18 Luglio 1997, 19° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
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Ingrid Von Pflugk Harttung, Heinz Diether Von Pflugk Harttung, Salvatore Risi, Avv. Giangualberto Pepi
Presidente: Allora signori, buongiorno. Ci siamo? Lotti; il difensore, avvocato Pepi… No, Vanni col difensore, avvocato Pepi. Bagattini per Faggi. Zanobini per Corsi. Bertini per Lotti. Lotti non c’è, vero?
(voce non udibile)
Presidente: Non c’è oggi.
(voce non udibile)
Presidente: Bene. Fabrizio Pellegrini, avvocato Curandai. Ci siamo tutti. Elisabetta?
(voce non udibile)
Presidente: Allora: Curandai per tutte le parti civili mancanti. Va bene? Pubblico Ministero, allora può entrare il primo teste di stamattina.
P.M.: Sì, Presidente. Una formalità, prima, in quanto la signora, la teste Von Pflugk – mi scuso per la pronuncia, non la conosco – non parla la lingua italiana; allora occorrerebbe nominare prima un interprete, che io avrei reperito tramite il Consolato e quindi, se vogliamo provvedere prima alla nomina.
Presidente: Bene.
P.M.: Fate entrare…
(voce non udibile)
P.M.: Buongiorno. Sì.
Presidente: Come si chiama, lei?
Interprete: Mi chiamo Runa Windt. Runa Windt.
Presidente: Allora, lei viene nominata interprete del…
Interprete: Io sono l’interprete di danese, sì.
Presidente: Ecco, appunto. Deve venire questa signora che non conosce la lingua italiana, o per lo meno non la conosce bene, allora lei se per cortesia mi traduce le domande che saranno fatte.
Interprete: Sì.
Presidente: Ha l’obbligo di mantenere, di adempiere fedelmente all’incarico affidato e di mantenere il segreto. Va bene?
Interprete: Senz’altro.
Presidente: Okay.
(voce non udibile)
P.M.: Presidente, quando crede io…
Presidente: Sì, può entrare il teste.
P.M.: Ecco.
Presidente: Sì.
P.M.: Farei introdurre la teste, la signora Ingrid Harttung Von Pflugk.
(voce non udibile)
P.M.: Sì, facciamo prima.
Presidente: Signora, se vuol dire alla signora come si chiama.
Interprete: (Traduce in italiano). Ingrid Pflugk Von Harttung.
Presidente: Dove è nata, in Danimarca. Quando è nata?
Interprete: (Traduce in italiano). Nata il NNNNN, a NNNNN, in Danimarca.
Presidente: Va bene.
Presidente: Ecco, mi deve leggere una formula in italiano, lei gliela traduce. È l’obbligo che assume con questa deposizione.
Presidente: Bene. Allora, prego Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, Presidente. Vorrei che fosse innanzitutto chiesto alla teste se conosce la famiglia Rontini e da quando.
Presidente: Parlate a voce alta.
Interprete: (Traduce). La signora…
P.M.: Chiedo scusa, forse dobbiamo chiedere se ha qualche problema per le riprese.
Presidente: Ah già sì, ha ragione. Ha difficoltà a essere ripresa dalle telecamere oppure no?
Interprete: (Traduce in italiano). Non ha nessuna difficoltà.
Presidente: Va bene. Allora la potete riprendere.
Interprete: (Traduce in italiano). La signora diceva che conosce la famiglia Rontini da circa 35 anni.
P.M.: Ho capito. La Pia Rontini in che modo l’ha conosciuta e quando e quando per l’ultima volta l’ha vista?
Interprete: (Traduce in italiano). Ha conosciuto Pia Rontini da quando aveva cinque anni. Siamo venuti tante volte a trovare la famiglia qui in Italia. Il padre di Pia viaggiava su una nave e ha conosciuto il marito della signora che navigava anche lui. L’ultima volta che ho visto Pia era maggio, due mesi prima che Pia è morta.
P.M.: Ci vuole spiegare in quale occasione e come mai l’ha vista?
Interprete: (Traduce in italiano). Pia abitava con noi un tre quarti di anno circa.
P.M.: Abitava con loro a Copenaghen, dove abitavano loro, cioè?
Interprete: (Traduce in italiano). Sì.
P.M.: Può spiegare meglio il motivo e se ricorda l’esatto periodo?
Interprete: (Traduce in italiano). I signori hanno invitato Pia a stare con loro, perché Pia doveva stabilire dentro di sé se fosse danese o italiana, e l’hanno aiutata a frequentare una scuola di lavori domestici per lo stesso scopo.
P.M.: In Danimarca.
Interprete: (Traduce in italiano). In Danimarca.
P.M.: È in grado di ricordare il periodo esatto di questa permanenza in Danimarca di Pia?
Interprete: (Traduce in italiano). Era da settembre ’83 alla fine di giugno ’84.
P.M.: Quindi
Interprete: (Traduce in italiano) . Forse maggio, dice la signora.
P.M.: Forse maggio. In questo periodo, se non ho capito male, Pia abitava in casa con la signora.
Interprete: (Traduce in italiano). Nei mesi dove frequentava la scuola, abitava alla scuola; nel resto del periodo dalla signora.
P.M.: Che…
Interprete: (Traduce in italiano). Era a casa tutti i fine settimana.
P.M.: Ho capito. E in precedenza aveva avuto altri periodi in cui la ragazza aveva abitato con lei, o era la prima volta?
Interprete: (Traduce in italiano). Era la prima volta che Pia abitava dai signori.
P.M.: E fra loro era intervenuto un rapporto di confidenza? Parlavano di tutto, di problemi della ragazza, o era soltanto una conoscenza superficiale?
Interprete: (Traduce in italiano). Era un rapporto molto intimo.
P.M.: Dopo che Pia è tornata in Italia – se non ho capito male, da quello che ricorda la signora siamo nel maggio forse giugno dell’84 – ha avuto ancora rapporti epistolari o telefonici con Pia?
Interprete: (Traduce in italiano). C’erano contatti telefonici. Pia ha telefonato alla signora forse tre volte per dire come stava.
P.M.: Ricorda il contenuto di questi colloqui, con riferimento al lavoro nuovo di Pia al bar di Vicchio?
Interprete: (Traduce in italiano). Prima parlava delle difficoltà di trovare un lavoro e nel primo colloquio ha raccontato di questo lavoro che trovava al bar e diceva alla signora che era perfettamente in grado di fare quel lavoro.
P.M.: E quando poi questo lavoro è iniziato, ha ricevuto qualche confidenza sul tipo di lavoro, sul gradimento che Pia aveva o meno di questo lavoro, su particolari circostanze relative a questo lavoro? Confidenze.
Interprete: (Traduce in italiano). Non diceva molto a proposito del lavoro. Diceva solamente che voleva fare di tutto per fare questo lavoro fino a che non poteva trovare qualcos’altro.
P.M.: Hanno parlato di persone che hanno infastidito o molestato, o in qualche modo non erano gradite a Pia, conosciute nell’ambito del lavoro?
Interprete: (Traduce in italiano). Nell’ultimo colloquio telefonico, la signora ha capito dalla voce di Pia che era molto impaurita e raccontava di – la signora non si ricorda bene – una o più persone che le davano fastidio.
P.M.: Ci può spiegare da cosa ha capito che era molto impaurita? Sono state parole precise, o è stata una sensazione della signora?
Interprete: (Traduce in italiano). Una sensazione veramente che la signora ha avuto dalla voce di Pia, il fatto che Pia parlava di questa persona o queste persone, che era molto impaurita.
P.M.: Ha capito qualcosa di più sul tipo di molestia o sul tipo di persona o persone?
Interprete: (Traduce in italiano). Non diceva niente di particolare a questo proposito, però era molto dispiaciuta; diceva solamente: ‘cercherò di continuare a lavorare lì’.
P.M.: E se non ho capito male, quindi, era talmente turbata che aveva delle difficoltà a lavorare lì, a continuare a lavorare lì?
Interprete: (Traduce in italiano). Aveva una grande voglia di smettere di lavorare lì. La signora diceva: ‘bisogna fare di tutto perché tu puoi lasciare questo lavoro’.
P.M.: Con riferimento a queste persone, ha capito, o la Pia le ha detto, se erano giovani, anziani? Se erano uno o più persone da cosa l’ha capito?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora dice che Pia non ha detto niente di proposito, che la signora ha avuto l’impressione che era, diciamo, questa situazione di alcune, una o più persone, un po’ avanti negli anni che danno fastidio a giovani ragazze.
P.M.: E la signora ricorda questa telefona, se lo ricorda, a quanti giorni o a quanto prima dell’omicidio avvenne? E se fu Pia a telefonare, o se fu la signora.
Interprete: (Traduce in italiano). È stata Pia a telefonare, però la signora non si ricorda esattamente quanti giorni prima. Era poco prima, però.
P.M.: La signora ricorda se era una telefonata ordinaria nella quale ci fu questo colloquio, o se ebbe la sensazione che la telefonata fu quasi per comunicare questo fatto?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora è sicura che Pia ha telefonato per dire, raccontare questi fatti. Perché la signora mancava a Pia per dare consigli, per aiutarla in questa situazione.
P.M.: La signora ricorda la telefonata precedente quanto tempo prima era stata? E se nella telefonata precedente – se non ho capito male, la signora ne ricorda tre – c’era stato un accenno a una situazione simile, oppure prima di quella ultima telefonata, di questo fatto Pia non aveva mai parlato?
Interprete: (Traduce in italiano). Non diceva niente nelle telefonate precedenti. Era molto contenta e voleva solamente lavorare, cominciare a lavorare.
P.M.: Fu questa ultima telefonata in cui, quindi, venne fuori questo tipo di racconto.
Interprete: (Traduce in italiano). Solamente in quest’ultimo colloquio, dopodiché la signora non ha più parlato con Pia.
P.M.: La signora sa, o ha chiesto a Pia, se di queste cose aveva parlato, non so, coi genitori, con la mamma?
Interprete: (Traduce in italiano). No, non ha chiesto a Pia.
P.M.: Non ha chiesto. E di questa circostanza, poi, la signora – dopo la morte della ragazza – ha parlato con la mamma, o ne ha parlato solo ultimamente quando è venuta fuori questa circostanza; o ne hanno parlato nell’immediatezza dei fatti?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora non ha dato nessun valore a questi fatti. Solamente l’anno scorso, quando ha saputo di alcuni disturbi lì al bar, lei ha detto: ‘ma mi ricordo che Pia mi ha raccontato questo’.
P.M.: La signora ricorda di aver, eventualmente, parlato di questa circostanza, non so, con il marito?
Interprete: (Traduce in italiano). Sì, ha parlato molto con il suo marito di questo fatto. Avevano questa sensazione che Pia era molto scontenta del suo lavoro e parlavano di questo.
P.M.: Il marito è qua oggi con la signora?
Interprete: (Traduce in italiano). Si.
P.M.: Grazie. Ancora una domanda, l’ho già fatta, ma provo a rifarla per vedere se riesco a far ricordare meglio alla signora.
P.M.: Se la signora ha capito, indirettamente o direttamente, da Pia quali erano il tipo di molestie che le venivano fatte, o Pia non disse tutto, oppure fece solo discorsi generici?
Interprete: (Traduce in italiano). Si sentiva insicura, si sentiva, come si dice, perseguita.
P.M.: Perseguitata.
Interprete: Perseguitata, sì.
P.M.: È questa la traduzione della parola che ha detto la signora?
Interprete: Sì.
P.M.: Io non ho altre domande, Presidente. Grazie. Chiedo ovviamente, dato che è presente, di sentire sulle stesse circostanze, il marito della teste che porta lo stesso cognome Heinz Dieter, dovrebbe essere.
Avv. Patrizio Pellegrini: Sono l’avvocato Pellegrini, legale dei genitori di Pia Rontini, se glielo vuole spiegare.
Avv. Patrizio Pellegrini: Signora, cercando di sforzare la memoria, Pia disse o fece capire, in quella telefonata, che erano persone o persona a lei conosciuta, a lei nota, già conosciuta o degli estranei che lei non aveva mai prima conosciuto?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora dice che pensa che erano completi estranei a Pia, non erano persone che aveva visto prima, o che conosceva prima.
Avv. Patrizio Pellegrini: Da cosa può dedurre questa sua convinzione?
Interprete: (Traduce in italiano). L’impressione della signora era che erano alcune persone che venivano in questo bar, e quindi non persone conosciute a Pia.
Avv. Patrizio Pellegrini: Quindi non persone del paese probabilmente.
Interprete: (Traduce in italiano). A questo proposito Pia non diceva niente.
Avv. Patrizio Pellegrini: Le molestie…
(voce non udibile)
Avv. Patrizio Pellegrini: Le molestie di cui era oggetto Pia, erano molestie a sfondo sessuale o di altro genere?
Interprete: (Traduce in italiano). Pia non diceva niente alla signora a questo proposito.
Avv. Patrizio Pellegrini: Quindi non riferì che cosa le veniva detto o fatto per molestarla?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora può dire solamente che era impaurita.
Avv. Patrizio Pellegrini: La ringrazio.
Interprete: Avvocato Colao.
Avv. Aldo Colao: Signora, buongiorno, sono l’avvocato Colao, di parte civile.
Avv. Aldo Colao: Questa paura che aveva Pia era dettata da queste persone, la signora ha detto, no?
Interprete: Una sensazione sua, eh.
Avv. Aldo Colao: Sì, esatto. Ma aveva anche un disagio all’interno del posto di lavoro. Vuol riferire questo?
Presidente: No, ne ha già parlato la teste. Ha detto che voleva cambiare lavoro e lei le aveva suggerito di fare tutto il possibile per trovare… Di questo ne ha già parlato, comunque…
Avv. Aldo Colao: Questo disagio… Prego prego, completi.
Interprete: (Traduce in italiano). Era una paura che aveva dentro, nel posto dove lavorava.
Avv. Aldo Colao: La mia domanda è questa: queste persone possono in qualche modo essersi fatte aiutare da persone all’interno del lavoro per pressare Pia?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora non sa niente a proposito di questo…
Presidente: È un discorso del tutto generico, vago, quindi non ha particolari da riferire al teste.
Avv. Aldo Colao: Grazie.
Presidente: Comunque le domande sono ammesse. Bene, altri? Avvocato Pepi.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì. Buongiorno, signora, sono l’avvocato Pepi. Senta signora, lei ha parlato di questa telefonata. La prima domanda che le faccio: si ricorda quanto durò questa telefonata?
Interprete: (Traduce in italiano). La prima telefonata, dice la signora, un tre, cinque minuti, perché Pia non aveva tanti soldi per telefonare, all’incirca.
Avv. Giangualberto Pepi: E oltre questa telefonata, lei ha ricevuto spesso altre telefonate?
Interprete: (Traduce in italiano). Dopo che Pia è tornata in Italia, la signora ha parlato con lei tre volte.
Avv. Giangualberto Pepi: Tre volte. Ecco, nelle altre due volte non ha parlato di questi inconvenienti?
Interprete: (Traduce in italiano). Le prime due volte Pia riferiva solamente di questo nuovo lavoro e non parlavano di altre cose.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta signora, ricevuta questa telefonata in cui Pia si lamentava di questa situazione, lei riferì subito, immediatamente, ai genitori di Pia questa situazione oppure no, visto che lei era amica della famiglia Rontini?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora non riferiva niente ai genitori di Pia Rontini, perché non lo considerava un fatto molto grave.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene. Senta signora, le disse, per caso, la Pia se di questa situazione si fosse confidata con il datore di lavoro e con i dipendenti, con gli altri dipendenti del bar?
Interprete: (Traduce in italiano). La signora non sa niente di questo.
Avv. Giangualberto Pepi: Sa, per caso, se gliel’ha riferito ovviamente in questa telefonata, se anche le altre ragazze che erano al bar, dipendenti del bar subivano queste stesse attenzioni?
Interprete: (Traduce in italiano) La signora non ne sa niente.
Avv. Giangualberto Pepi: Non ne sa niente. Senta, l’ultima domanda è questa: lei ha parlato, mi sembra a conclusione, della telefonata, siccome lei spesso dava consigli alla Pia su vari argomenti a quanto pare, le dette dei consigli particolari di questa situazione, oppure no? E semmai che tipo di consigli.
Interprete: (Traduce in italiano) La signora diceva a Pia di cercarsi prima possibile un altro lavoro.
Avv. Giangualberto Pepi: Senta, veramente l’ultima domanda. Visto che lei ha parlato di impressioni e sensazioni nella telefonata, non è che possa essere un’impressione che invece che minacce o noie, fossero complimenti magari un po’ pesanti di persone, che purtroppo spesso capita che vengano fatte a delle ragazze?
Interprete: (Traduce in italiano) La signora dice che aveva assolutamente l’impressione di paura, che Pia aveva paura. Dice conosce Pia fino al fondo della sua anima, ed era molto impaurita.
Avv. Giangualberto Pepi: Bene, non ho altre domande. Grazie.
Presidente: (voce non udibile) … signorina aveva tanta paura, perché lei non ne ha parlato con i genitori, con la sua amica?
Interprete: (Traduce in italiano) No, Il rapporto fra la signora e Pia era molto stretto.
Presidente: Stretto, sì.
Interprete: (Traduce in italiano) E la signora non aveva l’impressione che la cosa fosse così grave, che c’era bisogno di parlare con i genitori. Dice potevano essere delle persone ubriache a fare queste cose.
Presidente: Ma la ragazza che termini esattamente ha usato quando ha parlato con lei?
Interprete: (Traduce in italiano) La signora si ricorda che Pia aveva paura e che c’erano delle persone che la perseguitavano.
Presidente: Sì, ma come si espresse la Pia?
Interprete: (Traduce in italiano) Le parole esatte non si ricorda la signora.
Presidente: Perché lei ha detto infastidita, perseguitata, però sono parole sue, o sono parole della Pia?
Interprete: (Traduce in italiano) La parola perseguitata l’ha usata la Pia, quando parlava con la signora.
Presidente: L’ha usata la Pia? Bene, avvocato Colao… Un’altra cosa: lei è venuta qui con suo marito e si trattiene quanto? Va via presto dall’Italia?
Interprete: (Traduce in italiano) Rimangono qui fino a mercoledì prossimo.
Presidente: E è venuta con suo marito?
Interprete: (Traduce in italiano) Sì, con il marito.
Presidente: Prego, avvocato…
Avv. Giampaolo Curandai: Avvocato Curandai di parte civile, signora. Senta signora, lei ha figli?
Interprete: (Traduce in italiano) La signora non ha figli.
Avv. Giampaolo Curandai: È vero, o non è vero che consideravate Pia Rontini quasi come una figlia?
Interprete: (Traduce in italiano) L’hanno considerata quasi come una figlia.
Avv. Giampaolo Curandai: Per quale motivo?
Interprete: (Traduce in italiano) Perché l’hanno conosciuta da quando aveva cinque anni, quindi emozionalmente si sono sentiti molto vicini.
Avv. Giampaolo Curandai: Sì. Durante il soggiorno di Pia in Danimarca, la Pia viveva presso di loro?
Interprete: (Traduce in italiano) Sì, quando non frequentava la scuola.
Avv. Giampaolo Curandai: Grazie.
Avv. Aldo Colao: Signora, scusi, al di là della forte amicizia che lei aveva nei confronti della Pia, la Pia oggettivamente, secondo lei era persona attendibile, o era persona impressionabile? Era una persona…
(voci fuori microfono)
Avv. Aldo Colao: Allora rivolgo in altro modo questa domanda. Era soggetto facilmente impressionabile, o no?
Interprete: (Traduce in italiano) Era una ragazza molto emotiva, ma non con troppa immaginazione o fantasiosa.
Avv. Aldo Colao: Grazie.
Avv. Giangualberto Pepi: Scusi, Presidente, una sola precisazione, sempre avvocato Pepi. Senta, lei signora ha detto poc’anzi, proprio rispondendo a una domanda del Presidente, di considerare Pia Rontini come sua figlia, quasi come sua figlia. E poi ha anche aggiunto che in questa telefonata la Pia si sentiva perseguitata. Ecco, io le chiedo, siccome essere perseguitata è un fatto piuttosto grave e viceversa lei ha detto che la situazione non le sembrava grave. Ecco, io le chiedo, una figlia, una quasi figlia che si rivolge a lei dicendo di essere perseguitata, lei non ritenne di fare niente per questa situazione?
Interprete: (Traduce in italiano) È molto difficile per la signora spiegare. Dice che per Pia era un conflitto e che la signora voleva seguire Pia in questo conflitto come una madre.
Interprete: (Traduce in italiano) E la signora diceva: ‘chiamami presto, chiamami sempre’. E questo non l’ha più potuto fare.
Presidente: Bene allora la teste, se non ci sono altre domande, può andare. Allora, io voglio sapere dagli avvocati, dai difensori, c’è una richiesta di ammissione di questo teste ex articolo 507, se è il caso di farlo ora, perché dal momento che il teste va via, se si è d’accordo, salvo poi se la Corte l’ammette o non l’ammette, ci ritireremo su questo punto. Comunque sapere se siete d’accordo a farlo assumere ora, invertendo l’ordine… va bene? Siete d’accordo? Bene, allora ci ritiriamo un attimo.
Presidente: “La Corte, ritenutene le opportunità, ammette come teste il marito della signora Von Pflugk Ingrid, a conferma delle sue dichiarazioni e, stante l’accordo delle parti, ne ordina l’immediata audizione”. Allora signora, vuol spiegare al signore se vuole essere ripreso dalle telecamere, o no.
Interprete: (Traduce in italiano) Il signore dice è uguale. Non ha niente in contrario.
Presidente: Va bene. Se vuol dire come si chiama, dove risiede, dove è nato?
Interprete: (Traduce in italiano) Heinz Diether Von Pflugk Harttung. Nato il NNNNNNN. Nato in Svezia.
Presidente: Bene. Senta, poco fa è stata sentita la sua moglie, la moglie del teste, che ha riferito di tre telefonate ricevute da Pia Rontini a lei, quando la ragazza ritornò dalla Danimarca in Italia. In particolare l’ultima telefonata, ecco, se può riferire lui cosa gli disse sua moglie allora.
Interprete: (Traduce in italiano) La signora ha detto che Pia non era molto contenta di lavorare nel bar, si sentiva insicura e loro erano molto dispiaciuti per questo.
Presidente: Ecco, ma insicura perché non era all’altezza di fare il lavoro, quel tipo di lavoro? O insicura per altre circostanze?
Interprete: (Traduce in italiano) Si sentiva insicura per le persone che frequentavano questo posto.
Interprete: (Traduce in italiano) No, era molto contenta quando ha avuto il lavoro. Perché era molto difficile trovare un lavoro e loro erano contenti per lei e anche lei era contenta per questo lavoro.
Presidente: Bene. L’esame può continuare in modo ordinario.
P.M.: Il P.M. nessuna domanda, Presidente, grazie,
Presidente: Parti civili?
Avvocato: No, grazie.
Presidente: Difensori dell’imputato? Può andare, grazie.
Interprete: (Traduce in danese)
P.M.: Forse, chiedo scusa, il signore ha qualcosa da aggiungere di sua volontà. Vedo è rimasto un attimo perplesso dal fatto che non volevamo sapere altro, non vorrei che… Se voleva aggiungere qualcosa lui che forse non abbiamo chiesto.
Interprete: (Traduce in italiano) No, lui pensa che la sua signora ha detto tutto perché durante… prima e anche oggi, in questi giorni hanno sempre parlato fra di loro di queste cose.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Può andare, grazie. Chi altro c’è?
P.M.: Sì, Presidente, mi scuso che non l’ho fatto prima, forse era implicito da l’invito che aveva fatto lei la volta scorsa, quando disse al P.M. se era possibile, dopo la deposizione del teste maresciallo Siracusa, identificare e citare il vicebrigadiere Risi Salvatore, che fu indicato dal maresciallo Siracusa come al corrente dei fatti della pietra con il sangue, dopo l’omicidio, trovata sul fiume, nonché il maresciallo Cappelletti Fabrizio. Io mi sono dimenticato di chiedere alla Corte ovviamente di ammetterli ex 507, ma lo avevo quasi intuito.
Presidente: … stamattina?
P.M.: Stamattina c’è il brigadiere Risi Salvatore, che è venuto da Monopoli, dalla Puglia apposta per noi. Il maresciallo Cappelletti invece, che è a Firenze, è malato.
Presidente: Bene.
P.M.: Io chiedo di ammetterli entrambi e di sentire oggi…
Presidente: Allora, su questo punto la Corte è già stata sentita l’altra volta, anche se non abbiamo emesso un formale provvedimento, è d’accordo a sentire queste persone su queste circostanze.
P.M.: Bene. Allora il brigadiere Risi è presente.
Presidente: Se siete d’accordo a sentirlo subito, bene? Allora, la Corte ammette ex articolo 507 il teste Risi.
P.M.: Risi Salvatore.
Presidente: E anche Cappelletti.
P.M.: Sì. Non c’è oggi però.
Presidente: Va bene.
P.M.: Cappelletti Fabrizio.
Presidente: Si dispone la immediata audizione del Risi, oggi presente, bene. Come si chiama lei?
Salvatore Risi: Risi Salvatore. Nato a Mesagne il 25 giugno 1959.
Ufficiale giudiziario: Residente?
S.R.: A Monopoli (BA). “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.”
Presidente: Lei era carabiniere, cos’è?
S.R.: Brigadiere.
Presidente: Brigadiere dei Carabinieri.
S.R.: All’epoca ero carabiniere.
Presidente: All’epoca carabiniere. Dove, a Borgo San Lorenzo?
S.R.: Sissignore.
Presidente: Ecco. Lei fu comandato nella notte del delitto, subito dopo, il giorno dopo, non so, sul posto?
S.R.: Io preciso che…
Presidente: Si parla dell’omicidio di Vicchio.
S.R.: Sì, sì.
Presidente: Tanto per intendersi. 29 luglio ’84.
S.R.: 31 luglio dell’84.
Presidente: No, 29.
S.R.: 29 luglio.
Presidente: Va bene.
S.R.: Io ricordo che rientrai il 29 o il 30, ero in ferie, mi chiamarono a casa, il maresciallo La Moratta – che ora è deceduto – di farsi accompagnare sul posto dove si era verificato il movente. Ricordo che lui aveva l’appuntamento in Vicchio, piazza Giotto, con altre due persone che lo dovevano portare sul posto, dove erano state notate delle macchie di sangue. Arriviamo sul posto e infatti le macchie di sangue c’erano.
Presidente: Aspetti, e quanto tempo è decorso dal delitto?
S.R.: Cioè, la distanza?
Presidente: Eh.
S.R.: La distanza saranno…
Presidente: Il giorno subito… il giorno dopo.
S.R.: Ora non ricordo.
Presidente: Qualche ore dopo, un giorno ancora.
S.R.: Non ricordo con precisione se fu il giorno dopo o il giorno successivo, comunque fu verso sera ricordo.
Presidente: Verso la sera.
S.R.: Verso sera, sì. Non ricordo l’orario preciso. Preciso che io facevo solo l’autista al maresciallo La Moratta. Quando arrivammo sul posto, che ci accompagnarono questi due signori, uno si chiamava Bartolini…
Presidente: Bartolini, sì.
S.R.: Bartolini. Vidi infatti delle macchioline di sangue che portavano giù al fiume e mi ricordo c’era un sasso, molto basso, non era molto spesso, che le macchie di sangue erano abbastanza evidenziate. Cioè, siccome era impregnato di acqua questo sasso quindi non riusciva ad assorbire bene il sangue.-
Presidente: Cioè, era ancora bagnato?
S.R.: Sissignore, infatti. Quando arrivammo sul posto mi ricordo c’erano altre persone, erano degli esperti penso, che commentavano il fatto. Si misero a parlare con il maresciallo La Moratta e poi non lo so che cosa è successo.
Presidente: E queste macchioline, che macchioline erano? Com’erano?
S.R.: Erano abbastanza marchiate sul sasso, erano evidenti.
Presidente: Erano continue, non continue, una qua, una là, alla rinfusa, in un certo ordine?
S.R.: Mentre portava giù al fiume sì, c’erano una qua e una là, erano di scarsa visibilità praticamente. Mentre quelle che erano sul sasso erano abbastanza evidenziate, si vedevano benissimo.
Presidente: E questo sasso che fine fece?
S.R.: Questo non lo so perché appunto, ripeto, facevo l’autista all’epoca. Il sasso fu preso da questi esperti insieme al maresciallo La Moratta. Quello che…
Presidente: Gli esperti chi erano? Della Scientifica di Firenze, erano Carabinieri, della Polizia?
S.R.: Non lo so, non lo so, questo non sono in grado…
Presidente: Lei parla di esperti.
S.R.: Perché si misero a parlare col maresciallo La Moratta appunto e si parlava, dicevano che questo qua colpisce sempre vicino a dove scorre il fiume, per poi andarsi a lavare a far perdere le tracce. Mi ricordo queste parole.
Presidente: Queste macchie di sangue da dove provenivano? Lei dice… da dice provenivano? Lo sa lei? L’ha seguite, o no?
S.R.: Sì, dalla stradina praticamente, che scendeva giù al fiume. Una stradina parallela, rispetto alla direzione di marcia Dicomano-Vicchio, una stradina…
Presidente: Rispetto al luogo del delitto. Lei, il luogo del delitto l’ha visto?
S.R.: Sì, sì, sì.
Presidente: Ecco. Rispetto al luogo del delitto, veniva dal luogo del delitto, veniva da altre parti?
S.R.: No, dal luogo del delitto sì.
Presidente: Dal luogo del delitto.
S.R.: Sissignore. Sulla parte destra, rispetto alla direzione di marcia Dicomano e Vicchio di Mugello.
Presidente: Senta, i Carabinieri di Vicchio c’erano?
S.R.: C’erano tantissimi, signor Presidente, quindi non… c’erano tantissima gente.
Presidente: Senta, il Bartolini perché chiamò voi e non chiamò i Carabinieri di Vicchio?
S.R.: Questo…
Presidente: Dal momento che sta sulla piazza a Vicchio?
S.R.: Questo non lo so, perché mi sa che lui parlò con il maresciallo La Moratta. Perché il maresciallo La Moratta mi diceva: ‘andiamo subito a Vicchio, andiamo perché ci sono queste persone, ci stanno aspettando’.
Presidente: Non glielo avete domandato, non se lo ricorda lei?
S.R.: No.
Presidente: Senta, dal momento che si richiede opportuno intervento dei Carabinieri, i Carabinieri sono a Vicchio perché chiamano quelli di Borgo San Lorenzo? E voi andate a incontrare queste persone a Vicchio. Volevo sapere la ragione, la spiegazione.
S.R.: Questo non lo so, signor Presidente, questo non sono in grado di spiegarglielo.
Presidente: Che cosa poi fu fatto del sasso, del resto, fu fatto un rapporto su questa situazione, o no?
S.R.: Non lo so perché, le ripeto, io feci solo l’autista al maresciallo La Moratta, quindi non…
Presidente: Va bene.
P.M.: Nessuna domanda il Pubblico Ministero.
Presidente: L’esame può proseguire in via normale. Chi ha interesse a domande?
Avv. Federico Bagattini: (voce non udibile)
Presidente: Prego avvocato Bagatti… Ah, no, avvocato Pellegrini.
Avv. Patrizio Pellegrini: Avvocato Pellegrini. Per chiarire l’arrivo della telefonata a Borgo anziché a Vicchio: lei non sa quando avvenne questa richiesta di intervento, se avvenne quando la caserma di Vicchio era già chiusa e quindi le telefonate si smistavano automaticamente a Borgo?
S.R.: Ripeto che io quella sera facevo il turno 19.00-01.00, cioè dalle 19.00 alle 01.00. Quando arrivai in caserma, verso le sei e mezza, sette meno venti, il maresciallo La Moratta mi disse: ‘sbrigati perché dobbiamo andare a Vicchio’. Quindi non sono in grado di precisare…
Avv. Patrizio Pellegrini: Se c’era già stata questa richiesta evidentemente?
S.R.: Non ho capito.
Avv. Patrizio Pellegrini: La richiesta di intervento era già avvenuta quando lei…
S.R.: Sì, sì, già avvenuta, sicuramente contattato il maresciallo La Moratta perché lui sapeva la dinamica dell’evento praticamente, della richiesta ecco.
Avv. Patrizio Pellegrini: Bene, grazie.
Presidente: Chi altro?
Avv. Federico Bagattini: Sì, grazie signor Presidente.
Presidente: Bene, avvocato Bagattini.
Avv. Federico Bagattini: Quando siete intervenuti sul posto ha detto c’erano molte persone, Forze dell’Ordine?
S.R.: Tantissimi. Cioè, sul posto dove c’erano le macchie di sangue erano quattro-cinque persone, che appunto commentavano il fatto con il maresciallo La Moratta.
Avv. Federico Bagattini: Ho capito. Senta, lei ricorda se, mi sembra che abbia detto che questo sasso fu preso, portato via.
S.R.: Sissignore, da queste persone qua e…
Avv. Federico Bagattini: Ecco. Lei si ricorda se prima di rimuovere il sasso furono scattate delle fotografie?
S.R.: No, questo no.
Avv. Federico Bagattini: Non se lo ricorda, o lo esclude?
S.R.: No, non furono scattate.
Avv. Federico Bagattini: Non furono scattate. Lei dice il sasso comunque fu rimosso e portato via. Da chi fu portato via?
S.R.: Da queste persone che erano sul posto. Penso che erano degli esperti. Non lo so se erano della Polizia o Carabinieri, che contattavano sempre il maresciallo La Moratta che all’epoca era comandante della Compagnia.
Avv. Federico Bagattini: Ho capito. Quindi questo sasso fu materialmente portato via da questo…
S.R.: Fu prelevato da terra, sì.
Avv. Federico Bagattini: Ecco. Successivamente il maresciallo le chiese di partecipare, o le parlò della redazione di qualche atto…
S.R.: No, questo non potevo interferire, perché è il comandante della Compagnia.
Avv. Federico Bagattini: No interferire, io le domando se il maresciallo le chiese, o le disse qualche cosa.
S.R.: Parlavano tra di loro e… non lo so.
Avv. Federico Bagattini: No, no, io dico in seguito, tornato in ufficio, o il giorno successivo?
S.R.: No, no, questo non lo so. Non lo so perché io rientrai…
Avv. Federico Bagattini: Lei non è a conoscenza di alcun atto che il maresciallo abbia fatto relativamente al rinvenimento del sasso?
S.R.: No, assolutamente, non sono a conoscenza.
Avv. Federico Bagattini: Neppure si preoccupò, il maresciallo – per quello che lei sa – della sorte di questo sasso?
S.R.: Non lo so, avvocato.
Avv. Federico Bagattini: Grazie. Non ho altre domande.
Presidente: Ma il maresciallo, prese lui il sasso, o gli esperti?
S.R.: Sissignore.
Presidente: Prese lui il sasso.
S.R.: Insieme a queste…
Presidente: Senta, Cappelletti lo conosce?
S.R.: No, no.
Presidente: Non lo conosce. Se era un carabiniere, maresciallo, brigadiere.
S.R.: No. All’epoca questo Cappelletti a Borgo San Lorenzo non c’era.
Presidente: Non c’era a Borgo San Lorenzo?
S.R.: No.
P.M.: Era a Pontassieve ci hanno detto.
Presidente: Pontassieve, va bene. Senta, di quelli che erano lì e che hanno comunque visto questa situazione, chi altri ricorda lei? Che ci può dare una mano a vedere un po’.
S.R.: Non sono in grado di ricordarmi le persone chi erano.
Presidente: Le persone che stavano all’epoca a Borgo San Lorenzo?
S.R.: Ah, cioè sul fatto c’ero io, il maresciallo La Moratta e ripeto queste quattro persone che io non conosco. Se questo Bartolini lo vedo…
Presidente: No, parlo di Carabinieri.
S.R.: Di Carabinieri…
Presidente: Bartolini… c’era Bartolini e un altro.
S.R.: Sì, c’era il maresciallo Siracusa, ma non era sul posto quando…
Presidente: Pasquini.
S.R.: No.
Presidente: Non le dice nulla.
S.R.: No.
Presidente: Va bene. Altre domande? Avvocato Colao.
Avv. Aldo Colao: Senta, scusi, lei dice che il sasso, che era vicino al fiume, no?
S.R.: Sì.
Avv. Aldo Colao: Eh, o era dentro al fiume?
S.R.: No, vicino al fiume.
Avv. Aldo Colao: Perché il fiume era secco?
S.R.: Tanta acqua non c’era.
Avv. Aldo Colao: Ecco. Quindi il sasso…
S.R.: Era di piccole dimensioni il flusso dell’acqua.
Avv. Aldo Colao: Allora questo sasso era in un posto asciutto? Quantomeno non era nell’acqua.
S.R.: Umido, umido.
Avv. Aldo Colao: Umido.
S.R.: Sì.
Avv. Aldo Colao: Ecco. E le macchie conferma che erano evidenti?
S.R.: Sissignore.
Avv. Aldo Colao: Macchie di sangue evidenti.
S.R.: Sissignore.
Avv. Aldo Colao: Bene, grazie.
Presidente: Pubblico Ministero?
P.M.: Sì, Presidente. Brigadiere, quando lei dice di queste persone con cui parlava La Moratta, il maresciallo, erano degli esperti: fra questi quattro c’erano anche i due che erano venuti con voi da Vicchio, quindi erano solo due…
S.R.: Il Bartolini ricordo io. L’altro non lo conosco.
P.M.: Ma c’erano loro due e queste quattro persone in più?
S.R.: Sissignore.
P.M.: Quindi… Queste quattro persone, se lei lo ricorda, erano in borghese o in divisa?
S.R.: In abiti civili, sì.
P.M.: Quindi è un’impressione sua che fossero esperti? Cioè, li aveva convocati La Moratta, erano lì per caso, erano…
S.R.: Quando noi arrivammo, loro c’erano già sul posto.
P.M.: Erano alle macchie.
S.R.: A verificare, sì, le macchie del sangue.
P.M.: Quindi lei capì che erano degli esperti, cioè qualcuno del ramo, o Carabinieri o Polizia…
S.R.: Sì, perché il linguaggio…
P.M.: Ecco, dal tipo di linguaggio che avevano con il maresciallo La Moratta.
S.R.: Infatti sì, era articolato, quindi…
P.M.: Lo capì lei che erano degli esperti.
S.R.: Sì.
P.M.: O comunque persone che capivano di che cosa si parlava?
S.R.: Sì, sì.
P.M.: Non ho altre domande, grazie.
Presidente: Difensori? Va bene, può andare, grazie. Pubblico Ministero allora?
P.M.: Non ci sono altri testi per oggi.
Presidente: Per questa mattina nient’altro?
P.M.: No, abbiamo
Presidente: Poi ci penseremo…
P.M.: Avevo convocato il maresciallo Cappelletti, ma è ammalato mi dicono.
Presidente: Ah, va bene. Allora sentiremo la prossima volta…
P.M.: La lista del P.M. è già parecchio avanzata nel…
Presidente: Prego avvocato Pepi.
Avv. Giangualberto Pepi: Sì, Presidente io, come ho già preannunciato anche al Pubblico Ministero, visto appunto la situazione dell’udienza che è terminata, brevemente illustrerei un’istanza negli interessi del signor Vanni Mario. È un’istanza di revoca della misura cautelare in carcere, in tesi e in ipotesi la modifica della stessa negli arresti domiciliari. Brevemente, molto brevemente, vorrei far presente alla Corte che dopo due mesi circa di dibattimento è emerso quello che questo difensore riteneva dovesse emergere nella vicenda. Mario Vanni è di fronte alla vostra giustizia esclusivamente per la chiamata in correità che è stata proposta nei suoi confronti dal Lotti. Questa chiamata in correità è stata, ad avviso di questa difesa, messa in seria difficoltà, è stata ridimensionata, è stata per certi versi addirittura smentita nei fatti più importanti da una serie di testi che la Corte ha sentito in questi giorni. A titolo di esempio, di esemplificazione, per dimostrare che il quadro indiziante nei confronti del signor Vanni è, ad avviso ripeto di questo difensore, mutato in meglio vi è una serie di testimonianze che mettono in risalto quello che abbiamo sempre detto, quello che abbiamo sempre prospettato alla Corte, quello che abbiamo prospettato ai Tribunali della Libertà, alla Suprema Corte di Cassazione, delle nostre istanze precedenti, che Lotti è solo e soltanto un bugiardo, un calunniatore, una persona che dice cose assolutamente non vere. E che poi, addirittura è emerso dal dibattimento il motivo per il quale Lotti ha fatto, ad avviso di questo difensore, questa chiamata in correità. Io mi sono sempre posto il problema fin dal primo momento come mai un Lotti che fino a pochi giorni prima dell’arresto frequenta Vanni, un Lotti che si dichiara amico di Vanni, abbia fatto una chiamata in correità in questo senso, in questa maniera, se non fossero stati veri i fatti che lui diceva, non mi ponevo il problema perché sia stata…Mi ponevo, l’ho chiesto mille volte a Mario Vanni: ‘Vanni, dimmi che cosa ci può essere stato fra te e Lotti che lo possa avere indotto a fare questa….
Mario Vanni: Nulla, nulla.
Avv. Giangualberto Pepi: La risposta l’abbiamo avuta all’altra udienza. Quando la Bartalesi Alessandra ha evidenziato il motivo di astio che Lotti ha nei confronti del Vanni; quando la teste dichiara espressamente: ‘Lotti mi disse ‘gliela farò pagare’, tant’è che pochi giorni lo zio venne arrestato’. E gliel’ha fatta pagare. Perché si è rifiutato di dargli un prestito. A domanda di questo difensore, la Bartalesi che cosa ha risposto? Loro lo vedranno nelle trascrizioni. Ha risposto: “Nel senso che se Lotti avesse avuto lì il Vanni lo avrebbe ammazzato”. Ecco il movente, ecco che la chiamata in correità non è più disinteressata. Ma vi è di più: altri testi che abbiamo sentito hanno escluso in maniera categorica fatti su cui Lotti ha insistito, fatti che venivano addebitati al Vanni e che sono emersi del tutto diversi. Faccio degli esempi: Il teste Santoni ha escluso nella maniera più assoluta che Vanni abbia fatto dei pedinamenti nell’imminenza dell’omicidio di Vicchio; la teste Bazzi ha escluso quella agghiacciante circostanza che Lotti dice che della spedizione ad essa di una lettera con frammento umano. Lo ha escluso nella maniera più assoluta. Non solo, la stessa teste Bazzi ha dichiarato che fu un caso eccezionale che Pia Rontini quella sera non fosse a lavorare, perché lavorava sempre di notte. E allora non c’era la possibilità di premeditare 1’omicidio. Perché nessuno lo poteva sapere di questo cambio di orari. Il Vanni Paolo e la Frigo hanno dato – e su questo avremo molto luogo di parlare – hanno dato una agghiacciante impressione: di come siano state da parte della Polizia Giudiziaria condotte le indagini a senso unico, tanto per trovare uno: abbiamo trovato Vanni, teniamo in carcere lui. E sono emersi fatti che ci siamo riservati all’udienza che potrebbero avere carattere di responsabilità penale o quella Frigo che ha dichiarato certe cose, o che gli agenti di Polizia che hanno scritto altre cose che la teste non avrebbe detto. Vi è stato poi una serie di testi del bar, del datore di lavoro del bar, della Bazzi ancora, che hanno escluso altri fatti importanti relativamente alle preoccupazioni della povera Pia Rontini. Vi è quindi, signori della Corte, valutate bene: la chiamata in correità sta scricchiolando da tutte le parti. Si è scoperto il motivo, il movente, del motivo di astio, di odio che Lotti ha nei confronti di questo pover’uomo, di quest’uomo che non gli ha fatto altro che del bene. E lui lo ripaga in questo modo, infamandolo con omicidi che non ha mai fatto e non ha mai partecipato. L’ultimo teste, il Butini, che doveva confermare quell’agghiacciante rivelazione di Lotti, secondo cui, essendo stato scorto da Pacciani e da Vanni in atteggiamenti intimi con il Butini avrebbe avuto il ricatto sessuale: ‘o vieni con noi a fare gli omicidi, o lo diciamo a tutta San Casciano che sei omosessuale’. Lo sapevano tutti che era omosessuale. E vengono al dibattimento. E queste sarebbero le prove, indizi di prove per tenere un anno e mezzo in carcere un uomo? La persona che sta di fronte a voi è incensurata, che ha sempre lavorato. Non si deve fare il processo alle particolarità sessuale, o a cose a cui predilige Vanni. Non c’entra nulla in questo processo. C’entra, viceversa, che si sta ogni giorno provando che Lotti è un mentitore, ecco quello che conta. E allora, da queste brevi considerazioni emerge che il quadro indiziario è migliorato nei confronti del Vanni, e non vi è più motivo di tenerlo in carcere. Guardino, rivalutino gli altri testi, tutti quelli che sono venuti che hanno visto le macchine, nessuno parla di due persone sulla macchina. Tutti parlano di due macchine con, una persona a bordo. Ecco dove ha mentito Lotti. Dov’era Vanni, nel bagagliaio? Non c’era Vanni seduto al guidatore, tutti lo hanno detto, tutti i testi, quelli che hanno visto le macchine. E allora in una situazione di questo genere di assoluta quantomeno incertezza sugli indizi di prove, sul fatto che abbiamo dimostrato il movente della chiamata in correità, è veramente conforme a giustizia continuare a tenere un uomo di settant’anni in carcere? Io vi chiedo pertanto che vogliate, per queste motivazioni, revocare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, rimettendo in libertà Mario Vanni. In sub ordine quantomeno giustizia vuole che quest’uomo, l’unico della vicenda che è ancora in carcere, sia quantomeno mandato agli arresti domiciliari. E non mi si dica, signor Presidente e signori della Corte, come mi si è detto in precedente risposta a mia precedente istanza, che non vi sarebbe la possibilità di controllarlo. Questo urta veramente con la logica. Signor Presidente e signori della Corte, tutti sappiamo com’è il paese di San Casciano. Se veramente le Forze dell’Ordine non sono in grado di controllare una persona che è agli arresti domiciliari a San Casciano, io mi chiedo che cosa ci stiano a fare, allora. Non è New York, non è Roma, non è Milano, non è Firenze. La caserma dei Carabinieri è a pochi metri da casa Borgo Sarchiani, dove sta Vanni. Non mi si dica che non lo si può controllare. E poi dove vuole che vada quest’uomo a cui sono stati tolti anche i risparmi? Non ha più una lira. Dove deve andare a fuggire, dove? Alle Maldive? Dove deve andare, se non a casa di sua moglie? Ma la coscienza, nei confronti di un uomo, che sino a prova contraria ancora non è colpevole. Anzi, sta emergendo solo la sua innocenza, lo vogliamo continuare a vessare? Teniamolo ancora in carcere, facciamolo morire in carcere, almeno il mostro si sa, c’è, non può difendersi più e… facciamo questo! Ecco, signori della Corte, signor Presidente, io insisto per tutti questi motivi perché vogliate revocare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, o in ipotesi, quantomeno concedere gli arresti domiciliari a Mario Vanni.
Presidente: Il Pubblico Ministero su questa richiesta?
P.M.: Sì, Presidente. Cerco di essere molto più tranquillo, come lo sono, rispetto al difensore del Vanni, nell’illustrare brevemente quali sono le ragioni nettamente opposte che mi portano a chiedere loro di respingere la richiesta. Vorrei che la Corte valutasse un attimo gli elementi che sono…
Presidente: Bene, prego.
P.M.: Presidente, volevo mettere in evidenza gli elementi che sono emersi e che debbono ancora emergere per la verità in questo dibattimento. Però si possono ben evidenziare oggi in atti che già voi avete per contraddire completamente, totalmente la impostazione data dal difensore. Signori, fin dal primo momento, il P.M. ha cercato di spiegarvi e di evidenziare come la situazione della confessione innanzitutto di Lotti, non ha niente a che vedere con un atto spontaneo. Quindi, la chiamata di correo che Lotti fa, non è un atto spontaneo, non c’è movente, non c’è motivo di rivalsa nei confronti di Vanni. Cerco di spiegarmi meglio perché è tutto qua il processo e l’impostazione difensiva è errata, perché loro sanno, basta leggere le dichiarazioni di Lotti, che il signor Lotti confessa innanzitutto la propria responsabilità solo, ed esclusivamente nel momento in cui viene dimostrato a lui che quella sera dell’85 era sul luogo dell’omicidio. La chiamata di correo che Lotti fa nei confronti di Vanni, non ha niente a che vedere con qualcosa di vendetta, perché loro, leggendo gli atti dell’incidente probatorio e tenendo presente quello che è il racconto fatto dal Pubblico Ministero e dal dirigente della Squadra Mobile, loro hanno ben presente già oggi che la chiamata di correo di Vanni viene fatta dal signor Pucci Fernando, in epoca ben antecedente a quando il Lotti è costretto a confermare – costretto a confermare – che c’era anche Vanni. Non c’è alcun motivo, in Lotti, di astio nei confronti di Vanni. Finché può, il signor Lotti, primo, difende se stesso cercando di dire: ‘io non c’ero’; secondo, esclude fin che può, di sapere chi erano le due persone che erano nell’85. Siccome Pucci molto realisticamente, come terzo – e secondo me è il vero terzo in questo processo – siccome viene evidenziata la sua presenza nel luogo dell’omicidio dell’85, dice con chi era lì. Dice: ‘ero con Lotti’. Poi dice: ‘c’erano due persone’. E’ Pucci che per primo, storicamente in questo processo, dice: ‘guardate, c’eravamo io e Lotti. Lotti la sapeva così: ‘c’erano Vanni e Pacciani’. Allora vedrete che la realtà è completamente diversa da come ve la sta cercando di dipingere il difensore. Non c’è nessun motivo in Lotti di accusare Vanni per motivi di rivalsa, motivi… Non aveva denaro, non gli aveva dato il denaro che gli aveva chiesto. Signori, ma queste sono interpretazioni del difensore sulla base di alcune emergenze che ci sono e che hanno tutta un’altra spiegazione e lo vedremo nel dibattimento. Ma il punto fondamentale che loro devono tenere presente in questo processo, sia per il futuro, dato che c’è un anticipo delle impostazioni difensive, delle impostazione del P.M. e nel futuro, è quella di tenere presente che Lotti non fa nessuna chiamata di correo per vendicarsi nei confronti di qualcuno. La fa, signori, guardate gli atti e l’incidente probatorio, tenete presente quello che vi è stato riferito in merito a ciò che dice Pucci – la fa perché e il Pucci che dice: ‘quella sera, si, io c’ero. C’erano Lotti’, e descrive chi c’era: Vanni e Pacciani. A quel punto, il signor Lotti, dopo una serie numerosa di contestazioni che riguardano la sua personale responsabilità, ammette, confessa e dice: ‘sì, è vero ciò che dice Pucci, c’erano anche gli altri’. Vedete, signori, che è completamente diverso il quadro che è emerso ad oggi nel processo e che emergerà con la deposizione ancora da fare del Pucci per la quale del resto ci sono non solo verbali in atti, ma ci sono elementi tali nell’incidente probatorio per avere oggi la giusta convinzione che le cose stanno in questo modo. Allora vedete come nessuna vendetta da parte di Lotti, il quale, come dice la Bartalesi, fino a poco tempo prima era in perfetta armonia, o comunque era in una situazione di continua conoscenza di amicizia e di frequentazione con il Vanni. Perché? Perché il Lotti è costretto a fare la chiamata di correo, primo, perché è stato costretto dai fatti a confessare; secondo, perché è evidente che le cose stanno in quel modo. E quando Pucci gli fa, racconta le cose come sono andate, è chiaro che nel confronto dà tutti i particolari che deve dare. Allora non c’è chiarissimo in questo processo alcuna volontà di Lotti di accusare qualcuno ingiustamente, tantomeno di calunniare qualcuno. È un Lotti che è costretto a confessare la propria partecipazione dopo che gli è stato contestato molto chiaramente ciò che voi sapete: telefonata Ghiribelli, Galli, eccetera. Quindi, l’impostazione che vi viene oggi offerta dal difensore per ribaltare le cose all’interno di questo processo, è una impostazione non solo assolutamente errata, ma totalmente in contrasto con quello che è emerso fino ad oggi. Quindi non c’è nessun movente in Lotti di accusare Vanni di vendetta. Il Lotti, se poteva, avrebbe fatto di tutto: primo, per negare la propria responsabilità; secondo, per chiamare come correo il Pacciani e il Vanni. Questa è la realtà che è emersa ad oggi. E signori, qui non è vero che l’accusa si fonda sulle dichiarazioni di Lotti, ma parte da elementi obiettivi, telefonate, dichiarazioni di Ghiribelli, dichiarazioni Galli, ammissioni di Pucci. Circostanziate, le quali sono state fatte nel tempo, ve lo ha spiegato il dirigente della Squadra Mobile. Solo dopo – e per non ripetermi ulteriormente – solo dopo viene fuori il Vanni, senza nessun motivo di astio. Perché tra Lotti e Vanni c’era, fino al momento in cui le cose precipitano, una perfetta comunanza di interessi. Gli interessi comuni di Vanni erano tacere, stare zitti, non subire assolutamente alcuna pressione da parte di chicchessia. Poi c’era quella figura di Pacciani che tutti sappiamo che li teneva buoni entrambi. Questo è lo stato delle conoscenze e lo stato della ricostruzione che è stata fatta ad oggi. Quindi è una visione non solo completamente distorta, quella del difensore, ma che non si fonda assolutamente su elementi acquisiti ad oggi. In questo contesto è chiaro che le dichiarazioni 2 successive di Lotti che voi avete nell’incidente probatorio, sono dichiarazioni che non sono assolutamente perfette. Io me ne rendo benissimo conto, fin dal primo momento. Ma c’è una spiegazione, signori, il Lotti ammette tutto ciò che gli viene contestato. Non è un pentito, lo dobbiamo ripetere fino all’inverosimile. Lotti è confesso perché è costretto a confessare esclusivamente quei fatti che gli vengono contestati. Tutte le volte in cui nell’incidente probatorio e fino ad oggi il Lotti ci è riuscito, è svicolato, ha cercato di mentire, ha cercato di porre la propria situazione processuale di responsabilità più nell’ombra possibile. Nessuno lo crede, tanto meno il P.M. crede che il Lotti sia così terzo in questa situazione. Lotti ci è dentro fino al collo, perché la situazione probatoria che è stata evidenziata dalla Corte in tutti quei riscontri che voi sapete, è una situazione che vede un Lotti completamente inserito in questa vicenda al 100%. Confessa e ammette ciò che non può negare. È chiaro che Lotti in questa situazione, ogni volta che non gli sono stati contestati i fatti specifici, o comunque i fatti che gli venivano contestati gli consentivano di svicolare, tutte le volte che ci è riuscito, ha cercato o di mentire, o di omettere qualcosa. Questa è la realtà ad oggi. Sentiremo il Lotti, gli contesteremo tutto ciò che gli dobbiamo contestare di ulteriore, che non corrisponde a quello che è emerso. Ma i punti salienti, quelli importanti, quelli delle macchine, quelli del fatto che sono stati usati due coltelli, quello del fatto che la Pia Rontini gemeva nel momento in cui, prima di essere definitivamente uccisa, sono elementi che hanno riscontri obiettivi e che ci dicono che il Lotti, quanto a presenza, quanto a ricostruzione dei fatti, per quanto riguarda le responsabilità come le ricorda o come le vuole ricordare lui, sono responsabilità piene. Ha importanza oggi dire in una situazione di questo genere, il Santoni ha escluso che Vanni fosse pedinato? Signori, ma qui è leggere anche male volutamente le dichiarazioni del Santoni. Santoni ha detto: ‘ho visto Vanni’, punto e basta. Quando, come non lo so. Questo doveva dire e questo era quello che ha sempre detto. La Bazzi, ma cosa deve fare? Se un certo signore dice: ‘forse si chiamava Manuela’. E fa il racconto di una lettera e poi nell’incidente probatorio prudentemente o no, non lo sappiamo – questa Manuela non parla più – se noi individuiamo una certa Bazzi Manuela, la quale dice: ‘io non ero’, sono due le possibilità: o mente la Bazzi Manuela, o l’Emanuela è un’altra, o la terza a cui è arrivata la lettera è una persona, allo stato, non individuata. Ci sono elementi tali per pensare che la situazione giusta è quella individuata dal Lotti, vedremo cosa ulteriormente riusciremo a dimostrare. Però tenete anche presente, rispetto a questa lettera di cui Lotti parla che è stata inviata nell’84 con una minaccia, signori, Lotti ne parla di sua spontanea volontà. Che motivo ha un Lotti di parlare di una lettera di cui nessuno sa niente, quando nelle carte processuali, all’epoca, c’era ben altra lettera dell ’85? Vedete quindi che Lotti è una persona che fa i suoi racconti in una sua ottica difensiva nella quale cerca, quando può, di attenuare le proprie responsabilità. Ma è un Lotti che non può che raccontare cose vere di cui crede che ci sia riscontro. Tant’è parla lui di questa lettera dell’84 di cui, a quel momento, nessuno sapeva niente. Capite, se era un Lotti che voleva inventare qualcosa, inventava sulla lettera dell’85 della quale gli inquirenti avevano già notizia. Quindi, nel valutare le dichiarazioni di Lotti, il quale, ripeto e ripeterò sempre in questo processo finché mi sarà consentito, è un Lotti che è confesso, perché costretto a confessare, è un Lotti che si guarda bene di essere un pentito. Non si è mai seduto davanti ad un tavolo dicendo: vi racconto la verità. La verità la stiamo ricostruendo in questo processo giorno giorno. E non è la verità che vi è stata dipinta oggi dal difensore, il quale vi viene a dire: c’è un movente di vendetta di Lotti. Ripeto, il Lotti se ne guardava bene fino a quel 12 o 11 febbraio del 1996, quando confessò di esserci stato, si guardava bene da ammettere di essere stato lì e tantomeno di chiamare in causa Vanni. Fino a quel momento, rapporti economici, rapporti di nipoti, rapporti di fidanzate o no, i rapporti fra loro erano di comune accordo. Non c’era nessun motivo per fare la chiamata di correo. Non ne aveva voglia, tant’è che negli atti è dimostrato che non ne aveva voglia fino all’inverosimile della possibilità di indagine. A questo punto direi che la situazione probatoria, per quanto riguarda gli indizi, è notevolmente rafforzata, perché il processo ha dimostrato che gli elementi fondamentali che riguardano la ricostruzione fatta da Lotti riguardo alla sua partecipazione alla ricostruzione di chi vi era e su come sono andati i fatti è perfettamente concordante con ciò che ha detto Lotti. Quello che appare oggi non perfettamente in linea, non è altro che la dimostrazione che Lotti dice quel che sa, quello che vuole dire e non c’è nessuna verità precostituita. Vengo in breve alle altre condizioni, dal momento che gli indizi non solo sono quelli che sono stati ad oggi identificati in tutti gli atti dell’Autorità Giudiziaria con la Corte di Assise di Firenze compresa, che ha già respinto istanze analoghe relative alla posizione in libertà Vanni. Si tratta di indizi che, a mio parere, per i motivi che ho cercato di riassumere oggi, sono totalmente rafforzati. Per quello che riguarda condizioni di salute, per quello che riguarda il pericolo relativo al mettere in libertà, sia pure in arresti domiciliari il Vanni, evidenzio come, in una situazione di questo genere in cui loro stessi hanno visto come i testi hanno difficoltà a raccontare questi fatti, hanno visto come è evidente che dietro questo processo ci sono persone che sanno, persone che hanno, non vogliono dire di più, il mettere in libertà una persona che si è comportata come loro sanno, scrivendo le lettere a tutto il paese, è un motivo di grossa perplessità circa la possibilità che ci sia un ulteriore futuro inquinamento ulteriore delle fonti di prova. Così come il pericolo nasce dal fatto, non solo che c’è una pistola ancora a giro, ma che il signor Vanni – oramai è provato anche nel processo – era il primo che voleva comprare una pistola. Non sappiamo per quali reali motivi, ma questo era il Vanni nel momento in cui è stato descritto alla Corte nei tempi precedenti la sua cattura. Ritengo quindi che sussistono tuttora tutti i motivi che hanno portato l’Autorità Giudiziaria finora dal Tribunale di Libertà alla Corte di Cassazione, alla stessa Corte di Assise, respingere le istanze anche quelle mediate di arresti domiciliari. Ritengo che c’è ancora pericolo di inquinamento, pericolo di reiterazione. E ritengo che ad oggi, l’unica misura idonea a preservare il corso della Giustizia, sia quello del mantenimento del Vanni in carcere. Chiedo quindi che la istanza venga respinta.
Presidente: Su questa istanza la Corte si riserva. Richiede un certo impegno, quindi va esaminata attentamente. Senta, il processo. . .
Mario Vanni: Presidente, scusi.
Presidente: Mi dica, signor Vanni.
Mario Vanni: Io sono innocente. Non ho fatto del male a nessuno. Mi faccia la gentilezza, non ne posso più, mi mandi a casa dalla mia moglie.
Presidente: Non dipende da me. Io faccio…
Mario Vanni: Sono innocente…
Presidente: Va bene.
Mario Vanni: Io non ne posso più di questa carcere. Sono tutti e due bugiardi, sia il Lotti che il Pucci. Ho, chiuso. Scusi.
Presidente: Prego. No, no, può parlare quando crede, è suo diritto. Per carità! Senta il processo allora viene sospeso e rinviato in prosecuzione… Quanti giorni, il 29 o 30 settembre. So che qualcuno aveva, il 29, difficoltà.
Avvocato: (voce non udibile)
Presidente: Benissimo. Allora andiamo al 30. Il 30 va bene? Martedì 30 settembre ore 09.00.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Ordina la nuova traduzione del Vanni, se è ancora detenuto. Nel caso che il Vanni fosse libero alla data del 30 settembre… Signor Vanni, lo diffido a comparire senz’altro avviso. Ora gli spiego a lui come, cosa vuol dire. Allora, signor Vanni, noi dovremo fare l’ordinanza sulla richiesta dell’avvocato Pepi. Io non so cosa ovviamente la Corte deciderà. Se lei è ancora detenuto, viene mantenuto in carcere, sarà tradotto qui, va bene?, dai Carabinieri; se invece è libero, sarà libero, allora questo vale come diffida a comparire. E lei non riceverà nessun foglio, deve venire da solo. Va bene? Ora vedremo un po’. Va bene? L’udienza è tolta. Buone vacanze a tutti.