26 Giugno 1997, 9° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
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Presidente: Allora, Vanni Mario: presente. È difeso dall’avvocato Pepi. L’altro avvocato come si chiama?
Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato Vianello.
Presidente: Come?
Avv. Giangualberto Pepi: Valerio Vianello.
Presidente: Bene. Faggi, c’è? No. Difeso dall’avvocato Fenies. Lotti Giancarlo? Presente. Difeso dall’avvocato Bertini, presente. Corsi Alberto, non c’è. Difeso dall’avvocato Zanobini che è presente. Parti civili: Luca Saldarelli, presente. Puliti? Difeso… Lo sostituisce l’avvocato Curandai, va bene? Curandai è presente. Ciappi.
Avv. Giovanni Paolo Voena: Voena.
Presidente: Voena, bene. Avvocato Colao, lo sostituisce l’avvocate Curandai. Va bene, Curandai?
Avv. Giampaolo Curandai: Sì.
Presidente: Patrizio Pellegrini: è presente. Luca Santoni è presente. Eriberto Rosso, l’avvocato Saldarelìi. Va bene. Tutti a posto, possiamo iniziare. Pubblico Ministero, può entrare il teste…
P.M.: Sì. Vorrei introdurre ancora il teste, dirigente della Squadra Mobile, dottor Giuttari per vedere di completare le domande che intendo fare.
M.G.: Buongiorno.
Presidente: Buongiorno.
P.M.: Presidente, quando crede…
Presidente: Sì, sì, può partire.
P.M.: Grazie. Dottor Giuttari, volevo un attimo approfondire quelli che sono stati i suoi accertamenti o riscontri in merito alle direi frequentazioni o elementi acquisiti in merito alle conoscenze reciproche fra gli imputati. Soprattutto per quello che riguarda sia le persone del Lotti di cui abbiamo parlato ieri, che quelle del Vanni, così come emergono dagli elementi che lei ha acquisito sentendo altre persone.
M.G.: Sì. A questo proposito ho sentito alcune persone che hanno avuto contatti e rapporti di frequentazione con gli imputati e cito, faccio riferimento in particolare alle testimonianze di Lorenzo Nesi e di Antonietta Sperduto. Lorenzo Nesi è un teste che già era noto nel processo a carico di Pacciani. Era stato sentito più volte nel ’90 e nel ’94. Ricordo che il teste nel dibattimento parlò di aver visto la notte del delitto degli Scopeti il Pacciani da lui riconosciuto a bordo e alla guida della Fiesta con un’altra persona accanto a lui che non aveva riconosciuto, in circostanza di tempo compatibile con il delitto. Lo sento, su delega sempre dell’ufficio del Pubblico Ministero, il 28 febbraio ’96. Nei precedenti verbali aveva fatto cenno il Nesi ai rapporti di frequentazioni di Vanni e di Lotti con la Filippa Nicoletti e ai rapporti di Vanni in particolare, con la Sperduto. E aveva fatto, aveva riferito la circostanza relativa alla preoccupazione di Vanni per via di, a causa di minacce subite da parte di Pacciani. Aveva riferito, in particolare, di una lettera che Vanni aveva ricevuto dal carcere da Pacciani e che lui, a lui risultava direttamente questa circostanza, quindi per cognizione diretta perché Vanni, in una occasione, dopo aver ricevuto la lettera, gliela fece vedere così in mano e lo prego di accompagnarlo dalla moglie di Pacciani perché aveva necessità urgente di parlargli. Questo è il Nesi, questi sono diciamo i fatti, così come già risultavano e come si presentavano alla lettura degli atti precedenti. Lo sento il 28 febbraio del 1996. Innanzitutto sulla sua conoscenza con Vanni e sulla sua frequentazione. E qui il teste, a proposito, mi riferisce di conoscere Vanni da circa xx anni. Vanni era un amico intimo dello zio del teste che era anche lui postino, poi morto: Dori Oliviero. E mi riferisce che, dalla prima metà degli anni ’70, aveva iniziato a frequentare il Vanni. In pratica il teste raccontava che all’epoca per ragioni di lavoro, era solito girare in alcuni paesi della provincia di Firenze per trovare negozianti, ecco, proprio per l’attività commerciale che svolgeva. In questi giri gli era capitato più volte di incontrare il Vanni, o alla stazione della SITA, o in paese che faceva l’autostop per venire a Firenze. E quindi gli era capitato di fermarsi, di dargli un passaggio e di accompagnarlo a Firenze. O dal nipote del Vanni; oppure a prostitute. Ecco che a quell’epoca, inizi prima metà anni ’70 il teste inizia a datare non la conoscenza che era antecedente, ma un rapporto di frequentazione prima così quasi occasionale per dare i passaggi al Vanni; e successivamente invece anche un rapporto di frequentazione per esperienze sessuali con prostitute anche insieme. E qui cita, si sofferma anche a riferire nei dettagli, ecco, i rapporti alquanto anomali con prostitute del Vanni. Indica anche le prostitute dove erano soliti andare, tra cui una certa Manfredi Gina che poi si era suicidata gettandosi dalle trombe delle scale. Cita anche una esperienza in cui erano stati insieme con questa Manfredi e con la donna di servizio di questa Manfredi. Fa riferimento alle difficoltà del rapporto sessuale del Vanni che usava vibratori che si portava con sé. La Manfredi ce l’aveva…
Presidente: (voce non udibile)
M.G.: prego? Posso?
Presidente: Sì, sì.
M.G.: E quindi riferisce proprio con dettagli quello che a lui risulta per avere vissuto questa esperienza diretta con il Vanni. Parla anche di una prostituta che abitava in via della Scala. Parla anche di prostitute che venivano contattate dal Vanni alle Cascine, che poi lui, il teste, il Nesi, metteva a disposizione il proprio furgone al Vanni per avere il rapporto con la prostituta alle Cascine. Ecco, fa un quadro di questo genere, dove emerge la specificità del rapporto sessuale di Vanni. Riferiva poi, sempre a proposito di queste esperienze femminili del Vanni, i rapporti avuti dal Vanni con Maria Antonietta Sperduto. Chi è Maria Antonietta Sperduto? È la moglie di Renato Malatesta, l’uomo che nella casa di via Chiantigiana, alla Sambuca, il 24 dicembre 1980 venne trovato impiccato ad una trave. E riferisce quindi di questa frequentazione del Vanni con la Sperduto, di questi rapporti del Vanni con la Sperduto, sottolineando che il Vanni con la Sperduto era riuscito dopo vari tentativi ad instaurare, ad avviare un rapporto sereno anche sotto il profilo sessuale. Fino a quando però durò questo rapporto? Fino a quando non portò dalla Sperduto anche il Pacciani. E allora, in quella occasione, si erano verificate scene di violenza nei confronti della donna e Vanni non riusciva più ad avere con la donna stessa un rapporto sessuale sereno. Sottolineava che il Pacciani era violento. E che il Pacciani in quella occasione in cui andava con il Vanni dalla Sperduto picchiava, quando trovava sul posto chiaramente, il marito della donna. Cioè il Malatesta Renato. Su questo punto della frequentazione, su questo aspetto della frequentazione di Vanni e Pacciani dell’abitazione della Sperduto, dei rapporti del Vanni con la Sperduto e degli atti di violenza di Pacciani sul marito della Sperduto, vi sono anche i riscontri delle dichiarazioni dei figli della Sperduto che ho sentito il 7 marzo 1996: Malatesta Luciano e Malatesta Laura. Malatesta Luciano, per altro, in una occasione testimone oculare, perché si trovava casualmente a casa. Perché il Vanni andava e si soffermava nella abitazione della Sperduto quando faceva il giro della posta, quindi la mattina. Nei momenti quindi in cui il marito solitamente era a lavorare nei campi e i figli erano a scuola. Una mattina invece c’è il Malatesta Luciano, assiste ad una scena di violenza del Vanni sulla madre e quindi cerca nonostante la giovane età, cerca di reagire. Dice: ‘lascia stare mia madre, stai fermo, non picchiare mia madre’. E il Vanni lo redarguisce, dice: ‘no, vattene, altrimenti ti do uno schiaffò. Il verbale 7 marzo 1996. Malatesta Laura, nel verbale sempre del 7 marzo ’96, confermava di essere stata testimone oculare ad un pestaggio da parte di Pacciani ai danni del proprio genitore, Pacciani, aiutato in quella circostanza da Andriaccio Antonio. E confermava in questa data questo episodio che già aveva riferito ai Carabinieri in due altre occasioni: il 26 settembre ’92 e il 10 giugno ’94. Tornando al Nesi riferiva, a proposito sempre della Sperduto e del rapporto del Vanni e del Pacciani con la Sperduto e delle violenze cui il marito della Sperduto era stato…
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, mi scusi. Avvocato Pepi. Qui mi sembra che allora non ci siamo intesi, anche in relazione alle altre udienze. Qui si continua a parlare di fatti che sono estranei al capo di imputazione. Su questi, che abbia il dottor Giuttari, fatto delle indagini che possono integrare o collaborare certi tipi di investigazione, è un discorso. Ma che oggi ci venga a riferire fatti che coi cinque omicidi di cui si deve discutere, mi sembra che si sia veramente al di fuori. Perché sennò qui a questo punto si sta a fare una relazione su tutti i fatti inerenti vicini…
Presidente: No, si sta parlando dei rapporti che legavano il Pacciani, il Vanni e altri personaggi.
Avv. Giangualberto Pepi: Va bene, ma Presidente, ma qui si dovrebbe… Il teste dovrebbe, a mio avviso, relazionare soltanto su… (voci sovrapposte)
Avv. Giangualberto Pepi: … relativi agli omicidi. Ora è una giornata che si parla della Sperduto, del Malatesta, di altre persone che su questo processo non hanno nulla a che vedere.
Presidente: Allora, la domanda era dei rapporti tra il Vanni, il Pacciani e poi vedremo anche del Faggi. Cosa può dire su questo punto? Magari i rapporti particolari del marito, la Malatesta e gli altri, possiamo sorvolare. Insomma, dire il più possibile brevemente. Va bene?
M.G.: Riferiva, sempre in relazione a questi rapporti, il Nesi, una circostanza riferibile alla frequentazione di Pacciani e Vanni della piazzola degli Scopeti, dove si è verificato poi successivamente l’8 settembre 1985, il delitto ai danni dei due francesi. Riferiva infatti che il… No, signor Presidente.
Presidente: Dica.
M.G.: No, c’è un equivoco : non è il Nesi che riferiva questa circostanza della frequentazione di Vanni e Pacciani della piazzola degli Scopeti, ma è la Sperduto Maria Antonietta. La Sperduto Maria Antonietta, nel verbale del 7 marzo 1996, riferiva questo particolare proprio specifico.
Presidente: Allora, sul Nesi abbiamo finito?
M.G.: Sul Nesi c’è poi l’aspetto della lettera, sulla…
P.M.: È una circostanza diversa, Presidente.
M.G.: Quella è una domanda diversa. Io… cerco adesso di rispondere proprio alla…
Presidente: sì, sì, esatto.
M.G.:… ai rapporti tra gli imputati. Quindi la circostanza specifica che ho accertato dall’attività svolta e che fa rifermento al luogo dove poi si è verificato il delitto, l’ho rilevata dalla testimonianza resami dalla Sperduto Maria Antonietta il 7 marzo’ ’96. La Sperduto mi riferiva che Pacciani e Vanni l’avevano condotta più volte, un paio di volte in quella piazzola dove poi lei ha saputo che si è verificato il delitto ai danni dei francesi. Il Pacciani, all’epoca aveva la FIAT 500; il Vanni la Lambretta e lei era stata prelevata da casa dal Pacciani con la macchina, quindi era stata portata in macchina da Pacciani in questa piazzola dove era sopraggiunto il Vanni con la Lambretta, Qui racconta tutta una scena raccapricciante che ho difficoltà anche al…
Avv. Giangualberto Pepi: Per favore, il teste si astenga dai commenti, eh. Raccapricciante è un commento e non lo può fare.
M.G.: No…
Presidente: Bene.
M.G.: È per la difficoltà che ho nell’esporre quello che ha detto la donna.
Presidente: Va be’, lei…
M.G.: Sì.
Presidente: I particolari nudi e crudi, purtroppo siamo qui…
M.G.: Diceva e raccontava la donna in questo posto di essere stata spogliata, di essere stata picchiata dai due, di essere stata fatta sdraiare nel sedile nella parte davanti con i piedi in fuori e si masturbavano. Poi la lasciavano in… quelle condizioni nuda nella macchina. Li vedeva andare più in sopra dove vi erano delle coppie, quindi si avvicinavano a fare i guardoni di queste coppie e poi ritornavano nuovamente da lei. Faceva sostanzialmente questo quadro con riferimenti più particolari. E quindi sulle frequentazioni, c’è questo riferimento specifico alla piazzola degli Scopeti e ai rapporti avuti da Pacciani e Vanni con la donna. Riferiva anche la donna che i primi tempi aveva avuto anche violenze da Vanni, che aveva difficoltà a congiungersi, il fatto non gli raddrizzava, eccetera… Tornando al Nesi, il Nesi mi riferiva l’episodio della lettera…
Presidente: No, prima della lettera, dei rapporti del Faggi può dire qualche cosa lei?
M.G.: Sul Nesi…
P.M.: Presidente, era una posizione che volevamo trattare come domande unitariamente, se permette, per quello che riguarda Faggi. Volevamo… comunque non c’è difficoltà. Se lei pensa che sia più opportuno per la Corte valutare…
Presidente: No, parlavo della conoscenza dell’imputato. Però ora vediamo un po’ anche il Faggi in che posizione era, tutto qui.
P.M.: Sì, sì, certo. È una domanda che facciamo fra un attimo, eh?
Presidente: Bene, bene.
P.M.: Continuiamo probabilmente con un ordine che forse è quello dell’indagine che arriva comunque a tutti i punti che sono stati esaminati.
Presidente: Bene.
P.M.: Prego, dottore, se vuole andare avanti.
M.G.: Quindi il Nesi riferiva l’episodio della lettera inviata da Pacciani a Vanni specificando che era di pomeriggio, pioveva, Vanni era andato a trovarlo pregandolo di accompagnarlo a casa della moglie di Pacciani perché aveva ricevuto una lettera, aveva necessità di recarsi in quel posto. Una lettera, specificava il teste che Nesi che conteneva, per come gli era stato riferito, ‘fatti brutti, fatti di sangue, cose grosse’. Lui aveva accompagnato col furgone il Vanni a casa di Pacciani e giunti là, il Vanni gli aveva detto di andare via che poi sarebbe tornato con la SITA o con altri mezzi. Comunque non era il caso di attenderlo lì a casa di Pacciani.
P.M.: Ecco, dottore perché… in un altro, no?
M.G.: Si, il teste Nesi abitava all’epoca a San Casciano e il Pacciani, quindi la moglie di Pacciani a Mercatale. Sull’episodio della lettera, per seguire un ordine logico, rilevavo altri riscontri nelle testimonianze di Ricci Walter. Ricci Walter aveva dichiarato in più occasioni, esattamente il 5 novembre ’91, il 13 novembre ’91, il 27 novembre ’95 di essere a conoscenza di lettere di minacce inviate da Pacciani a Vanni. E quindi aveva riferito di uno stato di paura in cui si trovava il Vanni. Specificava di sapere ciò per aver ricevuto le confidenze direttamente dal Vanni. Sullo stato di paura del Vanni cito anche come riscontro la testimonianza di Nesi Aldo, armiere di San Casciano che sentito il 19 marzo ’96, dichiarava che circa sei ani prima, intorno all’anno ’90 – e come riferimento temporale dà l’epoca in cui ancora era in servizio alla stazione di San Casciano il maresciallo Lodato – il Vanni si era recato più volte nella sua armeria, per cinque volte, dice il teste, seriamente intenzionato ad acquistare una pistola. Lui gli aveva chiesto come mai volesse acquistare quest’arma e gli era stato risposto che intendeva acquistarla perché aveva paura. Gli aveva fornito le notizie per poter acquistare la pistola, i documenti che era necessario presentare e diceva il teste: ‘mi sembrava preoccupato, lo indirizzai dai Carabinieri per il prescritto nullaosta e lo vidi pure entrare poi dai Carabinieri. Comunque la pistola non l’ha acquistata’. Andò cinque volte, ma non l’ha acquistata.
P.M.: Le precisò, cioè, lei ha potuto chiarire, dottore, in che epoca siamo quando fa questo… Il Nesi Aldo a che periodo si riferisce?
M.G.: Al ’90-’91.
P.M.: Ecco. Così dice
M.G.: Sì.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: E siamo all’incirca nello stesso periodo di cui parla il Nesi Lorenzo. Perché dice: ‘quando Pacciani stava dentro per la questione delle figlie’. E viene scarcerato Pacciani il 5 dicembre ’91.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Sempre sullo stato di paura, di preoccupazione di Vanni…
P.M.: Ma il Vanni esternò al Nesi Aldo i motivi per cui aveva paura?
M.G.: No, non glieli esternò. No. Infatti il Nesi dice: ‘mi sembrò preoccupato, mi sembrò strana questa richiesta’, ma non glieli esternò. Non glieli specificò. Non glieli specificò, questo no… il Nesi non lo ha dichiarato, ecco. Per quanto riguarda lo stato di paura, di turbamento anche del Vanni, il Nesi Lorenzo ha fornito ulteriori precisazioni. Sentito, sempre su delega del P.M., il 26 febbraio ’97, il Nesi Lorenzo dichiarava che, quando aveva affrontato con Vanni il discorso delle imputazioni di Pacciani, Vanni si era turbato. Per cui gli aveva chiesto: “O Mario” – dico testuale – “forse, hai fatto qualcosa anche tu”, Mario era sbiancato e gli aveva chiesto di accompagnarlo a casa. Il Nesi faceva presente che, il Nesi Lorenzo, che lui aveva iniziato a sospettare del Vanni, anche perché il Vanni, quando parlava del Pacciani, gli aveva detto che ‘con_ Pacciani aveva fatto cose brutte, cose che non vanno bene’. Faceva presente anche il Nesi Lorenzo che aveva esternato questi suoi sospetti agli investigatori dell’epoca e comunque, vedendo poi che era rimasto fuori dall’inchiesta, si era tranquillizzato perché lui era stato un ottimo amico del Vanni e quindi per lui sarebbe stato un trauma vedere che l’amico era implicato in quei fatti. L’aveva pensato, però poi si era tranquillizzato. Riferiva poi, sempre sullo stato di turbamento del Vanni, che negli anni’80-’85 il vanni era molto cupo, triste, come depresso. Diceva ‘non era in pratica il Vanni di sempre’.
Presidente: Va be’.
M.G.: Questo per completezza. A proposito della lettera, ho fatto riferimento prima a questo particolare che risultava dai verbali di Ricci Walter e in particolare dal verbale del 27 novembre ’95 dove il Ricci Walter dice: “Quando Vanni mi parlava di queste lettere faceva caldo, forse era settembre. Mi ricordo anche che diceva che doveva andare dall’avvocato” – riferendosi all’avvocato di San Casciano – E che doveva fargli vedere una cosa. P.M.: Fatto, anche e soprattutto in merito alla posizione poi del Corsi?
M.G.: Sì, su questo punto dell’avvocato Corsi, sempre su delega, io ho sentito l’avvocato. Il quale ha confermato il rapporto di conoscenza, di saltuaria frequentazione per cene di gruppo…
Presidente: Va be’, sappiamo…
M.G.: Però ecco, la circostanza l’avvocato l’ha negata, tant’è che io mi fermai subito col verbale e lo trasmisi poi all’ufficio del Pubblico Ministero. Passerei al Faggi. I riscontri effettuati sui rapporti Faggi-Pacciani.
P.M.: Ecco dottore, scusi.
M.G.: Prego.
P.M.: Sempre per focalizzare bene. Lei, le viene data una delega a questi riscontri sempre a seguito delle dichiarazioni di Lotti, dico bene?
M.G.: Sicuramente.
P.M.: Stiamo parlando sempre di riscontri che lei ha fatto a seguito di dichiarazioni di Lotti che riguardano la persona del Faggi.
M.G.: La persona del Faggi.
P.M.: È così?
M.G.: Sulla base dei verbali trasmessimi dall’ufficio del Pubblico Ministero degli interrogatori del Lotti.
P.M.: Ecco. Vediamo allora per ordine, dando per scontato o comunque come fatto sul quale lei non riferisce, quali sono queste dichiarazioni del Faggi? Ovviamente, se le serve per spiegare, veda un attimo di farci capire anche questo aspetto, che ci consente meglio di capire sennò come mai ha fatto i riscontri.
M.G.: Sì.
P.M.: Grazie.
M.G.: Dunque, i riscontri su questi rapporti li rilevavo da più fonti.
Presidente: Cioè Faggi-Pacciani.
M.G.: Faggi-Pacciani. Ed anche Vanni. Le dichiarazioni innanzitutto di Pucci Fernando, il testimone oculare al delitto degli Scopeti. Il Pucci Fernando, nel verbale di interrogatorio del 18 aprile ’96, riferiva di aver saputo da Lotti che nell’85 nel delitto dell’85’… nel delitto dell’85 c’era quello di Calenzano in macchina che lui però non l’aveva visto, l’aveva saputo dopo. A proposito di quello di Calenzano, dice che si trattava di un amico di Pacciani, che era una persona che veniva anche a San Casciano, che lui in un’occasione aveva visto. E poi, in sede di individuazione fotografica, riconosce questa persona proprio per il Faggi Giovanni. Prima la descrive fisicamente.
Presidente: E dove lo vide lui?
M.G.: Prego?
Presidente: Dove l’aveva visto?
M.G.: A San Casciano, con Pacciani e Vanni. Prima la descrive fisicamente, dice: ‘è una persona più alta di me, che sono alto 1,70, mi sembra che avesse i capelli pettinati all’indietro, ‘l’ho visto anche in televisione al processo Pacciani’ e poi lo riconosce per Faggi Giovanni. Altro riscontro che ho rilevato: le dichiarazioni di Malatesta Luciano in particolare il verbale del 7 marzo 1996. Il ragazzo, in quella occasione del 7 marzo, dichiarava, a proposito delle persone che frequentavano la sua abitazione quando abitava, quando stava in via di Chiantigiana, alla Sambuca, che un altro frequentatore di quella casa era un uomo che aveva, visto bene nel processo di I grado a carico di Pacciani. Dice: “era rappresentante di materiale edile di Calenzano, ricordo che teneva un’agenda appoggiata sulle ginocchia e mi meravigliò il fatto che riferiva di una superficialità di conoscenza con Pacciani. Io quest’uomo invece lo vedevo proprio tra le persone che frequentavano casa mia, lo vedevo che girava anche davanti casa mia come in atteggiamento da spiare, a bordo di una macchina grossa di colore scuro”. Questa circostanza della macchina grossa trova riscontro negli accertamenti al PRA, sulle macchine possedute in quegli anni da Faggi. Infatti il Faggi dal ’76 all’80 aveva una Peugeot 504, dal ’79 all’81 – quindi per un certo periodo due macchine – un’Opel Record, quindi anche una macchina grossa, di colore marrone. E gli anni a cui fa riferimento il ragazzo sono quelli, perché in via Chiantigiana la Sperduto con i figli, è rimasta ad abitare fino all’80. Poi dall’80 è andata ad abitare fino all’83 in via di Faltignano, accanto a Mario (NdR: alvatore Indovino) Indovino. Quindi in questa abitazione dove c’erano queste frequentazioni, dove c’era questo movimento di persone, dove il ragazzo ha visto questa persona – riconosciuta poi per il Faggi – con la macchina grossa, si riferisce all’abitazione di via Chiantigiana, alla Sambuca, quindi in epoca antecedente all’80. E le macchine, dal ’76 fino al 13 luglio ’81, del Faggi sono entrambi due macchine grosse: la Peugeot 504 e l’Opel Record.
P.M.: Dottore scusi, stava mettendo in evidenza che in alcuni periodi il Faggi aveva più macchine, o ho capito male?
M.G.: Sì, in questo caso abbiamo accertato che…
P.M.: Almeno al PRA.
M.G.: Al PRA. Sono i dati del PRA che il Peugeot 504, targata Firenze 848679, l’ha posseduta dal ’76 fino al 5 aprile ’80 e l’Opel Record, targata Firenze A00705 – di questa abbiamo anche il colore – di colore marrone, l’ha posseduta dal 21 luglio ’79, e quindi già possedeva anche la Peugeot.
P.M.: Per un anno aveva due macchine.
M.G.: Sì, c’è un accavallamento di cinque… di nove mesi, fino al 13 luglio dell’81.
P.M.: Bene.
Presidente: Queste sono notizie del PRA?
M.G.: Queste sono notizie del PRA. Che ai fini del riscontro nostro, sulla macchina grossa, trovavano comunque conferma. P.M.: Stavamo parlando delle conoscenze… Prego, prego.
M.G.: Stavamo parlando del Faggi e dei riscontri che ho eseguito sui rapporti Faggi-Pacciani-Vanni.
P.M.: Certo.
M.G.: Altro riscontro: che la conoscenza fra Pacciani e Faggi, da come si è potuto accertare con l’assunzione di più testimoni – e cito – non è avvenuta in un ristorante del Mugello. All’atto di quella conoscenza ci sarebbe dovuto essere presente anche un amico del Faggi, tale Giugni Renato, poi morto del ’94, ed i i figli di questo Giugni Renato. Il Giugni è morto, ho sentito i figli, Giugni Stefano e Giugni Tiziano, che hanno negato la circostanza. Dice: ‘no, non siamo mai stati con nostro padre in un ristorante del Mugello’. Altro riscontro, anzi più riscontri ho rilevato da esiti di perquisizioni domiciliari sui rapporti fra Faggi e Pacciani. Perquisizioni domiciliari eseguite sia a carico di Pacciani che a carico del Faggi stesso.
P.M.: Quindi riscontri documentali?
M.G.: Riscontri documentali che adesso cito. A carico di Pacciani, nella perquisizione a carico di Pacciani era stata rinvenuta una cartolina datata 10 marzo ’79 inviata da Calenzano da parte di Faggi con il seguente contenuto: “Caro Pietro, sono stato fuori la Toscana a lavorare, ti ricordo sempre con grande piacere. Fammi sapere se posso venire a trovarti. Quel tuo amico che aveva bisogno di pavimenti e rivestimenti. Sentimi, dimmi quando devo venire, il giorno e l’ora pressappoco, e dove. Ti saluto tanto, dal tuo amico Faggi Giovanni”. Altro riscontro…
P.M.: Che data è, scusi?
M.G.: 10 marzo 1979. Il timbro di partenza da Calenzano.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Poi una lettera con timbro postale di spedizione, sempre da Calenzano, del 12 marzo 1979. E timbro di arrivo del 16 marzo 1979, sempre inviata da Faggi a Pacciani, dai seguente tenore: “Fammi sapere quando devo venire. Dimmi se ti è andata bene la tuta che ti portai. Nuovamente ti saluto tanto, Faggi Giovanni”. Perquisizione a carico di Faggi Giovanni, altri riscontri documentali. In un calendario del 1977, in corrispondenza del 3 ottobre…
P.M.: ’77?
M.G.: ’77. 1977. In corrispondenza del 3 ottobre risultava scritto e sottolineato il nome di Pacciani Pietro, San Casciano. La perquisizione a cui faccio riferimento è quella avvenuta il 30 giugno 1990, a casa di Faggi. In un’agenda dell’anno ’77, in corrispondenza del 5 dicembre, quindi sempre anno 1977, vi era la seguente annotazione: “Ore 17.30 circa, a Montefiridolfi, materiali muratori per Pacciani, Pietro. Scritta lettera il 28 novembre 1977” Questo riscontro documentale risultava dalla perquisizione, a casa sempre del Faggi, eseguita il 17 maggio 1996. Altri riscontri a conferma della qualità di “buco” che risultava dal verbale di interrogatorio, attribuito a Faggi.
P.M.: Mi scusi, dal verbale di interrogatorio cioè qualcuno… ciò che dice il Lotti?
M.G.: Si, ciò che dice il Lotti.
P.M.: Ecco, benissimo.
M.G.: Sì, io mi sto guardando dal fare riferimento al Lotti per non creare…
P.M.: No, no, ma sa, sennò veramente…
M.G.: Il Lotti aveva detto…
M.G.: Dal Lotti.
P.M.: Cioè veniva indicato con queste caratteristiche.
M.G.: Sì, come il Giovanni di Calenzano che gli aveva detto Vanni, era “buco”. Questa era la qualità attribuita…
P.M.: Lo indicavano così loro.
M.G.: Lo indicavano così e risultava dall’interrogatorio di Lotti.
P.M.: Lei ha verificato se in qualche modo c’era qualcuno che diceva la stessa cosa.
M.G.: Esatto.
P.M.: Bene. Vediamo un attimo cosa…
M.G.: Innanzitutto i figli di G.R., che era l’amico intimo del Faggi e che è morto, il G.R. come ho detto prima, nel ’94. I figli riferivano proprio di un rapporto particolare che esisteva tra il genitore e il Faggi. Rapporto che era visto male dalla propria madre, anche per le voci che circolavano in paese.
P.M.: Cioè con caratteristiche omosessuali? Dice questo.
M.G.: Sì, ecco, i figli non l’hanno detto espressamente… sono i figli. Però quello che hanno riferito in maniera particolare che era un rapporto intimo…
P.M.: Con le indicazioni…
M.G.: … particolare che faceva discutere, faceva parlare nel paese e la madre era molto contrariata di ciò. Poi altro riscontro documentale, più riscontri, in questa direzione, li rilevavo dall’esame delle agende sequestrate a Faggi.
P.M.: Ci vuole spiegare?
M.G.: Sì. Nelle agende sequestrate a Faggi, in occasione dell’arresto e della perquisizione del 1 luglio ’96…
P.M.: Quindi perquisizione che avete fatto voi successivamente?
M.G.: Esatto.
P.M.: Per questa indagine?
M.G.: Per questa indagine, in occasione dell’arresto, per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare e del decreto di perquisizione. Abbiamo eseguito la perquisizione sia nell’abitazione che nelle pertinenze, tra cui il garage della macchina adibito anche a deposito e abbiamo trovato, lì e sequestrato diverso materiale. Tra cui falli di legno di varie dimensioni, numerose agende anche degli anni ’70, degli anni ’80. E nelle agende per come è emerso dall’esame di esse, erano riportati più volte apprezzamenti su uomini.
P.M.: Ce le può indicare…
M.G.: Posso citarne alcuni che ho riferito nell’annotazione.
P.M.: Sì, dato che l’annotazione…
M.G.: Sì, sì. In un’agenda dell’anno 1976, al giorno 22 aprile, risultava scritto; “Fuci” – oppure Fici, non si capisce bene il cognome – “impresa edile da Pucci Roberto. Bello. È stato lui in prolungato sguardo. Muratore. Dato mio biglietto da visita. Viene a trovarmi”. Agenda anno ’76, sempre, al giorno 23 maggio, l’annotazione: “Andarlo a trovare per materiale, Fici” – o Tici – “Pasquale. Da P. R.. Bel materiale. Bello” . Agenda anno ’83, giorno 2 luglio, c’è scritto: “Viene alla Casa del Popolo ore 22.00 tardi. G. L. dopo cena viene alla Casa del Popolo”. Al giorno 3 luglio: “Viene a Calenzano L.. Alto. Guasti, più biondo, basso”. Agenda anno ’87, giorno 18 febbraio, c’è scritto: “Graziano va a fare il militare l’11/03/87, detto che mi scriva. Gli ho detto che non perda il mio biglietto da visita. Fatto capire per la foto”. Al giorno 11 agosto c’è scritto: “Con Ostilio, è un leone, tremendo maremmano”. Agenda anno ’88, al giorno 21 febbraio c’è scritto : “Bellissima giornata a Leccio con Alessandro”. Al giorno 16 luglio c’è scritto: “Mi ha telefonato F. della Ceramica B., mi ha detto passato ordine, due … Firenze, detto di venire da me due giorni” – tra parentesi – “fatto capire”. Agenda anno ’89, al giorno 24 gennaio vi è scritto : “Mi ha telefonato V. C. per provare con un giovane di Firenze” – tra parentesi – “si”. Agendina anno ’95, al giorno 29 dicembre ’94 vi è scritto : “Ore 13.00 venuto Luis, dormito bene”. Luis, abbiamo accertato dai documenti rinvenuti e sequestrati, dalle foto, che è un intimo amico del Faggi, cubano, il Faggi è andato anche a Cuba a trovarlo. Quindi c’è scritto: “Dovrebbe venir Luis, telefona. Non venuto, aspettato tutto il giorno”. Queste le annotazioni più…
P.M.: Che a lei sono apparse di mettere in evidenza.
M.G.: Sì, che sono…
P.M.: Da mettere in evidenza.
M.G.: Esatto. Altri riscontri. La testimone Cencin Gina, vicina di casa della Sperduto Antonietta…
Presidente: Si chiama?
M.G.: Cencin.
P.M.: Sono tutti testi indicati nella lista, Presidente.
M.G.: Sentita il 26 maggio ’94 aveva dichiarato di riconoscere il Faggi come persona che aveva visto con Pacciani e Vanni a San Casciano. Altro riscontro: in un’ agenda del 1981,- che è l’anno del delitto, di Calenzano – il 23 ottobre ’81 – in questa agenda rilevavo l’annotazione: “Bella girata a Travalle”. Travalle è località dove si è verificato il duplice omicidio.
P.M.: In che data è questa annotazione?
M.G.: Questa è del 1981, nell’agenda del 1981.
P.M.: Va bene. Poi tanto è in sequestro.
M.G.: Sì, è sequestrata. Altro riscontro: l’abitazione del Faggi, che abita a Calenzano, abita vicino al luogo dove si è verificato il delitto.
P.M.: Lei ha accertato qualcosa personalmente sul punto? Ha visto lei personalmente l’ubicazione sia del posto che della casa, o personalmente non l’ha fatto questo accertamento?
M.G.: No, questo non l’ho fatto personalmente.
P.M.: Non l’ha fatto lei.
M.G.: Però l’hanno fatto i collaboratori e risulta…
P.M.: Lo vedremo.
M.G.: Sì.
P.M.: Bene, grazie.
M.G.: Riscontri su Faggi io avrei terminato.
P.M.: Dottor Giuttari, per completezza, mi sembra che almeno allo stato la ricostruzione delle indagini e dei riscontri che lei ha fatto sono completati. Vorrei riprendere un attimo un discorso che lei aveva fatto ieri in merito agli accertamenti che aveva fatto a riscontro di quelle dichiarazioni, che provengono sempre dal Lotti, circa la detenzione del Vinci del 1983 – il Vinci Francesco – il quale, lei ci ha raccontato e d’altronde lo sapevamo in atti, viene di fatto, scarcerato, comunque scagionato dopo l’omicidio ai danni dei tedeschi. E lei ci ha raccontato quelli che erano gli elementi oggettivi e testimoniali o comunque di co-detenzioni relativi proprio a queste persone. Volevo da lei sapere ancora sulla, diciamo non tanto personalità del Vinci, ma sui rapporti fra il Vinci e questi fatti – o meglio fatti antecedenti, fatti che anche sono oggetto di questa indagine – ha acquisito ulteriori riscontri?
M.G.: Mah, su questo punto ho già fatto riferimento ieri, posso approfondirlo.
P.M.: Sì, grazie. Se crede…
M.G.: In particolare dalle dichiarazioni resemi da Calamosca Giovanni.
P.M.: Ci vuole spiegare?
M.G.: Calamosca Giovanni, richiamo il verbale del 13 marzo ’97. Il Calamosca, come dicevo ieri, è intimo amico di Vinci, aveva anche dato ospitalità al Vinci presso la sua abitazione nell’’82, quando Vinci venne arrestato. Aveva ricevuto delle confidenze da Vinci. Vinci gli aveva detto chiaramente che aveva fatto il delitto del 1968 insieme ai…
P.M.: Questo lo dice Calamosca.
M.G.: Questo lo dice Giovanni Calamosca. Insieme al marito. della Barbara Locci: Stefano Mele. Racconta anche che aveva promesso soldi al Mele per non farsi chiamare in causa, cosa che, il Mele in un primo tempo aveva mantenuto, ma poi vedendo che non arrivavano i soldi aveva fatto dichiarazioni chiamando in causa anche il Vinci Francesco. Gli aveva confidato, in relazione a quel delitto, che la pistola era la sua pistola, era sua questa pistola.
P.M.: Di Vinci
M.G.: Di Vinci Francesco. Il Calamosca, in questa sua dichiarazione testimoniale, dice proprio apertamente: ‘il Vinci mi disse ciò, dato lo stretto rapporto di amicizia e di confidenza tra di noi, con certezza’.
P.M.: Glielo disse quando… Lei ci ha raccontato che voleva scappare…
M.G.: Sì. Glielo disse perché il Vinci, che era preoccupato – e il Calamosca spiega perché era preoccupato il Vinci – il Vinci voleva espatriare, voleva andare, gli aveva detto, il più lontano possibile. E si era rivolto a lui dicendogli di non badare a spese, facendogli quindi capire che poteva disporre di tanti soldi…
P.M.: Come mai a Calamosca? Lei ha appurato la personalità…
M.G.: Calamosca perché Calamosca… Sapeva che il Calamosca aveva amicizie a Milano e quindi dice a Calamosca: ‘vedi se puoi farmi avere, tramite le tue amicizie, un passaporto per espatriare il più lontano possibile. Non badare a spese perché i soldi ci sono’. Poi non ebbe la possibilità il Calamosca di muoversi perché dopo qualche giorno il Vinci fu arrestato, il 15 agosto dell’82. Però pochi giorni prima dell’arresto ha manifestato questa sua volontà di andar via dall’Italia, questa sua preoccupazione. Preoccupazione, dice il Calamosca, che era ricollegabile alle vicende dei delitti del mostro, in quanto, a giudizio, a quello che ha capito il Calamosca il Vinci ricattava la persona a cui aveva dato la pistola. E a proposito di questo ricatto il Calamosca cita poi l’omicidio del Vinci. Calamosca dice: ‘veda, e questo non è solo un pensiero mio ma è la voce che circola nell’ ambiente anche del Vinci, nell’ambiente dei sardi che io conosco bene. Non ha voluto comunque, non ha fatto i nomi di questi personaggi sardi. Ma ha detto: “la voce che circola, il Vinci è stato ammazzato perché non era più affidabile, nel senso che avrebbe potuto parlare perché si ubriacava, non era più riservato, costituiva un pericolo”. Pensi un po’, sono queste dichiarazioni di Giovanni Calamosca che risultano da questo verbale che ho citato prima. Il Calamosca: ‘il Vinci che io, ripeto, conoscevo benissimo, era in fondo un ladro di bestiame, faceva furtarelli di bestiame che poi andava a vendere a ricettatori. Non era un doppiogiochista – usa questa parola – e spiega: ’doppiogiochista nel senso che era uno che dava soffiate alle Forze di Polizia. Quindi, per essere ucciso con quelle modalità in quel modo, bruciato, incaprettato nel cofano della macchina’ – dice lui e dicono le voci dell’ambiente sardo – non è sicuramente per le attività delinquenziali cui era dedito il Vinci’. Quindi il Calamosca parlava di questo stato di preoccupazione. E ieri ho fatto cenno che queste dichiarazioni riscontravano, andavano ad incastrarsi con quelle là di Sgangarella che aveva riferito dello stato di preoccupazione di Vinci, perché glielo aveva manifestato il Vinci stesso. Andavano ad incastrarsi con quelle di don Cuba che aveva visto Vinci in carcere disperato, si sbatteva la testa al muro. Calamosca diceva che lui aveva sempre sospettato, quando si erano verificati i delitti attribuibili al “mostro” che Vinci comunque sapesse notizie su questi fatti, proprio perché, dice, diceva: ‘io ero a conoscenza che la pistola con cui erano stati fatti tutti questi delitti era una pistola che all’origine era di Vinci Francesco. Quindi, per me, quando si verificavano questi delitti, io pensavo che comunque sapeva, era uno che sapeva’. Il Giovanni Calamosca, sempre in queste sue dichiarazioni ho fatto un breve cenno ieri delle frequentazioni del bar di Prato dov’era stato anche Calamosca a cercare il Vinci. E poi di questo incontro del Vinci in una trattoria del Barberino con una donna riconosciuta…
Presidente: Senta, questo Calamosca, che fine ha fatto?
M.G.: Questo Calamosca è a casa sua, è vivo.
Presidente: È vivo.
M.G.: È vivo a casa sua.
P.M.: Bene. Presidente, la domanda, il dubbio suo è legittimo. Lo abbiamo avuto tutti.
M.G.: Questo io l’ho…
P.M.: Non fanno che morire, quelli che parlano…
M.G.: No, siccome non è indicato tra le persone da sentire, poteva avere una certa rilevanza. Lo dicevo per questo, lo volevo sapere per questo.
P.M.: Lo chiederemo alla Corte di integrare… Evidentemente è una svista.
Presidente: Eh.
M.G.: Io l’ho sentito…
P.M.: Vediamo, se la Corte lo ritiene…
M.G.: Io l’ho sentito il 13 marzo ’97…
Presidente: Eh, appunto, si può… con il 507.
P.M.: Certo. No, mi riferivo benissimo a quello. Invocavo quel potere della Corte perché evidentemente è scappato.
Presidente: Sì, SÌ.
M.G.: L’ho sentito il 13 marzo del ’97 su delega del P.M.
P.M.: A meno che non sia fra gli imputati di reato connesso… Allora è scappato. Se è indispensabile ne faccio richiesta già da ora. Dottore, ha altro sul punto?
M.G.: No, stavo riferendo per ultimo la circostanza già di questa…
Presidente: Scusi se l’ho interrotta, ma è un appunto da…
M.G.: Prego. No, no, io…
Presidente: È un punto da precisare, perché poi sfugge.
P.M.: No, no, me lo
M.G.: Comunque è vivo. Il Calamosca è a casa.
Presidente: Si parlava di morti impiccati, bruciati…
P.M.: Sì, ne siamo tutti… Comunque il verbale c’è, Presidente.
Presidente: Va bene.
P.M.: Sempre per quei numeri lì del Codice…
Presidente: Va bene.
M.G.: Niente, stavo dicendo, sempre per completare, che in questa sede della deposizione, lui, il Calamosca esamina un fascicolo che contiene parecchie fotografie, fascicolo fotografico che è allegato al verbale. Quindi è stato trasmesso all’ufficio del Pubblico Ministero. Riconosce vari personaggi, tra cui il Vinci Francesco, chiaramente; il Vinci Salvatore che è il fratello di Vinci Francesco. Riconosce Sgangarella Giuseppe, riconosce la moglie di Vinci, riconosce la Rescignino (NdR: Rescinito) Alessandrina che è una donna con cui era stato Vinci negli anni ’70, aveva avuto una relazione. Riconosce il Rubino… Riconosce, tra queste, la donna presentatagli dal Vinci nella trattoria di cui lui non sapeva il nome e che è risultata essere, da questo riconoscimento, la Milva Malatesta.
M.G.: Infatti lui dice, quando riconosce questa donna e viene detto dopo il riconoscimento che si tratta di Milva Malatesta: ‘io, quella persona l’ho vista al ristorante con Vinci, però non so il suo nome’. Quindi lui l’ha ricordata cosi come l’ha vista.
Presidente: Senta, dove sta questa persona, il Calamosca?
M.G.: Questa sta in località Caburaccia numero 14 di Firenzuola. È un po’ disagiato arrivare. Io conosco il posto perché siamo…
Presidente: Località?
M.G.: Coburaccia, Coburaccia.
P.M.: Caburaccia.
M.G.: Caburaccia. Abbiamo eseguito anche una perquisizione domiciliare, quindi sono andato sul posto. Ed è nel comune di Firenzuola, località Coburaccia, via II Poggio numero 14. È nato a Imola provincia di Bologna. Il Calamosca non è sardo. Ha avuto sempre ed ha tuttora amicizie sarde, perché è un possidente, ha dei terreni, ha degli allevamenti. Ha avuto ed ha come dipendenti sardi.
Presidente: Nel Mugello, nel Mugello, no?
M.G.: Prego?
Presidente: Firenzuola nel Mugello.
P.M.: Si, sì, Mugello.
M.G.: Sì, si esce a Barberino, poi si…
Presidente: Sì, sì. Insemina, è lì vicino. Va bene.
M.G.: Io avrei terminato.
P.M.: Bene, Presidente. Anch’io ho terminato, chiedo un attimo, una piccola sospensione e poi vediamo se passare al controesame…
Presidente: Facciamo una sospensione di dieci minuti, poi il controesame degli… Va bene.
P.M.: Va bene, grazie.
Avv. Giangualberto Pepi: Dicevo, per il controesame, siccome io ho da fare un controesame penso non brevissimo…
Presidente: Può farlo anche domani mattina.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. No, ecco. Dicevo proprio quello.
Presidente: Iniziamo la mattinata, poi non… Il tempo che vuole, siamo qui.
Avv. Giangualberto Pepi: Certo.
Presidente: Bene. Sospendiamo dieci minuti, eh.
Presidente: Ci siamo tutti? Sì. Allora, il dottor Giuttari è al suo posto ancora per un po’. Allora, le parti civili, chi vuol parlare?
Avv. Luca Saldarelli: Avvocato Saldarelli, difensore di parte civile. Dottor Giuttari, lei ha parlato delle dichiarazioni del Calamosca, riferendo anche il luogo ove il Calamosca abita, o dove vive che è quella località La Caburaccia, come lei ha riferito. Senta, la domanda che le volevo fare è la seguente: dagli atti del suo ufficio, questa località è stata oggetto di attenzione o di accertamenti pregressi in relazione ad altri episodi criminosi?
M.G.: Si, sì. Rispondo affermativamente. Risulta dagli atti che è una località, e lo stesso Calamosca per altro ha costituito negli anni ’70 soprattutto anche i primi anni ’80, oggetto di particolare attenzione investigativa in ordine a sequestri di persona a scopo estorsivo…
Avv. Federico Bagattini: Mi scusi, Presidente…
Presidente: Si.
Avv. Federico Bagattini: Sono l’avvocato Bagattini.
Presidente: Prego.
Avv. Federico Bagattini: Se fosse possibile, prima che il dottor Giuttari completi la sua risposta, spiegare i motivi della rilevanza di questa domanda.
Presidente: Adesso ce lo spiegherà.
Avv. Federico Bagattini: No, lo spieghi prima chi pone la domanda, ecco.
Avv. Luca Saldarelli: Se c’è una formale opposizione, Presidente, posso anche spiegarla.
Presidente: Eh, penso di si.
Avv. Luca Saldarelli: Il senso della domanda.
Presidente: A questo punto penso di sì.
Avv. Luca Saldarelli: Siccome stiamo parlando, il dottor Giuttari in particolare ha riferito di alcuni elementi significativi relativi ai rapporti e alla conoscenza tra gli attuali odierni imputati e alcuni sardi, o particolare riferimento a Vinci, al fratello e ad altri, la domanda a mio avviso è pertinente, soprattutto laddove fosse individuabile un collegamento pregresso nel tempo e risalente a molti anni prima per l’appunto riferibile a quella tale località, che non è una metropoli, perché la Corte lo sappia. In realtà è poco più di un casolare. Quindi la domanda, a mio avviso, è assolutamente pertinente, perché quella località è stata oggetto di approfonditi accertamenti in relazione ad alcuni soggetti che poi ritroveremo anche in questo processo.
Presidente: Bene. Può continuare.
M.G.: Posso?
Presidente: Sì.
M.G.: Si, stavo dicendo che quella località che effettivamente si tratta di qualche casolare, un vasto appezzamento di terreno dove esistono sempre distanziati l’uno dall’altro altri casolari, alcuni abitabili, altri no di proprietà tutti di Calamosca, nel passato – risulta questo dagli atti – sia negli anni ’70 che i primi anni ’80, ha formato oggetto di particolare attività investigativa – e lo stesso Calamosca ha costituito oggetto di attività investigativa – in relazione a sequestri di persona a scopo di estorsione e per i quali erano stati sospettati, indagati, imputati, personaggi di origine sarda. Ha costituito inoltre oggetto della ricerca di latitanti anche noti di origine sarda che si riteneva potessero trovare rifugio proprio in quella località. E posso citare anche il nome di Mario Sale, Marino…
Presidente: Non occorre, non occorre.
M.G.: Non occorre?
Presidente: Non occorre, no.
Avv. Luca Saldarelli: Ecco, risulta dagli atti dell’indagine che quella particolare località, o il Calamosca medesimo in quella sede abbia avuto rapporti con Vinci, con il fratello del Vinci ed altri soggetti di questo processo?
M.G.: No, risulta – e questo l’ho anche detto – che ha avuto rapporti sicuramente con Vinci Francesco il 15 agosto del 1982. È stato catturato, è stato ricercato perché colpito da un provvedimento di cattura per il reato di maltrattamenti in famiglia ed altro, è stato catturato proprio in quella località, proprio in una abitazione del Calamosca. Risulta poi – questo sempre dal verbale del Calamosca di cui ho fatto cenno prima – che il Vinci Francesco, proprio negli anni ’70, agli inizi degli anni ’70 quasi subito dopo la conoscenza col Calamosca, si era intrattenuto alcuni giorni lì da lui insieme ad una donna che aveva all’epoca, una certa Rescignino (Rescinito) Alessandrina. E aveva fatto anche dei lavori di pitturazione nell’abitazione del Calamosca medesimo. Questo risulta già nel verbale del marzo ’97.
Avv. Luca Saldarelli: Ecco, dottor Giuttari, vorrei da lei sapere con precisione, se ovviamente è in grado di riferirlo, proprio la collocazione geografica di questo sito, cioè della Caburaccia.
M.G.: È un posto sicuramente isolato. Ma per raggiungere la casa del Calamosca e poi le altre case e gli altri casolari di proprietà del Calamosca su questo appezzamento esteso di terreno di proprietà del Calamosca bisogna percorrere una stradina in terra battuta che in alcuni punti anche non è agevole. Diciamo che, ecco, se può interessare, il luogo nell’ottica anche investigativa, in una indagine sui sequestri di persona, è sicuramente con tutta probabilità, direi meglio, un posto che si presta a quel tipo di gestione di reati
Avv. Luca Saldarelli: Ecco…
M.G.: E anche per i latitanti.
Avv. Luca Saldarelli: Ma a me, quello che più interessava, era sapere per esempio come ci si arrivava, percorrendo quali strade statali.
M.G.: Ma guardi, si può arrivare da più posti.
Avv. Luca Saldarelli: Ecco.
M.G.: Io posso indicare la strada che ho fatto io per arrivarci. Uscendo al casello di Barberino, usciti dal casello, si va poi a sinistra, l’indicazione Firenze; a un certo punto c’è il bivio Firenze- Bologna sulla strada chiaramente provinciale si va verso Firenze, quindi si torna indietro verso Firenze. Si arriva ad un altro incrocio dove c’è un cimitero americano. In questo posto, a questo incrocio dove c’è il cimitero americano, si svolta a sinistra, si percorre questa strada verso Firenzuola. Ad un certo punto c’è un altro bivio sulla destra che indica proprio Firenzuola. Si percorre questa strada quindi sulla destra di questo bivio che c’è a questo bivio. Percorrendo questa strada, dopo cinque-sei chilometri circa, sulla sinistra c’è questa strada in terra battuta che porta alla proprietà del Calamosca e che si raggiunge dopo circa un chilometro di percorrenza.
Avv. Luca Saldarelli: Quindi è collocabile nella direzione Mugello?
M.G.: Sì, esatto. Sì, sì.
Avv. Luca Saldarelli: Grazie, non ho altre domande.
Presidente: Avvocato Colao? Chi è che vuol parlare?
Avv. Giampaolo Curandai: Dottor Giuttari… Sì, avvocato Curandai per Laura Rontini. Avrei una sola domanda dottore: proprio ai fini di sondare la attendibilità di Lotti, il quale ci riferisce alcune cose e ci fa capire, ci fa dedurre determinati particolari indirettamente. Allora la domanda è questa: per quanto riguarda le sue conoscenze, gli sportelli di sinistra e di destra del furgone delitto di Giogoli, come si presentavano ai primi inquirenti? Cioè ai Carabinieri al momento dei primi sopralluoghi, al momento delle prime ispezioni? Vale a dire, chiusi o aperti?
M.G.: Sì, ho capito. Dunque, chiaramente io all’epoca non andai sul posto, che non c’ero. Però leggendo gli atti, vedendo le fotografie, abbiamo fatto anche vedere qui le foto, posso dire che gli sportelli lato destro accanto al guidatore, per intenderci, era aperto. Tant’è che effettivamente ho fatto vedere, c’era il bossolo sul sedile, segno che avevano, era stato esploso il colpo di pistola, almeno uno all’interno del furgone. Mentre gli sportelli del lato sinistro erano chiusi. È questo quello che risulta dalla lettura degli atti.
Avv. Giampaolo Curandai: Grazie, dottore.
Avv. Aldo Colao: Dottor Giuttari, lei si è riferito a quel famoso cartellone col “Sì” e col “No” che faceva precisamente risalire a riti quantomeno occulti. Non voglio dire magici, ma riti occulti dell’inconscio. Ora io chiedo: queste pratiche dove venivano esplicate?
M.G.: Sì…
Avv. Aldo Colao: Lei ha potuto nel corso delle sue indagini accertare dove venivano esplicate questi riti di interrogazione del cartellone?
M.G.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, opposizione. Avvocato Pepi.
Presidente: Cosa?
Avv. Giangualberto Pepi: Opposizione, avvocato Pepi. È irrilevante ai fini del processo, i riti magici che eventualmente si siano verificati.
Presidente: Va bene, può darsi che ci sia una motivazione. Continui.
Avv. Aldo Colao: È una precisazione…
M.G.: Posso?
Presidente: Sì, sì.
M.G.: Risulta dalla attività che ho espletato che – e questo da più fonti – che…
Presidente: Scusi un attimo. Noi non conosciamo il movente di questo delitto, tanto per essere chiari, questi delitti. Quindi i motivi possono essere tanti. E una pista potrebbe essere questa. Tutto qui.
P.M.: Siamo qua per accertarlo.
Presidente: Bene. Siamo qui per accertare la verità.
P.M.: Se ci riesce.
Presidente: A favore e contro gli imputati, tutto nel limite in cui è consentito stabilirlo. Bene.
M.G.: Stavo dicendo che ho avuto modo di accertare con l’attività svolta, che questo tipo di riti, da come risulta, satanici c’è chi dice satanici chi…
Presidente: Va bene.
M.G.: Venivano espletati nell’abitazione di via di Faltignano dell’indovino Salvatore. E a tal proposito ricordo la testimonianza della Sperduto Maria Antonietta, la testimonianza della Gabriella Ghiribelli che ha parlato diffusamente delle tracce notate da lei direttamente nell’abitazione dell’Indovino la domenica mattina quando andava a trovare l’Indovino per fare anche le pulizie e sistemare la casa. E ricordo ancora che la Ghiribelli Gabriella, il 27 dicembre del 1995, nell’occasione in cui specificava le tracce che cosa consistevano queste tracce da lei notate, aveva descritto minuziosamente il cartellone che aveva notato, che aveva visto su questo tavolo e che poi, esaminando i documenti sequestrati a suo tempo al Pacciani nel 1990, o meglio, acquisiti nel ’90 e sequestrati dal P.M. nel luglio del ’91, trovavamo un pieno riscontro, perché Pacciani aveva un cartellone a casa descritto che corrisponde perfettamente, si può sovrapporre in maniera proprio piena alle dichiarazioni della Ghiribelli Gabriella del 27 dicembre 795. Quindi, come luogo che io ho accertato da queste risultanze, da queste emergenze investigative, sicuramente l’abitazione di via di Faltignano del mago Indovino, e lo stesso Indovino non faceva mistero della sua attività di mago. Lo stesso Indovino lo scriveva all’inizio di questa sua inspirazione magica, lo scriveva nelle lettere che mandava dal carcere alla Filippa Nicoletti, alla sua donna. E queste lettere sono state sequestrate a casa della Ghiribelli e sono agli atti. Quindi mi sembra come dato accertato, come riferimento è l’abitazione di via di Faltignano.
Avv. Aldo Colao: Dottore, scusi riguardo proprio a questo punto, a queste precisazioni che lei ha svolte, le indagini hanno preso corso in questo senso per verificare se tra i partecipanti a questi riti vi era anche l’odierno imputato ed anche altri che, non so, Pacciani stesso. In qualche modo lei ha indagato in questo senso per vedere se a questi riti partecipavano il Vanni, Pacciani, Lotti, questi personaggi che poi sono coinvolti nella vicenda che ci riguarda.
M.G.: Ma guardi, per questi riti, le testimonianze sono che quelle raccolte sulla frequentazione di quella casa da parte del Lotti che stava con la Filippa Nicoletti che aveva questo rapporto con la Filippa Nicoletti e che frequentava quella casa più assiduamente, soprattutto nel periodo in cui l’indovino era in carcere. Poi abbiamo le testimonianze che parlano di aver visto in quella casa, andare in quella casa, Vanni e Pacciani. Ecco, quindi sono testimonianze che riportano ad una frequentazione da parte degli imputati di quella casa, ma non testimonianze dirette che hanno visto queste persone, questi imputati che facevano ecco questi riti.
Avv. Aldo Colao: Grazie.
M.G.: Non c’è nessuna testimonianza.
Avv. Aldo Colao: Grazie, dottore.
M.G.: Prego.
Avv. Aldo Colao: Per guanto riguarda però le escissioni che è quello che ci interessa e i feticci, queste indagini che lei ha svolto con riferimento a questi riti magici e satanici che ovviamente potevano degenerare come hanno degenerato, che risultati hanno dato per quanto riguarda le escissioni e i feticci? Che orientamento c’è stato da parte della Polizia Giudiziaria?
M.G.: Ma io su questo punto, in questo momento non posso dire nulla, perché non ho certezze. Ci sono attività ancora in corso su altri segmenti investigativi, però non posso riferire io cose che non sono note, oppure cose di cui non ho la certezza. Quindi, a questa domanda, non posso rispondere.
Avv. Aldo Colao: Ma come investigatore lei vede un nesso…
M.G.: Come investigatore io posso avere…
Avv. Aldo Colao: Un nesso, una connessione.
Avv. Giangualberto Pepi: Opposizione, opposizione. Questo…
Avv. Aldo Colao: Va bene, allora passo a un’altra domanda. Per quanto riguarda i contatti fra Sgangarella e Pacciani, lei ha detto che Sgangarella promise in dono una casa a Pacciani. Naturalmente avrà indagato i motivi di questa promessa di una casa. Una casa non è una cosa da poco.
Presidente: Ha già risposto precedentemente, non ha…
M.G.: No, questo mi pare di essere stato ieri…
Presidente: Sì, bene.
Avv. Aldo Colao: Allora grazie, non ho altre domande.
M.G.: C’è don Cuba che conferma di questo ruolo, però il motivo non è emerso.
Presidente: Allora, altre domande? Ah, l’avvocato Patrizio Pellegrini.
Avv. Patrizio Pellegrini: Al duplice scopo di sostenere, se ce n’è bisogno, la richiesta avanzata stamattina dal Pubblico Ministero di sentire ai sensi del 507 Calamosca Giovanni e di dare una indicazione su quella che è la personalità e in qualche modo la rilevanza, gli agganci, le connessioni che questo personaggio ha con i fatti di cui discutiamo, le chiedo dottor Giuttari, se le risulta dagli atti della sua indagine che Calamosca fu sospettato, indagato e processato per detenzione di armi.
M.G.: Sì, sì.
Avv. Patrizio Pellegrini: E se tra queste armi si riteneva che vi fosse anche la famosa Beretta calibro 22.
M.G.:S, sì, questo è un fatto che già risulta anche processualmente. Mi risulta dagli atti, l’ho letto. Il Calamosca in particolare subito dopo il delitto dell’85 venne inserito nella rosa dei soggetti da perquisire, da controllare, da attenzionare nell’ambito proprio delle immediate indagini su quel delitto. Quindi venne sospettato insieme ad altri, insieme anche ai Vinci, venne sentito. Ricordo proprio il verbale del 9 settembre. Il Calamosca venne sentito subito, subito dopo la scoperta del delitto. E poi, nei giorni seguenti, costituì oggetto di una attività investigativa più approfondita che si è articolata anche con perquisizione domiciliare dovuta anche perché vi erano delle testimonianze raccolte dal Giudice, dagli investigatori che riferivano di un possesso della pistola calibro 22 proprio da parte del Calamosca. Vennero fatte delle perquisizioni, venne trovato, ricordo di aver letto, credo un fucile, ma non la pistola e il Calamosca venne poi arrestato per la detenzione illegale di questo fucile, venne quindi ristretto. Gli venne poi notificata l’imputazione anche relativa ai delitti del mostro, imputazione dalla quale poi è stato completamente scagionato. Questo è quello che io ricordo bene di aver letto a proposito dell’attività specifica su Calamosca in ordine alle armi e alla imputazione per i delitti del mostro.
Avv. Patrizio Pellegrini: La ringrazio.
Presidente: C’è altro? Allora, difensori degli imputati, chi è che vuole parlare?
Avv. Stefano Bertini: Io, Presidente. Avvocato Bertini.
Presidente: Allora, l’avvocato Bertini per Lotti.
Avv. Stefano Bertini: Dottor Giuttari, lei nella sua attività di investigazione ho visto che è sempre stato presente anche negli interrogatori del signor Lotti. Ci vuole spiegare come, in che modo è nata questa volontà di collaborare del Lotti? Se è stata una cosa istantanea, se si è evoluta nel tempo, come si è estrinsecata ai vostri occhi questa volontà.
Avv. Patrizio Pellegrini: Sì. Posso dire – per essere stato, che ha sottolineato l’avvocato, proprio presente anche agli interrogatori fatti dal P.M. – che il Lotti, la collaborazione del Lotti è stata graduale, progressiva nel tempo. Prima infatti aveva la veste di testimone, testimone oculare insieme al Pucci, veste che Pucci ha mantenuto. E poi col tempo, man mano che si facevano i riscontri, man mano che si riferivano al P.M. i riscontri, gli esiti dell’attività delegata dal P.M., di fronte alle contestazioni del P.M. su fatti specifici il Lotti iniziava gradualmente a ammettere e quindi a collaborare, con una collaborazione che, ho potuto constatare è diventata molto ampia negli ultimissimi interrogatori, precisamente in quelli del 16 novembre ’96 e del 23 dicembre ’96, quando il Lotti è riuscito a sbloccarsi, a liberarsi, a spiegare al P.M. i motivi per i quali veniva ricattato, per i quali veniva minacciato da Pacciani ad andare con lui, con loro. E che erano motivi molto intimi, molto personali, che aveva avuto difficoltà prima a spiegare. Infatti ricordo bene – ripeto, per essere stato presente in tutti gli interrogatori – che alla domanda specifica del P.M. : ‘ma perché lei andava?’ ‘Mi minacciavano, mi ricattavano’. ‘Ma ci vuole spiegare in che cosa consisteva questa minaccia, questo ricatto?’ ‘Lo sanno loro’, rispondeva il Lotti. Non aveva la forza, non aveva il coraggio di liberarsi e di spiegare questo ricatto personale, intimo che chiaramente è difficile poter spiegare. Dal 16 novembre, dal 23 dicembre ecco che ho constatato che proprio Lotti era come un’altra persona, ecco, era molto più sciolto, molto più libero, molto più collaborativo.
Presidente: Bene.
Avv. Stefano Bertini: La ringrazio.
Presidente: Altri?
P.M.: Presidente, chiedo scusa, approfitto del fatto che mi sembra… Ecco io, approfittando di alcune delle domande dei difensori di parte civile, chiederei una precisazione al dottor Giuttari.
Presidente: Sì.
P.M.: Ed è questa…
Presidente: Scusi, volevo dire però che noi ci tratteniamo ancora un altro po’, andiamo anche a domani però non è che possiamo interrompere un’ora per andare a domani. No, dicevo all’avvocato Pepi.
Avv. Giangualberto Pepi: … forse un intervento breve, ma non lo so in questo momento.
Presidente: Ha bisogno di un po’ di tempo?
Avv. Giangualberto Pepi: Gli argomenti ci sono tanti, almeno un pomeriggio per riguardare un po’ le carte mi ci vuole.
Presidente: Va bene. Allora
P.M.: Approfitto io, anche se con una domanda abbastanza mirata.
Presidente: Va bene.
P.M.: Ed è questa. Dottor Giuttari lei ha messo in evidenza due elementi: omicidio del 1985, ci sono delle persone, lei ci ha sostanzialmente parlato Ghiribelli-Galli, che dicono di aver visto la macchina del Lotti, e tutto quello sviluppo che sappiamo sulla presenza di quell’auto, fino alla confessione di Lotti. E lei ci ha descritto come nasce. Dall’altra parte ci ha fatto la descrizione di una casa vicina, quella del mago Indovino, di questo personaggio Indovino che è deceduto e quindi non è stato potuto sentire.
M.G.: Nell’87 è deceduto.
P.M.: E con tutte le caratteristiche che ci ha detto e con tutte le frequentazioni che ci ha detto. Io le chiedo: nella raccolta degli elementi testimoniali ha per caso – perché almeno così è il mio ricordo – avuto qualcuno che le ha detto che quella sera in cui fu vista la macchina, che noi sappiamo di Lotti davanti al luogo dell’omicidio dei francesi in macchina con qualcuno c’era anche L’Indovino? Ricorda…
M.G.: Sì, sì, questo.
P.M.: Ecco, cioè c’è una presenza, almeno nel racconto delle persone, di quell’ Indovino anche come spettatore.
M.G.: Sì, sì.
P.M.: Nessuno capisce come mai c’era tutta questa gente, o almeno per capirlo dobbiamo fare uno sforzo perché i racconti sono di diverso tipo. Io le chiedo se qualcuno dei testi che lei ha sentito ha riferito la presenza anche di Indovino, casuale o no, e per quale motivo?
M.G.: In riferimento a quella sera ci sono testimonianze sia di Galli Norberto, che riferisce di essere passato da quel posto con la Ghiribelli e con Indovino, proprio quella notte, stavano porta…
P.M.: Cioè, la sera di cui…
M.G.: La sera del delitto c’era Indovino, dice Galli Norberto..
P.M.: Siccome finora non era emerso.
M.G.: Sì stavano portando a casa l’Indovino, che era ammalato, e il Galli Norberto infatti poi dice: ‘io di solito non faccio quella strada, se sono passato da lì probabilmente l’ho fatto perché avevo l’Indovino a bordo e me l’ha chiesto l’Indovino di passare.
P.M.: Questo dice Galli.
M.G.: Questo lo dice Galli Norberto. Galli Norberto che poi dice che passando dalla piazzola, sotto la piazzola hanno visto questa macchina che era ferma lì all’inizio della piazzola e hanno fatto un commento del tipo: ‘beati loro, contenti loro’. Che, secondo sempre Galli Norberto, il commento sarebbe stato fatto dall’indovino Salvatore. Poi, sempre in relazione a quella sera, c’è una successiva testimonianza della Ghiribelli Gabriella – credo però che l’abbia resa al P.M. la testimonianza, ma che comunque io ho letto il verbale perché mi è stato trasmesso per i riscontri – che fa riferimento ad una riunione nella casa di via di Faltignano… casa di via di Faltignano che dista due chilometri circa dal luogo del delitto, io lo dissi nella prima deposizione, comunque lo ripeto, è vicinissimo. La Ghiribelli in un successivo interrogatorio, che credo abbia reso proprio al P.M., riferisce che la sera prima del delitto lei era stata, come al solito, a casa dell’indovino per fare l’iniezione e c’era una riunione di persone, le solite persone che si riunivano il sabato sera lì e che a suo giudizio, per i segni che poi lei notava la domenica mattina, facevano questi riti. Dice la Ghiribelli in questo verbale: ‘quella sera ricordo che si parlò anche di questa coppia attendata lì nei pressi, agli Scopeti e si commentava come mai stanno là, non hanno paura del buio’, una frase del genere. Ho ricordo di questo, ho memoria di questa dichiarazione della Ghiribelli in un verbale successivo a quello reso a me. Ecco, riferimenti, facendo proprio mente locale a quella sera, i riferimenti testimoniali sono queste due testimonianze del Galli, con la presenza dell’Indovino lì, di transito, insieme a lui e della Ghiribelli, la sera prima del delitto, a casa di Indovino, con questi commenti sulla coppia attendata.
P.M.: Mille grazie. Ancora una domanda per precisare qualcosa che lei ha già detto ma che serve, almeno a me, per capire o far capire meglio. Cioè, lei ci ha parlato di questa casa di via Faltignano, ora io le chiedo se ha fatto degli accertamenti direi, oltre che su fatti, vorrei dire anagrafici, e mi spiego – in questa casa di via Faltignano, negli anni – la mia domanda si riferisce agli anni ‘80-’85 – lei ci ha detto era casolare in cui abitavano sicuramente l’Indovino con la Filippa Nicoletti e quando, lei ha detto, l’Indovino era in carcere c’era stata una frequentazione del Lotti in quella casa con la Nicoletti. Le chiedo: nella casa accanto, proprio nel… accanto, lei ha potuto verificare chi abitava esattamente, perché mi sembra che abitassero persone che lei ha poi citato abbondantemente nella sua ricostruzione a vario titolo. Allora io vorrei che ci dicesse tutte queste persone che lei ha citato come testi, padri, madri, figli, morti o non morti e che ubicazione vi era di questo secondo nucleo familiare rispetto alla casa di Indovino.
M.G.: Sì. Dunque, in questa… bisogna dire che adesso la casa di via Faltignano di cui stiamo parlando, oggi è completamente ristrutturata. Sono state trovate però le foto anche dell’epoca, di com’era all’epoca, sono state anche trasmesse al P.M… La casa, non proprio accanto, in aderenza sulla parte posteriore, quindi proprio alla parte posteriore di questa casa, dove abitava Indovino con la Filippa Nicoletta e che è stata frequentata, nel periodo in cui Indovino era detenuto, da Lotti perché stando con la Filippa andava a trovare la Filippa; accanto, in aderenza proprio a questa casa, dietro, era abitata, abitavano all’ epoca, proprio agli inizi degli anni ’80, un netturbino di Spedaletto, Trancucci Vincenzo credo che si chiami il nome di battesimo. Presso il quale, presso questo netturbino, nell’80 era andata ad abitare la Sperduto Maria Antonietta, che quindi aveva lasciato l’abitazione di via Chiantigiana della Sambuca.
P.M.: Dov’era morto il marito?
M.G.: Dov’era morto il marito il 24 dicembre dell’80. Quindi nell’80, qualche mese prima che morisse il marito, la donna lascia il marito, si trasferisce, conosce il Trancucci, avvia una relazione col Trancucci, si trasferisce nella casa del Trancucci e porta i propri figli. Quindi abitavano all’epoca il Trancucci, la Sperduto Maria Antonietta, i figli Laura, Luciano e Milva…
P.M.: Ecco…
M.G.: … e il convivente dell’epoca di Milva, Limongi Vincenzo.
P.M.: Quello che poi è morto.
M.G.: Quello che poi si è impiccato in carcere, nel ’90, credo, ’91…
P.M.: Quindi abitava lì la Milva Malatesta di cui lei ha più volte parlato nel corso della sua deposizione, come un personaggio, o una persona ora deceduta nelle circostanze che sappiamo – che è comunque presente, tanto è la verità, con relazioni con diversi di questi soggetti, è così?
M.G.: Sì, sì, è proprio così.
P.M.: Fisicamente abitava lì.
M.G.: Fisicamente abitava là con la madre, col convivente, col fratello, la sorella e il Trancucci. Questi erano gli abitanti di quella casa in quegli anni. Da quest’altro lato abitava Filippa Nicoletti, Indovino Salvatore e poi andavano persone a trovare l’Indovino.
P.M.: Non ho altre domande, Presidente. Io ovviamente mi riservo, in seguito, se è necessario di fare, nel corso del dibattimento, qualche altra domanda…
Presidente: Si capisce.
P.M.: …al teste. Quindi se fosse necessario di richiamarlo.
Presidente: Bene. Allora, l’avvocato Pepi… Gli altri avvocati non hanno domande? Bene. Allora, l’avvocato Pepi vuole domani mattina, vuole del tempo, diamoglielo. Allora, si rinvia a domani mattina alle ore 09.00.
P.M.: Grazie Presidente.
Presidente: Bene.
P.M.: Io per domani mattina faccio presente che penso di citare anche un paio di testi perlomeno.
Presidente: Sì, SÌ.
P.M.: E allora approfitterei, dopo il controesame, di sentire – lo dico prima – i signori Rontini, marito e moglie, anche perché il signor Rontini ha espresso il desiderio di essere presente in aula, così rimuoviamo questo ostacolo formale.
Presidente: Bene.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Allora, nuova traduzione dell’imputato Vanni. A domani.