti.
M.G.: Sì, sì, ci sono.
Presidente: La Nicoletti quando andò da sola col Lotti?
M.G.: No, quando… Sì, la Nicoletti andò da sola con il Lotti. Quindi poi in sede di sopralluogo fatto dalla Polizia Giudiziaria indicò, riconobbe il posto e indicò anche… Fece presente che quando andò col Lotti non c’era la ghiaia per terra e indicò anche la posizione come…
Presidente: Come era collocata l’autovettura.
M.G.: Sì, con la parte posteriore della macchina verso la collina. E nei riscontri, ecco, ho trovato anche l’analogia con la macchina, la FIAT Panda della coppia uccisa che si trovava in quella occasione, la sera del delitto, con la parte posteriore verso la collina. Questa è la foto del giorno…
Presidente: Questa è dopo, questa è la foto…
P.M.: È il sopralluogo con la signora.
M.G.: Con la signora Nicoletti che è stato fatto nel ’96,l’anno scorso. Si vede la ghiaia per terra e la posizione, ecco, con le spalle alla collina. Praticamente vi è verso l’albero…
P.M.: Dove ci sono le croci.
M.G.: Dove sono le croci, in cui era messa la macchina del Lotti.
P.M.: Quando era andato…
M.G.: Quando era andato con la Nicoletti. Se vediamo adesso la foto della Panda…
Presidente: Eccola qua.
M.G.: Ecco, si vede che non c’è la ghiaia, è in terra battuta. E la parte posteriore della macchina è proprio verso la collina. La zona chiaramente all’ epoca era tutta anche circondata da sterpaglie, da vegetazione. Oggi è pulita quindi si presenta diversamente. Passerei ad un altro riscontro…
P.M.: Grazie, vada pure avanti.

M.G.: Un altro riscontro: il casolare di cui al sopralluogo col Lotti del 12 marzo 1996, il 12 marzo 1996, viene eseguito dal P.M., dalla Polizia Giudiziaria, un sopralluogo col Lotti. E nel corso di questo sopralluogo viene individuato un casolare in località Badia a Bovino.
P.M.: Ecco, viene individuato come?
M.G.: Sì, viene individuato percorrendo… Ma devo fare un cenno io alle dichiarazioni.
Presidente: Bene, bene.
M.G.: L’itinerario fatto la notte del delitto da Pacciani e dai complici. Percorrendo questo itinerario, lungo la strada sempre di San Martino a Scopeti, Friggiana, Sagginalese, San Martino a Scopeti, Friggiana…
P.M.: Quello cioè dietro la provinciale?
M.G.: Dietro la provinciale, che quella strada di cui aveva parlato, avevano parlato i coniugi Caini- Martelli per quel sospetto transito di due autovetture, lungo quel percorso viene individuato questo casolare abbandonato.
P.M.: Lo individua lei, o glielo indica qualcuno?
M.G.: Lo indica il Lotti.
P.M.: Lei lo aveva mai visto, c’era mai stato dottore in quel casolare?
M.G.: Assolutamente no.
P.M.: Fu il Lotti che glielo disse.
M.G.: Fu il Lotti che lo ha indicato.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Indica questo casolare. Do i riferimenti precisi, podere Schignano, podere Schignano numero 54.
P.M.: Cioè, lui facendo la strada, glielo indica.
M.G.: Lo indica.
P.M.: Bene.
M.G.: Per arrivare in questo casolare, bisogna lasciare le macchine un po’ più sotto, perché l’ultimo tratto di strada è dissestato, quindi bisogna andare a piedi. Le macchine bisogna lasciarle al podere Poggiolino, Poggiolino. Il casolare in stato di abbandono aveva una porta di accesso sulla parte più bassa, per intenderci che dava verso il podere Poggiolino.
P.M.: Poi la mostriamo in foto.
M.G.: Sì. Entrati in questa stanza, sulla parete destra di questa stanza vi era nel muro a secco, una cavità, una fessura di cm 30 per 50.
P.M.: A lei questa fessura. . . Mi scusi, eh, io le rifaccio la domanda, viene indicata dal Lotti. Lei non l’aveva mai vista.
M.G.: Assolutamente.
P.M.: Bene.
M.G.: Viene indicata da lui. Addirittura ancor prima di entrare nella casa…
P.M.: Che era chiusa.
M.G.: Ancor prima di entrare nella stanza viene indicata la parete sul lato destro. Come una parete…
P.M.: Lei non l’aveva ancora vista.
M.G.: No. Come una parete dove lì c’era una apertura, una fessura. E c’è questa fessura, vediamo questa fessura. Dentro la fessura c’erano pietre, erba secca e terra. Non conteneva nient’altro. C’era questa erba secca, delle pietre piccole e della terra. Dai riscontri che ho effettuato…
Presidente: Scusi, una sola domanda…
M.G.: Prego.
Presidente: Di questa casa colonica abbandonata, di questa parete, dì questa fessura, eccetera, parlò Lotti quando faceste il sopralluogo, o le parlò prima, ancora, prima di fare il sopralluogo?
M.G.: In sede di sopralluogo, nel…
Presidente: Cioè, è una cosa che è venuta sul momento, oppure…
M.G.: Sì… No…
Presidente: … ne aveva parlato già prima?
M.G.: No, no…
Presidente: Ricostruendo l’itinerario, ricostruendo un po’ l’itinerario…
M.G.: No, ricostruendo l’itinerario quel giorno indica questo casolare, come casolare in cui quella notte si erano fermati per fare qualcosa.
P.M.: Era una circostanza di cui non vi aveva parlato prima.
M.G.: Assolutamente no.
Presidente: Bene.
M.G.: E indica questo. Quindi dice prima: ‘la macchina bisogna lasciarla prima, perché l’ultimo tratto è brutte’. In effetti vedremo nelle foto che bisogna andare a piedi, l’ultimo tratto. ‘Entrati dall’ultima porta, sulla destra, nella parete c’è una cavità’. Ho visto la cavità dove c’erano questa erba secca, pietre, che sicuramente non facevano parte della struttura muraria,. Stavo dicendo, dai riscontri effettuati in relazione a questo casolare, e che ho riferito al Pubblico Ministero, in quella zona proprio di Badia a Bovino, proprio in quella zona nelle immediate vicinanze di quel casolare abbandonato, a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70 aveva abitato il Pacciani.
Presidente: Cioè, proprio in quel casolare lì?
M.G.: Prego?
Presidente: In quella zona lì?
M.G.: Sì, in quella contrada e nella prossimità di quel casolare.; Per diversi anni, dopo essere stato scarcerato per la questione di quel famoso omicidio Bonini…
P.M.: Del ’51.
M.G.: … dopo essere stato scarcerato, nel ’64 era stato scarcerato, se non ricordo male, per quel delitto, lui negli anni a cavallo tra il ’60 e i ’70, prima sostanzialmente di trasferirsi nella zona di Montefiridolfi lui aveva abitato – e nella zona di Firidolfi si trasferisce nel ’74, quindi prima, proprio negli anni a cavallo fra i ’60 e i ’70 – aveva abitato e aveva lavorato in questa località. Nelle proprie immediate vicinanze diu questo casolare abbandonato che è stato indicato da Lotti.
P.M.: Vogliamo vederlo nelle foto?
M.G.: Sì.
P.M.: Vogliamo vedere la strada che ha fatto… Ecco.
Presidente: Questo…
M.G.: Questa foto fa vedere l’ultimo tratto della strada, ci porta al casolare abbandonato che è chiaro che è un percorso molto difficile, pieno di pietre, non percorribile con la macchina.
P.M.: Mi scusi, dottore, lei ci aveva detto che il Lotti gliel’aveva accennato che la strada era così prima ancora di arrivarci.
M.G.: Prima ancora di arrivare ha detto: ‘la macchina bisogna lasciarla più sotto dove ci sono altre case. L’ultimo tratto bisogna farlo a piedi.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Io sto cercando di non riferire, però…
Presidente: No, no ma va benissimo.
P.M.: C’è la foto, d’altronde.
M.G.: Questo è l’ultimo tratto, si sta andando alla casa. La macchina effettivamente là non può passare, l’abbiamo lasciata più sotto al podere Poggiolino. Questo è il casolare. Questo è il casolare e sul lato sinistro…
Presidente: Se vuole indicare…
M.G.: … se indica, Antonini, la porta, la prima porta a sinistra guardando la foto, ecco, quella là.
Presidente: Quella lì.
M.G.: Ecco, è la porta da dove siamo entrati. La porta quindi che dà sulla parte bassa del casolare, sul lato per intenderci del podere Poggiolino che sta un po’ più a valle da questo lato. Se passiamo adesso all’altra foto, nell’interno di quella stanza vedremo che sulla parete destra nel muro a secco, c’è quella fessura della dimensione di centimetri 30 di larghezza per 50 di altezza.
Presidente: Dov’è?
M.G.: All’interno c’è qualche altro particolare, mi pare, della… Ecco.
Presidente: Sì, sì, eccola qua, eccola qua.
M.G.: Ecco, all’interno, come dicevo prima, non c’era nulla. C’era solamente quest’erba secca che si capiva che non faceva parte della struttura del muro. Delle pietre e terra.
P.M.: (voce non udibile)
M.G.: Della buca?
P.M.: Eh.
M.G.: Sì. Nella parte bassa della…
P.M.: (voce non udibile)
M.G.: Sì, sì.
Presidente: Nel piano di calpestio.
M.G.: Nella parte bassa della buca, dentro là buca c’era… Che poi a terra si vedono, ecco, visto? Si vede la terra…
P.M.: (voce non udibile)
M.G.: Sono stati tolti quel giorno là e si vedono anche dei pezzi di rami secchi, erba secca e pietre e terra. Che erano all’interno di questa cavità.
P.M.: (voce non udibile) Si può vedere meglio dov’era dentro la fessura… È qua, dico bene?
M.G.: Sì, sì, è là, proprio là dentro.
P.M.: (voce non udibile) 
M.G.: È stato tolto da là dentro.
P.M.: Grazie.
M.G.: Prego
Presidente: Senta, lei ha parlato di casolare abbandonato ovviamente nel ’96, quando avete fatto il sopralluogo.
M.G.: Sì, certo.
Presidente: Ecco. Ha fatto un accertamento se nell’84, epoca del delitto, quella casa era abbandonata, era abitata e da chi?
M.G.: Era abbandonata da tanti anni. questo… È’ di proprietà della chiesa, credo…
P.M.: Della curia vescovile di Fiesole.
M.G.: Della curia, sì.
P.M.: E risulta abbandonata da epoca immemorabile. Comunque su questo abbiamo…
Presidente: No, su questo punto avete fatto accertamenti?
M.G.: Sì, sì.
Presidente: Ecco, va bene.
M.G.: Ci sono accertamenti…
P.M.: Possiamo essere più specifici, magari consultando, dottore, gli atti…
Presidente: Bene, bene. P.M.: … in un momento successivo. Prego, dottore.
M.G.: SI, dunque, il casolare… Ultimo riscontro è l’esistenza…
P.M.: Poi magari facciamo una breve sospensione, Presidente.
Presidente: Sì, va bene. Ora facciamo Vicchio e poi facciamo la sospensione.
M.G.: Sì. Ultimo riscontro comunque breve, perché su questo delitto riferisco, è l’esistenza a Vicchio, proprio nei pressi del bar di Vicchio, nella piazza della Stazione, di una buca delle lettere. Ho eseguito questo riscontro, sempre su delega del P.M., perché bisognava verificare se, nei pressi del bar dove lavorava la ragazza, vi era una buca di lettere.
P.M.: All’epoca, dell’84?
M.G.: All’epoca dell’84, esatto.
P.M.: Esiste veramente la…
M.G.: Esiste anche, abbiamo fatto il rilievo fotografico.
P.M.: Ecco, c’è questo rilievo?
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Lo vogliamo… Ecco.
M.G.: Esiste. Il rilievo chiaramente fatto adesso nel corso di questa delega. Però la cassetta, la buca delle lettere esisteva anche nell’84. E si vede sotto la lettera A la buca delle lettere. E il bar dove lavorava la ragazza uccisa è sul lato sinistro in quel manufatto là, sul lato sinistro, dietro questo box, in pratica, quindi siamo vicinissimi al luogo di lavoro della giovane Pia. C’è stata la necessità di fare questa verifica e l’abbiamo riscontrata positivamente.
P.M.: Lei ha riscontrato tramite il servizio postale che esisteva anche all’epoca?
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Ecco.
M.G.: Esisteva.
P.M.: Presidente, se è possibile, possiamo fare una breve interruzione?
Presidente: Ci vediamo fra un quarto d’ora, va bene?
P.M.: Grazie.

Presidente: Bene, dottore, venga. Ecco, dottore, abbiamo esaurito Vicchio, no?
M.G.: Sì.
Presidente: Allora volevo fare una domanda, così, prima, sennò mi passa di mente.
M.G.: Prego.
Presidente: Abbiamo presente la dichiarazione che lei riferì della Frigo.
M.G.: Sì.
Presidente: Di quella stradina che lei percorreva in discesa e le macchine.. .
M.G.: E le macchine salivano.
Presidente: … salivano.
M.G.: Esatto.
Presidente: Questa stradina si ricollegava alla strada che poi porta alla fonticina…
M.G.: Certo, si collegava alla strada che porta alla fonticina e alla strada dove, poi, c’era il casolare di cui ho parlato prima.
Presidente: Bene. Voglio sapere se su questo punto, non voglio sapere cosa ha detto, però se ha fatto qualche dichiarazione il Lotti.
M.G.: Conosceva quella strada indicata dalla Frigo; risulta negli atti.
Presidente: E se quella sera la percorse o no.
M.G.: L’ha percorsa, l’ha percorsa; risulta…
Presidente: Ha detto…
M.G.: Risulta negli atti.
Presidente: Bene. 
P.M.: Ha proprio fatto quel giro lì che abbiamo disegnato noi.
M.G.: Quel giro.
Presidente: Ma dal grafico non risulta, veramente; da una piantina che abbiamo negli atti sembra un po’ diversa la situazione, ecco perché facevo la domanda.
P.M.: Ce lo facciamo, poi, spiegare.
Presidente: Va bene.
P.M.: Presidente…
Presidente: Così quando viene il Lotti…
P.M.: … se fosse…
Presidente: … ci dirà… 
(voci sovrapposte)
Presidente: Scusi. 
P.M.: Se fosse necessario ovviamente, facciamo tutti i sopralluoghi che la Corte- riterrà opportuno.
Presidente: Sì, sì, per carità. Per saperlo ora.
P.M.: Ecco, allora facciamolo spiegare bene al dottor Giuttari.
M.G.: Risulta, ricordo bene, già nel verbale del 18 febbraio del ’96 di sopralluogo fatto col Lotti, che Lotti, quando passiamo dalla stradina con la deviazione La Rena, dice: sì, questa non è la strada della piazzuola, questa porta a una fattoria; questa l’ho percorsa anche con la Filippa. Quindi conosceva quella strada. Questo risulta già dagli atti.
Presidente: Sì.
M.G.: Poi, nella ricostruzione del sopralluogo successivo, dell’itinerario fatto quella…
P.M.: La notte famosa.
M.G.: … la notte famosa, noi, percorrendo quella strada, arriviamo al casolare di cui ho parlato.
Presidente: (voce non udibile)
M.G.: È chiaro che l’ha dovuta percorrere in sé, perché, percorrendo quella strada, si arriva là. Percorrendo quella strada si arriva alla fonte d’acqua, che Lotti riconosce, perché dice: ‘sì, ricordo questo ponte, ricordo la fonte; quella notte scorreva meno acqua’, il 29 luglio ’84.
Presidente: Sì, questo lo sappiamo.
M.G.: Questo, ecco, c’è proprio l’individuazione esatta del Lotti di questi posti, che sono lungo quell’itinerario.
Presidente: Ok, va bene. Passiamo oltre.
M.G.: Allora, riferisco adesso i riscontri…
Presidente: Al delitto di Giogoli.
M.G.: … al delitto di Giogoli – qua, poi, devo soffermarmi a parlare dei riscontri che ho effettuato sul Vinci Francesco – delitto di Giogoli, che si è verificato il 9 settembre del 1983. Io passerei alle foto del furgone dei due turisti, per evidenziare i riscontri che ho notato alle dichiarazioni del Lotti. Il furgone – questa è la foto fatta dagli operatori della Scientifica in occasione della scoperta dei cadaveri il giorno 10 settembre 1983 – il furgone presentava dei colpi, dei fori prodotti da colpi di arma da fuoco sulla fiancata laterale destra ed esattamente nei vetri. Se si può fare un particolare più da vicino… 
(voce non udibile)
M.G.: Ecco. Quindi, presentava dei fori; segno, questo, che erano stati esplosi da fuori all’altezza dei vetri. Questo è il lato destro del furgone, quello, per intenderci, che dava verso la strada, dai lato della strada dove erano state fermate le macchine. Il furgone – vedendo la successiva foto della fiancata sinistra, lato guida – presentava dei fori anche su quel lato, sempre nei vetri. Vetri che, sia da questo lato che dal lato destro, come abbiamo visto nella foto precedente, erano in parte, almeno uno, coperti di bianco, di vernice bianca. Andando alla successiva foto, vediamo che sul sedile anteriore del furgone veniva rinvenuto un bossolo di pistola: ecco il particolare del bossolo sul sedile; segno che erano stati esplosi colpi di arma da fuoco dentro il furgone… anche da dentro il furgone. Questo si rileva dai rilievi esistenti nel fascicolo fatto all’epoca il 10 settembre 1983. Sugli spari al furgone, ma già esiste negli atti dell’altro processo, ho riscontrato tutto uno studio peritale che per l’altezza dei fori facevano riferimento ad una persona che doveva essere alta 1 metro e 80 circa. Questo per quanto riguarda i riscontri sulla attività, sulla dinamica esecutiva del delitto.
P.M.: Scusi, dottore, ovviamente non citando, onde evitare opposizioni, lei faceva riscontri, in questo caso, positivi rispetto alla dinamica descritta dal Lotti, questo che ci sta dicendo.
M.G.: Certo.
P.M.: Ecco.
M.G.: Sicuramente. Io…
P.M.: Lo ridiciamo… 
M.G.: Non cito le dichiarazioni di Lotti, per i motivi detti prima.
P.M.: Ecco.
M.G.: Però è chiaro che quello che io riferisco, lo riferisco in quanto riscontrato positivamente in relazione alle dichiarazioni del Lotti, che risultavano dai vari verbali resi dal Lotti nel tempo, dai vari verbali di interrogatorio, che mi erano stati trasmessi dal P.M. per i riscontri.
Presidente: Certo.
P.M.: Ecco.
M.G.: Quindi, una visione complessiva di tutti i verbali, delle dichiarazioni di tutti i verbali del Lotti, che sono diversi.
P.M.: Questi sono i riscontri oggettivi…
M.G.: Oggettivi, esatto.
P.M.: …che lei ritrova in quella ricostruzione della Polizia Giudiziaria a quelle dichiarazioni.
M.G.: A quelle dichiarazioni, perfetto.
P.M.: Bene. Qui, come per altro… rispetto all’altezza dei colpi, al luogo e alla posizione dei bossoli.
M.G.: Al luogo e quindi alla dinamica esecutiva del delitto.
P.M.: Bene.
M.G.: Con colpi, quindi, esplosi sia dal lato destro del furgone sia dal lato, sinistro e sia dentro il furgone.
P.M.: Bene.
M.G.: Altro riscontro… Effettivamente, dopo questo duplice omicidio, Vinci Francesco – che era all’epoca imputato di essere autore di quei delitti attribuibili al “mostro di Firenze” – veniva scagionato da quella imputazione. Si era verificato questo duplice delitto e Vinci Francesco era detenuto, era in carcere…
Presidente: (voce non udibile)
M.G.: Sì, era in carcere. Era imputato di quei delitti attribuibili al “mostro”. Si verifica il delitto di Giogoli, quindi dopo qualche mese viene scagionato.
P.M.: Perché è detenuto anche per altra causa.
M.G.: Sì, è detenuto per altre cause, quindi resta dentro, però dall’imputazione di essere autore dei delitti attribuibili al “mostro” viene scagionato, perché, mentre stava in condizione di detenzione, era stato eseguito questo duplice delitto ai danni dei due turisti tedeschi. Qui vi sono dei riscontri a quello che ha dichiarato Lotti sul Vinci, e che io non riferisco per attenermi all’invito che ho avuto.

M.G.: Ci sono riscontri molto precisi del collegamento tra Vinci Francesco – che negli anni passati aveva costituito oggetto per lunghi anni di indagine, quando si seguiva la cosiddetta “pista sarda” – riscontri precisi ai rapporti tra Vinci Francesco e Pacciani Pietro; tra Vinci Francesco e Indovino salvatore. Indovino Salvatore, il mago di via di Faltignano di cui ho parlato nella precedente testimonianza, la cui casa era frequentata da un gruppetto di persone tra cui, dalle testimonianze in atti, anche da Vanni e da Pacciani. Quali sono, allora, queste dichiarazioni, questi riscontri sul collegamento? Riscontri che danno attendibilità, innanzitutto, a quello che racconta Sgangarella; le dichiarazioni di Sgangarella le posso citare…
P.M.: È un teste e quindi… Nei limiti in cui si devono… 
M.G.: È stato sentito da me; è un detenuto. Si trovava, nell’occasione in cui l’ho sentito, sempre su delega del Pubblico Ministero, ristretto nel carcere di Sollicciano, una condanna per un fatto gravissimo: aveva stuprato e ucciso una bambina di otto anni. Era stato per lungo periodo della detenzione ristretto nel centro clinico di Sollicciano. Aveva svolto l’attività di scrivano. Aveva, quindi, avuto modo e occasione di muoversi liberamente all’interno del centro e di parlare con i detenuti e scrivere anche loro lettere. Aveva conosciuto il Pacciani Pietro. Era stato detenuto in celle anche vicine, sia durante la prima carcerazione del Pacciani, quando era sotto processo per la violenza alle figlie, quindi dal ’97 al ’91, sia durante la seconda carcerazione del Pacciani, quando era imputato dei delitti attribuibili al “mostro”, quindi fino agli anni ’94-95. Sgangarella viene sentito in più occasioni nel mese di maggio o giugno dell’anno scorso, di giugno, mese di giugno del 1996. In quelle occasioni riferiva sia dei suoi ottimi rapporti durante la detenzione con Pacciani, dicendo che l’aveva visto leggere, scrivere tante lettere tra cui anche lettere ad un suo amico che faceva il postino, ad un suo ottimo amico; anzi, gli aveva detto il Pacciani: “questo postino è il mio migliore amico”. Riferiva, poi, che diverse cose che riguardavano il Pacciani, lui l’aveva apprese dal Vinci Francesco – ecco, il collegamento – perché in carcere e la circostanza poi è riscontrata positivamente per i periodi di co-detenzione, aveva conosciuto il Vinci Francesco. II quale, all’epoca, era imputato per i delitti del “mostro”, era comunque oggetto di indagine per i delitti del “mostro”. Gli aveva fatto delle confidenze; gli aveva riferito cose che riguardavano il Pacciani; gli aveva detto che aveva conosciuto molti anni prima, circa dieci anni prima, il Pacciani; aveva frequentato il Pacciani; con Pacciani erano stati anche a fare delle riunioni, le famose sedute in un casolare di campagna. Segnalava, poi, che in quel periodo il Vinci era particolarmente depresso. Gli aveva confidato che lui stava pagando per gli amici che lo avevano abbandonato: piangeva e temeva di essere ucciso dai suoi amici. Queste circostanze, vedremo, sono riscontrate da altri testi. Lo stato di preoccupazione del Vinci, lo stato depressivo del Vinci, di cui parla Sgangarella, è riscontrato positivamente da Don Cuba – parroco di Sollicciano – che ho sentito il 21 giugno del 1996 e tra le cose che mi ha riferito, ha riferito appunto che aveva conosciuto il Vinci Francesco in carcere e che era depresso: ‘tanto’ – dice don Cuba – ‘che si sbatteva la testa anche al muro, perché implicato, imputato, oggetto di indagine per i delitti attribuibili al “mostro”‘. Stato depressivo di cui vi parla Sgangarella, che viene riscontrato positivamente oltre che da don Cuba anche da quello che era stato forse uno dei migliori amici del Vinci Francesco: Giovanni Calamosca – anche lui, negli anni, imputato e poi scagionato per i delitti attribuibili al “mostro”; nel 1985 era stato imputato – e che ho sentito nel 1996 e che conferma lo stato di forte preoccupazione, lo stato depressivo del Vinci. Il quale, pochi giorni prima di essere arrestato, perché ricercato, a casa proprio del Calamosca il 15 agosto 1982, gli aveva manifestato queste sue preoccupazioni, gli aveva fatto delle confidenze, soprattutto sul delito del ’68 e gli aveva chiesto di poter ottenere un passaporto perché tendeva a andare lontano dall’Italia. Sulla testimonianza di Calamosca tornerò oltre. Comunque, già anche il Calamosca conferma positivamente questo stato di preoccupazione, lepressivo, per le vicende per le quali all’epoca ira indagato e imputato il Vinci, e di cui parla Sgangarella. L’attendibilità di Sgangarella, per altro, nei successivi accertamenti era chiara; emergeva anche da fatti che risultavano, da fatti obiettivi che risultavano in epoca non sospetta. Sgangarella, infatti, a proposito dei suoi rapporti, della sua amicizia che aveva instaurato con Pacciami in carcere, amicizia che aveva portato il Pacciani a promettere a Sgangarella una casa in dono, prima che il Pacciani venisse scarcerato per la questione delle figlie nel ’91 – e questa circostanza della casa in dono promessa da Pacciani viene confermata anche da don Cuba nella deposizione del 21 giugno 796 – Sgangarella, nel chiarire questi rapporti, riferisce di una sua visita fatta a casa di Pacciani insieme a don Cuba- e ad altro detenuto – Rescigno, di nome Rescigno, – pochi giorni dopo la scarcerazione di Pacciani; quando venne scarcerato per la questione delle figlie. E dice, a proposito di questa visita: “Mi colpi in modo particolare l’atteggiamento tenuto nella circostanza dal Pacciani, perché era un comportamento estremamente di diffidenza nei miei riguardi: non faceva altro che controllare i miei movimenti, che seguire dove io andavo. Gli avevo chiesto di andare nel bagno, volle entrare prima lui; rimase parecchio tempo, tanto che io dovetti andare fuori, per fare i miei bisogni. Mi colpi molto questo suo atteggiamento”. Ebbene, Sgangarella – e questo dimostra la bontà del discorso di Sgangarella – mi riferisce queste cose nel giugno del ’96, ma agli atti risultano dei riscontri inequivocabili, chiari, di quello che sostiene e che racconta Sgangarella; riscontri esistenti già nel 1992 ed acquisiti nel corso di un’attività riservata di intercettazione tra presenti, effettuata dalla Polizia in quella data nell’abitazione di Pacciani. Quali sono questi riscontri? Il Pacciani, il 7 di gennaio – il 7, sottolineo la data – il 7 gennaio 1992 nella sua abitazione, colloquiando a lungo – è una lunghissima conversazione – con il dottor Perugini, che all’epoca si interessava di queste indagini, raccontava al funzionario della visita ricevuta pochi giorni prima – e in effetti risulta, sempre da quell’attività, che aveva ricevuto la visita il 2 gennaio ’92 – la visita di don Cuba e di questo detenuto che chiama “Scangarella”. Dice: “Uno del sud che sta dentro, con tanti anni di carcere, perché ha ucciso una bambina”.
Presidente: Perché gliene parla?
M.G.: Gliene parla perché il Pacciani aveva letto su un quotidiano che c’era un detenuto che aveva tanti anni da fare, che aveva notizie sulla pistola del “mostro”. E quindi dice al funzionario: “È venuto questo a casa mia, portato da don Cuba. Si sono intrattenuti qua, abbiamo cercato di mettere in moto la mia macchina che era difettosa e non siamo riusciti a metterla in moto. Io ho avuto paura che mi mettesse, questo ergastolano, un gingillo” lo chiamava Pacciani – “nell’orto”. Un proiettile nell’orto. “E gli andetti dietro”, dice testuale nella conversazione. “Lo seguii, perché pensavo che potesse mettermi, nascondermi nell’orto un proiettile, un gingillo”. Ebbene, Sgangarella mi riferiva nel ’96: “Mi colpi l’atteggiamento di Pacciani in quell’occasione che mi seguiva e mi veniva dietro”. Quindi, nel ’92 già c’è questo riscontro all’attendibilità delle dichiarazioni di Sgangarella. Il Pacciani…
Avv. Giangualberto Pepi: Scusi Presidente, avvocato Pepi. Mi sembra che il teste non possa dire se un teste è attendibile o meno, perché è un giudizio…
Presidente: Va be’…
Avv. Giangualberto Pepi: Si attenga ai fatti e basta.
M.G.: Sì, mi scusi.
Presidente: Non dia giudizi.
M.G.: No, no. Le chiedo scusa, signor Presidente.
Presidente: Riferisca i fatti nudi e crudi.
M.G.: Sì, sì i fatti.
Presidente: Perché si esprime un giudizio, allora…
M.G.: I fatti, va bene. D’accordo. È in sé la cosa. I fatti, quindi, sono questi: che già alla data del 7 gennaio ’92, in questa lunga conversazione con il funzionario, Pacciani sospettava Sgangarella quale persona che sapeva notizie sulla pistola del “mostro”…
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, altra opposizione. Mi scusi, ma questa è una valutazione.
M.G.: No, questo risulta dall’intercettazione, non è una valutazione.
P.M.: È il contenuto…
M.G.: È il contenuto di una conversazione…
Presidente: Di una conversazione con Perugini. Poi sentiremo anche il Perugini su questo punto.
M.G.: Bene.
Presidente: Va bene. 
P.M: Fra l’altro è un’intercettazione ambientale.
Presidente: Si, sì, va bene.
M.G.: E quindi, sospettava questo detenuto…
Avv. Giangualberto Pepi: Intercettazione ambientale che non mi sembra nemmeno sia fra gli atti depositati.
Presidente: Si può sentire il Perugini, si può acquisire sempre.
P.M.: Noi la acquisiamo, anzi, ne faccio espressa richiesta delle due cose: sia di sentire il dottor Perugini sul punto, se necessario, o comunque, prima di questo elemento successivo, acquisiamo – e ne chiedo l’acquisizione ex 238 – di quegli atti che fanno parte dell’altro procedimento. Grazie.
M.G.: Il fatto obiettivo è che il 7 gennaio ‘ 92 – c’è questa conversazione dove il Pacciani manifesta questo suo timore, questa sua preoccupazione su un episodio, su un fatto specifico – una cartuccia nascosta nell’orto – che poi, il 29 aprile ’92…
Presidente: No, no, scusi, non ho capito questo passaggio qui, ora.
M.G.: Cioè, il fatto obiettivo, signor Presidente, è che il 7 gennaio del 1992 – 7 gennaio 1992 – il Pacciani, parlando col funzionario, sospetta, riferisce di temere che questo detenuto Sgangarella, di cui lui aveva sospettato potesse essere il detenuto citato nel giornale in cui nel giornale non c’era il nome, che aveva notizie sulla pistola del “mostro”, e che aveva tanti anni di carcere da fare ed era detenuto a Sollicciano, di sospettarlo che potesse mettere una cartuccia nell’orto. Il 7 gennaio ’92. Dice: ‘tant’è, che quando venne qua con don Cuba, sapendo io che sul giornale c’era questo detenuto che sapeva notizie sulla pistola e sospettando…’ – questo lo dice nella telefonata, è un dato obiettivo, sospettando Sgangarella ‘quando venne qua non lo lasciai un attimo, non lo persi d’occhio un attimo, gli andetti sempre dietro’. Questo è un dato obiettivo. Anticipava, quindi, quello che poi il 29 aprile del ’92, a distanza quasi di quattro mesi, effettivamente là si è trovato nell’orto, la cartuccia. Questo è un altro dato obiettivo. Quindi, sulle dichiarazioni di Sgangarella rilevavo che già dal ’92 c’erano dati obiettivi che confermavano le circostanze, o alcune circostanze, che Sgangarella mi riferiva nel ’96, nel giugno del ’96. Altri scontri. Il don Cuba,che sentito, come dicevo prima, il 21 giugno del ’96, effettivamente diceva che i rapporti tra Pacciani e Sgangarella ìn carcere erano ottimi, perché l’aveva visto lui. Don Cuba frequentava e frequenta il carcere di Sollicciano. Sgangarella, diceva don Cuba, faceva lo scrivano e poteva quindi incontrarsi giornalmente con Pacciani. Altro riscontro. Un altro detenuto, che dagli atti risultava essere stato ristretto anche nella stessa cella con Pacciani, e si chiama Bocchicchio Aldo.
Presidente: Come?
M.G.: Bocchicchio Aldo, Bocchicchio, doppia C, Aldo: sentito il 18 giugno, mi dichiarava che Pacciani, durante il periodo di comune detenzione, non aveva confidenza con nessuno tranne che con lo Sgangarella, tranne che con lo scrivano, non fa il nome di Sgangarella, mi correggo. Tranne che con lo scrivano. Quindi altro riscontro sui rapporti tra i due. Altro riscontro documentale, la corrispondenza – anche di natura riservata non tramite canali ufficiali del carcere – intercorsa tra Sgangarella e Pacciani dal mio ufficio rinvenuta nella perquisizione, eseguita su delega del Pubblico Ministero, nel domicilio di suor Elisabetta, Mazzari o Mazzàri, Màzzari Anna Maria. In quell’occasione la suora, tra le cose di Pacciani, custodiva anche questa corrispondenza, che non era passata dai canali ufficiali carcerari, tra i due, tra Pacciani e Sgangarella.

M.G.: Altri elementi di collegamento con il Francesco Vinci. Francesco Vinci frequentava a Prato lo stesso bar di Indovino Salvatore. Indovino Salvatore abitava in via di Faltignano ma frequentava Prato, anche perché a Prato aveva gli amici e aveva il fratello che abitava, credo che tuttora abiti a Prato: Indovino Sebastiano. Frequentavano lo stesso bar proprio negli anni tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80. Vinci Francesco – altro elemento di collegamento – ed Indovino Salvatore sono stati detenuti , per un certo periodo insieme al carcere Le Murate. Posso riferire anche le date esatte: l’Indovino dal 27 luglio ’81 al 5 dicembre ’81; il Vinci dal 14 novembre ’81 al 21/12/81. Quindi abbiamo più di un mese e mezzo di comune detenzione. E accertamenti fatti sulla situazione della struttura carceraria all’epoca dimostravano che le celle… qui c’è una nota della direzione del carcere di Sollicciano…
P.M.: La può riferire lei perché la Corte non la conosce?
M.G.: Le celle di quel carcere – de Le Murate – erano singole senza servizi igienici, e rimanevano aperte con possibilità quindi dei detenuti di incontrarsi dalle ore 8:00 di mattina alle ore 8:00 di sera. Non aggiungo altro su questa… sulle celle. Vinci, agli inizi – altri elementi di comune, in comune, sia con Indovino che con Pacciani – Vinci, Francesco Vinci agli inizi degli anni ’80, era l’amante di Milva Malatesta. Milva Malatesta – lo dico adesso perché ricorre poi anche successivamente – è quella giovane donna che, insieme al figlio Mirco di tre anni, la mattina del 20 agosto ’93, 1993, nel Comune di Barberino Valdelsa, viene trovata morta bruciata nella macchina di sua proprietà, una Panda. Dieci giorni prima, con modalità analoghe – quindi il 9 agosto 1993 – era stato ucciso Vinci Francesco. Agli inizi degli anni ’80 la Milva Malatesta era l’amante di Francesco Vinci. E qua c’è una puntuale testimonianza di Giovanni Calamosca, che, come dicevo prima, è stato uno dei migliori amici del Vinci. E per questa amicizia era stato, anche per questi rapporti, era stato indagato per la vicenda del mostro. Il Giovanni Calamosca, a questo proposito del rapporto sentimentale tra la Milva Malatesta e il Vinci Francesco, mi riferisce che il Vinci, agli inizi proprio degli anni ’80, in quel periodo, fine anni ’70 inizi anni ’80, aveva perso la testa per una donna che abitava a Prato. Tant’è che la moglie del Vinci, che aveva saputo questa circostanza, questo fatto, voleva, intendeva separarsi. E mi dice: ‘in un’occasione io ho conosciuto, ho visto questa donna di cui non so il nome, non so dirvi come si chiama, però l’ho vista. L’ho vista perché ho avuto la necessità di parlare con Vinci Francesco. Sono andato quindi al bar a Prato dove solitamente lui frequentava, non l’ho trovato, sono andato a casa’ – il Vinci Francesco abitava a Montelupo Fiorentino – ‘sono andato a casa, non l’ho trovato. La moglie mi indicò dove avrei potuto trovarlo, e mi indicò una trattoria andando verso Barberino. Passai da quel posto, effettivamente lo trovai, stava cenando con una donna che mi presentò non ricordo il nome che mi disse, forse neppure me lo disse il nome’. Mi descrive questa donna. In sede poi di individuazione fotografica, di un album che conteneva varie fotografie, riconosce con certezza quella donna nella Milva Malatesta. Quindi abbiamo questo elemento di riscontro. Milva Malatesta che risulta essere stata anche l’amante di Indovino Salvatore, e in proposito richiamo le dichiarazioni di Filippa Nicoletti. Filippa Nicoletti, la donna che all’epoca stava con Indovino Salvatore. Filippa Nicoletti il 23 aprile del 1996… Che cosa c’entra con questo processo questo fatto, rapporto qui? Questo c’entra, a mio giudizio, perché dimostra i rapporti, tra Vinci, Indovino, Pacciani. E quindi…
P.M.: Sono i riscontri dei…
M.G.: … sono i riscontri alle dichiarazioni di Sgangarella. 
P.M.: E di Lotti.
M.G.: E di Lotti anche. Perché anche Lotti… Io non lo sto citando Lotti, ma Lotti parla del Vinci Francesco.
P.M.: Presidente, è quella dichiarazione sostanziale…
M.G.: Quindi sono tutti riscontri.
P.M.: … in cui il Lotti dice: ‘fu eseguito quell’omicidio dei tedeschi per scagionare il Vinci’. Allora sta dimostrando che attraverso le indagini la Squadra Mobile, nella persona del dottor Giuttari, ha riscontrato la sussistenza di rapporti tra queste… rapporti con…
P.M.: …persone. Rapporti tali, e cosi ben radicati che hanno, possono giustificare un omicidio o comunque danno riscontro…
Presidente: No, io intendevo riferirmi al rapporto affettivo tra Calamosca ela Milva Malatesta, questo dicevo…
P.M.: Non è Calamosca è Indovino, è Indovino.
M.G.: No, di Indovino stavo parlando adesso.
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, Presidente mi scusi.
Presidente: Mi dica.
Avv. Giangualberto Pepi: Mi sembra che sia inutile che il Pubblico Ministero spieghi quello…
P.M.: Sì, sì ma lo sappiamo. Il teste è un teste qualificato può dirlo lui il motivo.
Presidente: Va bene.
Avv. Giangualberto Pepi: Non è che ci sia necessità ogni volta di una spiegazione.
Presidente: Va bene, va bene. Può andare.
M.G.: Ma io non sto richiamando le dichiarazioni… A me sembrava chiaro che tutti questi riscontri, che possono apparire un po’ minuziosi, forse molto approfonditi, per me non sono stati strani perché – ecco, non voglio esprimere un mio giudizio per non essere richiamato nuovamente – ma io dovevo riscontrare le dichiarazioni di Sgangarella. Quindi se io…
P.M.: E prima quelle del Lotti.
M.G.: … nel riscontrare le dichiarazione di Sgangarella, o di qualsiasi altro teste, trovo più elementi, è tanto meglio perché mi dà più attendibilità alla testimonianza. Quindi stavo dicendo… avevo parlato del rapporto Vinci Francesco-Milva Malatesta ed ero passato al rapporto tra Indovino Salvatore, titolare, proprietario della casa di via di Faltignano – e dalle testimonianze risultava frequentata anche da Vanni e Pacciani – e questa Milva Malatesta. E a proposito richiamavo ad ulteriori, a riscontro le dichiarazioni rese il 23 aprile del ’96 dalla Filippa Nicoletti che all’epoca era la donna chiamiamola ufficiale anche se non era, la convivente dell’Indovino Salvatore. La Filippa Nicoletti…
Presidente: Quand’era? In che epoca?
M.G.: Siamo agli inizi degli anni ’80. La Filippa Nicoletti riferisce che dopo la scarcerazione di Indovino, avvenuta il 5 dicembre ’81 – quindi siamo proprio agli inizi degli anni ’80, possiamo anche collocarlo temporalmente in un arco di tempo più ristretto, quindi in epoca prossima al 5 dicembre ’81 – si reca da via di Faltignano a cercare Indovino perché da diversi giorni mancava da casa. Va a Prato nel bar famoso là frequentato anche dai sardi per vedere se lo trova, non lo trova. Poi racconta tutta una storia che fa un incontro con un uomo che la porta 15-20 giorni in un’altra zona, che non riferisco perché non la ritengo pertinente. Comunque, tornata poi a casa dopo questo periodo di assenza di 15-20 giorni, la Filippa nota che nei cassetti del comò della stanza da letto, anziché le proprie cose, i propri oggetti, i propri indumenti intimi, c’erano gli indumenti intimi e oggetti appartenenti alla Milva Malatesta. Dice, perché la Milva ha avuto un rapporto con l’Indovino. Peraltro, su questa relazione tra la Milva e l’Indovino posso fare riferimento anche alcune lettere, sequestrate in occasione della perquisizione del 23 gennaio ’96 alla Filippa Nicoletti, in cui in quella operazione sequestrammo delle lettere che l’Indovino aveva mandato dal carcere – quindi nell’81, quando era detenuto nell’81 – aveva mandato dal carcere alla Filippa, e in calce alla lettera mandava i saluti, l’Indovino, alla Milva e a Vincenzo. Che Vincenzo all’epoca era il Limongi Vincenzo, convivente della Milva Malatesta, poi impiccatosi in carcere. Quindi c’era anche questo riscontro che dalle lettere si capiva che tra l’Indovino e la Milva c’era comunque un buon rapporto di amicizia, dal momento che mandava i saluti in ogni lettera. E la Nicoletti dice: ‘a casa trovai questi oggetti personali della Milva Malatesta perché l’Indovino si era messo poi con la Milva Malatesta’. Sgangarella, nelle sue dichiarazioni, dice: ‘il Pacciani mi aveva confidato di essere stato amante della moglie di Rubino’. Non sa il nome. Questo lo dice nel verbale del 20 giugno ’96. La moglie di Rubino è la Milva Malatesta. Il Rubino è il ragazzo che era stato imputato dell’omicidio del… poi scarcerato…
P.M.: Il Presidente lo conosce.
Presidente: I fatti di quel processo li conosco bene.
M.G.: Ah, ecco, quindi. Quindi ulteriori. Don Cuba, ulteriore riscontro, confermava lo stato depressivo del Vinci, questo lo avevo già accennato. Confermava che Pacciani voleva regalare la casa al coso, a Sgangarella. Le lettere, io sul collegamento con Vinci…
P.M.: Ecco, questo è il quadro che lei ci ha fatto sul riscontro relativo all’83, grosso modo.
M.G.: Sì.
P.M.: Reso molto, molto ampio perché ha fatto un riscontro con l’altro. Vogliamo andare avanti se ha fatto riscontri anche per fatti antecedenti?
M.G.: Ci sono dei riscontri sì, sull’ultimo delitto che…
P.M.: Baccaiano.
M.G.: Baccaiano.
P.M.: L’ultimo nell’ambito della…
M.G.: L’ultimo… sì, di quelli per i quali sono stato delegato al…
P.M.: Relativi alla presenza di lotti a quel delitto.
M.G.: Alla presenza di Lotti certo.
P.M.: L’ultimo in questa
M.G.: In quest’ottica.
P.M.: In quest’ottica.
M.G.: Sì. Del 1982.E qui, se possiamo vedere le foto perché i riscontri che ho rilevato sono desumibili dalla dinamica proprio del fatto.
Presidente: Allora.
M.G.: E allora: questi sono i rilievi fatti in occasione di quel duplice omicidio. Noi abbiamo, sul lato destro dell’immagine, lo spiazzo dove era ferma la macchina della coppia. Ecco quello spiazzo. Era ferma là. Là inizia la sparatoria. La macchina poi viene trovata sul lato opposto della strada, in un fossetto. Presentava, la macchina, colpi d’arma da fuoco nella parte anteriore, anche i fari erano stati colpiti. Veniva rinvenuto un bossolo anche all’interno della macchina, dentro la macchina. Presentava poi il finestrino lato guida completamente frantumato. Finestrino lato guida, si. Su questo delitto non avrei altri riscontri obiettivi.
P.M.: Sono oggettivi indipendentemente dalla sua attività voleva dire.
M.G.: Questi risultavano già negli atti e io, dovendo riscontrare le dichiarazioni nei verbali del Lotti, ho rilevato questi particolari che ho riferito.
Presidente: Bene.
P.M.: Bene. Presidente, io non so ora se convenga passare… Cioè, sarei nella necessità di chiederle se mi può anticipare un attimo il programma della Corte. Mi spiego, perché direi che con il dottor Giuttari forse avrei da affrontare gualche altro argomento e non so ora la pesantezza di questo argomento rispetto al programma che vogliamo fare. E sulla base di questo, se so un attimo la Corte…
Presidente: Allora, noi pensavamo di stare oggi fino alle due.
P.M.: Bene.
Presidente: Come programmato già nei giorni precedenti.
P.M.: Bene, bene.
Presidente: E poi smettere.
P.M.: Oggi. Benissimo.
Presidente: Quindi sono le 12 e qualche cosa.
P.M.: Allora, chiedo soltanto cinque minuti, un attimo di interruzione, mi bastano cinque. Grazie.
Presidente: Cinque minuti. Bene, sospendiamo cinque minuti.
P.M.: Nei giorni successivi Presidente?
Presidente: Per domani mattina ho un problema, per pagare l’I.C.I., non posso delegare a nessuno, mi tocca andare in banca, all’ufficio postale, io credo alle 10.30 si possa iniziare. Può darsi pure alle 10.00 però per essere tranquilli alle 10.30.
P.M.: Ecco, allora noi pensiamo, grosso modo di fare un’altra parte di deposizione del dottor Giuttari fra oggi e domani, e il giorno successivo fare eventuale controesame.
Presidente: Sì, sì va bene, non c’è problema.
P.M.: Va bene così?
Presidente: Okay.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Bene.

Presidente: Ci siamo tutti vero? Sì.
P.M.: Sì, grazie. Vediamo di introdurre un’altra…
Presidente: Allora, dottore, una sola domanda prima di iniziare. Siccome ha introdotto l’argomento, lei ha detto all’inizio che Sgangarella avrebbe avuto in promessa dal Pacciani una casa.
M.G.: Sì.
Presidente: Pacciani avrebbe promesso una casa…
M.G.: Una casa.
Presidente: Ha spiegato anche la ragione?
M.G.: No, non l’ha spiegata.
P.M.: Ci abbiamo provato dieci volte, l’ha messo per…
M.G.: Però ecco, io non posso… Mi sono fermato al riscontro obiettivo perché un altro riscontro obiettivo che risulta da più testimonianze agli atti, Pacciani è notoriamente un tirchio e quindi, ecco, c’è questo particolare poi del dono della casa…
Presidente: Lo chiederemo…
P.M.: Presidente, ci sono…
M.G.: Poi c’è questo riscontro obiettivo del sospetto del gingillo.
Presidente: Va bene.
M.G.: E quindi. . .
P.M.: Ci sono altri testi nella lista del P.M..
Presidente: Sì, sì, va bene.
P.M.: Poi se è il caso…
Presidente: No, io volevo sapere se l’aveva saputo il dottore.
P.M.: No, no, lo Sgangarella, nonostante le domande, ovviamente poi vedranno loro in che termini perché l’ha messo anche per iscritto, introduce lui l’argomento, getta il sasso e toglie la mano ecco, diciamo, questo è l’atteggiamento. Ci sono altri testi che hanno avuto la stessa proposta per fini diversi, lo vedremo.
Presidente: Va bene.
P.M.: Sono fatti che non riguardano Sgangarella…
Presidente: Va bene.
M.G.: Sgangarella per altro, un altro dato obiettivo, è imputato per l’omicidio di una prostituta…
Presidente: Allora, il Pubblico Ministero può riprendere le domande.
M.G.: … a San Mauro a Signa, di una prostituta bruciata, ammazzata e bruciata, è imputato Sgangarella per questo delitto. Prostituta presso la quale abitava, insieme a questa prostituta, il figlio di Vinci Francesco, Vinci Fabio.
P.M.: Sono dati obiettivi che vanno presi così come sono, Presidente.
Presidente: Va bene.
P.M.: Non c’è nessuna possibilità di valutarli diversamente.
M.G.: Sì, dati, elementi obiettivi e basta, non…
P.M.: Dottor Giuttari, io gradirei passare a un altro argomento compatibilmente con la sua stanchezza oggi. Dunque, volevo magari che lei introducesse l’esito dei suoi accertamenti e verifiche che riguardano sostanzialmente due argomenti, scelga lei quello da cui partire: primo, la personalità degli indagati, a iniziare ovviamente dal Lotti, personalità ovviamente esclusivamente come fatti, cioè riscontri con testimonianze. E soprattutto quell’argomento relativo a una lettera che sarebbe pervenuta a Vanni – e di cui lo stesso ha parlato – e per la quale lei ha fatto numerosi riscontri, ovviamente sentendo persone. Ecco, di questi due aspetti scelga lei quello da cui vuole cominciare, tenendo presente, lo sappiamo, che sono entrambi piuttosto ampi. Io ne sceglierei uno soltanto oggi e magari cercarlo di esaurire oggi.
M.G.: Quello più breve è quello della omosessualità del Lotti. Abbiamo solo due testimonianze…
P.M.: Ecco, vediamo…
M.G.: … che la riscontrano. E l’altro sicuramente richiede parecchio tempo perché è vasta, l’attività di riscontro è stata abbastanza ampia quindi…
P.M.: Va be’, vediamo di cominciarla. Penso…
M.G.: Riferisco prima sul Lotti.
P.M.: Certo, certo.
M.G.: E poi magari introduco…
P.M.: Certo, certo. Allora, il riscontro evidentemente sulle frequentazioni fra gli imputati dell’odierno processo – il Lotti con gli altri – e su questa caratteristica, o questo aspetto della personalità del Lotti se, dato che viene da una sua affermazione… Lei conosceva, prima che lo dicesse lui, questo dato sulla omosessualità…
M.G.: No, no, assolutamente no. È stato un dato nuovo, un elemento nuovo che è venuto fuori, come sa, negli ultimi interrogatori e sui quali, su questo elemento dell’omosessualità abbiamo fatto poi, su delega dei riscontri.
P.M.: Ecco, vuole raccontare innanzitutto questi riscontri.
M.G.: Quindi, riscontri risultano, emergono dalla testimonianza di un amico del Lotti, di nome Fabrizio Butini, il cui nome risultava da un verbale di interrogatorio.
P.M.: Cioè, è il Lotti che lo fa?
M.G.: Il Lotti aveva detto che per un delitto era stato ricattato e quindi costretto da Pacciani e Vanni ad andare con loro perché l’avevano visto in macchina – e indica anche il posto – insieme a questo Butini, in un rapporto intimo, e quindi gli avevano detto: ‘o vieni con noi o si parla in paese e si dice…’
P.M.: Ecco, esiste una persona con questo nome? Ha le caratteristiche…
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Ecco, vediamo.
M.G.: La persona è stata identificata.
P.M.: Il Lotti gli aveva dato nome e cognome.
M.G.: Sì. Il Lotti dà, sì Fabrizio, credo anche il cognome. Comunque ha dato degli elementi molto chiari per la sua identificazione e ci ha detto all’epoca dove lavorava, nello stabilimento della ditta farmaceutica…
P.M.: Menarini.
M.G.: … Menarini. Ci ha detto che aveva la madre ammalata, che aveva un problema anche di peso, di deambulazione, l’aveva ricoverata in una clinica. Ci dà degli elementi che sono risultati tutti veri e che hanno portato alla identificazione esatta di questa persona e che si chiama Butini Fabrizio. in quest’anno perché, come dicevo prima, questa circostanza nuova era emersa negli ultimissimi interrogatori del Lotti, quindi fra novembre e dicembre del ’96. Quindi il 4 gennaio ’97, dopo i preliminari accertamenti presso la ditta farmaceutica, presso l’istituto dove era stata ricoverata la madre, acquisiamo tutte verifiche positive sul soggetto. Lo identifichiamo e lo sentiamo. Il Butini Fabrizio…
P.M.: Prego dottore.
M.G.: … riferiva di essere stato un ottimo amico del Lotti. Diceva che con il Lotti nel passato era andato spesse volte a fare merende là nei locali nei dintorni di San Casciano, sia quando Lotti aveva la 124, sia quando aveva la l28 sportiva di rosso. Descriveva il Lotti come una persona buona, un buon amico, un tipo taciturno, silenzioso, con cui a lui piaceva parlare, stare insieme, girare in macchina. Il Butini non dà una verifica in termini espliciti del rapporto intimo tre i due, sessuale, però… e sono fatti anche comprensibili perché è un aspetto abbastanza delicato. Però nel suo racconto parla di questo rapporto di frequentazione particolare, parla, alla domanda se si era appartato in auto con Giancarlo, risponde subito, riferisco testuale: “Ma mi hanno visto in macchina con Giancarlo? In paese c’è gente maligna”. Quindi pensa subito a qualcosa di… Poi riferiva che era rimasto molto male per le notizie di stampa, che aveva appreso che avevano riportato il coinvolgimento del Lotti in queste vicende delittuose, esprimeva a verbale una sua riflessione dicendo: ‘io lo conosco bene, Lotti è molto buono, se ha fatto quelle cose le ha fatte perché è stato costretto’. E dice: ‘quando io ho letto le notizie, come persone che l’hanno potuto costringere, ho pensato subito al Vanni’. Ho detto: ‘ma scusi, com’è che pensa lei proprio… pensa a Vanni?’ Dice: ‘sì, perché ho collegato un episodio di cui avevo parlare proprio al bar Sport di San Casciano. Si diceva lì al bar Sport, Lotti e Vanni un giorno, proprio davanti al bar, avevano avuto un violento litigio. . . ‘
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, avvocato Pepi, opposizione. Mi sembra che il teste, più che riferire ciò che gli ha detto un teste, sta riferendo voci correnti, che correvano nel paese. Si sta parlando di voci che correvano al bar. Non mi sembra che su questo punto si possa andare avanti.
M.G.: No, ma l’ha riferito il teste nel verbale questo.
P.M.: (voce non udibile)
M.G.: È nel verbale. Io ho verbalizzato la dichiarazione del teste.
P.M.: Bene.
Presidente: (voce non udibile)
P.M.: Intanto…
Presidente: … che può riferire quello che ha detto il teste, se poi il teste ha saputo da voci correndo o non voci… quello è un altro discorso. Si vedrà se questa dichiarazione può essere utilizzata o no. Va bene?
Avv. Giangualberto Pepi: … il teste. Secondo me non può Presidente. Riferire voci correnti, deve riferire solo fatti e circostanze…
Presidente: Riferisce quello che ha detto il teste, questo lo può dire. Non può dire sulla verità del teste. Andiamo, può continuare, sennò…
Avv. Giangualberto Pepi: (voce non udibile)
Presidente: Faccia opposizione formale.
M.G.: E allora… 
Presidente: Opposizione respinta.
M.G.: Il Butini mi riferiva, nel corso di questa deposizione e risulta nel verbale, di questo litigio di cui aveva sentito…
Presidente: Chi parla di questo litigio?
M.G.: Il Butini.
Presidente: Il Butini.
M.G.: Il teste. Dice avevano litigato davanti al bar – il Vanni e il Lotti – e il Lotti aveva detto testuale ‘se parlo io tu stai più fermò, aveva detto rivoltosi a vanni. ‘Se parlo io tu stai, più fermò. Nel senso che a Vanni, se lui avesse parlato, gli sarebbe successo qualcosa di grave. Quindi la riflessione del Butini: ‘alla luce di fatti nuovi che ho appreso dalla stampa – di questo coinvolgimento del Lotti in questi delitti, che io non facevo capace di commettere questi delitti e quindi per me se l’ha fatto è stato costretto – mi sono ricordato questo litigio che i due hanno avuto e quindi ho pensato che il litigio fosse proprio da ricollegare al fatto che il Lotti volesse parlare’. Questi sono i fatti così come li ha riferiti il Butini. Altra testimonianza è quella di Bonechi Giuseppe. Il Bonechi Giuseppe è stato sentito il 4 gennaio ’93… ’97, chiedo scusa. 4 gennaio ’97. I motivi per i quali l’ho sentito, e si è presentata la necessità di sentirlo, erano da ricercarsi nel fatto che qualche giorno prima, se non addirittura il giorno prima, lo stesso giorno, sul quotidiano La Nazione era apparsa un’intervista che questo Bonechi, questo signore aveva dato al giornalista, in cui aveva parlato di un episodio che si era verificato negli anni ’80 – prima del delitto degli Scopeti – proprio agli Scopeti e che era relativo all’esplosione di colpi d’arma da fuoco in quel posto e al fatto che lui, andando a caccia la mattina presto, era stato avvisato da un signore là della zona di stare attento perché la notte precedente avevano sparato. E lo porta questo signore nel posto proprio, nella parte sottostante quella piazzola e il teste vede questi bossoli piccolini li chiama – di pistola. Lui rilascia questa dichiarazione al giornalista. La leggo sulla stampa, vengo delegato dal P.M. a sentire su questo fatto il Bonechi. Ecco perché ho spiegato come viene fuori questo soggetto. Quindi lo sento, mi dà spiegazioni, sostanzialmente conferma con qualche modifica quel racconto riportato dalla stampa. Non mi fornisce notizie per identificare questo personaggio che abitava nella zona, che gli aveva detto che la notte precedente avevano sparato lì in quel posto. Mi conferma però che lui aveva visto questi bossoli piccolini e comunque non aveva fatto nessuna denuncia, non si era presentato ai Carabinieri, quindi non aveva riferito nulla all’epoca. E poi, alla domanda se gli aveva fatto il giornalista magari qualche altra… gli aveva chiesto qualche altra cosa che non risultava dall’articolo, il Bonechi mi dice: ‘Sì, m’ha chiesto notizie sul Lotti’. Ecco, è Bonechi che mi parla del Lotti. Ho detto: ‘va be’, notizie del Lotti, perché lei lo conosceva il Lotti?’ Dice: ‘sì, io lo conoscevo perché già dagli anni ’50 eravamo vicini di casa perché abitavamo in località Bargino quindi l’ho visto crescere, abitavamo…’ E diceva, in questa sede, che era a conoscenza di notizie sull’omosessualità del Lotti. Cioè, il Lotti…
Presidente: Non per rapporti diretti.
M.G.: Non per rapporti diretti. Lui sapeva che il Lotti era omosessuale.
Presidente: Va bene.
M.G.: Questo è il discorso che ha riferito il Bonechi. Quindi sull’omosessualità del Lotti io altri riscontri non ne…
P.M.: Bene, dottore, proviamo – se crede – a introdurre l’altro argomento. Proviamo a introdurlo, finché ne ha le forze diciamo.
M.G.: Sì.
P.M.: È da stamani alle nove che lei è…
M.G.: L’altro…
P.M.: Non so, se crede Presidente rimandiamo a do…
Presidente: Sulle lettere… lettera…
P.M.: O sennò rimandiamo direttamente a domattina.
Presidente: Se è stanco o non se la sente più.
M.G.: L’altro argomento è un argomento che richiede molto tempo.
P.M.: Forse allora… Sì, Presidente…
Presidente: Va bene, allora…
M.G.: Perché ci sono due testimonianze che devo approfondire, devo riferire.
Presidente: Allora visto che è già stanco, non se la sente, ed ha ragione…
P.M.: Probabilmente è anche opportuno come concetto unico di cui parlare.
Presidente: Deve riordinare le idee. Va bene. Allora si rinvia a domani mattina alle ore 10.30.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Ordina la nuova traduzione dell’imputato Vanni.

25 Giugno 1997 8° udienza processo Compagni di Merende

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