14 Luglio 1997, 18° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Paolo VanniFrancesca BartalesiAlessandra BartalesiGiovanni BonechiFabrizio ButiniVincenzo Siracusa

Presidente: Allora, buongiorno a tutti.
P.M.: Buongiorno, Presidente.
Presidente: Ci sono: Vanni, avvocato Pepi; Fenyes… Lotti non c’è oggi? 
Avvocato: No, Presidente.
Presidente: Allora, non comparso Lotti. Zanobini c’è. Le parti civili, anche. Allora, l’avvocato Curandai mi sostituisce le parti civili mancanti. Va bene? 
Avv. Giampaolo Curandai: Bene.
Presidente: Pubblico Ministero, allora può fare entrare i suoi testi.
P.M.: Sì, vorrei sentire Vanni Paolo.
Presidente: Come si chiama?
P.M.: Vanni Paolo.
Presidente: Che è, fratello?
P.M.: No, è un nipote, figlio di una sorellastra, se non sbaglio.
Paolo Vanni: Grazie. Buongiorno.
Presidente: Vuole essere ripreso o no?
P.V.: No, perché…
Presidente: Eh?
P.V.: No, sono brutto. 
Presidente: Non vuole essere ripreso.
P.V.: No, possibilmente no.
Presidente: Lei è parente del signor Vanni e che tipo di parente.
P.V.: Sarei il nipote, io. 
Presidente: Come nipote?
P.M.: Nipote da parte di sua sorella, sorellastra.
Presidente: Cioè, sua sorella…
P.V.: La mia mamma è sorellastra di Mario.
P.V.: Sì, dice bene.
Presidente: Sorellastra, sì, va bene. Quindi la stessa mamma. Va bene. Senta, lei ha facoltà di non deporre. Vuol deporre, o no?
P.V.: Io certamente, io…
Presidente: Va be’…
P.M.: Ha già deposto, gli è già stato chiesto…
Presidente: Va be’, dobbiamo avvertirla se vuol deporre o no. Lei dice di sì e depone. Bene. Allora, avvertito della facoltà, dichiara che vuol deporre. Benissimo. Pubblico Ministero…
P.M.: Grazie…
Presidente: Ah, no no, le generalità. 
Segretario d’udienza: (voce non udibile) 
P.V.: Sono nato a Firenze il 24 giugno 1944. Risiedo a Barberino di Mugello. 
Segretario d’udienza: (voce non udibile)
P.V.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Prego, Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, grazie, signor Presidente. Signor Lotti… Signor Vanni, chiedo scusa…
P.V.: Buongiorno, signor Paolo, mi dica Dottor Paolo.
P.M.: Ah, ecco. Noi non ci conosciamo. È la prima volta che ci vediamo, dico bene?
P.V.: Non credo, ma comunque è lo stesso.
P.M.: Lei ha deposto davanti alla Squadra Mobile.
P.V.: Sì, si.
P.M.: Bene?
P.V.: Benissimo, va bene.
P.M.: Senta una cosa, innanzitutto può spiegare alla Corte qual è la sua attività? Che lavoro svolge.
P.V.: La mia attività ho una piccola trattoria in San Frediano.
P.M.: Lei, nella premessa, spiegava che il suo grado di parentela con l’imputato Vanni, deriva dal fatto che sua mamma e la mamma di Vanni erano sorellastre. È così? 
P.V.: No, il babbo.
P.M.: Il babbo, ecco.
P.V.: Cioè, il babbo…
P.M.: Il babbo era…
P.V.: Lo stesso babbo di Mario è il babbo della mia povera mamma.
P.M.: Ecco, ho capito. Senta una cosa: può spiegare innanzitutto che tipo di rapporti ha, in concreto, con suo zio, lei? Vi vedevate?
P.V.: Ci vedevamo saltuariamente. Purtroppo, vivendo a Firenze, abitando a Barberino, anche mia madre la trascuravo moltissimo. Ci vedevamo così, sporadicamente, non più di una volta al mese.
P.M.: Cioè, era il Vanni che veniva da lei, o era lei che andava a trovare il Vanni?
P.V.: Alle volte, andando a trovare mia madre, trovavo anche mio zio. Oppure, facendo il giro in paese, trovavo mio zio e… così, si parlava cinque minuti. Perché io sono sempre di fretta.
P.M.: È mai capitato che il signor Vanni Mario veniva da lei in questa trattoria, o a Firenze?
P.V.: Sì, sì, veniva… Veniva una volta al mese, forse meno. Insomma, quando capitava…
P.M.: Veniva giù a Firenze.
P.V.: … veniva a trovarmi. Sì, sì.
P.M.: E veniva da solo, o aveva dei mezzi suoi, veniva in autobus…
P.V.: È sempre venuto da solo con l’autobus quando riusciva a prenderlo.
P.M.: Cosa vuol dire “Quando riusciva a prenderlo?”
P.V.: Perché alle volte non sapeva né gli orari né… trovava qualcuno che lo portava su e andava con qualcuno, insomma.
P.M.: Ho capito. Sa se c’erano altri motivi per cui veniva a Firenze lui?
P.V.: Oltre a venire a far visita a me?
P.M.: Sì.
P.V.: Mah, c’erano motivi, lui andava a fare una giratina, non so, verso via della Scala, o queste zone un po’ così, per andare a cercare un rapporto femminile.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa, lei sa che tipo di rapporti c’erano fra suo zio e il Lotti?
P.V.: No, non… Lotti lo conosco appena di vista. Credo una volta, quando lavorava lì in via del Campuccio, sia venuto anche a mangiare da me, però è un tipo che non ci ho parlato. Forse perché non parla lui. Io parlo, lui no, non lo so. Buongiorno e buonasera, ma non…
P.M.: Molto chiaro.
P.V.: … lo conoscevo.
P.M.: Sa però, avendolo eventualmente saputo da suo zio, se erano in buoni rapporti fra loro?
P.V.: Erano in buoni rapporti. Spesso Lotti andava a mangiare, la domenica, a casa del mi’ zio. Oppure andavano a mangiar fuori a ubriacarsi fuori…
P.M.: Addirittura lei, se non sbaglio, nel corso della deposizione che rese in Questura, diceva la stessa cosa, aggiungendo che erano in ottimi rapporti, per quel che ne sapeva lei.
P.V.: Per quel che sapevo io, sì.
P.M.: Quindi, lei sa, addirittura ha saputo che il Lotti andava a casa del Vanni a pranzo.
P.V.: A pranzo. A cena no, perché la sera erano bell’e pieni tutti, e non era più il caso.
P.M.: Ma questo fatto che erano ‘bell’e pieni tutti’, come dice lei…
P.V.: Sì, si riferisce a bere vino. Il mi’ zio, il più dei giorni, la sera alle sei era bell’e a letto, perché era bell’e…
P.M.: Ecco, siccome su questo aspetto poi non è che quelli che hanno deposto sono stati tutti concordi, volevo sapere da lei… Lei come lo sa, lo ha visto… lei dice lo vedeva di mattina, come fa a sapere che alle sei era “bell’e pieno”?
P.V.: No, guardi, non mi contraddico. Lo vedevo di mattina, non l’ho detto. Lo vedevo alle volte, ho detto, quando capitavo a San Casciano. Non ho detto che lo vedevo di mattina.
P.M.: Senta, può focalizzare il periodo in cui lo vedeva così? Cioè, gli ultimi anni lo ha sempre visto, fin da quando lo conosce, sempre così brillo, o in un certo momento, negli ultimi anni, l’ultimo anno…
P.V.: No, più o meno è sempre stato amante di quelle bevute.
P.M.: Per quello che riguarda invece Lotti da cosa lo, se lo deduce o lo sa, che anche lui era sempre già brillo?
P.V.: No, no. Questo non è…
P.M.: Ah, ecco. Bene.
P.V.: Erano insieme, cioè, andavano a pranzo a casa, ma io…
P.M.: Però del Lotti lei non lo sa.
P.V.: No, no, questo no. Questo…
P.M.: Benissimo, benissimo.
P.V.: Questo non è…
P.M.: Senta una cosa: volevo che lei ci chiarisse, o chiarisse alla Corte, quel che ha già detto in merito a racconti fatti da suo zio a lei circa una lettera ricevuta da Pacciani.
P.V.: Sì.
P.M.: Eh? Come stanno le cose, o almeno cosa riferì a lei, se lei…
P.V.: Cosa riferì, sinceramente ci ho capito poco. Però mi disse che lui aveva ricevuto una lettera da Pacciani, dal carcere, nel qualche… non ho capito icché c’era scritto dentro, perché non è riuscito a spiegarmelo. Comunque sembrava ci fosse qualcosa di… no che fossero i saluti, ma che poteva… E infatti io, come sempre, ho cercato di consigliarlo bene e gli dissi: ‘Mario, portala al maresciallo’. Lui…
P.M.: Quindi le spiegò che era roba da Carabinieri? sennò…
P.V.: No. No, non me lo spiegò, ma…
P.M.: Ecco, ma come mai lei…
P.V.: Ma siccome c’era questa lettera dal carcere, non erano auguri, io dissi: ‘meglio di tutto, portala al maresciallo’.
P.M.: Mi scusi, non erano auguri, allora che cosa fece pensare a lei che era bene portarla dal maresciallo?
P.V.: Il modo di parlare di Mario. Cioè, non…
P.M.: Dimostrava paura?
P.V.: ‘Mi ha scritto que…’ Mah, sì e no.
P.M.: Cioè? Ci vuol spiegare?
P.V.: Cioè, è un po’ difficile, perché è un po’ difficile riuscire a capire mio zio. È un po’ difficile.
P.M.: Cosa capì lei, tant’è che lo consigliò di andare a…
P.V.: Ma io pensavo ci fosse scritto qualcosa di… sì, tipo minacce. Ma non lo so.
P.M.: Lei, se non sbaglio, dice…
P.V.: Non lo so, lo presuppongo. Io non…
P.M.: “Tanto che pensai che vi fossero contenute delle minacce”. Poi lei dice: “non mi…”
P.V.: Lo ridico ancora.
P.M.: Ecco, lo ridice ancora. Perfetto.
P.V.: Mah…
P.M.: Dice: “Non mi riferì precisamente il contenuto, ma dal suo modo di fare” – è la stessa cosa che dice oggi, mi sembra – “e da come ne parlava, capii che, all’interno della lettera” – lei dice – “c’erano delle pressioni nei suoi confronti”. Cioè, ci vuole spiegare meglio come capì, come mai lei capì questo…
P.V.: Dottore, abbia pazienza, io, più di questo, non glielo so spiegare. A parte che è passato tanto tempo, ma io, più di questo, non lo so spiegare, perché non l’ho recepito. Di conseguenza mi rimane difficile spiegarlo.
P.M.: Certo.
P.V.: Io, solo – questo son sicuro – che gli ho detto: ‘vai a portarla al maresciallo, falla vedere al maresciallo’. L’unica cosa che mi è venuta in mente, no?
P.M.: Certo.
P.V.: Quando c’è un problema, vediamo un po’… È sempre una persona che scrive dal carcere. Cioè, poi insomma… sembrava…
P.M.: Lei sa che rapporti c’erano fra suo zio e Pacciani?
P.V.: No, assolutamente no, perché io non conoscevo nemmeno questo Pacciani;
P.M.: Sì, ma suo zio gliene ha mai parlato del Pacciani? 
P.V.: No, no, no.
P.M.: E allora, quando le parlò di questa lettera, lei capì che veniva da uno qualsiasi, o capì, o l’ha capito dopo chi era questo Pacciani? All’epoca cosa capì?
P.V.: L’ho capito, si conosceva tramite il paese, si conosceva che questo Pacciani aveva questa pena da scontare per certe cose. Dicendo…
P.M.: Ci può dire che cose sapeva lei, a quell’epoca?
P.V.: Eh, icché sapevo… quello che sapevano un po’ tutti. Le accuse dello stupro alle figlie, non lo so…
P.M.: Ecco, era quell’epoca, era in carcere per quel motivo lì?
P.V.: A me pare di sì.
P.M.: Ecco.
P.V.: Sì, era per quel motivo lì.
P.M.: Lei quindi, quando le disse che la lettera veniva da Pacciani…
P.V.: Da Pietro, mi disse.
P.M.: Da Pietro, ecco. Lei capì chi era Pietro.
P.V.: Sì.
P.M.: Ecco.
P.V.: Capii da Pietro.
P.M.: Perché Pietro era per lei un suo amico, un amico di Vanni.
P.V.: Penso di sì. Non lo so, non lo potrei… Non li ho mai visti insieme, non li ho mai incontrati. Infatti io non conoscevo nemmeno Pacciani.

P.M.: Lei ricorda – lo ha detto poi suo zio e lo ha spiegato – qual era il periodo. E noi lo abbiamo ricostruito abbastanza bene. Lei ricorda nella sua mente il periodo esatto in cui le parlò di questa lettera? In che epoca potevamo essere?
P.V.: No. Non glielo potrei dire.
P.M.: Se io le dico…
P.V.: La cosa era recente, era arrivata in settimana, in quei giorni lì.
P.M.: Quando la portò a lei.
P.V.: Quando… No, quando mi parlò di questo.
P.M.: Quando le parlò…
P.V.: Perché io non l’ho mai veduta questa lettera.
P.M.: Le disse che l’aveva con sé, o non disse nulla?
P.V.: Mah… non disse nulla. Disse aveva ricevuto questa lettera: ‘sai, Pietro mi ha scritto dal…’ Niente, ma non so dove l’aveva.
P.M.: Poteva essere il ’90-’91? Un’epoca così, o per lei è difficile focalizzare?
P.V.: No, è molto difficile, perché non mi ricordo…
P.M.: Ho capito. Senta una cosa: lei sa, o lo consigliò lei, per caso, di portare la lettera, oltre che ai Carabinieri, all’avvocato Corsi? O di questo…
P.V.: No, no, no, assolutamente.
P.M.: Lei sa se suo zio le ha poi riferito, anzi, cosa ne ha fatto di questa lettera? Se l’aveva portata o meno… La volta dopo, per caso è tornato il discorso su questa…
P.V.: No, questa lettera non ne ho mai saputo altro. Fu questa chiacchierata qui, mi disse… Poi non ho più risaputo niente, non ci ho fatto più…
P.M.: Ecco.
P.V.: Lui non ha ridetto niente e io non ci ho…
P.M.: Non ci è ritornato sopra.
P.V.: No, perché pensavo l’avesse veramente portata ai Carabinieri.
P.M.: Ecco, lei ha pensato che gliel’avesse portata.
P.V.: Dietro mio consiglio. Non mi ha mai dato retta, sicché, di conseguenza…
P.M.: Senta ancora una cosa: lei ricorda come venne il discorso di questa lettera? Fu suo zio che era preoccupato e gliene parlò, o lei vide un atteggiamento di suo zio che gli disse: ‘ma cos’hai?’
P.V.: No, no, niente. No, no, assolutamente.
P.M.: Fu lui
P.V.: Non aveva niente. Fu lui, mi disse: ‘Madonna, mi ha scritto Pietro dal carcere questa le…’, niente…
P.M.: Le sembrò che chiedesse a lei un consiglio? O la voleva…
P.V.: Sì, mi sembrò perché sennò non gli dicevo: ‘portala ai Carabinieri’. Sicché mi sembrò che…
P.M.: Quindi era suo zio che chiedeva su un fatto abbastanza, per lui, importante, o le chiedeva una sorta di consiglio perché aveva stima in lei.
P.V.: Certo, certo.
P.M.: Lei conosce l’avvocato Corsi?
P.V.: Benissimo. Siamo amici.
P.M.: E l’avvocato Corsi ha mai parlato con lei…
P.V.: No, no.
P.M.: …per caso di questo problema di suo zio?
P.V.: No. Di questo problema in riferimento alla lettera, no.
P.M.: Di altri problemi?
P.V.: Di altri problemi, alle volte, così mi ha detto: ‘eh, tuo zio, così e cosà…’ Insomma, qualcosa, ma parole sporadiche, insomma.
P.M.: “Così e cosà” su quale argomento?
P.V.: Su questo argomento che era di mezzo a questa cosa, insomma.
P.M.: A questa storia.
P.V.: Sì.
P.M.: Cioè, come ricorda? Che tipo di discorsi avete… Cioè, recenti, perché era stato arrestato, o nel passato?
P.V.: Recenti, recenti no. Perché i primi tempi che ebbe degli avvisi di…
P.M.: Fu chiamato a testimoniare al processo.
P.V.: Fu chiamato… No, ma forse ancora prima altre volte fu chiamato in Tribunale E infatti, quando veniva in Tribunale, dopo si fermava a da me. O prima o dopo mi diceva insomma qualcosa, così. E io cercavo di consigliarlo.
P.M.: Di consigliarlo, cioè?
P.V.: Di consigliarla, come pure mi fu detto da parte della SAM di vedere se riuscivo a carpire qualcosa, o addirittura di portarlo giù a Firenze, giù in Questura.
P.M.: In Questura.
P.V.: Allora io una mattina ci persi un’ora e mezzo, una mattina presto lo presi in macchina con me feci una giratina, e cominciai a prenderlo in tutti, i modi. Prima, ridendo, prima… E poi dopo incavolandomi veramente. Alla fine di tutta questa chiacchierata, di tutta… venne fuori che lui mi disse: ‘oh, oh Paolo, ma che scherzi davvero!’ Dice: ‘io non ho fatto nulla. Se mi vogliono, verranno a pigliarmi!’
P.M.: Bene.
P.V.: Queste furono le parole.
P.M.: Chiarissimo, chiarissimo. Senta, lei diceva che abita, o è residente nel Mugello, ho capito bene?
P.V.: Sì, sì. A Barberino di Mugello.
P.M.: Da quanto tempo?
P.V.: Dal…
P.M.: Grossomodo.
P.V.: … ’94, mi sembra.”
P.M.: ’94?
P.V.: ’94.
P.M.: Cioè tre anni fa. 
P.V.: Sì, più o meno.
P.M.: Prima, dove risiedeva, scusi?
P.V.: Prima risiedevo a Firenze in piazza Santo Spirito.
P.M.: Senta una cosa, signor Vanni, lei ricorda se suo zio è mai venuto in Mugello?
P.V.: Una volta l’ho preso io e l’ho portato io e siamo tornati giù. L’ho riportato a casa.
P.M.: E le è, ha avuto modo di capire se suo zio conosceva le zone del Mugello…
P.V.: No, no, assolutamente.
P.M.: Non ha capito perché è un tipo che non capisce dove è, o…
P.V.: Sì, esatto, esattamente. Più o meno così, in Mugello : ‘Oh, si va su’ monti…’ Ma non… insomma, non credo abbia capito dove l’ho portato io. Cioè, io non ho avuto nessun…
P.M.: Perché, se capisco bene – mi corregga se ho capito male – da quella che è la sua esperienza, suo zio non si orienta bene da solo? È così?
P.V.: Sì, non si orienta bene da solo. Se vede un monte capisce di essere in montagna, magari sotto c’è il mare. Però non si orienta bene. Non ha un senso di sapere i posti dove…
P.M.: Ho capito. Non ho altre domande. Grazie, Presidente.
P.V.: La ringrazio lei, dottore.
Presidente: Parti civili? I difensori? Avvocato Pepi, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato Pepi. Senta, signor Vanni, a me premeva capire una sua dichiarazione che ha fatto, sia oggi al dibattimento, che a suo tempo quando venne sentito nelle indagini preliminari. Lei ha parlato di essere stato sentito dalla SAM.
P.V.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, volevo sapere…
P.V.: Due volte.
Avv. Giangualberto Pepi: Due volte.
P.V.: Due o tre volte, quattro volte. Insomma, non lo so.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, ma questo tipo di informative, erano informative come? Informali… Perché di verbali ne risulterebbe uno solo. Lei era sentito come?
P.V.: Allora?
Avv. Giangualberto Pepi: Chi lo ha interrogato…
P.V.: Se dei verbali ne risulta uno solo, io sono stato due volte in Questura. Una volta, chiamato dall’ispettore Lamperi; e un’altra volta chiamato dal dottor Giuttari.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, dicevo: ma che cosa le veniva chiesto relativamente a Vanni?
P.V.: La prima volta, prima cosa uno spavento tremendo, perché a stare tutte quelle ore senza sapere il problema… Io mi sono sentito riavere quando sono arrivato lì, ho visto SAM, dico: ‘ah, allora figuriamoci, è per il mi’ zio’. Perché il terrore di vivere… Eh, sì, purtroppo. Il cittadino normale non è abituato a essere chiamato in Questura senza sapere icché l’ha fatto. Insomma, un pochino di apprensione… Fra l’altro, la seconda volta,  avevo fatto un po’ di ferie a Torregalli, per un pippolino. Sicché ancora di più… Va bene. Comunque lasciamo fare questo. Mi dispiace… Fui chiamato lì, in Questura, da questo dottor Lamperi e interrogato riguardo a…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, ma…
P.V.: Prima cosa fu detto “torsolo”.. Sì, l’è il mi’ zio, lo conosco…’
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, ma più che altro volevo sapere: le veniva chiesto delle informazioni su suo zio, oppure le veniva proposto una sorta di intermediazione con la SAM perché lei riferisse qualche cosa che le poteva dire Vanni?
P.V.: No, mi veniva chiesto informazioni, varie… Io non me lo ricordo nemmeno. Se non è verbalizzato, non me lo ricordo nemmeno io, perché…
Avv. Giangualberto Pepi: Ho capito.
P.V.: Cioè, più o meno su questi fatti. Se ero a conoscenza, se… le abitudini, le frequenze, dove andava quando veniva giù a trovar me….
Avv. Giangualberto Pepi: Ho capito. Ha detto tre o quattro volte, vero, mi sembra?
P.V.: Dunque, per essere esatto, la prima da Lamperi, ufficialmente in Questura. Poi sono venuti varie volte alla trattoria.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, sono venuti anche in trattoria.
P.V.: Sì, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: E sempre le chiedevano le solite informazioni, oppure che cosa le chiedevano? Perché questo è…
P.V.: Mi chiedevano di collaborare.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco.
P.V.: Io, questo, per l’amor del cielo! Sono contentissimo, lo faccio perché non ci ho…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, e a seguito di questo, lei ne ha parlato con suo zio, oppure no?
P.V.: Ma no, non ne ho parlato.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. Quindi…
P.V.: Io le ho detto: ‘vieni giù con me questo sabato… e così si va insieme… ‘, perché magari con me poteva sentirsi un po’ più… Alla fine della chiacchierata, mi rispose in quella maniera, dice: ‘oh io, se ho fatto qualcosa, verranno a pigliarmi’.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, anche questa volta che lei è stato un’ora e mezzo, mi ha detto, più o meno andando in giro con suo zio, suo zio le ha sempre detto che cosa? In relazione a questi fatti di cui oggi è il processo?
P.V.: Ma assolutamente niente. Cioè, lui diceva…
Avv. Giangualberto Pepi: Cioè, assolutamente niente, vuol… Cioè, non le ha risposto niente, oppure le ha detto qualche cosa in relazione…
P.V.: Mi ha detto che lui non ci entrava niente; di quello che erano le cose…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, va bene.
P.V.: Dice: ‘ma io ci ho fatto le bevute, ci ho fatto qui… Posso essere andato una volta di qua e di là, ma nulla di illegale’ cioè, capito? Anche se andava con una donna, ma pagava. Da una parte si paga e da un’altra…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco.
P.V.: Eh, purtroppo sono prestazioni che esistono tutt’oggi e non c’è nulla di… 

Avv. Giangualberto Pepi: Certo, non c’è nulla di… Dicevo, si è mai suo zio lamentato con lei delle continue pressioni che aveva da parte della SAM che venivano, a prenderlo a casa a tutte le ore, anche di notte, portandolo…
P.V.: Quello, un po’ sì. Quello, si è un po’…
P.M.: Presidente, chiedo scusa. Da dove risulta, avvocato, che di notte lo andavano e lo portavano in Questura? Perché,.. .
Avv. Giangualberto Pepi: Io ho fatto una domanda se gli risulta o meno…
P.M.: No, no, siccome non risulta da nessuna parte, è una illazione che fa lei davanti alla Corte di Assise di Firenze. Mi dice da quale carta processuale lei lo ha tratto? 
Avv. Giangualberto Pepi: Mi risulta dal fatto…
P.M.: No, di notte non lo hanno mai portato. Tutte le volte che lo hanno portato, ci sono dei verbali…
Presidente: Va bene, va bene… 
(brusio)
P.M.: No, lei veramente… Scusi, fa delle affermazioni che di notte lo prendevano…
Avv. Giangualberto Pepi: Io ho diritto di fare tutte le domande che…
P.M.: No, no, le domande sono una cosa; le domande, avvocato, sono una cosa…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. Sì
P.M.: … le affermazioni circa…
Avv. Giangualberto Pepi: E quello che fa la SAM è un’altra cosa.
P.M.: Mi perdoni… Eh, no avvocato… Presidente, no
Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato… Pubblico Ministero, Pubblico Ministero, aspettiamo un attimo, aspettiamo un attimo.
P.M.: Eh.
Presidente: Avvocato, lei, se risulta a lei che la SAM andò a prenderlo, lo dica…
Avv. Giangualberto Pepi: Eh, a me risulta così.
Presidente: No…
Avv. Giangualberto Pepi: Lo può dichiarare espressamente Vanni quante volte è stato portato di notte in Questura.
Presidente: Signor Vanni, per cortesia, faccia una dichiarazione spontanea su questo punto. Così ci chiarisce la storia.
Avv. Giangualberto Pepi: Quante volte è stato portato via… 
Mario Vanni: Due o tre volte.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. 
P.M.: Di notte?
Presidente: Di notte? 
Mario Vanni: Sì, di notte.
Presidente: Sono venuti a prenderla a lei?
P.M.: È per caso la volta della perquisizione…
Presidente: Accenda il microfono, accenda il microfono, accenda il microfono. Lì, lì. Allora, dica per bene. 
Mario Vanni: Sì, due o tre volte…
Presidente: Due o tre volte, che cosa?
Mario Vanni: Una volta, vennero. Mi presero e mi portarono a Prato.
Presidente: A Prato. Poi?
P.M.: È la volta in cui è stato incarcerato, Presidente, eh, attenzione.
Presidente: Ma quando lo hanno arrestato, o altre volte e poi lo riportavano a casa?
Mario Vanni: No, no, mì portarono. . . Sì, mi portavano a casa. Ma la terza volta mi portarono in prigione!
Presidente: La portarono?
Mario Vanni: Mi portarono in prigione.
Presidente: Ah, ecco. Va bene. E le altre due volte lo hanno riportato a casa. 
Mario Vanni: Due volte.
P.M.: Presidente, ci sono due verbali di perquisizione, eh. Prima di dire che lo portavano…
Presidente: Ora vediamo, sentiamo cosa dice lui.
P.M.: Sì, può dire quello che vuole. Ma l’avvocato no, l’avvocato no, non può dire che lo portavano di notte se non ci sono atti. Mi scusi, avvocato…
Avv. Giangualberto Pepi: No, io ho fatto una domanda.
Presidente: Aspetti, facciamolo…
Avv. Giangualberto Pepi: (voce non udibile)
Presidente: Pubblico Ministero, Pubblico Ministero… L’avvocato è inutile che si inquieti, scusi eh.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma non è possibile…
Presidente: Va bene, ma non è quello. Non è…
Avv. Giangualberto Pepi: La conduzione di questo processo non è possibile. Faccio una domanda semplice…
P.M.: No, no, assolutamente.
Avv. Giangualberto Pepi: Se gli risulta o meno…
P.M.: No, mi dispiace…
Presidente: Ma siamo qui per chiarire, non siamo… Siamo qui per chiarire…
P.M.: Mi dispiace, ma…
Presidente: Pubblico Ministero, per cortesia.
P.M.: Prego.
Presidente: Siamo qui per chiarire. E allora?
Avv. Giangualberto Pepi: Ogni volta che cerco di chiedere qualcosa, c’è le insorgenze…
P.M.: Eh…
Presidente: Va bene.
Avv. Giangualberto Pepi: Io ho fatto una semplice domanda.
Presidente: Se non dal Vanni, se non dal Vanni…
Avv. Giangualberto Pepi: Le risulta, le risulta che suo zio si lamentasse che veniva portato dalla SAM?
P.M.: Benissimo, benissimo.
Avv. Giangualberto Pepi: Lui mi può rispondere si, o no.
Presidente: Benissimo.
P.M.: Avvocato, ha detto di notte, mi scusi. E io le ho chiesto…
Avv. Giangualberto Pepi: E io gli ho chiesto…
P.M.: No, mi perdoni. Io le ho chiesto: di notte, da quale atto le risulta? Il signor Vanni dice una volta sola è stato portato a Prato.
Presidente: Benissimo. Pubblico Ministero, c’è il Vanni che dice questo. Noi ne prendiamo atto, se è vero o non vero, poi si vedrà.
P.M.: Bene.
Presidente: In ogni modo, lei la domanda la può fare, via.
P.M.: Sì, senz’altro.
Presidente: Ecco.
P.M.: La domanda sì, ma non illazioni.
Presidente: Ora basta, eh.
Avv. Giangualberto Pepi: Ne avete fatte mille di illazioni.
P.M.: No, no
Avv. Giangualberto Pepi: I giudizi…
P.M.: No, no…
Presidente: Finiamola di becchettarvi tra voi come galletti del pollaio, perché non è il caso, andiamo. 
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco.
Presidente: Prego, avvocato.
Avv. Giangualberto Pepi: Perché da un anno e mezzo una persona innocente in galera, questo…
Presidente: E va be’, ora vedremo se… a 
Mario Vanni: (voce non udibile)
P.M.: Ci sono provvedimenti giudiziari, eh.
Presidente: Che? 
Mario Vanni: Non ne posso più.
Avv. Giangualberto Pepi: I provvedimenti giudiziari molte volte possono essere anche sbagliati.
Presidente: Avvocato Pepi, lei parla con la Corte, non con l’avvocato, col Pubblico Ministero, eh. Faccia la domanda…
Avv. Giangualberto Pepi: Ogni volta che… Presidente…
Presidente: Come?
Avv. Giangualberto Pepi: … io sono sempre educato, perché non interrompo mai il Pubblico Ministero. Ogni volta che faccio il controesame, io vengo matematicamente…
Presidente: Ora si è chiarito, ora si è chiarito. Ma non vedo… tanta frizione, perché? Poi sono cose che capitano, purtroppo.
Avv. Giangualberto Pepi: Eh sì…
Presidente: Il processo è fatto di dialettica, di confronti, di… Eh, non so. E questo…
Avv. Giangualberto Pepi: Interverrò anch’io, interromperò anch’io continuamente d’ora in poi. Quando specialmente si parla di cose che non riguardano questo processo.
Presidente: Prego, prego.
Avv. Giangualberto Pepi: Ultima domanda, signor Vanni: quando, in relazione alla vicenda della lettera, qual era il di suo zio? Era comportamento estremamente preoccupato, di molta tensione, di preoccupazione, oppure era semplicemente una richiesta di un parere che le aveva…
P.V.: Era la richiesta di un parere, ma non mi sembrava tanto preoccupante.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene, la ringrazio.
P.V.: Prego.
Avv. Gabriele Zanobini: Signor Presidente…
Presidente: No, no, ora una domanda la devo fare io.
Avv. Gabriele Zanobini: Ah, va bene.
Presidente: Lei aveva detto prima…
Avv. Gabriele Zanobini: Scusi, posso farla anch’io?
Presidente: Sì, sì, come noi…
Avv. Gabriele Zanobini: Ah, vuol farla prima lei. No, credevo che avesse fatto…
Presidente: No, no. Non avevo vista la cosa. Avvocato, la faccia prima lei, io la faccio per ultimo.
Avv. Gabriele Zanobini: Credevo che avesse pensato che i difensori avevano esaurito…
Presidente: Allora, avanti, avanti. C’è l’avvocato Zanobini.
Avv. Gabriele Zanobini: Senta… L’avvocato Zanobini per l’avvocato Corsi. Senta, signor Vanni, lei ha detto che l’avvocato Corsi non gli ha mai parlato che suo zio, a lui, aveva parlato della lettera. Ho capito bene?
P.V.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: La domanda proprio del Pubblico Ministero. Vero?
P.V.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Poi però ha aggiunto anche che, altre volte, con l’avvocato Corsi avevate parlato della vicenda dello zio.
P.V.: Capita di parlare, no?
Avv. Gabriele Zanobini: Diceva: ‘così, cosà…’
P.V.: Lo zio.
Avv. Gabriele Zanobini: Eh? ‘Così cosà’, giusto, ho capito bene? Voglio dire: questo discorso che lei faceva con l’avvocato Corsi che riguardava suo zio, si parlava diceva ‘così cosà’, è lo stesso discorso che lei ha avuto modo di fare anche con altre persone relativamente alla vicenda di suo zio? Cioè, voglio dire, di questa vicenda di suo zio ‘così cosà’, ne parlava soltanto con l’avvocato Corsi, ha avuto modo di parlarne soltanto con l’avvocato Corsi, o anche con altre persone che conoscevano lei e conoscevano suo zio?
P.V.: Io credo di aver parlato solo con l’avvocato Corsi.
Avv. Gabriele Zanobini: Di questa vicenda.
P.V.: Parlato perché mi ha detto lui, oppure io gli ho chiesto: ‘ma il mi’ zio come sta?’, cioè, nel senso di dire: quali conseguenze può subire.
Avv. Gabriele Zanobini: Ah…
P.V.: Ma al tempo, prima del… Insomma, dopo poco che ricevette la lettera. Ma quando cominciò ad avere gli inviti in Pretura, in Questura.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco. Quindi, non della lettera. Quando cominciò ad avere gli inviti in Questura lei parlava, cioè chiedeva, mi pare di aver capito, più che…
P.V.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Chiedeva: come andrà a finire…
P.V.: … o me lo diceva lui. Una volta, mi sembra: ‘eh, gli è messo un po’ male’ – mi disse – ‘perché c’ha a carico…’ Non mi ricordo, insomma, sono passati gli anni. Ma io, tanti discorsi, cioè, del mi’ zio, a Alberto non glieli ho fatti.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco. Quindi però conferma che, appunto, parlavate di questa vicenda nel momento in cui lo zio veniva convocato in Questura, ma no della lettera. Ho capito bene?
P.V.: Non della lettera, sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco. Quindi la lettera, l’avvocato Corsi, non gliene ha mai parlato.
P.V.: No.
Avv. Gabriele Zanobini: Suo zio non gli ha mai detto di avere portato la lettera all’avvocato Corsi.
P.V.: No, no, assolutamente.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco. Non gli ha mai fatto leggere la lettera?
P.V.: No, mai vista.
Avv. Gabriele Zanobini: Lei glielo aveva chiesto della lettera…
P.V.: No, no. No, non gliel’ho chiesto, non ho dato tanto peso.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco.
P.V.: Ho dato solo, ho espresso questo consiglio solo di dire: ‘portala al maresciallo’, ma finito lì. Io, da quel momento…
Avv. Gabriele Zanobini: E il periodo in cui lei parlava di questa vicenda all’avvocato Corsi, era quello in cui suo zio veniva…
P.V.: Cominciò ad essere chiamato giù a Firenze per qualche testimonianza, per qualche cosa.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco.
P.V.: Mi sembra sulla pistola, roba del genere.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco, suo zio si lamentava anche con lei di questo, o no?
P.V.: Come… ?
Avv. Gabriele Zanobini: Di questi inviti.
P.V.: Un po’, è chiaro. Cioè, anch’io, qui non sono mica venuto allegramente e contento. Cioè, non vedo…
Avv. Gabriele Zanobini: E lei ricorda di avere anche parlato di queste lamentele di suo zio – quando parlava con l’avvocato Corsi – all’avvocato…
P.V.: No, no, no.
Avv. Gabriele Zanobini: No.
P.V.: Assolutamente. Perché poi ci avrò parlato tre volte.
Avv. Gabriele Zanobini: Ah, ecco. Bene. Grazie, non ho altre domande. 

Presidente: Senta, lei quando è successo, si presentò a lei e parlò di questa lettera che aveva ricevuto da Pietro, eccetera, eccetera, perché non… chiese o non di leggere la lettera?
P.V.: No, non lo chiesi.
Presidente: Come mai?
P.V.: Perché non sono curioso, Presidente. Non so.
Presidente: Va be’, ma se questa lettera creava un problema al signor Vanni…
P.V.: Ma lui ne aveva tanti, anche…
Presidente: … il minimo che potesse fare una persona come lei, è che dice: ‘beh, vediamo cosa dice questa lettera’.
P.V.: Eh, non mi è venuta.
Presidente: Non le è venuta. Va bene.
P.V.: Anche perché ho sempre fretta.
Presidente: Sì.
P.V.: Quando io andavo a San Casciano, avevo sempre…
Presidente: Senta, lei prima, non ora, prima dell’intervento dell’avvocato Pepi, ha detto che lei pensò che la lettera contenesse delle minacce dal modo come si comportava il Vanni…
P.V.: Cioè, dalla…
Presidente: …impaurito, un po’. È così, o no?
P.V.: Ma è così, diciamo, è così. Non lo so, non mi sembrava tanto… Più che altro marcava il fatto: ‘mi ha scritto Pietro dal carcere…’, ma non ci si leva un granché dal mi’ zio. Non so se voi ci riuscite. Io non ci sono riuscito.
Presidente: Va bene. Prego, avvocato Curandai. Ah, aspetti, un’altra cosa: ha mai sentito suo zio che voleva acquistare una, pistola? Qualche teste lo ha detto. Lei non sa nulla di questa cosa?
P.V.: Mio zio?
Presidente: Eh.
P.V.: Per sparare dalla canna, forse?
Presidente: Non lo so.
P.V.: No… Io non l’ho mai sentito. Comunque eventualmente avrebbe sparato con la canna in mano, lui…
Presidente: Va bene. Prego, avvocato Curandai.
Avv. Giampaolo Curandai: Sì. Signor Vanni, lei prima ha detto di aver consigliato lo zio…
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, ma mi sembra che le parti civili debbano parlare prima.
Presidente: Sì, prima, però…
Avv. Giampaolo Curandai: Va bene, ma dopo…
Presidente: Ma dopo, dopo che ha fatto la domanda il Presidente si riapre il giro di chi vuol farlo.
Avv. Giangualberto Pepi: Ho capito. Grazie.
Presidente: Questa, è la regola.
Avv. Giampaolo Curandai: Lei prima ha detto una cosa precisa. Cioè, di fronte a questa lettera, lei consigliò lo zio di recarsi dal maresciallo. Lei, successivamente, ha mai chiesto allo zio per quale motivo non si era recato dal maresciallo?
P.V.: Ah, perché io non gliel’ho chiesto e non lo sapevo nemmeno. Io ho chiuso lì, quando gli ho detto, ho creduto di consigliarlo…
Avv. Giampaolo Curandai: Appunto, avrà chiesto: ‘che fine ha fatto questa lettera, perché non ti sei rivolto…’
P.V.: No, mi dispiace, ma… Mi dispiace, ma non gliel’ho chiesto.
Avv. Giampaolo Curandai: Non lo ha chiesto.
P.V.: Non mi sono interessato più.
Avv. Giampaolo Curandai: Bene. Un’altra domanda, dunque, lei prima ha detto che alcuni poliziotti venivano, o sono venuti una sola volta, non so se una sola volta o più volte, all’interno della sua trattoria.
P.V.: Sì.
Avv. Giampaolo Curandai: Ecco, di questa circostanza, questa circostanza lei la riferì allo zio che alcuni poliziotti erano venuti nella sua trattoria?
P.V.: Allo zio, mi sembra, no.
Avv. Giampaolo Curandai: Allo zio, no. A chi lo ha riferito allora?
P.V.: Mah, non so…
Presidente: A noi?
Avv. Giampaolo Curandai: Eh, appunto.
P.V.: Cosa?
Avv. Giampaolo Curandai: No…
P.V.: Io non credo… non credo…
Avv. Giampaolo Curandai: Lei non ha riferito a nessuno questa circostanza che alcuni poliziotti si erano recati presso la sua trattoria?
P.V.: Mah così non mi viene in mente, però, così, se mai… non so, a mio zio mi sembra di no.  
Avv. Giampaolo Curandai: Le sembra di no, ma non lo può escludere.
P.V.: Non potrei, no. Non potrei…
Avv. Giampaolo Curandai: Non lo può escludere, ecco, di avere informato lo zio. E lei prima ha detto – un’ultima domanda, eh – che, di fronte alle sue domande, lo zio avrebbe risposto, ad un certo momento: “Se mi vogliono, verranno a pigliarmi”. Queste sono le parole testuali che ho verbalizzato diciamo privatamente. “Se mi vogliono”, chi? “Se mi vogliono i poliziotti”,
P.V.: Certo. Lui, dichiarandosi anche a me, cioè che non aveva fatto neanche…
Avv. Giampaolo Curandai: “Se mi vogliono”… No, mi risponda. “Se mi vogliono”, i poliziotti?
P.V.: Sì.
Avv. Giampaolo Curandai: Grazie.
P.V.: Prego.
Presidente: Prego, avvocato Colao.
Avv. Aldo Colao: Una sola domanda. Lei ha detto prima che parlando della famosa lettera che suo zio riferiva aver avuto da Pacciani, con tono preoccupato, lei ha detto che suo zio non riuscì a spiegarsi.  
P.V.: No…
Avv. Aldo Colao: Lei ha detto così. È vero? ‘Mio zio non riuscì a spiegarsi’. Ma le chiedo io: per difficoltà di esposizioni dello zio, esponeva male?
P.V.: Sì.
Avv. Aldo Colao: Può precisare? Perché com’è che uno gli chiede un consiglio e poi non riesce a spiegarsi? Mi sembra strano, mi scusi, ce lo vuol spiegare meglio?
P.V.: Io… posso anche provare a spiegarmi meglio, ma…
Avv. Aldo Colao: Ecco, ci vuol dire…
P.V.: Forse non capisco nemmeno quello che…
Avv. Aldo Colao: Sì. Lei ha detto…
P.V.: Sì.
Avv. Aldo Colao: … ebbe, si spiegò: ‘mio zio non riusciva a spiegarsi’.
P.V.: Ma in nessuna cosa riusciva a spiegarsi, e a essere chiaro.
Avv. Aldo Colao: Con la lettera in mano.
P.V.: No con la lettera in mano.
Avv. Aldo Colao: No, ma con riferimento alla lettera.
P.V.: No…
Presidente: Non aveva la lettera.
Avv. Aldo Colao: No, ma con riferimento alla lettera. Come…
P.V.: Disse che gli aveva scritto Pietro dal carcere. Io glielo… ‘ma icché gl’ha scritto? Che ha…’ Non ci rilevavi niente, non ci capivi niente, dal… Dico, comunque io gli dissi, perché non ho capito quello che lui voleva dire, gli ho detto: ‘comunque, se c’è qualcosa che… portala ai Carabinieri’, basta. Ho detto… Anzi, ho detto: ‘portala al maresciallo’, basta.
Avv. Aldo Colao: Allora la vostra fu una conversazione telegrafica.
P.V.: Era una conversazione che eravamo di passaggio.
Avv. Aldo Colao: Telegrafica.
P.V.: Come telegrafica?
Avv. Aldo Colao: A botta e risposta.
P.V.: Su questo caso, sì. Così.
Presidente: Prego, ha altre domande?
P.V.: In questo caso, sì.
Presidente: Altre domande?
P.M.: Il P.M., Presidente.
Presidente: Può andare il teste, grazie.
P.V.: Prego.
P.M.: Presidente, chiedo scusa, volevo chiedere ancora una…
Presidente: Ah, va bene.
P.M.: Ritornare un attimo ai discorsi che lei faceva riferiti ai suoi colloqui con l’avvocato Corsi, di cui ha già risposto. Volevo chiederle questo: l’argomento Vanni, nei colloqui con l’avvocato Corsi – se lo ricorda – lo ha iniziato lei, o è stato il Corsi a parlarle, dice: ‘ma… ‘, perché lei, io mi sono scritto, dice: ‘il Corsi mi disse’ – riferito a Vanni – ‘è messo un po’ malino’.
P.V.: Sì, sì. Gliel’ho chiesto io.
P.M.: Quindi…
P.V.: Dico: ‘ma la faccenda di mi’ zio, come la va lì, che tutte queste cose…?’ Mi disse: ‘mah, l’è messa un po’ male, perché…’, non mi ricordo, mi dette delle parole, non…
P.M.: Può cercare di ricordare queste parole?
P.V.: Ah, non lo so, può darsi perché ci aveva qualche verbale a carico, qualche cosa, non lo so.
P.M.: Le sembrò che l’avvocato Corsi era comunque al corrente, almeno quanto lei, o più di lei, dei problemi sul punto, del Vanni?
P.V.: No, solo tecnicamente, perché essendo avvocato, poteva dire qualcosa in più. Ma non penso…
P.M.: E – se non ho capito male – è stato lei a chiedergli all’avvocato…
P.V.: Sì, certo. Io sicuramente.
P.M.: Perché sapeva che il Vanni si era rivolto all’avvocato? Come mai gliel’ha chiesto?
P.V.: No, io non sapevo che si era rivolto.
P.M.: E allora come mai lo ha chiesto all’avvocato Corsi?
P.V.: Ma come mai, perché in un paese ci si conosce, c’hai le amicizie e tu gli domandi a lui, essendo un legale, essendo un… tu gli domandi: ‘ma come la sta questa cosa?’, così…
P.M.: Ebbe la sensazione o la convinzione che Vanni aveva parlato dei suoi problemi con l’avvocato Corsi?
P.V.: No, io no.
Avvocato: Presidente…
P.V.: Io non sapevo nemmeno che questo…
P.M.: E allora come fece a instaurare una conversazione con l’avvocato Corsi, con Vanni, su…
P.V.: Le conversazioni partivano da altre cose, da fatti di amicizia. Poi, ad un certo punto, uno gli fa la domanda: ‘oh, ma il mi’ zio come gli è messo? Cioè, quali sono i problemi?’, no? Chiede se sa qualcosa. Mi rispose, però io non mi ricordo la risposta. Cioè, non mi rico… Disse: ‘mah, non è messo tanto bene, perché…’, ma non lo so, quelle parole non me le ricordo, perché forse erano parole di studio, ecco, diciamo. Di avvocati, di. . .
P.M.: E, a proposito di… lei ha detto, dice: ‘si riferiva a qualche verbale’, come ha avuto questa…
Presidente: L’ha pensato lui.
P.M.: Lo ha pensato lei.
P.V.: L’ho pensato… Non so, verbali, nel senso di essere chiamato, richiamato, avvisi di presentazioni, questo.
P.M.: Non ho altre domande, grazie.
Presidente: Va bene.
P.V.: La ringrazio.
Avv. Patrizio Pellegrini: Presidente.. .
Presidente: Avvocato Zanobini.
Avv. Patrizio Pellegrini: Posso io, signor Presidente…
Presidente: Ah, l’avvocato Pellegrini.
Avv. Patrizio Pellegrini: Avvocato Pellegrini, parte civile. Qual era l’atteggiamento di suo zio quando gli parlò di questa lettera?
(voce non udibile): Ha già risposto…
Avv. Patrizio Pellegrini: Ah, scusate. Ho chiesto al collega, pare che su questo punto non sia stato…
Presidente: No, no, ha risposto su questo punto. Ha risposto parecchie volte su questo punto.
Avv. Patrizio Pellegrini: Ho capito.
Presidente: Va bene. In ogni modo…
Avv. Patrizio Pellegrini: Ma aveva un atteggia… Io voglio capire questo, scusate se… Aveva un atteggiamento di persona preoccupata, o tranquilla? 
(voce non udibile)
Presidente: È arrivato ora l’avvocato Pellegrini, è arrivato ora. Comunque ha risposto su questo punto.
Avv. Patrizio Pellegrini: Facciamolo rispondere un’altra volta.
P.V.: Comunque io la ringrazio, perché è stato l’unico che si è presentato. Mi hanno fatto tutti le domande senza sapere… Io ringrazio lei, perché perlomeno si è presentato. 
(voce non udibile)
P.V.: No, non mi sembrava preoccupato.
Avv. Patrizio Pellegrini: Non le sembrava preoccupato?
P.V.: No.
Avv. Patrizio Pellegrini: Ecco. Allora, visto la domanda non è così errata come poteva sembrare, il 25 ottobre del ’96 lei, interrogato dalla Polizia, ha detto, a questo proposito: “Ricordo che era visibilmente preoccupato quando mi riferì di aver ricevuto tale missiva”.
P.V.: Io non lo ricordo, comunque, se è scritto, lo avrò detto senz’altro. Cioè, l’ho detto senz’altro. Il tempo, più che passa, e più che si…
Avv. Patrizio Pellegrini: Ecco.
P.V.: Io non mi ricordo nemmeno se ho fatto colazione stamani.
Avv. Patrizio Pellegrini: Tanto che lei riferì quello che le venne in mente.
P.V.: Ma dipende anche… Alle volte dipende anche dalla domanda e dall’espressione. Cioè…
Avv. Patrizio Pellegrini: Sì, sì, certo.
P.V.: È difficile spiegarlo.
Avv. Patrizio Pellegrini: Visibilmente…
P.V.: Visibilmente… Se me lo dice, è segno che un minimo di cosa c’è. Però non era preoccupato da dire: ‘come fo, come fo, come…’, qui là, sotto e sopra.
Avv. Patrizio Pellegrini: Benissimo. Questo lo abbiamo capito.
P.V.: Non so se mi…
Avv. Patrizio Pellegrini: Ecco, io vorrei andare avanti, sempre seguendo la falsa riga di questo verbale che ho sotto gli occhi. “Era così visibilmente preoccupato”, tanto che lei cosa pensò sul momento, di fronte a questo atteggiamento di preoccupazione dello zio? Quale immaginò che fosse il contenuto della…
Presidente: Avvocato, bisognerebbe queste risposte sono state tutte date, andiamo. Sennò allora si rilegge la trascrizione…
Avv. Patrizio Pellegrini: Allora, questo siccome mi pare che lo dice adesso. Il verbale mi è servito per una contestazione, io lo…
Presidente: Sì, benissimo, sì, sì.
Avv. Patrizio Pellegrini: Bene.
Presidente: Comunque, a questa domanda, ha già risposto prima. Tant’è vero che poi gli suggerì di andare dal maresciallo, ecco.
Avv. Patrizio Pellegrini: Va bene. Grazie.
Presidente: Va bene? Altre domande? Avvocato Zanobini, lei che è chiamato in causa, oggi.
Avv. Gabriele Zanobini: Senta… Avvocato Zanobini per avvocato Corsi. Senta, Vanni Paolo, ricorda dove – mi spiego meglio – genericamente nel paese, nella piazza del paese, nel paese, lei ebbe a parlare, a chieder all’avvocato Corsi come era messo suo zio?
P.V.: Telefonicamente.
Avv. Gabriele Zanobini: Ah, per telefono?
P.V.: Sì, sì.
Avv. Gabriele Zanobini: E in occasione, diceva, di altri problemi vostri, oppure…
P.V.: No, no, di nessun problema, di sentirsi solo amichevolmente: ‘icché tu fai, dove vai, come mai…’, ecco. ‘Non ti vedo, l’è un po’ di tempo…’, così, queste cose così. Rapporto di amicizia che intercorreva e intercorre tuttora – tra me e Alberto.
Avv. Gabriele Zanobini: Sì, ho capito. Grazie.
P.V.: Prego.
Presidente: Bene. Può andare, signor Vanni.
P.V.: Grazie, buongiorno.
Presidente: Prego. Buongiorno.
P.M.: Buongiorno, grazie.

Presidente: Fa entrare l’altro?
P.M.: Sì, Presidente, vorrei sentire Bartalesi Francesca.
Presidente: Buongiorno.
Francesca Bartalesi: Buongiorno.
Presidente: Senta, lei vuole essere ripresa dalle telecamere, o no?
F.B.: No, assolutamente.
Presidente: No. Senta, qui si dice che Vanni Mario è zio.
F.B.: Sì.
Presidente: In che senso?
F.B.: È fratello della mia mamma.
Presidente: Della sua mamma. Lei ha facoltà di astenersi dal deporre. Vuol deporre, o no?
F.B.: Come, scusi?
Presidente: Ha facoltà di non deporre, di non fare la sua dichiarazione. 
F.B.: No, no, non ci sono problemi.
Presidente: Bene, allora, dov’è nata?
F.B.: A San Casciano Val di Pesa.
Presidente: Quando?
F.B.: 30 aprile 1964
Segretario d’udienza:  Risiede?
F.B.: A Impruneta. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Prego, Pubblico Ministero.
P.M.: Grazie, Presidente. Signora, può spiegare alla Corte innanzitutto qual è la sua attività? Che lavoro svolge.
F.B.: Io lavoro nella lavanderia della COOP a Impruneta.
P.M.: Lei, ci diceva, è nipote del signor Vanni.
F.B.: Esatto.
P.M.: Che rapporti, in concreto, ci sono o ci sono stati con suo zio? Vi vedevate quotidianamente, rapporti saltuari…
F.B.: Praticamente rapporti saltuari, diciamo, veniva a volte a casa, non so, per le feste. Magari ci lasciava dei soldi, cose normali come penso , facciano tutti gli zii, così, ma… Oppure ci incontravamo in paese: ‘ciao, ciao, come sta la zia, come state’, così, ma nulla di… A volte andavo a casa a trovarli, ma.. . Cioè, saltuariamente, non rapporti, cioè, non…
P.M.: Stretti.
F.B.: Ecco, appunto, sì.
P.M.: Lei ha una sorella che si chiama Alessandra?
F.B.: Esatto.
P.M.: Alessandra ha avuto rapporti più stretti di quelli che sono stati i suoi con…
F.B.: Sì, lei sì. Andavano a cena a volte insieme… Cioè, me lo raccontava l’Alessandra.
P.M.: Perché Alessandra abita in casa con lei?
F.B.: No, Alessandra abita coi miei genitori. Io sono sposata ed abito a Impruneta col mio marito.
P.M.: Alessandra, invece, questa sua nipote che oggi è… questa sua sorella, è citata come teste, ha avuto rapporti diversi, perché dice andava a cena con lo zio?
F.B.: Sì, a volte andava a cena con lo zio, c’era anche l’altra sorella… Andavano a cena, così.
P.M.: C’era anche Giancarlo Lotti, per quello che ne sappia lei?
F.B.: A volte so che c’era. Non so se c’era sempre.
P.M.: Chi gliel’ha raccontata questa circostanza, che c’era il Lotti?
F.B.: L’Alessandra.
P.M.: La stessa Alessandra.
F.B.: Sì, sì, me lo diceva lei.
P.M.: In famiglia… Anzi, innanzitutto i suoi genitori erano favorevoli a questo rapporto?
F.B.: No, assolutamente.
P.M.: Può spiegare come mai c’era questo rapporto fra – sembra di capire – suo zio, l’Alessandra e il Lotti e perché i suoi genitori non erano favorevoli?
F.B.: I miei genitori non erano favorevoli per il fatto che… cioè, non frequentava persone della sua età. Glielo dicevano: ‘Alessandra, ma insomma, non è una compagnia adatta a te’. Però lei, cioè, è un po’… Insomma, fa come vuole, ecco. Non è che da retta…
P.M.: Sua sorella ha avuto un incidente, ha avuto un problema fisico?
F.B.: Sì, un aneurisma. È stata in coma 21 giorni.
P.M.: E ne ha riportato delle conseguenze permanenti?
F.B.: Eh, sì.
P.M.: Lei ha capito perché sua sorella usciva con il Vanni e con il Lotti?
F.B.: No, sinceramente no. Cioè, non vedo cosa ci potesse essere di… Cioè, una ragazza gio… Insomma, non della sua età, ripeto, come le ho detto prima, non… Cioè, non era una compagnia per lei. Gli si diceva, glielo dicevo io, anche l’altra sorella, ma lei niente. Cioè…
P.M.: Ma ha capito quale era la motivazione di sua sorella? Ve lo ha spiegato perché andava con questi…
F.B.: Diceva: ‘Si va a cena, così, con lo zio, poi c’è altra gente…’ così. Poi a volte c’è stata anche l’altra mia zia.
P.M.: Ma era un discorso di simpatia, di amicizia, o c’ era uno scopo? Vi ha mai detto qual era lo scopo, se c’era…
F.B.: No, a me personalmente no.
P.M.: E questo rapporto con lo zio e con il Lotti è nato all’improvviso, o risale agli anni, nel tempo? Cioè, fino da quando era bambina frequentava queste persone, o è in un momento…
F.B.: No, no, è nata una cosa così, perché non… Siccome fu in un periodo che il suo fidanzato, il fidanzato dell’Alessandra non c’era, era tornato giù a casa sua, che è di Potenza. E quindi lei, insomma era sola. Trovava magari il zio in paese, così, e dice: ‘via, si va a cena, così…’ ecco, la cosa nasceva così.
P.M.: Così ve l’ha raccontata a voi almeno.
F.B.: Sì.
P.M.: Ecco.
F.B.: Sì, sì.
P.M.: Poi vedremo, ha detto cose diverse. Lei sa per quanto è durato, al di là del fatto dell’assenza del fidanzato, questo rapporto? Perché l’Alessandra sembra abbia parlato di un’estate. Perciò per diversi… Per qualche mese.
F.B.: Cioè, io, quando tornò su lui, il suo ragazzo, queste cose finirono.
P.M.: Lei sa…
F.B.: Perlomeno per quanto ne so io.
P.M.: Ho capito. E lei sa se il Vanni aveva o ha dato del denaro a sua sorella?
F.B.: Sì, ne avevo sentito parlare in casa.
P.M.: Sa il perché?
F.B.: No, questo non glielo so dire davvero. Cioè, è un discorso così che sentii dalla mi’ mamma, dice: ‘gli ha dato dei soldi, così’. Dico: ‘ma per quale motivo?’ ‘Mah, non lo so, dice. Basta. Cioè…
P.M.: Alessandra ha parlato di quattro milioni. Lei lo sa?
F.B.: No, la cifra non la so assolutamente.
P.M.: Sa se quando c’erano queste cene, ognuno pagava per conto suo, o se sua sorella era ospite o del Lotti o del Vanni?
F.B.: No, non lo… Non lo so, non me lo ricordo. Può darsi anche me lo abbia detto, ma ora sinceramente non… Di preciso non glielo saprei dire.
P.M.: Senta, ha mai parlato suo zio Vanni con lei di una lettera ricevuta dal carcere?
F.B.: Sì, questo sì.
P.M.: Ci può spiegare i termini esatti? Come gliene ha parlato e il contenuto.
F.B.: Premetto che, insomma, sono passati tanti anni e le cose, cioè, non… Niente, lui mi disse, dice: ‘sai quello lì di Mercatale’ – che io non conoscevo, non lo avevo mai visto, che ho conosciuto dopo quando è venuto fuori questa storia – mi disse, dice: ‘sai quello lì di Mercatale sta per uscire e mi ha mandato una lettera. Insomma, ho paura’. Basta, chiuso.
P.M.: “Ho paura”, e spiegò perché?
F.B.: Mah…
P.M.: Cioè, voi eravate in confidenza tale che questi tipi di discorsi ve li facevate, o fu una cosa che a lei sembrò anomala?
F.B.: No, cioè, fu una cosa così. Mi… Cioè, da un momento ad un altro mi fece questo discorso, cioè mi disse questa cosa. Però io, conoscendo un pò anche i mi’ zio che salta a volte di palo frasca, come si dice da noi, non gli detti peso più di tanto. Cioè, non conoscevo questo qui, non sapevo chi era. Cioè, capito? Sicché fu una cosa nata così, il discorso morto lì, basta. io non ci pensai nemmeno più di tanto. Assolutamente.
P.M.: Lei ha detto anche paura, dice: che aveva paura. Capì che paura aveva e perché?
F.B.: No. A me mi disse: ‘ho paura’, così. Le ripeto, cioè, io non detti peso più di tanto alla cosa, perché non… Cioè io non conoscevo né Pacciani, né mai visto e mai sentito nominare, capito?
P.M.: E lei non fu, diciamo così curiosa da chiedere: ‘chi è questo signore e perché hai paura’?
F.B.: No, non gli chiesi nulla, niente.
P.M.: Come mai? Non è abbastanza strano che lei, ad uno che le fa una confidenza di questo tipo, sia pure
P.M.: … e non le chiede nulla?
F.B.: Ma io, no, io non gli chiesi nulla, perché ripeto, non ci detti peso più di tanto. Poi non so, probabilmente si aveva altri problemi, insomma, problemi personali. Non lo so nemmeno. Cioè, proprio la cosa fu nata e morta lì. Cioè, un discorso del genere e basta. Non… Cioè, non le so dire altro di questo.
P.M.: Quando le fece questo discorso, eravate a casa sua, eravate fuori, c’erano altre persone…
F.B.: No, l’unica cosa che mi ricordo è che eravamo fuori, all’aria aperta. Però…
P.M.: Eravate solo voi due?
F.B.: Mi sembra. Però non sono sicura, non me lo ricordo, sono passati tanti anni.
P.M.: Tanti anni, lo sa collocare nel tempo? Quattro-cinque-sei-sette…
F.B.: No, molti di più. Una decina d’anni, insomma, tanti. Una decina d’anni per dire parecchio, ecco. Ora con precisione…
P.M.: Suo zio poi ha parlato… Abbiamo focalizzato fine ’90, un’epoca così. Anni ’90-’91. Può essere? Lo ha detto suo zio, eh, o altri testi.
F.B.: No, per me… ’91, sono sei anni? No, sono… A quello che posso ricordarmi io, per me sono passati di più, più anni.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa, lei sa dire che rapporti c’erano fra suo zio e sua zia? Fra moglie e marito.
F.B.: Ah, sì. I rapporti… Insomma…
P.M.: Ce li hanno già riferiti tutti, in questo processo. Volevo sapere se li conosce anche lei.
F.B.: No, li conosco.
P.M.: Ce li può spiegare?
F.B.: È che, non so, ogni tanto litigavano. Non è che la cosa la fosse… Insomma, che andassero tanto… insomma d’amore e d’accordo. Certo, periodi meglio, periodi peggio, penso si passano tutti.
P.M.: Ci può spiegare qualcosa di più?
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, opposizione. Mi sembra che questo genere di domande siano irrilevanti ai fini del giudizio.
Presidente: (voce non udibile)
P.M.: Lei sa se suo zio aveva rapporti con prostitute a Firenze?
F.B.: No, questo non lo so.
P.M.: Ha sentito questo discorso da qualcuno? O lo apprende da me oggi?
F.B.: No, io l’ho sentito… Cioè, quello che ho letto sui giornali.
P.M.: No, io dico da persone, da altri parenti…
F.B.: No. No, no.
P.M.: Non ho altre domande. Grazie. 
Presidente: Parti civili?
Avv. Aldo Colao: Senta, scusi, sono l’avvocato Colao di parte civile. Questa comunicazione che le fece lo zio di avere paura, fatta a lei che è una giovane donna, a cosa tendeva? Cosa voleva lo zio dicendole questo? Una protezione?
Avv. Giangualberto Pepi: Opposizione. Questo è un giudizio, Presidente.
Presidente: No, chiede un fatto. Cosa, fa la domanda, cosa voleva.
Avv. Aldo Colao: Cosa voleva, cosa voleva…
Presidente: Vediamo se è un giudizio…
F.B.: Io… Cioè, io non… quello che voleva non lo so. Probabilmente non so se…
Presidente: Per come lo ha capito lei. Cosa ha capito lei.
F.B.: Io…
Avv. Giangualberto Pepi: Presidente, l’interpretazione del giudizio.
Avv. Aldo Colao: Un conforto?
F.B.: Può darsi.
Avv. Aldo Colao: O una protezione?
Avv. Giangualberto Pepi: No, queste… No, io mi oppongo a questo…
Presidente: Si possono fare anche delle domande suggestive dell’esame indiretto, avvocato, eh. Quindi…
Avv. Giangualberto Pepi: Ho capito. Non può però la teste dare un giudizio, una supposizione. Dovrà riferire.
Avv. Aldo Colao: Qui si tratta di capire perché un uomo dell’età di suo zio viene da una giovane donna a dirle…
Presidente: Facciamo le domande e non i commenti, le premesse e i preamboli, perché sennò non si arriva più. Via, visto e considerato che volete un po’ di briglie, mettiamo le briglie, eh.
Avv. Aldo Colao: Allora, un’altra cosa, Presidente. Era solita allora confortare suo zio?
F.B.: No, no.
Avv. Aldo Colao: O proteggerlo?
F.B.: No.
Avv. Aldo Colao: Va bene. Grazie.
Presidente: Altre domande? Avvocato Pepi, domande lei?
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, signora Bartalesi, lei – mi sembra però lo abbia già detto – aveva un rapporto molto sporadico con suo zio.
F.B.: Sì, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Non è che lo vedesse molto.
F.B.: No.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco. E ritornando a questa famosa lettera, ecco, lei ha detto, dice: ‘mio zio dimostrò di avere paura’. Ecco, io però vorrei sapere – se lei è in grado di ricordarselo, mi rendo conto che è passato tanto tempo – qual era il tipo di atteggiamento? Cioè, un conto è dire : ‘ sembrava di aver paura ‘, ma era veramente preoccupato, dimostrò una preoccupazione veramente forte oppure disse cosi, qualcosa di serio?
F.B.: No, una preoccupazione forte, no. Però, cioè, vidi insomma, sembrava impaurito. Quello sì, me ne resi conto. Però… Cioè, io niente, non gli chiesi niente, perché non… Non so se era un momento che probabilmente, ripeto, avevo altri problemi personali, non lo so. Non… Che non chiesi spiegazioni.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, senta signora, lei mi sembra che prima abbia detto che suo zio le avrebbe detto che questa lettera l’avrebbe spedita il Pacciani.
F.B.: No, aspetti.
Avv. Giangualberto Pepi: No.
F.B.: “Quello lì”, mi disse.
Avv. Giangualberto Pepi: Volevo, appunto, un chiarimento. Ecco.
F.B.: “quello di Mercatale”, mi disse, “Quello lì”, però non fece nomi. L’ho ricollegata io la cosa, dopo, quando…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, quindi l’ha ricollegata lei.
F.B.: Eh, sì. Quando sono venuti fuori…
Avv. Giangualberto Pepi: Suo zio non le disse: ‘Pacciani mi ha spedito una lettera dal carcere’?
F.B.: No, no, nomi non ne fece.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene. Non ho altre domande, grazie.
Presidente: Può andare, grazie.
F.B.: Grazie.

Presidente: Chi altro c’è?
P.M.: Bartalesi Alessandra, Presidente.
Presidente: Venga qui, venga. Signorina, senta, signorina…
Alessandra Bartalesi: Sì.
Presidente: Qui. Vuole essere ripresa dalle telecamere, o no?
A.B.: No, possibilmente no.
Presidente: No. Allora, niente telecamere, per cortesia. Dov’è nata lei?
A.B.: A San Casciano Val di Pesa.
Presidente: Dove risiede?
A.B.: A NNNNNNNNNNN. 
Segr. d’udienza: (voce non udibile)
A.B.:16 Novembre 1961
Segr. d’udienza: Vuol leggere questa formula?
A.B.: Sì. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Senta, lei è nipote del signor Vanni, vero?
A.B.: Sì.
Presidente: Lei, per legge, può anche non deporre. Vuole rendere la sua dichiarazione oggi davanti alla Corte, o no?
A.B.: Sì, sì.
Presidente: Va bene. Allora, prego, Pubblico Ministero.
P.M.: Grazie, Presidente. Signorina, che lavoro fa lei? Lavora?
A.B.: Sì, sono in un magazzino a Sambuca Val di Pesa, terminale.
P.M.: Cioè lavora ai terminali?
A.B.: Sì.
P.M.: Da quanto tempo?
A.B.: Dall’89.
P.M.: Senta, lei conosce Lotti Giancarlo?
A.B.: Sì.
P.M.: Da quando? 
A.B.: Me lo presentò mio zio Mario nel luglio del ’95. 
P.M.: Ricorda come avvenne questa presentazione?
A.B.: Sì. Io ero andata nella piazza del paese, San Casciano, e trovai per caso mio zio davanti ad un bar. Era con questo Giancarlo. Gli disse: ‘questa è la mi’ nipote. Vieni, ti presento un amico. Questo è Garibaldi’. Lui lo chiamava così, per soprannome. Insomma, cominciò questa amicizia, ‘amicizia’, insomma, si usciva insieme così…
P.M.: Uscivate insieme con Lotti?
A.B.: Sì, io, lui e mio zio; oppure a volte io e lui e basta.
P.M.: Lei e Lotti e basta?
A.B.: Sì. Così, sembrava una persona tanto… insomma, capiva tutto, ecco, tanto brava forse troppo.  
P.M.: Senta andiamo un attimo per ordine. Invece, prima di questa presentazione come dice lei all’estate del ’95, che rapporti c’erano con suo zio, innanzitutto? Vi vedevate tutti i giorni o iniziò in quel periodo?
A.B.: No, si cominciò allora. Perché ci si vedeva molto di rado.
P.M.: Prima?
A.B.: Sì, anche una volta all’anno, radi, così.
P.M.: Come mai improvvisamente nel ’95 è nata questa frequentazione così assidua con suo zio e poi con il Lotti?
A.B.: Sì, perché da parte mia, perché vedevo che mio zio, quando lo vedevo fuori era sempre ubriaco, beveva, perché non aveva considerazione da nessuno.
P.M.: Non lo considerava nessuno in paese?
A.B.: No. Sì, perché era sempre ubriaco, non sapeva quello che diceva a volte. E invece io dissi probabilmente l’è proprio per colpa di questa figliola che gli era morto, la bambina. Da piccolina.
P.M.: Quando gli era morta la bambina?
A.B.: La bambina gli nacque nel ’64.
P.M.: Mi scusi fra il ’64 e il ’95 ci sono 30 anni.
A.B.: Sì, ma gli era morta… sto cercando di fare il conto: a sei anni. Sicché morì nel ’70.
P.M.: Come mai lei si motiva così con suo zio solo nel ’95 quando ha detto ora che lo vedeva solo una volta l’anno prima?
A.B.: Sì, perché prima quando lo vedevo era normale, una persona normale. Invece l’ho ritrovato nel ’95, era sempre ubriaco, da bere di qua e di là.
P.M.: Le spiegò suo zio, lei cercò di capire perché era così ubriaco nel ’95 e prima no?
A.B.: No, che lui m’abbia spiegato, no. Però io cioè penso di aver capito che l’era proprio questa persona che gli mancava vicino.
P.M.: Ho capito. Però lei, signorina, di questo fatto, di questa che era la persona vicino, lo dice oggi per la prima volta. Come mai non l’ha detto prima? Lei ha spiegato che voleva aiutarlo – poi vedremo come e glielo contesterò – oggi introduce questo fatto della bambina. Lei non l’ha mai detto.
A.B.: No, questa è una cosa che ho pensato io. Cioè…
P.M.: Ecco. Però, capisce che era 30 anni o 20, quel che è, e quindi…
A.B.: Insomma, avendo una persona vicina ora, a distanza di tanto tempo lui poteva pensare: avessi avuto una bambina gli potrei essere stato vicino così…
P.M.: Ho capito. Senta una cosa, lei ci ha detto: le presentò il Lotti e cominciaste a uscire. Ci vuol spiegare in cosa consistevano queste uscite e quanto sono durate e in che periodo?
A.B.: Sì, dal luglio del ’95 a agosto praticamente. Tutto agosto sempre del ’95, che andavamo la sera a mangiare una pizza a qualche festa, da qualche parte, così, in qua e in là…
P.M.: Quindi…
A.B.: … quel giorno mi trovavo, cioè lo vedevo in paese il Lotti, si scambiava due parole così.
P.M.: Con il Lotti, quindi, vi vedevate il giorno e la sera anche?
A.B.: Sì, spesso sì. Sia il giorno che la sera dopo cena.
P.M.: Che tipo di rapporto è nato con il Lotti?
A.B.: Mah, c’era questa amicizia, sembrava un’amicizia profonda.
P.M.: Lei ha detto che il Lotti ‘dopo un po’ credeva di essere quasi il mio fidanzato’. È così?
A.B.: Cioè, si comportava quasi come se fosse un mio fidanzato. Però, probabilmente, era più un fatto di quello che sentiva dire dalla gente. Vedendoci insieme, tutti dicevano: ‘siete fidanzati?’ che invece c’è la sua differenza tra amicizia e fidanzamento.
P.M.: Senta una cosa ancora: è mai capitato che siete andati fuori Firenze lei e il Lotti?
A.B.: Sì, una volta siamo andati al mare.
P.M.: È stata un’iniziativa sua o un’iniziativa del Lotti?
A.B.: No, questa fui più io. Perché il mio fidanzato era via, era dalla sua famiglia in bassitalia, era dalla famiglia sua, un giorno dissi, voglio andare al mare. Dice: ‘ti accompagno io’. ‘Va bene’.
P.M.: Sa spiegarci, ha capito lei in quel periodo che rapporti esistevano fra il Lotti e suo zio Vanni, che tipo di rapporto c’era? Erano amici da tempo, da poco?
A.B.: Sì, io ho capito che si conoscevano da tempo. I rapporti… insomma, li vedevo così, sulla battuta dello scherzo, salutarsi, oppure parlare di qualsiasi cosa, ma…
P.M.: Erano molto amici quindi? 
(…)
P.M.: Lei sa spiegare quali, perché lo sa lei, quali erano i rapporti di suo zio con la moglie?
A.B.: Con la moglie, cioè non che andessero tanto d’accordo. Però, trovavan sempre il modo di riappacificarsi, se succedeva qualcosa.
P.M.: Lei ha detto: ‘mio zio è sposato solo sulla carta con la moglie’. In che senso? Se l’ha detto, come ha detto?
A.B.: Perché a volte si vedevano uno da una parte, uno da un’altra, oppure se doveva trovare a parlare, un andavan d’accordo, un si trovavan d’accordo su niente.
P.M.: Ha mai sentito Vanni e Lotti parlare in sua presenza di donne? Dei loro rapporti con le donne?
A.B.: Magari qualche volta su una battuta per scherzare, così, non è che ci ho fatto neanche caso.
P.M.: Ha sentito qualcosa… che tipo di battute facevano o cosa diceva?
A.B.: Mah…
P.M.: Era per loro un problema? Mi riferisco al Lotti.
A.B.: No. Ah, forse sì, pe’ i’ Lotti sì.
P.M.: Cioè?
A.B.: Perché diceva sempre un so… l’aveva… parlava di una, della sorella, d’una sua amica di Firenze dal qual è gl’andava sempre. Però l’era sempre lì a San Casciano con me. ‘ma come tu parli di questo?’…
P.M.: Ora vediamo, andiamo per ordine. Lei sa che tipo di rapporti c’erano, se c’erano, fra suo zio e Pacciani Pietro?
A.B.: No, questo non lo so.
P.M.: Nn lo sa direttamente o l’ha sentito dire da qualcuno?
A.B.: No, non posso dire una cosa…
P.M.: Signorina, lei ha detto: “È vero ciò che ho già riferito alla Polizia e cioè che Giancarlo mi disse una volta che mio zio Vanni andava a casa del Pacciani che conosceva, a mangiare ed anche a dormire”.
A.B.: Sì, una volta, mi sembra che l’ho sentito dire, sì, da Giancarlo che l’era stato…
P.M.: L’ha sentito questo discorso…
A.B.: Sentito dire.
P.M.: …dal Giancarlo?
A.B.: Dal Lotti.
P.M.: Lei sa come si chiamava quest’amica di Lotti di Firenze da cui andava?
A.B.: Ohi ohi, ora a ritrovare i’ nome! Lo sapevo, ma…
P.M.: Lei ha riferito si chiamava Gabriella.
A.B.: Gabriella, sì. Gabriella. Di cognome non lo so. Mi diceva sempre: ‘telefono alla Gabriella’.
P.M.: Le ha mai proposto il Lotti di fidanzarsi con lei? o qualche discorso simile?
A.B.: Si, una volta c’arrivò vicino, dicendo che i’ mi’ fidanzato secondo lui un era all’altezza di potermi… con icché avevo avuto io di potermi trattare…
P.M.: Si faceva avanti lui, Lotti?
A.B.: Eh!
P.M.: Di questo atteggiamento di Lotti nei suoi confronti suo zio ha mai manifestato qualche… era favorevole?
A.B.: Lui vedeva dal di fori. Un sapeva mica quello che mi diceva, che ci dicevamo.
P.M.: Era contento che voi usciste insieme o vi ostacolava?
A.B.: Sì, sì. Mi sembrava abbastanza contento.
P.M.: Senta una cosa, mi rendo conto che le faccio delle domande un po’ particolari e forse intime, ma deve pensare che riguardano per noi l’imputato Lotti…
A.B.: Certo.
P.M.: …e lei su questi fatti ha già risposto. Vorrei chiederle: ha mai avuto modo di capire o di sapere dal Lotti se aveva problemi sessuali. lui?
A.B.: Si
P.M.: Ci vuole spiegare come li ha capiti lei e quali erano?
A.B.: Sì, una volta ci si trovò, insomma dopo aver mangiato tanto in un posto che lui voleva fa qualcosa, ma… un c’é… cioè, da lì capii che l’era, impotente lui! E nonostante questo, lo sapeva e voleva fa lo stesso.
P.M.: E capì che era impotente?
A.B.: Sì. E dava la colpa al vino che aveva bevuto. Lui beveva altro che vino.
P.M.: Senta ancora: lei ha avuto modo di sapere dal Lotti o da altri o da suo zio direttamente, che anche suo zio aveva problemi simili?
A.B.: No, questo non lo so.
P.M.: Lei però, signorina, ha fatto questo tipo di discorso, subito dopo aver detto, io glielo leggo: “L’unica volta che mi son lasciata andare, ha avuto il Lotti problemi – lei dice di erezione – non credetti come lui diceva che era perché aveva bevuto. Quella volta era proprio un ciuco” – lei disse. Poi aggiunge: “Anche mio zio a volte faceva apprezzamenti sul Lotti e sul nostro rapporto dicendo ‘è un bel ragazzo, robusto, andate sempre d’accordo, ci stai bene insieme’. Qualche volta ho capito ma solo da mezzi discorsi che anche mio zio aveva problemi come quelli del Lotti, ma gli occhi li aveva buoni”. E poi ha aggiunto. “E quando vedeva passare una bella sposa, faceva apprezzamenti. Da quel che ho capito frequentando mio zio e il Lotti assiduamente, mi sono accorta che tutti e due cercavan compagnie femminili perché si sentivano entrambi emarginati e stavano soli da una parte.” È così?
A.B.: Eh, sì, probabilmente sì. 

P.M.: Senta una cosa: è mai stata nella piazzola dove è avvenuto l’omicidio di Scopeti con il Lotti?
A.B.: Ecco, quella volta che successe questa cosa che gli ho detto ora, s’era nella piazzola prima. Quella accanto, subito prima di quella lì.
P.M.: E il Lotti ebbe questo problema?
A.B.: Sì.
P.M.: E fu Lotti a portarla in quel posto?
A.B.: Per l’appunto s’era stati a mangiare al ristorante che c’è lì subito, insomma l’era lì accanto. Però, ecco icché mi dette da pensare che quando si scese dalla macchina, mi disse: ‘attenta qui c’è una frasca, qui c’è una buca’, insomma lui conosceva tutto il posto perfettamente.
P.M.: Le dette da pensare: che pensieri le vennero?
A.B.: Perché dissi: ma come può fare a conoscere un posto così, sapere in do’ son le buche, in do’ sono i rami che io ci posso cascare perché per quello che ho avuto…
P.M.: E era vicino alla piazzola dove era avvenuto l’omicidio?
A.B.: A quella subito prima. Prima di quella. Si vedeva da lì.
P.M.: Che distanza c’era?
A.B.: Ci sarà stato 40 metri.
P.M.: Poi siete stati anche alla piazzola dell’omicidio?
A.B.: No.
P.M.: Quindi il discorso delle buche era nella piazzola prima?
A.B.: Sì.
P.M.: Siete stati per caso con il Lotti anche nel luogo dove è avvenuto l’omicidio di Baccaiano?
A.B.: Sì, una volta si passò di lì.
P.M.: E cosa avvenne? Lei disse qualcosa?
A.B.: Sì, che lui si voleva fermare, un so, un mi ricordo pe’ icché.
P.M.: Nella stessa pizzo… nello stesso luogo?
A.B.: Sì, pressappoco s’era… gli dissi: ‘un mi piace fermammi lì, lo sai c’è stato il mostro?’
P.M.: E lui?
A.B.: E lui mi disse: ‘quando sei con me il mostro non c’è di sicuro’.
P.M.: Senta vorrei chiederle di nuovo, perché lei ne ha parlato più, con maggiori particolari: se ha mai assistito a discorsi fatti fra Lotti e Vanni – dopo quello che ci ha detto, ovviamente, lei oggi – a proposito di qualche… se ha visto parlare loro in modo tale che lei non sentisse? proviam… facciamo così.
A.B.: Una volta mi capitò, che s’era in macchina tutti e tre, in macchina del Lotti. E venne fori un so come…
P.M.: Cosa venne fuori?
A.B.: Venne fuori il nome di Pacciani. M’accorsi che i’ Lotti gli sbiancò. A i’ mi’ zio un fece effetto, ecco. Però i’ Lotti gli sbiancò, sembrava gli avessero nominato un fantasma.
P.M.: È mai capitato che in occasione di discorsi simili, o di altri discorsi, suo zio e il Lotti parlassero fra loro in modo che lei non sentisse?
A.B.: Di rado, ma forse a volte… qualche volta, magari, ecco…
P.M.: Erano discorsi che stavate facendo tutti e tre o che loro stavano facendo che riguardavano Pacciani o il mostro, o erano discorsi diversi?
A.B.: No, erano discorsi diversi. Anche per esempio dire: ‘si va’ a mangiare qui? No, andiamo di qua magari si dicevan loro due.,.
P.M.: Ho capito.
A.B.: ‘… perché qui c’è questo problema per lei’.
P.M.: Lei però una volta, lei ha riferito dice, e glielo contesto, dice: “Circa i discorsi che Lotti faceva con mio zio in mia presenza, qualche volta parlavano sotto voce tra loro e mi dette l’impressione che non volevano in queste occasioni che io sentissi. Non so dire cosa dicessero, né ho mai cercato di ascoltare. In genere in queste occasioni mi giravo da un’altra parte. Ho notato però che quando parlavano sotto voce tra loro, avevano lo sguardo serio; mentre in genere in mia presenza, scherzavano sempre”. Ora capisce, com’è che se avevano lo sguardo serio, possa lei aver capito che parlavano di dove andare a mangiare? ci vuol spiegare meglio cosa intendeva dire?
A.B.: Sì, no, ecco, ora a volte c’ho dei vuoti di memoria.
P.M.: Prego, si spieghi.
A.B.: A volte c’è stata anche questa cosa: che li ho visti parlare, poi un lo so mica, magari potevo pensare che parlavan di quello e di quell’altro. Però, un posso sapere in che… E allora parlavano e sì, l’eran seri. Ma di rado, questo.
P.M.: Ho capito. Senta, il discorso che le faceva quando il Lotti sbiancò parlando del Pacciani, eravate in macchina in tre. Si ricorda in che punto eravate?
A.B.: Oh, come si chiama?
P.M.: Lei ha detto…
A.B.: Prima della botte.
P.M.: Mi scusi, eh. Lei ha detto che: “In macchina in tre, eravamo vicino a uno dei luoghi dove aveva colpito il mostro, mi sembra Baccaiano. Venne il discorso sul Pacciani…”
A.B.: No…
P.M.: Mi scusi, è una contestazione.
A.B.: E’ giusto.
P.M.: “Venne il discorso sul Pacciani, e uno dei due disse una frase del tipo ‘lascia perdere, non ne parliamo nemmeno di quel balordo'”. Ricorda questo?
A.B.: Sì.
P.M.: E’ lo stesso episodio in cui il Lotti sbiancò o sono due episodi diversi?
A.B.: Mah, è lo stesso, probabilmente. Sì.
P.M.: E come mai eravate lì a Baccaiano anche… lei ha detto prima c’eravate stati da soli, lei e il Lotti. Come mai questa volta ci siete andati?
A.B.: S’andò a mangiare alla festa de l’Unità a Baccaiano.
P.M.: Quindi passaste da Baccaiano casualmente?
A.B.: Sì. Quella volta, sì.
P.M.: Insomma… ecco. Invece la volta prima col Lotti c’era andato lui apposta.
A.B.: C’era andato lui.
P.M.: Senta, facciamo il discorso inverso. Lei ci ha detto che suo zio aveva piacere o comunque era contento – e ce l’ha spiegato, gliel’ho letto già cosa lei ha detto e l’ha ridetto oggi – che lei andasse con il Lotti. Io le chiedo: il Lotti le ha mai manifestato perplessità a che lei andasse da sola con suo zio?
A.B.: Una volta mi fece un mezzo discorso di dire ‘non uscire mai da sola con tuo sio’. Gli dissi. ‘tanto siamo sempre tutti insieme’, che poi un vedo perché?
P.M.: E’ vero quindi che…
A.B.: Probabilmente perché…
P.M.: . . . che Lotti le disse che non voleva che lei andasse fuori da sola con suo zio Vanni?
A.B.: Una volta lo disse.
P.M.: Lei capì, era successo qualcosa in particolare o fu un discorso indipendente da una circostanza specifica?
A.B.: Mah, probabilmente lo disse perché quando andavo fuori con mio zio lo portavo a volte al cimitero in qua e là, con la macchina…
P.M.: Questo…
A.B.: … dice: ‘tu guidi te da sola’ e aveva paura che io guidassi da sola. P.M.: Ecco, signorina, questo lo dice oggi lei. Però lei non ha detto questo. Se vuole io le dico cosa ha detto. E’ sicuramente diverso il discorso. Lei disse esattamente il contrario, lei dice: “Voglio aggiungere – quindi da sé spontaneamente, glielo contesto – però una circostanza che mi è sembrata col tempo, strana e che non capii allora e non ho capito a fondo nemmeno oggi. La circostanza è questa: una volta Giancarlo mi disse che aveva paura che io andassi da sola con mio zio. La frase dettami da Giancarlo era proprio questa: ‘non mi piace che tu vada da sola con tuo zio’.”
A.B.: Sì.
P.M.: Le disse così?
A.B.: Sì.
P.M.: Ho capito. Senta una cosa, “Per spiegarmi meglio – lei dice – mi disse anche ‘fossi te non andrei da sola con tuo zio’, ma non mi spiegò niente di più.”
A.B.: Infatti, finì il discorso lì. Nato e finito.
P.M.: Lei ha aggiunto: “Giancarlo quella volta aveva uno sguardo che non mi aveva fatto prima. Lì per lì per un attimo mi guardò in modo tale, quasi da mettermi paura di mio zio. Gli chiesi se c’era qualcosa di strano al che andassi con mio zio. Lui mi disse solo che non piaceva e basta”. E’ così?
A.B.: Sì. Infatti, segò il discorso lì.
P.M.: Senta una cosa: lei ha mai avuto confidenze particolari dal Lotti che riguardavano problemi, sue. . . ha mai avuto la sensazione che il Lotti si volesse confidare di qualcosa con lei? A.B.: Sì, la sensazione l’ho avuta.
P.M.: Me la vuole spiegare? Perché lei su questa ha veramente parlato a lungo. Vediamo se riesce a rispiegarlo anche oggi.
A.B.: Sì. Praticamente è come se lui l’avesse qualcosa dentro e voleva dirmi però non aveva il coraggio di dirlo.
P.M.: Può spiegare meglio ancora? Questa sensazione l’ha avuta quando eravate da soli, innanzitutto?
A.B.: Sì.
P.M.: Man mano che eravate più in confidenza, in intimità?
A.B.: Ho avuto l’impressione che mi nascondesse qualcosa.
P.M.: Lei ha capito questo.
A.B.: Eh.
Presidente: E da che cosa l’ha capito, signorina?
A.B.: Da piccole cose, da poche parole magari. Una volta si parla di una cosa, poi dice: ‘mah, un ne parliamo più, vai’, ‘ma come un ne parliamo più? Se sa da finir un discorso… ‘ E c’era qualcosa da nascondere, secondo me.
P.M.: Lei ha detto: “Ci sono rimasta male, ho pensato a quando mi aveva portato a Baccaiano e agli Scopeti. Soprattutto in relazione alla piazzola degli Scopeti, che ho già raccontato di quando ci si ebbe appartati”. Cioè, lei mette questo discorso della sua difficoltà a raccontare lei, ebbe questa sensazione quella volta che eravate stati a Baccaiano e a Scopeti. Può spiegare perché?
A.B.: Sì, perché anche lì mi dette l’impressione che mi doveva di’ qualcosa. E invece punzecchia punzecchia, in fin dei conti un mi disse niente di niente.
Presidente: (voce non udibile)
A.B.: Come?
Presidente: Ha cercato di scaldarlo, lei? Dice: ‘punzecchia punzecchia’, vuol dir questo?
A.B.: Eh, vuol dire, cercavo con delle parole di fargli dir qualcosa.
Presidente: Eh, appunto. Quello volevo dire.
P.M.: Senta, lei ha – cercando di spiegare meglio a domande come sto cercando di fare io – oggi aggiunto : “Voglio aggiungere che in me crebbe la sensazione che avesse dentro una specie di mistero che non riuscivo a comunicarmi”. E’ così?
A.B.: Sì. Infatti, 1’è proprio quello che volevo dire.
P.M.: Lei ha detto: “Ho l’impressione che col tempo volesse dirmi qualcosa che però non aveva il coraggio di dirmi”.
A.B.: Sì.
P.M.: E’ cosi? Questo avviene nel ’95?
A.B.: ’95, sì.
P.M.: Senta, lei ha aggiunto ancora: “Quando mi faceva questi strani discorsi, a me dava l’impressione che quello che aveva paura era lui”
A.B.: Sì, infatti c’avevo questa impressione che avesse paura di qualcuno o di qualcosa?
P.M.: Di qualcuno o di qualcosa?
A.B.: Sì.
P.M.: E lei non è riuscita a fargli dire nulla?
A.B.: No, con me l’era muro. Cioè su queste cose… l’appariva come una persona normalissima, tutte le cose che si fa e un si fanno. Però…
P.M.: Però, quando…
A.B.: … discorsi profondi, non è che se ne faceva.
P.M.: Lei dice ancora: “La mia sensazione sembrava in sostanza che Giancarlo aveva qualcosa che gli rodeva dentro della quale, però aveva paura lui”.
A.B.: Sì. Proprio così.
P.M.: Senta, le è sembrato che non andasse avanti perché non sapeva se poteva fidarsi di lei?
A.B.: No, a me mi dimostrava la massima fiducia. In tutti i modi.
P.M.: Quindi era un problema suo, di lui?
A.B.: Sì. C’era qualcosa che lo chiudeva all’ultimo momento e lo faceva sta’ zitto.
P.M.: Lei ha provato più di una volta a farlo parlare o è stata una volta sola?
A.B.: No, dopo una volta, quando ho visto che proprio un’ andava, a regola… io icché c’entro nella su’ vita?, allora un c’ho riprovato.
P.M.: Ha mai sentito apprezzamenti del Lotti o del Vanni relativi a Pacciani?
A.B.: No. Cioè, sì, una volta. Mi sembra di averlo detto dianzi. Che venne fori il nome Pacciani in macchina, Giancarlo e disse: ‘lascialo stare quel… – insomma disse un nome, un soprannome – tanto ora un pò fa nulla. Un po’ fa’ più nella, l’è dentro’.
P.M.: Suo zio disse nulla?
A.B.: Mah, ora un mi ricordo…
P.M.: Lei ha riferito che disse, aggiunse suo zio: “Bada che è un tipo strano”. riferito al Pacciani.
A.B.: Sì, ‘guarda che l’è un tipo strano’. ‘Un ti preoccupare, tanto l’è dentro’, disse il Lotti.
P.M.: Lei sa se Lotti beveva o si ubriacava?
A.B.: Non sembrava ubriaco, però bere, beveva tanto.
P.M.: Però, non l’ha mai visto ubriaco, bevendo?
A.B.: No, no al 100% almeno.
P.M.: Lei ha detto: “Voglio aggiungere che a volte da sola ho fatto questa riflessione: ‘strano che mio zio conosca – allora scusi, ecco, sì – conosca e frequenti solo esclusivamente persone amanti del bere e che le sue compagnie sono tutte di quel tipo. Mentre frequenta anche il Lotti che non è uno che si ubriaca”.
A.B.: Infatti, beveva però non l’ho mai visto ubriaco.
P.M.: Ecco, e come mai fece questa considerazione? Se lei ha detto ‘mio zio frequentava gente che si ubriacava, e perché Lotti… perché frequenta il Lotti dato che lui non si ubriaca’. Come mai ha fatto questa considerazione e qual è stata la risposta che si è data o ha cercato di chiederlo a loro?
A.B.: Perché secondo me, cioè se uno si ubriaca c’ha qualcosa che non deve… deve riuscire a non pensare a qualcosa di brutto.
P.M.: Questo è, nel suo discorso, relativo a Vanni.
A.B.: Sì.
P.M.: E Lotti che c’entrava?
A.B.: Lotti, lui beveva perché probabilmente c’era anche questa faccenda che sapeva che io ero fidanzata e che doveva tornare… ogni poco mi diceva…
P.M.: Sì, signorina, però lei a questo discorso ha aggiunto : “Pensai quindi che tra loro, cioè fra Lotti e Vanni, c’éra qualcosa di diverso dal bere che li legava”. Lei ha fatto questa considerazione.
A.B.: Ci poteva essere qualcosa che entrambi sapevano, insomma, però questo lo dico io.
P.M.: E’ una sua sensazione.
A.B.: Sì.

P.M.: Lei sa se il Lotti frequentava casa del Vanni e andava da sua zia a mangiare, dalla moglie…
A.B.: In quell’anno lì, no.
P.M.: In precedenza?
A.B.: In precedenza ho sentito dire a volte, ma è venuto tante volte qui a mangiare anche la mi’ zia…
P.M.: Diceva lui che il Lotti era stato a mangiare…
A.B.: Era stato tante volte lì.
P.M.: Questo lo diceva anche sua zia, la moglie di Vanni.
A.B.: Sì.
P.M.: Senta una cosa: lei ha mai avuto… ha mai saputo se il Vanni ha da… saputo dal Lotti o dal Vanni se il Vanni ha dato a suo zio del denaro? Se il Lotti gli ha chiesto denaro a suo zio e lui gliel’ha dato?
A.B.: Sì, l’ultima volta che lo vidi so che gliel’ha chiesto perché lo chiese a me. Aveva perso il lavoro lui, era scaduto il contratto di lavoro e mi disse: ‘c’hai mica soldi da prestarmi perché, dice, son senza lavoro ora’. Io gli dissi di no. Allora, dice, ‘proverò a chiedere al tu’ zio’. Gli dissi: ‘ma il mi’ zio non so se in questo periodo…’ era un periodo un po’ brutto perché un spendeva più tanto, insomma un ce n’aveva più tanti neanche lui. Disse: “ora ci provò”. E lo inseguì, l’era passato. Poi ritornò in giù da me, dice: ‘m’ha detto un me li po’ dare, ora ci penso io’ furon le ultime parole gli sentii dire.
P.M.: ‘Mi ha detto non me li può dare’ e poi aggiunse: ‘ora ci penso io’.
A.B.: ‘Ora ci penso: io’. Poi sparì, un l’ho visto più.
P.M.: Senta, io vorrei approfondire con lei, perché l’abbiamo già fatto questo discorso sul denaro. Ora lei introduce, per la prima volta oggi il discorso che Lotti a Vanni che nega del denaro, Lotti disse: ‘ora ci penso io’. Può spiegare meglio? perché lo dice oggi per la prima volta, questo.
A.B.: Mi pare di averlo sempre detto.
P.M.: No, così non l’ha detto. Vuol spiegarci come mai, cosa le disse Lotti esattamente? Se dice: ‘ci penso io’ ha poco l’idea di prestito, no?
A.B.: Io pensai appunto che mio zio gli aveva detto che glieli poteva dare.
P.M.: Ho capito.
A.B.: E qualcosa marchingegnava lui.
P.M.: Senta una cosa, allora andiamo ancora per ordine. Quando uscivate insieme lei, Lotti e Vanni chi pagava?
A.B.: In genere pagava Mario. Quando si usciva io e Lotti, pagava lui.
P.M.: Senta, lei ha riferito che sia Lotti che Vanni avevano sempre tanto denaro in quel periodo. Ci può spiegare meglio come l’ha capito e da cosa l’ha visto?
A.B.: Sì, perché cioè il giorno s’era a mangia… la sera, tutte le sere s’andava a mangiare fori…
P.M.: Lei ha detto spendeva suo zio anche 100 mila lire per sera. È così?
A.B.: Dipende quanti s’era a mangiare. In genere pagava lui. 
P.M.: Senta una cosa, tornando a questo discorso del denaro che aveva Vanni, lei ora ha detto che alla fine venne questo discorso che non ne aveva più. In precedenza spendeva 100 mila lire per sera, o comunque pagava sempre lui. Lei ha mai visto se suo zio aveva denaro in abbondanza nel portafoglio?
A.B.: Io nel portafoglio…
P.M.: O in tasca, o…
A.B.: Insomma, quando l’apriva per pagare, c’era abbastanza denaro. Ma…
P.M.: Cioè? C’eran biglietti da 50 e da 100, o c’eran le 10 mila lire.
A.B.: C’era quello e quell’altro. Penso che insomma, non avendo figli, ha sempre lavorato, preso la pensione…
P.M.: Ma sa se lui andava a prenderli in banca tutti i giorni?
A.B.: No, questo di sicuro non lo so. Ogni tanto sentivo, dicevano che l’era andato in banca, ma da lì a sapello…
P.M.: Lei dice: “Che io sappia mio zio non aveva tessere bancomat, ma ricordo che mia zia mi aveva detto che lo zio quasi tutte le mattine all’epoca andava in banca. Non so dire quale banca fosse, né tanto meno se andasse in banca per prelievi o alla posta. Quando mi dette tutti i soldi contanti – perché questa è un’altra domanda che le volevo fare, ma poi gliela faccio fra un attimo, lei dice – “li aveva messi in una busta di plastica, tipo quelle della spesa”. Cioè, allora lei dice che sua zia le ha riferito che lui tutte le mattine andava in banca a prendere i soldi.
A.B.: Sì, me l’aveva detto una volta. Me lo disse una volta.
P.M.: Tornando allora a quest’altro discorso che lui le dette dei soldi. Ci può dire quanti soldi le dette, che mise in questa busta di plastica?
A.B.: Sì, ora di preciso non mi ricordo la cifra però.
P.M.: Lei ha detto erano quattro milioni. 
A.B.: Da tre a cinque milioni.
P.M.: Cinque milioni. E come mai le dette cinque milioni in una busta di plastica? 
A.B.: Perché sapeva che dovevo pagare l’automobile io. Dice: ‘tu mi porti sempre a giro, almeno, se te non ce la fai col lavoro che c’hai, ti do qualcosa’.
P.M.: Cinque milioni glieli aveva mai dati in passato, o era la prima volta?
A.B.: No, era la prima volta.
P.M.: Le aveva mai dato altro denaro in passato?
A.B.: Sì, a volte mi dava qualche soldo, 50 mila lire, 10 mila lire.
P.M.: Ma c’era un motivo particolare per cui in quel periodo le dette cinque milioni?
A.B.: Probabilmente l’è sempre il motivo che dicevo prima. Cioè, questa cosa… mi considerava un po’ come una figlia, insomma una persona più vicino a lui, capito? 
P.M.: E come mai in quel momento, che era così ubriaco e che aveva tanti soldi, le dà cinque milioni?
A.B.: No, ma non era mica ubriaco quel giorno lì?
P.M.: Gli dette… era sobrio.
A.B.: Me li dette che era sobrio, sì, sì.
P.M.: Senta una cosa, invece il Lotti aveva denaro?
A.B.: Anche lui sembrava che ne avesse, spendeva di qua e di là, però un po’ meno magari, ma insomma.
P.M.: Meno del Vanni?
A.B.: Sì.
P.M.: E come mai questi due avevano così tanto denaro in quel periodo, se lei ha detto che poi Lotti li chiese a suo zio perché non aveva lavoro? Cioè il denaro che aveva Lotti capì che era denaro di Vanni, o era suo?
A.B.: Io ho sempre pensato fosse stato suo.
Avv. Giangualberto Pepi: Opposizione Presidente, non può…. Queste sono semplici considerazioni. Come fa la teste a dire se i soldi che aveva Lotti erano del Vanni, o meno?
P.M.: Sulla base delle risposte che ci ha dato finora, mi sembra che la domanda è più che legittima, Presidente.
Presidente: (voce non udibile) … il teste, andiamo.
A.B.: Io penso che… ho sempre pensato che siano stati sua.
P.M.: Ho capito.
A.B.: Io però…
Presidente: Ma l’ha creduto lei, o l’ha tratto da qualche considerazione, da qualche fatto particolare, o da affermazioni del Lotti o…
A.B.: No, lo penso io. Sì, il Lotti diceva riscoteva bene, cioè, dove lavorava.
P.M.: Però era senza lavoro, c’ha detto.
A.B.: Guadagnava bene. Però gli ultimi tempi appunto, era a contratto no, ogni tre mesi gli facevano un contratto di lavoro magari. Gli ultimi tempi gli finì il contratto di lavoro, non lo ripresero.
P.M.: Allora ritorno alla domanda che le facevo prima. Quando lui le disse: ‘vado a chiedere soldi a Vanni’, poi tornò disse che non glieli aveva dati e disse ‘ora lo sistemo io’. Cosa capì? O meglio, le chiese qualcosa di più?
Avv. Stefano Bertini: No, Presidente ‘lo sistemo io… ci penso io’.
P.M.: ‘Ci penso io’, chiedo scusa.
A.B.: ‘Ci penso io’.
Presidente: No, no, ‘ci penso io’.
P.M.: ‘Ci penso io’, chiedo scusa.
A.B.: No, non mi chiese niente di più, però queste parole mi dettero da pensare. E dopo quando dopo pochi giorni vennero a prendere lo zio, dissi questo ‘ci penso io’, probabilmente c’ha pensato lui.
P.M.: Senta una cosa…
A.B.: Considerazione mia.
P.M.: Lei quando è che li ha visti, li ha frequentati per l’ultima volta?
A.B.: L’ultima volta…
P.M.: O perché ha smesso di frequentarli.
A.B.: Io poi, alla fine di agosto ritornò su il mio fidanzato, che era stato a Potenza a casa sua, era morto il su’ babbo, sicché ricominciai a uscire con lui e allora gli dissi a Giancarlo, dico: ‘guarda, da ora in poi si fa festa perché…’, cioè, non tu puoi stare con la persona in due posti, o da due persone.
P.M.: Senta una cosa ancora, lei sa se, dopo quel periodo, prima di essere arrestato, suo zio andò in ospedale?
A.B.: C’era stato a far qualcosa, ora non mi ricordo che, un’operazione mi sembra.
P.M.: Lei è mai andato a trovarlo?
A.B.: No, in ospedale non mi c’hanno portato.
P.M.: Come mai? Aveva instaurato questo rapporto, vi vedevate tutte le sere e gli aveva dato cinque milioni, le pagava sempre cena, non si è sentita nemmeno motivata da andare a trovare lo zio in ospedale?
A.B.: Probabilmente è colpa dei miei genitori. Loro mi dicevano sempre… loro brontolavano: ‘perché tu esci con gente più anziana di te, guarda qui che gente?’ Dico: ‘ma che vuol dire, sono sempre persone, anche se non hanno la mia età?’ E allora se gli dicevo: ‘portatemi a trovare lo zio’, dice ‘ma perché?’
P.M.: Ho capito. Senta ancora, lei ha mai visto dentro il portafoglio di Lotti, se aveva denaro? Casualmente ovviamente.
A.B.: Si, eh. Lui ce n’aveva parecchio.
P.M.: Lotti sto dicendo.
A.B.: Sì, Lotti. Ho visto… a volte ho visto che pagava dopo pranzo.
P.M.: “Aveva” – lei dice – “pezzi da 50 e…”“Aveva solo pezzi da 100 e 50 mila”.
A.B.: Sì,  Lotti c’ho fatto caso, solo da 100 e da 50.
P.M.: E questo ce l’aveva tutti i giorni?
A.B.: Eh, ce n’aveva parecchi.
P.M.: E le disse che riscuoteva tutti i giorni uno stipendio?
A.B.: No…
P.M.: Come poteva avere tutti i soldi così, tutti i giorni?
A.B.: Non me lo disse.
P.M.: Lei gliel’ha chie…
A.B.: Però lui c’aveva il bancomat, l’aveva fatto capito? Sicché quando si trovava senza li andava a prendere al bancomat.
P.M.: Perché era un esperto di bancomat, lo sapeva…
A.B.: Non era esperto. Il primo giorno lo fece non sapeva nemmeno come usarlo, ma dico: ‘leggi le istruzioni’. Non lo sapevo neanch’io. Poi imparò a regola.
P.M.: Gli chiese come mai aveva tutto questo denaro?
A.B.: No.
P.M.: Non ho altre domande, grazie, allo stato.
Presidente: Parti civili? 
Avv. Aldo Colao: Senta scusi, sono l’avvocato Colao.
A.B.: Sì. 
Avv. Aldo Colao: Le vorrei chiedere: quando andavate nei ristoranti a cena, anche con il Vanni, in che zone andavate, in che ristoranti andavate? Se li ricorda?
A.B.: Eh, son tanti. 
Avv. Aldo Colao: Sì, ma vediamo se se li ricorda.
A.B.: Comunque pressappoco, andavo al campo sportivo a San Casciano spesso, poi siamo stati a Mercatale qualche volta, alla Casa del Popolo e se c’erano le feste de L’Unità nei paesi intorno, ci si fermava a mangiare fuori lì al paese. 
Avv. Aldo Colao: E a Montespertoli ci siete mai stati?
A.B.: Montespertoli? Mah, mi sembra di no, o una volta, oppure… questo non mi ricordo di preciso.
Avv. Aldo Colao: A Baccaiano sì, perché…
A.B.: Baccaiano una volta, sì. 
Avv. Aldo Colao: Una cosa ancora, lei ha mai sentito dire dal Lotti se Vanni frequentava il Pacciani?
A.B.: Ho sentito dire che un tempo, anni fa si erano vi… si vedevano qualche volta, però non che frequentasse adesso. 
Avv. Aldo Colao: E che andava anche a casa il Vanni del Pacciani?
A.B.: Sì, questo l’ho detto prima. A volte o sentito dire, sempre dal Lotti, che era stato a casa del Pacciani, però da sentirlo a vederlo non è che… 
Avv. Aldo Colao: No, certo, questo è giusto. Ma che il Vanni a volte si fermava anche a dormire a casa del Pacciani se lo ricorda…
A.B.: Una volta l’ho sentito dire dal Lotti, ma parlava di tanti, tanti anni fa, non di adesso.  
Avv. Aldo Colao: Va bene, grazie. Non ho altre domande, Presidente.
A.B.: Prego.

Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato Pepi. Signora, buongiorno. Senta, io le volevo chiedere due o tre precisazioni più che altro. Una, abbia pazienza, è una domanda che io le devo fare anche se mi rendo conto che magari le può sembrare antipatica. Lei ha parlato di essersi una volta appartata con Giancarlo Lotti su una una piazzola vicino agli Scopeti.
A.B.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, io le chiedo: oltre questa situazione, lei è mai stata a Firenze in albergo con il Lotti? 
A.B.: No.
Avv. Giangualberto Pepi: È in grado di escluderlo nella maniera più assoluta.
A.B.: Sì, sì, al 100%.
Avv. Giangualberto Pepi: Benissimo. Senta signora, io le chiedevo: questa frequentazione con Lotti e con suo zio quanto è durata essenzialmente?
A.B.: Più o meno da luglio alla fine di agosto.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi un mese, un mese e mezzo, due mesi? 
A.B.: Due mesi. Un paio di mesi, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco dico, ma questa frequentazione era tutti i giorni, oppure vi era dei momenti anche di sosta? Andavate tutte le sere a cena fuori?
A.B.: S’andava quasi tutte le sere.
Avv. Giangualberto Pepi: Quasi tutte le sere. Comunque limitato in questo periodo di tempo?
A.B.: Sì. Poi quando mi accorsi, cioè mi resi conto che lo zio era davvero tornato a posto, aveva smesso di bere dico: ‘almeno qualcosa siamo riusciti a fare’.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, lei è a conoscenza se Mario Vanni, anche prima di questo periodo, era solito bere?
A.B.: A volte ho sentito dire.
Avv. Giangualberto Pepi: L’ha sentito dire, o l’ha anche visto signora?
A.B.: No, prima no. Prima di questo periodo non l’ho visto.
Avv. Giangualberto Pepi: Comunque l’ha sentito dire.
A.B.: L’ho sentito dire, ma sa, la gente parla tanto.
Avv. Giangualberto Pepi: Da chi? Da qualche persona, o così in giro, in paese?
A.B.: Gente in paese, così, a caso.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, come si comportava nei suoi confronti il Mario Vanni e nei confronti anche delle altre persone? Visto che lei lo conosce molto bene, ce lo può descrivere come tipo di carattere, come tipo di persona?
A.B.: Sì, se tutto l’era normale si comportava bene, una persona a posto, parlava con tutti, dava relazione a tutti. Bastava che gli dicevano qualcosa che non gli tornasse, allora si poteva arrabbiare, ma doveva essere grossa questa cosa che gli dicevano.
Avv. Giangualberto Pepi: Se una persona gli chiedeva aiuto, nell’impietosire lo faceva? 
A.B.: Si faceva in quattro, hai voglia.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi è una persona estremamente generosa?
A.B.: Sì, sì, con tutti.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, lei quando ha riferito a un certo momento che il Lotti sarebbe sbiancato alla parola Pacciani, ecco che è sicura di questo fatto, di questa circostanza? Oppure è un’impressione che dopo tanti anni le è venuta in mente oggi?
A.B.: No, sono sicura perché s’era proprio fermi sotto… c’era un lampione no? E vidi la faccia che fece, cioè, l’era buio ma gli sbiancò quasi, rimase…
Avv. Giangualberto Pepi: No, anche perché, capito signora, io le dovrei contestare che lei, viceversa, ebbe a dire: “Non. mi sembrò che avessero paura”. Quindi mi sembrerebbe in contrasto il fatto che persone che non hanno paura di una persona, poi sbanchino in volto. Ecco, questa è solo una domanda, una precisazione se lei è in grado di fare.
A.B.: Erano in due. Il mio zio non fece una piega, ma lui mi resi conto che era rimasto un po’ impaurito, Giancarlo.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, i soldi per comprare la macchina erano un prestito, oppure era un regalo di suo zio?
A.B.: Penso un regalo, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi lei non è che glieli abbia restituiti?
A.B.: No, io non glieli ho resi.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma glieli chiese lei, o di sua iniziativa fu Mario Vanni che le disse: ‘visto che hai bisogno, t’aiuto io a comprare la macchina’?
A.B.: Fu tutte e due, perché io gli dicevo avevo questi problemi del lavoro, insomma mi avevano tolto la pensione di invalidità da quattro-cinque anni e dovevo pagare le cure, sicché avevo problemi a pagare la macchina e dico: ‘costa tanto’. E visto che lo portavo sempre a giro mi disse: ‘non ti preoccupare, ti do una mano io’.
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi rientra in questo concetto di generosità del Vanni?
A.B.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Lei ha avuto più modo di parlare, di avere rapporti – quantomeno epistolari – con suo zio, anche dopo l’arresto, oppure no?
A.B.: No, io non l’ho rivisto. Lo rivedo oggi per la prima volta.
Avv. Giangualberto Pepi: No, dicevo epistolari, vi siete scritti dal carcere?
A.B.: No. No, no.
Avv. Giangualberto Pepi: Non ho altre domande.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Sigfrido Fenyes: Presidente, posso? Chiedo scusa. Presidente…
Presidente: Ah, sì, sì.
Avv. Sigfrido Fenyes: Avvocato Fenyes. Signora Bartalesi, lei ha detto che ha passato, ha trascorso molte ore con il signor Lotti, no?
A.B.: Sì.
Avv. Sigfrido Fenyes: Il signor Lotti parlava con lei, le raccontava?
A.B.: Sì, parlava di tante cose.
Avv. Sigfrido Fenyes: Parlava di tante cose.
A.B.: Uhm.
Avv. Sigfrido Fenyes: Si ricorda in particolare che il Lotti le raccontò qualcosa relativamente a suo padre, cioè al padre del Lotti?
A.B.: Ecco, l’unica cosa che non abbiamo parlato, l’unica persona forse è proprio del su’ babbo. Della su’ mamma m’ha detto tanto, era stata in un manicomio a Volterra, che c’era stato lui per tanto tempo lassù. Però del su’ babbo non m’ha mai parlato.
Avv. Sigfrido Fenyes: Circa la morte del babbo del Lotti non le disse niente? Cioè la morte del proprio padre, si ricorda?
A.B.: Ora non mi ricordo, c’ho un po’ di confusione. Sì, sì, a volte mi sembra…
Avv. Sigfrido Fenyes: Glielo ricordo io perché di questo fatto ha parlato il 24 luglio ’96.
A.B.: Ecco.
Avv. Sigfrido Fenyes: Allora diceva: “Io ho creduto in tutto quello che il Lotti mi raccontava, anche se il mio fidanzato mi ha poi detto che non era vero ciò che mi aveva raccontato Giancarlo in merito alla morte del suo babbo”.
A.B.: Sì, ecco, ora mi è ritornato in mente, infatti. Che lui mi diceva che era morto, invece il mio fidanzato mi disse l’aveva visto al Bargino. Cioè, in un posto, dice: ‘secando me ti piglia in giro, non è vero icchè ti dice’.
Avv. Sigfrido Fenyes: Quindi il suo fidanzato diceva che Lotti non le raccontava la verità?
A.B.: Su questa cosa almeno sì, ma poi io non lo vedevo mai, gli parlavo di rado, mi telefonava a volte di laggiù, da Potenza, dov’era, più di tre minuti
Avv. Sigfrido Fenyes: Ha mai riscontrato in altre circostanze che il Lotti non le avesse detto la verità su qualche altro fatto?
A.B.: Sto pensando perché… mi sembra di sì, una volta almeno, però ora non mi ricordo.
Avv. Sigfrido Fenyes: Non esclude che possano esserci state altre volte?
A.B.: Mi sembra. La sensazione mi dice di sì, però non mi ricordo…
Avv. Sigfrido Fenyes: Bene, grazie. Lei è stata… ha parlato prima del fatto che il Lotti avrebbe chiesto denaro in prestito a suo zio. Quante volte è successo, che lei sappia, che il Lotti abbia avuto prestiti da suo zio Vanni?
A.B.: No, questo non lo so perché non veniva a dirlo a me. Me lo disse quella volta proprio perché era preso per la gola, perché aveva perso il lavoro.
Avv. Sigfrido Fenyes: Ma senza che venissero a dirlo a lei. Lei ha capito dai loro discorsi che era capitato più di una volta che il Vanni avesse aiutato il Lotti?
A.B.: Sì, probabilmente qualche volta, qualche rara volta, però avevo capito gli aveva dato una mano mio zio a lui.
Avv. Sigfrido Fenyes: Per sua memoria, tanto il verbale è già prodotto perché è già stato oggetto di contestazione, disse allora che: “Li avrebbe chiesti a mio zio. Mi è sembrato che dai loro discorsi qualche volta mio zio, quando ha potuto, ha aiutato il Lotti quando ha avuto bisogno di soldi”. E’ così?
A.B.: Sì, probabilmente qualche volta.
Avv. Sigfrido Fenyes: Lei è mai stata a casa del Lotti?
A.B.: No. Cioè, una volta mi ci portò a far vedere dove stava, in questa comunità di Faltignano, però non che entrai dentro, guardai di fuori e basta. Mi presentò diverse persone che vivevano lì.
Avv. Sigfrido Fenyes: Ma non andò dentro?
A.B.: No.
Avv. Sigfrido Fenyes: Perché, da come lei si esprime il 26 giugno ’96 in Questura, parrebbe di capire una cosa diversa. Glielo leggo: “Una volta andai anche a casa di Giancarlo, in via di Faltignano, perché Giancarlo doveva prendere qualcosa, forse la patente, o doveva dire qualcosa a qualcuno. Ebbi così modo di vedere dove viveva”.
A.B.: Sì. No, la zona dove viveva, però io non entrai dentro, che entravo a fare?
Avv. Sigfrido Fenyes: Quindi non entrò dentro. Non sa in che condizioni viveva, che ‘ tipo di casa, che tipo di sistemazione?
A.B.: No. Da quanto mi ha detto lui anche probabilmente, sono delle stanze grandi che ci dormivano diverse persone.
Avv. Sigfrido Fenyes: Quando lei ha conosciuto il Lotti lui già stava lì in via di Faltignano, cioè a questa comunità?
A.B.: Sì, praticamente sì.
Avv. Sigfrido Fenyes: Sa dove abitava prima?
A.B.: No. L’ho sentito dire a volte, ma non me lo ricordo. Forse a Bargino.
Avv. Sigfrido Fenyes: Che macchina aveva il Lotti?
A.B.: 131 rossa.
Avv. Sigfrido Fenyes: Grazie, signor Presidente, non ho altre domande.
Presidente: Senta signora… Ah, avvocato Bertini.
Avv. Stefano Bertini: Signora Bartalesi, quando andavate fuori a cena con suo zio e il Lotti, chi è che pagava il conto?
A.B.: In genere pagava mio zio, ma a volte l’ha pagato anche Giancarlo.
Avv. Stefano Bertini: Senta, circa il possesso di denaro da parte del signor Lotti, lei ha detto che il Lotti aveva molti soldi con sé sempre.
A.B.: Sì. 
Avv. Stefano Bertini: Dico, questa circostanza lei l’ha appresa vedendo il suo portafoglio? 
A.B.: Sì e poi sapendo… uno ti dice sempre ‘andiamo a mangiare’. Cioè, prima si andava sempre a cena, poi a un certo punto cominciò a dire ‘si va anche a pranzo fuori’, pranzo e cena, ci vuole Onassis qui.
Avv. Stefano Bertini: L’ha dedotto lei?
A.B.: Sì.
Avv. Stefano Bertini: Non è che…
A.B.: Sì, poi ho visto il portafoglio quando pagava, vedevo sempre tutti questi pezzi da 100 e da 50.
Avv. Stefano Bertini: L’ha visto tante volte il portafoglio? 
A.B.: Eh, l’ho visto diverse volte, sì.
Avv. Stefano Bertini: Grazie.
A.B.: Prego.
Presidente: Senta un po’ signorina, quand’è che è avvenuto… Qui, qui. Quand’è che è avvenuto che suo zio le ha dato cinque milioni? In che epoca?
A.B.: Sempre in quest’anno, nel ’95.
Presidente: Luglio-agosto ’95.
A.B.: No, pri… Quello era… Sì, probabilmente il mese di luglio, sì, sì. Nel mese di luglio.
Presidente: Quindi lei ha frequentato il Lotti solamente in questo periodo qui.
A.B.: Sì. 
Presidente: Poi no.
A.B.: Poi basta.
Presidente: Senta, quando dice che Lotti le chiese un prestito, di quant’era questo prestito? Fece riferimento a una cifra precisa?
A.B.: No, non fece riferimento. Dice: ‘te c’hai dei soldi da prestarmi, perché sono a piedi ora?’
Presidente: Ecco, e al Vanni chi glielo mandò, lei, o fu lui che disse ‘vado dal Vanni’.
A.B.: Fu lui. Dice: ‘ora proverò a sentire il tu’ zio’. Dico: ‘ma guarda che non è in buone acque’. Dice: ‘ci provo lo stesso’, lo rincorse.
Presidente: Poi tornò.
A.B.: Poi tornò, dice: m’ha detto non me li può prestare, ora ci penso io’.
Presidente: Ecco.
A.B.: Basta. Non l’ho più visto né sentito.
Presidente: E questo… Lei ha detto dopo poco tempo… Quanto… 
A.B.: Pochi giorni prima che…
Presidente: Che arrestassero il Vanni.
A.B.: r: …arrestassero il Vanni, sì.
Presidente: Bene. Pubblico Ministero a lei.
P.M.: Sì, Presidente. A proposito del denaro del Lotti, lei oramai mi sembra abbia già detto quasi tutto per quello che riguardava il fatto, le dichiarazioni che ha già reso. Però lei ne rese un’altra, volevo vedere se corrisponde al suo ricordo di adesso. Cioè lei dice, aveva sempre molto denaro e poi le è stato chiesto se anche nel mese di agosto aveva questo denaro. Lei ricorda qualcosa in proposito?
A.B.: Nel mese di agosto ce n’aveva meno.
P.M.: Lei dice: “L’estate dell’anno scorso il Lotti è stato in ferie per tutto il mese di agosto, ma il denaro l’aveva lo stesso”. Lei ricorda che in agosto lui era in ferie innanzitutto?
A.B.: Ecco, ora non mi ricordavo di questo.
P.M.: È così? È come lo ho riletto io?
A.B.: Sì, l’era in ferie.
P.M.: Però il denaro ce l’aveva uguale.
A.B.: Però ce l’aveva, però in quel periodo lì qualche volta pagavo anch’io, che gli devo far spendere tutto a lui, sicché ci facevo meno caso.
P.M.: Senta una cosa, le ha mai fatto dei regali, o regali per terzi? Cioè, quando lei ha capito che aveva denaro, lui lo spendeva anche, ad esempio, per i regali?
A.B.: No. Cioè, mi ha regalato un portasigarette e un accendino, che ce l’ho qui, ad esempio. Poi cose più consistenti…
P.M.: Dei foulard al mercato, o qualcosa per le amiche, una cosa del genere.
A.B.: Una volta…
P.M.: Lo vado a…
A.B.: … mi prese qualcosa per le amiche, sì.
P.M.: Pagò lui.
A.B.: Pagò lui. Si doveva prendere per un’amica della roba, ora mi ricordassi icché. Sì, un regalo per un compleanno mi sembra e l’era con me, dice: ‘pago io, vai’.

P.M.: Senta ancora una cosa, è mai capitato che in sua presenza, il Lotti e il Vanni, abbiano parlato dell’avvocato Corsi?
A.B.: Mi sembra di no. Forse l’ho sentito nominare una volta, ma proprio nominare così.
P.M.: Lei, in una dichiarazione resa il 26 giugno ’96, sull’argomento ha così detto, glielo contesto: “È capitato anche che una volta, trovandomi con mio zio Mario e con Giancarlo Lotti, ho sentito che i due parlavano dell’avvocato Corsi, ma non ho potuto comprendere l’argomento della conversazione perché i due abbassarono subito il tono della voce per non rendere comprensibile a me le loro parole”.
A.B.: Sì, ecco, è una di quelle volte.
P.M.: È così?
A.B.: Sì. Quella volta lì probabilmente, ma…
P.M.: Non ho altre domande, grazie.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Stefano Bertini: Sì, Presidente, scusi. Domanda a riguardo sempre del possesso dei soldi da parte del Lo…
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Stefano Bertini: Ah, prego, prego.
Avv. Patrizio Pellegrini: È uguale, non cambia nulla. Signorina, sono l’avvocato Pellegrini di parte civile. Lei si è domandata, anche successivamente, per quale ragione in quei due mesi di due anni fa nacque così immediatamente questa amicizia, questo rapporto? Che ragione c’era? Che spiegazioni ha dato lei di questo incontro che poi è sparito nel nulla?
A.B.: Fra me e Giancarlo?
Avv. Patrizio Pellegrini: Sì, fra lei e Giancarlo, attraverso suo zio immagino.
A.B.: Sì. Io a volte ho avuto l’impressione per esempio che fosse stato Giancarlo a chiedere a mio zio di presentarmi… cioè ‘fammi conoscere la tu’ nipote’ e poi, però boh. Finché l’è andata così… Quando s’è trovato… forse qualcuno gli ha dato qualche cosa di più e allora è l’ha negato anche l’amicizia che c’aveva con i mi’ zio.
Avv. Patrizio Pellegrini: Non ho capito quest’ultima frase, scusi.
A.B.: Cioè, ho detto, siccome quando si usciva insieme spesso pagava Mario, quando lui s’è trovato arreso, senza soldi né niente, ho detto: se qualcuno gli ha dato qualcosa a lui, questo Giancarlo l’è passato dalla parte di quest’altro e s’è rimangiato l’amicizia che c’era con il mi’ zio.
Avv. Patrizio Pellegrini: Quindi aveva la sua convenienza Lotti a stare con Vanni?
A.B.: Eh.
Avv. Patrizio Pellegrini: Questo ci vuol dire lei?
A.B.: Sì.
Avv. Patrizio Pellegrini: E suo zio Vanni che convenienza ha avuto a presentare lei a Lotti? 
(brusio) 
Avvocato: Presidente, sta chiedendo delle…
Presidente: Sì, effettivamente. Chiediamo circostanze precise. Per quale motivo suo zio lo…
Avv. Patrizio Pellegrini: Per quale ragione?
Presidente: … suo zio l’ha presentata a Lotti.
A.B.: Io penso perché… cioè…
Presidente: Gliel’ha data una spiegazione, o no?
A.B.: No, non me l’ha data lui, ho potuto capire da me. Forse per sentirsi un po’ più. vicini, ecco. Lui aveva un amico, io ero amica di questo amico. Insomma, s’era la nipote, zio e un amico di tutti e due, se si usciva insieme…
Avv. Patrizio Pellegrini: Ma lei prima Lotti non lo conosceva?
A.B.: No.
Avv. Patrizio Pellegrini: Allora che amico era, che non lo conosceva?
A.B.: Eh, ma lo diventò dopo. Già, prima non lo conoscevo. Però visto lo conosceva lui, io pensavo fosse una persona a posto.
Avv. Patrizio Pellegrini: Sì, sì, per carità. Ma si sta cercando di capire le ragioni che hanno indotto suo zio a creare questo collegamento fra lei e Lotti. Se lei è riuscita a darsi una spiegazione del genere.
A.B.: No. Probabilmente, ho detto, l’era il periodo era sempre ubriaco mio zio e quella sera l’era lì con questo qui, con questo Lotti, dice: “ah, questa è la mi’ nipote, vieni te la presentò”. Cioè, non si rese neanche conto probabilmente di che faceva.
Avv. Patrizio Pellegrini: Quindi fu occasionale?
A.B.: Sì, fu una cosa occasione.
Avv. Patrizio Pellegrini: E da lì subito venne fuori: ‘andiamo a cena’.
A.B.: Eh, s’andò la sera stessa a cena, poi la sera dopo. Insomma, poi nacque questo rapporto di amicizia fra me che anche se non c’era lo zio dietro si usciva io e lui insieme.
Avv. Patrizio Pellegrini: Grazie.
A.B.: Prego.
Presidente: Prego, avvocato Bertini. 
Avv. Stefano Bertini: Presidente, solo una precisazione. Le risulta che Lotti – non so se ha già risposto su questa domanda – abbia chiesto più volte prestiti a suo zio? Non soltanto nell’occasione in cui lei ha riferito poco prima che lo perdesse di vista. Se in precedenza ha chiesto prestiti?
A.B.: Può darsi ci sia stato, però che sappia io no. Io ho sentito questa volta sola, che era l’ultima volta che ho visto il Lotti.
Avv. Stefano Bertini: Dunque, lei dice però, nel verbale del 24 luglio ’96, dice: “Mi è sembrato di capire dai loro discorsi che già altre volte aveva chiesto prestiti allo zio”. Lo conferma?
A.B.: Infatti l’ho detto, è un’impressione che ho io.
Avv. Stefano Bertini: Impressione, o ha saputo da discorsi fatti. Un conto…
A.B.: Cioè, da qualche mezzo discorso ho capito che gli aveva dato qualcosa.
Avv. Stefano Bertini: Ho capito. Grazie.
P.M.: Presidente, una ultima.
Presidente: (voce non udibile)
Avv. Gabriele Zanobini: Avvocato Zanobini per avvocato Corsi. Senta signora Bartalesi, lei sa se i suoi genitori si sono rivolti all’avvocato Corsi per qualche problema?
A.B.: Sì. L’avvocato Corsi… Io ho scritto un libro, sono stata truffata dall’editore, ha rubato i soldi di mille copie del libro e allora ci siamo rivolti all’avvocato Corsi perché facesse questo atto penale, non so come si chiama, insomma contro 1’editore.
Avv. Gabriele Zanobini: Quando?
A.B.: Mah, ora c’ha pensato il mi’ babbo, di preciso non lo so quando.
Avv. Gabriele Zanobini: No, dico l’anno.
A.B.: È da poco…
Avv. Gabriele Zanobini: L’anno, l’anno.
A.B.: L’anno, ’95.No, o ’96 sì.
Avv. Gabriele Zanobini: E suo zio Mario, sapeva anche lui di questo suo problema e che i suoi genitori si erano rivolti per questo all’avvocato Corsi?
A.B.: No. No, no, lui non lo sapeva. Non ho mai sentito dire che gliel’abbiano detto.
Avv. Gabriele Zanobini: Può darsi però che gliel’avessero detto i suoi genitori?
A.B.: Non lo vedevano mai. Lo vedevo sempre io, ma loro mai.
Avv. Gabriele Zanobini: Lei gliel’ha mai parlato?
A.B.: No.
Avv. Gabriele Zanobini: Del fatto del libro suo, dell’editore che poi non aveva mantenuto gli impegni?
A.B.: Mah, può darsi gliel’abbia detto… Anzi, io gli ho detto di questa storia del libro, ma non che mi ero rivolta all’avvocato Corsi. Non lo sapevo neanche io, me lo dissero quando l’avevano già fatto a casa.
Avv. Gabriele Zanobini: Senta, e poi ha detto che una volta ha sentito, vero, il Vanni e il Lotti nominare l’avvocato Corsi?
A.B.: Sì, una volta l’ho sentito. Non so in relazione a che discorso perché non sentii icché si dicevano.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco, e ricorda l’occasione? Cioè, il posto, l’anno.
A.B.: L’anno era sempre il ’95.
Avv. Gabriele Zanobini: Sì.
A.B.: Il posto, mi sembra s’era nella piazza… no, o nel piazzone a San Casciano.
Avv. Gabriele Zanobini: E lei? Era lì vicino, era…
A.B.: Sì, ero con loro due e andavo più avanti perché andavo a prendere la macchina io. Li lasciai un pochino indietro e poi ritornai a vedere, dico: ‘ma che ci siete?’ E sentii nominare questo Corsi, così. Ma un attimo solo, cioè non mi resi conto neanche di che dicevano.
Avv. Gabriele Zanobini: Ma è una sua impressione, che quando è stato nominato l’avvocato Corsi sia stato abbassato il tono della voce?
A.B.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Cioè, è una sua impressione?
A.B.: Ebbi l’impressione io.
Avv. Gabriele Zanobini: È una sua impressione.
A.B.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Non è che, in effetti, parlavano a voce più alta e poi… Ha avuto lei quest’impressione.
A.B.: Ho avuto quest’impressione sì, perché si fidavano, insomma parlavano liberamente davanti a me.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco. Perché, poi, lei ha detto che, appunto, in realtà non è riuscita a comprendere nulla, no?
A.B.: Capire.
Avv. Gabriele Zanobini: Eh?
A.B.: No, infatti.
Avv. Gabriele Zanobini: E poi ha più sentito Vanni e Lotti – in questi due mesi, mese e mezzo, che lei li ha frequentati – parlare dell’avvocato Corsi?
A.B.: No.
Avv. Gabriele Zanobini: Ecco, le ha mai parlato, il Lotti, dell’avvocato Corsi?
A.B.: No, neanche lui.
Avv. Gabriele Zanobini: E suo zio Mario?
A.B.: No.
Avv. Gabriele Zanobini: Sa se suo zio Mario conosceva l’avvocato Corsi? Come lo conosceva?
A.B.: No, non lo so di preciso.
Avv. Gabriele Zanobini: Uhm
A.B.: Penso di sì, perché ha visto in un paese si conoscon tutti.
Avv. Gabriele Zanobini: Sì. Sa se era amico dell’avvocato Corsi?
A.B.: Qualche volta l’ho sentito dire da gente, che si conoscono; però io non l’ho mica visti insieme. Cioè…
Avv. Gabriele Zanobini: Sa se mai è stato a pranzo o a cena a casa del suo zio Mario l’ avvocato Corsi?
A.B.: Sì, ho sentito dire che c’è stato.
Avv. Gabriele Zanobini: Sì?
A.B.: Sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Da chi?
A.B.: Mi sembra. Credo dalla sua moglie, dalla Luisa.
Avv. Gabriele Zanobini: È sicura?
A.B.: Mi sembra una volta l’ha detto di sì.
Avv. Gabriele Zanobini: Quando?
A.B.: Eh, tanto tempo fa. Ora non mi ricordo neanche quanto l’è.
Avv. Gabriele Zanobini: Cioè?
A.B.: Prima che arrestassero Mario, che andai a trovarla una volta.
Avv. Gabriele Zanobini: Presidente, io non ho altre domande, se non chiedere che venga sentita la moglie del Vanni Mario su questa circostanza.
Presidente: (voce non udibile)
P.M.: Presidente, avevo chiesto prima, se lei crede, avrei da fare…
Presidente: No, c’era la difesa ora, Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, ma siamo sul…
Presidente: Sul?
P.M.: Siamo sul ritorno, quindi forse…
Presidente: Sì.
P.M.: Non ho problemi, comunque. 
Avvocato: Fai…
P.M.: Volevo finire un attimo, Presidente, dato che l’ordine ce lo siamo, a questo punto, accordato fra noi, quindi… Apprendiamo ora che lei ha saputo dalla moglie del Vanni che il Corsi era stato a cena dal Vanni. Le chiedo: quando, se lo ricorda, quando lei vide nel piazzone, le sembra, il Vanni e il Lotti che parlavano; lei si avvicinò e le sembrò quello che ci ha già detto. Per caso aveva visto in giro o nei pressi l’avvocato Corsi, quel giorno?
A.B.: No.
P.M.: No.
A.B.: No, credo di no, anche perché io, quest’avvocato Corsi l’avrò visto una volta, forse, se m’hanno detto ‘questo l’è il Corsi’.
P.M.: Ecco, quindi…
A.B.: Non lo conosco bene.
P.M.: Quindi non lo conosce.
A.B.: No.
P.M.: Benissimo. Un’altra domanda è questa: lei prima, cercando di spiegare a contestazione quello che aveva detto in merito a verità sul padre del Lotti, ha detto, se non ho capito male: ‘il Lotti mi aveva detto una certa cosa su suo padre, che era morto o un discorso simile; invece il mio fidanzato mi ha detto che l’aveva visto dopo. ‘Quindi le è stato chiesto: ‘ma allora il Lotti non dice la verità?’. Ma lei lo sa se è vivo o morto il padre del Lotti?
A.B.: Io ho sentito dire da tutti che è morto.
P.M.: Ecco, quindi lei non sa se chi dice la verità è il Lotti o il suo fidanzato.
A.B.: Col mio fidanzato mi sono spiegata anch’io; gli ho detto: ‘chi tu credevi…?’. Mi ha detto: ‘credevo fosse quello lì, perché gli assomigliava un pochino’.
P.M.: Ecco, allora…
A.B.: Allora gli ho detto…
P.M.: Allora il discorso quale fosse la verità, o il fatto che Lotti menta o meno, è su due persone; non sa se dice la verità il Lotti, o se dice la verità il suo fidanzato.
A.B.: No, poi s’è accorto che aveva detto una stupidaggine, perché… 
P.M.: Chi l’ha detta la stupidaggine?
A.B.: Il mio fidanzato, perché…
P.M.: Perché è morto il padre del Lotti.
A.B.: Eh, infatti.
P.M.: Ecco. Bene, grazie, nessuna domanda.
Presidente: Avvocato Pepi?
Avv. Giangualberto Pepi: Scusi signora, due sole cose. Lei ha parlato che il Lotti avrebbe chiesto un prestito a Vanni e che Vanni non gliel’avrebbe concesso e quindi Lotti avrebbe pronunciato quella frase che lei ha detto. Ecco, io le chiedo: ma quando pronunciò questa frase, com’era Lotti? Mostrava rancore nei confronti di Vanni, astio, perché non gli era stato dato questo… o era semplicemente un discorso così per dire? A lei come è sembrato? 
A.B.: A me mi sembrò… io pensai soltanto che se l’aveva tra le mani, l’ammazzava. 
Avv. Giangualberto Pepi: Benissimo, era quello che volevo sentire. Senta l’ultima cosa, signora, lei ha detto prima che Lotti si confidava abbastanza con lei, parlava del più e del meno, della sua vita.
A.B.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Le ha parlato di come viveva, che tipo di vita faceva oppure no?
A.B.: Mah, mi diceva che faceva il contadino, lavorava in quel campo, stava in questa comunità, che andava a trovare questa ragazza a Firenze ogni tanto e basta.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco…
A.B.: Niente di più.
Avv. Giangualberto Pepi: Per caso le ha mica, Lotti, riferito un episodio – che viceversa avrebbe riferito a altre persone – che in un certo momento, verificato, sull ‘incendio che avrebbe visto i marziani?
A.B.: No, questo non me l’ha mai detto.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene, grazie signora.
A.B.: Prego.
Presidente: Bene, può andare. Grazie.
P.M.: Presidente, se mi concede un quarto d’ora.
Presidente: Bravo, sospendiamo.
P.M.: Tra l’altro, un teste non l’abbiamo ancora reperito, vediamo se arriva.
Presidente: Allora, dieci minuti-un quarto d’ora.

Presidente: Allora ci siamo tutti, quelli di prima. Ah, ecco l’altro teste. Va bene.
P.M.: Sentiamo Bonechi Giovanni, Presidente.
Presidente: Bonechi Giovanni.
(voce non udibile)
Presidente: Lei è Bonechi Giovanni?
Giovanni Bonechi: Sì.
Presidente: Vuole essere ripreso dalla telecamera o no? Dalla televisione.
G.B.: No, ‘un voglio esser ripreso.
Presidente: No televisione, bene.
G.B.: No.
Presidente: Niente telecamere.
G.B.: Niente.
Presidente: Come si chiama, lei: Bonechi Giovanni?
G.B.: Sì.
Presidente: Dove è nato, dove risiede?
G.B.: Nel comune di Reggello il 22 giugno 1930.
(voce non udibile)
G.B.: Eh? (voce non udibile) Dove risiede?
G.B.: San Casciano Val di Pesa
(voce non udibile)
G.B.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Cioè, deve dire tutta la verità. Va bene?
G.B.: Sì, io dico la verità, dico icché so.
Presidente: Bravo.
P.M.: È già qualcosa, se dice icché sa.
G.B.: Lo vuol sapere?
P.M.: Che lavoro fa?
G.B.: Io fo il muratore.
P.M.: Fa il muratore.
G.B.: Lo facevo. Ora ho smesso, sono in pensione.
P.M.: Da quant’è che abita a…
G.B.: A San Casciano Val di Pesa?
P.M.: A San Casciano Val di Pesa, sì.
G.B.: Nel ’64 ci tornai.
P.M.: Nel ’74.
G.B.: Sì.
P.M.: Senta, io voglio farle una domanda soltanto, o meglio due ma sullo stesso argomento.
G.B.: Sì.
P.M.: Lei, il Lotti Giancarlo lo conosce?
G.B.: Lo conoscevo l’aveva otto anni, perché stavo al Bargino lì al Crocifisso anch’io e lui gli sta alla Fornace. Poi io ‘un l’ho più rivisto. Tornai a San Quirico e poi tornai a San Casciano Val di Pesa.
P.M.: Senta, lei circa la personalità del Lotti o del fatto che qualcuno dice che è omosessuale – lui ha fatto alcune dichiarazioni in proposito – cosa sa, direttamente o indirettamente?
G.B.: Io queste cose non le so.
P.M.: Se sa qualcosa, l’ha saputo da qualcuno?
G.B.: No, guardi, io non so nulla di queste cose.
P.M.: Non sa nulla. Allora io glielo contesto subito, così si fa prima, eh?
G.B.: Eh?
P.M.: Lei, signor Bonechi Giovanni, il 4 gennaio del ’97, oltre a un sacco di cose che io non ritengo utili a questo processo e non le chiedo, le viene chiesto se conosce il Lotti e lei dice: “Sì, rispondo affermativamente. Ho riferito di conoscerlo sin dagli anni ’50, perché abitavamo vicini, in località Bargino”.
G.B.: Sì.
P.M.: E qui lei lo conferma.
G.B.: Sì.
P.M.: Poi le viene fatta un’altra domanda. Lei dice: “Il Lotti era piccolo, mentre io avevo circa vent’anni”.
G.B.: Vent’anni sì.
P.M.: Le viene chiesto se è a conoscenza di altre notizie riguardanti il Lotti e lei dice: “Rispondo affermativamente. lo so perché ne ho sentito parlare in paese…” – e io le chiedo: “Da chi?” – “che il Lotti era un finocchio, nel senso che andava con gli uomini per pigliarlo in culo e non per metterlo. Questa voce l’ho Sentita tanto tempo fa nel paese di San Casciano, dai primi anni ’80 in poi”. Le ha dette lei queste cose o no?
G.B.: No. Io i finocchi non l’ho mai potuti vedere e ‘un mi son mai piaciuti.
P.M.: Uhm.
G.B.: Sicché io non so se l’era finocchio o no.
P.M.: Queste dichiarazioni alla Polizia le ha fatte lei o no?
G.B.: Sì, gli dissi che io i finocchi non li posso vedere. Sicché non lo so se l’era finocchio.
P.M.: Sì. Allora, le dichiarazioni che sono verbalizzate in questo giorno – che è esattamente il. 4 gennaio ’97 – alla Polizia, le ha fatte lei?
G.B.: Sì.
P.M.: Bene, non ho altre domande. Chiedo l’utilizzazione del verbale.
Presidente: Bene. Altre domande? Nessun’altro, può andare. Grazie. Signor Bonechi, può andare.

P.M.: Vorrei sentire Butini Fabrizio; presumo sia una cosa veloce anche questa, Presidente. 
(voce non udibile)
Fabrizio Butini: Butini Fabrizio.
(voce non udibile)
F.B.: Il 5 novembre 1956.
(voce non udibile)
F.B.: A San Casciano Val di Pesa.
F.B.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”  
F.B.: Senta signor Butini, vuole essere ripreso dalla televisione, lei?
F.B.: No, se l’è possibile no.
Presidente: Bene. Niente telecamere, per cortesia. Pubblico Ministero, prego.
P.M.: Grazie, Presidente. Signor Butini, lei lavora attualmente, ha un lavoro?
F.B.: Ora sono in pensione. C’ho la pensione della mamma.
P.M.: Ha la pensione?
F.B.: Della mamma.
P.M.: Della sua mamma.
F.B.: Sì.
P.M.: Lei ha lavorato in passato?
F.B.: Sì, ho lavorato, sì: alla Menarini.
P.M.: Che tipo di lavoro faceva?
F.B.: Lavoravo in magazzino.
P.M.: Magazziniere.
F.B.: Sì, magazziniere.
P.M.: Fino a che epoca ha lavorato?
F.B.: Fino al ’90, undici anni.
P.M.: Undici anni, magazziniere. Come mai poi ha smesso?
F.B.: Perché mi sono ammalato e poi la mia moglie è andata via e… mi sono ammalato.
P.M.: Senta una cosa, quindi undici anni, fino all’86, quindi, ha lavorato lei.
F.B.: Dal ’79 fino al ’90.
P.M.: Ha lavorato.
F.B.: Sì.
P.M.: Ah, scusi, ho capito male io. Poi diceva sua moglie… Perché lei ha famiglia?
F.B.: Io sono separato.
P.M.: Ho capito. Da quando?
F.B.: Dal ’90.
P.M.: Dal ’90. Lei conosce Lotti Giancarlo?
F.B.: Sì. Conosco anche Mario Vanni. Per me l’eran persone per bene.
P.M.: Ma noi, infatti, le chiediamo come li conosce lei. Quando li ha conosciuti? Cominciamo dal Lotti.
F.B.: Mi pare nel 1990, mi pare. Non sono sicuro.
P.M.: Al di là dell’anno, lo conosce da tanto tempo, quando lei era ragazzo, o l’ha conosciuto recentemente?
F.B.: No, no, l’ho conosciuto dopo.
P.M.: Cioè? Lei era già sposato o no, quando l’ha conosciuto?
F.B.: Sì, ero sposato, sì, sì.
P.M.: Quando si è sposato, lei?
F.B.: Nell’81.
P.M.: Nell’81.
F.B.: Il 25 di giugno dell’81.
P.M.: L’ha conosciuto, il Lotti, qualche tempo dopo essersi sposato?
F.B.: No, no, l’ho conosciuto dopo, nel ’90.
P.M.: Ho capito.
F.B.: L’ho conosciuto al bar; al bar con gli amici, si prendeva un caffè…
P.M.: A che bar l’ha conosciuto?
F.B.: Al bar di Luciano… non mi ricordo il nome, non mi ricordo il nome. Non mi ricordo il nome. Si chiama Luciano lui.
P.M.: Questo del bar.
F.B.: Il barista.
P.M.: E questo bar dove si trova?
F.B.: In centrale.
P.M.: A San Casciano.
F.B.: Sì, sì. Lì davanti all’orologio.
P.M.: Nella piazza dell’orologio.
F.B.: Sì, sì.
P.M.: E a questo bar c’erano sia il Lotti e il Vanni? Li ha conosciuti insieme, o li conosceva da prima?
F.B.: No, l’ho conosciuti dopo.
P.M.: Ha conosciuto prima, se lo ricorda, il Lotti o il Vanni, o…
F.B.: Mi pare prima Giancarlo, mi pare.
P.M.: Prima Giancarlo.
F.B.: Prima Giancarlo e poi Mario.
P.M.: Prima ha conosciuto Giancarlo e poi Mario.
F.B.: Sì.
P.M.: Il Mario Vanni l’ha conosciuto tramite Giancarlo?
F.B.: Non me lo ricordo, ora…
P.M.: Non se lo ricorda. Senta una cosa, frequentavate anche altri bar, oltre quello?
F.B.: Come?
P.M.: Frequentavate anche bar diversi da quello di San Casciano?
F.B.: Sì, sì; s’andava nel bar Centrale, s’andava da Vittorio s’andava…
P.M.: Da Vittorio dov’è, sempre a San Casciano?
F.B.: Sì.
P.M.: Allora, fuori San Casciano siete mai andati?
F.B.: Sì, siamo andati anche fuori San Casciano. Ma a mangiare. A mangiare.
P.M.: Ricorda anche altri posti?
F.B.: Siamo andati, per esempio, alla Castellina, a Radda, a Montespertoli; e mi ricordo che a Montespertoli Giancarlo Lotti aveva una zia, a Montespertoli, e ci portò dalla zia.
P.M.: Ho capito.
F.B.: A parlare.
P.M.: A parlare?
F.B.: A parlare, sì.
P.M.: Senta, siete stati anche…
F.B.: E in più, Giancarlo Lotti c’ha una sorella a Cerbaia.
P.M.: Così le diceva Lotti, o l’ha conosciuta?
F.B.: Me l’ha detto lui, me l’ha detto lui.
P.M.: Ho capito. Siete stati, per caso, anche fuori San Casciano, anche in posti più lontani?
F.B.: No, no.
P.M.: Nel Mugello non siete mai stati.
F.B.: Come?
P.M.: Nel Mugello, a Borgo San Lorenzo siete mai stati?
F.B.: No.
P.M.: A Vicchio?
F.B.: No, no. Questi qui, no.
P.M.: Senta una cosa, lei guida? Guida la macchina?
F.B.: Io guidavo, guidavo, guidavo.
P.M.: Ma quando andavate fuori con il Lotti guidava lui e andavate con la macchina del Lotti o con la sua?
F.B.: No, allora, quando ho conosciuto il Lotti, la macchina non ce l’avevo più.
P.M.: Lei. Lotti ce l’aveva.
F.B.: Il Lotti sì, ce l’aveva.
P.M.: E che macchina aveva?
F.B.: Aveva il 131 rosso, e uno beige mi pare.
Presidente: E uno?
P.M.: Beige.
F.B.: Beige.
P.M.: Ed è capitato che andavate fuori lei e il Lotti soltanto?
F.B.: Una volta siamo andati, per esempio, a luce rossa.
P.M.: Alla?
F.B.: Al cinema, al cinema a luce rossa.
P.M.: Ah. Al cinema a luci rosse.
F.B.: Sì. Io e Giancarlo.
P.M.: A Firenze?
F.B.: Al cinema Italia, in via Nazionale.
P.M.: In via Nazionale.
F.B.: Sì.
Presidente: In via Nazionale.
P.M.: Io le chiedevo anche: è capitato, poi, che vi siete trattenuti da soli in macchina con…
F.B.: No, no, no. Questo mai.
P.M.: Questo mai.
F.B.: No.
P.M.: E la proposta…
F.B.: Poi siamo stati a mangiare alla Cantinetta del nonno, sempre a San Casciano.
P.M.: Senta una cosa, di chi fu l’idea di andare a vedere il film a luci rosse, sua o di Giancarlo?
F.B.: No, l’idea di Giancarlo.
P.M.: L’idea fu di Giancarlo.
F.B.: Sì, di Giancarlo. Mi disse: ‘vieni con me, si va al cine’. ‘Andiamo’, e io andetti.
P.M.: Senta un’ultima cosa ancora: le è mai capitato di assistere a litigi fra Vanni e Lotti?
F.B.: No, litigi no. 
P.M.: Ha saputo da qualcuno, e nel caso positivo…
F.B.: Ho saputo che Giancarlo un giorno s’è incavolato e gli disse al bar di Vittorio, sempre al Centrale, di San Casciano, gli disse: ‘se parlo io, tu stai più fermo’.
P.M.: Cioè, se…
F.B.: Gli disse a Mario Vanni.
P.M.: Lotti disse a Mario Vanni: ‘se parlo io, tu stai più fermo’.
F.B.: Sì, sì.
P.M.: Questo, davanti al bar.
F.B.: L’ho sentito dire io, l’ho sentito dire.
P.M.: Da chi?
F.B.: Io non c’ero.
P.M.: Lei non c’era.
F.B.: Io non c’ero.
P.M.: Da chi l’ha sentito dire? Chi era che gliel’ha detto?
F.B.: Eh, non me lo ricordo ora, dalle persone che c’erano…
P.M.: Che erano lì nel bar.
F.B.: Sì, sì.
P.M.: Quando è avvenuto questo fatto? Quando l’hanno riferito a lei, innanzitutto?
F.B.: Ora non me lo ricordo di preciso.
P.M.: Senta una cosa, il proprietario di questo bar sa chi era?
F.B.: Bar di Vittorio.
P.M.: Si chiamava Vittorio?
F.B.: Sì, sì, Vittorio.
P.M.: E lei sa se era presente questo Vittorio?
F.B.: Uno si chiama… son due fratelli: uno si chiama Marco.
P.M.: E il bar però si chiama Vittorio perché è il nome di un altro?
F.B.: L’è il nome del babbo.
P.M.: Ah, del vecchio proprietario. Senta una cosa, sa qual era il motivo per cui il Lotti disse questo?
F.B.: Questo qui non lo so.
P.M.: Senta, circa il carattere di Lotti cosa ci può dire? come l’ha conosciuto lei. Avete mai avuto tra voi litigi? Era un tipo…
F.B.: Ah, fra me e Giancarlo?
P.M.: Sì.
F.B.: Per me l’è stato una persona per bene.
P.M.: Un amico?
F.B.: Un amico, l’è stato un amico come l’è stato Mario Vanni.
P.M.: Però con…
F.B.: Siamo stati a mangiare in qua e in là.
P.M.: Ho capito.
F.B.: Ci siamo divertiti e basta.
P.M.: Sa se Giancarlo aveva rapporti con donne, con prostitute?
F.B.: Sì, Giancarlo sì, aveva la Filippa e la Gabriella.
P.M.: Lo diceva lui, o le ha conosciute anche lei?
F.B.: Me lo diceva lui a me, e poi lo sapevo perché questa Filippa la gli telefonava tutti i sabati.
P.M.: Gli telefonava tutti i sabati.
F.B.: Sì, sì, sì. Sia la Filippa o la Gabriella la gli telefonava. La gli telefonava e lui, una volta che aveva telefonato, l’andava da lei, insomma.
P.M.: Ho capito. Senta, in queste gite, in queste volte in cui andavate a bere o a mangiare, c’era anche qualche altra persona amica di Lotti, diversa da Vanni?
F.B.: Sì, c’è stato altre persone.
P.M.: Ci può indicare qualcuno?
F.B.: C’è stato il Peci, una persona che l’è morto, però lui…
P.M.: Pacciani è mai venuto con voi?
F.B.: No, il Pacciani io non l’ho mai visto.
P.M.: Mai visto addirittura?
F.B.: Mai.
P.M.: A San Casciano o a Mercatale non le è mai capitato di vederlo?
F.B.: Io l’ho visto una volta sola.
P.M.: Ha visto, già si va a una volta.
F.B.: Ora.
P.M.: Ah, ora no.
F.B.: Una volta, ora, sarà tre mesi nemmeno.
P.M.: Prima non l’aveva mai visto.
F.B.: No, non l’avevo mai visto.
P.M.: Sa se…
F.B.: Era nel bar, sempre da Vittorio, e prendeva il caffè con una persona. Ora se l’è un poliziotto in borghese o…
P.M.: Ma questo recentemente o in passato?
F.B.: No, sarà tre mesi nemmeno.
P.M.: Lei sa se Lotti e Vanni conoscevano il Pacciani, indipendentemente da lei?
F.B.: No, questo qui no; non me n’ha mai parlato.

P.M.: Senta, lei ha detto che fra queste persone c’era anche un tedesco, amico di Giancarlo…
F.B.: Sì, un tedesco sì…
P.M.: … e che veniva a far merenda con la sua macchina…
F.B.: Sì, c’era anche lui.
P.M.: … una jeep, con la propria moglie. Chi è questo tedesco?
F.B.: Che praticamente Giancarlo l’è stato a trovarlo a casa sua.
P.M.: In Germania, se è tedesco.
F.B.: Sì, in Germania, sì, sì.
P.M.: E chi era questo tedesco, che rapporti aveva con Giancarlo? Lei dice: ‘era amico…’.
F.B.: Sì, Giancarlo aveva dei rapporti con lui, io non ci avevo confidenza con lui, con questo tedesco.
P.M.: Questo tedesco conosceva… c’era anche Vanni, quando c’era questo tedesco?
F.B.: Sì, sì, sì, ha voglia.
P.M.: Ricorda come si chiama questo tedesco?
F.B.: Mi pare Amundsen.
P.M.: Amundsen?
F.B.: Sì, sì.
P.M.: E c’era anche la moglie?
F.B.: Sì, la moglie sì, e la mamma.
P.M.: La mamma di chi?
F.B.: La mamma di questo tedesco.
P.M.: Ho capito. E come mai era amico di Giancarlo e di Vanni lo sa?
F.B.: Quello… era amico. L’ho conosciuto dopo, io. Io prima non lo conoscevo mica.
P.M.: Questa era una persona che loro conoscevano da prima, sia Vanni che Lotti? Così ha capito lei.
F.B.: Io penso di sì.
P.M.: Da prima, cioè in passato? Non sa dire da quando.
F.B.: Eh no, non lo so.
P.M.: Sa che mestiere faceva questo signore?
F.B.: Chi?
P.M.: Che lavoro faceva questo signore tedesco?
F.B.: Il tedesco?
P.M.: Sì.
F.B.: No, non lo so; non lo so mica icché fa.
P.M.: Ma cosa ci faceva a San Casciano lo sa?
F.B.: Io so che, penso che lui ci abbia anche i soldi. Ha una jeep, aveva un’altra macchina, non me lo ricordo che macchina era.
P.M.: Ma dove abitava questo tedesco?
F.B.: Eh?
P.M.: Dove abitava, quando era a San Casciano?
F.B.: Eh, non lo so mica dove l’andava. Non lo so.
P.M.: Lei l’ha visto personalmente con loro?
F.B.: Il tedesco l’ho visto l’ultima volta che siamo andati a Radda e a Castellina in Chianti a far merenda.
P.M.: Con il tedesco, il Lotti e Vanni.
F.B.: No, s’era io, Giancarlo Lotti e questo tedesco con la macchina.
P.M.: Voi tre siete andati.
F.B.: Sì, sì. Aveva la moglie, il tedesco, e la mamma.
P.M.: Ho capito. Non ho altre domande, grazie.
F.B.: Prego.
Presidente: No, no, aspetti un attimo. Parti civili?
Avv. Aldo Colao: Senta scusi, buongiorno. Sono l’avvocato Colao. Lei aveva un’amicizia con Giancarlo Lotti.
F.B.: È amico.
Avv. Aldo Colao: Aveva un’amicizia.
F.B.: È amico.
Avv. Aldo Colao: Era amico. Ma aveva anche un affetto nei confronti di Giancarlo Lotti?
F.B.: Affetto?
Avv. Aldo Colao: Affetto.
F.B.: No, no, no.
Avv. Aldo Colao: L’affetto si può avere anche nei confronti di un uomo.
F.B.: Finocchio?
Avv. Aldo Colao: Ma…
F.B.: Io finocchio non son mai, stato.
Avv. Aldo Colao: Io le sto facendo una domanda, se lei nutriva dell’affetto…
F.B.: No, no, no.
Avv. Aldo Colao: O Giancarlo Lotti lo nutriva nei suoi confronti.
F.B.: No, no, questo qui no. S’era amici e basta.
Avv. Aldo Colao: Ecco, mi scusi, quando andavate al cinema a luci rosse, no?
F.B.: Siamo stati una volta sola, eh.
Avv. Aldo Colao: Una volta sola.
F.B.: Una volta sola.
Avv. Aldo Colao: Eh…
F.B.: Poi…
Presidente: Faccia fare la domanda, però; faccia fare la domanda.
Avv. Aldo Colao: Ma quando uscivate, dove andavate? Quando uscivate dal cinema… Quando siete usciti dal cinema, dove siete andati?
F.B.: Al bar. Ci si trovava nel bar. Ha capito?
Avv. Aldo Colao: No, dico io, quando avete visto il film a luci rosse…
F.B.: Ah, il film.
Avv. Aldo Colao: Sì.
F.B.: Dopo si venne a San Casciano, eh.
Avv. Aldo Colao: Ecco, nel tornare a San Casciano…
F.B.: Dopo si venne a San Casciano.
Avv. Aldo Colao: Nel tornare a San Casciano, non è che vi siete fermati a commentare il film?
F.B.: No, no, no.
Avv. Aldo Colao: Bene, grazie. Non ho altre domande.
Presidente: Altre domande? Avvocato Pepi?
Avv. Giangualberto Pepi: Avvocato Pepi. Senta, lei è uscito varie volte con Lotti?
F.B.: Come?
Avv. Giangualberto Pepi: È uscito varie volte con Lotti?
F.B.: Poche volte??
Avv. Giangualberto Pepi: Varie volte.
Presidente: Varie volte, parecchie volte.
Avv. Giangualberto Pepi: Parecchie volte, poche volte, cinque volte, dieci, venti.
F.B.: No, una cosa normale.
Avv. Giangualberto Pepi: Normale, mi dice poco, scusi Butini.
F.B.: Sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Cioè, spesso andavate fuori insieme?
F.B.: Con Mario Vanni anche.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, io le sto chiedendo, con il Lotti siete andati fuori parecchie volte oppure no?
F.B.: Sì, sì.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, quando andavate fuori con il Lotti, il Lotti aveva disponibilità di danaro?
F.B.: Delle volte si faceva pagare la benzina da noi, o da me o da Mario e diceva: datemi diecimila lire per la Benzina perché sennò non vi porto più. 
Avv. Giangualberto Pepi: Quindi lei…
F.B.: E dopo, piano piano, io infatti ho smesso di essere amico di Giancarlo Lotti e di Mario Vanni.
Avv. Giangualberto Pepi: Dicevo, quindi lei non ha mai visto il Lotti con parecchi soldi nelle tasche, nel portafoglio?
F.B.: No, no, no, io non ho visto nulla.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, quando andavate fuori, il Lotti beveva parecchio?
F.B.: Il Lotti?
Avv. Giangualberto Pepi: Sì.
F.B.: Eh, se beveva, anche una bottiglia.
Avv. Giangualberto Pepi: Anche una bottiglia.
F.B.: Anche una bottiglia di vino.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma questo era, a quanto pare da quello che ha detto lei prima, era solo nel momento in cui andava a fare merenda che beveva in questa maniera?
F.B.: Sì, sì. Quando s’andava a fare merenda e basta, e basta. 
Avv. Giangualberto Pepi: E lei…
F.B.: Poi, quando s’andava al bar prendeva un caffè.
Avv. Giangualberto Pepi: E quindi beveva parecchio. L’ha visto anche varie volte magari ubriaco oppure no?
F.B.: No, ubriaco no. Giancarlo ubriaco non l’ho mai visto io.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, ma…
F.B.: E nemmeno Mario Vanni.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma senta, a lei le risulta che il Lotti avesse tendenze omosessuali?
F.B.: Io questo non lo so.
Avv. Giangualberto Pepi: Non lo sa o non le risulta?
F.B.: No, no, io non lo so.
Avv. Giangualberto Pepi: Ma io non dico che il Lotti si sia dimostrato, nei suoi confronti omosessuale, se lei sa come persona, nel paese, se…
F.B.: No, no, io sapevo che c’aveva questa Filippa, questa Gabriella, erano prostitute. Non erano per bene, erano prostitute.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, quando lei ha riferito che il Lotti avrebbe minacciato Vanni, lei non era presente, era una voce che ha sentito dire. 
F.B.: No, io non c’ero.
Avv. Giangualberto Pepi: E quindi, chi gliel’ha detta questa, lei non lo sa.
F.B.: Non me lo ricordo mica, ora è passato tanto tempo, ora…
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, ma era una voce, allora a questo punto, una voce così, di paese.
F.B.: -Nel paese parlano, quello è buono, quello è cattivo, quello è così, è cosà.
Avv. Giangualberto Pepi: Ecco, ma lei a che cosa ricollega questo fatto, questa minaccia. Cioè, il Lotti avrebbe minacciato Vanni di che cosa?
F.B.: Non lo so mica per che cosa.
Avv. Giangualberto Pepi: Non lo sa?
F.B.: Io non lo so.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene. Senta, ma lei esclude, allora, quindi, di avere avuto… lei dice di avere avuto con Lotti solo un rapporto di amicizia e basta, niente di più.
F.B.: Sì, amicizia normale.
Avv. Giangualberto Pepi: Normale, senza nessun’altra… non si è mai appartato insieme a Lotti.
F.B.: Lui non c’è mai stato a casa mia e non c’ho portato nessuno a casa mia.
Avv. Giangualberto Pepi: No, dicevo, ma fuori, vi siete fermati in qualche posto?
F.B.: No, no, no.
Avv. Giangualberto Pepi: Lo esclude nella maniera più assoluta.
F.B.: No
Avv. Giangualberto Pepi: No, dico, lo esclude nella maniera più assoluta, cioè, lei non si è mai fermato con Lotti in qualche posto.
F.B.: No, no, no.
Avv. Giangualberto Pepi: Ho capito. Bene, la ringrazio.
Presidente: Senta un po’… Qui, qui.
P.M.: Il signor Presidente.
Presidente: Allora, facciamo una domanda più specifica. Il Lotti, invece, dice – è una domanda che faccio a lei, lei confermerà o non confermerà o mi spiegherà meglio – che una volta in via Empolese, se non ricordo male Pubblico Ministero io vado…
P.M.: Vicino alla Coop, mi sembra…
Presidente: Eh?
P.M.: Dietro la Coop di San Casciano.
Presidente: A San Casciano, una sera, vi siete appartati in macchina lei e il Lotti…
F.B.: Chi lo dice? Lui?
Presidente: Lui lo dice. E avete avuto un rapporto… un rapporto.
F.B.: No, no, questo non è vero nulla.
Presidente: E pare che sia passato il Pacciani in macchina e vi ha visto.
P.M.: Il Vanni è passato.
F.B.: No, no, queste non sono cose vere. Mi dispiace…
Presidente: Non è vero?
F.B.: No, non è vero.
Presidente: Non si è mai fermato in macchina, in una zona buia, un po’ appartata, insieme al Lotti? 
F.B.: No, no, non è vero.
Presidente: A chiacchierare?
F.B.: No, non è vero nulla.
Presidente: Non è vero nulla. Bene,
F.B.: Mi dispiace ma questa è una favola.
Presidente: Senta, lei ha visto in possesso del Lotti una 128 rossa?
F.B.: 128?
Presidente: Sì.
F.B.: No.
Presidente: Lei ha parlato di 131, ma la 128…
F.B.: Io mi ricordo del 131 rosso, e un altro beige, non me lo ricordo ora. 
Presidente: Come?
F.B.: Quell’altro non me lo ricordo. Quello rosso, si.
Presidente: È un rosso sbiadito, un rosso un po’ sbiancato.
F.B.: Sì, sì.
Presidente: Il 128 però, non il 131.
F.B.: No, 131. L’ultima…
Presidente: Lasciamo stare il 131.
F.B.: L’ultima macchina che ha avuto è il 131 rosso.
Presidente: Va bene. Niente, se non ci sono altre domande può andare.
P.M.: Nessuna Presidente.
Presidente: Può andare, grazie.

Presidente: Chi altro c’è?
P.M.: Presidente, i testi sono – quelli convocati per oggi – finiti. Però, poiché una delle scorse udienze era venuto fuori che quei testi che avevano riferito alla Corte di aver visto delle macchie di sangue sulla strada, il giorno dopo l’omicidio, e nel fiume avevano anche detto che la sera erano andati lì e gli era sembrato ci fosse, comunque, presente… erano andati con il maresciallo Lamuratta – che è deceduto – però, almeno uno ricordava che c’era un brigadiere, disse lui, col nome di una città, lui disse Ragusa, e che era lì perché era bloccato il traffico, in quanto, gli sembrò di capire al teste, erano lì a fare delle prove di sparo. Io ho, innanzitutto, cercato di verificare, fra quei marescialli se esiste uno, allora brigadiere, con il nome di una città. Abbiamo individuato il maresciallo Siracusa, che effettivamente ha potuto verificare nei suoi atti, da quel che mi ha detto, la circostanza che lui era lì quella sera, così come c’ha detto il teste, però per altri motivi. Il maresciallo Siracusa è stato poi incaricato da me – l’avevo accennato alla Corte – di vedere se era possibile identificare qualcuno che sarebbe stato in precedenza con il Lamuratta. Il maresciallo Siracusa è oggi presente e, pur essendo terzo rispetto a questa circostanza, ritengo che possa dare indicazioni utili per poter andare avanti nell’individuare qualcuno. Perché ha individuato, così mi ha detto, un altro, non mi ricordo attualmente se è carabiniere o un graduato, che effettivamente è andato lì quel giorno, non con il Lamuratta ma la mattina, addirittura, e si ricorda il discorso delle macchie. Allora direi, se la Corte ritiene, io chiedo che sia sentito ex 507 il maresciallo Siracusa, al fine di poter individuare, tramite lui, questo carabiniere che ne dovrebbe saper qualcosa.
Presidente: Allora, su questo punto, le parti sono d’accordo a che la Corte si pronunci su questo punto e sentire…
P.M.: Sennò lo posticipiamo alla fine del dibattimento.
Presidente: E quindi si inverte l’ordine dell’esame dei testi? Avete delle difficoltà o no? Avvocato Pepi? Allora, ci ritiriamo un attimo e poi vediamo.
P.M.: Sì, grazie Presidente. È presente il teste. 
Presidente: Sì. 

Presidente: Avvocato Pepi?
Avv. Sigfrido Fenyes: Presidente, lo sostituisco io per due minuti.
Presidente: Ah, va bene. Diamo atto che viene sostituito momentaneamente dall’avvocato Fenyes. Allora: “La Corte, ritenuto che è stato rintracciato il teste Siracusa, cui avevano fatto riferimento nelle scorse udienze i testi Bartolini Luciano e Pasquini Pietro…”
(voce non udibile)
Presidente: “… ammette suddetto teste ex articolo 507 C.p.p.. Se ne dispone l’immediata audizione, stante l’accordo delle parti sul punto”. Bene, può entrare il teste Pasquini… cioè Siracusa. Siracusa come? Siracusa?
Vincenzo Siracusa: Siracusa Vincenzo. Maresciallo aiutante, sostituto P.S. Siracusa Vincenzo. 
(voce non udibile)
V.S.: Nato ad Xxxxxx il XX/XX/XX
(voce non udibile)
V.S.: Residente a Xxxxxxxx. 
(voce non udibile)
V.S.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Senta, ha difficoltà ad essere ripreso dalle telecamere o no?
V.S.: No, signore.
Presidente: No. Bene. Senta, voglio sapere una cosa, Pubblico Ministero, siccome l’abbiamo ammesso la Corte, lo devo esaminare prima io e poi…
P.M.: Certo, Presidente. Chiedo scusa, chiedo scusa. Le circostanze sono…
Presidente: Le circostanze sono quelle che sappiamo. Allora, qui ci son stati dei testi… Allora, si parla dell’omicidio di Vicchio, del 29 luglio dell’84, di Pia Routini e l’altro giovane che era con lei. Si dice che subito dopo delle persone hanno visto delle macchie di sangue, che dal fiume sgocciolavano andando fino a verso la piazzola dell’omicidio. E si dice che sono intervenuti anche i Carabinieri e che uno degli intervenuti era lei. È vera questa circostanza o no?
V.S.: Allora, io intervenni insieme agli altri…
Presidente: Allora, dico subito questo, che i Carabinieri di Vicchio non parlano, nel rapporto che fecero a suo tempo, non dicono nulla, assolutamente nulla di questo.
V.S.: Il rapporto lo conosco perfettamente, perché io partecipai alle indagini, Presidente.
Presidente: Ecco, mi… 
(brusio)
V.S.: Io, all’epoca… Sì, all’epoca comandavo la squadra di Polizia Giudiziaria, perché a Borgo c’è la Pretura…
Presidente: Di Borgo. 
V.S.: Sì, di Borgo San Lorenzo. Intervenimmo tutti la mattina del duplice omicidio e io, dai miei superiori – in particolare insieme al maresciallo comandante della stazione di Vicchio – fummo mandati a raccogliere le testimonianze, quindi a sentire le persone. Relativamente a queste macchie di sangue, più in particolare a una pietra con una macchia di sangue, io l’ho appreso dal Pubblico Ministero, il dottor Canessa, qualche mese addietro, perché io non avevo ricordanza e comunque io personalmente non l’avevo accertato. All’epoca, comandava la Compagnia il maresciallo Lamuratta, in sostituzione dell’allora maggiore Ansà, che era in ferie. Quindi, per tutto il giorno io andai, appunto, a sentire le persone fino alle 14.00. La sera, alle ore 21.00, poiché il Pubblico Ministero, l’attuale Pubblico Ministero, fece degli esperimenti, insomma dei sopralluoghi sul luogo del delitto, io mi recai sul posto. Su richiesta sempre del dottor Canessa, mi è stato chiesto di fare, a questo punto, un accertamento se qualche altro militare della Compagnia di Borgo San Lorenzo avesse visto queste macchie di sangue. Bene, io ho fatto un accertamento. Poiché il maresciallo Lamuratta comandava la Compagnia – purtroppo ora è morto – quindi poteva usufruire di qualunque autista, ho chiesto un po’ a giro e un – allora carabiniere, adesso dovrebbe essere vicebrigadiere e fa servizio a Monopoli – certo Risi Salvatore .
Presidente: Risi?
V.S.: Risi, Risi Salvatore, io l’ho contattato personalmente, telefonicamente, mi ha detto che lui si ricorda perfettamente di questa che vanne fatta vedere agli esperti che si occuparono dei rilievi…
Presidente: Tecnici.
V.S.: …. sì, scientifici, esatto; dei rilievi scientifici. Non più tardi di questa mattina, io mi sono recato al Comando Regione Carabinieri Toscana per altre pratiche burocratiche della Stazione di Borgo San Lorenzo, e così parlando relativamente al motivo della mia venuta qua a Firenze, gli ho detto che, appunto, dovevo essere sentito relativamente a queste macchie di sangue che io non avevo ricordanza, non avevo visto. Lui mi disse che all’epoca faceva servizio alla Compagnia di Pontassieve, al Radio Mobile della Compagnia di Pontassieve, e intervenne verso le sette di mattina, sette e mezzo – insomma lui faceva il turno delle sette/tredici – e si ricorda anche lui di questa macchia di sangue.
Presidente: Come si chiama questo?
V.S.: Questo si chiama maresciallo Cappelletti, che è in servizio presso il Comando Regione Carabinieri Toscana. All’epoca faceva servizio alla Compagnia di Pontassieve. Questo, volevo aggiungere il motivo per il quale questi di Pontassieve… Noi confiniamo con Pontassieve…
Presidente: Sì, sì.
V.S.: … e, essendo assente il nostro Comandante di Compagnia, l’ufficiale, venne, diciamo così, a coordinare le indagini 1’allora capitano Sticchia, adesso tenente colonnello. Ecco perché, probabilmente, io non sono a conoscenza di questa macchiolina di sangue…
Presidente: Va bene.
V.S.: … perché, appunto, io fui mandato a sentire le persone.
Presidente: Sì, sì. Ecco, ora ci ha spiegato. Bene, l’esame può continuare in modo normale.
P.M.: Nessuna domanda il P.M., Presidente.
Presidente: Le parti civili? 
(voce non udibile)
Presidente: Difensori? 
Avvocato: Una sola domanda, signor Presidente. Lei ricorda, maresciallo, la distanza che correva tra la piazzola dove fu commesso il duplice omicidio ed il fiume?
V.S.: Allora, io ovviamente feci molti accessi, chiamiamoli così, molte altre ispezioni dei luoghi successivamente, nei giorni a venire; sì, è poca distanza. C’è una stradina, diciamo a poca distanza… Ora non saprei apprezzare la distanza, comunque non è molto lontana. 
Avvocato: Anche approssimativamente, nell’ordine…
V.S.: Onestamente, avvocato, sinceramente non sono in grado. Comunque non è molto lontana. 
(voce non udibile)
V.S.: Rispetto alla direzione è verso Dicomano, rispetto alla direzione del punto dove… 
Avvocato: 20 metri, 30 metri?
V.S.: Beh, credo, insomma, nell’ordine… sì, non tanto lontano. 
(voce non udibile)
V.S.: Sì, insomma, in quella distanza là. Almeno ritengo di… comunque non molto lontana. 

Avvocato: Grazie, maresciallo.
V.S.: Quella stradina scende direttamente al fiume.
Presidente: Bene, può andare.
V.S.: Grazie, Presidente.
Presidente: Allora, Pubblico Ministero, rintracci queste persone.
P.M.: Senz’altro, Presidente. Mi sembra che ci siamo dati da fare e qualcosa abbiamo trovato.
Presidente: Sì, sì, come no.
P.M.: I testi che abbiamo sentito in quest’aula, quanto meno, hanno detto il vero.
Presidente: Bene. Ci sono altri?
P.M.: Nessun altro teste stamani, Presidente.
Presidente: Allora andiamo a venerdì 18, alle ore 9.00.
P.M.: Bene, Presidente. Volevo far presente questo, già che ci siamo, che venerdì mi hanno assicurato che potranno dare la loro presenza sicuramente quella signora olandese, se non sbaglio…
Presidente: Sì, l’amica
P.M.: Ecco. Siccome non parla la lingua italiana, tant’è che abbiamo una sua lettera che poi abbiamo fatto tradurre, quindi per quanto riguarda l’interprete io penso di farne venire uno, valuterà poi la Corte se nominarlo. Ho chiesto al. Consolato Olandese di portare un…
Presidente: Va bene.
P.M.: Poi, se riesco, faccio venire i testi oggi indicati e valuterà la Corte ex 507.
Presidente: Va bene.
Avv. Giangualberto Pepi: Danese, eh.
P.M.: Danese, sì, sì. Chiedo scusa, chiedo scusa. Sbaglio sempre danese e olandese. Comunque il Consolato ho preso quello giusto.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, sì.
Presidente: Allora, traduzione del Vanni; i difensori ne prendono atto. Bene, l’udienza è tolta.

14 Luglio 1997 18° udienza processo Compagni di Merende

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