Il 4 settembre 1997, mentre era in pieno svolgimento il processo a carico di Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Fernando Pucci e Alberto Corsi, Si presentava Flavio Graziano e consegnava a personale di questo ufficio un cilindretto contenente una strisciolina di carta con annotata la seguente frase “Coppia Vic FI D35067”; numero, questo, risultato corrispondente alla targa dell’autovettura Fiat Panda di Claudio Stefanacci. Il
Graziano, dopo aver ritrattato le prime dichiarazioni sul rinvenimento di quell’oggetto presso il podere Schignano di Vicchio, aveva riferito di aver trovato quello scritto in un block notes rinvenuto per terra nello spazio adibito a parcheggio annesso all’abitazione di Barbiana di Giovanni Spinoso, presso cui si era recato per una visita. In sede di interrogatorio, però, alla presenza del proprio legale di fiducia, non confermava detta versione, che, con tutta probabilità, era invece quella vera o quella più vicina alla verità, atteso che, durante il suo viaggio da Asti a Firenze subito dopo aver subito la perquisizione domiciliare, da un telefono pubblico di un’area di servizio, telefonava alla moglie assicurandola di stare tranquilla perché aveva riferito al Dott. Giuttari la verità ed avrebbe quindi chiarito tutto con il magistrato.
Flavio Graziano era diventato, nel tempo, amico della famiglia Rontini.
In relazione al cilindretto in questione, bisogna ricordare quanto si è potuto appurare nel corso delle indagini sullo Spinoso. Infatti, nel corso della perquisizione eseguita nell’abitazione dello Spinoso il 25 novembre 1998, venivano rinvenuti alcuni fogli manoscritti, nei quali lo Spinoso aveva annotato l’episodio del rinvenimento dell’oggetto e del suo incontro quel giorno con il Graziano a casa dei Rontini. In questi appunti (è l’unica volta che il giornalista scrive con tanta precisione un avvenimento al quale aveva presenziato, così come si è potuto rilevare dall’esame di tutta la documentazione allo stesso sequestrata!), si legge: “stamane verso le 11.30 sono sceso da Barbiana a Vicchio con C. Alberto per salutare Zinnie e R. e Flavio che partissero per Asti (Flavio si sposa il 5/IX e W e R sono testimoni alle nozze)“.
In relazione, poi, ai rapporti tra il Graziano Flavio e lo Spinoso bisogna ricordare che, nel corso della perquisizione eseguita a carico di quest’ultimo furono trovate alcune lettere inviate dal primo alla famiglia Spinoso. In una, che portava il timbro postale “24.4.1995”, il Graziano dichiarava di essere contento di averli conosciuti e riferiva che, in occasione della visita che aveva fatto, prima di lasciare la zona di Firenze, si era recato, con i suoi compagni di viaggio, a Mercatale, cogliendo l’occasione di vedere “il tabernacolo di Crespello (citato nella lettera anonima dell’asta guidamolla) e per chiedere alcuni pareri sul Mario Vanni in paese.” In un’altra lettera, con timbro “17.6.1996”, il Graziano, che dimostrava di essere un conoscitore ed amante di astrologia, analizzava l’oroscopo di Matilde, figlia dello Spinoso. Vedi: Nota informativa n°500/2001 del 3 dicembre 2001
“E il 4 settembre 1997. F.G. consegnava ad un collaboratore di Michele Giuttari un cilindretto di metallo, aperto su entrambe le estremità, contenente un pezzetto di carta con annotato a mano il numero di targa della macchina su cui era stata uccisa una coppia, vittima del “Mostro”. Dice di averlo trovato, proprio quella mattina, nel podere di Schignano di Vicchio durante una visita sul posto per eseguire alcune riprese video del fabbricato e del terreno circostante. Racconta di aver sentito dei rumori provenire dalla vegetazione, sotto un albero di noci. Avendo paura che potesse trattarsi di una serpe, aveva preso un ramoscello smuovendo l’erba e la terra. Dalla terra smossa era uscito quel cilindretto, all’interno del quale aveva trovato il pezzettino di carta.
Questo è il primo racconto ed è un racconto molto strano.
A Giuttari, che lo interroga su delega del Pubblico Ministero e gli contesta l’attendibilità del ritrovamento, F.G. dice di aver dichiarato il falso, sostenendo di aver fabbricato lui stesso quel pezzetto di carta. Spiega la procedura seguita per la falsificazione che consiste sostanzialmente nella trasposizione, mediante l’uso del computer, delle lettere e dei numeri su un foglio di carta. Quindi, utilizzando un foglio di carta carbone, aveva copiato la scritta sul foglietto, che, artificialmente invecchiato, aveva poi infilato in quel piccolo cilindro.
Poi, però F.G. rifiuta di sottoscrivere quelle affermazioni e chiede all’improvviso a cosa va incontro una persona che ha sottratto un corpo di reato. Il Pubblico Ministero, avvertito della novità, dispone l’immediato accompagnamento presso il suo ufficio del teste.
Durante il tragitto, F.G., visibilmente in grandi difficoltà, cambia versione e dice che il pezzettino di carta e lo scritto contenuto sono autentici. Ha paura di dire la verità, perché dovrebbe chiamare in causa alcune persone, che teme. Michele Giuttari e F.G. arrivano in piena notte nell’ufficio del Pubblico Ministero che viene informato di tutta la vicenda. Ma poiché non si riesce a rintracciare il difensore di fiducia del teste, che nel frattempo è diventato indagato, il magistrato decide di rinviare l’interrogatorio alla mattina dopo.
Ma la mattina dopo, dopo aver avuto un colloquio riservato con il suo legale, F.G. ritratta di nuovo le precedenti dichiarazioni sostenendo che il biglietto è stato falsificato da lui. Nei giorni successivi viene eseguita una perquisizione nella sua abitazione: vengono sequestrati il computer, alcune penne e un block notes, cioè gli oggetti che avrebbe usato per la falsificazione. Nel frattempo il Pubblico Ministero nomina un noto esperto calligrafo al quale vengono trasmesse anche le dichiarazioni dell’indagato contenenti la procedura seguita per la falsificazione del biglietto.
A questo punto, un colpo di scena.
Il consulente conclude con una dettagliata e documentata relazione che il biglietto è stato scritto dalla mano di Pietro Pacciani. Pietro Pacciani, che su un foglietto traccia indicazioni che si riferiscono ad uno degli omicidi.
È una conclusione che oltre ad accusare Pacciani, fa chiedere chi sia realmente F.G. Una persona che, inizialmente, intendeva aiutare gli inquirenti, ma poi, messo alle strette, non volendo rivelare come era venuto in possesso di quel reperto, aveva fatto marcia indietro sostenendo la falsificazione? Un personaggio pieno di ombre, che intende offuscare l’indagine con un progetto depistante, sostenendo in un primo tempo l’autenticità del biglietto per poi, al processo, negare tutto e attaccare, così, la capacità investigativa degli inquirenti?” Vedi Compagni di Sangue pag. 202/203/204