3 Luglio 1997, 13° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Gabriella Ghiribelli, Norberto Galli, Fausto Vinci, Filippa Nicoletti

Avv. Aldo Colao: Presidente, buongiorno, sono l’avvocato Colao.
Presidente: Sì, dica. 
Avv. Aldo Colao: Vorrei fare, vorrei ricordare – se lei mi consente- l’avvocato Beniamino Falautano il quale purtroppo è deceduto in un trapianto di cuore. Era una persona, come voi tutti sapete, corretta, seria. Un professionista che aveva combattuto a lungo con onestà e con onore nelle aule di Giustizia per l’accertamento della verità con decoro, rispettando Giudici, colleghi, parti. Quindi io vorrei che questo ricordo che tra l’altro mi è stato sollecitato anche da alcuni colleghi, volasse alto ed arrivi benedicente per la sua anima che sia accolta fra quella dei giusti. Grazie, Presidente.
Presidente: Ma ora mi sorprende questo fatto. Lo conoscevo molto bene l’avvocato Falautano da parecchi anni. E l’ho incontrato poco tempo fa, non so dire quanto. Era dimagrito molto, mi sono riguardato dal domandare, ho annusato qualche problema. Niente, va be’, si sospende cinque minuti in segno di solidarietà. Va bene? Facciamo… 
Avv. Aldo Colao: Grazie, Presidente. 

Presidente: Allora, Vanni c’è, difeso dall’avvocato… Non mi ricordo il nome, ma… Ah, dall’avvocato Vianello e Pepi. Il Faggi è rappresentato da Fenies.. Lotti: presente, insieme all’avvocato Bertini. Corsi Alberto: non c’è; c’è invece il sostituto, l’avvocato Zanobini. Poi, le parti civili: c’è Colao, c’è Curandai, Voena. Allora, le altre parti chi le rappresenta? Curandai. Bene? 
(voce non udibile)
Presidente: Santoni Franchetti dov’è lui? Eccolo qua, sì. Bene. Le altre parti sono rappresentate da Curandai. Ci siamo tutti. Allora, Pubblico Ministero, può entrare il primo teste citato per questa mattina.
P.M.: Sì. Vorrei sentire Ghiribelli Gabriella. 
Gabriella Ghiribelli: Buongiorno. Signora, vuole essere ripresa dalle telecamere, o no?
G.G.: No, no, se è possibile no.
Presidente: No, va bene.
G.G.: Ma già è…
Presidente: Niente telecamere.
G.G.: Già sono stata sfruttata abbastanza dalle telecamere. Mi scusi.
Presidente: Eh, va be’, un termine un po’ pesante, eh.
G.G.: Ma lo sanno di già anche loro.
Presidente: Va bene. Allora, come si chiama lei?
G.G.: Ghiribelli Gabriella.
Presidente: Dov’è nata, quando è nata, dove risiede?
G.G.: Sono nata a Firenze il 18 giugno 1951.
Presidente: Risiede?
G.G.: Domiciliata in via via Tripoli 45.
Presidente: Faccia leggere la formula.
G.G.: Devo leggere ad alta voce?
Presidente: Sì, Sì.
G.G.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Bene, signora. Pubblico Ministero, prego.
P.M.: Grazie, Presidente. Senta, signorina Ghiribelli, lei in passato ha abitato in San Casciano?
G.G.: Sì.
P.M.: Ricorda, in questo momento, il periodo?
G.G.: Guardi, io… io ho abitato fino all’86, ’85-‘86 a San Casciano. E conosco molto bene talune persone…
P.M.: Le dispiace andare un attimo per ordine sulle domande?
G.G.: Sì.
P.M.: Forse è più facile anche per lei ricordare. Volevo rimanere un attimo sul discorso San Casciano.
G.G.: Sì.
P.M.: Lei dice: ha abitato fino all’85-’86. Ricorda da quando? Per quanto tempo vi ha abitato?
G.G.: Eh, diversi anni. La casa comunque non era intestata a me, era intestata a Galli Norberto. E l’avevamo presa a Borgo Sarchiani, addirittura, la casa 1’avevamo.
P.M.: Vi ha abitato per qualche anno, fino all’87?
G.G.: Sì.
P.M.: E in Borgo Sarchiani, ha detto.
G.G.: Borgo Sarchiani, sì.
P.M.: In Borgo Sarchiani abita, o abitava, qualche persona che lei conosce di questo processo?
G.G.: Sì.
P.M.: Chi abitava?
G.G.: Ci ha abitato anche… Vanni. Poi comunque vedevo spesso anche Giancarlo Lotti. Ma Giancarlo Lotti veniva, abitava a Faltignano, addirittura. Però frequentava spesso San Casciano, Borgo Sarchiani, la piazza, tutto quanto.
P.M.: Senta, allora andiamo un attimo per ordine.
G.G.: Sì.
P.M.: Quindi lei dice: qualche anno, in Borgo Sarchiani, con Galli Roberto?
G.G.: Sì.
P.M.: Andiamo per ordine. Chi è Galli Roberto, chi era, come mai abitava con lei? Era…
G.G.: Io senta, facevo la prostituta. Tanto ormai si sa, lo sanno cani… lo sanno tutti, insomma. Io facevo la prostituta, il Galli era il mio uomo, all’epoca. E la sera venivamo per gli Scopeti…
P.M.: Aspetti, aspetti.
G.G.: Sì.
P.M.: Scusi, eh, rimaniamo sul discorso del Galli. Lei dice: era la persona che stava con lei, protettore, o comunque come lo ha chiamato. Per quanti anni è stata col Galli? 
G.G.: Dall’80. Dal ’79… ’79.
P.M.: Fino?
G.G.: Fino… fino a tanto, perché dopo lui è andato addirittura in carcere, perché lo avevano preso proprio per prostituzione, una cosa e un’altra.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Fino all’88,’89. Ora no…
P.M.: Lei ricorda
G.G.: … di preciso l’anno…
P.M.: Va bene, è già sufficiente, almeno per me. Lei ricorda se con il Galli, prima di San Casciano, avete abitato in posti diversi?
G.G.: Sì, abbiamo abitato anche a Montagnana, che è un pochino più in su…
P.M.: Di San Casciano?
G.G.: Di San Casciano, sì.
P.M.: Poi?
G.G.: E poi abbiamo abitato addirittura verso Siena…
P.M.: Questo, dopo San Casciano?
G.G.: Prima di San Casciano, sempre.
P.M.: Prima. Dopo San Casciano dove avete abitato?
G.G.: In via delle Belle Donne.
P.M.: A Firenze?
G.G.: A Firenze.
P.M.: Senta ancora una cosa: e di San Casciano lei stava dicendo conosce sicuramente il Vanni…
G.G.: Sì, sì, Giancarlo, tutti.
P.M.: Giancarlo, qualche altra persona? Il Pucci, lo conosce?
G.G.: Eh, era amico di… viaggiava sempre insieme a coso, a Giancarlo. Viaggiavano sempre insieme. Venivano tutte le domeniche addirittura a Firenze loro, e venivano insieme addirittura
P.M.: Venivano, nel senso perché…
G.G.: Per venire a letto con me, in poche parole. O con me, o con…
P.M.: Perché lei, la sua…
G.G.: La mia attività era la prostituzione.
P.M.: La faceva a Firenze, chiedo scusa.
G.G.: Sì.
P.M.: Ecco, e loro
G.G.: Venivano a Firenze, sì.
P.M.: Poi ci torniamo. Scusi un attimo, eh.
G.G.: Sì.
P.M.: Lei poi ha detto: a San Casciano conoscevo diverse altre persone. E ha parlato di via Faltignano.
G.G.: Sì.
P.M.: Cioè, in via Faltignano chi abitava? Lei ha accennato, ci abitava un po’ Giancarlo, o ci ha abitato. Ci vuol spiegare meglio? Come se lo ricorda lei.
G.G.: Sì, Giancarlo abitava presso un prete; non so nemmeno chi è, di preciso. Abitava presso questo prete. Lui dice con altre persone abitava, insieme a questo… Sarà stata una casa-famiglia. Ora io non voglio, non posso sapere di preciso.
P.M.: Lei ci è mai stata a casa di Giancarlo?
G.G.: No, in casa mai.
P.M.: Senta ancora una cosa, invece in via di Faltignano, non ovviamente dove abitava Giancarlo, in un’altra casa, lei ha ricordi di esserci stata a casa di un tale Indovino? Lei lo conosce?
G.G.: Eccome se lo conoscevo Salvatore.
P.M.: Ci vuole spiegare come mai lo conosceva e quando lo ha conosciuto.
G.G.: Io l’ho conosciuto tramite Giancarlo, tramite la Filippa Nicoletti, la Nicoletti Filippa. E l’ho conosciuto così. Addirittura le voglio dire di più: ultimamente quest’uomo aveva un tumore, insomma, aveva avuto un tumore. È morto, tra l’altro…
P.M.: Lei ricorda in che anno è morto?
G.G.: Mi pare nell’86, ’85-’86 non mi ricordo. Perché io ho smesso di frequentare San Casciano personalmente – ci sono poi ripassata altre volte – però personalmente ho smesso di frequentarlo alla fine dell’85, diciamo, primi dell’86. Volendo.
Presidente: Scusi, ma…
G.G.: Poi Giancarlo è morto. Sì, Giancarlo…
P.M.: Indovino.
G.G.: Salvatore è morto, capito? Aveva questo tumore. Addirittura io la sera, quando smettevo di fare la prostituta, quando smettevo di fare la prostituta passavo dagli Scopeti sempre con Roberto, Norberto…
P.M.: Galli.
G.G.: Sì. Passavo di lì e mi fermavo a fargli una puntura, perché stava male quest’uomo. Tutte le sere, addirittura..
P.M.: Quindi lei aveva un buon rapporto con questa persona, con Indovino.
G.G.: Sì, sì. No, fondamentalmente era buono. L’unica cosa che a me faceva arrabbiare era perché facevano dei riti, una cosa e un’altra. Cioè…
P.M.: Ora ci arriviamo, ora ci arriviamo a quello.
Presidente: Scusi un attimo, Pubblico Ministero.
P.M.: Prego.
Presidente: Signora, un attimo, qui.
G.G.: Ah, scusi.
Presidente: Lei ha detto: ‘ho conosciuto Indovino Salvatore tramite Giancarlo e Filippa’
G.G.: Sì.
Presidente: Bene. Giancarlo chi è, Lotti?
G.G.: Sì.
Presidente:  Lotti Giancarlo.
G.G.: Sì.
Presidente: E Filippa, è Nicoletti?
G.G.: È Nicoletti, sì.
Presidente: No, per chiarire, perché sennò…
G.G.: Sì, mi scusi.
Presidente: … rimangono questi nomi…
G.G.: Probabilmente dovrei parlarne con i cognomi, però io, per me, sono, erano amici. Di conseguenza…
Presidente: Eh, noi no, noi no. Va bene.
P.M.: Ci arriviamo, ci arriviamo pian piano, Presidente,
Presidente: Bene.
P.M.: Comunque era per vedere di non… sollecitare più di tanto la teste di far ricordare a lei. Senta una cosa…
G.G.: Ah, mi scusi, signore.
P.M.: Prego, prego.

G.G.: Le devo dire anche che io il Vanni l’ho conosciuto sempre tramite Giancarlo, oltretutto, capito? Perché, facendo sempre diciamo il mio lavoro, io la domenica… Perché la domenica lavoravo dal pomeriggio fino alla sera tardi. Sennò le altre volte andavo alle otto la sera a Firenze, venivo sempre in via Fiume e ritornava sul tardi.
P.M.: Le altre volte, vuol dire i giorni non festivi?
G.G.: I giorni non festivi. Per specificare, tanto ormai… E Giancarlo mi disse a me, dice: ‘ti voglio presentare anche…’ però io, tra l’altro, Mario Vanni lo conoscevo di già perché il lunedì mattina, con Roberto, con il galli, andavamo a far la spesa al mercato di San Casciano. Non so se c’è ancora, comunque il lunedì mattina… E io già lo conoscevo Mario Vanni. Però ufficia… nel vero senso della parola, l’ho conosciuto tramite Giancarlo, me lo portò lui, Giancarlo. Me lo portò a Firenze una domenica. Mi disse, dice ‘ti porto diversi amici da San Casciano’, dice, ‘però loro vengono col bus’. Io tu lo sai, vengo insieme a Fernando’, Pucci, sarebbe stato, no? E infatti mi presentò il signor Vanni. Però, anzi mi fece quasi ridere. Cioè ridere insomma, ora forse passo anche da meschina a raccontare questa storia.
P.M.: Racconti, tanto gliela chiederei io.
G.G.: Addirittura me lo presentò Giancarlo. Io vedevo Giancarlo e Fernando che ridevano davanti al bar di via Nazionale, all’angolo di via Fiume, no? Ridevano. Faccio io: “fate ridere anche me, a questo punto, no? fatemi ridere”. “Eh – dice – sai che cosa è successo? Che abbiamo visto il Vanni, gli hanno trovato un sesso finto dentro il bus. Addirittura viaggiava per conto suo, il sesso”. E ridevano così, come dei mattacchioni. E dissi: “per carità di Dio! Mignotta – scusi l’espressione, ma… – ‘mignotta, sì, ma mica perversa’, faccio io. Dico: ‘Per carità! Lascialo perdere’. E così è andata.
P.M.: Nel senso che era venuto – se capisco bene -…
G.G.: Per…
P.M.: … insieme agli altri per venire con lei.
G.G.: Sì.
P.M.: Per avere la sua compagnia quel giorno.
G.G.: Sì, sì.
P.M.: A questo racconto, lei disse…
G.G.: Ho rifiutato, ho rifiutato, sì.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa: e le persone quindi che venivano da lei a Firenze, dove era il luogo? Presso una pensione, ha detto il nome?
G.G.: In via Fiume.
P.M.: Sì.
G.G.: A coso, al Tamerici.
P.M.: Era una pensione che si chiamava Tamerici.
G.G.: Sì.
P.M.: Lei ricorda qualche altra persona di San Casciano che veniva da lei? Se non ho capito male c’erano: Lotti, il Giancarlo con una certa frequenza…
G.G.: Sì, tutte le volte, tutti, ogni pochino.
P.M.: Nel giorno festivo, o venivano anche la sera…
G.G.: Io addirittura, ho abitato con una persona anziana per due o tre anni, ora, che poi è morta questa persona, ho abitato in piazza del Mercato in San Lorenzo…. E Giancarlo, insieme a Fernando , venivano a mangiare spesso e volentieri.
P.M.: Quindi erano abbastanza…
G.G.: Sì, erano assidui, sì, sì, non c’è problemi.
P.M.: Il Vanni, invece, è venuto una volta sola.
G.G.: Due o tre volte, il Vanni. Però non con me personalmente, perchè torno a ripetere: mignotta sì, ma meschina no. Scusi l’espressione.
P.M.: Lei sapeva le altre volte da chi andava?
G.G.: Il Vanni?
P.M.: Sì. Dice: ‘due o tre volte, con me…’
G.G.: No, andava anche con la Filippa, andava. Sia con Filippa, la Nicoletti. Andava con l’Antonietta, la Sperduto…
P.M.: Lei, queste cose, come le sa, scusi?
G.G.: Le so, perché quando lui andava da Salvatore Indovino, l’Antonietta andava insieme a lui.
P.M.: Ho capito. L’Antonietta Sperduto. E che andava dalla Filippa Nicoletti come lo sa? Glielo ha raccontato il Vanni, il Lotti…
G.G.: Giancarlo.
P.M.: Ecco. La Nicoletti gliene ha mai parlato di questi rapporti…
G.G.: Ma la Nicoletti, da quando è successo tutta questa storia, si è chiusa in se stessa. Io sono andata addirittura a trovarla ad Arezzo per vedere un attimo se la mi spiegava, la mi dava… mi disse delle… come si può dire? Dei chiarimenti. Invece la si è chiusa in se stessa. Ha detto: ‘no, io non parlo con nessuno’.
P.M.: Quindi le ha detto che di queste cose non vuole parlare.
G.G.: Sì.
P.M.: Ecco, ma in passato, che il Vanni andava con la Nicoletti, da chi lo ha saputo? Da Giancarlo, o anche dalla Nicoletti stessa?
G.G.: Da Giancarlo stesso.
P.M.: Perché la Nicoletti…
G.G.: Era tutto, era tutto una cricca, senta, mi scusi, eh.
P.M.: Prego.
G.G.: Era tutta una cricca. Andavano tutti da Salvatore.
P.M.: Indovino.
G.G.: Da Salvatore Indovino.
P.M.: In via di Faltignano.
G.G.: In via di Faltignano. Andavano tutti lì.
P.M.: Mi spieghi cosa vuol dire…
G.G.: Lui, il Vanni, Pacciani, Giancarlo… Se si volevano trovare, si trovavano sempre lì. Soprattutto il sabato e la domenica.
P.M.: Mi spieghi come sa queste cose e chi le…
G.G.: Le so perché le ho viste.
P.M.: Allora mi racconti cosa ha visto.
G.G.: Io ho visto, perché io passavo di lì. La domenica, oltretutto, io non è che andassi soltanto la sera da Salvatore a fargli la puntura, io mi fermavo anche il giorno prima di venire a lavorare. Perché gliel’ho detto: nei giorni non festivi… nei giorni festivi andavo via di giorno. Però mi fermavo. C’era Giancarlo, c’era Mario, c’era Pacciani, c’era l’Antonietta, c’era la Silvia… Milva, la chiamate voi, però si chiamava Silvia.
P.M.: Silvia chi, scusi?
G.G.: La… no, la ragazza che è morta, oltretutto, col bambino.
P.M.: Malatesta? Quella che è stata trovata morta col bambino?
G.G.: Sì.
P.M.: Abitava lì anche lei?
G.G.: No, non a… non so se abitava lì.
P.M.: Però era…
G.G.: Però era spesso… ogni volta che ci sono passata, ogni volta l’ho trovata lì.
P.M.: A casa di Indovino.
G.G.: Di Indovino. Tra l’altro io.. dopo l’ho ritrovata, la veniva anche in Santa Maria Novella a fare la mignotta, qualche volta, la Silvietta.
P.M.: Questa ragazza che è morta.
G.G.: Questa ragazza, sì.
P.M.: Anche la mamma?
G.G.: E la mamma… Eh c’è stato dei casi… Scusi. C’è stato delle confusioni…
P.M.: Ci spieghi che confusioni.
G.G.: Addirittura perché la Silvia quando aveva necessità, avendo il bimbo, avendo necessità, veniva in Santa Maria Novella a fare la mignotta come me, no? E la mamma invece stava in fondo.
P.M.: La mamma è la Sperduto.
G.G.: Sì. L’Antonietta stava in fondo dove c’è il Palazzo della Moda.
P.M.: Sì.
G.G.: Il negozio del Palazzo della Moda. Non so se si chiama ancora così. E la Silvia addirittura un giorno fa… Silvia, Milva, insomma, io la chiamo Silvia perché me la ricordo come Silvia. Fa la Silvia, dice: ‘un gli è bastato rovinare mio padre, ora viene a rovinare anche me’ fece questa ragazza, ad alta voce.
P.M.: Ho capito. Perché il padre lei lo ha conosciuto?
G.G.: Sì.
P.M.: Era il signor Malatesta Renato?
G.G.: Renato, sì.
P.M.: Come lo ha conosciuto lei?
G.G.: Uhm…
P.M.: Nel suo lavoro.
G.G.: Non andavo… All’epoca però non facevo ancora la prostituta di… fissa, insomma. Però ogni tanto, se mi capitava, facevo… E con Renato era subentrato un rapporto insomma…
P.M.: Renato Malatesta, padre della Silvia?
G.G.: Padre di Silvia, sì.
P.M.: E marito della Sperduto.
G.G.: Della Sperduto. Era subentrata un po’ di amicizia. Addirittura ora se devo proprio dire tutte le cose fino in fondo, le dico. Con Renato addirittura c’era quasi nemmeno rapporto. Perché io con Renato andavo addirittura in via dei Banchi.
P.M.: In una pensione?
G.G.: Sempre la pensione. Però non c’era rapporto, fra me e lui, di sesso. Lui era il classico tipo… Cioè, io credevo addirittura fosse affetto da mania di persecuzione, pensavo.
P.M.: Come mai?
G.G.: Perché ogni volta che veniva da me mi diceva sempre, si stava lì in pensione e non si faceva niente, però mi raccontava sempre che era minacciato, era minacciato, era minacciato. Io le voglio dire di più: una delle ultime volte che l’ho visto, l’ho trovato era tutto segnato, Renato. Allora gli faccio io: ‘ma non è che a volte te hai fatto a botte’ — dico – ‘in San Casciano?’ Perché loro avevano l’abitudine che quando il sabato si sbronzava lo facevano dopo, o l’uno o l’altro, arrivavano sempre a fare botte.
P.M.: “Loro” chi, scusi?
G.G.: Mi riferisco a Giancarlo, Fernando, tutti quanti.
P.M.: Uhm, e allora questo Renato?
G.G.: E quando venne da me…
P.M.: Lo trova segnato, lei dice.
G.G.: Lo trovo segnato. E dopo siamo stati lì a chiacchierare. Mi diceva: ‘eh, ora me le hanno date..’ qui e là. Insomma, lo avevano proprio minacciato, secondo lui, no? Però torno a ripetere: io non lo avevo preso troppo in considerazione. Perché pensavo fosse la persona affetta da mania di persecuzione. Questo era…
P.M.: Il suo pensiero.
G.G.: Il mio pens… Eh, ormai… Poi, da allora, non l’ho più rivisto Renato. Però anche lì non è che ci ho fatto troppo caso, perché altra gente va e viene, per dire, entra e esce dalla vita, no? Per dire, così. Io l’ho rivisto Renato quando dalla Questura mi hanno fatto vedere la fotografia di Renato impiccato.
P.M.: Impiccato, è quello che è morto impiccato.
G.G.: Sì.
P.M.: Lo ha riconosciuto in quella persona lì.
G.G.: Sì.
P.M.: Come lo aveva conosciuto lei? Lo ricorda? Si era fatto avanti lui, vi eravate conosciuti a San Casciano…
G.G.: No, ci si era conosciuti così, succede a volte, no? Conoscersi così. Però ci siamo frequentati, torno a ripetere, ci siamo frequentati…
P.M.: Veniva lui a Firenze.
G.G.: Sì.
P.M.: Senta una cosa: sa se… Cioè, Renato le ha mai parlato del del Vanni, del Pacciani, se li conosceva…
G.G.: Eh, ora sono passati tanti anni, ricordarsi proprio tutto tutto, mi sembra una cosa un po’…
P.M.: Non lo ricorda, non si preoccupi. Senta una cosa: lei diceva – ha detto prima – che il Vanni veniva a Firenze e andava – se non ho capito male – con altre prostitute. Lei sa indicarne qualcuna? Qualche nome. Ha indicato delle sorelle, se non sbaglio.
G.G.: Sì. Lui se la faceva con due di Prato, due ragazze di Pra… Ah, quella anche di Massa, di Massa Carrara. Lui andava anche con quelle due di Massa Carrara. Una era bionda e una era mora. Tra l’altro erano due sorelle: la mora addirittura era anche lesbica, andava sempre con loro, andava sempre con loro anche da ultimo.
P.M.: Lei ha mai parlato con queste due sorelle dei rapporti, del tipo di rapporti che aveva con loro, Vanni?
G.G.: Mah, loro mi dicevano che andavano con lui, però ora non è che… Ora, io purtroppo sono stata costretta a smenti… cioè, a smentirmi e a sputtanarmi, tanto per parlare alla fiorentina, mi scusi. Ma sennò non è che ci si racconti proprio tutto anche fra noi donne, capito?
P.M.: Lei non ricorda se queste due prostitute… Lei ricorda il nome, innanzitutto, di queste donne?
G.G.: È più facile che se ne ricordi Giancarlo o Mario Vanni.
P.M.: Va be’, vediamo. E di cui in realtà lei dei nomi ha fatto, poi vediamo, hanno mai raccontato che con loro lui usava .. vibratori?
G.G.: Sì.
P.M.: Questo…
G.G.: Sì, qualche volta lo raccontavano, ma così. Ma si torna a ripetere: non è che si va ad approfondire, capito? Anche fra noi donne di vita, capito, non è che ci si racconti proprio…
P.M.: Però, questo discorso, era avvenuto.
G.G.: Sì, tra l’altro – torno a ripeterle, mi scusi – questo discorso è venuto ed è stato confermato dal discorso che mi faceva Giancarlo.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Dico: ‘allora era vero’, perché io non ci volevo credere a questa storia, no? Che lui ha falli finti, no? Però quando Giancarlo mi raccontò questa storia, cioè che lui era andato via con un vibratore, dice, dal… sulla SITA, allora mi venne…
P.M.: In mente il racconto delle due…
G.G.: Delle due ragazzine, si.
P.M.: Di Massa.
G.G.: Di Massa. Massa Carrara.
P.M.: Senta, e lei ha mai saputo da qualcuno se il Vanni con la Filippa anche in qualche pensione a Firenze?
G.G.: Ma io so che andava al Mia Cara, dietro a via Faenza, con la Filippa.
P.M.: Quindi, lui andava con la Filippa, anche con la Filippa a Firenze.
G.G.: Sì.
P.M.: Il Vanni.
G.G.: Al Mia Cara, si chiama, questa pensione.
P.M.: È una pensione.
G.G.: Sì.

P.M.: Benissimo. Senta una cosa, lei ci ha parlato anche, ha accennato che, in questa casa dell’Indovino, facevano delle riunioni. Lei vedeva qualcosa la domenica quando ci andava.
G.G.: Sì.
P.M.: Ci può spiegare meglio che riunioni erano? Ci ha detto prima chi vi partecipava, almeno chi ha visto lei. Lo volevo capire meglio, cosa – se ha visto queste riunioni – o se ha visto qualcosa che…
G.G.: No, un momento. Io non è che ho visto queste riunioni, specifichiamo.
P.M.: Bene.
G.G.: Io, quando andavo la domenica o il sabato sera, quando io tornavo dal mio lavoro, diciamo così, io mi fermavo lì da Salvatore, sempre con questa storia che dovevo fargli per forza la siringa perché stava male, no? Aveva questo tumore. E ho trovato tante volte una stella a cinque punte, dei ceri. Trovavo delle bottiglie vuote. Poi… Posso parlar volgare?
P.M.: Parli volgare, se serve.
G.G.: Addirittura dei guanti… Preservativi, come vu li chiamate. Addirittura trovavo tutte queste cose qui: ceri attorno a queste punte nere.
P.M.: Prego, prego.
G.G.: No, questo.
P.M.: Sul letto c’erano dei segni? C’era qualcosa?
G.G.: Sì, c’era… No spesso e volentieri c’era del sangue, ma quello… uno non ci può far nemmeno caso, perché ho pensato anch’io, a una donna gli sia venuto quel tipo… le sue cose. Però io ci ho trovato anche del
P.M.: Spesso?
G.G.: Spesso
P.M.: Quando?
G.G.: Sempre il sabato sera, o la domenica, quando passavo.
P.M.: Ma era nel letto della camera? C’era un letto solo…
G.G.: Sì, c’era un letto ad una piazza e mezza. Più c’era un lettino, anche.
P.M.: Questi segni lei li trovava nella camera, o nella…
G.G.: Sì, nel letto.
P.M.: E gli altri, queste…
G.G.: Questi segni?
P.M.: Sì, quelli del sangue abbiamo capito. Gli altri di cui ha parlato: candele…
G.G.: Sì. No, no, appena si entrava in casa di Salvatore. Appena si entrava in casa di questo Salvatore, c’è un’entrata enorme no, almeno… l’impiantito era di mattoni rossi, di questi vecchi, come si usava una volta, di questi cotti e c’era tutte queste… Appena si entrava c’era queste cose così.
P.M.: Senta, lei ha mai visto se c’era un cartello con delle lettere?
G.G.: Sì, io ho visto anche un_ cartellone.
P.M.: Ce lo può descrivere?
G.G.: Era un cartellone grande, come si può dire? Insomma, prendeva un tavolo si può dire.
P.M.: Un cartellone, di carta, di cartone.
G.G.: Di cartone era, sì. E c’era una lettera… Da una parte c’era un “Sì” e da una parte c’era un “No”. Poi c’era tutte le, lettere dell’alfabeto e nel mezzo c’era sempre questa… una tazzina di caffè.
P.M.: Era su un tavolo?
G.G.: Su un tavolo. A volte sul tavolo, a volte l’ho trovato anche in terra.
P.M.: C’era…
G.G.: Poi guardi signore, invece di domandarlo a me, lo può domandare direttamente a Giancarlo perché…
P.M.: Non si preoccupi.
G.G.: … glielo può confermare lui.
P.M.: Lo chiedo a Giancarlo.
G.G.: Mi scusi.
P.M.: Sì, sì, stia tranquilla. Siccome un cartellone simile è stato trovato e poi l’abbiamo fatto vedere alla Corte e corrisponde esattamente alla sua descrizione, volevo…
G.G.: Io gliel’ho detto, c’aveva tutte le lettere dell’alfabeto.
P.M.: Anche i numeri? Anche i numeri?
G.G.: Non me lo ricordo, ora in questo momento. Io mi ricordo soltanto che c’era tutte le lettere dell’alfabeto, poi c’era un “Sì” da una parte-, un “No” da un’altra i e una tazzina di caffè, vuota; però, ma sporca di caffè, nel mezzo.
P.M.: Ha mai chiesto a qualcuno a cosa serviva questo cartellone?
G.G.: No, perché non mi interessava. Cioè, quando una cosa non interessa non domandi nemmeno. Poi qualche cosa un pochino avevo intuito dal discorso che avevo visto, anche idi questa stella a cinque punte, questi ceroni grandi. Sicché ho detto, per me faranno…
P.M.: I ceroni erano molto grandi?
G.G.: Sì. Topo quelli che si usa per quando una persona è morta.
P.M.: Ah, ecco, ho capito, nei funerali.
G.G.: Di quelli grossi.
P.M.: E erano stati accesi?
G.G.: Sì, sì, sì. Accesi e spenti, perché io li trovavo spenti.
P.M.: Senta, ci può parlare di tutte le persone che lei ha a suo tempo memorizzato che frequentavano quella casa? Finora io ho capito: Vanni, Pacciani, l’Indovi…
G.G.: No. Cioè, il fratello di Salvatore, Sebastiano.
P.M.: Poi?
G.G.: Poi c’era un altro che viaggiava con un camper diceva che era un mago anche lui.
P.M.: Si ricorda come si chiamava?
G.G.: Io l’ho sempre chiamato il mago.
P.M.: Come lo conosce…
G.G.: Ma…
P.M.: Manuelito forse, Manolito, un nome così? Non lo sa.
G.G.: Non lo so.
P.M.: E questa persona era amico di Salvatore, era amico degli altri?
G.G.: Sì, sì. No, no, era proprio amico di Salvatore.
P.M.: E faceva il mago lui…
G.G.: Sì, sì, con un camper veniva lì. Addirittura, devo dirle la verità, addirittura la Sil… Milva – Silvia – era stata credo per un certo periodo, fosse stata la donna di questo mago, penso.
P.M.: Come mai dice questo?
G.G.: Penso perché lei ne era innamorata veramente. Non faceva altro che parlare di questo mago, questo mago. E spesso, quando io passavo di lì, a casa di Salvatore, lei si chiudeva nel camper con questo mago.
P.M.: Ha in mente qualche altra persona? Il fratello di Salvatore come si chiama se lo ricorda?
G.G.: Sebastiano.
P.M.: Sebastiano.
G.G.: Poi c’è delle persone che erano di Prato. Ora i nomi di preciso…
P.M.: Tale Luciano lo ricorda?
G.G.: Luciano. Però… Poi c’era… lui frequentava una ragazza piuttosto grassoccia, mora, però non me lo ricordo il nome.
P.M.: Frequentava nel senso che la portava lì?
G.G.: Sì, sì, la portava lì, venivano lì.
P.M.: Poi, ricorda qualchedun altro? Erano tutti amici di Salvatore questi?
G.G.: Sì, sì. Tra l’altro io devo dire anche un’altra cosa: io Salvatore non l’ho conosciuto lì a San. Casciano
P.M.: Ecco. Dove l’ha conosciuto?
G.G.: Io l’ho conosciuto a Prato.
P.M.: Ci spieghi come mai.
G.G.: Tramite Sebastiano l’ho conosciuto, il fratello. Ed è stato proprio Salvatore che ci ha fatto trovare l’appartamento in Borgo Sarchiani.
P.M.: Ho capito. E come mai l’ha conosciuto a Prato? Lei frequentava Prato, ricorda in che epoca?
G.G.: Sì. Io mi sono separata nel ’77, nel ’78… tutto il ’78 ho frequentato… non tutto il ’78, i primi tre-quattro mesi del ’78 ho frequentato Prato e di conseguenza la piazza stessa, gli amici…
P.M.: Piazza quale, scusi?
G.G.: Piazza del Duomo.
P.M.: Eh, di Prato. C’era qualche locale, qualche bar?
G.G.: Sì, c’era un bar.
P.M.: E lei al bar ha conosciuto Sebastiano?
G.G.: Sì.
P.M.: E veniva anche il Galli lì, o il Galli l’ha conosciuto dopo?
G.G.: Il Galli l’ho conosciuto in un secondo tempo, quando tornai. . . le ho detto, due o tre mesi sono stati a Prato, poi sono ritornata a Firenze e Roberto si avvelenò addirittura con dei funghi, era andato a mangiare a Mamma Gina, dice aveva trovato dei funghi… Insomma, conobbi Roberto, l’ho fatta la mia, insomma.
P.M.: Il Roberto Galli.
G.G.: Sì.
P.M.: Senta una cosa, lei sa se in questa casa di Indovino c’erano anche ragazze giovani, qualcuna…
G.G.: Sì, ce n’era tante minorenni.
P.M.: E chi ce le portava?
G.G.: O Sebastiano, o quello lì, quello là, Giancarlo anche.
P.M.: E dove le trovavano queste ragazze, lei lo sa?
G.G.: Non lo so. Io non posso mica andare…
P.M.: No, nel caso lei l’abbia saputo. Non si meravigli della mia domanda.
G.G.: No. . .
P.M.: Erano sempre diverse, o erano sempre le stesse?
G.G.: Parecchie erano… Ma parecchie le raccattavano a Prato loro, perché frequentavano questo bar, c’era il bar Rolando in piazza del Duomo  e loro venivano tutti lì in piazza del Duomo.
P.M.: Tutti chi, scusi.
G.G.: Giancarlo, lui, poi veniva Sebastiano, Salvatore, Lucianino di Prato.
P.M.: Un certo Domenico Agnello le dice qualcosa?
G.G.: Cavolo, s’era amici.
P.M.: E chi era questo?
G.G.: Lui aveva una specie di… come si può dire? Di bancherella ma alto livello, di frutta in piazza mercatale.
P.M.: E veniva anche lui in via di Faltignano?
G.G.: Sì. Era amico di Salvatore.
P.M.: Sa che fine ha fatto questo Domenico?
G.G.: Macché!
P.M.: Non l’ha più visto. Senta un po’, ma…
G.G.: A parte, di queste persone qui, devo dire la verità, io da quando mi sono smessa un po’ non le ho più frequentate queste persone. Di conseguenze non so nemmeno se esistono ancora o non esistono, capito.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Io l’unica persona che so che esiste in questo momento l’è Giancarlo e Fernando, perché loro, fino a che non è stato…
P.M.: Implicato in questo processo?
G.G.: … implicato in questa situazione lui. Lui fino al giorno, avanti l’era a mangiare da me.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Perché quando a me mi sono venuti a domandare addirittura, sono venuti gli inquirenti, sono andati a domandarmi, dice: ‘ma te hai visto qualche macchina? Qualche cosa, hai visto nulla?’ ‘Di dove?’ Dice: ‘degli Scopeti, perché Giancarlo ha fatto il tu’ nome’. ‘Ma che a scopo il mi’ nome?’ Dice… M’hanno domandato questa storia, dico: ‘ma io lo dissi già all’epoca che ho visto una macchina rossa scodata perché non mi chiedete mai che tipi di macchine sono perché io delle macchine… però l’era rossa. Senonché, quando vengo a sapere dagli inquirenti che Giancarlo aveva implicato me, che poi praticamente. .. ora dopo fra parentesi lo dico anche quest’altra storia. Senonché dopo io telefono a Giancarlo. Telefono a Giancarlo a San Casciano e gli faccio: ‘Giancarlo che puoi venire un attimo a Firenze, c’ho da parlarti?’ Gli faccio: ‘Giancarlo, come mai’ hai implicato me? Non è che per caso fosse tua la macchina che ho visto quella sera allora? E lui mi risponde: ‘perché, non ci si può fermare nemmeno a pisciare?’ Con questo s’è dato là zappa sui piedi da sé,
P.M.: L’ha ammesso poi che era lui, quindi non c’è…
G.G.: No, io…..
P.M.: L’ha ammesso dopo signora, non si preoccupi.
G.G.: Io le dico quello che è stato detto e quello che è stato.. ..
P.M.: Al di là della zappa sui piedi. Lei di questa sera in cui vide questa macchina ricorda qualcosa? Come mai passava di li?
G.G.: Io passavo perché venivo a Firenze a fare… a lavorare, diciamo.
P.M.: Quindi, quando vide questa macchina dove si trovava, che ore erano, che…
G.G.: No, la macchina la vidi quando ritornai da Firenze..
P.M.: Quindi la sera, la notte.
G.G.: La sera.
P.M.: Dove stava andando lei?
G.G.: Stavo andando a San Casciano, a casa.
P.M.: Stava andando per caso da Indovino, non lo sa?
G.G.: M’ero già fermata perché ero lì. A venire da Firenze.
P.M.: La sera in cui toma a casa a San Casciano è sola, o è con qualcuno?
G.G.: No, io ero sempre col Galli.
P.M.: Col Galli.
G.G.: Con Roberto ero sempre.
P.M.: Ricorda grossomodo che ora può essere stata quando tornavate?
G.G.: Mah, io senta… più tardi di mezzanotte, undici e mezzo-mezzanotte non l’ho mai fatta in giro.
P.M.: Lei…
G.G.: Sicché, più o meno.
P.M.: Lei ricorda allora di aver visto questa macchina rossa, dice scodata e poi ha fatto quel discorso col Lotti che abbiamo saputo quelle cose. Lei di questa macchina ricorda come era messa? Se era verso, in direzio… in un posto particolare? 0 la ricorda per strada, vicino alla piazzo…
G.G.: No, no, l’era vicino alla piazzola, però il muso l’aveva per andare verso San Casciano aveva il muso. Lei si deve rendere conto Firenze, la zona capito? Però io probabilmente ho fatto anche una bischerata, probabilmente, secondo me. Perché io già il giorno avanti avevo detto a Salvatóre, a Indovino, dico: ‘ma guarda c’è della gente’. Però non sapevo se era una persona o due persone o gente… Dico: ‘c’è della gente che sta lì, nella piazzola, con una tenda canadese. Non hanno paura al buio?’ Io lo dissi questo.
P.M.: A Indovino.
G.G.: A Salvatore. C’era altra gente, c’era anche gente di Prato, c’era Luciano, c’era quest’altre figliole che sono amiche di Luciano, una cosa e un’altra. Io lo dissi questo discorso due giorni avanti.
P.M.: Perché lei l’aveva vista nei giorni precedenti passando di lì questa…
G.G.: Sì, l’avevo già vista. Due giorni prima l’avevo vista perché io… ormai la strada l’era quella. Io da San Casciano non è che prendessi la superstrada, ormai facevo quella strada lì.
P.M.: Perché, per andare da Salvatore o a casa sua, era la strada più semplice? O perché…
G.G.: No, per evitare il traffico della superstrada. Di lì si passava meglio e si camminava meglio. Tomo a ripetere, all’epoca, perché io c’ho ancora da ritornare lassù, per dire.

P.M.: Senta una cosa, e di quella macchina che vide quella sera, quella macchina rossa che abbiamo capito ora qual era, lei dice quella sera era in macchina con il Galli. Ne avete parlato?
G.G.: Sì, glielo dissi al Galli. Gli faccio, dico: ‘ma…’ No, ma lo sa quando ne abbiamo parlato? Ne abbiamo parlato il giorno dopo.
P.M.: Quando?
G.G.: Perché la mattina dopo siamo andati noi a fare la spesa e abbiamo…
P.M.: Era un lunedì? Lei ci ha detto andavate a fare la spesa il lunedì.
G.G.: Sì. E abbiamo trovato un sacco di Carabinieri in borghese. Tra l’altro, le devo dire di più, che un signore che mi è venuto a cercare a casa, che è della Polizia della SAM, Squadra Antimostro, è alto… ora il cognome non lo so, il nome nemmeno. E’ alto ha i capelli rossi. Io già l’avevo visto proprio lì, alla piazzola, questa persona.
P.M.: Parliamo di questo discorso che avete fatto col Galli della macchina.
G.G.: Sì, la mattina dopo quando si trova tutta la Polizia, tutti quanti…
P.M.: La mattina o il pomeriggio? Perché fu scoperto verso le due questo omicidio.
G.G.: Io mi ricordo che c’era un sacco di Polizia. Ora fosse la mattina o fosse…
P.M.: Va bene.
G.G.: Gli faccio: ‘Roberto ma bisogna dirlo allora in Questura, andiamo ai Carabinieri sennò a dire che era questa macchina rossa ieri sera, stanotte ‘ . – E lui fa: disse il Galli. Ma lui non voleva noie perché già aveva avuto delle noie, sempre per via di me, sul fatto della prostituzione capito. E allora non voleva noie, dice: ‘no, no, sta zitta’ – mi disse anche – ‘non t’azzardare a dirlo nessuno sennò sono botte’ mi fa. ‘Te fai finta di non sapere nulla e basta’ mi disse.
P.M.: In quel momento lei o Galli, sapevate di chi era quella macchina, o no?
G.G.: No, io che l’era di lui l’ho saputo ora, dopo tutti questi anni.
P.M.: Perché quando l’ha conosciuto lei che macchina aveva il Lotti?
G.G.: Prima aveva una celeste, che poi l’aveva picchiata addirittura. Con la Filippa, l’era ubriaco, andò a finire sotto un fossato. Sì, quando l’ho conosciuto io praticamente aveva la macchina celeste
P.M.: Ho capito. Il Galli le dette 1’impressione di aver capito di chi era quella macchina? Lui lo sapeva, o nemmeno lui?
G.G.: Non lo so perché con il Galli è tutta un”incognita. È tutta un’incognita con il. Galli.
P.M.: Ho capito. Cosa vuol dire “tutta un’incognita”?
G.G.: Che non si sa mai…
P.M.: Non si sa mai… Lei l’ha rivisto più il Galli, lo frequenta ancora?
G.G.: A me, io senta, le dico la verità, a me me l’hanno messo a confronto tempo fa, il Galli. Ora io è già due sere…
P.M.: Quindi non l’ha più… Ah, ecco, prego.
G.G.: E’ due sere – a parte ieri sera non ci sono andata – è due sere però che ogni tanto ritorno in via Fiume, quando ho necessità di soldi. Siccome dice gli è scappata la moglie con la figlia, dice gli ha portato via 50 milioni di roba addirittura.
P.M.: A questo Galli.
G.G.: Sì al Galli. E viene sempre lì a scocciarmi, io lo dico chiaro e tondo.
P.M.: Il Galli in questi giorni è venuto da lei?
G.G.: Sì.
P.M.: E le ha spiegato perché?
G.G.: Si vorrebbe rimettere con me. Ma mica si vuole rimettere con me per la bellezza, si vuol rimettere per questo, abbia pazienza.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Dice, questa è ritornata sulla strada, ora me la pappo io, capito. Invece io quando vado sulla strada, quando ne ho fatto uno o due per campare il giorno dopo, per me basta, abbia pazienza.
P.M.: È molto chiaro. Senta una cosa, lei ricorda se in via di Faltignano o nei pressi abitava un tale Ezio?
G.G.: Sì.
P.M.: Chi era?
G.G.: Ezio c’ha un negozio di… aveva, ora non lo so. Aveva un negozietto di generi alimentari, vendeva sia frutta, oltre alla frutta, sia pane, tutto quanto. Io questo Ezio l’ho conosciuto grazie a lui.’
P.M.: Lui chi? Sempre Lotti.
G.G.: Giancarlo. Tramite lui perché una domenica, io ero senza pane, passai di lì, c’era lui insieme alla Filippa, erano da Salvatore, faccio io: ‘dove lo posso trovare un po’ di pane?’ E mi fa lui, dice: ‘vieni, vieni, ti ci porto io’. Mi portò lui da Ezio.
P.M.: Questo Ezio era anche oltre ad essere un negoziante, frequentava anche lui la Filippa, o la casa di Salvatore? Era amico di Salvatore?
G.G.: Era più che altro amico di Salvatore, comunque frequentava sia la Filippa che me. Perché dopo frequentava anche me, diciamo le cose come le stanno.
P.M.: Mi sembra che lei sia molto chiara, su questo non abbiamo dubbi. E la Filippa faceva grossomodo la sua stessa attività, o casualmente?
G.G.: No, no, l’ha sempre fatta la Filippa la vita.
P.M.: E la faceva anche in casa lì…
G.G.: In casa di Salvatore faceva la vita. Addirittura, siccome lei era… Se la dividevano in due, sia Giancarlo che Salvatore. Quando la Filippa l’era ubriaca magari Salvatore la buttava fori e allora lei andava al Ponte Rotto da Giancarlo; Poi quando gli girava le scatole prendeva e tornava da Salvatore, sempre la Filippa. Addirittura mi raccontava che quando non aveva soldi, magari per pagare una bolletta, la luce o che sia, addirittura allargava le gambe a quello dell’ENEL e facevano pari insomma.
P.M.: Pagava le bollette in natura insomma.
G.G.: Eh.
P.M.: Beh, insomma. Non è stata né la prima né l’ultima volta probabilmente?
G.G.: No, no.
P.M.: No, no… Nel mondo, non mi riferivo alla Filippa….
G.G.: Sì, ma se lo sapevo lo facevo anch’io.
P.M.: Eh, beh. È sempre in tempo.
G.G.: No davvero, ormai.
P.M.: Senta una cosa, le due – siccome mi è venuto sott’occhio ora – le due prostitute di Massa, le due sorelle che, a dire delle persone che lei ha citato, avevano come cliente il Vanni, si chiamavano per caso Veronica e Alessandra?
G.G.: Bravo, Alessandra e la Veronica.
P.M.: Bravo, me l’ha detto lei a suo tempo, quindi non me lo sono inventato.
G.G.: L’Alessandra comunque si è sistemata ora. La Veronica so che ha trovato un appartamento dalle parti di San Frediano addirittura. Ma la Veronica è quella mora, l’è quella lesbica. L’Alessandra invece no, s’è messa con uno.
P.M.: Non perdona, nessuno lei.
G.G.: Io? No, no, io non perdono ne… Non perdono me stessa, si figuri se perdono gli altri.
P.M.: Ma mi serve per capire se dice la verità. Senta una cosa, lei sa se il mestiere… il mestiere, cioè se l’attività che faceva Indovino, se anche Indovino veniva chiamato mago faceva il mago oltre quello del…
G.G.: Sì.
P.M.: Ecco, da chi l’ha saputo, dallo stesso Indovino? Che tipo di magie faceva?
G.G.: No, dallo stesso Salvatore. Perché quando io la sera tornavo, per dire, il sabato o la domenica, torno a ripetermi, sul tardi, che mi fermavo e vedevo queste tracce, allora, le prime volte sono stata zitta, dopo la curiosità si sa, l’è femmina. Ho chiesto e mi è stato detto questo. Dice: ‘sai, ma noi la sera ci mettiamo qui, viene Luciano’, allora quest’altre due figliole, ogni tanto portavano qualche ragazzina giovane, perché ce l’ho trovate anch’io le ragazzine giovani,’ Perché magari non avevano più la possibilità di tornare a Prato. Perché è chiaro, Luciano ritornava per i cavoli suoi dopo. Allora rimanevano a dormire lì da Salvatore. Ecco perché io il giorno dopo, il giorno successivo, le vedevo, me le presentavano, Salvatore.
P.M.: Ho capito. Ma io le chiedevo come sapeva da Salvatore che magia faceva, che tipo… al di là…
G.G.: Mah.
P.M.: Senta ancora una cosa, mi scusi.
G.G.: Va bene che a San Casciano siamo tutti grulli, l’erano tutti grulli. Ci sono andata ad abitare sicché un po’ di grullaggine la m’è venuta, non ho capito.
P.M.: Lei ricorda se la domenica in cui poi la sera vide, tornando da Firenze, quella macchina rossa, se quel pomeriggio erano venuti il Lotti, il Pucci o qualcun altro?
G.G.: Sì, perché loro il pomeriggio venivano sempre da me. Di domenica poi, il sabato e la domenica erano sempre da me.
P.M.: Non ne mancavano una?
G.G.: No, no. Non ne saltavano uno di sabati e di domeniche.
P.M.: Bene.
G.G.: Poi mangiavano magari da me e se ne andavano questo è il discorso.
P.M.: Lei si ricorda se quel pomeriggio, quella sera vennero da lei, quella domenica?
G.G.: Io senta, ora perché Giancarlo l’è in gabbia, perché sennò sono convinta che non sarebbe scappato nemmeno ora insomma. Loro venivano, non c’è verso.
P.M.: Quindi lei ricorda che ..siano venuti anche quella domenica… 
G.G.: Sì.
P.M.: Lei ha possibilità, a distanza di così tanto tempo, di ricordare l’orario? O si ricorda grossomodo in che orari venivano?
G.G.: Mah, l’orario l’era questo: che loro venivano alle due e mezzo, le tre loro erano lì.
P.M.: Venivano in macchina?
G.G.: In macchina. Però la macchina la posteggiavano e poi venivano a piedi.
P.M.: Quindi lei non ha visto…
G.G.: No, sennò si figuri sennò se non mi ricordavo della macchina, se era la sua o meno?
P.M.: Ho capito.
G.G.: Non stavo mica tanti anni così sennò, cribbio!
P.M.: Senta, sa se la casa di Indovino era frequentava anche da sardi, da qualche sardo, o ne ricorda qualcuno? Qualche persona di origine sarda?
G.G.: No. In questo momento no. Veniva, ho detto, Agnello veniva.
P.M.: Era sardo questo Agnello? No.
G.G.: No, è siciliano, veniva lui. Però, aspetti, perché questo Agnello era amico anche di Vinci, io le devo dire questo discorso.
P.M.: Ce lo dica signora. Questo Domenico Agnello era amico di Vinci chi?
G.G.: Di Vinci.
P.M.: Vinci chi?
G.G.: Quello che hanno ammazzato
P.M.: Vinci Francesco. Come sa che era amico…
G.G.: Perché…
P.M.: Perché anche a questo Agnello non glielo possiamo chiedere perché è sparito, non riusciamo…Si è volatilizzato.
G.G.: Io sapevo che era a Prato.
P.M.: Va be’, noi non lo troviamo, sembra sia… Il cadavere non è stato.
G.G.: Io sapevo che abitava a Prato in piazza Mercatale.
P.M.: Bene. Allora ci può raccontare come sa e qual era questa amicizia fra Vinci Francesco e Domenico Agnello?
G.G.: Perché venivano spesso e volentieri, all’epoca, quando io ero a Prato, al bar di Rolando.  
P.M.: Siamo negli anni ’78-’80.
G.G.: E venivano al bar di Rolando in piazza del Duomo a Prato. 
P.M.: Li ha visti insieme?
G.G.: Sì.
P.M.: Beva pure.
G.G.: No, erano sempre insieme erano.
P.M.: Agnello Domenico e Vinci Francesco.
G.G.: Sì.
P.M.: Ma lei Vinci Francesco ce l’ha presente perché lo conosceva all’epoca?
G.G.: No, no, ce l’ho presente.
P.M.: Ce l’ha presente.
G.G.: Uhm.
P.M.: E frequentavano il bar Rolando…
G.G.: Di piazza del Duomo a Prato.
P.M.: Vinci Francesco a San Casciano l’ha mai visto lei?
G.G.: No. Cioè, non…
P.M.: Non l’ha presente. Altri sardi che frequentavano, o che conoscevano…
G.G.: Ah, un certo “draculino”.
P.M.: Eh, proprio quello mi riferivo.
G.G.: Lo chiamavano “draculino” perché gli mancava i denti davanti. Tanto bisogna dire le cose come le stanno. Anche “draculino” frequentava la casa di Salvatore, di Indovino.
P.M.: “Draculino” era un sardo?
G.G.: Sì, sardo.
P.M.: Al di là del soprannome, sa come si chiamava in realtà?
G.G.: Eh, ora… Sanna può essere, ora non me lo ricordo.
P.M.: Era giovane, vecchio?
G.G.: Sanna…
P.M.: Cosa faceva?
G.G.: Sanna… Il delinquente, che la vuole che facesse. Sanna mi sembra.
P.M.: Ricorda se anche questo…
G.G.: Salvatore mi pare.
P.M.: … se questo Sanna era anche lui amico del Vinci?
G.G.: Sì, erano tutti amici. Perché praticamente quel bar di Rolando era un ritrovo proprio di sardi.
P.M.: E in questo ritrovo di sardi c’erano anche Salvatore e…
G.G.: Salvatore, il suo fratello Sebastiano, c’erano tutti. C’era Lucianino.
P.M.: Paradiso, si chiama.
G.G.: Sì.
P.M.: Ma si conoscevano questi gruppi?
G.G.: Cribbio! Erano sempre a bere e a mangiare insieme lì.
P.M.: Io al momento non ho altre domande, Presidente, grazie.

Presidente: Le parti civili?
Avv. Aldo Colao: Signora scusi, lei ha detto che ha conosciuto Malatesta?
G.G.: L’Antonietta? Veniva a fare la mignotta là al Palazzo della Moda.
Avv. Aldo Colao: Sì.
G.G.: Eh, abbia pazienza.
Avv. Aldo Colao: E con chi si accompagnava, indipendentemente che poi venisse a Firenze a fare il mestiere, ma con chi si accompagnava quando era nella casa di via Faltignano?
G.G.: Di Salvatore?
Avv. Aldo Colao: Sì. Di persone che si sono qua, con chi andava?
G.G.: Con lui, con lui. Andava con diverse persone l’Antonietta. A lei bastava prendere i soldi, poi…
Avv. Aldo Colao: Senta, e Malatesta Renato come prendeva questa circostanza che la moglie andasse con lui, col Vanni, col Lotti e con altri, come la prendeva? Si era mai lamentato con lei di questa?
G.G.: Torno a ripeterle che io non gli davo peso più di tanto a questa sto… Cioè, anche se lui avesse voluto parlare lo bloccavo io, capito, nel parlare. Perché tanto mi ero autoconvinta e convinta che lui fosse affetto da manie di persecuzione, sicché non andavo ad approfondire più di tanto.
Avv. Aldo Colao: Sì, capisco signora. Però questa convinzione le è passata?
G.G.: M’è passata perché era sparito lui. Abbia pazie… scusi eh. Lei la fa bene perché l’è un avvocato, l’è un uomo. Ma la donna di vita la sa per esperienza che un uomo può stare anche dieci anni, magari ha preso la fissa con te, può stare dieci anni a venire con te, però dopo di punto in bianco sparisce. Ora, che questo sia morto, che questo se ne sia andato via… io che Renato fosse morto io l’ho saputo dagli inquirenti, perché m’hanno fatto vede’ la fotografia. Perché io ero convinta che lui fosse ritornato o con la moglie o con qualcuno; che si fosse trovato una linea per conto suo. Mica vo a pensare che l’avessero ammazzato davvero.
Avv. Aldo Colao: Ecco, questo volevo, appunto, una precisazione: che l’avessero ammazzato davvero, ecco; questo discorso qua è molto importante, perché questa persona aveva avuto delle minacce, poi aveva avuto delle botte e quindi lei era convinto che lui soffriva di mania di persecuzione e invece viceversa, aveva motivo… 
G.G.: Di avere paura.
Avv. Aldo Colao: Ecco…
G.G.: Eh, è quello il discorso!
Avv. Aldo Colao: Perché…
Presidente: Avvocato…
G.G.: Io, infatti… 
Presidente: … pensiamo di più gli argomenti che ci interessano, eh, avvocato, per cortesia.
G.G.: Infatti, avvocato, è quello che io non mi so scusare, perché io mi autolesiono adesso. Non mi so scusare proprio questo discorso, perché se io avessi prestato un pochino più di attenzione a Renato, probabilmente non sarebbe nemmeno… o può darsi anche lo stesso, ma almeno non mi sarei sentita in colpa, capito?
Avv. Aldo Colao: Va bene signora, grazie. Una cosa ancora.
G.G.: Ancora.
Avv. Aldo Colao: Dunque, lei ha detto… No, scusi sa, è una cosa breve, poi lei ne ha già parlato; è una puntualizzazione. Lei ha detto, appunto, che venivano fatti, nella casa di via Faltignano, dei filtri di amore no…
G.G.: Sì, sì.
Avv. Aldo Colao: Gliel’ho domandato…
G.G.: Sì, sì.
Avv. Aldo Colao: Bene. E che c’era un mago, un altro mago, quello…, no?
G.G.: Sì, sì.
Avv. Aldo Colao: Chi era più bravo dei due maghi?
G.G.: O che ne so io, l’abbia pazienza! Che discorsi la mi fa! Io un’ho mica avuto bisogno di magia, io i soldi me li son sempre guadagnati; bene o male ma me li son sempre guadagnati, un’avevo bisogno di magia. lei la venga a letto con me, poi si starà a vedere!
Avv. Aldo Colao: Signora…
G.G.: Altro che magia!
Presidente: Signora…
G.G.: A questo punto…
Presidente: Signora, signora si calmi un pochettino, eh. Signora?
G.G.: Sì?
Presidente: Signora, parlo con lei.
G.G.: Sì?
Presidente: Qui…
Avv. Aldo Colao: … nel verbale del…
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Aldo Colao: Cioè, non se lo ricorderà, probabilmente. Nel verbale del 27 dicembre 1995, io contesto questa circostanza che lei dice che non sa chi era…
Presidente: Scusi avvocato, di cosa parla lei?
Avv. Aldo Colao: (voce non udibile)
Presidente: Avvocato Colao…
Avv. Aldo Colao: (voce non udibile)
Presidente: Avvocato Colao, scusi, di cosa parla?
Avv. Aldo Colao: Io parlo…
Presidente: Io non vorrei…
Avv. Aldo Colao: Io parlo che nel verbale del 27 dicembre 1995, svolto…
Presidente: Per cortesia, per cortesia. C’è un po’ troppo brusio. Io capisco il momento, però… Mi dica, avvocato,.
Avv. Aldo Colao: Dunque, allora, la signora – a verbale – ha dichiarato : “Era l’Indovino stesso a preparare i filtri d’amore, ma il vero maestro…”
Presidente: Scusi avvocato…
G.G.: Io l’ho detto?
Avv. Aldo Colao: Sì: “era quello del camper che veniva solo il sabato”.
G.G.: Il sabato e la domenica venia quello del camper
Avv. Aldo Colao: Il sabato e la domenica. Ora un’altra domanda, poi…
G.G.: Ancora!
Avv. Aldo Colao: Un’altra domanda ancora, signora, scusi. Lei non sa questi filtri con cosa venivano preparati?
G.G.: Ma scusi, ma se lo sapessi come facevano a fare questi filtri…
Presidente: No, signora, signora…
Avv. Aldo Colao: no…
Presidente: No signora, lei deve dire se lo sa o non lo sa.
G.G.: No, non lo so?
Presidente: Ora è inutile non entri in polemica o fa dello spirito.
G.G.: Non lo so. Non lo so, ma gliel’ho già detto anche avanti.
P.M.: Va bene.
G.G.: E insistei
Avv. Aldo Colao: Una cosa, signora, lei si ricorda di aver visto la macchina rossa del signor Lotti a Firenze, vicino alla Biblioteca Nazionale una volta?
G.G.: Ma Giancarlo veniva sempre, io abito in via della Biblioteca Nazionale. Giancarlo, addirittura, veniva addirittura proprio con la macchina rossa. Però non con la macchina che dice, forse, la vorrebbe insinuare veniva con una 131 addirittura. Lo sa perchè so che l’è una 131? Perchè aveva la portiera rosa, da una parte; l’era tutta rossa meno che quella portiera rosa.
Avv. Aldo Colao: Si ricorda di avere detto a Giancarlo…
G.G.: Ma Giancarlo, Giancarlo veniva anche ultimamente quando avevo smesso di fa’ la mignotta veniva lo stesso a trovarmi tutte le domeniche.
Avv. Aldo Colao: Ah.
G.G.: Parliamoci chiaro e tondo.
Avv. Aldo Colao: Dunque, lei, signora, si ricorda di aver detto a Giancarlo Lotti, in qualche circostanza: ‘vuoi vedere che sei tu il mostro’?
G.G.: Sì, più di una volta.
Avv. Aldo Colao: Ecco, ci vuole spiegare il perché?
G.G.: No, perché siccome lui viaggiava sempre così, e poi parlava spesso di questa storia, una cosa e un’altra, gli faccio… Forse lei probabilmente la ‘un se la ricorda la ex filastrocca che c’era a Firenze “Cicci, Cicci, tu sei il mostro di Scandicci”, forse la un se la ricorda questa filastrocca. E noi s’era avvezzi, da stronze – perché siamo tutti stronzi – cioè io almeno sono stronza, ormai si diceva in giro questa filastrocca. Ma Giancarlo ha sempre negato, fino a quella sera famosa che io fui chiamata dagli inquirenti e allora dico: ‘bah, io l’avevo già vista questa macchina’, Fino a quella sera lì non ho mai saputo. Ma si deve rendere conto che io sono stata sedici anni a frequentare un essere del genere. Mi veniva in casa. Quando io sono in casa di una donna d’ottantatre anni, la si deve rende’ conto di questo, a che rischio sono andata.
Avv. Aldo Colao: Senta, scusi, a proposito dei rischi in cui lei è incorsa, lei subì un’aggressione nell’85?
G.G.: Ma n’ho subite tante!
Avv. Aldo Colao: No, un’aggressione di due uomini con un coltello.
G.G.: Sì.
Avv. Aldo Colao: Ecco. Ci vuole parlare di questa aggressione che subì?
G.G.: Sì, ma questo un centra nulla.
Avv. Aldo Colao: Dove si verificò?
G.G.: Sì è verificato in via De’ Banchi. In via De’ Banchi, il Galli l’era in carcere e lui mi scriveva tutte le lettere, perché poi, se la vuole sapere, se la vuole delle delucidazioni la po’ sentire il dottor Lo Curto.
Avv. Aldo Colao: Siccome…
G.G.: No, no, la un mi faccia ripensare a quelle cose, icché c’entra questo con quest’altra storia, un ho capito !
Avv. Aldo Colao: E gli incappucciati erano questi due?
G.G.: Sì.
Avv. Aldo Colao: Ecco.
G.G.: Non presero me, presero una ragazza; per l’appunto io era una di quelle sere che non potevo andare a lavorare e ero lì in via De Banchi, in piazza Santa Maria Novella… Ero in Santa Maria Novella e due presero una ragazza che m’assomigliava chiamandola per il mio nome: ‘Gabriella, Gabriella, ti s’ammazza’.
Avv. Aldo Colao: Signora, la ringrazio.
G.G.: Oh!
Avv. Aldo Colao: E deposito il verbale.
Presidente: Bene. Allora, avvocato Curandai.
G.G.: Posso andare?
Presidente: No, no.
G.G.: Ah.
Presidente: Ancora è lunga, signora.
Avv. Giampaolo Curandai: Fra poco, signora, stia tranquilla. Avvocato Curandai. Signora Ghiribelli, lei può…
Presidente: (voce non udibile)
G.G.: Mi scusi.
Avv. Giampaolo Curandai: Ci può dire che cosa le confidò Filippa Nicoletti a proposito di Vanni e Pacciani?
G.G.: Non ne vedo il motivo, ve lo dirà lei. Poi a me non m’ha confidato nulla. 
Avv. Giampaolo Curandai: Ma. . .
G.G.: lo sono andata a Arezzo, però un n’ha detto nulla.
Avv. Giampaolo Curandai: Dunque, quando lei fu sentita dal Procuratore della Repubblica l’8 febbraio del ’96, riferì alcune cose al Procuratore della Repubblica, alcune confidenze che le aveva fatto la Filippa Nicoletti a proposito di Vanni e di Pacciani. Se lo ricorda?
G.G.: Ma che la Filippa fosse l’amante di Pacciani e di Vanni si sa, come lo è stata di Giancarlo, come lo è stata di tutti.,
Avv. Giampaolo Curandai: Ecco.
G.G.: L’assurdo, ora, un può pretendere nel ’96, siamo nel ’97, che io mi possa ricordare.
Avv. Giampaolo Curandai: No, io non pretendo nulla, pretendo semplicemente di sapere da lei se ricorda qualcosa di più su queste confidenze circa il Pacciani e il Vanni. E’ una cosa molto semplice, eh, non è una cosa complicata.
G.G.: No.
Avv. Giampaolo Curandai: Stia tranquilla. Allora glielo ricordo io. Lei riferì al Procuratore della Repubblica, circa un anno fa, che: “Il Pacciani era sempre con il Vanni, vanno sempre a coppia”.
G.G.: Ah, sì, sì. Per quello sì, l’eran sempre insieme.
Avv. Giampaolo Curandai: “Mi disse che questo amico del Vanni, violento, si chiamava Pietro”. Ecco, lei conferma questo particolare?
G.G.: Sì.
Avv. Giampaolo Curandai: Cosa intendeva “vanno sempre in coppia”, ci può essere più specifica, oppure è un…
G.G.: No, no. Dove andava uno andava l’altro, eran sempre insieme.
Avv. Giampaolo Curandai: Non ho altre domande grazie.
G.G.: Prego.
Presidente: Altri? Parti civili? Difensori? Imputati? Bene signora, mi metterò anch’io, poi…
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, lei ha parlato di essere passata la notte dell’omicidio degli Scopeti vicino alla piazzola.
G.G.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, io vorrei sapere: era sola o…
G.G.: No, ero col Galli, col mi’ omo!
Avv. Giangualberto Pepi: Non s’arrabbi, è una domanda…
G.G.: L’ho bell’e detto tre volte.
Presidente: Signora, bisogna essere un po’ tranquilla.
G.G.: Ero con Robe… No, sono stanca, ragazzi, signori, sennò qui davvero…
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, ma si ricorda esattamente a che ora passò?
G.G.: Ora la mi chiede troppo, io so soltanto che vidi questa macchina rossa, ero insieme a Roberto, cioè Norberto, il Galli. Addirittura, il giorno dopo lui mi disse: ‘non t’azzardare a dire che t’hai visto la macchina a nessuno’, dice. ‘Sennò tu prendi una bussa di botte’, mi disse.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, no, io le ho chiesto un’altra cosa, signora. Le ho chiesto: si ricorda a che ora lei avrebbe visto questa macchina?
G.G.: Senta, quando io smettevo di fare la mignotta un guardavo mica l’orologio, eh.
Avv. Giangualberto Pepi: Approssimativamente. Sarà stato l’undici, mezzanotte…
G.G.: No, dall’undici a mezzanotte?
Presidente: Sulla mezzanotte, via.
G.G.: Sì.
Presidente: L’ha detto prima così.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma lei signora, di solito, quando smetteva di fare il suo lavoro?
G.G.: All’undici e mezzo, mezzanotte, perché più tardi di mezzanotte non ci stavo lì perché avevo paura.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma lo faceva Firenze?
G.G.: Eh.
Avv. Giangualberto Pepi: E smetteva verso le undici e mezzo, mezzanotte.
G.G.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi a San Casciano doveva essere a un’ora un pochino più tardi.
G.G.: Sie! A quell’ora un c’è mica nessuno, si arriva alla svelta a San Casciano.
Avv. Giangualberto Pepi: Va be’. Senta signora, lei ha detto che ha frequentato molto la casa dell’indovino. Io le chiedo, ma se mi può rispondere in maniera ben precisa, ma lei Vanni l’ha mai visto in quella casa?
G.G.: Sì. 
Avv. Giangualberto Pepi: Quando?
G.G.: Nel periodo che c’era Salvatore.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, ho capito, ma in occasione di che cosa?
G.G.: Se la faceva…
Avv. Giangualberto Pepi: Quante volte?
G.G.: No, io l’ho visto anche il pomeriggio, il sabato e la domenica soprattutto anche lui. Perché, gliel’ho già detto prima che io il sabato e la domenica, oltre a passarci di notte, ci passavo anche di giorno da lui, da Salvatore, in quanto andavo a fare la mignotta il giorno.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, però…
G.G.: E allora ci trovavo lui o 1’Antonietta; ce l’ho trovati diverse volte.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, lei ha anche detto, rispondendo a un difensore…
G.G.: Ohi, ohi!
Avv. Giangualberto Pepi: … di parte civile, di aver visto sempre insieme il Vanni con il Pacciani, che facevano, dice lei, coppia. Ma io vorrei sapere da lei: questa sua affermazione è un’affermazione de visu, cioè che lei l’ha visti veramente…
G.G.: Si!
Avv. Giangualberto Pepi: Ma dove l’ha visti?
G.G.: L’ho sempre visti lì da Salvatore, o sennò alla cantinetta giù, perché eran sempre alla cantinetta a bere, anche lì.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi l’ha visti, praticamente, dall’Indovino e a bere.
G.G.: Si.

Avv. Giangualberto Pepi: Bene. Senta, lei ha avuto una relazione con l’Indovino Salvatore?
G.G.: Per carità di Dio!
Avv. Giangualberto Pepi: No…
G.G.: Ci mancherebbe che quella.
Avv. Giangualberto Pepi: Signora, non è mica nulla di male, poteva averla anche avuta.
G.G.: Per carità di Dio.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, lei si ricorda se nel 1981, verso la fine dell’anno, è stata ricoverata in ospedale?
G.G.: Chi?
Avv. Giangualberto Pepi: Lei.
G.G.: Io?
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
G.G.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Per che cosa?
G.G.: Come per che cosa?
Avv. Giangualberto Pepi: In ospedale si va per una malattia…
G.G.: Ma a lei che cosa gliene importa?
Avv. Giangualberto Pepi: Signora, questo lasci fare…
G.G.: Un ho capito io.
Avv. Giangualberto Pepi: (voce non udibile)
G.G.: Che gliene frega a lei, che gli porto, tutto il currucolo che son stata all’ospedale?
Presidente: Va bene, allora…
G.G.: No, l’è una domanda assurda secondo me. Scusi, eh.
Avv. Giangualberto Pepi: Signora, lei…
G.G.: No, io non le rispondo.
Presidente: Non risponda, via signora.
Avv. Giangualberto Pepi: Lei è una testimone e deve rispondere.
G.G.: No, io non le rispondo perché son cazzi mia.
Avv. Giangualberto Pepi: No, signora…
G.G.: No, finché la mi domanda su quello che c’è da dire, tutto mi sta bene…
Presidente: Signora, signora…
G.G.: No, abbia pazienza, signor Giudice.
Presidente: No, no, abbia pazienza lei, abbia pazienza lei, perché qui sta per fare il testimone e non per fare le sceneggiate o…
G.G.: Ma io non faccio sceneggiate, proprio per questo.
Presidente: Calma, calma, calma e sangue freddo. Ora facciamo i seri, eh.
Avv. Giangualberto Pepi: Eh.
G.G.: Ma son stata ricoverata tante volte, sa, mica quella e basta. Anche per ubriaca.
Presidente: Signora… Avvocato, mi dica che attinenza ha questo fatto con i fatti di cui è processo.
Avv. Giangualberto Pepi: Ha attinenza perché la domanda mia era di sapere per qual motivo era stata ricoverata e se mi dava una certa risposta, volevo sapere se questa malattia, chiamiamola così, la signora ce l’ha tutt’ora.
Presidente: E non so che malattia…
G.G.: Il diabete.
Avv. Giangualberto Pepi: Per il diabete? Non per forme acute di etilismo, signora?
G.G.: Anche, perché sono ubriaca.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco.
G.G.: Ogni tanto prendevo delle sbronze. Perché io da sana non ci andavo a fare la mignotta, dovevo sbronzarmi.
Avv. Giangualberto Pepi: Signora, non c’era nulla di male.
G.G.: Ebbe lo poteva dire subito, scusi, glielo dicevo.
Avv. Giangualberto Pepi: Signora, io…
Presidente: Sbronza, bere un po’ per eccitarsi un po’, alterarsi un po’. Non è che andava ubriaca. Io non credo.
P.M.: (voce non udibile)Per prendere coraggio.
Presidente: Come?
P.M.: Per prendere coraggio.
Presidente: Per prendere coraggio, bene.
P.M.: (voce non udibile)
G.G.: Se io andavo sana, a fare la mignotta non ci andavo.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, un’ultima domanda e poi la lascio andare.
G.G.: Ancora!
Avv. Giangualberto Pepi: Eh, oh. … anche poche, via signora.
G.G.: Mi sembra di sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, lei oggi ha detto, rispondendo proprio a me, di aver visto il Vanni in casa dell’Indovino. Io le chiedo: come mai, invece, precedentemente, nell’istruttoria aveva sempre detto che questa circostanza non l’aveva vista direttamente, ma gliel’aveva detta la Filippa?
P.M.: Scusi, l’ha detto.
G.G.: No, io l’ho detto.
P.M.: (voce non udibile)
G.G.: Detta e circoscritta, addirittura.
P.M.: Avvocato, c’è il verbale…
Presidente: Va bene, va bene.
P.M.: C’è un verbale…
Avv. Giangualberto Pepi: Bene, io non ho altre domande.
G.G.: Ancora!
Presidente: Signora, senta un po’, abbia pazienza.
G.G.: Sono stanca.
Presidente: E va be’, ma un momento…
G.G.: Eh.
Presidente: Vuole che si faccia una pausa o preferisce…
G.G.: No, no, si tronca subito. Diciamo come stanno le cose e via. 
Presidente: Senta…
G.G.: Voglio andare a casa. 
Avvocato: Solo una domanda, una precisazione.
Presidente: Ah, scusi. 
Avvocato: Lei ha detto che si fermava a casa dell’Indovino quando tornava il sabato sera per fargli la iniezione.
G.G.: Sì. 
Avvocato: E si fermava anche il sabato quando andava di giorno a lavorare.
G.G.: Sì. Anche la domenica, di giorno. 
Avvocato: Ma si fermava a casa o vi transitava soltanto davanti? Questo non l’ho capito bene.
G.G.: No, no, mi fermavo proprio a casa di lui. 
Avvocato: Quindi andava a trovarlo a casa?
G.G.: Scusi, abbia pazienza, ma che gli facevo la puntura a distanza? 
Avvocato: No, la puntura…
G.G.: Un ho capito. 
Avvocato: Dice il sabato sera, la puntura; anche la domenica faceva la puntura, due volte?
G.G.: Sì. 
Avvocato: Ah, perfetto. Era solo questa precisazione. Grazie.
G.G.: Prego.
Presidente: Signora, forse ha già risposto, comunque è una precisazione, non si preoccupi. Lei ha detto che vide lì agli Scopeti, quella sera, nel tornare sulla mezzanotte, minuto più minuto meno…
G.G.: Sì.
Presidente: … insomma, non è questo il problema, macchina rossa scodata. Bene?
G.G.: Uhm
Presidente: Riconobbe che era quella del Lotti?
G.G.: No, non ho detto che era del Lotti, che io l’era del Lotti l’ho saputo ora, in seguito.
Presidente: Benissimo, benissimo. Allora…
G.G.: Ma da lui stesso, da Giancarlo stesso.
Presidente: Allora la domanda è questa: perché allora gli ha telefonato per sapere di quella macchina?
G.G.: È andata così: che a me mi son venuti gli inquirenti a casa – quelli della SAM, la Squadra Anti Mostro – e ho riconosciuto, tra l’altro, uno di questi della Squadra Anti Mostro, perché all’epoca era lì, così, no? Mi son venuti a casa, dice: ‘guarda, ti devi presentare… ‘, insomma, addirittura… Mi sono presentata lì con loro, addirittura, e mi hanno detto che Giancarlo aveva fatto il mi’ nome. Perché probabilmente gli avevano domandato a Giancarlo se frequentava qualche donna e lui ha detto di me.
Presidente: Sì.
G.G.: Cioè, questo deduco io, almeno a essere coerente, no? Senonché, quando io son tornata, io naturalmente agli inquirenti ho detto la verità.
Presidente: Sì.
G.G.: Ho detto: ‘sì, io quella macchina l’ho vista quella sera, era scodata’ perché torno a ripeterle, signor Giudice, che io non mi intendo affatto di macchine, sicché che tipo di macchina fosse proprio non lo so. Quando son tornata a casa – visto che mi hanno fatto il nome di Giancarlo, perché si vede che gli aveva fatto il mio – io ho telefonato a Giancarlo a San Casciano e gli ho detto: ‘Giancarlo, puoi venire un attimo a Firenze, ti devo parlare? Dice: ‘sì’ Arrivato a Firenze gli faccio: ‘ma che discorsi fai te nei miei riguardi?’ Dice: ‘no, mi hanno domandato se io frequentavo qualche ragazza, ho detto che frequentavo anche te, oltre alla Filippa’, mi fa Giancarlo. Dico: ‘ma non è che, allora, quella macchina rossa che io ho visto, scodata, che forse la fosse tua?’.  E lui mi fa: ‘che, non ci si puó fermare nemmeno. a pisciare?’ Parole sue testuali, lineari. Con questo ha ammesso che la macchina era veramente sua. Ma io l’ho saputo proprio il giorno che mi hanno interrogato quello della Squadra Anti Mostro.
Presidente: Ma lei l’aveva vista una macchina simile in possesso del Lotti?
G.G.: No, io n’avevo vista una celeste… 
(voce non udibile)
Presidente: Come?
G.G.: Lui ce n’aveva una celeste, però comunque lui… soltanto una celeste, perché lui l’ha sempre avute rosse le macchine, comunque. Comunque l’ha ammesso lui che la macchina l’era la sua.
Presidente: Senta, un’altra cosa: quando lei è passata col Galli quella sera, lì agli Scopeti, questa macchina dov’era esattamente?
G.G.: Gliel’ho detto: vicino alla piazzola. Però col muso verso per arrivare…
Presidente: Ma “piazzola” parla su alla piazzola o giù alla strada? Cioè, lei passava…
G.G.: Cioè, lui nell’altro… no proprio in cima in cima. 
Presidente: Ecco, qui all’ingresso della strada che porta alla piazzola.
G.G.: Sì, sì. Col muso che va poi… 
Presidente: C’era qualche altra macchina ferma lì o no? 
G.G.: No. Io ho visto soltanto che c’era questa tenda, cosi, e questa macchina rossa. Che tant’è vero io faccio a Roberto, dico: ‘o che ci fa una macchina rossa?’. Già due giorni avanti m’ero meravigliata del discorso di una tenda, una canadese, cosi.
Presidente: Ma lei la tenda quando l’ha vista? Perché la tenda si vedeva dalla strada?
G.G.: Sì. Ora, non lo so com’è messa ora la piazzola, ma all’epoca c’era questa piazzola tutta senza alberi, né erba, né niente.
Presidente: Sì, va be’. Voglio comunque sapere che questa macchina rossa era a fianco… 
G.G.: Sì.
Presidente: … della strada, all’imbocco della stradina che porta alla piazzola.
G.G.: Sì, sì.
Presidente: È così? 
G.G.: Sì, sì.
Presidente: E non c’era nessun’altra macchina? 
G.G.: No.
Presidente: Bene. Senta, lei ha parlato di una cricca che frequentava la casa di Indovino.
G.G.: Sì.
Presidente: E c’era il Vanni, il Lotti, il Pacciani. Chi altro c’era? Il Pucci?
G.G.: Gliel’ho bell’e detto, no. Fernando a una cert’ora andava a casa, perché c’ha la zia che se lui non rientrava alle sette e mezzo, l’otto la sera non gli dava nemmen da mangiare, la zia. Dice l’è la sua zia… Questo vu lo sapete voi. Poi c’era Luciano…
Presidente: Malatesta.
G.G.: No, Renato io l’ho rivisto, gliel’ho detto, l’ho conosciuto a Firenze, Renato.
Presidente: No, no, il Luciano… Ma è Luciano Malatesta.
P.M.: No, Presidente.
G.G.: No.
P.M.: Ha precisato che si chiama Luciano e poi alla mia domanda: Paradisi.
G.G.: Paradisi, sì.
Presidente: Allora… Luciano Paradisi, poi?
G.G.: Poi chi c’era? C’era un’altra ragazza… Ma gliel’avevo detto una volta, mi sembra, a quel signore lì.
Presidente: Ecco, senta, un’altra cosa. Lei ha detto che passava lì il sabato e la domenica per fare la puntura all’Indovino e vedeva delle…
G.G.: No, un momento, io le punture gliele facevo tutte le sere, perché io la mignotta la facevo tutte le sere, all’epoca del Galli, capito?
Presidente: Sì.
G.G.: Io venivo alle sette e mezzo di casa, da San Casciano e rientravo verso l’undici e mezzo, mezzanotte, così.
Presidente: Sì.
G.G.: Sicché, siccome so che questa persona aveva un tumore, di conseguenza…
Presidente: Lei faceva…
G.G.: Invece di prendere la superstrada per venire a San Casciano, facevo quella strada lì così mi fermavo direttamente da Salvatore, a fargli la puntura.
Presidente: Bene.
G.G.: E poi andavo via, normale. Comunque, torno a ripetere, il sabato e la domenica – siccome il sabato e la domenica venivo a Firenze il pomeriggio verso le due e mezzo, le tre anche perché avevo l’appuntamento sempre con Giancarlo o con Fernando, che loro venivano in giù con la macchina, ci si trovava lì in via Fiume, oppure, quando abitavo in via Delle Belle Donne, ci si trovava in Santa Maria Novella, per dire, con loro. allora il sabato e la domenica venivo via il pomeriggio e fino alla sera non ritornavo a casa. Capito come?
Presidente: Sì, sì. Senta, e l’Indovino ha mai invitato lei a andare a casa sua a questi convegni che si creavano lì?
G.G.: No, no, no, perché lo sa che in queste cose non ci credo. Quando lui mi diceva che faceva le magie, mi scappava da ridere.
Presidente: Ma l’ha invitata o no ad andare?
G.G.: No, no.
Presidente: No.
G.G.: Proprio perché sa che non ci credo.
Presidente: Lei nell’85 si prostituiva sempre in via Fiume, in una pensione lì vicino?
G.G.: Sì.
Presidente: Via Fiume?
G.G.: Sì.
Presidente: L’aveva detto prima, sì.
G.G.: Ce n’è diverse pensioni, a parte che non ci sono più, sicché posso fare anche i nomi. C’era il Tamerici, la pensione Banchi…
Presidente: Lei a che ora andava a lavorare li in via Fiume, il sabato e la domenica?
G.G.: Alle due e mezzo ero già lì.
Presidente: Alle due e mezzo.
G.G.: Eh.
Presidente: Lei, il Lotti, il Vanni fu suo cliente subito?
G.G.: No, Giancarlo veniva insieme a Fernando,
Presidente: Fernando.
G.G.: In macchina, così. Un giorno ai fa, perché io torno a ripetere che io col Vanni lo conoscevo già, perché veniva, quando io facevo la spesa la mattina, il lune,dì mattina al mercato, già lo conoscevo. Tra l’altro me l’aveva presentato Roberto, il Galli, me l’aveva presentato, no?
Presidente: Sì.
G.G.: Però dei veri rapporti io col Vanni non l’avevo mai avuti. Senonché, tramite Giancarlo, Giancarlo mi fa, dice: ‘che hai necessità di soldi?’, dice, mi disse il giorno avanti, venerdì sera. ‘Sennò mica ero qui’. Dice: ‘allora ti porto io diverse persone, tanto loro vengono con la SITA’. Dice: ‘io tanto vengo insieme al Fernando con la macchina, non c’è problemi’, mi fa.
Presidente: E così ha conosciuto il Vanni.
G.G.: E così ho conosciuto il Vanni.
Presidente: Bene, bene. Io non ho altre domande.
P.M.: Nessun’altra il P.M., Presidente.
Presidente: Può andare, signora.
G.G.: Grazie.
P.M.: Possiamo fare cinque minuti di interruzione, Presidente?
Presidente: Bene.
P.M.: Grazie.
Presidente: Cinque minuti di interruzione, via, dieci.

Presidente: Allora, ci siamo tutti? Per cortesia a sedere. Si metta pure a sedere. Senta, lei non vuol essere ripreso, mi ha detto…
Norberto Galli: Io ho già perso un posto di lavoro, la moglie e una bambina.
Presidente: Bene. Cioè, male veramente. Ma non credo che l’ha perso per questo.
N.G.: Io, il giorno 20 maggio mi è andata via la moglie e la bambina, senza un motivo e senza dirmi niente.
Presidente: Va bene, ma non certo per le telecamere.
N.G.: Lo so. No, no, io…
P.M.: Come facevano a sapere che veniva qua?
Presidente: Va bene?
P.M.: Non si sapeva nemmeno noi che c’era il processo.
N.G.: Ma io non do colpa a nessuno, eh. Non ho mica detto di dar colpa…
Presidente: Senta, come si chiama lei?
N.G.: Galli Norberto.
Presidente: Chiudete le telecamere, per cortesia. Come si chiama?
N.G.: Galli Norberto.
Presidente: Dov’è nato?
N.G.: A Civitella Val Di Chiana (AR).
Presidente: Quando e dove risiede. 
N.G.: Il 23 ottobre 1947.
Presidente: Legga, per cortesia, quel foglio che le viene dato ora.
N.G.: Devo leggerlo a voce alta?
Presidente: A voce alta, sì, a voce alta.
N.G.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Ecco, lei è un teste che viene qui per riferire certe circostanze. Mi raccomando, ci dica la verità. Lei sa a che cosa va incontro dicendo il falso…
N.G.: Senz’altro.
Presidente: … o tacendo alcune circostanze che interessano il processo. Quindi, mi raccomando a lei. Bene, Pubblico Ministero, prego.
P.M.: Grazie, Presidente. Signor Galli, può spiegare innanzitutto alla Corte qual è la sua attività lavorativa?
N.G.: Io, la mattina lavaro. Faccio il portiere. E la sera, prima lavoravo al ristorante Fi… però ora ho smesso, perché lui è chiuso. Io vado a fare il cameriere ancora, due o tre giorni la settimana.
P.M.: Senta, negli anni… Ha sempre fatto questo mestiere, anche precedentemente?
N.G.: Io, da quando sono venuto a Firenze, sono venuto a Firenze, sono arrivato nell’82. Ho iniziato, qui potete controllare, c’è il foglio…
P.M.: A noi intanto ci basta che ce lo dica lei.
N.G.: No, no. Io sono arrivato il 30 aprile dell’82.
P.M.: E ha sempre lavorato come cameriere, cuoco…
N.G.: Ho lavorato io in cucina, prima da Mamma Gina, poi ho lavorato un po’ da Revoir, ho lavorato dal Donnini.. .
P.M.: Senta una cosa…
N.G.: Poi, quando… dall’88 ho lavorato la sera al Le Corti, tutte le sere.
P.M.: Lei, negli anni, quando è venuto a Firenze, dove abitava?
N.G.: Quando sono venuto a Firenze io abitavo in un affittacamere in Borgo la c roce al numero 8. Io dormivo in camera, cioè una camera che era una… è una stanza lunga, non so, c’erano due lettini. Uno, io e uno un altro ragazzo, era di origine egiziana.
P.M.: Ha mai abitato a San Casciano?
N.G.: A San Casciano ho abitato un anno.
P.M.: Ricorda il periodo?
N.G.: Dopo che venne il ghiaccio, il ghiaccio… che venne il ghiaccio, ho abitato un anno lì a San Casciano, io, si.
P.M.: Dove?
N.G.: In Borgo Sarchiani numero 80.
P.M.: Come la trovò questa casa, lo ricorda?
N.G.: Questa casa mi sembra che la Gabriella, mi aveva detto Indovino che c’era una casa attraverso una agenzia lì, di San Casciano.
P.M.: Allora, Gabriella Ghiribelli è…
N.G.: Sì, che lei conosceva Indovino Salvatore da tanti anni, lei. Perché lei ha abitato a Prato. Era amica del fratello dell’Indovino Salvatore. Uno che insomma lavorava in una impresa di pulizie, credo.
P.M.: Come si chiamava questo fratello, lo ricorda?
N.G.: Di nome non mi ricordo. Lei…
P.M.: Sebastiano, forse?
N.G.: Sebastiano, sì. Ha abitato a Prato, lei, diversi anni.
P.M.: Lei, quando l’ha conosciuto la Ghiribelli?
N.G.: Io, la Gabriella, l’ho conosciuta di marzo dell’83.
P.M.: E siete andati…
N.G.: L’ho conosciuta verso il 15 di marzo.
P.M.: Siete andati ad abitare insieme?
N.G.: Lei dormiva alla Fiorita in via coso, alla Fiorita… come si chiama, via… vicino alla Stazione, lì, in quella strada.
P.M.: Alla pensione.
N.G.: Quella pensione.
P.M.: Sì.
N.G.: Io l’ho conosciuta una sera lì dentro… C’è in via Guelfa quel bar che si chiamava. . . il Bar Angelo, Angelo Azzurro, roba del genere. Perché io, c’era un ragazzo napoletano, era il figliolo di quello che vendeva le cravatte, Gaetano, che lavorava con mé lì, da Mamma Gina. E lui aveva paura, perché, non so, era stato scippato una sera. Ci siamo fermati lì, io ho preso del latte e lui ha bevuto un’altra cosa. Perché lui abitava in quella stradina. E lei l’ho vista lì, era insieme a altre ragazze. E lei si è avvicinata, così. Dopo qualche giorno, lei… Quando l’ho conosciuta, ci aveva un assegno, mi ricorderò sempre, un assegno intestato alla società Nuraghe di circa sei milioni.
P.M.: E vi siete conosciuti lì.
N.G.: L’ho conosciuta lì. Dopo…
P.M.: Dopo?
N.G.: Dopo qualche giorno, lei, quando io tornavo da lavorare, è venuta lì a casa mia con una scusa insieme ad un anziano, che questo anziano è di Prato che lavorava, lavorava o abitava dove c’era una specie di associazione, tipo Croce Rossa a Prato.
P.M.: Ho capito. E quando avete iniziato, in che periodo, a stare insieme, ad abitare insieme?
N.G.: Vérso aprile. Dopo un mese mi fece arrestare.
P.M.: Ho capito. Allora, quando avete, siete andati…
N.G.: Nell’83 l’ho conosciuta, poi potete…
P.M.: Sì. Dopo questo arresto siete andati ad abitare insieme?
N.G.: Lei è venuta lì a dormire con me un po’ di tempo. Ha dormito lì in un lettino da una piazza, così…
P.M.: Mi scusi dopo, successivamente, siete andati ad abitare insieme?
N.G.: Dopo sì.
P.M.: A San Casciano siete andati insieme, ha detto.
N.G.: Sì.
P.M.: Prima di San Casciano, ha detto, ha abitato da qualche altra parte insieme?
N.G.: Dove ho abitato…
P.M.: Dalle parti di San Casciano…
N.G.: Sono andato ad abitare a coso, A Rignano sull’Arno, qualche mese.
P.M.: Con la Ghiribelli?
N.G.: Sì. Perché lì lo prese, questa pensione, la Guadagnolo. La Guadagnolo, una signora che sta in via coso.
P.M.: Ora, tanto a noi interessa… 
N.G.: No, no…
P.M.: … dove siete andati ad abitare. Quindi, prima di Borgo Sarchiano abitavate a Rignano.
N.G.: No, no.
P.M.: No. Ho capito male io.
N.G.: Dopo siamo andati vicino a Grosseto, un mese, poco più, mi sembra. vicino a Grosseto. Poi ho abitato in una fattoria, lì a coso, a… Sopra Cerbaia, sono stato un po’ di tempo anche lì.
P.M.: Questo, prima di San Casciano.
N.G.: Prima di San Casciano.
P.M.: Poi a San Casciano avete abitato circa un anno…
N.G.: Circa un anno a San Casciano.
P.M.: Lei dice, grossomodo, a cavallo dell’85.
N.G.: Sì, sì, dopo che venne il ghiaccio, sono tornato a San Casciano. Sono stato fino, da… mi sembra sarà stato… Perché io avevo, quando ero lì a Montagnana, avevo colto le olive in quel periodo, che non facevo proprio niente. E ci avevo tanto olio, avevo portato l’olio lì, a San Casciano, e dopo mi è sparito anche quello. E io ci sono stato circa un anno lì.
P.M.: Poi, con la Ghiribelli, quanto è durata, fino a che anno è durata questa relazione?
N.G.: Fino al 2 febbraio dell’88.
P.M.: Lei sapeva che mestiere faceva, no, la Ghiribelli.
N.G.: Sì, io lavoravo e lei me lo aveva detto, me lo aveva detto faceva la sua vita.
P.M.: Senta, lei… dove si prostituiva la Ghiribelli?
N.G.: A Firenze. Io so che andava in via coso, intorno a via Nazionale, per quelle strade lì, intorno a Santa Maria Novella. Tanto lo sanno tutti, non è una cosa…
P.M.: Ce lo ha detto lei mezzora fa. E lei, la sera, o quando l’accompagnava, ricorda gli orari?
N.G.: Noi si tornava a casa sempre verso mezzanotte, appena usciva il giornale si tornava a casa. Lei arrivava a Firenze verso le nove.
P.M.: Questo, tutti i giorni…
N.G.: No.
P.M.: … o il sabato e la domenica diverso?
N.G.: Alla domenica, a volte lei veniva via verso le tre.
P.M.: Il sabato?
N.G.: A volte anche il sabato.
P.M.: Quindi, dalle tre a mezzanotte, ininterrotto?
N.G.: Poi lei andava a mangiare, ritornava fuori, non so. . .
P.M.: E quindi, se ho capito bene, il sabato e la domenica pomeriggio e sera, durante…
N.G.: Era a Firenze.
P.M.: … la settimana, solo la sera.
N.G.: Sì, sì. Ma non tutte le sere andava.
P.M.: Solo la sera. Cioè…
N.G.: Sì.
P.M.: … dalle otto, dalle…
N.G.: Sì, tanto sono stato condannato di questa cosa qui. Ormai…
P.M.: Sì, sì.
N.G.: … non posso dire una cosa per un’altra.
P.M.: Per questo, per questi fatti. Senta ancora una cosa: lei ricorda l’episodio della macchina vista davanti alla piazzola di via degli scopeti?
N.G.: Senta, io come ho detto, io non mi ricordo alcun particolare. Io non potrei dire che macchina nè se era bianca, nè se era rossa. Io mi ricordo, nel passare, però, io non è che mentre passavo, accanto a me, non mi ricordo se c’era, la Gabriella – lei c’era sempre – o se c’era anche Salvatore Indovino. Cioè, io…
P.M.: Cioè, lei ha questo ricordo: la Gabriella c’era sicuramente, forse, secondo lei, c’era…
N.G.: Non mi ricordo di preciso questo particolare, perché in quel periodo lui stava poco bene e si andava a fargli la puntura, si faceva la puntura. E, nel passare, io ho visto così, con la coda dell’occhio il culo di una macchinai però non potrei dire di che colore era. Mi sembra una macchina… ‘una macchina di media cilindrata. Io non potrei dire altro, non vorrei dire altre cose.
P.M.: Di questa macchina poi ne avete pa… Lei ha detto altre cose, vediamo, glielo contesto.
N.G.: Sì, sì. Per l’amor di Dio… 

P.M.: E di questa macchina avete poi parlato con la Ghiribelli dopo che c’era stato l’omicidio?
N.G.: Mah, io questo… Si sarà parlato, ma non…
P.M.: Lo ha detto lei, eh, signor Galli.
N.G.: Sì. Io… ascolti, io posso, non posso ricordarmi con certezza. Si sarà parlato certamente.
P.M.: E lei ne ha parlato nel senso che era meglio non farne di niente, non raccontarlo…
N.G.: Ascolti, io in quel periodo lì era un periodo che la legge lo sa, stando con una signora che faceva la vita, non potevo certamente cercare di espormi o di dire qualcosa in più o meno. Io poi, gliel’ho detto, sono passato sulla strada, io passavo dietro, non è mica che passavo per vedere se c’era qualcosa in giro. Come ho detto, io, su per la strada venendo in giù, c’era la festa degli Hare Krishna, c’era rumore. Che mi ricordo che c’era la festa del fuoco, o che era l’ultima domenica di coso, che facevano la festa loro, i Krishna. E vidi una macchina anche venire in giù per la strada. Però io, di che colore è la macchina che veniva giù con i fari accesi, non saprei nemmeno che macchina fosse stata quella.
P.M.: Allora, andiamo un attimo con ordine. Lei ha introdotto, dice: ‘c’era la festa degli Hare Krishna, forse c’era la festa del fuoco, forse la festa…’
N.G.: Perché la festa, quando fanno i matrimoni, l’ultima festa che fanno loro, io mi ricordo che era una domenica di se… i primi di settembre, insomma, quei giorni lì era. Che fanno queste feste lì, loro.
P.M.: La festa la fanno, per l’appunto, l’8 settembre, 9 settembre… Io. . .
P.M.: … quindi, questo, come data torna. E come mai lei sa di questa festa? Lei ha frequentato gli Hare Krishna?
N.G.: io sono stato tante volte dagli Hare Krishna.
P.M.: Da solo?
N.G.: Ci sono stato da solo, ci sono andato anche con lei.
P.M.: Con la Ghiribelli?
N.G.: Anche con la Ghiribelli.
P.M.: Come mai andavate dagli…
N.G.: Ma perché io sono passato di lì, anche per curiosità. Come ho mangiato qualche volta lì, dove c’era, un paio di volte ho mangiato dove c’è quella specie di fattoria lì, piccolina.
P.M.: Senta, questa cosa degli Hare Krishna, c’era la festa quella sera, perché lei lo sapeva prima, o perché sentì del…
N.G.: Perché ho sentito rumore mentre passavo, io.
P.M.: Lei come mai con la Ghiribelli frequentava gli Hare Krishna?
N.G.: Ma come frequentavo gli Hare Krishna. Io so che qualche volta ci posso Esserci passato, così.
P.M.: Ci può spiegare…
N.G.: Perché il tempo non mi mancava, anche.
P.M.: Ecco, ma vi ha portato qualcuno, ci andavate per conto vostro…
N.G.: No, io sono passato così.
P.M.: Sì, dico, ma dentro lei è stato a queste feste, lei sa che per la festa del fuoco o quest’altra cosa, come lo sa?
N.G.: Questo, perché tutti lo sapevano, degli Hare Krishna. Come…
P.M.: Ma gli Hare Krishna – le chiedo ancora – lei aveva accennato questo fatto. Ci è andato, ci andavate perché vi ci ha portato qualcuno, o vi siete presentati lì un giorno?
N.G.: No, perché era aperto, era aperto durante il giorno quando… la domenica a volte. Sono andato dentro perché c’era una tenda. Così, anche per curiosità.
P.M.: Ho capito.
N.G.: Perché loro offrivano dei cosini, dei dolcini così, come quando passano per Firenze.
P.M.: Quella sera di cui stiamo parlando, lei sapeva – insisto – che c’era la festa, o ha sentito dei rumori?
N.G.: Ho sentito rumori, gliel’ho detto prima.
P.M.: Bene. Passando davanti alla piazzola, lei dice: ‘ho visto una macchina in queste condizioni’. Poi ha accennato: ‘non ricordo il colore’. Poi ha accennato: ha visto una macchina venire in senso inverso…
N.G.: Venire in giù. C’è due o tre curve, sopra, più avanti. C’è una specie di capannina, dove c’era una specie di ristorante una volta? Non lo so io, perché non ci sono mai ripassato. Sopra lì, lì sopra. Veniva in giù.
P.M.: Senta, e di questa macchina che poi… vicino a questa piazzola, lei ricorda, questa di media cilindrata, com’era posizionata?
N.G.: lo ho visto con il… così, nel passare, mi sembrava che fosse il culo verso la strada. Io…
P.M.: Verso Firenze? La parte…
N.G.: Verso l’imbocco della strada perché io andavo in su.
P.M.: Bene. E il frontale della macchina, quindi, era verso San Casciano.
N.G.: Sì, verso in su. Così, non l’ho visto…
P.M.: O verso la piazzola?
N.G.: Verso, verso come lei dice la piazzola. Io ho visto qualcuno così, nel passare. Mi sembrava una macchina… Ho detto, io… media, così, normale.
P.M.: Quindi, se mi è acconsentito, un po’ abboccata verso la strada che va alla piazzola, era questa macchina.
N.G.: Sì, abboccata così, lungo la strada, volta in su.
P.M.: Lei, insisto nella domanda, successivamente, il giorno dopo quando ha saputo dell’omicidio, ne ha parlato con la Ghiribelli? Lei ora stava dicendo: ‘sa, io in quell’epoca avevo noie con la legge…’
N.G.: Io, ma noi si può aver parlato benissimo, si sarà parlato, ma…
P.M.: Dice la Ghiribelli che lei gli ha detto: ‘lasciamo perdere, non lo diciamo a nessuno’.. È vero, o no?
N.G.: Questo se si è detto si sarà detto tutti e due d’accordo. Perché tanto lei sa che la Ghiribelli…
P.M.: Indipendentemente dal…
N.G.: Mi scusi, scusi eh…
P.M.: No, scusi. Ora scusi, la domanda la faccio io, eh?
N.G.: Sì.
P.M.: Io le chiedo: indipendentemente da chi lo ha detto, questo discorso lo avete fatto?
N.G.: Questo si può averlo detto tutti e due. Io non mi ricordo se l’ho detto io o l’ha detto lei.
P.M.: Benissimo. 
N.G.: Perché prima cosa lei sa che è una donna che, al momento, allora, quando la conoscevo io, beveva come una spugna.
P.M.: Ho capito.
N.G.: Ora non lo so se beve, perché…
P.M.: Non lo so nemmeno io.
N.G.: Non lo so.
P.M.: Stamani, apparentemente, no. Ma il discorso è questo: voi avete fatto quel discorso. Lei dice: ‘non ricordo se lo abbiamo fatto di comune accordo, se l’ho proposto io e se lo ha proposto lei. Comunque ci siamo detti di questo fatto… ‘ 
N.G.: Sì, perché tutti e due si aveva, si aveva un piede, insomma…
P.M.: Benissimo. Senta, questo rapporto che avevate con Indovino Salvatore, o lo aveva la Ghiribelli e lei di conseguenza… 
N.G.: Sì.
P.M.: … che tipo di rapporto è? Andavate in questa casa?
N.G.: Io, a volte, ci siamo fermati. Ci ho mangiato un paio di volte da solo. Ogni tanto noi ci si andava. Perché a me Salvatore, posso dire, che mi ha dato dei consigli come fossero di un babbo, nel dire che, mi diceva anzi, mi consigliava di non stare nemmeno con la Ghiribelli.
P.M.: Lui la conosceva da prima di lei?
N.G.: Lui la conosceva da tanti anni. E lui mi diceva di non stare, perché tanto lei ha messo sempre confusione in tante persone. Dice, a Prato, a Firenze, ha sempre fatto tante denunce verso gli altri.
P.M.: Chi?
N.G.: La Ghiribelli, una volta che ha bevuto…
P.M.: Ho capito.
N.G.: Io non c’ho niente contro.
P.M.: Eh, beh, lo ha fatto anche contro di lei, se non ho capito male.
N.G.: Lo ha fatto contro di me. Giustamente io tornavo dall’ospedale, ero andato un giorno in ferie, tornavo dall’ospedale che ci avevo la figliola operata, da Arezzo. Arrivo a casa, avevano fatto, non so, uno scippo su per le scale e io andai a accompagnarla lei, perché due o tre giorni prima l’avevo mandata via di casa.
P.M.: Ho capito. Va be’, insomma, il rapporto era di questo tipo.
P.M.: Senta ancora una cosa: volevo parlare ancora della casa dell’Indovino.
N.G.: Sì.
P.M.: Lei la frequentava, ci andava?
N.G.: Io ci sono andato e a casa Indovino ho trovato a volte delle persone di Prato, una certa Grazia, la su’ sorella e uno che stava con lei, un meridionale. Gente… Il fratello, ho visto qualche volta, così…
P.M.: Il fratello di chi, scusi?
N.G.: Di Salvatore. Io non ho visto altre persone. E poi… Ci ho mangiato un paio di volte, così. Ora, l’ho vista, è una casa tutta diroccata che ci piove da tutte le parti.
P.M.: Lei fece un disegno di quella casa, se lo ricorda? Un giorno.
N.G.: Feci uno schizzo a lei, sì.
P.M.: Uno schizzo. Senta ancora una cosa: questa, lei il Lotti Giancarlo lo conosce?
N.G.: Io lo conosco così di vista, ma non… ci ho parlato qualche volta. Per me è una Persona tranquillissima, era. Io non ho avuto mai a che fare contro di lui e lui contro di me. Niente. Per me era una persona come me, lavorava. Io…
P.M.: Sapeva se frequentava la… se frequentava anche lui la Nicoletti o il Salvatore Indovino?
N.G.: Io, la Nicoletti, l’ho visto diverse volte in macchina insieme. Indovino io non so, prima di arrivare a Spedaletto, lì fuori. Parlavano ma normalmente, come persone…
P.M.: Con il Lotti.
N.G.: Con il Lotti. Una volta parlavano… Non so, gli avrà chiesto domande della cosa, della… come si chiama, di questa donna.
P.M.: Filippa.
N.G.: Di questa Filippa. Gli avrà chiesto domande così…
P.M.: Lei sa che rapporti c’erano fra la Filippa e il Lotti, la Filippa e Indovino, lei lo sa?
N.G.: Io…
P.M.: Lo sapeva all’epoca?
N.G.: Mah, per me erano amici, la Filippa con coso, col Lotti. Io penso che Lotti l’abbia aiutata quando veniva a Firenze per trasportarla con a macchina, cose… non so.
P.M.: Lei sa se la Filippa Nicoletti si prostituiva?
N.G.: Ma io penso di sì, quello, sì. Io so che ha avuto una volta la discussione con la Gabriella, per via di un signore che lavorava a… ora alla SIP, allora uno anziano, uno zoppetto.
P.M.: Lei sa che macchina aveva il Lotti Giancarlo? Che macchine ha avuto?
N.G.: Io l’ho visto quasi sempre, quelle volte che l’ho visto passare, ci aveva un… o era un 124 o un 125 color verde, più o meno un colore in quel modo vecchio.
P.M.: Il 128 coupé glielo ha mai visto?
N.G.: Io il 128 coupé l’ho visto, mi sembra, perché me lo rammentò lei, una volta.
P.M.: Lo ha mai visto…
N.G.: Io l’ho sempre visto in giro con quella macchina lì.
P.M.: Lo ha mai visto Giancarlo con il 128 coupé?
N.G.: Una volta mi sembra di averlo visto, perché me lo rammentò lei, perché sennò io…
P.M.: Io le ho rammentato che ce l’aveva, lei ricorda…
N.G.: Sì, e se lo avevo visto. Però io lo vedevo sempre con questa macchina verde in giro, lo avevo visto. Una volta l’ho visto con quella rossa, sì.
P.M.: Era…
N.G.: Era rossa tutta scolorita, sarà stata arancione, non rossa, non so.
P.M.: Perfetto. Questo, volevo sapere. Ricorda dove lo vide con questa macchina?
N.G.: Mah, a San Casciano, passare. Perché passava per quella strada lì, a volte, dove abitavo io, per andare in giù a casa. L’ho visto due o tre volte, passare.
P.M.: Il Fernando Pucci, lo conosce?
N.G.: Il Fernando Pucci l’ho visto anche lui, ci ho parlato qualche volta anche con lui.
P.M.: Dove lo vedeva?
N.G.: lo l’ho visto, qualche volta, insieme alla Gabriella.
P.M.: Con il Lotti lo ha mai visto?
N.G.: L’ho visto passare per Firenze col Lotti, in verso Santa Maria Novella, per lì.
P.M.: Senta, parliamo un attimo di questa casa di via Faltignano dell’indovino. Lei ci è stato più di una volta?
N.G.: Io ci sono stato.
P.M.: Lei ha fatto un disegno di com’era la casa.
N.G.: No, no. Ci sono stato diverse volte io. No, no, per l’amor di Dio.
P.M.: Ricorda perché andavate lì?
N.G.: Io andavo lì perché il Salvatore era amico con la Gabriella.
P.M.: Sì.
N.G.: Poi dopo lui si è ammalato, è stato all’ospedale a coso, come si chiama, quel…
P.M.: Forse a Prato, forse a Fi…
N.G.: No, prima. A coso, a… Non Torre Galli.
P.M.: A Ponte a Niccheri?
N.G.: A Ponte a Niccheri.
P.M.: Per che cosa, ricorda?
N.G.: Non lo so. Era dimagrito, era molto…
P.M.: Lei è andato a trovarlo?
N.G.: Sono andato a trovarlo.
P.M.: Insieme alla Gabriella?
N.G.: Insieme alla Gabriella. Lì c’era uno di Prato, c’era uno che faceva l’ortolano di Prato, e una ragazza che stava insieme a lui.
P.M.: Si ricorda se si chiamava Agnello, questo?
N.G.: Agnello, sì.
P.M.: Domenico?
N.G.: Domenico, si chiamava.
P.M.: Questo di Prato lo aveva visto anche nella casa di Salvatore, o lo vide solo all’ospedale?
N.G.: Questo qui lo avevo visto una volta a casa di Salvatore.
P.M.: Con una donna.
N.G.: Con una donna, non so se era di origine zingara, roba del genere. Una mora.
P.M.: Era la sua donna, o era…
N.G.: Sì, era la sua donna.
P.M.: Senta ancora una cosa: e questa casa di via Faltignano lei ricorda di aver visto da chi era frequentata o di aver saputo dagli altri, da chi era frequentata?
N.G.: Io ora gli ho detto: ho visto questo Ezio il bottegaio, perché erano amici con lui…
P.M.: Ezio il bottegaio, chi? Scusi?
N.G.: Quello che stava lì vicino, lì, abitava lì a Spedalietto.
P.M.: Pestelli?
N.G.: Non lo so il cognome io. Si chiamerà in quel modo.
P.M.: Va be’”, Ezio. Il bottegaio di via Faltignano.
N.G.: Ho visto lui, ho visto…
P.M.: Lui a che titolo era lì? Era anche amico, o erano solo.. .
N.G.: Lui era amico con coso, era amico con Salvatore, perché…
P.M.: E anche della Filippa.
N.G.: Io, la Filippa, l’ho vista poche volte lì. L’avrò vista quattro-cinque volte, non più.
P.M.: Bene. Poi?
N.G.: Poi ho visto questo…
P.M.: Ezio?
N.G.: Questi d Prato, questi signori di Prato, meridionali; questa Grazia, la sua cosa, una sorella e questo… uno grosso, che era il convivente di questa Grazia. Ho visto qualche… E un’altra volta un signore alto che ci aveva, mi sembra, una Simca, quelle tipo, quelle lunghe, no? Che ci aveva una bambina e la moglie. Però non so chi sia questo. E ho visto un’altra volta anche un signore, un… una volta, che c’ha un camper, ci aveva… che era un mago che si chiamava Manolito, che mi disse a me per le scale, lì, dice: ‘vedi, lui guarda come vive bene. C’ha una ma… un coso che costa tanti soldi’.
P.M.: Questo discorso, il mago Manolito che ci aveva una macchina da tanti soldi, chi glielo fece?
N.G.: Me lo fece Salvatore. Mi disse che aveva trovato una signora, da quelle parti, anziana, che era una cliente buona che ci aveva una villa e che aveva guadagnato tanti soldi…
P.M.: Come magia.
N.G.: Come magia.
P.M.: Di Salvatore, come mai conosceva Manolito, lo sa?
N.G.: Non lo so. Perché saranno tutti e due siciliani, penso.
P.M.: Erano stati in carcere insieme, per caso?
N.G.: No, questo non lo so.
P.M.: Non lo sa. Sa se anche Salvatore aveva appreso, faceva magie?
N.G.: Salvatore, io una volta ho visto una signora di coso, che faceva la cameriera, di verso Pistoia che gli ha chiesto a lui… sono arrivato lì in quel momento, era una bella signora mora, che gli ha chiesto a lui se poteva per 1 ‘ avvicinamento del marito.
P.M.: Cioè, ci spieghi meglio.
N.G.: Perché lei, se poteva fare qualcosa verso il marito, verso il marito, se poteva fargli qualche cosa lui. Perché lui ci aveva, io ho visto in casa di Salvatore ci aveva un tavolo vecchio, ci aveva un coso, un libro appoggiato e una cosa, una stanza… io l’ho visto così. E una specie di pendolino. Poi non ho visto altre cose.
P.M.: Lei capì che erano cose di magia e…
N.G.: Ma scusi, lui prendeva 350 mila lire al mese di pensione. E per vivere, qualche cosa doveva mangiare… Io gli ho pagato anche il bollo della macchina. Lo potete constatare, se fate gli accertamenti. Il superbollo della macchina che ci aveva, gliel’ho pagato io. E lui mi diede, in pegno un anello che. poi, quando fui arrestato, mi fu sequestrato.
P.M.: Ho capito. Senta, in questa casa, lei dice ha visto questo pendolino e un libro, ha detto.
N.G.: Un pendolino di ottone, un cosino d’ottone così, come tipo quelli da muratore, roba del genere. E un librettino così.
P.M.: Su un tavolo.
N.G.: Un tavolo tutto diroccato, che nella casa, della roba diroccata ce n’aveva.
P.M.: Gliel’ha spiegato lui che gli serviva per le magie, o l’ha capito lei?
N.G.: L’ho capito da me. Lui, di queste cose, non me ne ha mai parlato. Solo che quando c’era questa signora lì, mi disse che lei era venuta da lui perché lo aveva frequentato altre volte per queste cose del marito. Perché lui me la presentò, questa signora, era bella, avrà avuto sui 35 anni. Mi disse: ‘sarebbe una donna per te, così’.
P.M.: Venne così il discorso. Senta, e lei questa casa la ricorda?
N.G.: lo si.
P.M.: Com’era, grande? Era una casa piccola o grande?
N.G.: Era una casa che c’era, per entrare c’è una specie… quattro o cinque scalini, sei, non so. E una specie di loggetta. C’era una porta, c’era una cucina, una camera e un coso. In fondo c’era un acquaio proprio messo in fondo in fondo.
P.M.: Quindi c’era: una cucina, una camera…
N.G.: E una specie di stanzino in fondo alla camera. Io sono… in camera sua ci sono stato due o tre volte. E ho visto giù in fondo che c’era… non mi ricordo se era, una specie di tavolino lì, con questo coso appoggiato. Poi…
P.M.: Quindi era piuttosto piccola, questa…
N.G.: Sì, non era grande.
P.M.: E quando lei ci vedeva tutte queste persone, dove stavano, nel soggiorno?
N.G.: La cucina, quella cucina…
P.M.: Ah, la cucina…
N.G.: … quella specie di cucina che ci aveva una cucina a legna lui lì. E c’era un tavolo. Ma era tutta una casa mezza… ci pioveva da tutte le parti.
P.M.: Quindi era una casa malmessa.
N.G.: Una volta gli ho aiutato io a mettere dei pezzi di lamiera sopra con delle tegole. Perché lui era, fisicamente era ridotto proprio… Poi è morto non so dopo guanto tempo, a Prato. Perché andai a trovarlo a Prato, mi disse che era proprio finito, proprio… a dire 30 chili è parecchio.

P.M.: Lei ricorda se la Gabriella lo curava, gli faceva delle iniezioni?
N.G.: La Gabriella gli ha fatto delle punture, gliene ho fatte anch’io. Me lo chiese lui. Perché lui era solo in quel momento lì.
P.M.: In che periodo siamo?
N.G.: Quando siamo abitati lì a San Casciano.
P.M.: Cioè nell’85.
N.G.: Sì.
P.M.: La Nicoletti Filippa non c’era più con lui?
N.G.: Ma la Filippa io lo so, qualche volta è venuta a trovarlo perché lei abitava…
P.M.: Non abitava più con lui?
N.G.: Abitava ad Arezzo, credo almeno. Io…
P.M.: Lui abitava da solo in questa casa?
N.G.: Sì, io ci ho visto la…
P.M.: A parte queste…
N.G.: Gli ho detto, tre quattro volte, non più, l’ho visto
P.M.: Ma non come persone che coabitava, come ospite?
N.G.: Penso che sia stato come ospite.
P.M.: Non lo sa. Senta, e queste iniezioni, lei o la Gabriella, gliela facevate tutti i giorni, saltuariamente…
N.G.: No, gli si faceva quasi tutti i giorni, per un periodo. Non mi ricordo quanto sarà durato. Come faccio, sono passati tanti anni.
P.M.: Ha ragione. Lei ricorda in che orari del giorno andavate?
N.G.: Io, a volte, ci sono andato dopo mezzogiorno, subito. Lui è venuto un paio di volte a mangiare a casa mia, lo possono dire quelli che abitavano lì, perché erano dentro una corte.
P.M.: E’ mai capitato di fare l’iniezione a Salvatore tornando da Firenze dopo che la Gabriella si era prostituita?
N.G.: Qualche volta sì.
P.M.: Cioè, la sera a mezzanotte?
N.G.: Qualche volta sì.
P.M.: Andavate e c’era lui solo in casa, o c’era…
N.G.: Io ci ho trovato sempre lui solo.
P.M.: Di sabato o di domenica era diversa la situazione in casa?
N.G.: Ma io ho detto, a volte, quando… Io, la domenica, mi sono fermato poche volte, perché quando noi si veniva a Firenze, si veniva verso le tre. A volte, le ho detto, ci ho visto qualche persona, in quel periodo. Erano tutta gente di Prato, tutti meridionali.
P.M.: Queste persone che ci ha indicato?
N.G.: Sì. C’era uno, quello che stava con questa Grazia, non so, era di Avellino. Ed era amico della Gabriella, perché quando la Gabriella stava a Prato trafficava con la Gabriella quegli assegni.
P.M.: Ho capito. Senta…
N.G.: Sono cose che potete controllare poi andando a Prato…
P.M.: Ma non è che ci interessi molto. Ne prendiamo atto.
N.G.: No, no, ma io gliel’ho detto perché sono persone che conosceva la Gabriella da molti anni.
P.M.: Se vogliamo individuarle ancora meglio, abbiamo questa possibilità. La ringrazio. Senta, lei ricorda se nei giorni precedenti al momento in cui fu scoperto l’omicidio dei francesi eravate passati da via degli Scopeti e avevate visto la tenda dei francesi?
N.G.: Io sono passato una volta, ci sono passato, da coso, lì, da Scopeti per andare in giù. Una volta ci sono passato.
P.M.: Con la Gabriella?
N.G.: Sì.
P.M.: E avevate visto la tenda dei francesi?
N.G.: Io non ho visto niente.
P.M.: In precedenza.
N.G.: Io… poi non capisco come potrebbe averla vista lei, che quando lei era in macchina, o faceva le parole crociate, o leggeva i romanzi. Questo, se lei vuol dire la verità, lo può dire… Lei ha sempre letto. Anche di notte ,lei ci ha sempre qualche cosa in mano da leggere. Lo potete domandare a chi l’ha conosciuta.
P.M.: Sì, Galli…
N.G.: Mi sembra strano. Quando era lucida, almeno.
P.M.: La mia domanda è specifica.
N.G.: Sì, sì, no no, lei…
P.M.: Lei non ha ricordo…
N.G.: No, io no.
P.M.: … è possibile che l’abbiate vista la tenda…
N.G.: No, io no. Se l’ha vista lei e lo sa lei, è un’altra cosa
P.M.: Lei non è sicuro, non sa se l’ha vista.
N.G.: Non posso dire una cose che lei si…
P.M.: Allora, nei giorni precedenti, sia perché se lo ricorda, o perché passavate…
N.G.: Io passavo… Scusi, eh, io passavo quasi sempre dall’uscita di sotto perché dove abitavo io tornava bene di lì.
P.M.: Passare da Scopeti.
N.G.: Sì. E mi sembra che c’erano anche dei lavori in corso in quel periodo lì.
P.M.: Quindi, mi scusi, vi capitava di andare a Firenze transitando da via degli Scopeti.
N.G.: Io da via degli Scopeti sono passato qualche volta, così. Un paio di volta che mi sono fermato a mangiare lì dove c’era quella…
P.M.: Però quella notte…
N.G.: Quella note siamo passati di lì.
P.M.: Quando andavate a casa di Indovino.
N.G.: Sì.
P.M.: La sera, tornando da Firenze, che strada facevate?
N.G.: Siamo passati di lì, ma siamo passati qualche sera.
P.M.: No quella sera, io dico in genere.
N.G.: Ma da Indovino ci siamo passati l’ultimo periodo, mica sempre si passa… Io passavo…
P.M.: Benissimo. Anche se è due giorni anziché uno, mi può dire se passavate di lì?
N.G.: Siamo passati di lì, sì.
P.M.: Bene, grazie.
N.G.: Porca miseria, perché devo dire di no.
P.M.: Siccome la Ghiribelli dice ricorda di aver visto la tenda dei francesi nei giorni precedenti…
N.G.: Se l’ha vista lei…
P.M.: . . . può essere una cosa…
N.G.: Io non posso dire una cosa per un7altra.
P.M.: Io le chiedo se l’ha vista lei, tutto qui. Lei dice: ‘non l’ho vista o non me lo ricordo’.
N.G.: Non l’ho vista proprio.
P.M.: Non l’ha vista. Non c’ha guardato.
N.G.: Non c’ho guardato. Perché quando uno guida non è che si mette…
P.M.: Senta, lei sa se nella casa accanto a quella dell’indovino abitava un’altra famiglia?
N.G.: Io quando ho conosciuto lui non c’era nessuno, era tutto vuoto. Ho visto una volta che è venuto un signore che era il proprietario, lì da lui, che mi sembrava in buoni rapporti. Mi diceva che non gli pagava l’affitto da due-tre mesi.
P.M.: No, io mi riferisco a una famiglia che stava proprio accanto.
N.G.: No, non c’era nessuno lì.
P.M.: I signori Malatesta.
N.G.: Non c’era nessuno lì,
P.M.: Milva Malatesta l’ha mai sentita dire lei?
N.G.: Lei mi disse, mi fece vedere una fotografia, si ricorda, quando…
P.M.: Sì, c’è un verbale che do atto di avergliela mostrata.
N.G.: Mi scusi. Io questa la conoscevo come Silvia, l’ho vista in via Guelfa, che lei stava dentro un bar, che si chiama bar Angelo Azzurro, che stava con il proprietario del bar. Che questo qui, non so, gli guardava i bambini, poi se era convivente non lo so. E poi… per me si chiamava Silvia. Poi l’ho rivista nell’86 una volta, insieme alla mamma e c’era un ragazzo, lei stava con un muratore.
P.M.: Insieme alla mamma chi, scusi?
N.G.: La Gabriella mi presentò dicendomi che era la mamma di questa Silvia. Io l’ho conosciuta sempre come Silvia quando l’ho vista.
P.M.: Bene.
N.G.: L’ultima volta l’ho vista quella volta lì. Perché lei era fidanzata in quel periodo con un ragazzo, un muratore, un ragazzo bravissimo, che faceva il muratore, si era rotto una gamba, uno con un naso grosso, rosso di viso.
P.M.: Ho capito. Questa Silvia…
N.G.: E era contenta, dice, perché s’era fatta una vita. Queste le parole…
P.M.: Si era fatta?
N.G.: S’era fatta una vita, si era fidanzata con questo ragazzo, si volevano sposare. Poi non l’ho rivista più io.
P.M.: Lei sa se abitava accanto a Indovino Salvatore? L’ha mai vista accanto a Indovino Salvatore?
N.G.: No, io quando sono andato a casa di Salvatore, la casa era vuota.
P.M.: La casa accanto…
N.G.: Quella casa era vuota.
P.M.: Un certo Trancucci che faceva il…
N.G.: Come?
P.M.: Trancucci che faceva il netturbino a San Casciano e che abitava in quella casa…
N.G.: No, non l’ho mai conosciuto.
P.M.: … e che abitava con…
N.G.: Non ho mai visto nessuno.
P.M.: Nel periodo in cui ha frequentato lei quella casa.
N.G.: No, lo può domandare, io…
P.M.: Io lo domando a lei, mi basta.
N.G.: Io non l’ho conosciuto.

P.M.: Presidente chiedo di introdurre il dottor Vinci, dirigente della Sezione Omicidi della Squadra Mobile.
Presidente: Bene. La Nicoletti c’è?
P.M.: Penso di sì. Ora volevo vedere per l’orario, perché è una teste un po’ complessa.
Presidente: Eh, ma più tempo passa e peggio è. Perché noi, io fino alle tre posso stare, dopo no.
P.M.: Ecco, volevo capire se facevamo una interruzione o se andavamo a diritto.
Presidente: No, no si va a diritto.
P.M.: Bene, bene. 
Presidente: Si chiama lei?
Fausto Vinci: Vinci Fausto, nato a Viterbo il 31 maggio 1966.
Presidente: Della Squadra Mobile di Firenze, eh?
F.V.: SI, della Squadra Mobile di Firenze.
Presidente: Può leggere la forma, per cortesia?
F.V.: Sì. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”.
P.M.: Presidente, quando crede noi siamo…
Presidente: Prego, prego, Pubblico Ministero.
P.M.: Dottor Vinci, può innanzitutto, spiegare alla corte qual è esattamente il suo incarico all’interno della…
F.V.: Sì, sono il responsabile della Sezione Omicidi della squadra Mobile di Firenze.
P.M.: Da quando?
F.V.: Dal dicembre del ’95.
P.M.: Quindi lei si è occupato, questa sua veste, insieme al dirigente della Squadra Mobile, di queste indagini.
F.V.: Si, congiuntamente al dottor Giuttari ci siamo occupati di questa indagine.
P.M.: Senta, io vorrei chiedere oggi a lei una sola circostanza, riservandomi di chiamarla su altre circostanze, d’accordo con i difensori in un secondo momento. Volevo sapere se lei ha fatto accertamenti mirati, specifici sia al PRA che in qualsiasi altro modo lei sia riuscito a farli, in merito alla proprietà e al possesso di una FIAT 128 da parte del Lotti. E, nel caso, le caratteristiche di questa macchina e esattamente il periodo in cui l’ha posseduta. Come era, da chi l’ha acquistata?
F.V.: Sì, sì. Allora abbiamo svolto accertamenti sulla FIAT 128 Coupé targata Firenze B56735, leggo qui gli atti del PRA.: Dagli accertamenti effettuati, abbiamo accertato che Lotti ha posseduto questa macchina dal 16 febbraio del 1983 fino al 19 marzo dell’86. Il primo accertamento è stato quello del PRA. Dagli atti del PRA che ho qui, risulta scritta la macchina che è di, con l’anno di costruzione del 1972. Quindi, una macchina diciamo, già di qualche anno.
P.M.: Quindi, nell’83 aveva già undici anni.
F.V.: Sì.
P.M.: Bene
F.V.: E la macchina è targata Firenze B5673S ed è stata registrata per l’acquisto al PRA, il 30 marzo dell’ 83 da Lotti Giancarlo. Questa macchina aveva precedentemente un’altra targa, era targata Gorizia 84888. Abbiamo poi svolto accertamenti riguardo la precedente proprietaria, che abbiamo sentito: Zini Roberta di Scandicci, la quale ci ha confermato che aveva venduto questa autovettura acquistata da lei nel ’73, aveva venduto questa… Anzi, aveva dato in permuta all’autofficina Bellini di San Casciano, questa macchina prendendone un’altra indietro, insomma nell’82, fine ’82-’83. La signora non si ricordava precisamente, prendendo un’Alfa Romeo e ha lasciato in permuta questo 128. Abbiamo sentito anche quello dell’autofficina, il quale ci ha detto che, effettivamente, il Lotti che era un suo cliente, gli aveva appunto acquistato questa macchina dalla signora Zini, lui aveva fatto da tramite. Gli aveva indirizzato per la registrazione dell’atto dal notaio, il notaio Marconcini di San Casciano. Siamo andati dal notaio e abbiamo visto che effettivamente la registrazione della proprietà, dalla Zini a Lotti era datato 16 febbraio 1983 .
P.M.: 16 febbraio. Scusi l’omicidio dell’83 ricorda in che epoca è. lei?
F.V.: Sì, quello dell’83, ottobre, se non sbaglio.
P.M.: Quindi alcuni mesi prima.
F.V.: Sicuramente, molti mesi prima dell’omicidio dell’83, di quello di Giogoli, insomma.
P.M.: Dove c’è un teste che dice che aveva visto, una…
F.V.: Dove c’è un teste che diceva che era targata Firenze, se non sbaglio.
P.M.: Bene. Quindi era già targata Firenze.
F.V.: Già, la targa è, la targa Firenze era nella PRA, c’è infatti anche la registrazione precisa della data di registrazione della targa, cioè da Gorizia a Firenze, che è il 28/04/1983. Cioè, nell’aprile dell’83, ritarga la macchina, è targata Firenze; Quindi molti mesi prima del delitto di ottobre dell’83.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa: circa, lei dice, avete appurato che questa macchina nell’83 quando viene reimmatricolata, presa in proprietà da Lotti, aveva già undici anni. Circa il colore di questa macchina, qualcuno vi ha detto qualcosa? Se era…
F.V.: Sì, ci ha, sia la signora ci ha detto che era un rosso un po’ sbiadito. E poi un’altra cosa che… il prezzo pattuito era, che poi registrato sull’atto notarile era di un milione.
P.M.: Lei, di questa auto del Lotti, ha trovato traccia, che fine ha fatto, l’avete potuta reperire per vederla?
F.V.: Sì. No, perché è stata demolita proprio il 19 marzo dell’86, cioè quando la cessazione sul PRA infatti è scritto che insomma la,: cessazione della circolazione per demolizione. Noi abbiamo effettuato delle, siamo riusciti a trovare una macchina che ha le stesse caratteristiche del 28 Coupé rossa e abbiamo effettuato delle foto.
P.M.: Ce le può far mostrare, per favore?
F.V.: Forse…
P.M.: Era una macchina diversa, non è quella del Lotti…
F.V.: Non è quella del Lotti, ma ha le stesse medesime caratteristiche.
P.M.: Sia di colore
F.V.: Di colore, di…
P.M.: Indubbiamente lo sbiadito o meno è un’altra cosa. Il colore…
F.V.: Il modello è identico.
P.M.: Il modello è identico e il colore almeno…
F.V.: Almeno, cioè il colore originario diciamo FIAT.
P.M.: Bene, vediamole.
Presidente: Senta, nel frattempo, può dire la targa iniziale, Gorizia, come?
F.V.: Allora, 84888.
P.M.: Presidente, sarebbe interesse e intenzione del P.M. fornire i documenti del PRA e depositarli, così…
Presidente: Sì, va bene, va bene. E quella di Firenze?
F.V.: Firenze è D56735. Questi sono gli atti ufficiali che abbiamo acquisito dal PRA.
Presidente: FI D56735,va bene?
P.M.: Il P.M. chiede di poter produrre.
F.V.: Sì, ed è stata targata il 28 aprile ’83 Firenze.
Presidente: Sì, sì.
P.M.: Questa è la fisionomia di quel tipo di macchina. Non è in quella del Lotti è un’altra ma è quello…
F.V.: Sì. Con… cioè stesso modello, stesso tipo, eccetera.
P.M.: Vogliamo vedere dietro?
F.V.: Eh, sì. Classica, che dietro molto…
P.M.: Senza bagagliaio.
F.V.: Esatto.
Presidente: Ora non si vede nulla dietro.
P.M.: Vogliamo rigirare…
Presidente: Una fotografia un po’ meglio.
P.M.: … per la Corte lo schermo, sennò.
Presidente: No, è la fotografia…
P.M.: Ma, forse quella è più grande. Rigiriamo quelle più grandi, sì, magari il dottore si sposta un attimo. Abbiamo anche una foto della parte posteriore?
F.V.: SI, dovremmo averla.
Presidente: Questa è di lato, lato sinistro.
F.V.: Sì, questa è di lato che si vede dietro…
Presidente: Eccola qua, e ora si vede meglio.
F.V.: … che era una caratteristica tipica del 128 coupé.
P.M.: Un due volumi, quello si chiamava due volumi.
F.V.: Due volumi, esattamente. Senza, diciamo, il bagagliaio posteriore.
P.M.: Abbiamo una parte dietro?
Presidente: Eccola qua.
F.V.: Qui si vede meglio.
Presidente: Ovviamente quella è un’altra macchina.
F.V.: Cioè, la macchina è lo stesso modello, identico modello, solo chiaramente questa!..
F.V.: Non ho altre domande. Grazie, Presidente.
Presidente: Bene. Parti civili? Difensori? Nessuno. Può andare, grazie dottore.
F.V.: Buongiorno.
Presidente: Buongiorno.
P.M.: Presidente, se ho capito bene lei dice andiamo a oltranza.
Presidente: Sì, sì.
P.M.: Noi abbiamo un teste, la signora Nicoletti Filippa, se mi concede cinque minuti, tanto abbiamo quello soltanto, ha detto…
Presidente: Va be’, Nicoletti…
P.M.: … arriva fino alle tre, sono le 12.30.
Presidente: Cinque minuti però che siano cinque minuti, eh?
P.M.: Presidente, abbiamo un teste soltanto.
Presidente: Noi fra cinque minuti torniamo.
P.M.: Benissimo, grazie.
Presidente: Bene, sospendiamo per cinque minuti.

Presidente: Ci siamo tutti? Allora si può riprendere.
P.M.: Sì, Presidente, abbiamo la teste Nicoletti.
Presidente: Può entrare la teste.
P.M.: Sì. Una richiesta soltanto, Presidente, che facevamo con i difensori, sia per perfezionare le citazioni per domani mattina, sia per quelle della prossima settimana: possiamo un attimo fare il calendario della prossima settimana, se è possibile?
Presidente: Ecco, bravo.
P.M.: Fermo restando che io so che domani c’è udienza, no? Regolare.
Presidente: Domani c’è udienza. Quello che posso dire di certo è che venerdì 11 non possiamo tenere udienza, perché il Tribunale delle Libertà ha bisogno di sostegno, quindi i Giudici vanno lì al Tribunale delle Libertà. Stamattina abbiamo parlato con il Presidente che ha bisogno di…
P.M.: Allora, possiamo vedere per fare io le citazioni, essere tempestivo, quali sono i giorni della prossima settimana in cui facciamo udienza?
Presidente: Per me si può fare tutti i giorni. O si fa tutta la mattina o si fa mattina e pomeriggio alternato, come preferite.
P.M.: Io preferirei, se lei crede, se è possibile, la mattina soltanto, tutti i giorni o…
Presidente: Allora, facciamo la mattina soltanto tutti i giorni.
P.M.: Tutti i giorni escluso venerdì.
Presidente: Escluso venerdì.
P.M.: Bene, Presidente.
Avv. Giangualberto Pepi: Ci sarebbe, Presidente, però un problema solito di concomitanza…
Presidente: Quel giorno ha bisogno lei.
Avv. Giangualberto Pepi: Con l’altro processo, mercoledì c’è un collaboratore di giustizia, Romeo, che è fondamentale per…
Presidente: Allora, mercoledì, per un favore a lei, perché c’è l’altro difensore, saltiamo, va bene?
Avv. Giangualberto Pepi: Bene.
P.M.: Allora, facciamo 7, 8 e 10.
Presidente: 7, 8 e 10, sì.
P.M.: Bene, grazie. Allora facciamo introdurre Nicoletti Filippa. Domani, allora, i testi che abbiamo… cioè domani allora spostiamo il teste Nesi e alcuni testi che riesco a citare per domani.
F.N.: Sono spente le telecamere?
Presidente: Lei non vuole essere ripresa dalle telecamere vero?
F.N.: No, no, no, no.
Presidente: Bene. Come si chiama… Allora, niente telecamere per cortesia. Come si chiama?
Filippa Nicoletti: Nicoletti Filippa.
Presidente: Dove è nata?
F.N.: A Marianopoli (CL).
Presidente: Quando, vuol sapere la segretaria.
F.N.: Il 2 luglio 1952.
Presidente: Risiede dove?
F.N.: A NNNNN. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di guanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Ha capito signora, si impegna a dire tutta la verità e a non nascondere nulla, eh? Nel suo interesse.
F.N.: Certo.
Presidente: Oltre a quello della giustizia. Bene, Pubblico Ministero, prego.
P.M.: Signora, che attività svolge lei?
F.N.: Io, la casalinga faccio, sono pensionata.
P.M.: Ha abitato, ha detto ora, abita a NNNNN?
F.N.: A NNNNN.
P.M.: Da quando?
F.N.: Dall’84.
P.M.: Lei ricorda esattamente il periodo, il mese dell’84 in cui…
F.N.: Esattamente nel mese di agosto mi sono regolata col Comune e in aprile sono andata a abitare a Xxxxxxx, nell’84.
P.M.: Prima di Xxxxxxx dove ha abitato?
F.N.: A San Casciano”
P.M.: Ricorda l’indirizzo?
F.N.: Via Faltignano numero 7.
P.M.: Quindi, lì ha abitato fino all’aprile dell’84.
F.N.: Fino al 30 di aprile dell’84. Di marzo, no d’aprile.
P.M.: Di marzo. Ricorda quando era andata ad abitare in via Faltignano a San Casciano?
F.N.: Nel marzo del ’78. 
P.M.: Quindi ha abitato circa cinque anni.
F.N.: Cinque-sei anni.
P.M.: Quando è andata… In questa casa con chi abitava lei?
F.N.: Con Indovino Salvatore.
P.M.: Ha detto era andata lì nel ’78.
F.N.: Sì.
P.M.: Da dove veniva lei?
F.N.: Da Alessandria.
P.M.: E era venuta via da Alessandria in concomitanza, o era stata in posti diversi prima?
F.N.: No, prima abitavo col mio ex marito che fu a Reggio Emilia. Da Reggio Emilia ci siamo trasferiti a Alessandria. Di Alessandria, poi, ho conosciuto Indovino sono andata a vivere con Indovino a Firenze, qui a San Casciano praticamente.
P.M.: Come la trovaste questa casa a San Casciano lei lo ricorda?
F.N.: Io non lo so. L’ha trovata Indovino, io non so niente.
P.M.: Indovino che lavoro faceva?
F.N.: All’inizio abbiamo lavorato tutti e due insieme come domestici in una famiglia. Dopo che abbiamo trovato questa casa, io ho lavorato in albergo e anche lui per un po ‘ ha lavorato in albergo, un po’ con i muratori, insomma, qualcosa la faceva.
P.M.: Quindi per tirare avanti lavoravate così?
F.N.: Sì. Io ho lavorato nell’albergo come cameriera ai piani.
P.M.: Quando è venuta via da Alessandria che lavoro faceva lei?
F.N.: A Alessandria?
P.M.: Sì.
F.N.: A Alessandria facevo la mamma e la moglie.
P.M.: Quando è venuta a Firenze con Indovino ha dovuto anche arrangiarsi per tirare avanti?
F.N.: Sì.
P.M.: In che modo?
F.N.: In che modo, quello che fanno quasi tutte le donne. Quasi, insomma, la maggior parte delle donne per poter tirare avanti. Non c’è bisogno che lo riconfermi ancora. Poi io ho già detto tutto nelle sedute precedenti. Io non c’avrei proprio tanto da dire.
P.M.: Allora cominciamo… Le volte in cui è stata interrogata dalla Polizia e dal P.M. lei ha detto la verità.
F.N.: Sì.
P.M.: E l’ha già detta e quindi se fosse possibile conferma…
F.N.: Confermo tutto quello che ho detto.
P.M.: Si, ho capito. Io però avrei bisogno di farle qualche domanda…
F.N.: Sì, me la faccia.
P.M.: … e di stimolarle il ricordo.
F.N.: Sì.
P.M.: Fu Indovino che la indusse a fare questa attività che lei dice fanno tutte le donne in difficoltà?
F.N.: Certo, sì.
P.M.: Perché non avevate come campare.
F.N.: Certo.
P.M.: Senta, lei come mai poi nell’84 è venuta via dalla casa di Indovino?
F.N.: Sono venuta via perché Indovino era ammalato e sapeva che doveva morire. Praticamente io avevo conosciuto nel giro una persona a cui si era innamorato.
P.M.: Nel giro del suo lavoro.
F.N.: Sì. È una persona che cui se ne era innamorato parecchio di me e allora si sono messi d’accordo e questo qui mi voleva portare via. E Indovino nello stesso tempo pensava che questa persona mi poteva anche salvare, nello stesso tempo, perché io ero dedita all’alcool. E andando via da Indovino, Indovino sapeva che doveva morire, e questa persona, praticamente, lui lo faceva più che altro anche per il mio bene. Ma io non ero innamorata di quest’uomo. Amavo Indovino, anche con tutti i suoi maltrattamenti, io ero innamorata di Indovino.
P.M.: Cioè, avete avuto delle discussioni?
F.N.: Sì.
P.M.: Ha avuto anche delle vicende giudiziarie? O i Carabinieri, cose di questo genere.
F.N.: Ma, roba da poco.
P.M.: Quindi, maltrattamenti.
F.N.: Maltrattamenti, sì, solo questo.
P.M.: Quindi lei accettò questo consiglio di Indovino malato di andare a stare con questo signore che le dava un futuro.
F.N.: Più sicurezza…
P.M.: Sicurezza per il futuro.
F.N.: …più sicurezza, sì.
P.M.: Questo è il motivo per cui lei lascia la casa di Indovino.
F.N.: Sì.

P.M.: Senta, lei sa se quando… ci può dire se quando abitavate insieme, o successivamente, l’Indovino aveva intrapreso un’attività di mago, cose del genere?
F.N.: Non che io sappia.
P.M.: L’ha sentito dire da qualcuno?
F.N.: Ma, io finché non…
P.M.: Dopo la sua morte l’ha saputo da qualcuno che faceva il mago?
F.N.: No, no.
P.M.: Però lei, signora dice che vuol confermare quel che ha detto. Io le dico che la prima volta che è stata sentita…
F.N.: Sì.
P.M.: …il 27 novembre, a domanda lei dice: “Ho saputo dopo la sua morte che l’Indovino, dopo la nostra separazione, faceva il mago od una cosa del genere. Io, quando stavamo insieme, non l’ho mai visto fare il mago”.
F.N.: Certo. Ma per sentito dire, no che io me ne …
P.M.: Io, la domanda che le facevo era se l’aveva sentito dire. Lei l’ha sentito… da chi l’ha sentito dire?
F.N.: Chiacchiere di paese, di San Casciano. Non…
P.M.: Perché lei, dopo questa separazione dell’84 frequentava comunque, qualche volta… lo andava a trovare?
F.N.: Lo andavo a trovare, sì, perché ero sempre innamorata di lui.
P.M.: E era malato?
F.N.: Sì.
P.M.: Molto?
F.N.: Gravemente. Gravemente malato, sì.
P.M.: Qualcuno lo assisteva in quel periodo?
F.N.: Ma, io c’ho trovato qualche volta la Ghiribelli, col Galli.
P.M.: L’assistevano nel senso lo…
F.N.: Gli facevano una puntura, non so, perché io non ci stavo tanto tempo. Ci potevo arrivare la mattina e la sera andavo via. E poi quando è stato qualche volta più grave, sono stata all’ospedale insieme a lui.
F.N.: Stava per morire, sì. Sono andata anche in Sicilia, esattamente il 15 d’agosto dell’86, e son tornata indietro a Castiglione il 5 di settembre… 5-6, insomma roba di giorni, sempre dell’86, che poi lui è morto.
P.M.: Senta, in quel blocco di via Faltignano dove abitavate voi, accanto abitava la signora Malatesta?
F.N.: Sì.
P.M.: Si ricorda con chi abitava?
F.N.: Ma, con uno che si chiamava Vincenzo che faceva lo spazzino, poi il cognome non lo so, non me lo ricordo.
P.M.: Trancucci, per caso?
F.N.: Ma, mi sa.
P.M.: Non se lo ricorda.
F.N.: Non me lo ricordo.
P.M.: In questa… la signora Sperduto abitava con qualche altro familiare oltre che con il…
F.N.: C’erano le sue figliole.
P.M.: Si ricorda come si chiamavano?
F.N.: La Milva e l’altra, non mi ricordo, l’altra Laura, insomma…
P.M.: C’era anche un maschio?
F.N.: Sì, un maschio, ma ora non mi ricordo il nome.
P.M.: La Milva è quella che poi è morta, è stata trovata…
F.N.: Sì. Che sappia, insomma, che ho sentito dire, sì. Perché io non so…
P.M.: Quando abitava lì che età aveva?
F.N.: Ma, avrà avuto una ventina d’anni, 18, 19, non lo so, non c’ho mai fatto…
P.M.: Senta, Lotti Giancarlo lei lo conosce?
F.N.: Sì.
P.M.: Come l’ha conosciuto?
F.N.: Sfortunatamente sì. L’ho conosciuto perché il mio convivente era stato arrestato nel luglio dell’81…
P.M.: Il suo convivente, mi perdoni… Indovino.
F.N.: Indovino. È stato arrestato a luglio dell’81 – il 26, il 25, che sia stato ora proprio di preciso non mi rinvengo – e io l’ho conosciuto i primi di agosto dell’81 il Lotti, alla piazza del Mercato di San Casciano.
P.M.: E come l’ha conosciuto?
F.N.: Così, chiacchierando e scherzando. Perché fra me e il Lotti c’era anche il bottiglione di mezzo. Praticamente c’era l’alcool, e con l’alcool non si…
F.N.: Sì.
P.M.: Molto?
F.N.: Parecchio, sì.
P.M.: Come mai?
F.N.: Come mai, dispiaceri, voglie, piacere di bere.
P.M.: L’aiutava anche a fare quel mestiere?
F.N.: Può darsi, sì. In qualche caso sì.
P.M.: Senta una cosa, con il Lotti vi siete frequentati a lungo?
F.N.: Fino al ’95. A settembre è venuto a trovarmi a Castiglion Fiorentino.
P.M.: Ha avuto, si può dire anche, una relazione con il Lotti, avete avuto rapporti?
F.N.: Certo.
P.M.: Veniva nella casa di Indovino quando lui era in carcere?
F.N.: Quando lui era in carcere sì.
P.M.: E l’Indovino sapeva di questa sua relazione con il Lotti?
F.N.: Che glielo abbia detto io no, però nelle lettere che lui mi scriveva qualcuno glielo aveva fatto sapere, non so chi, comunque, glielo avevano fatto sapere.
P.M.: Con il Lotti il rapporto era anche di natura economica? Lui le dava qualcosa?
F.N.: Chi? Lotti?
P.M.: Sì.
F.N.: Qualche volta sì.
P.M.: Ricorda che macchina aveva il Lotti? Se ha avuto più macchine?
F.N.: Sì, ha avuto più macchine.
P.M.: Le ricorda?
F.N.: Macchine rosse. Io ora incomincio a conoscere le macchine perché, essendo senza patente, non conoscevo neanche le macchine. So che erano macchine rosse, macchine blu…
P.M.: Una macchina coupé…
F.N.: Sì, la prima, mi sembra.
P.M.: …128, se la ricorda?
F.N.: Mi sembra la prima.
P.M.: Se le mostro una foto è in grado di riconoscerla?
F.N.: Sì.
P.M.: Possiamo far vedere quella foto di lato, anzi il dietro. Senta una cosa, lei ricorda i periodi in cui aveva queste macchine?
F.N.: Ma, ne ha cambiati tanti, per cui… Che poi dall’81 all’84 che io ho abitato lì poi sono andata via.
P.M.: Quindi il periodo in cui l’ha frequentato di più è l’81-’84. Poi l’84 lei va a stare con quest’altra persona a Castiglion Fiorentino e lì il Lotti la viene a trovare.
F.N.: Sì, ogni tanto mi viene a trovare, però fino a che io…
P.M.: La veniva a trovare.
F.N.: Fino che io convivevo con quest’altra persona, perché con quest’altra persona io c’ho vissuto dall’aprile dell’84 al dicembre dell’85.
P.M.: Ci può dire chi è? Il nome di questa persona?
F.N.: No.
P.M.: L’ha già fatto, signora.
F.N.: L’ho già fatto, sì, ma qui non mi piace nominarlo.
P.M.: Ho capito. È un po’ una difficoltà questa, Presidente. Può vedere lei? Io… il nome l’ha fatto. C’è un motivo particolare?
F.N.: Ma no, perché è una persona che non ha a che fare… io ci sono stata un anno e mezzo, sono stata in qualche modo.
P.M.: Per ora io non ho motivo di insistere, vediamo dopo. Era una macchina così quella del Lotti? 

F.N.: Sì.
P.M.: Senta, lei è stata su questa macchina con il Lotti?
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Lei ricorda se con il Lotti in questa macchina siete andati anche in qualche piazzola?
F.N.: Sì, s’andava sempre a giro. Quando eravamo specialmente tutti e due bevuti si girava tutto San Casciano.
P.M.: Lei è andata con questa macchina, con il Lotti, nella… innanzitutto con il Lotti, nella piazzola di Scopeti?
F.N.: Sì, ci fermavamo, sì.
P.M.: E nella piazzola di Vicchio, dove c’è stato l’omicidio?
F.N.: Eh, qualche volta sì, ma che proprio mi ricordi bene, non lo so. Come dico, ero sempre bevuta anch’io .
P.M.: Aspetti un attimo. Lei in questa piazzola di Vicchio poi c’è stata riportata…
F.N.: Sì.
P.M.: … abbiamo fatto un sopralluogo…
F.N.: Sì.
P.M.: L’ha riconosciuta?
F.N.: L’ho riconosciuta.
P.M.: Era quella dove andava con il Lotti?
F.N.: Sì. la macchina?
F.N.: Sì, prima la… faceva il giro, la metteva con culo verso… che c’erano delle erbe, lì non era come l’ho vista ora io.
P.M.: Prima c’era l’erba, e invece quando l’ha vista lei come…
F.N.: Ora è pulita, insomma, ci sono quelle lapidi ma prima era tutto…
P.M.: Le lapidi dove…
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Prima era piena di erbe?
F.N.: Tutto… e di erbe di sterrato, insomma…
P.M.: Voi mettevate la macchina dove ci sono ora le lapidi?
F.N.: Eh, su per giù lì.
P.M.: Con la parte
F.N.: Col muso verso la strada.
P.M.: E il dietro verso la montagna.
F.N.: Sì, sì.
P.M.: E andavate di giorno o di sera?
F.N.: Di giorno.
P.M.: Lei ricorda di esserci stata più volte?
F.N.: Ma non mi ricordo bene ora, proprio a dir tante volte non lo so.
P.M.: Lei ha detto, ora glielo leggo, signora…
F.N.: Sì, sì.
P.M.: … così vedrà si ricorda meglio. Allora, dice… Nel corso del sopralluogo che abbiamo fatto, lei dice : “Avuta la presenza della Nicoletti, lei dice, veniva inviata all’ufficio a indicare il luogo, se era quello dove ci si trovava. Nicoletti l’ha già detto. Dichiarava che si trattava proprio del luogo nel comune di Vicchio dove si era già recata in passato in compagnia di uomini. E di cui aveva già parlato al P.M. nelle precedenti deposizioni.” Poi dice: “Dopodiché precisava che in tale luogo era stata due otre volte appartata in macchina con Lotti Giancarlo, che l’aveva portata sul posto a lui precedentemente conosciuto” È così?
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Poi ha detto: “Dichiarava, in particolare, che si era ivi recata con il Lotti sempre di giorno…”, e lo sta dicendo anche oggi…
Presidente: Scusi, “… da lui precedentemente conosciuto”, si riferisce al luogo o al Lotti?
P.M.: Al luogo, al luogo.
F.N.: Al luogo.
P.M.: II… “precedentemente conosciuto”, il Lotti e il luogo, Presidente. Il verbale è così fatto.
Presidente: No, chi è che conosceva il luogo, il Lotti o lei?
F.N.: Il Lotti conosceva il luogo.
P.M.: La signora ha sempre detto che lo conosceva il Lotti quel posto.
F.N.: Che io no. Io come facevo a andarci. Il Lotti mi c’ha portato la prima volta.
Presidente: È il Lotti che l’ha portata in quel posto. Ha detto: ‘andiamo lì a Vicchio, in quel posto…’
F.N.: No, mi portava. Ero in macchina con lui, mi fermava lì. Io non son pratica, non guido io, non guidavo a quei tempi. Perciò non sapevo dov’era, se era Vicchio, se era San Casciano, se era gli Scopeti, non lo so mica dov’era.
Presidente: In quel punto l’ha portata il Lotti.
F.N.: Sì.
P.M.: Ecco, lei poi ha detto, signora: “Sempre di giorno e in date che non ricordava”. Lei dice dall’81 e poi successivamente nell’82 e forse in periodi successivi che non ricordava. Poi lei dice di essersi recata in quel luogo con il Lotti che conosceva la strada.
F.N.: Che conosceva la strada.
P.M.: Ecco, lo dice lei. “Ricordava inoltre che il Lotti a quell’epoca aveva l’auto sportiva di colore rosso sbiadito.”
F.N.: Sì.
P.M.: Ricorda di esserci stata con quella macchina lì.
F.N.: Sì, sì, quella lì.
P.M.: Senta una cosa, e lì nei pressi vi fermavate per stare insieme, e poi vi fermavate a mangiare al fiume, v’è mai capitato?
F.N.: Ci fermavamo anche a prendere un caffè, se c’era un bar, se c’era qualcosa.
P.M.: Lei ricorda che con la…
F.N.: Un caffè… un vermouth, un cognac, no?
P.M.: Lei ricorda che con la Polizia avete poi visto un luogo vicino a La Casa del Prosciutto dove lei ha detto che vi eravate fermati a mangiare.
F.N.: Sì, mi ricordo, sì.
P.M.: È così? Lì vicino…
F.N.: Sì. Che ci aveva fatto fare due panini.
P.M.: Vi siete fatti fare i panini. Lei ricorda se c’era un fiume davanti dove a volte vi siete rinfrescati?
F.N.: Sì, c’era un fiume, un fiumiciattolo, insomma…
P.M.: Più davanti. Ho capito.
F.N.: Dall’altra parte però della…
P.M.: Della piazzola.
F.N.: Della piazzola.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa, e invece nella piazzola di Scopeti, ricorda di esserci stata anche con altre persone?
F.N.: Sì.
P.M.: Ricorda con qualcuno in particolare?
F.N.: Con questo che è stato per un anno e mezzo il mio convivente. Ci fermavamo lì anche per mangiare un gelato, praticamente. Sempre nel pomeriggio.
P.M.: La piazzola dove è avvenuto l’omicidio dello…
F.N.: L’ultimo omicidio, sì.
P.M.: Quindi, lei è stata con il Lotti in quella di Vicchio, e con questo signore nella piazzola di Scopeti? Il nome ce lo dovrebbe fare però, signora.
F.N.: Il Sadatti l’avete già…
P.M.: Sadotti. Eh, ma la Corte non lo sa.
F.N.: Il Sadotti.
P.M.: E l’ha confermato. Ho capito. Senta ancora, in questa piazzola di Vi…, chiedo scusa, di Scopeti, è mai capitato che siate stati importunati da guardoni?
F.N.: Sì.
P.M.: Ricorda la circostanza?
F.N.: Si stava lì seduti che si stava mangiando un gelato, era d’estate… Perché questo Sadotti a me m’ha conosciuto nell’82, fino all’84 che non sono andata via con lui capitava il pomeriggio di domenica, di sabato, quando poteva capitare, e s’andava a fare una girata, praticamente, come le dicevo, che Indovino era d’accordo di questo rapporto che io avevo con questo Sadotti, perché sapeva che lui stava male. E allora ci fermavamo lì, prima d’arrivare a casa, a fare due chiacchiere e anche a mangiare un gelato. Perché non c’era motivo d’andare in quella piazzetta anche per avere rapporti, si poteva andare benissimo anche a casa.
P.M.: Ho capito. E questa occasione in cui siete stati molestati da dei guardoni la ricorda meglio, ricorda qualche particolare?
F.N.: Sì, si è visto che dal greppo veniva una persona, allora…
P.M.: Dal greppo, cioè dalla macchia?
F.N.: Sì, dalla macchia, perché noi s’era sulla piazzetta, dalla strada saliva una persona.
P.M.: Lei l’ha vista questa persona?
F.N.: No, perché io… l’ho vista però non me la… proprio in faccia non l’ho vista. Era uscito quest’uomo, questo Sadotti, allora lui è scappato, non so se era col motorino, se era con qualcosa, ora non mi… comunque è scappata questa persona.
P.M.: Il Sadotti le ha detto se aveva visto le caratteristiche fisiche di questa persona?
F.N.: No, non m’ha detto niente.
P.M.: Ricorda questo episodio se era di giorno o di sera?
F.N.: Del pomeriggio.
P.M.: Pomeriggio. Ricorda se era estate o inverno?
F.N.: Estate. Si mangiava il gelato quel giorno.
P.M.: Quindi era epoca in cui lei stava in casa con Indovino, o successiva?
F.N.: No, no, quando stavo ancora con Indovino.
P.M.: Quindi siamo in epoca quantomeno…
F.N.: Verso l’83 i primi… l’83, nell’estate dell’83.
P.M.: L’estate dell’83. Può darsi che erano due i guardoni, o era uno solo?
F.N.: Una volta erano anche due, sì.
P.M.: Quindi, siete stati – io glielo contesto perché nel verbale effettivamente lei ha detto erano due…
F.N.: Due, sì. Uno da una parte e uno dall’altra, erano spuntati.
F.N.: Un’altra volta eravamo più su degli Scopeti, non in questa piazzetta. C’era poi una stradina su su, e si era andati su.
P.M.: Allora, la volta in cui eravate nella piazzola del delitto era…
F.N.: Era uno.
P.M.: … un solo guardone. Un’altra volta…
F.N.: Erano due.
P.M.: . . . eravate in una piazzola diversa, sempre agli Scopeti…
F.N.: Sì, sempre sugli Scopeti, sì. 
P.M.: … e erano due. E in quella volta lì voi avevate una coperta sulla macchina, può essere?
F.N.: Sì, c’aveva messo una coperta, copriva i finestrini.
P.M.: Era in un periodo di tempo vicino alla volta precedente o era tutto in un’altra occasione?
F.N.: Ora non lo so, perché siamo stati quasi due anni a avere questo rapporto…
P.M.: In macchina.
F.N.: In macchina… non in macchina, s’andava, s..
P.M.: Va be’, in cui usavate la macchina, scusi, volevo…
F.N.: Ecco, sì, sì.

P.M.: Ho capito. Senta, nella casa di Indovino, quando vi abitava lei, ricorda chi erano i suoi amici, parenti, che venivano?
F.N.: Ricordo sì.
P.M.: Ce li può raccontare? L’ha già…
F.N.: Erano i fratelli, il fratello di Indovino, le sorelle, poi…
P.M.: Il fratello come si chiama?
F.N.: Sebastiano.
P.M.: Cosa faceva, lei lo sa?
F.N.: Ultimamente lavoravano anche insieme, non so, da Berlusconi, dicevano. Io non è che andavo proprio a controllare che faceva.
P.M.: Che tipo di lavoro faceva?
F.N.: Ma, mettevano i cavi, mi sembra, una cosa del genere.
P.M.: Ho capito. Senta, c’era qualchedun altro?
F.N.: Che c’era Roberto Venturini…
P.M.: Era un altro suo amico.
F.N.: Sì.
P.M.: Poi?
F.N.: Poi, veniva un certo Luciano con la sua donna, una certa Grazia.
F.N.: Sì. Ma, il cognome della donna non lo so, non me lo ricordo, non ce l’ho mai sentito dire, non lo so.
P.M.: Poi?
F.N.: Poi c’era una sorella di Salvatore, che veniva a trovarla, la Enza, il su’ marito, la su’ sorella Maria. Venivano tutti.
P.M.: Persone… altri uomini? Un certo…
F.N.: Altri uomini veniva Domenico Agnelli…
P.M.: Con una donna?
F.N.: Sì, quando c’era.
P.M.: Era un siciliano?
F.N.: Sì. Quando c’era insieme la Margherita.
P.M.: Una che si chiamava Margherita.
F.N.: Ma che poi la Margherita è sparita, non so che fine… non so, cioè, non l’ho più rivista io, poi sono andata via nell’84…
P.M.: Il Domenico Agnello l’ha rivisto?
F.N.: No.
P.M.: Poi? Un mago, non si ricorda?
F.N.: Manuelito l’ho visto un paio di volte. Non di più.
P.M.: E veniva a trovarlo?
F.N.: A trovare lui, sì.
P.M.: Faceva il mago, aveva un…
F.N.: No, che sappia io, a me non me l’ha fatte mai le carte.
P.M.: Però sapeva… lui diceva di essere un mago. Raccontava, si spacciava…
F.N.: Raccontava così.
P.M.: Diceva di essere un mago.
F.N.: Così diceva, ma non so io.
P.M.: Aveva un camper?
F.N.: Sì. E’ venuto qualche volta col camper. Quelle poche volte che è venuto, che l’ho visto io, insomma.
P.M.: Per caso qualche donna di San Casciano veniva lì in casa a farsi fare qualcosa da Manuelito?
F.N.: Che sappia io no. Mentre c’ero io no.
P.M.: Fino all’84 che c’era lei, no.
F.N.: Sì.
P.M.: Senta una cosa, la Milva Malatesta…
F.N.: Sì.
P.M.: … quella che abitava accanto, che aveva 20 anni, lo conosceva bene Salvatore?
F.N.: Sì.
P.M.: Aveva una relazione anche con Salvatore.
F.N.: Aveva avuto una relazione, sì. In un periodo che esattamente è stato nell’82, che io ero andata via di casa, insomma, sempre col mio alcool. E allora, praticamente, sono mancata di casa una ventina di giorni, anche forse ventuno, e allora, nel frattempo che io non ero a casa, questa Milva Malatesta, essendo che la casa piccola – dove abitavano loro era piccola – lui l’ha ospitata in casa. Poi che c’è stato non lo so io, non ero più lì.
P.M.: Ha trovato indumenti di questa…
F.N.: Sì. Quando sono tornata a casa ho trovato degli indumenti di questa Milva Malatesta a casa, allora gliel’ho fatti volare sulla piazza di casa, insomma.
P.M.: Quindi aveva capito inequivocabilmente.
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Senta una cosa, a proposito del fatto che Indovino faceva il mago – lei ha già detto l’ha sentito dire dopo l’84 – lei ricorda c’era una lettera dal carcere di Indovino scritta a lei, in cui lui comunicava che voleva fare il mago nell’81? È una lettera che le abbiamo mostrato. 
F.N.: Sì.
P.M.: Allora, lei l’ha saputo dopo nell’84 dalle persone, e da lui direttamente aveva ricevuto nell’81, mentre lui era in carcere, una lettera in cui lui diceva che avrebbe voluto fare il mago. E’ così?
F.N.: Sì, che aveva conosciuto a questo Manuelito dentro il carcere.
P.M.: Ecco, quindi gli era venuta…
F.N.: L’idea, non so.
P.M.: L’idea di fare il mago anche lui. Però esce dal carcere nell’81 e in tutti gli anni in cui sta con lei il mago non lo fa…
F.N.: No, no.
P.M.: … e lo fa dopo.
F.N.: Sì, sì.
P.M.: È verosimile, questo? La dobbiamo credere?
F.N.: E’ vero, sì.
P.M.: La dobbiamo credere?
F.N.: A me mi dovete credere, perché finché ho abitato io con quell’uomo, non ha fatto niente.
P.M.: Ma…
F.N.: Non ci ho visto fare niente, se poi lo faceva mentre che io ero a Firenze, oppure ero…
P.M.: Ecco, ecco…
F.N.: … non lo so.
P.M.: Sì.
F.N.: Ma in casa non ci ho visto niente.
P.M.: Così va già meglio. Senta una cosa, Indovino portava ragazze giovani in casa, straniere? Dava ospitalità?
F.N.: Una volta, tornata a casa io con lui, abbiamo incontrato due ragazze vicino al Galluzzo.
P.M.: Due ragazze?
F.N.: Due ragazze, sì, due donne.
P.M.: Bene.
F.N.: Straniere.
P.M.: Bene.
F.N.: Sulla strada prima di arrivare al Galluzzo, insomma, in quella salita. Facevano l’autostop e allora lui ha detto: ‘le portiamo a casa e le ospitiamo noi, poverine; stanotte stanno fuori’. E le abbiamo ospitate a casa. L’indomani mattina gli abbiamo fatto il caffè e sono andate via.
P.M.: E’ capitato altre volte?
F.N.: No.
P.M.: Io le contesto, signora, che…
F.N.: Sì, me lo dica, perché ora…
P.M.: Lei dice: “Tornando al discorso dell’ospitalità, devo dire che dopo aver lasciato Salvatore, seppi da altre persone.. . “
F.N.: Ah, dopo che l’ho lasciato sì.
P.M.: Ecco.
F.N.: Dopo che l’ho lasciato, ogni volta che tornavo da Salvatore, ci trovavo una donna nuova, ma non sapevo chi erano.
P.M.: Ma ci trovava perché erano relazioni, o erano cose…
F.N.: Era lì, ci dormivano lì.
P.M.: E sa chi erano queste donne?
F.N.: No, no, non lo so.
P.M.: Lei ha detto, in pratica:“… dove le trovava purché fossero sbandate e sole le portava a casa per dare loro ospitalità senza far pagare nulla”. È così?
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Da chi l’ha sapute queste cose?
F.N.: Lo sapevo perché era fatto così, non c’era bisogno.
P.M.: E il motivo per cui se le portava era quello di aver compagnia, o c’erano altri motivi?
F.N.: Ma io penso per aver compagnia, io penso; per altri motivi… Ma poi nell’84, malato in quelle condizioni, non lo cosa può fare fino all’86 che è morto.
P.M.: Erano ragazze giovani?
F.N.: Ragazze giovani, vent’anni, ventidue, ventitré.
P.M.: Lui era malato e che età aveva in quell’epoca?
F.N.: Aveva sessant’anni.
P.M.: E quindi può darsi che c’era anche qualchedun altro in casa, quando ospitava queste, lei lo sa?
F.N.: Qualche volta, qualche volta, come ho detto, ho trovato il Galli con la Ghiribelli.
P.M.: Cosa facessero con queste ragazze o se c’era qualche motivo diverso lei lo sa?
F.N.: No.
P.M.: Nell’ospitalità.
F.N.: No, non lo so.

P.M.: No. Senta una cosa, lei ricorda se una volta ha trovato in casa, o ha saputo che c’erano in casa delle persone che facevano capo alla setta degli Hare Krishna?
F.N.: No…. O sì, una volta. Ma che ho sentito per telefono, perché io gli telefonavo e ho sentito anche per telefono che c’erano… una coppia era: una ragazza e un ragazzo, che erano scappati dagli Hare Krishna, ma non che erano dagli Hare Krishna. Lui diceva che erano scappati dagli Hare Krishna e l’aveva ospitati lui.
P.M.: Lo diceva Salvatore, o lo diceva questo ragazzo?
F.N.: No, lo diceva Salvatore.
P.M.: Uhm.
F.N.: Che erano due ragazzi, una coppia, che erano degli Hare Krishna e erano scappati, e lui li aveva ospitati in casa.
P.M.: Perché erano scappati lei lo sa?
F.N.: Eh, perché non ci volevano stare più dagli Hare Krishna.
P.M.: Lei sa chi erano queste persone?
F.N.: No, no. Non l’ho mai viste.
P.M.: Salvatore gliene ha parlato?
F.N.: Me ne ha parlato, ma non li conosco, non l’ho visti io.
P.M.: Lei…
F.N.: Me n’ha parla…
P.M.: Prego.
F.N.: Me n’ha parlato che c’erano queste persone, ma io non l’ho visti.
P.M.: Lei ricorda in che epoca siamo? Questo episodio. Lei dice ‘era scappata’, quindi riesce a focalizzarlo.
F.N.: Che ero scappata chi?
P.M.: Lei dice…
F.N.: Io…
P.M.: … ‘ero via, telefono e trovo un Hare Krishna’.
F.N.: No, questo è stato dopo che io sono andata via, dopo dall’84.
P.M.: Ah, questo è dopo.
F.N.: Si.
P.M.: Questo è dopo, ho capito.
F.N.: Sarà stato l’85.
P.M.: Senta, lei è mai stata da questi Hare Krishna?
F.N.: Una sera, sì, che aveva bevuto e volevo andare ad Alessandria quella sera. Allora avevo capito qualcosa un po’ di strano, che voleva combinare Indovino con un suo amico.
P.M.: Chi è questo suo amico?
F.N.: Venturini.
P.M.: Cosa voleva combinare?
F.N.: E si volevano portare una donna a casa, praticamente.
P.M.: Oh.
F.N.: Allora io volevo…
P.M.: Tanto strano, oramai, in questo discorso non è .
F.N.: Eh. E allora io dovevo partire per andare ad Alessandria e allora un po’ avevo bevuto e ero gelosa, anche, fradicia di questo Indovino; salgo su un treno e riscendo. Lui torna a casa, non so se sono andati a prenderla o non sono andati a prenderla, questa donna. Comunque io mi metto a girovagare fra Firenze. Praticamente, poi, incontro una persona che non so nemmeno chi sia stata questa persona, e gli dico se mi portava a San Casciano. A San Casciano mi ci ha portato. Passiamo da casa di Indovino e ho visto che c’era la macchina anche di Venturini. Praticamente, sapendo che Indovino mi picchiava ogni volta che combinavo una qualche marachella, perché lui…
P.M.: Che se ne andava?
F.N.: Che mi picchiava, che io ero andata via, che dovevo andare a trovare i miei figli ad Alessandria, questo è successo esattamente il 2 di luglio dell’81.
P.M.: Sì.
F.N.: Invece io torno a casa, vedo che c’era la macchina di lui, torno a casa, mi faccio portare da questa persona, che se dovrei vederla non la riconoscerei nemmeno perché son passati tanti anni e poi è stata una persona occasionale, così, che ho incontrato alla stazione di Firenze… Allora, passiamo davanti casa, ho visto la macchina di Venturini e la macchina di Indovino. Allora gli ho detto: ‘no, a casa non ci vado, perché sennò stasera sono botte’. E mi sono fatta accompagnare a questa Hare krishna.
P.M.: Come mai proprio lì?
F.N.: Perché non sapevo dove andare a dormire. Ormai quello lì l’avevo…
F.N.: C’ero stata quando lo avevano inaugurato e allora ero andata a vedere com’era e come non era. Erano le due, due e mezza di notte, suono il campanello, poi mi son venuti a aprire e lì dentro ho sentito un odore di zolfo…
P.M.: Di zolfo?
F.N.: Di zolfo, odori strani, e non so cosa volevano farmi. Come infatti dovevo entrare dentro una stanza e mi dovevo levare le scarpe. Davanti questa porta c’erano cinque, sei paia di scarpe e io ho pensato in me – anche perché l’alcool già, un po’, era sfumato a quell’ora – ho detto: ‘ma se ci sono quelle scarpe lì, vuol dire che cinque, sei persone sono lì dentro’. Allora ho detto: ‘mi sento male, mi sento male’ e sono scappata, quella notte.
P.M.: Sì.
F.N.: E sono ritornata a casa. Vado a casa, arrivo a casa e urlavo per la strada e lui è scappato nudo di casa: ‘cosa succede, cosa succede?’, poi gli ho detto quello che era successo, insomma. Son parti…
P.M.: Quindi quella sera… c’è stata più giorni o una sera soltanto?
F.N.: No, no, soltanto quella notte.
P.M.: Senta, tornando ai suoi rapporti con il Lotti…
F.N.: Sì.
P.M.: Lei ci ha focalizzato che con il Lotti è sicuramente stata in macchina in quelle due piazzole che abbiamo detto. 
F.N.: Sì.
P.M.: Lei ha mai raccontato, il Lotti, se lui gli era capitato di andare a vedere coppie in macchina che facevano l’amore?
F.N.: No.
P.M.: Le ha mai parlato chi erano i suoi amici e se alcuni suoi amici facevano questo?
F.N.: No.
P.M.: Lei dice, le contesto: “Col Lotti ho avuto un buon rapporto e tuttora talvolta, quando ha soldi, viene da me. Mi ha confidato che lui non aveva mai fatto il guardone, mentre sapeva e gli risultava che due suoi amici, Pacciani Pietro e Vanni Mario, andavano ad osservare le coppie in auto mentre queste erano appartate in intimità in campagna o nei boschi. Mi disse anche che il Pacciani e il Vanni andavano sugli Scopeti a fare i guardoni, ma a riguardo non so se questa circostanza il Lotti la sapesse direttamente, ovvero perché riferitagli dai suoi amici”. Ricorda questi discorsi di Lotti?
F.N.: No, questi discorsi, se me li ha fatti il Lotti, me li ha fatti dal ’94-’95.
P.M.: Dopo. Quindi glieli ha fatti, o non glieli ha fatti?
F.N.: Parlando, discutendo così, sì.
P.M.: Ho capito. Il Manuelito sa, o ha saputo da qualcuno se faceva filtri d’amore, se avvicinava persone che stavano insieme, se cercava di fare unioni, se faceva filtri o magie di questo genere?
F.N.: Se lo so io?
P.M.: Se qualcuno gliel’ha riferito, o se lo sa lei; non che l’abbia fatti a lei.
F.N.: No, no, o non lo so.
P.M.: Non l’ha mai sentito dire da nessuno. E questa sua attività di magia, che avrebbe invogliato poi Indovino a fare anche lui il mago, in cosa consisteva, lei lo sa?
F.N.: Che ne so, io non lo so.
P.M.: Non lo sa. Tornando al discorso di Ghiribelli e Galli che frequentavano la casa di via Faltignano, lei ce li ha visti prima e dopo che lei è andata via? Sia prima dell’84 venivano, o solo dopo?
F.N.: Dopo l’84.
P.M.: Quando c’era lei, non ha mai visto la Ghiribelli…
F.N.: Fino all’84, no.
P.M.: No. Sapeva che esisteva una Ghiribelli nella “vita” – fra virgolette – di Salvatore?
F.N.: SI, dall’81.
P.M.: Come mai ce lo vuole spiegare?
F.N.: Perché nell’81 Indovino è stato ricoverato all’ospedale di Prato, che aveva un braccio ingessato. Esattamente dopo che è uscito del carcere, il 4 di dicembre dell’81 si è rotto un braccio e è stato ricoverato all’ospedale di Prato e ha conosciuto la Ghiribelli all’ospedale di Prato.
P.M.: Questo da chi l’ha saputo lei?
F.N.: L’ho saputo perché la Ghiribelli ogni tanto telefonava dicendo che: lui mi picchiava, mi maltrattava; praticamente c’era già il rapporto fra lui e lei. Non lo so di preciso…
P.M.: Quindi la Ghiribelli aveva un rapporto, presume lei, già all’epoca col Salvatore?
F.N.: Sì. Però in casa mia non l’avevo mai vista, io. Io l’ho vista dopo l’84, dopo che sono andata via di casa.
P.M.: Ecco, prima, quindi, gli telefonava e non sa dove si trovavano.
F.N.: No.
P.M.: Però ha capito che c’era una relazione.
F.N.: Una relazione con questa.
P.M.: Nata in ospedale.
F.N.: In ospedale.
P.M.: O comunque…
F.N.: In ospedale, in ospedale.
P.M.: E lei sa se la Ghiribelli esercitava la prostituzione?
F.N.: Che esercitava?
Presidente: La prostituzione?
F.N.: Sì, sì.
P.M.: E il Galli lei l’ha conosciuto?
F.N.: Quando ho conosciuto la Ghiribelli, ho conosciuto il Galli.
P.M.: E lei li ha visti in casa di Indovino, dopo che lei è andata via, in particolari ore del giorno? Di giorno, di sera, venivano la notte, la sera tardi a fare le iniezioni?
F.N.: Quando c’ero io, perché io ci son capitata qualche volta, ma io capitavo di mattina e andavo via la sera. Quando Indovino stava male, malissimo, come infatti poi finiva che lo portavamo all’ospedale, allora io ci restavo anche qualche notte, lì. Per poter…
P.M.: E quindi è capitato che, rimanendo di notte, sono arrivati il Galli e la Ghiribelli.
F.N.: E Ghiribelli.

P.M.: Senta, io le mostrerei un disegno fatto da una persona, uno schizzo fatto male della casa di via Faltignano. Lei mi vuol vedere se la riconosce? È un disegno fatto dal Galli, per l’esattezza.
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Possiamo mostrare quel disegno?
(voce non udibile)
P.M.: No, forse è meglio lì, così indica… Grazie.
(voce non udibile)
P.M.: È effettivamente uno schizzo di difficile comprensione, però lei riesce a capire se era la casa… Cioè, ci può descrivere la casa? Come si entrava.
F.N.: Qui c’era la scala, si saliva; lì c’era la cucina, poi c’era la camera da letto…
P.M.: La cucina era subito entrando dalla scala.
F.N.: Sì.
P.M.: Di fronte, sulla destra, c’era la cucina, c’era un lavello, c’era qualcosa?
F.N.: No, in fondo c’era…
P.M.: È quello indicato in alto a destra?
F.N.: Sì, lì c’era il lavandino.
P.M.: Bene.
F.N.: E poi c’era un gabinetto.
P.M.: Bene. La camera dov’era, rispetto alla porta d’ingresso?
F.N.: Sulla sinistra.
P.M.: È quella che è indicata….
F.N.: Sì.
P.M.: E il letto dov’era? Ecco, dov’è…
F.N.: Il letto, quando sono andata via io, era messo di qua. Poi, dopo che sono andata via io, l’hanno messo di quest’altra parte, lì:
P.M.: Ecco. E la porta? Era accanto al letto, praticamente.
F.N.: Sì.
P.M.: Senta, e oltre questa camera c’era un’altra stanza?
F.N.: C’era un’altra stanza, che era in fondo.
P.M.: E’ quella lì?
F.N.: C’era un lettino, c’era un armadio vecchio, c’era di tutto; c’erano damigiane di vino…
P.M.: Lo scrittoio, qualcosa, un tavolino?
F.N.: No, non ce l’ho visto.
P.M.: Non ce l’ha visto.
F.N.: Finché c’ero io no.
P.M.: Senta, quando lei ha frequentato quella casa – sia perché ci abitava, sia perché è andata dopo a trovare Indovino – ha mai trovato, in casa, segni di attività di magie, candele, cose di questo genere?
F.N.: Ma io, candele non ho visto niente.
P.M.: No. Cose simili?
F.N.: No, roba di magia non ho visto.
P.M.: Cartelli con numeri e lettere, quelli che si usano per fare questo tipo di attività? Su una parte solo lettere dell’alfabeto, su un’altra parte numeri, al centro scritte “Sì” o “No”. Cose di questo genere le ha mai viste?
F.N.: Magari che le ho viste, ma non mi ricordo proprio.
P.M.: Forse stava dicendo che l’ha viste.
F.N.: No, no. Io non c’ho niente da nascondere.
P.M.: Ecco, lei dice, le pare, ma…
F.N.: Ma quel fatto che scriveva l’alfabetico ce l’aveva anche quand’era in carcere che mi aveva fatto uno schizzo anche a me, ‘Nicoletti Filippa’, poi ci aveva messo tante parole, non so che…
P.M.: Ecco, volevo arrivare proprio a quello.
F.N.: Eh.
P.M.: Lei ricorda che dal carcere le scrisse una cosa in particolare di questo tipo?
F.N.: Sì, che diceva… Ma ora non me lo ricordo, comunque con la “N” ci faceva un articolo con la “Fi”…
P.M.: Le posso leggere…
F.N.: Affettuosa, una cosa del genere.
P.M.: Le posso leggere cosa ha detto?
F.N.: Sì, sì.
P.M.: Forse era più dettagliato.
F.N.: Sì.
P.M.: Lei dice, a proposito di Manuelito: “L’ho conosciuto, era uno che stava dalle parti di piazza San Marco, faceva il mago. Sono stata una volta a casa sua, mi ci ha portato Salvatore”.
F.N.: Sì.
P.M.: E’ così?
F.N.: Sì.
P.M.: Dice: “Dall’84 non l’ho più rivisto. Salvatore l’aveva conosciuto nel carcere di Firenze nell’81. Ricordo, inoltre, che quando era in carcere Salvatore ini scriveva dicendo che si era messo a studiare psicologia e che era in grado di fare una specie di scheda con le iniziali dei nomi delle persone”, è così? “Me l’ha fatto anche a me ed è riportato in una delle lettere che mi sono state sequestrate. Diceva che con questo metodo ricavava il carattere delle persone e mi invitava a mandargli i nomi delle persone da me conosciute”, è così?
F.N.: Sì.
P.M.: “Non so se, essendo in carcere insieme, queste cose le avesse imparate da Manuelito”. È così.
F.N.: Sì.
P.M.: Quindi lei ricorda un cartello di questo tipo, con le lettere, che può servire a questo, o sono due cose diverse?
F.N.: Io non mi ricordo.
P.M.: Non si ricorda. Sa se in via di Faltignano, prima o dopo, a qualcuna di queste ragazze che venivano faceva le carte, faceva i tarocchi, queste cose qua?
F.N.: Non lo so.
P.M.: C’erano mazzi di carte in casa di via Faltignano?
F.N.: Sì, per giocare, sì; parecchi. Ci giocava questo Luciano, con questa Grazia, giocavano sempre. Quando arrivavo lì, magari ce li trovavo, avevano fatto una spaghettata, poi si mettevano a giocare. Giocavano a Scala 40. Le carte c’erano, sì.
P.M.: Ma con queste carte ha visto se questa Grazia, come ha riferito qualcuno, faceva le carte, non intese come carte da gioco, a qualcuno?
F.N.: Non lo so.
P.M.: Prediceva il futuro, non so che si fa con…
F.N.: No, no.
P.M.: Non lo sa.
F.N.: Non lo so.
P.M.: Il Pucci Fernando lo conosce?
F.N.: L’ho visto una volta col Lotti, che è venuto a casa mia.
P.M.: Cosa sono venuti a fare?
F.N.: Ah, non lo so. Era un pomeriggio, loro han detto che si trovavano a passare.
P.M.: Son venuti a trovarla?
F.N.: Sì.
P.M.: Le hanno parlato di qualcosa?
F.N.: No.
P.M.: Sicura?
F.N.: Sicurissima. Ci avevo anche un amico a casa, che ora è morto. Li ho mandati a comprare della roba, hanno mangiato, hanno bevuto e poi sono andati via.
P.M.: Ha mai parlato con il Lotti, per telefono, del fatto che lui potesse essere coinvolto in qualche modo nei fatti poi addebitati…
F.N.: Ultimamente, è stato anche l’anno scorso, sì nel ’96, che mi ha telefonato dicendo che l’avevano interrogato e mi diceva: io, la mia risposta era quella di dire la verità, se lui sapeva poteva, doveva parlare, doveva dire la verità.
P.M.: Lui le ha fatto capire che sapeva qualcosa?
F.N.: No, se avessi saputo io, mi avesse fatto capire che sapevo qualcosa, ero la prima a andare alla Questura a denunciare anche a lui.
P.M.: Lui le ha mai parlato del fatto che lui era, la sera dell’omicidio di Scopeti, con la sua macchina lì?
F.N.: No.
P.M.: Per telefono, successivamente, ne avete parlato?
F.N.: No, non me ne ha parlato mai.
P.M.: Lei ha avuto questo sospetto?
F.N.: Io?
P.M.: Sì.
F.N.: No, non mi è passato; però vedevo il Lotti in cinque, sei mesi, dal ’95 – sì è stato nel ‘ 95 l’ultima volta che è venuto a casa mia – lo vedevo un po’ più strano. Non guardava in faccia come parlava una volta; prima ti parlava in faccia. A parte che io, il Lotti, non lo capisco tanto bene nel parlare, perché lui parla fiorentino fiorentino, io… E quel poco che intendevo glielo facevo ripetere più di una volta.
P.M.: Ha sospettato qualcosa, lei, Filippa?
F.N.: Ma che lo vedevo un po’ strano, lo vedevo un po’ più cupo, non lo vedevo più…
P.M.: Rispetto al passato.
F.N.: Rispetto di prima.
P.M.: Questo quando la Polizia lo stava interrogando?
F.N.: Sì.
P.M.: Ecco, e lei di queste cose ha parlato per caso, e ha manifestato i suoi sospetti, con la Ghiribelli?
F.N.: Qualche volta, sì.
P.M.: E avete detto insieme che avevate capito che il Lotti era lì quella sera, o qualcuno aveva detto qualcosa del genere?
F.N.: No, questo no.
P.M.: Ma lei, dal tono di alcune telefonate sembrerebbe così.
F.N.: Con le telefonate? Infatti le è stato contestato e lei ha detto, dice, dunque: “Può essere che commentando con la Gabriella al telefono, io le abbia detto che la Polizia sospettava del Lotti, o meglio che sappia qualcosa il Lotti e che non voglia parlare. Mi è venuta questa idea, perché si sentono tante cose.” “Fattole presente che alla Gabriella sarebbe stato detto che la Polizia sospettava del Lotti perché era la sua macchina, perché la sua macchina era stata vista agli Scopeti, dice”“Con chi era lì il Lotti, era con me?” Ricorda di aver fatto questo tipo di discorso?
F.N.: Sì.
P.M.: Chiestole dal P.M. come mai, commentando con la Gabriella, ha fatto riferimento ai sospetti della Polizia, anche dal fatto che la macchina del Lotti sarebbe stata vista agli Scopeti, dice: “È una cosa che ho pensato io”.
F.N.: Ho pensato io, sì.
P.M.: Come mai ha pensato questo fatto del Lotti?
F.N.: Ma pensavo, pensavo… dicevano che avevo sentito per telefono, per il televisore…
P.M.: No. Questo è dopo, signora. Lei fa le telefonate prima.
F.N.: Sì.
P.M.: Come mai a lei viene questa sensazione? Perché vede il Lotti cupo, perché le ha fatto qualche discorso in proposito il Lotti?
F.N.: Perché aveva fatto questo discorso che era stato interrogato più di Una volta.
P.M.: Quindi lei dice: successivamente, questo.
F.N.: Sì.
P.M.: Ho capito. Con il Lotti, di fatti specifici di questo tipo non ne ha mai parlato direttamente.
F.N.: No.
P.M.: Però gli ha detto: se sai, parla. Avete fatto questo tipo di discorso e le è sembrato, lei dice, più cupo.
F.N.: Sì.
P.M.: “Più cupo” cosa intende dire: più chiuso?
F.N.: Più chiuso, sì.
P.M.: Aveva paura?
F.N.: Aveva paura, sì.
P.M.: Lei dice, però, a un certo punto le viene contestato questo fatto, ed è esattamente questa la contestazione, le viene detto che varie persone dicono che il Lotti era, quella sera dell’omicidio, in via Scopeti, le viene detto. E che lei, Nicoletti, ha detto che parlando al telefono con la Gabriella, le disse che la Polizia poteva sospettare del Lotti – siamo tutto a livello di sospetti, eh – e che il Lotti sapesse qualche cosa, perché quella sera era passato dagli Scopeti. Le viene chiesto di dire la verità, e lei dice: “Può essere che questo fatto degli Scopeti me l’abbia detto lo stesso Lotti, ma non sono sicura al cento per cento”. Io le richiedo: in questo atteggiamento cupo del Lotti, per caso qualche mezza ammissione…
F.N.: No, non l’ha fatta.
P.M.: E allora come mai dice: “Può essere che me l’abbia detto lo stesso Lotti, ma non ne sono sicura al cento per cento”?
F.N.: Può darsi che me l’abbia detto, ma non sono sicura al cento per cento.
P.M.: Benissimo. Questo volevo sapere. Quindi può essere che gliel’abbia detto. Io, allo stato, non ho altre domande, Presidente.

Presidente: Parti civili? Niente. Difensori?
Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato Pepi. Senta signora, io le dovrò fare una serie di domande, per cui abbia un attimo di pazienza. Lei ha detto di conoscere bene Giancarlo Lotti, vero?
F.N.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, io vorrei sapere… innanzitutto partiamo da questo: fu il Lotti che le indicò la piazzola di Vicchio dove vi sareste appartati, o fu lei a indicarla al Lotti?
F.N.: No, fu il Lotti, perché io non guidavo, non sapevo niente.
P.M.: Senta signora, ma io le chiedo, come mai vi appartavate a Vicchio, cioè a circa 70 chilometri da San Casciano, quando vi potevate tranquillamente appartare nei boschi vicino a San Casciano?
F.N.: Il problema era questo, siccome il mio convivente non c’era, eravamo tutti e due, in quel periodo, eravamo sempre quasi ubriachi, perciò ci mettevamo in macchina e dove si andava a finire si andava a finire. Non c’era una meta.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi signora…
F.N.: Si poteva andare anche a letto a casa mia.
Avv. Giangualberto Pepi: Esatto. Però, dico, allora a questo punto, siccome lei ha detto che eravate quasi sempre ubriachi, come fa a essere certa, nel momento in cui viene a fare il riconoscimento della piazzola di Vicchio, che è quella veramente la piazzola di Vicchio e non potrebbe essere un’altra?
F.N.: Perché…
Avv. Giangualberto Pepi: Tanto più che son passati molti anni, e sappiamo che quella stessa piazzola è cambiata notevolmente.
F.N.: Ho riconosciuto quel fiumiciattolo che c’è di fronte.
Avv. Giangualberto Pepi: Va be’, signora, il fiumiciattolo sa, non è che sia… Penso che in vari boschi si possa…
F.N.: E poi, per andare lì, c’è una bottega che vende formaggi, vende panini, questa roba qui.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi andavate, diciamo così, un po’ alla ventura.
F.N.: A dorso.
Avv. Giangualberto Pepi: Eh be’. Lei, quindi, la sua giustificazione è questa qui. A quanto pare ho capito che vi eravate un po’ allegri, guanto meno, e quindi dove andavate andavate, insomma.
F.N.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Non c’era una scelta precisa perché il Lotti preferiva un posto invece che un altro.
F.N.: Che sappia io, no.
Avv. Giangualberto Pepi: No.
F.N.: Dove mi portava, andavo.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, va bene. Senta signora, che rapporti c’erano tra l’Indovino e la Ghiribelli?
F.N.: Che rapporto c’era?
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
F.N.: Ma lo sapranno loro due, mica io.
Avv. Giangualberto Pepi: No, io le domando se lei è a conoscenza se si conoscevano, se erano amici, si frequentavano, stavano insieme?
F.N.: Gliel’ho detto, erano amici e se poi andavano a letto insieme che ne so io, non c’ero mica.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. Senta signora, lei ha ricevuto, in data 24 marzo ’96 alle 11.06, per essere precisi, una telefonata da parte di Giancarlo Lotti?
F.N.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco signora, abbia molta pazienza, perché queste sono una serie di domande che interessano molto a questo difensore. Se lo ricorda bene il contenuto di questa telefonata?
F.N.: Cosa mi diceva?
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
F.N.: Che lo avevano interrogato.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco.
F.N.: Che lo interrogano e vogliono sapere come stanno… E io gli ho risposto che se lui sa qualcosa, che parli, che deve dire la verità. Se uno dice la verità, non sbaglia.
Avv. Giangualberto Pepi: E poi?
F.N.: E poi gli ho chiesto: ‘ma tu a me me lo devi dire, se è vero che tu facevi il guardone, o che hai fatto… se hai visto ammazzare, se hai ammazzato; tu a me me lo devi dire, se sei sincero’. Questo io gli chiedevo.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, e questa stessa telefonata, signora, lei contestò al Lotti il motivo per cui ha atteso più di dodici anni prima di rivelare queste circostanze?
F.N.: Ora, una telefonata, mi telefonava spesso, anche.
Avv. Giangualberto Pepi: No, io fo riferimento solo a questa telefonata, signora.
F.N.: Se sapeva la verità prima, doveva parlare prima.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, lei glielo contestò, quindi, al Lotti.
F.N.: Sì: ‘se tu sapevi prima, dovevi parlare prima’.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, le disse anche Lotti, in questa telefonata, che era in attesa che gli attribuissero una casa e gli disse chi gliela doveva dare?
F.N.: No.
Avv. Giangualberto Pepi: Non se lo ricorda, o…
F.N.: No, no, non me l’ha detto.
Avv. Giangualberto Pepi: Non gliel’ha detto, signora? Bah, allora io glielo devo contestare, perché, nella telefonata, viene proprio specificatamente detto questo da parte di Lotti.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Giangualberto Pepi: Eh, questa telefonata…
P.M.: Dovrebbe essere depositata, no?
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, sì. Penso di sì. 
(voce non udibile)
Presidente: (voce non udibile)
P.M.: No, io non l’ho fatto, quindi…. Non so se l’ha fatto il difensore, dato che la contesta. Credo che poi andrebbe trascritta, perché se quello è un brogliaccio.
Presidente: Questa è una trascrizione o un riassunto.
P.M.: No, è un brogliaccio.
Avv. Giangualberto Pepi: È uno stralcio di conversazione.
P.M.: E’ un brogliaccio, però, va trascritta. Se qualcuno ha interesse a dirla, va trascritta.
Avv. Giangualberto Pepi: Certo. Va be’, comunque lei questo non se lo ricorda. Allora io, sempre insistendo su questa telefonata, le chiedo se il Lotti ebbe a dirle: “Ti fanno certi colloqui, e alla fine uno non ce la fa più, e alla fine ti imbrogliano”. Se lo ricorda questo passaggio?
F.N.: Ma, come ho ripetuto sempre, io il Lotti l’ho capito sempre poco nel parlare; perciò, anche se dice le cose, non è che proprio le comprendo bene bene. Anche se si doveva stare insieme quasi quindici anni, insomma l’ho conosciuto per quindici anni, non lo capivo, ‘tutututu’, lui parla svelto, parlava svelto e non proprio chiaro.
Avv. Giangualberto Pepi: Va be’, ora…
F.N.: Perciò, anche se ha detto qualcosa…
Avv. Giangualberto Pepi: No, il concetto di una frase…
F.N.: Sì…
Avv. Giangualberto Pepi: Io non pretendo certo che lei si ricordi le parole esatte, ma un discorso di questo genere se lo ricorda che il Lotti gliel’ha detto?
F.N.: Sì. ‘Ti fanno certe domande che poi, magari, tu | non sai…’. Mi voleva magari dire: ‘tu non sai come rispondere, come fare, come non dire’, insomma, una cosa del genere. Poi me ne ha fatta un’altra telefonata, sempre nel marzo dell’anno scorso, dicendomi che mi voleva venire a trovare. E io gli ho detto che avevo, per l’appunto, dovevo cambiare casa e ci avevo da fare, non lo potevo ospitare.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, stiamo sempre a questa benedetta telefonata, si ricorda se il Lotti le disse… Perché lei, a un certo momento, avrebbe chiesto al Lotti: ‘è vero che hai visto il Vanni fare certe cose?’, e il Lotti le avrebbe risposto: ‘ormai l’ho detto, non posso mica tornare indietro; è vero, ormai l’ho detto’.
F.N.: E io gli chiedevo se era vero che aveva visto uccidere…
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
F.N.: Se aveva… e lui ha detto: ‘ormai l’ho detto’.
Avv. Giangualberto Pepi: “Ormai l’ho detto…”, e diceva: “Ormai l’ho detto, non posso tornare indietro”.
F.N.: Non può tornare indietro.
Avv. Giangualberto Pepi: Eh. E’ vero anche che, sempre in questa telefonata, Lotti disse a un certo punto che lui sapeva soltanto cose dell’omicidio degli Scopeti e che per quello che era il delitto di Vicchio invece non ne sapeva nulla e lo avevano imbrogliato?
F.N.: No, non mi ha detto di nessuno… omicidio, lì. Non mi ha detto che aveva visto, come aveva visto. Non mi ha detto proprio nulla. Io sapevo quello degli Scopeti, sapevo quell’altro, ma non me l’ha detto che sapeva… che sapeva, non mi ha detto niente. Diceva soltanto che: ‘ti fanno certi interrogatori’, e non so, un imbroglio, una cosa genere. Ma che lui aveva visto o che sapeva, non me lo ha mai detto.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, signora, ora stiamo andando velocemente alla fine, abbia ancora un attimo di pazienza. Verso la fine della telefonata, quindi pochi minuti, secondi prima di chiudere questa conversazione, Lotti le avrebbe detto – se se lo ricorda… Glielo leggo testualmente, così magari se lo ricorda meglio, se me lo può confermare o meno: “Ma icché ti devo dire io, non lo so come… puntini di sospensione. “Ma io… ma, fino a un certo punto, quello che ho visto lo sanno loro come fare. L’è Procuratore”. Se lo ricorda questo passaggio?
F.N.: Come le dico, io, al Lotti l’ho capito sempre poco a parlare. Perciò, anche se l’ha detto, lui l’ha detto e lui l’ha sentito.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, comunque da questo complesso…
F.N.: Se poi è stata registrata, lo sentite meglio di me.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, signora, ma siccome è una telefonata fatta tra lei e il Lotti…
F.N.: Eh, ma come le sto dicendo…
Avv. Giangualberto Pepi: … una conferma sua.
F.N.: … io, il Lotti, non l’ho mai capito parlare. Perciò non posso proprio dire tutto quello che diceva, ci capivo… Ogni cento parole ci capivo dieci.
Avv. Giangualberto Pepi: Comunque mi conferma – perché mi sembra che lo abbia detto – che il Lotti, più volte, in questa telefonata, si lamentava di questi tipi di interrogatori…
P.M.: No, Presidente, mi scusi, eh. Ora, si lamentava. . . di un brogliaccio di cui il difensore ha fatto l’uso che ha voluto e io sono stato zitto perché non ho niente da nascondere, ma di cui non ha chiesto la trascrizione, mi sembra si sta andando oltre le possibilità consentite.
Presidente: Va bene, va bene.
P.M.: E quindi, addirittura ora che faccia le interpretazioni, se permette, sono stato zitto per mezzora perché non c’è niente da nascondere e perché si parla di Procuratori, quindi è tutto quello che c’è, la telefonata è lì trascritta. Quindi, la prova che non c’è niente da nascondere, è in quel brogliaccio. Ma che ora si voglia far dire alla signora cose che non ha capito, interpretazioni del difensore, su un brogliaccio, mi oppongo.
Presidente: Domanda, avvocato, domanda.
Avv. Giangualberto Pepi: Io domando allora…
Presidente: Comunque le osservazioni del Pubblico Ministero sono esatte, eh.
P.M.: Eh, io sono stato zitto perché… non c’è nulla da nascondere e perché il brogliaccio ce lo abbiamo messo noi. Quindi è chiarissimo che non c’è nulla da nascondere. E il difensore lo sa. Quindi, l’uso che ne fa mi sembra talmente improprio e tra 1’altro non è corretto.
Presidente: Va bene. Basta, ora. Bene.
Avv. Giangualberto Pepi: Ora, sulla correttezza avrei qualcosa da…
P.M.: Eh, sì, non è corretto perché non ha chiesto la trascrizione, avvocato. E quindi non può fare lei domande su un atto che non è trascritto.
Presidente: Bene, Pubblico Ministero, abbiamo capito. Non…
P.M.: Sì. Siccome continua, allora io le spiego.
Avv. Giangualberto Pepi: Io ho fatto domande soltanto se la signora si ricordava del contenuto di una certa telefonata.
P.M.: No, glielo ha letto lei il contenuto avvocato, mi permetta. La signora le ha sempre detto: ‘non lo ricordo e non ho capito. E io non capivo il Lotti ‘ .
Avv. Giangualberto Pepi: No…
P.M.: Mi scusi, avvocato.
Avv. Giangualberto Pepi: No, la signora non ha detto così, fra l’altro.
P.M.: No, no, per carità, per carità…
Presidente: Pubblico Ministero, Pubblico Ministero, le può fare domande suggestive, andiamo.
P.M.: Sì, però…
Presidente: Essendo esame indiretto, lo può fare…
P.M.: No, mi perdoni…
Presidente: Comunque, non ci riscaldiamo, che non è il caso.
P.M.: No, Presidente, su trascrizioni che sono in atti non si può chiedere interpretazioni quando la signora è dall’inizio della contestazione che dice: ‘io non ho capito cosa diceva’. E il difensore introduce osservazioni che fa lui. Signor Presidente, mi oppongo finché posso, con tutti i miei mezzi.
Presidente: Io non so che domande intende fare, dica avvocato. Le interpretazioni lasciamole stare, le interpretazioni lasciamole stare.
Avv. Giangualberto Pepi: Io, su questo punto… Permette? Io, su questo punto ho bell’e finito.
Presidente: Bene.
Avv. Giangualberto Pepi: E credo proprio di aver finito. Stavo riguardando un attimo, credo di non avere altre domande da fare.
Presidente: Altri difensori? Io volevo fare una domanda alla teste, però è un giudizio che dovrebbe darmi. E il giudizio non lo posso acquisire. Bene, può andare, signora.
P.M.: Grazie, Presidente.
F.N.: Buongiorno.
Presidente: Ci sono altri? Pubblico Ministero, altri testimoni?
P.M.: Oggi no, Presidente…
Presidente: Niente. Allora a domani mattina ore 09.00.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Nuova traduzione del Vanni.
Avvocato: Che orario si fa?
Presidente: Eh, Pubblico Ministero, domani quanti testi c’ha?
P.M.: Domani, sicuramente, il teste Nesi e altri, alcuni testi che riguardano l’S4 e che riusciamo a reperire. Alcuni sono già citati. Quanti, non glielo so dire.
Presidente: Vediamo quanti testi ci sono, sennò si va… Comunque…
P.M.: Comunque la mattinata, senz’altro.
Presidente: La mattinata sicuro; il pomeriggio non lo so, dipende dai testi disponibili. Va bene?
Avvocato: Presidente, non ho problemi, questo volevo dire.
Presidente: Sì, sì. Bene. L’udienza è tolta.

3 Luglio 1997 13° udienza processo Compagni di Merende

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