20 febbraio 1998, 55° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Presidente Federico Lombardi, Pubblico Ministero Paolo Canessa

Presidente: Allora, Elisabetta, prendiamo atto della posizione delle parti. Ah, Zanobini?
(voce fuori microfono)
Presidente: Ah, va bene. Allora, Vanni presente, con i suoi difensori Mazzeo e Filastò. Bagattini e Fenies per Faggi, sempre contumace. Zanobini per Corsi, assente. Diamo atto che si presenta Lotti Giancarlo, che vedo ora che siede accanto al difensore Bertini. E poi l’avvocato Curandai per gli altri e l’avvocato Pellegrini per le parti civili. Allora, Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, Presidente, grazie.
Presidente: Possiamo riprendere.
P.M.: Senz’altro. Signori Presidente, signori Giudici. Stavamo esaminando ieri i tempi, i modi della ammissione di responsabilità da parte di Lotti Giancarlo e avevo evidenziato loro che questa ammissione di responsabilità avviene in due tempi: una prima che è ancora caratterizzata da una parte di reticenza e una seconda nella quale invece si tratta di una confessione sicuramente spontanea, E mi preme, a questo punto, sottolineare ancora – come ho fatto bene ieri – che la parte in cui Lotti si decide, in buona sostanza, a confessare le sue responsabilità, in un primo momento solo per i fatti dell’84 e dell’85, avviene perché c’è una forte contestazione di elementi obiettivi. È solo per quel motivo che matura questa convinzione e quindi quella era la costrizione. E quindi dobbiamo riconoscere tutti che, stando così le cose, si arriva a questa svolta, in questo processo, in questa indagine, unicamente per il lavoro puntuale, specifico, attento della Polizia di Stato. Dobbiamo tutti riconoscere alla Squadra Mobile di Firenze, al suo dirigente, dottor Giuttari e al dirigente della Squadra Omicidi, il dottor Vinci, e a tutti i ragazzi di quella squadra, che gli elementi che hanno poi portato a quella ammissione sono elementi che sono stati evidenziati da un’indagine puntuale di Polizia. Solo, esclusivamente per questo, c’è stato questo assaggio, questo mutamento di impostazione del Lotti. Che da teste diventa indagato. E, solo successivamente – facevo presente ieri – si arriva a quella che è invece la fase delle ammissioni spontanee. Cioè quella fase in cui Lotti oramai ha capito che l’unica soluzione è dire tutta la verità, perché una mezza verità non serve né alla Giustizia, né a lui come oramai indagato, imputato. E a questo punto della indagine, lo abbiamo ricostruito in quest’aula, allora Lotti effettivamente si siede al tavolo e racconta tutto ciò che ulteriormente sa o ha vissuto personalmente. E ci parla quindi, diffusamente, con dovizia di particolari, anche di quegli altri due omicidi di cui è imputato: quello dell’83 e quello del 1982. Giogoli e Baccaiano. Qui effettivamente, in questa parte della sua ammissione, Lotti va. da solo. Nessuno ha da contestargli niente, non abbiamo ancora elementi specifici, come gli altri omicidi. Questo lo abbiamo visto bene in quest’aula e quindi è giusto oggi riconoscerlo. Perché per quei due omicidi, ’83 e ’82, c’era solo la ricostruzione oggettiva. Come sono andati i fatti ce l’ha spiegato Lotti e abbiamo potuto poi verificare in questo dibattimento che dice la verità anche su quello. Ma attenzione, è importante anche in questo momento riconoscere che, nella confessione, nel dirci: guardate, io ero presente in quei due episodi, vi spiego perché e ce l’ha spiegato. Niente so dei precedenti, dei due omicidi dell’81 e di quelli ancora pregressi che, come sappiamo, sono commessi con la stessa arma. Lui, dei due omicidi dell’81, sa solo degli elementi per uno di questi, di quello di Calenzano e ce lo racconta. Eh, anche qui dobbiamo crederlo. Ma non dobbiamo crederlo perché oramai è persona sulla quale noi abbiamo un debito di credibilità. No, perché ci spiega come obiettivamente sono andate le cose. Ci spiega che la maturazione di questa complicità con i due oramai amici, Vanni e Pacciani, che risale nel tempo, come minimo, a metà degli anni ’70, a volte ci ha detto ’78, ma comunque sicuramente prima. Ci potrebbe far credere che lui è coinvolto nei fatti dell’81. Però ci spiega come mai, solo dall”82 in poi a Baccaiano, è stato coinvolto. Gliene avevano parlato e solo nell’82, a seguito di quell’episodio in cui fu costretto a subire quelle attenzioni particolari di Pacciani, ebbe poi il coinvolgimento totale. Lui diceva: non ci credo, sempre cercato di .farci capire di come, anche in questo fatto, era marginalmente invischiato. ma poi andai, vidi e mi resi, conto. Allora qui vediamo come, in una fase di questo genere,, è chiaro che, se avesse saputo qualcosa di ; specifico del resto, lo avrebbe detto. Lui sa solo quello che ci ha raccontato di quell’omicidio di Calenzano dell’81, che vedremo fra un attimo. Ma il fatto che del resto non sa nulla, ci fa capire come è, anche in questo, credibile. Perchè se uno, come vi è stato fatto credere, con illazioni pure e semplici, avesse inventato,, poteva inventare l’81, l’80, se c’era, o tutto quello che doveva essere inventato di questo sodalizio. No, qui le illazioni non hanno più assolutamente spazio. Qui, chi continuasse a fare illazioni in quest’aula davanti a voi, come è stato fatto nel corso del dibattimento, dicendovi: guardate, qui c’è un suggeritore. È qualcuno che deve portare elementi oggettivi per fare questi discorsi, perché noi abbiamo dimostrato in quest’aula che le cose stanno in modo ben diverso. Per le illazioni ci sono solo responsabilità di chi le fa. Non si può assolutamente inventare o gettare il dubbio su chi ha fatto queste indagini, sulla Polizia di Stato, se non ci sono elementi. I fatti oggettivi sono quelli che vi ho descritto. Ma non ve li ho descritti io perché mi è venuto in mente di descriverli così. Perché oggettivamente sono andati in questo modo. Allora noi abbiamo questo debito di credibilità totale, nei confronti del Lotti anche per questo comportamento molto chiaro e lineare e perché, quando si è seduto finalmente e veramente con l’intenzione di collaborare, ha descritto fatti, quelli dell’83 e del 1982, che obiettivamente ha descritto di sua spontanea volontà. Ha spiegato come e perché era presente e ha dato la possibilità di verificare che ciò che ha detto è la verità. E quello che è più importante, per questo debito di credibilità che abbiamo, è che ha spiegato, narrato, per quella che è la dinamica materiale di questi ulteriori delitti, l’83 e l’82, ha spiegato circostanze che noi non conoscevamo, assolutamente. E abbiamo potuto, ex post, verificare che diceva il vero. E quindi, siccome ha spiegato delle circostanze che nessuno sapeva, capite, chi glielo faceva fare di inventare. Ecco un altro elemento che deve essere molto ben presente davanti a voi. E dall’altra parte, ha… non si è dilungato su circostanze invece che noi conoscevamo, sulle quali poteva benissimo darci ulteriori elementi. Ad esempio, molto onestamente – anche questo è un fatto che dimostra quanto questo imputato sia stato leale con la Giustizia, fra virgolette -dice: io, di quella lettera di cui mi parlate, spedita nell’85 a quel magistrato donna, la dottoressa Della Monica, di cui voi dite, mi dite voi inquirenti, voi investigatori, che avete un sacco di particolari, che era un pezzo di un lembo del seno della ragazza. Io non so niente, l’hanno fatto evidentemente loro. Capite che, se era uno che aveva una verità preparata, non aveva altro di meglio che dare conforto inventando su questo fatto. No, è stato leale. È venuto, dice: ‘io di quello lì non so assolutamente niente. È inutile che mi chiediate’. E, coinvolto com’era, evidentemente si tratta di una circostanza che è stata gestita da altri. Perché, come sapete, lui, al contrario, ha raccontato fatti che noi non conoscevamo, a proposito di queste lettere. Le vedremo fra un attimo. Quindi, capite, una persona… io ci ritorno su questo discorso, perché mi ha veramente dato fastidio che si sia insistito sul fatto di una verità che qualcuno gli ha suggerito. Ma se uno gli suggerisce, gli suggerisce quello che già si sa. È elementare. No, quello che già si sa, se Lotti non sa niente, giustamente ha détto: io non so niente, cosa volete da me, chiedetelo… Proprio è cascato dalle nuvole. Ci ha spiegato allora, sedendosi a quel tavolo di cui parlavo, perché si è unito a loro. All’inizio, per quanto riguarda l’82, dice: sì, li conoscevo. Li conoscevo da tempo. Andavo a casa di Pacciani. Un giorno dipingeva la casa, è successo questo benedetto episodio. Non sappiamo gli esatti contorni, però la cosa sicura di questo episodio è che il Lotti si è sentito costretto, soggiogato, si è sentito nelle mani della persona che gli aveva fatto quelle avances, o aveva tenuto quel comportamento. È chiaro che quindi ha dimostrato e ha spiegato il perché si è trovato in quella situazione. È sufficiente per dire, sulla base di quello, vieni con noi a vedere, o a fare un omicidio, a fare da palo. Assolutamente no, per carità. C’è una componente di partecipazione attiva, di coscienza e volontà di andarci inequivocabile, di cui il Lotti deve rispondere. È dal suo punto di vista che ce lo racconta: guardate, io mi sono sentito obbligato. Poi, privilegia quindi, in questo contesto, l’aspetto della costrizione: mi sono sentito costretto. Ma non ha dubbi a dire: no, ci sono andato. E qualche frase, qualche frase se la lascia scappare in questa fase della contestazione in cui gli si dice: ma cosa ci sei andato… ma perché ci sei andato? Ma come è possibile? Eh, dice: un po’ mi piaceva anche vedere. Non ci credevo. Io qualche coppia in qua e in là l’ho guardata. Ecco che, con le difficoltà sempre, o con la attenzione che ha a difendersi – perché, anche qui è un altro elemento, è persona sicuramente attenta a proteggere se stesso -: “Mi hanno costretto. Io non avevo capito bene cosa si andava a fare. Mi parlavano di cosa facevano”. Ecco le frasi che vengono fuori molto chiaramente. “Io non ci credevo. Ci sono andato per vedere. Sono stato più indietro con la mia macchina. Ho visto. Poi sono stato coinvolto” definitivamente, tanto che per quel delitto successivo, dell’83, Pacciani ha voluto in qualche modo legarmi indissolubilmente a loro, costringendomi, nei modi che ci ha descritto, a sparare perché così io c’ero dentro fino al collo come loro. È ovvio che nell’economia, nella dinamica di un delitto di quel tipo, non è tanto la massa di fuoco che può avere armato, prodotto la mano di Lotti. È il coinvolgimento. Tant’è che poi sappiamo, in quel racconto, è stato il Pacciani
a prendere la pistola e a finire l’opera. Perché Lotti ci dirà: io non so se li ho presi. Con tutte quelle descrizioni che vedremo fra un attimo. E allora vedete che si siede davanti a questo tavolo, racconta, spiega; spiega cose che noi non sappiamo. Ma insomma, anche il solo pensare che un imputato, oramai imputato, con tanto di difensore, e che viene sottoposto a interrogatori, non solo i ammette i fatti, ma dice di sua spontanea volontà: ho sparato anch’io. Signori, ma insomma, cosa altro vogliamo da un imputato che è comunque persona che ha capito a quali conseguenze può andare incontro. No, è persona che addirittura nessuno poteva pensare, ma nemmeno ipotizzare che avesse lui stesso sparato. E quindi capite il debito di credibilità che a questo punto abbiamo nei confronti di questa persona, imputato, che risponde davanti a voi, che pagherà sicuramente le conseguenze. Ma il debito di credibilità che abbiamo è quanto è impossibile ancora oggi pensare a ipotesi che sono solo illazioni. Non ci voglio più tornare, ma è una cosa che ce l’ho dentro fino dal primo momento di questo processo, quando sento dire, ho sentito dire: c’è un suggeritore. Gli elementi oggettivi li avete voi. Ci direte, al momento opportuno, qual è la verità ricostruita in questo dibattimento. Questo è l’iter, questo è il procedere di questo imputato. Abbiamo quindi già degli elementi, e ne avremo tanti altri, io voglio andare sicuramente per ordine, per crederlo, sulla base di questi semplici elementi che nascono dalla sua condotta, al di là degli elementi obiettivi, e dei riscontri che vedremo più avanti.
P.M.: Abbiamo già due situazioni oggettive, che ci portano a credere questa versione. Primo: nasce da contestazione, l’ho detto più volte. Secondo: è una ricostruzione dei fatti perfettamente in linea con quello che erano già le conoscenze relative all’autore, o agli autori, o alla dinamica soggettiva di questi delitti. Cioè, il racconto di Lotti è perfettamente coerente a quello che sapevamo già. Cioè, chi era coinvolto in questi fatti, Pacciani Pietro, con quelle ulteriori indicazioni di quella sentenza di I Grado, di cui abbiamo più volte parlato. È chiaro che, in una situazione di questo genere, siamo venuti davanti a voi, in questo dibattimento, in una situazione in cui è chiaro che, per l’imputato Lotti, la situazione processuale poteva essere definita già – come ho accennato nella mia relazione introduttiva – nella fase pre-dibattimentale. Perché le prove, questi elementi c’erano già tutti. Sapete che c’era un incidente probatorio, con le sue dichiarazioni. C’erano gli elementi oggetti che nascevano da quelle autopsie e dalla ricostruzione obiettiva dei rapporti di Polizia, delle annotazioni, delle relazioni della Polizia Scientifica. Quindi il dibattimento, per quello che riguarda la posizione Lotti, che come abbiamo visto è una posizione che va esaminata, essenzialmente e in primo luogo, dal punto di vista della sua responsabilità penale; era una situazione già completa, era possibile già addivenire a una decisione. È il Codice che non permette che per questi reati si vada al cosiddetto rito abbreviato. Ma se era possibile, sicuramente era una situazione da rito abbreviato. C’erano già tutti gli elementi. Questo ve lo dico per mettere in evidenza di come il dibattimento abbia portato qualcosa ancora in più, e lo vedremo. Perché i sei giorni di esame dell’imputato Lotti e tutta l’istruttoria dibattimentale che ha riguardato i riscontri testimoniali e oggettivi, è stato qualcosa in più. Parlo, ovviamente, sempre per ora della posizione Lotti. Quindi tenete presente che il dibattimento ha offerto un ricco materiale in aggiunta. Eh, anche questa è cosa da non trascurare. Perché il materiale è successivo, è stato acquisito nel contraddittorio delle parti, ma era un materiale che già esisteva ed è un materiale che è giunto alla fase della piena prova, sulla quale abbiamo una continuità di impostazione, una corrispondenza totale a quello che era emerso nelle indagini e a quello che è emerso nel dibattimento per questo fatto. Dicevo, ma che strano. È credibile nel momento in cui Lotti non si attarda a riferire cose che già sappiamo e che lui non sa. Ma si dedica, con molta attenzione, spontaneamente, a raccontarci fatti che ignoriamo, che sa solo lui. Ecco la genuinità. Mi riferisco a quell’episodio ulteriore – oltre quello del rapporto omosessuale con Pacciani quell’’episodio, qualunque tipo di rapporto sia stato non ha importanza, di quell’incontro in macchina, la sera, che sarebbe stato fatto con questo Butini e che il Pacciani e Vanni lo avevano visto e lo avevano impaurito e intimorito. È un episodio che, nell’economia del suo racconto, non solo è genuino e dobbiamo credere, non dobbiamo credere tanto come sia andato l’episodio, se il Butini, se c’è stato un rapporto omosessuale o meno; dobbiamo crederlo nel momento in cui ci fa un racconto, su fatti che noi completamente ignoriamo e quindi sono nell’economia di questa ricostruzione assolutamente ininfluenti. Ma ci spiega il suo stato d’animo dopo quel fatto. Che bisogno avrebbe di inventare. No, lui ha proprio l’opportunità, necessità, la voglia di raccontare quelle che sono state le sue impostazioni soggettive, le sue impressioni, le sue paure davanti a una situazione di questo genere. Poi le adopra per dire: per questo mi hanno costretto. Però la situazione obiettiva è di questo tipo. Quindi è un episodio sul quale, riscontri o no, che sia utile o no, che sia vero in toto o che ci abbia raccontato solo le sue impressioni, quello che ha capito, quelle che sono state le paure che gli sono derivate. È un episodio che ci ha raccontato lui. Il Butini esiste. Noi non sapevamo chi era. Ha determinate caratteristiche. È persona che lui conosceva. Quindi, nell’economia del suo racconto, capite che, anche su questo, non solo va creduto, ma va letto nei termini giusti. Che importanza ha capire se c’è stato un qualcosa di più o un qualcosa di meno. Non è quello che interessa oggi. E così lo stesso identico discorso, è sempre per un episodio che Lotti ha raccontato, dei quali noi non sappiamo nulla. E le possibilità di riscontri sono parziali. Quella lettera che, con dovizia di particolari, il Lotti racconta è stata spedita dopo l’omicidio dell’84 a quella Manuela di Vicchio. Altro episodio che la persona che non inventa non aveva bisogno di tirar fuori se era un episodio inventato. No, la dovizia di particolari, voi ve lo ricordate come sono andate le cose. La settimana dopo, qualche tempo dopo, è stata confezionata la lettera, si è andati a impostarla a Vicchio. Più che credibile sotto il profilo di una economia di delitti di questo tipo. Abbiamo il riscontro poi dal fatto che nell’85 effettivamente una lettera è stata mandata. Questa dell’84 non l’abbiamo trovata. Dopo 10 anni come si fa a trovare una cosa di questo genere. Ma in questo racconto, ci spiega il Lotti: guardate, le cose, come le so io, andarono in 3 questo modo, ma non perché mi sono state raccontate. Nell’episodio della lettera alla Manuela io ho partecipato, personalmente, sono andato, mi hanno acco,.. mi hanno costretto ad accompagnare Vanni a impostare. Era una certa Manuela. Non l’abbiamo trovata questa lettera. L’unica Manuela che abbiamo trovato – sarà quella o no -ha negato la circostanza, in una situazione di credibilità che è quella che è, per quello che riguarda quel benedetto pomeriggio, di quelle ragazze Rontini Pia e le altre che si sostituivano o meno nel bar. Chiaramente è rimasto un episodio che noi non abbiamo potuto, a distanza di tempo, assolutamente chiarire. Non lo abbiamo potuto chiarire perché non ne sapevamo niente. È questo il punto. Ci ha fatto un racconto su circostanze che noi ignoravamo e quindi era impossibile assolutamente inventarle, per fare contenta la Giustizia. Allora, anche qui: se la racconta così e se noi abbiamo la oggettiva situazione, nella quale è più che credibile – perché effettivamente una lettera dopo è stata spedita – dobbiamo pensare che tutto quel racconto a cui Lotti dice di aver… a quell’episodio a cui Lotti dice di aver partecipato, è più che vero. Nell’economia del processo ha l’importanza che ha. Non si può assolutamente dargli nessuna importanza diversa da quella di un racconto, con i riscontri che sappiamo, ma lo dobbiamo valutare esclusivamente dal punto di vista che è un racconto di persona che ci dice cosa ha fatto lui. Ecco qua l’importanza. Non è che noi avevamo una lettera, una Manuela e quindi era facile inventare. Un altro episodio ancora, che ha le stesse identiche caratteristiche. Voi sapete, avete avuto il racconto diretto dal Lotti, di quell’episodio relativo alla pistola, o comunque quel luogo dove, a dire del Lotti, in quella casa, dietro la piazzola di Vicchio in alto, in quel determinato percorso, che poi sappiamo. In quella casa c’era una buca dentro un anfratto, dentro una stanza, in cui nascondevano qualcosa, in cui lui, Lotti, ha pensato che nascondessero qualcosa dopo l’omicidio: la pistola o cos’altro. Anche questa circostanza com’è venuta fuori? Perché gli dobbiamo credibilità e perché dobbiamo oggi riconoscere che ha raccontato cose di sua spontanea volontà. In questa seconda fase è sicuramente un imputato che ha, non solo collaborato, ma che ha cercato di aiutare gli inquirenti. Come andò? Eh, si trattava di un giorno in cui si faceva – se ne dà atto nel verbale di sopralluogo che è agli atti – si faceva il sopralluogo per vedere esattamente il percorso che quella notte, a dire di Lotti, avevano fatto allontanandosi dopo l’omicidio, dalla piazzola di Vicchio, nel momento in cui la macchina di Pacciani e Vanni era davanti e lui era dietro con la sua. Dice: in questo percorso, per quel che mi ricordo, il momento non lo ricordo. E poi vedremo meglio in quale situazione si colloca, prima di quella fonte dove poi quei testi Caini e Martelli lo avrebbero visto. Ci fermammo… Si fermarono, fermarono le macchine e andarono su a piedi e nascosero qualcosa dentro uno stanza, che ci descrive. Ecco, questa casa, dove sarebbero – a dire del Lotti – avvenuti questi fatti e dove Lotti ci ha portato, è una casa che noi non conoscevamo, non l’avevamo mai nemmeno ipotizzato che potesse esistere un luogo di questo tipo. Capite, anche questo è un elemento di una certa importanza, di una certa rilevanza. Ma come, un Lotti che durante il sopralluogo certe cose le ricorda, certe cose non le ricorda, da solo dice: ma guardate, in quella casa là io ci sono stato. Ci porta e da solo… come vi ha raccontato il dottor Giuttari diffusamente, le cose andarono così. Scese dalla macchina. Una strada impervia, una strada dove con le macchine non si poteva veramente andare. Un modo di avvicinarsi alla casa, durante il sopralluogo, chiaramente di persona che conosce i luoghi. Si avvicina alla stanza, sa come entrare. Eh, anche questo è un episodio che, non solo completamente sconosciuto, ma sicuramente si inserisce nella sua mente, nel suo ricordo, come un episodio legato a quella notte. Di più non sa. Ma vi immaginate un Lotti… un Pacciani e Vanni che si allontanano dal luogo dell”omicidio; che si fermano a depositare un qualcosa, quanto vogliano mettere al corrente Lotti dei dettagli. È chiaro che Lotti ha visto; quello che ha visto ci racconta. Quello che ha visto personalmente ci racconta nei dettagli; non ha visto cosa è stato messo, e su quello dice: ‘io non lo so’. Il classico modo di raccontare di Lotti. Ecco: ‘le cose che ho
visto nei dettagli; le cose di cui non so darvi spiegazione specifica cosa c’era, chiedetelo agli altri’. Anche questo episodio che motivo aveva di essere svelato da Lotti se non fosse stato vero? Che bisogno c’era di fare questo racconto che nasce sul posto, sul luogo. Evidentemente non ci ha pensato prima. Vede la casa, dice: ‘guardate, così’. Eh, in quel verbale di sopralluogo si dà atto, minuto per minuto, circostanza dopo circostanza, come andarono le cose. Ci meravigliammo tutti, c’ero anch’io. E gli andammo dietro; e Lotti conosceva benissimo i luoghi. È persona quindi, un imputato che si comporta in questo modo, incapace? È persona che non capisce, che non si rende conto?
P.M.: Vi ricordate quando all’inizio vi ho detto: la prima cosa da fare, la prima operazione da fare, perché quando si presenta davanti ad una Corte di Assise, un imputato, e confessa determinati fatti, quando poi in più c’è la chiamata di correo, la prima cosa da fare è quella di valutarne la credibilità: di vedere se, in primo luogo, è persona capace di intendere e di volere. Sappiamo già cosa hanno detto i consulenti tecnici; lo avete sentito voi. Ma avete visto in che modo si è comportato. Altro che capace ! È persona che vi dice tutto: ‘tutto quello che so’, con tutti quei particolari che sono stati poi riscontrati. E’ persona a cui noi già da ora, indipendentemente da quello che diremo, inoltre, in questa mattinata, sicuramente lunga, quando dovremo verificare la sussistenza di riscontri obiettivi di altro tipo, dobbiamo credere per forza già da ora. Perché è persona che si è comportata in questo modo, tenendo ben presente quali potevano essere le conseguenze. In proposito alle capacità di Lotti, cosa vi è stato proposto a controprova all’inizio di questo dibattimento? È persona che vi dimostrerò – ci ha detto la difesa – col teste, il marchese tot che vedeva i marziani: marchese Corsini. Ho visto la lista testi, mi ricordo benissimo l’enfasi con cui vi è stato prospettato l’argomento: era persona che vedeva i marziani. Figuratevi se può aver detto la verità! A parte che il teste che doveva dire questo, che fosse un marchese, che fosse il marchese Corsini, o che fosse un quisvis de populo, non è venuto; abbiamo avuto quella che era la naturale conseguenza di una impostazione di questo tipo che Lotti era persona che vedeva i marziani. Ma scusate, nell’economia di un fatto di questo genere, se il signor Lotti un giorno avesse mai detto – e non lo ha detto, perché è provato e ora lo vediamo – avesse visto, avesse detto: ‘ho visto i marziani’, mah, fatemi capire cosa cambiava. Era una circostanza che, se fosse stata provata, valeva quel che valeva. E non è stata nemmeno provata. Queste erano le controprove che si diceva quando si diceva: Lotti è tino che inventa tutto, ha un suggeritore. Vedeva i marziani. Questa è stata l’impostazione della difesa Vanni. Eh, ma sull’episodio marziani che, ripeto, non serve assolutamente a nulla, nemmeno se li avesse visti veramente e e se lo avesse detto, è venuto fuori il Nesi, molto chiaramente. Gli è stata fatta questa domanda e Nesi Lorenzo, che è teste che voi sapete quanti particolari di questi fatti conosce, mi ha detto: ‘ma come no! A San Casciano c’era uno che diceva di aver visto i marziani, ma non era certo Lotti’. Si è rivolto a Vanni, il Nesi, perché sono amici -e su questo, nel modo di rivolgersi in continuazione, è la più grande riprova – gli ha detto: ‘ti ricordi, Mario? Era lo Zuccalà di Cetinella’. Cioè, vedete che addirittura vi è stato proposto un tema, quello dei marziani, un tema che non ha nessuna possibilità di influire su nulla e pertinenza con questo processo; e una delle prove che si portavano per dire che Lotti non era credibile, era che aveva visto i marziani. Signori, a parte il fatto che la prova che è stata data in questo processo è che, se c’era uno che vedeva i marziani, e poveretto, aveva tutto il diritto di vederseli, era Zuccalà di Cetinella, che io non so chi sia. Correttamente la Corte, nemmeno la parte che lo aveva proposto, ha fatto niente per verificare. Perché era una circostanza che non serviva a nessuno. Eccoci, allora io vi dico: guardate, che io ora passo con calma all’esame di tutti quei riscontri che fin dall’inizio vi ho detto ci sono sulla confessione di Lotti. Però noi abbiamo già tutto il materiale per crederlo. I riscontri sono in più, sono elementi oggettivi forti e importanti che sono in più. Sarebbe sufficiente questo materiale per crederlo, ma ci sono una serie di riscontri, fino alle ammissioni di Vanni, fortissime, che voi avete sicuramente letto in quei verbali, che ci danno, non dico la garanzia e la tranquillità di cui avremmo bisogno, ma ci danno quel più di tranquillità che non fa mai male. È stato obiettato, giustamente, perché le obiezioni è giusto che vengano fatte, disparità di trattamento. Alcuni imputati, 18 mesi in carcere: Vanni. Alcuni mesi in carcere Faggi, Lotti nulla. Ma signori, ma chi fa questo discorso è persona che contraddice se stessa, perché è persona che sa benissimo che l’argomento principe, quando si dice, non misura cautelare, non carcerazione preventiva, è: no, carcerazione preventiva nei confronti di quegli imputati che ammettono i fatti, per i quali non c’è pericolo di fuga, per i quali non c’è pericolo di inquinamento. Questo è il 274. E Lotti si è trovato in questa situazione: da teste, una mattina, si è messo nelle condizioni di trovarsi persona che ha raccontato i fatti, non c’era assolutamente alcun pericolo di fuga perché sapevamo dov’era e poi su questo ci arriviamo, e ha descritto le cose come stavano. Ha indubbiamente tenuto un comportamento che, con le minacce e con l’inquinamento, non aveva niente a che fare. Quindi, non si può oggi usare l’argomento: eh, ma Lotti è stato trattato in modo diverso. Il Codice imponeva a chi si è occupato di questo caso, di trattare Lotti così. Se fosse stato trattato in modo diverso, giustamente il suo difensore avrebbe fatto tutti i ricorsi che doveva e sarebbero stati accolti. Perché, in quel caso, non era possibile ricorrere alla carcerazione preventiva. Il nostro Codice non lo co consente. Che sia giusto o no, io non mi permetto di valutarlo, per me è più che giusto. E questo è il caso. Quindi, è inutile che si usi l’argomento: Lotti è stato trattato bene fin dall’inizio, per questo ha collaborato. Per carità! È tutto dopo nel tempo. Altro argomento. Lo spendo ora, perché mi sembra doveroso. Eh, Lotti è soggetto che ha una protezione, è stato ringraziato per questo suo comportamento. Non sono le parole che sono state usate, ma questo è il concetto, voi lo avete afferrato sotto questo profilo. E noi sappiamo che, nel nostro ordinamento, vi è una netta distinzione fra 1’Autorità Giudiziaria e 1’Autorità Amministrativa. In questo caso c’è una legge che prevede che l’Autorità Amministrativa decida, sulla base di presupposti che 1’Autorità Amministrativa conosce, c’è una apposita amministrazione ministeriale presso il Ministero dell’interno, che si occupa della protezione. E decide, con provvedimento le cui motivazioni conosce 1’Autorità Amministrativa, se sia il caso o meno, per ragioni extra processuali. Attenzione, che non hanno niente a che vedere con il comportamento processuale che interessa, se riconoscere un determinato trattamento che è quello della legge sui pentiti. E’ vero. Questo è avvenuto. Ma è una decisione amministrativa, che a noi non può oggi essere né opposta, né posta davanti a una Corte di Assise; sono provvedimenti ovviamente non a vita che vengono rinnovati di anno in anno, quando ricorrono determinati presupposti che il Ministero dell’interno e questa commissione, sulla base di elementi di fatto, crede di accordare. Ha ricevuto delle minacce, si è trovato in una situazione che, in questo processo, non ha nessuna importanza e non è possibile valutare. L’Autorità Amministrativa ha preso quel provvedimento. Glielo ha rinnovato, non glielo rinnoverà. Certamente vi sono fatti che non riguardano né il P.M., né la Corte di Assise. Ma non si può assolutamente interpretare questo fatto come un fatto strettamente legato al suo comportamento processuale. Anche questa è una illazione che si può fare se si hanno elementi. C’è un provvedimento motivato sicuramente, che nemmeno io conosco, nella quale so, perché l’ho capito, che è stato accordato sulla base di circostanze previste dalla legge. Che non hanno niente a che vedere con quel comportamento processuale, ma con fatti che riguardano la persona Lotti e i suoi pericoli. Che noi non sappiamo di quali pericoli ha corso, può correre, o potrà correre. L’Autorità Amministrativa, sulla base di quella legge, ha ritenuto doveroso comportarsi così. Si tratta di provvedimento che non ha niente a che vedere con questo processo. È temporalmente legato, perché evidentemente, sulla base di quelle condotte, è successo qualcosa che si può anche immaginare, ma che ha indotto il competente organo ad adottare un provvedimento. • Quindi, anche questo argomento, come quello della misura cautelare, presa nei confronti di Lotti, è un argomento che può essere speso insieme all’esame obiettivo di queste circostanze di cui ho parlato. Se si conoscono queste circostanze, si possono fare interpretazioni, si può dire quello che si vuole. Però con il limite della conoscenza da parte della Corte di questi fatti. La misura non poteva essere adottata. Non è un premio anticipato, come vi è stato presentato. La Giustizia, se è il caso, su questo punto farà il suo corso. Anzi, lo farà senz’altro. Vorrei, a questo punto, passare proprio a quella fase che vi ho anticipato: valutiamo obiettivamente gli altri elementi, quegli altri elementi obiettivi che abbiamo. Sia come fatti che riguardano la ricostruzione della dinamica di questi omicidi, sia come fatti che servono a dimostrare che Lotti dice la verità. Sono i cosiddetti riscontri richiesti dalla legge. Volevo ancora far presente di come, in questa… Un attimo prima di passare ai riscontri, in questa evoluzione di Lotti c’è anche quello scritto, voi lo avete visto. E’ uno scritto in cui, nella buona sostanza, nel ricordare i fatti, per la prima volta il Lotti – almeno a mio parere – dimostra un qualche, se non rimorso, dimostra di avere anche lui un sentimento. Lo fa per scritto. Chi lo sa, anche lì illazioni; gli è stato suggerito… Mamma mia, per carità! Il pensar questo è una operazione corretta pensarlo; bisogna però dimostrare quello che si dice. È più che corretto, per carità! In un dibattimento io non vedo perché uno non abbia, come giustamente
è successo, la opportunità di prospettare che le cose siano andate in un certo modo. Però non si può rimanere al momento della illazione, dobbiamo dimostrare ciò che si dice. È un biglietto, secondo me, che parla da solo, oltre che essere stato il Lotti a dire come e perché lo ha scritto. Ma mi sembra chiarissimo che sì tratta di un biglietto nel quale il Lotti, molto verosimilmente – e questo io vado solo sul verosimilmente, perché nella testa di Lotti, al di là di quello che ho detto, nessuno può esserci – riesce solo per scritto a dare quella sensazione di disagio, di prendere le distanze da quello che è successo, dimostrare quel minimo di sensibilità su quelle atroci circostanze, quegli atroci fatti a cui aveva partecipato. Se voi lo leggete con calma e leggete poi quelle quattro righe, quelle quattro parole finali, mi darete ragione, in mancanza di altri elementi. Mi darete ragione, perché è lì, per la prima e unica volta, che Lotti, nel modo in cui sa scrivere, che è identico al modo in cui sa parlare, dice, rivolgendosi a Vanni e Pacciani dopo aver descritto le circostanze che aveva già raccontato negli interrogatori, dice: “Fate cose mostruose. Io non le avrei fatte. Voi non avete rimorsi, siete come bestie.” Cioè, è persona che, nello scritto, nello scrivere, aggiunge queste precisazioni in punto di sensibilità personale. Lo avrà scritto perché lo ha sentito veramente, lo avrà scritto per difendersi, non ha importanza. Ai fini della valutazione complessiva di un imputato non ha importanza. Tutti gli imputati che ammettono i fatti hanno il diritto di spiegare o di chiedere perdono. Ognuno si comporta come crede. C’è chi crede perdono alle vittime, c’è chi cerca di sminuire la propria partecipazione; c’è chi, come nel caso di Lotti, ha affidato a quattro parole la dimostrazione, se non del vero e proprio pentimento, della propria partecipazione.
P.M.: Ha dimostrato una qualche sensibilità. “Io non l’avrei fatto. Voi non avete rimorsi.” È come dire: io ce li ho, ma di più che questo non so dirvi. È un biglietto che proviene dall’imputato, è una dichiarazione esplicita confermata in questo dibattimento. È un elemento oggettivo che voi avete davanti. Capite che, con una serie di elementi di questa portata a carico dell’imputato Lotti, la vostra decisione sarà sicuramente tranquilla, sicura. Sarà convinta. Però vi dicevo – e ve lo dicevo con altrettanta convinzione – guardate, per nostra, chiamiamola fortuna in questo dibattimento, abbiamo avuto una serie, la prova di una serie, dell’esistenza di una serie di circostanze che ci consentono di essere ancora più tranquilli. Sono quelli che io e tutti, la giurisprudenza, chi sì occupa, gli addetti ai lavori, li chiamiamo i cosiddetti “riscontri oggettivi alla confessione”. Sono sempre indispensabili. A volte non ci sono ed è sufficiente lo stesso convincersi in altro modo. In questo processo ci sono e sono veramente numerosi. Li dividerei nell’esame, perché così è avvenuto anche nel corso del dibattimento, in due tipi, questi riscontri. Perché sono divisibili sulla base della fonte da cui provengono. Io li distinguerei fra elementi oggettivi, per così dire, documentali che provengono da situazioni oggettive di ricostruzione da documenti e testimoniali, perché sono racconti di circostanze che vi sono state fatte. Quindi anch’io nell’esame, siccome questa è la realtà, li divido in questo modo. Ovviamente, quelli che sono i riscontri oggettivi documentali, sono quelli per i quali stiamo ancora più tranquilli, perché non dobbiamo nemmeno valutare il teste che ci racconta la circostanza. Dobbiamo vedere questo elemento obiettivo da cosa nasce e se questo obiettivo ci consente di dare riscontro a quello che ha detto Lotti. Sono elementi oggettivi, io li ho chiamati documentali, perché spesso sono perizie, autopsie, sono relazioni della Polizia Scientifica. Non sono interpretabili oggi. Per questo sono obiettivi. Non dobbiamo fare nessuna operazione di verifica ulteriore, se non prenderne atto. Prendere atto del contenuto di questi documenti. Sono talmente convincenti e lineari che serve solo oggi ricordarli a voi nella loro oggettività, di come si sono svolti i fatti, di quello che vi è stato raccontato nel corso del dibattimento. Mi riferisco, per intendersi – l’ho appena accennato – agli esiti dei sopralluoghi della Polizia Giudiziaria, della Polizia Scientifica, delle autopsie sui cadaveri, delle perizie medicolegali che sono state fatte nel corso delle indagini. Perché, se in quelle perizie abbiamo una ricostruzione dei fatti identica a come l’ha raccontata Lotti o altri, siamo già a buon punto. Certo, potremmo pensare che le ha imparate a memoria. Ma scusate, io, su questo terreno, non ci voglio più entrare, anche perché si tratta di elaborati scientifici di una certa consistenza che le competenze e le capacità di capire di Lotti o di altri, non sarebbero stati in grado, non dico di memorizzarle, ma nemmeno di capirle. Argomento che io riuso al solo fine di prendere veramente le distanze da chi fa queste illazioni senza dimostrarle. Allora, vediamo queste ricostruzioni fatte dalla Polizia Scientifica. Noi abbiamo a lungo, in questo dibattimento, puntato sulla ricostruzione dei fatti, sulla cosiddetta prova generica. E sul vedere, attraverso le perizie, sopralluoghi. Abbiamo sentito tutti coloro, ufficiali di Polizia Giudiziaria che si sono recati sul posto e medici legali che hanno fatto le perizie. Abbiamo cercato di capire quello che oggettivamente era emerso, per questo è oggettivo. Quello che è indiscutibile, la ferita in quel punto, il morto era in quel punto, la causa di quella morte è A, B e C. Allora noi vediamo, e lo abbiamo visto, lo abbiamo sentito in aula. Potevamo farne anche a meno, perché si tratta di atti tutti irripetibili, che erano già a disposizione della Corte, ma abbiamo avuto, secondo me, la curiosità, il dovere di verificare sentendo noi stessi quei carabinieri e quegli ufficiali di Polizia e quei medici che avevano fatto quei rilievi che sono già a vostra disposizione, per vedere noi, per chiedergli, per chiedergli spiegazioni, per vedere se qualcosa poteva ancora essere chiarito. E abbiamo visto che la descrizione della dinamica materiale di questi omicidi è perfettamente coincidente, in maniera impressionante, con il racconto di Lotti e degli altri, più o meno testi che, in qua e là, hanno dimostrato di essere a conoscenza di singole circostanze. È impressionante. Per questo dico il riscontro è oggettivo e documentato. Impressionante la corrispondenza. Non è una semplice circostanza che Lotti ha detto grossomodo nello stesso medo, no, è impressionante. Una dinamica così complessa, com’è la dinamica di questi omicidi, è una dinamica che viene ricostruita dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria e dai medici legali, in maniera perfetta, tranquilla. E oggi noi verifichiamo ex post che corrisponde al racconto esatto di Lotti. Che ci dà certezza. Lotti era presente, sennò non potrebbe sapere quei fatti. È speculare, il racconto di Lotti che abbiamo ricostruito in quelle sei udienze, è speculare alla ricostruzione della cosiddetta “dinamica materiale” degli omicidi, fatta dalla polizia Giudiziaria, dalla Polizia Scientifica e dai medici legali. In un paio di casi la specularità è talmente impressionante che ha lasciato tutti voi, sicuramente alcune parti, certamente il P.M., impressionati. Vediamoli, lo avevo accennato un po’ nella mia relazione introduttiva, se qualcuno lo ricorda, ma è stato il dibattimento, alla curiosità, alla necessità di verità del Giudice e di tutte le parti, è stato il dibattimento che ha dato, su questi elementi oggettivi che sono elementi che riscontrano Lotti totalmente, ha dato sicurezza. Io mi riferisco a una prima circostanza: è quella della ricostruzione dell’85, il delitto dell’85 fatto dai medici legali. Soprattutto quella ricostruzione complessiva che viene fatta dai periti dell’università di Modena. Io vi avevo accennato, nella mia relazione introduttiva, che c’erano dei passi – la pagina 27 di quell’elaborato – che era chiarissima. Vorrei che voi la ricordaste bene, la rileggeste. Però, ora è importante sottolineare che cosa, all’epoca, avevano detto i periti e cosa ha detto Lotti. Ecco, nel 1985, nessuno sapeva il racconto vero. Nessuno sapeva chi erano coloro che quella sera erano lì presenti. Allora ricordiamo,. sono tre… due frasi, tre righe di quella relazione. Si riferiscono ad una circostanza fondamentale, che è stata poi confermata dal professor Perini in aula perché era bene farselo dire da lui se avevamo capito bene, se avevamo scritto bene. La circostanza che quella notte, nell’omicidio dell’95, già allora, dalla dinamica ricostruita, si pensava alla presenza di due coltelli. Ricordate che Lotti parla di aver visto Pacciani che con un coltello aggrediva il ragazzo francese che scappava; e, dall’altra parte, c’era un Vanni che aveva aperto la tenda con un coltello ed era nella tenda. Quindi, necessariamente, c’erano due coltelli. Nell’economia poi della morte dei ragazzi, è un altro discorso. Ma che c’erano fisicamente due coltelli, Lotti e Pucci, nei limiti del suo racconto, ce l’hanno fatta. I periti di Modena che avevano esclusivamente dati oggettivi, cioè avevano i cadaveri, avevano la tenda, avevano qualche fotografia, arrivano a quella conclusione dieci anni prima. E che a noi aveva portato a un minimo di sconcerto. Ce lo hanno spiegato gli stessi professor Beduschi e Luberto, dice: ‘avevamo fatto i miracoli per fare una ricostruzione’. Vedremo anche quello. Dicono, nella ricostruzione di allora, elemento oggettivo tranquillizzante: “Dopo aver ucciso la vittima di sesso maschile, il reo” – perché, ci hanno spiegato perché parlavano del reo – “è tornato sui suoi passi. E, operando all’interno della tenda, ha iniziato con calma la rituale escissione dei feticci.” “E, come già detto in precedenza” – perché lo avevano detto in un’altra pagina. Ne ho presa ima sola. Voi, se lo riterrete opportuno, lo verificherete – “come già detto in precedenza, prima il seno” – hanno tagliato – “con le sopra citate difficoltà di affilatura del mezzo tagliente.” Guardate subito, allora, cosa mettono in evidenza. “Quindi, il pube. Dove, tali difficoltà di taglio, non appaiono documentabili.” Cioè, allora dicono: ‘quando si taglia il seno, il coltello non ha difficoltà; quando si taglia il pube… ha difficoltà, il contrario’. Quindi mettono già in evidenza questo dato sconcertante, come se ci fossero due coltelli. Non parlano di due mani, perché sono ancorati a quello che sappiamo. Ma aggiungono: “Il che rende possibile l’ipotesi che egli disponesse di un secondo coltello. Un coltello che aveva perso l’affilatura” – loro diranno, forse nel taglio della tenda Ecco: il riscontro oggettivo. Già allora, dall’esame obiettivo dei fatti da parte di tecnici, di scienziati, si dice: ‘guardate, inquirenti, investigatori, quando andrete a cercare di capire come stanno le cose, guardate che qui, come minimo, c ‘ erano due coltelli’. È il racconto di Lotti. Ancora una osservazione, sempre prendendo in esame questa relazione di persone che vanno su fatti obiettivi. Eh, c’è la descrizione che a noi ci ha lasciato un po’ perplessi. Dice: ma il lotti dice che poi Vanni e Pacciani operarono, andarono entrambi alla tenda; dentro, fuori la tenda. Lotti parla di dieci minuti in cui lui li ha visti lì, non descrive altro. Dimostra di non esserci stato dentro. E noi ci ha lasciato perplessi. Ma come, due in una tenda, a operare, a fare quelle operazioni, una tenda piccola, come può Lotti essere preciso su questo? Come mai è cosi spreciso? Teniamo presente che questo dubbio che tutti abbiamo avuto, che era impossibile
o quasi strano che si operasse un qualcosa all’interno della tenda, va tenuto ben presente davanti al racconto circostanziato, su questo punto, di Lotti, quando dice: ‘io li ho visti entrambi alla tenda. C’era già Vanni, dopo l’aggressione al ragazzo francese, tornò Pacciani lì’. E che cosa dice Lotti, che ci fa capire come veramente siano andate le cose? ‘Quando poi tornò alla tenda, Pacciani mi invitò subito ad andare alla strada a vedere che non venisse nessuno’. Perché? Perché c’era da fare, dopo quei colpi sparati e dopo quel delitto – le escissioni. Occorreva essere sicuri che qualcuno dalla strada controllasse che non venisse un’altra coppietta. E quindi il Lotti ci ha dato la spiegazione più ovvia, più semplice: “Io un po’ andavo verso la strada, un po’ guardavo. Che ne so cosa e come hanno operato in quei dieci minuti.” Eh, allora, attenzione anche qui. Quando giustamente tutti, Presidente per primo, ma tutte le parti hanno avuto delle perplessità su questa operazione a due dentro la tenda – che abbiamo tutti, perché sicuramente è difficile pensarci -sappiamo solo che il corpo della ragazza è stato attinto da due coltelli, probabilmente, verosimilmente. E su questo abbiamo gli esiti della perizia di Modena.

P.M.: Ma leggiamo un attimo, indipendentemente dalle dichiarazioni di Lotti, sul punto cosa avevano descritto e ipotizzato sempre gli stessi periti. Leggiamo anche questo. Pagina 21 della loro perizia. È la ricostruzione della dinamica materiale, anche questa impressionante alla luce di quello che sappiamo oggi. Dicono, non sanno niente, non conoscono Lotti, non hanno mai sentito un teste, non sanno minimamente cosa possa essere accaduto. Hanno visto solo la tenda, le gocce di sangue, le ferite, il posto. Hanno ricostruito la dinamica sulla base dei cosiddetti elementi oggettivi. Leggiamo quella pagina, sono anche qui tre righe della pagina 23. Sembra di sentir parlare Lotti con un linguaggio più dotto. Se voi lo leggete vi rendete conto: ‘ma come possono aver scritto queste cose persone che non hanno sentito questo racconto?’. “C’è da ritenere che l’autore, giunto probabilmente sul posto con un mezzo mobile lasciato parcheggiato al margine della strada comunale che costeggia su di un piano più basso la radura del delitto, abbia prima accortamente studiato il luogo di intervento decidendo di operare sulla tenda dalla parte posteriore per sfruttare l’elemento sorpresa, aprendosi il varco nel telo con uno strumento tagliente.” Poi aggiungono: “Verosimilmente la medesima arma bianca usata per le successive operazioni. Deve tuttavia aver trovato, quale fatto non previsto, il secondo telo di riparo, il che deporrebbe per una non piena dimestichezza con tende da campeggio.” Altro che grande autore di delitti, persona normale. Sa un corno come è una tenda da campeggio di quella fatta. Eh, vi ricordate il discorso di Pucci? ‘S’andò dietro, io poi cosa abbia fatto… Sentii il colpo, il rumore del coltello. Poi se sia riuscito a entrare dentro o se è andato da un’altra parte io non lo so.’ Anche lui si allontanò. Ecco la spiegazione di come andarono i fatti quella notte. Ce l’avevano già data, perché noi oggi siamo più tranquilli, il professor De Fazio e la sua equipe. Ma ce l’avevano data perché quello emergeva dalle circostanze, e quello è quello che hanno descritto. Non hanno descritto scene completamente diverse. È la scena che poi noi ritroviamo con quelle caratteristiche, quei dettagli di imprecisione, quelle possibilità di vedere e non vedere in quella notte da parte di questi due soggetti che si sono dichiarati presenti. Eh, questo è un elemento oggettivo. Direi che anche qui la valutazione è quella che è. Cosa altro possiamo valutare se non prendere atto di una ricostruzione che emerge dall’esame degli oggetti e dei corpi. Continuano: “È da supporre che l’aggressore” – ovviamente loro parlano sempre di uno – “a questo punto abbia impugnato la pistola esplodendo un primo colpo contro lo spigolo della tenda, forse indirizzato verso le voci o i rumori all’interno della tenda da cui gli occupanti, allarmati, si accingevano ad uscire.” Vi ricordate il racconto di Pucci che dice si lamentavano, gridavano. “Quale ulteriore sviluppo della dinamica operativa del caso è da ritenere che l’aggressore si sia spostato rapidamente sul davanti della tenda dove ci sono quei bossoli.” È esattamente, fino a questo punto, la dinamica descritta dai due che si sono dichiarati, a titolo diverso, presenti. E poi aggiungono: “Che si sia spostato” – e noi sappiamo che è Pacciani questo aggressore –“davanti alla tenda, ponendosi in vista dell’accesso di questa, da cui infatti stava per uscire o era già uscita la vittima maschio, verso la quale l’aggressore deve aver esploso un primo colpo di pistola al volto, esplicando un effetto di shock traumatico e doloroso ma non con un vero e proprio potere d’arresto.” Anche qua è il racconto sia di Pucci che di Lotti. Ciò darebbe ragione, quindi, della fuga della vittima verso la macchia riuscendo a percorrere, benché ferito, una ventina di metri. Era stato colpito ma non era morto. E quindi abbiamo qua tutta la dinamica, descritta sia da Lotti che dai periti, dell’aggressione al giovane francese che viene rincorso, aggredito e finito col coltello dal dietro. Con tutte quelle imprecisioni, con tutte quelle difficoltà di racconto che ha avuto Lotti sul punto. ma vi immaginate la scena? Uno che assiste a una carneficina di questo tipo. Un Lotti è abituato, su questo lo sappiamo, Pucci se n’è andato. È uno che ha visto qualcosa, la luce era quella che era: il ragazzo che scappa, che da dietro lo butta in terra, lo aggredisce, lo colpisce col coltello. Pensiamo noi che a distanza di dieci anni dobbiamo essere qua a sottilizzare se il Lotti ci descrive una prima volta che l’ha visto a due metri, che lui era dietro il cespuglio? ‘Ma lei da dove l’ha visto?’ ‘Ero in un cespuglio, ero vicino, ero lontano.’ Il tentennare tipico di Lotti il quale ha, come sempre, la necessità di salvare un po’ se stesso. Ma cosa deve raccontare? Cosa pretendiamo che racconti, una persona che c’era? Quali altri dettagli vogliamo pensare di poter ricavare dal suo racconto? Come possiamo oggi pensare: eh, mah, forse, se non era il cespuglio cosa ha visto, cosa non ha visto. È la sostanza del racconto. È la dinamica materiale che combacia in maniera impressionante. È un sicuro elemento di riscontro oggettivo, quello per il 1985 a Scopeti. Ma come sapete io mi sono molto impegnato per quello che riguarda la ricostruzione della dinamica materiale dell’omicidio dell’84, e direi che anche qua probabilmente, anzi sicuramente, la volontà di approfondire ha sicuramente giovato alla ricostruzione della verità. Abbiamo sentito qua in aula, oltre coloro che avevano fatto i rilievi – la Polizia Scientifica – sull’auto, i rilievi sul posto, abbiamo sentito il professor Maurri, il professor Marello sulla presenza di colpi di arma bianca sul corpo della ragazza Rontini e sulla necessità di verificare come si erano svolti i fatti: aggressione con la pistola alla ragazza, col coltello, momento della morte. È una serie di circostanze ricostruite dai medici legali che emergevano anche queste nella perizia depositata da loro e anche lì potevamo stare tranquilli. Quando qualcuno, di fronte al discorso che Lotti aveva sentito gemere e lamentarsi la ragazza, si era inalberato dicendo ‘era morta, come fa ad aver sentito gemere, com’è possibile che questa si sia lamentata?’, nessuno si è scomposto più di tanto in questo dibattimento. Se dobbiamo verificare questo dato abbiamo un dato obiettivo nella perizia: chiamiamo i periti che l’hanno fatta, ci facciamo spiegare nei dettagli cosa hanno, loro, accertato sugli esiti di queste lesioni da coltello e vedremo se Lotti dice o no la verità. Ci aveva lasciato in difficoltà, ma in difficoltà a pensare a questa ragazza, di come è morta. Io non voglio aggiungere altro perché è bene che lo pensi ognuno nel suo intimo, perché ricostruire questi passaggi è sicuramente difficile per tutti; però in questo processo bisogna farlo. Come sono andate le cose. Cosa dicevano i periti di allora. Lascia senza parole già la ricostruzione in perizia ed è questa, in sostanza: “Pia Routini non morì subito dopo l’esplosione dei colpi di pistola.” Nella perizia medico-legale c’era già scritto, incontestabile. Addirittura c’era un intero capitolo, fra pagina 45 e pagina 63. Un capitolo. Signori, i medici legali di allora su questo punto avevano speso un capitolo della loro perizia medico-legale. Sapete come era intitolato? Lo sapete benissimo: “Eventuale sopravvivenza e possibilità di movimenti coordinati e finalistici della ragazza.” Allora, anche questi signori niente sapevano del racconto successivo di Lotti. Pagina 59: “Dopo il colpo di arma da fuoco alla testa sul cadavere non ci sono segni che indichino la comparsa di morte immediata” – cioè l’esame obiettivo del cadavere – “ma, al contrario” -allora dicevano – “ci sono segni indicativi di una certa sopravvivenza, che come abbiamo già detto sono rappresentati dall’edema polmonare.” E spiegano quali sono gli elementi oggettivi da cui ricavano questo dato. Ed ancora: “Per quanto riguarda il carattere delle lesioni da arma bianca al collo si può conclusivamente dire che esse sono molto più probabilmente inferte in vita che non in morte; ciò perché lo stravaso ematico lungo il tramite e lungo alcuni dei muscoli della regione latero-cervicale sinistra è stato abbondante.” Cioè, ci spiegano perché non è un’illazione. Ci fu sicuramente un periodo di breve sopravvivenza. È la descrizione che Lotti vi ha fatto in quest’aula, perché la descrizione di Lotti è: ‘La ragazza fu trascinata, dopo i colpi di arma da fuoco, fuori dell’auto nel campo di erba medica attiguo’ in cui avvennero le escissioni ad opera di Mario Vanni. In precedenza la ragazza era stata attinta da colpi di arma da fuoco sparati dal Pacciani. “La ragazza dopo gli spari gemeva e si lamentava.” Questo è il racconto di Lotti. La coincidenza è impressionante. Ma non eravamo soddisfatti. Abbiamo chiamato i periti e ci siamo fatti spiegare dal professor Marello e dal professor Maurri perché questa ragazza poteva gemere, nonostante quel tipo di lesione d’arma da fuoco. E qui, direi, la scienza ci ha dato il maggior contributo che ci poteva dare nella persona del professor Maurri e del professor Marello. Perché sono stati una buona mezz’ora a spiegare, a domande delle parti di questo processo, come è meccanicamente potuto avvenire che la ragazza, in presenza di quelle lesioni, gemesse. Tagliando alla radice, anche qui, le illazioni: Lotti è uno che sente i marziani, ha sentito gemere. No, no. Assolutamente. Le cose sono in modo diverso. Maurri e Marello sono stati a lungo interrogati su come meccanicamente poteva essere avvenuto. Io vorrei che le rileggeste, però vi aiuto io. Mi dispiace, vi faccio perdere… non perdere, vi faccio occupare alcuni minuti su questo punto. Occupare è il termine giusto. Perché anche basta,
basta illazioni. L’ho letto anche su un giornale, una volta: ‘Ah, Lotti com’è possibile che abbia sentito gemere, non è…’. Per carità, i processi si fanno in quest’aula. Li abbiamo sentiti il professor Maurri e il professor Marello. Il Marello ha avuto la possibilità di spiegarcelo tecnicamente. Dice: ”Il colpo mortale che attraversò la guancia fermandosi nella sede occipitale del cranio della ragazza non è stato immediatamente mortale. Ha portato indubbiamente ad una situazione comatosa susseguente all’evento lesivo, ma ciò ha consentito una sopravvivenza della ragazza che è stata, a questo punto, attinta da altri colpi a livello del collo: esattamente due ferite da punta e da taglio che hanno tutte le caratteristiche di ferite vitale.” Cioè ferite inferte su un corpo in vita. “La morte non era sopraggiunta.” Secchi, tutti e due. “C’erano i segni di spruzzi di sangue.” Scusate, è veramente difficile per me spostare in una cosa così fredda e arida gli spruzzi di sangue di una situazione di quel genere. Oggi ci si accontenta di parlare di spruzzi di sangue, nessuno pensa alle anime di queste persone. Ma il processo vuole che parliamo di spruzzi di sangue e io di spruzzi di sangue devo parlare; ma solo a questo fine. “C’erano gli spruzzi di sangue proprio perché le ferite da taglio al collo sono inferte ancora durante la vita della vìttima.” Mi è difficile, lo ammetto, continuare a evidenziare a voi questo racconto; ma è necessario, indispensabile. “Il cuore continuava a battere; conseguentemente, pulsando, riesce a spingere con violenza il sangue al di fuori delle ferite. Il fatto che le ferite al collo siano vitali è determinato da tutta una serie di elementi medico-legali che vanno dall’infiltrazione ematica…”, e qua si dilungano nel come possono aver dimostrato questo. “Quando la donna, poi, venne sottoposta alle ulteriori mutilazioni abbiamo ferite sicuramente mortali. Cioè significa che lì la ragazza fu prima violentemente afferrata e trascinata” – ci dimostrano che quei segni che si sono trovati sul corpo sono segni di trascinamento – “e poi nel momento in cui fu afferrata la ragazza era ancora viva, dal punto di vista cardiaco, ovviamente; dal punto di vista della funzione della circolazione ematica. Cioè, può esserci stata una qualche reazione minima da un soggetto ancora non definitivamente morto.” 
P.M.: Ecco ora i punti essenziali divisi per i due periti. Maurri: “Perché, nonostante la indubbia gravità del proiettile che raggiunse la ragazza al cranio, provocando queste grosse lesioni encefaliche, a quel punto lì, anche se la ragazza è entrata in uno stato di coma, rapidamente ingravescente e irreversibile, sicuramente c’era la possibilità di emettere qualche suono, un gemito, un gorgoglio, un lamento.” E il professor Marello, che è ancora più specifico: “Vorrei, a questo proposito, aggiungere che nel coma strutturale” – qui va nello scientifico, nell’anatomopatologo, nel medico-legale, ma anche qua è indispensabile – “nel coma strutturale, quando parliamo del coma che ha origine nella parte anteriore del cervello, cioè a livello encefalico, a livello proto-mesoencefalleo son possibili azioni motorie da parte del soggetto, per cui il corpo ha movimenti.” “E per quanto riguarda il problema del lamento abbiamo constatato…”, ecco qua il punto oggettivo che ci mette, che vi mette tranquilli, se tranquilli si può essere in uno scempio di un corpo umano, di una persona ancora in vita, se si può pensare a essere tranquilli, ma dobbiamo essere tranquilli nella ricostruzione. Dice: “Per quanto riguarda il problema del lamento abbiamo constatato, nel corso dell’autopsia, che la parte della glottide delle corde vocali erano perfettamente integre; erano risparmiate. Così come, integre, erano praticamente le vie che dalla zona pre… frontale ascendente attraverso il peduncolo cerebrale e i nuclei dei nervi cremici, i nervi del trigemino e la faringe, cioè quegli elementi nervosi che permettono in qualche modo la fuoriuscita, attraverso il mantice polmonare, di aria che produce poi il suono.” Ecco cosa ci spiega il professor Marello. Perché c’erano i lamenti e perché in quelle condizioni oggettive c’era possibilità di lamenti, di suoni. Perché c’era quella situazione, ancora, lina situazione che permetteva obiettivamente un suono che è quel suono che da lontano o da vicino, più lontano o più vicino, ha sentito Lotti. È impressionante, veramente impressionante. Direi questo è l’elemento che, secondo me, ci mette tranquilli tutti. Chi ha fatto quella descrizione di quel lamento non poteva che essere sul posto, che si chiami Lotti o comunque sia il suo nome. Solo chi era presente quella sera ha visto e ha partecipato a quei fatti, consapevolmente o no -più consapevolmente che inconsapevolmente – può aver fatto il racconto che ci ha fatto, con quella apparente freddezza tipica di Lotti. Con quella freddezza che è stata scalfita solo da quel biglietto in cui sembra che ha riversato tutta l’emozione, se emozione c’è, nella mente di Lotti per fatti così devastanti. Allora, anche in questo racconto vediamo Lotti, un attimo, come si è comportato nel fare questo racconto che un riscontro oggettivo nelle parole del professor Marello. Come si è comportato Lotti? Ha fatto l’unica difesa che poteva fare alle contestazioni di tutti noi. ‘Ma come hai fatto a vedere, cosa hai visto?’ Anche lì è una scena che Lotti ha visto ed è la scena che sicuramente emoziona noi oggi nel raccontarla, a distanza di tredici anni. Ma pensiamo quello che l’ha vissuta, sia pure da spettatore, o partecipe, o presente, palo o non palo. Cosa ci racconta? Lo vediamo bene, lo leggiamo quel racconto? Dice: “Io ero più lontano da loro”, “Ero più vicino alla mia macchina”, “Ero vicino alla macchina di loro”, “Ero a un cespuglio.” Cioè, a tutte le domande che gli vengono fatte per vedere dove era, le giuste contestazioni, è sempre un Lotti che quando deve dichiarare di aver visto non può che dire: “Io, ero lì a due, tre metri.” Se poi gli si fa la domanda generica, cerca di dimostrarci che era lontano. Però, signori, ma cosa importa se era a due metri, se era a tre metri, se era dietro il cespuglio, se era vicino alla macchina? Era lì, lo abbiamo oramai capito da queste circostanze. La sostanza del racconto è questa. E’ ovvio che deve per forza… e io lo credo, è la realtà, ma tutti a questo punto siamo indotti a crederlo. Ma siamo indotti da elementi oggettivi. Era sicuramente una persona che, con questo suo ruolo, non ha sicuramente tagliato, non ha sparato. È quello che ci dice: ‘Io son stato costretto ad andare, io ho visto.’ Ci siamo stati un pomeriggio, una mattina, su questo racconto, per vedere cosa potevamo tirargli fuori. E cosa è successo? Il coraggio l’ha avuto, di dire quello che ha visto ; ma ha anche avuto… non è forse il coraggio di ammettere, perché qui non c’è da sottolineare il fatto se sia stato coraggio o meno. Ha avuto l’obiettività di dire come sono andate le cose. E anche quando gli abbiamo fatto quelle domande importanti, dice: ‘ma perché ci sei andato? Perché non sei andato via? ‘, è lì che è credibile, ancora una volta. Quando gli si contesta: ‘Ma tu eri con la macchina tua.’ Giustamente il Presidente gli ha detto: ‘Eh, scusa, ma perché, a un fatto di questo genere, non te ne sei andato? Tu sei andato con la tua macchina.’ Eh, lui è andato con la sua macchina, è ovvio, perché per fare il palo è bene essere sempre pronti a tutto ; e le due macchine sono indispensabili nell’economia dei delitti. Però è anche vero che se avesse voluto poteva andarsene. Sono giuste contestazioni che gli abbiamo fatto. Questo dimostra il tipo di partecipazione, il tipo di concorso che ha avuto in questi fatti. Però è indubbiamente una situazione in cui le sue ammissioni non possono essere sottovalutate. È proprio il fatto che ci dice: ‘io ero lì. È vero, io mi potevo allontanare, mi sono allontanato dopo. Ma perché? Perché dovevo essere lì a controllare la zona. Io, poi, sono andato dietro a loro; sono andato dietro a loro perché non sapevo la strada. Siamo passati di sopra, dalla montagna.’ È vero, la contestazione che gli è stata fatta: è vero, aveva la possibilità anche di cambiare strada, quando sono andati sul posto. Aveva la possibilità di andarsene via prima. E’ questo l’elemento ulteriore di credibilità, quando ammette questi fatti. Io vi assicuro che il pensare alla ricostruzione di ciò che ha visto e il pensare a quella ricostruzione tecnica dei medici legali è un passaggio molto importante di questo processo. Ma ce n’è un altro, ancora – abbiamo già visto: ’85, ’84 – eh, il 1983. Il 1983 ha quella caratteristica importante, perché Lotti sicuramente, non dico spinto, ma senza nessuna possibilità di suggeritore dice: ‘Guadate, lì mi è stata messa la pistola in mano, ho sparato anch’io.’ Dove la troviamo, in un caso come questo, una persona che, seduta davanti a un tavolo, ammette queste cose, di suo. Non è che lì c’era un teste, una Ghiribelli, un Galli, un Pucci a dire: ‘guarda, ti hanno visto, grosso modo, che c’avevi una pistola in mano.’ No, tutto esclusivamente racconto del Lotti. È un fatto vero. E, allora, la ricostruzione della dinamica di quell’omicidio, fatta sempre dai medici legali e dalla Polizia Giudiziaria, è una dinamica in cui è pacifico che si arguisce, si deducono due o tre elementi: che ci sono stati più spari intorno al furgone. Che i due erano – si è visto nelle foto – uno dei due, addirittura seduto su un lato del furgone; abbiamo visto dove sono i fari. Abbiamo visto qual è lo sportello aperto. E abbiamo, dall’altra parte, un racconto di Lotti non solo identico, ma sicuramente impreciso, spreciso. È un racconto di un Lotti che a volte dà la sensazione… ‘Ma cosa hai visto? Ma dove, in che punto eri? Ma com’è possibile? Hanno aperto prima, hanno aperto dopo?’ Voi vedrete nei dettagli il suo racconto e vedrete come corrisponde in pieno, non solo la dinamica, ma il tipo, l’altezza dei colpi, quelli sparati dopo, quelli sparati prima, la posizione dei corpi, l’altezza. Ma non dovete trascurare un dato, secondo me non importante: indispensabile per capire queste sue… non so se sono imprecisioni, sono cose che sicuramente ha memorizzato in un certo modo. Forse nessuno di noi mai – è augurabile – si trovi in situazioni simili o si è mai trovato. Ma pensiamo un soggetto di quella caratura, con quelle motivazioni che si trova – probabilmente lo sapeva già che avrebbe dovuto sparare, questo non cambia nulla – si trova a sparare, a. .. Cosa dice in continuazione: ‘Io non so se li ho morti, non so cosa… Si muovevano, uno era seduto.’ Poi cosa ci descrive? ‘Io non capivo più nulla, non ho visto più nulla, ho visto…’. Cioè, è una situazione in cui il racconto di Lotti è un racconto di una persona che sul posto aveva sparato a delle persone che si muovevano e non sapeva se le aveva ammazzate o no. Evidentemente ha creduto – e lo crede tuttora e sarà sicuramente verosimile – che non li ha ammazzati. Tant’è che l’altro, il Pacciani, come sappiamo, ha dovuto fare il resto della macabra operazione. Però teniamo presente che questo signore, di sua spontanea volontà, ha detto: ‘Ho sparato’ e quindi gli vogliamo riconoscere – se gli si deve, non lo so – un diritto, in questo momento, di essere quanto meno emozionato e teso dall’evento? Una persona che ha visto un qualcosa a cui ha partecipato e i cui dettagli sono sì nella sua mente, ma cosa avrà fotografato? Sicuramente ha guardato la sua mano, sicuramente ha guardato la pistola, sicuramente ha guardato dentro se stesso. Cosa possiamo chiedergli ‘ma il vetro era sulla sinistra o era sulla destra? ‘ a distanza di tredici anni e pretendere una perfetta coincidenza del suo racconto. È una persona che bene o male era lì con questa azione. Io sul discorso l’altezza, l’altezza dei fori -147… 137, 143 – è compatibile con l’altezza di Lotti o con l’altezza di Pacciani vorrei non aggiungere assolutamente altro, a quanto già emerso. Vi abbiamo fornito la consulenza, la perizia fatta nel processo Pacciani per quanto riguarda la compatibilità dell’altezza con il Pacciani. Per quello che riguarda il Lotti avete visto la sua altezza, avete tutta
la possibilità di fare le vostre rilevazioni o i vostri ragionamenti sul punto e vedrete che non solo c’è una perfetta compatibilità, ma come in tutte queste cose non si potrà mai essere oggettivi perché come potremmo mai dimostrare oggettivamente se era mano alzata, era mano bassa, se uno aveva le gambe più alte dell’altro, se in quel punto c’era un avvallamento o se c’era un piccolo monte di terra. Quindi, sono considerazioni oggettive che servono e lasciano il tempo che trovano.
P.M.: A un altro delitto ha partecipato e ci ha descritto di aver partecipato il Lotti, quello di Baccaiano-Montespertoli. È il primo delitto. Ci ha spiegato quel è stata la sua partecipazione; quello è il primo, secondo il suo racconto – ma in questo processo di questo ci occupiamo – è il primo in cui il Lotti dice: ‘beh, io sapevo che sì , andava, non ci credevo, ho visto’. Questo è la dinamica psicologica della mente di Lotti e comunque del suo racconto. Dice: ‘io sono rimasto a distanza. La strada nel sopralluogo è quella. Il luogo è quello’. La ricostruzione della dinamica in tre fasi, come ce la racconta Lotti è talmente tranquillizzante per uno che è stato… sicuramente era la prima volta, era uno che doveva guardare la strada a distanza, è talmente tranquillizzante perché è perfetta con la ricostruzione che hanno fatto i medici legali. Perché, come ricorderete, il professor Cagliesi Cingolani e la dottoressa Cucurnia, che materialmente avevano steso quella relazione, all’epoca vi hanno chiaramente parlato di tre fasi, così come la Polizia Giudiziaria, così come Lotti. Dice Lotti: “Io rimasi a distanza. Pacciani e Vanni si avvicinarono alla piazzola sulla destra. Noi arrivavamo da dietro. Pacciani sparò alcuni colpi verso l’auto. Il giovane reagì” – e qui poi parleremo a lungo fra un attimo – “avviando l’auto a marcia indietro, finì con le ruote posteriori della sua auto nel fossetto, dalla parte opposta della strada. Pacciani sparò ai fari dell’auto che era di traverso sulla strada e poi contro gli occupanti. Vanni era nei pressi.” Non avvennero le escissioni, sappiamo tutti perché. Questa è la cosiddetta ricostruzione ufficiale e su questa ricostruzione c’è stata una lunghissima attività istruttoria. Secondo me una ricostruzione e un’attività istruttoria non solo doverosa ma abbiamo fatto bene a farla completa. Perché, lo sapete tutti il difensore di Vanni si è molto battuto per dare la prova di una ricostruzione diversa, sulla base di elementi che lui difensore aveva e ha fornito alla Corte. Tutti noi siamo stati a sentirlo, vediamo quali sono questi elementi oggettivi dell’ipotesi della ricostruzione non ufficiale, diversa da quella ufficiale, per poi trarre delle conclusioni. E io a questo punto mi dilungo sul questo perché è importante, perché siete stati voi investiti della necessità di capire a lungo e nei dettagli come potevano essere andati i fatti quella notte. Tant’è che avete voi – ex 507 – ammesso ulteriori testi. Meno male, signor Presidente! Meno male! Ha fatto bene il difensore a fare tutte le sue istanze. Abbiamo fatto bene tutti a ricostruire nei dettagli come andarono quelle cose, perché abbiamo avuto la prova che la ricostruzione ufficiale non solo è perfetta ma è quella reale. Vediamo perché, perché questa, in questo momento, è una affermazione del P.M. Allora noi sappiamo che per quanto riguarda Baccaiano – e su questo ci dobbiamo dilungare – c’è una ricostruzione ufficiale, confermata dai periti e dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria, dall’altra c’è la ricostruzione che io per comodità la chiamo ricostruzione Allegranti, che è quell’autista della Croce D’Oro di Baccaiano che dice di essere intervenuto lui e sulla base delle cui dichiarazioni abbiamo una ricostruzione o avevamo, prima del dibattimento una ricostruzione possibile diversa. Noi dobbiamo partire solo dall’esame obiettivo di quello che è emerso in quest’aula. La versione Allegranti è quella di quell’autista della Croce D’Oro di Baccaiano, che dice subito: ‘beh, la Croce D’Oro che è intervenuta era stata costituita da poco, era luglio, avevamo messo insieme le forze che avevamo sul posto e eravamo sul luogo, siamo intervenuti noi quella notte’. Quindi, innanzitutto sappiamo che è un’opera di assistenza che è stata da poco costituita. Ma il punto fondamentale è sicuramente in contrasto -nella dichiarazione di Alleqranti – con quella che è la ricostruzione ufficiale, cioè: il ragazzo che guida, è al posto di guida, quantomeno con il corpo sul posto di guida e guida la macchina indietro. Perché il signor Allegranti si presenta e dice subito: “Quando io estrassi” – io, io Allegranti, punto fondamentale, io Allegranti, io; bene, questo dice – “dall’auto il corpo del giovane Mainardi, era ancora vivo ed era sul sedile posteriore dell’auto.” Quindi, come poteva lui guidare? L’Allegranti non lo dice, è una tesi difensiva. O meglio, è un’ipotesi. Perché su questa ipotesi noi abbiamo fatto un grosso lavoro di ricostruzione dei fatti, voi non noi, voi Corte avete fatto, insieme alla difesa. Il P.M. è stato a sentire e ha cercato insieme alle altre parti private di esaminare obiettivamente solo i fatti. E quindi la ricostruzione difensiva è questa: il ragazzo se era sul sedile di dietro non può avere guidato l’auto; quindi, siccome l’auto si è sicuramente spostata l’ha guidata un altro. Ipotesi. Noi siamo a verificare le ipotesi. Beh, l’ipotesi però è più completa e io dico, per me, è fantasia il solo pensiero, però siccome è un’ipotesi esaminiamola. L’ipotesi è questa: siccome il ragazzo è sul sedile di dietro, l’auto è stata spostata dall’autore dei delitti, dal mostro, il quale si mette alla guida lui per allontanarsi, con i due giovani feriti dietro, tra l’altro poi scende, perché in questa ricostruzione… e spara ai fari, o gli ha sparato prima, dovendo scappare lui stesso poi acceca i fari di questa macchina – e quindi, ecco una fantasia – e poi scappa per portare il corpo da un’altra parte per fare le escissioni. Tutto questo sulla base di questa dichiarazione di Allegranti che dice: ‘io ho spostato, io ho spostato il corpo che era dietro’. Allora, siccome siamo in un’ipotesi, la ricostruzione ufficiale è diversa, eh, dobbiamo verificarla in pieno. Nessuno sì è sottratto, la Corte non ci ha nemmeno pensato minimamente a non verificare questa situazione. E cosa è emerso piano piano? È stato chiesto al professor Maurri, al tecnico, dice: ‘professor Maurri, lei pensa a una cosa di questo genere?’. Ora, il professor Maurri, che secondo me è persona talmente schietta, forse a volte ci è ancora più vicina perché non usa i termini di scienziato, e alla domanda del difensore dì Vanni, dice: ‘ma lei cosa pensa di questo?’, e con la sua schiettezza, che secondo me gli riconosciamo in termini poi di verità, perché è quasi una persona come noi, non è più scienziato, vi ricordate che cosa ha detto? Dice: ‘un’ipotesi di questo genere mi sembra un’ipotesi salottiera’, così ha detto. E’ la vera schiettezza di un medico legale, che con l’esperienza sua ha bollato, se così si può dire questa ipotesi come un’ipotesi salottiera. Noi non ci fa né caldo né freddo, perché è una affermazione del professor Maurri, sia pure sulla base della sua esperienza e sulla base di quello che aveva visto. Però abbiamo la possibilità di verificare come andarono veramente i fatti, cosa può avere visto veramente questo Allegranti di diverso da quella che è la ricostruzione ufficiale. Bisogna comunque cercare di inquadrare quando questo signor Allegranti è arrivato, perché se fosse innanzitutto la persona che è arrivata prima sul posto e ci fosse la prova che è arrivato solo lui, c’era lui, ha visto, beh, insomma, un minimo di credibilità in più glielo dobbiamo dare. Però vediamo, vediamo con calma quali sono gli elementi diversi di questa ricostruzione, un esame obiettivo. Partiamo dall’esame del fascicolo processuale, perché se si dice che questo corpo era dietro, tutta un’attività istruttoria che oggi ricordiamo solo per dire che l’ipotesi era solo un’ipotesi, non che cambi assolutamente nulla in termini della decisione perché abbiamo visto come stanno le cose. Però è mio dovere, secondo me, perché vi è stato proposto questo argomento, esaminarlo fino in fondo. Gli elementi obiettivi sono le foto di quella macchina e le foto dimostrano che il sangue al posto di guida era chiaramente in abbondanza sul sedile anteriore – questo è un elemento oggettivo – e era più verso la parte centrale dell’auto. Voi ricorderete che molti ci raccontano che questo ragazzo, il corpo di questo ragazzo era comunque spostato verso, non so, il freno a mano, verso quella zona lì, verso il centro dell’auto. Il sedile poi nelle foto è reclinato indietro, nulla vieta quindi che quel soccorritore o quei soccorritori, che vi hanno poi raccontato che effettivamente gli è sembrato era sul sedile posteriore, abbiano visto il ragazzo sdraiato con comunque il corpo, la parte bassa del corpo sul sedile davanti e la testa indietro. Ma c’è un altro da… e che per me è la più verosimile è la verità. Ma c’è un dato ancora in più: il sangue, oltre che sul sedile nella parte davanti, in abbondanza, in maggiore quantità che sulla parte più indietro, il sangue è sullo sportello lato guida, sul montante e sul pianale a sinistra del lato guida. Voi ricorderete che quel teste, cognato se non sbaglio del Mainardi, vi ha diffusamente raccontato quello che vide lui e è perfettamente corrispondente alle foto. È un contributo di chiarezza che questo signore ha dato in questa aula. Allora noi abbiamo elementi oggettivi completamente in contrasto con ciò che dice Allegranti, ma Allegranti può essere anche in buona fede, lo vedremo, e completamente in contrasto con la sua ipotesi. Gli elementi obiettivi sono sulla… ovviamente, a favore della : ricostruzione ufficiale. È ovvio, perché la ricostruzione ufficiale è basata su questi elementi. Ma allora veniamo a questi soccorritori che noi abbiamo sentito tutti e che hanno visto veramente le cose. Partiamo dal presupposto che se fosse arrivato prima l’Allegranti avrebbe una quantità di motivi per essere creduto. Ma è arrivato, se non sbaglio, settimo, ottavo, decimo, vediamo. I primi intervenuti soccorritori non sono quelli dell’ambulanza, sono dei comuni cittadini che passavano di lì e questi signori cosa ci hanno detto tutti
– poi vediamo chi sono ‘abbiamo visto il ragazzo che era sul sedile davanti’. Ma a questo proposito, quelli che sono arrivati prima di Allegranti sono tutti d’accordo, bisogna anche dare un attimo una patente di credibilità agli atti ufficiali di coloro che sono intervenuti. Non che valga necessariamente di più il verbale di sopralluogo del P.M. rispetto alla testimonianza Allegranti, però, quantomeno, valutiamo entrambi. Obiettivamente. Il P.M. potrebbe essersi sbagliato, potrebbe aver raccolto elementi non corretti, però è un P.M. che voi sapete che non solo ha fatto il verbale alle due di notte ma ha subito sentito tutti i presenti l’indomani. Quindi, il P.M. ha cercato di ricostruire subito i fatti, era suo dovere poteva essere meno puntiglioso nella ricostruzione, per fortuna abbiamo trovato un P.M. che ha fatto il suo dovere con il massimo scrupolo, la dottoressa Della Monica. Il massimo dello scrupolo e che oggi ci consente proprio di dire al signor Allegranti: va beh, signor Allegranti, tu l’hai visto così, nessuno ti può negare il diritto di raccontare questo. Però che da questo si parli di una ricostruzione di un ipotetico mostro che ha messo in moto la macchina ne corre. Cosa dicono gli atti ufficiali? C’è il verbale di sopralluogo del P.M. di quella sera, dice a che ora è arrivato, in cui da atto che il ragazzo, sulla base della ricostruzione degli Ufficiali di Polizia presenti sul fatto e dei testi, era sul sedile anteriore. Questo dice il verbale del P.M. Poi ci sono questi testi che dicevo, quelli che sono intervenuti per primi, quelli che hanno avvertito Carabinieri di Montespertoli, Croce D’Oro di Baccaiano, sono quattro: Marini Graziano, Bartalesi Concetta, Poggiarelli Adriano, Calamandrei Stefano.
P.M.: Appare chiaro da queste testimonianze delle persone che sono arrivate per prime che il ragazzo stava sul sedile davanti, reclinato, con la testa indietro. E quindi sono loro a cui dobbiamo quantomeno, non certo per il numero, un debito di credibilità perché sono quelli che sono arrivati primi, non vorrei che poi si fosse mosso qualcosa su quel corpo, qualcuno lo avesse spostato, questo non lo sapremo mai. Però una cosa è certa, nel momento in cui era avvenuta da poco l’azione, cioè, il ragazzo era finito nel fossetto, il suo corpo era davanti. Guidare aveva guidato lui, non c’è niente da fare, è inutile tentare di dimostrare delle ipotesi salottiere o non salottiere. Allora vediamo chi è intervenuto dopo, l’equipaggio dell’ambulanza che è stato portato come teste, questi ragazzi, per dire cosa hanno visto loro, ci hanno obiettivamente, serenamente, posto davanti a una circostanza di fatto, anche questa molto importante, che riguarda la Croce D’Oro di Baccaiano, che era stata costituita da un mese. Questi ragazzi c’hanno tutti raccontato che ricevettero la segnalazione da quelli che erano stati sul posto, che la segnalazione arrivò dopo mezzanotte. Quindi ci danno riscontro al fatto che loro, Croce Verde, sono intervenuti dopo, dopo che altre persone erano andate sul luogo. Quindi, in qualsiasi momento sono arrivati, sono arrivati dopo e hanno visto qualcosa dopo. Quindi, dobbiamo pensare che, indipendentemente dalla certezza o meno del loro racconto, sono persone che hanno visto una scena sicuramente successiva a quella… all’azione della macchina che va indietro. E però questi ragazzi ci dicono una cosa ancora in più, ci fanno oggettivamente presente che due di loro, Martini Graziano e Ciappi Paolo erano al primo servizio. Non che uno al primo servizio debba essere creduto meno di uno che ha fatto mille servizi come un maresciallo dei Carabinieri che chissà quante cose del genere ha visto, o a un P.M., però sono due ragazzi di diciassette anni, che avessero firmato i genitori o meno, i quali ragazzi, che si chiamano esattamente Martini Graziano e Ciappi Paolo, questi ragazzi dicono: ‘era il primo servizio’. Pensate voi due ragazzi di diciassette anni che anziché nel primo servizio andare a raccogliere la signora in casa che ha quaranta di febbre e deve essere portata all’ospedale o a raccogliere il coetaneo in motorino che si è fratturato una gamba, si trovano davanti uno scempio simili, una situazione in cui c’è uno vivo da portare in ospedale, in cui ci sono colpi di arma da fuoco, al primo servizio si trovano davanti questo. Diamogli tutta l’esperienza, avevano fatto tutti i corsi che volevano, ma vi immaginate voi il carico di emozione e di concitazione di questi due poveretti? Come possono essere oggi in condizioni di raccontarci obiettivamente una situazione? Tant’è che il loro racconto è impreciso, è preciso solo su un fatto: ‘ah, per noi era dietro’. Due, per la verità, dicono così. Gli altri cominciano a dire: ‘mah, io non mi sono avvicinato. Io sono stato un po’ distante’. Quindi sono due ragazzi o dei soccorritori che hanno, non certo sulla coscienza, perché non è imputabile a loro, quella difficoltà di soccorso di quella notte, ma sicuramente il caso in quell’omicidio ha operato molto ai danni di quel ragazzo. Perché se ci fossero stati, per fortuna, per accidente, dei soccorsi come quelli che ci sono oggi, la famosa autoambulanza rianimazione col medico a bordo, forse c’era da sperare un qualche cosa di meglio, ma oggettivamente quel soccorso andò in quel modo. Ma c’è un punto fondamentale che secondo me taglia la testa al toro e ci dà proprio la certezza di come sono andate le cose. Questi ragazzi, il Ciappi Paolo dice: “Io rimasi fuori, mi passarono il corpo…” “Ma te lo passò l”Allegranti” – gli si chiede –“perché era 1’Allegranti che ha detto arrivò per primo a tirare fuori il corpo.” Il Ciappi Paolo, onestamente, non poteva fare in modo diverso, dice: “No, io ero fuori, l’Allegranti addirittura o era all’ambulanza o era lì nei pressi a sistemare la barella.” Quindi, nella concitazione di quei racconti, abbiamo anche una situazione in cui il teste Allegranti che dovrebbe averci portato la ricostruzione alternativa vera, quando ci ha fatto il suo racconto, secondo il suoi stessi compagni di soccorso o di difficile soccorso, non vorrei insistere sul fatto che fu uno scarso soccorso, per colpa di nessuno ma del fato, l’Allegranti è persona che stava nei pressi. Quindi, nel momento in cui ci dice: ‘fui io a spostarlo’, sappiamo che c’è addirittura un Gargalini Salvano che dice: ‘l’ho spostato io’. E non si capisce bene allora… Alcuni sono lontani, alcuni non l’hanno spostato, sicuramente Allegranti no, capite che tutta questa ricostruzione alternativa lascia il tempo che trova. Allora noi abbiamo per fortuna gli elementi oggettivi di cui si è parlato. E noi abbiamo la convinzione che in una situazione di concitato soccorso dobbiamo credere a quei ragazzi che dicono: ‘quando arrivammo noi c’era la ressa intorno a quella macchina’. Perché questo hanno detto. È ovvio. Vi immaginate voi nell’attesa dei Carabinieri, nell’attesa dell’ambulanza, già s’erano fermate ‘ macchine, quante altre macchine si sono fermate e cosa mai è successo? Potrebbe anche esserci stato qualcuno che ha reclinato lui il sedile all’indietro per facilitare… che ne sappiamo, ma I cosa volete noi che possiamo ipotizzare oggi. Qualcuno che magari è voluto intervenire… Sicuramente nessuno ha toccato nulla perché in quei casi il profano, nella maggior parte delle circostanze sta lontano, però è sicuro che quando arrivò l’ambulanza, intorno a quella macchina c’era una confusione tale che è difficile pensare a un Allegranti e a quei ragazzi che possono aver visto una situazione obiettiva. Chi l’ha vista? L’hanno vista quelli che sono intervenuti per primi. Allora, nella tragica realtà di quel soccorso, capite che l’ipotesi, che io ho definito Allegranti, non è né salottiera né nulla, è un’ipotesi che come doveva essere è un’ipotesi, è rimasta tale, non c’è assolutamente alcun elemento di riscontro, anzi gli elementi sono tutti contrari. E quindi, tornando al punto di partenza, doveroso punto di partenza che ha portato a questa lunga disgressione sull’omicidio dell’82 e sulla ricostruzione oggettiva, dobbiamo tenere presente che la ricostruzione oggettiva è, non solo perfettamente in linea, ma è la ricostruzione in tre fasi, vista dal Lotti dalla distanza che sappiamo. E allora, dobbiamo prendere atto che 1’ attività difensiva, doverosa in questo caso, e l’attività della Corte che si è prodigata nel cercare di ricostruire questi fatti, ha prodotto un oggetto ricostruzione assolutamente inconcludente, assolutamente da non prendere in considerazione che vale come deve valere, una volontà di cercare, di dimostrare quello che era possibile dimostrare, che assolutamente non ha avuto alcun esito. Questo è: niente di più. Prendiamone atto, non vogliamo in nessun modo cercare di fare considerazioni diverse. Oggettivamente le cose sono in questo modo. Quindi, quando si tuonava qua: la ricostruzione ufficiale fa acqua, ve lo dimostreremo. Allegranti: ‘abbiamo documenti’. Ecco, noi abbiamo preso atto, nessuno si è tirato indietro, è emerso che Allegranti, il quale fa quelle dichiarazioni, non ha nemmeno estratto il corpo. Io non vorrei aggiungere nemmeno una parola. Vorrei aggiungere soltanto questo, perché è arrivato un altro teste su questo omicidio, da parte della difesa, il teste Calonaci. Secondo me è una persona più che corretta, abbiamo fatto bene a sentire il teste Calonaci, perché abbiamo capito che ci ha riferito cose che non hanno niente a che fare con questo processo. E’ una persona che si è presentata spontaneamente, due, tre anni, quattro anni è stata sentita non sentita. Dopo, ma nella convinzione di poter dare un contributo, correttamente il Presidente, gliel’ha fatto presente, dice: ‘no, signor Calonaci, ci dica tutto, noi la crediamo’. Perché era il P.M. che magari nell’enfasi dell’esame, nel controesame, in quel momento gli diceva: ‘ma guardi, lei ci sta dicendo forse cose non vere’. No, ha fatto bene il Presidente a interrompere il P.M. e a dire: ‘no, sentiamolo questo signore’. Io gliene do atto al Presidente, un’altra volta, perché lo devo fare, lo faccio in pubblico ma è questa la verità. Ha detto: ‘P.M. statti un attimo zitto, non ti fare… non ti inserire più di tanto, sentiamo questo signore. E’ un signore che si è presentato, sentiamo cosa ha da dire’. E cosa ha detto il teste Calonaci indotto dalla difesa: ‘io, sentite, in quel periodo, nei mesi dopo, nei tempi dopo, ho sentito dire che forse si sospettava uno della Polizia che poteva essere il mostro. L’ho letto sul giornale… allora, mi rivolsi alla Questura, telefonai e dissi guardate che io ho visto una macchina e mi è sembrata della Polizia’. ‘Ah, bene, dove?’ ‘A otto chilometri di distanza dal fatto’. ‘A che ora?’ ‘Alle nove e mezzo’. Quindi, è un signore che innanzi tutto, qualunque cosa abbia visto ci riferisce cose che ha visto davanti a casa sua alle nove e mezzo di sera, l’ora dell’uscita della processione, a otto chilometri dal fatto. Ora mi capite che siamo… facciamo mezzanotte, undici e mezzo, sappiamo la ricostruzione quindi un paio di ore prima del fatto, un signore a otto chilometri di distanza viene davanti alla Polizia e dice una situazione: ‘ho visto una macchina della Polizia con uno solo a bordo. Vi interessa?’ La Polizia cosa fa? Fa un’annotazione, scrive, l’annotazione ve l’abbiamo fornita, è quella annotazione fatta dall’agente della Questura di allora, Accuaro, il quale correttamente dice: ‘si è presentato un signore’, e stila quello che gli ha raccontato. Non fa un verbale, forse dimostra in questo che anche lui, già come semplice agente si rende conto che la cosa ha l’importanza che ha, questo
è il punto fondamentale, è un’agente di Polizia che forse prende un diritto che magari era meglio portarlo davanti al funzionario, chi lo sa, sarà stato il funzionario che gli ha detto: fai tu un’annotazione. Comunque la cosa certa è che la Polizia, intesa come istituzione di questo Stato, di questa presenza del signor Calonaci in Questura, dà atto, c’è un documento, è vero, il signor Calonaci è stato due o tre anni dopo i fatti, ma non ha importanza, ci è andato. Quindi, la Polizia ha… di fatto gli investigatori tutto quello che arrivava, tutte quelle che erano segnalazioni le documentava. Allora il signor Calonaci è stato un po’ scavato in questo dibattimento, forse dal P.M., forse più del necessario, lo riconosco, ma era per vedere se si poteva capire come la difesa pensasse di poter portare un elemento utile a questa ricostruzione di un fatto delle undici e mezzo a otto chilometri di distanza. Due ore prima. Beh, insomma, c’era una macchina della Polizia, c’era, due ore prima, a otto chilometri di distanza. Vi immaginate quella sera fra Carabinieri e Polizia, per fortuna, in giro quante macchine ci potevano essere e quante possano avere a che fare con questo omicidio e quante no. Magari ce ne fosse stata qualcuna più vicina. Ma il pensare che questa testimonianza ci possa portare qualcosa di utile, perché quel Polizia era il mostro che era in giro, mi sembra un passaggio anche logico che, insomma, lasciamolo lì. Anche perché poi il teste Calonaci ci ha spiegato, dice: ‘mah, Polizia mi sembra di aver visto, l’ho capito io’ . Gli abbiamo fatto tutte le domande che gli abbiamo fatto e poi ha avuto quella contraddizione che è sostanziale ma che ci fa capire cosa ha visto. Quel signore ha creduto di avere visto una macchina della Polizia, perché ha sempre detto, dice: ‘mi sembrò strano che c’era uno solo’. Nella annotazione quando si presentò in Questura disse: ‘era in divisa’. Me lo ricordo bene, qui ha detto: ‘c’aveva la camicia bianca’. Capite, allora è un ricordo corretto del signor Calonaci ma è un suo ricordo che voleva essere una macchina della Polizia, sarà stata con uno solo a bordo, una macchina, come viene chiamata, di istituto con qualcuno in divisa è difficile che fosse uno solo a bordo. Il Presidente, come sempre, che vede più lontano delle singole parti, per questo fa il Presidente di Corte d’Assise, dice: ‘ma per caso era una macchina dei Vigili, per caso era un’auto delle Guardie Giurate?’ E il Calonaci dice: ‘sarà stata, non sarà stata, non so, io quel che vi dovevo raccontare ve l’ho raccontato, fateci quello che volete, non date noia a me, non pensate che da questo voi potete sicuramente risolvere il caso, se volete chiamate mio genero che anche lui all’epoca ha visto qualche cosa’. Tutto qui, queste sono le… la tesi alternativa che vi è stata fornita sull’episodio Baccaiano. Una alternativa alla ricostruzione ufficiale che avrebbe consentito di mettere seri dubbi sulla credibilità di Lotti. E con questo che è la ricostruzione degli omicidi ’85, ’84, ’83, ’82, a cui Lotti dice di avere partecipato, credo che questo dibattimento abbia correttamente, perché non poteva essere in modo diverso, dimostrato come la ricostruzione ufficiale in tutti i casi è non solo perfettamente in sintonia, ma è sorprendentemente identica alle dichiarazioni di Lotti. Allora direi che ci rimane da esaminare quelli… questi sono i riscontri oggettivi, tutti perfetti, l’unico in cui vi era stata offerta un’ipotesi diversa è quello di Baccaiano, credo di avere esaminato gli elementi obiettivi. Dobbiamo ora continuare il nostro lavoro, vedere come oltre a elementi obiettivi c’è una serie di deposizioni testimoniali che danno ulteriore riscontro al Lotti. Vi ricordavate come siamo partiti? Lotti dice la verità perché una serie di motivi che nascevano dalla sua condotta. Ora vi abbiamo cercato di dimostrare, credo dimostrato, che gli elementi obiettivi, documentali come li ho chiamati sono perfettamente in sintonia. Passiamo a quelli testimoniali. Sono numerosi. Vi chiedo cinque minuti di sospensione per andare avanti.
Presidente: Sospendiamo un quarto d’ora.
P.M.: Un quarto d’ora meglio ancora, Presidente.

Presidente: Ci siamo tutti? Sì. Possiamo riprendere, Pubblico Ministero.
P.M.: Sì, Presidente, grazie.
Presidente: Abbiamo fatto una pausa un po’ più lunga, ma insomma, ha giovato un po’ a tutti.
P.M.: Allora, vi stavo accennando alla circostanza che, a quelle dichiarazioni di Lotti, oltre questi che ho indicato come riscontri oggettivi e documentali, vi è una serie numerosa di riscontri testimoniali, su alcune circostanze talmente importanti che ci danno la certezza, indiretta, che il Lotti, anche su questo, su tutto dica la verità. Ma sicuramente su queste circostanze. E vi avevo accennato, all’inizio di questa discussione, che si tratta in buona parte anche di testimonianze che avevamo già raccolto, ma che non spiegavamo in un contesto diverso. Quindi la importanza, come fonte, di queste testimonianze, è un’importanza ancora più pregnante perché si tratta anche di testimonianze di persone che si erano presentate agli inquirenti al momento dei fatti, il giorno dopo, il giorno stesso, la sera stessa. Che avevano visto delle situazioni, relative ad auto, relative a persone, a condotte, che si erano sentiti in dovere di riferire agli investigatori e che quindi sono testimonianze genuine innanzitutto, perché sono testimonianze del momento dei fatti. Ecco, quindi il materiale, i riscontri obiettivi testimoniali che vorrei esaminare ora con voi, per quanto riguarda la ricostruzione che è stata fatta, sono di questo tipo. Innanzitutto testimonianze di allora, e le testimonianze che, secondo quanto è stato indicato all’inizio di questo dibattimento, sono state poi raccolte perché le indicazioni venivano allora. E sappiamo tutti che la più, quella che ha smosso le acque del torpore della ricostruzione di questi fatti, nel passaggio alla fase in cui abbiamo capito che, come ci ha riferito poi Nesi in quel modo pittoresco, che sa far lui: “quella sera a Scopeti c’era movimento”, è una cosa che… “perché vidi più di un’auto” e riferì all’amico Roberto, o come diamine si chiama “c’è movimento stasera agli Scopeti”. Ecco, è una cosa che era emersa frammentariamente all’inizio e che poi nel dibattimento, in questa nuova indagine è venuta in tutta la sua chiarezza. Ma partendo proprio da quel Nesi, che è stato proprio lo spunto, non dimentichiamo la fondamentale portata delle sue dichiarazioni anche in questo dibattimento. Perché va sicuramente letto come dato oggettivo ciò che Nesi Lorenzo riferisce. Riferisce tantissime cose, ma per quanto… e le vedremo man mano. Ma per quanto riguarda il delitto degli Scopeti, dice sostanzialmente questo. L’ha riferito allora e l’ha riferito qui: sono sicuro, sono tranquillo, io lo conosco Pacciani. L’ho visto quella sera agli Scopeti. Nel dibattimento Pacciani spiegò come mai si decise a raccontarlo in un secondo momento, più che credibile. Perché Pacciani disse di non conoscerlo: no guarda, io ti ho anche visto. E cosa racconta? Dice: “Guardate, la sera dell’omicidio di Scopeti, intorno alle 23” – punto di partenza della nostra indagine – “in macchine vidi Pacciani sulla sua Ford Fiesta, con un’altra persona accanto. Lo incontrai all’incrocio che si trova a poca distanza dalla piazzola, andando da Firenze verso San Casciano. Era la mia direzione. Me lo trovai davanti. Vidi la sua Fiesta, con quella banda laterale celeste e amaranto. Era sicuramente la sua macchina, ma quel che è importante vidi lui, vidi la persona fisica. Aveva un altro dietro”. Cosa disse nel corso delle indagini il Nesi: “Guardate, io chi fosse quello dietro, non l’ho riconosciuto, non l’ho visto, ho fatto solo delle deduzioni, perché? Perché c’era davanti il volto grosso, la figura grossa di Pacciani che mi ha dato quella sicurezza. C’era un altro dietro, pensai – ma lo pensai solo, non ho alcun elemento, non prendete questa mia testimonianza” – l’onesto Nesi – “per verità. Pensai che in quella macchina non poteva esserci che Vanni, perché erano sempre insieme. Pensai che fossero stati dalla Sperduto, che abitava lì vicino, a due chilometri, perché sapevo che andavano da lei. Però attenzione, io vidi Pacciani, chi c’era accanto non lo so. C’era un’altra persona. Le altre sono mie deduzioni”. E quindi abbiamo questo riscontro temporale molto forte, perché Lotti e Pucci di fatto hanno detto: avevamo appuntamento alla piazzola alle 23. L’orario è quello, la macchina è quella, c’erano due persone. Processualmente sappiamo che c’era Pacciani. Ma su questo punto di questa macchina con due persone, abbiamo anche qualche altra testimonianza. Ricordate quella testimonianza di quelle due persone, quegli amici, Stetman Sharon e Raspollini Valeriano? Hanno un valore probatorio molto forte perché sono due persone che si presentano anche loro la sera stessa, la mattina: dopo ai Carabinieri di San Casciano. Sono quei due che dicono: noi siamo passati di lì perché andavamo a Firenze. Io e Raspollini eravamo stati fuori, in Umbria – mi sembra, una cosa del genere – e passando di lì, a quell’ora, soprattutto lei, dice lui, che non era attenta alla guida, vide una circostanza importante. Cosa vide? Vide una macchina bianca, una piccola macchina, media cilindrata. Ma quello che si ricorda la signora Stetman Sharon, quella americana, se non sbaglio, molto corretta, molto attenta nel fare le sue spiegazioni, come tutti coloro che sono abituati a testimoniare e sanno l’importanza. Quindi assolutamente persona indifferente agli imputati. Una persona, un terzo più che credibile. Dice: guardate, io allora, a quell’epoca, in quel giorno, vidi che, nello stradello di fronte, in uno stradello che io poi ho riconosciuto con la Polizia, è lì, c’era una macchina che usciva dalla stradina, verso di noi. È la stradina, che è quella che va alla casa dei Rufo, lì di fronte per intendersi. Proprio voi avete le fotografie aeree del posto e si vede benissimo la stradina con quel muretto, dove poi, il Lotti ci ha raccontato che Pacciani e Vanni avevano nascosto la macchina, o più che nascosto l’avevano appoggiata. La signora Sharon dice: guardate, la cosa che mi sembrò strana è che il conducente di quella macchina che si immetteva sulla strada che noi percorrevamo verso Firenze, quindi in direzione opposta alla nostra e veniva da destra, era un conducente che non voleva essere visto perché fece marcia indietro e non si capì, né io, né il mio compagno, perché quell’auto fece quella marcia indietro, anche perché non disturbava il nostro percorso e abbassò i fari. C’erano due persone. Ecco che abbiamo una testimonianza oggettiva, ulteriore e dell’epoca, del fatto che una macchina, con quelle caratteristiche, con due persone, con quella condotta, intorno a mezzanotte. Quindi è dopo l’omicidio, se la ricostruzione oggettiva può avere su questo qualche precisione. Noi prendiamo il dato, le ore ognuno le racconta nell’ambito del proprio vissuto di quella notte. Cosa volete, che uno sia andato a guardare che ore erano. Ci dà proprio… dice: io vidi una macchina con queste caratteristiche. Ma non è la stessa situazione che ha visto Lotti? Non è la stessa situazione, che un’ora prima, alle 11, non ha visto Nesi in quella zona? Guardate quante coincidenze.
P.M.: Per non parlare della fondamentale teste Ghiribelli che a questo punto va… Ghiribelli-Galli vanno inquadrati correttamente in quello che avveniva quella sera a quell’ora. Perché la Ghiribelli è diffusissima. Altro personaggio che frequenta la casa di Indovino. Io, che importanza abbia in questo processo non lo so, ma ricordatevi che sono personaggi di questo tipo. Ghiribelli è una prostituta, ce l’ha detto chiaramente, che andava con tipi come Lotti, Vanni, Pucci. Quindi è tuia prostituta a questo livello. Questa persona che frequentava la casa di Indovino, malato, al quale faceva assistenza. Passava di lì assieme a Galli, il suo protettore. Sono questi eh, i personaggi. Nessuno vuole metterli a livelli diversi di quello che sono. Quando c’è stato un teste come la signora Sharon, lo abbiamo visto noi: sicuramente sono diversi, ma noi dobbiamo prendere i racconti, non possiamo stare a valutare uno vale di più, uno vale di meno, perché non è questo. Dobbiamo valutare ciò che raccontano e poi vedere cosa corrisponde. La Ghiribelli, che oramai sappiamo cosa ha detto, è talmente specifica su quello che vide quella sera che in quest’aula – poi è giusto che gli abbiamo chiesto tutti questi particolari, particolari che voi sapete – ma dice molto chiaramente come si decise anche lei poi a raccontarlo e cosa aveva visto. E la cosa più importante che Ghiribelli, e poi anche il Galli, con quelle difficoltà che c’erano all’inizio, con quelle difficoltà di essere il Galli persona che aveva avuto dei precedenti, che sfruttava la prostituzione; la Ghiribelli, nel dire che quella sera era lì e vide la 128 del Lotti, in quella benedetta ora in cui c’erano tanti che hanno visto diverse cose, dice: “Il giorno dopo l’omicidio di San Casciano, quando era stato scoperto il fatto” – era il lunedì, era il pomeriggio – “dissi a Roberto Galli: Roberto, bisogna dirlo in Questura, andiamo dai Carabinieri a dire che c’era quella macchina rossa ieri sera, stanotte. Roberto mi rispose: per carità, non voglio noie”. Ecco, anche lei è una che se ne è stata zitta, perché era un concetto, un contesto di questo tipo. “Per via del fatto che io mi prostituivo e per i suoi precedenti, per cui non ne facemmo nulla. Avevo visto la tenda agli Scopeti il giorno prima. Ne avevo parlato a Salvatore Indovino”. Guardate qui che mondo strano che circola in quella zona e che persone ci sono. Che influenza abbiano o che rapporti abbiano in questo processo ha poca importanza. “Ne avevo parlato a Salvatore Indovino dicendogli: ma quei due non hanno paura la notte? Avevo visto la tenda. Ne ho parlato poi con Lotti al telefono, dopo tanto tempo, dopo che ero stata interrogata in Questura, gli dissi al telefono: era tua quella macchina rossa agli Scopeti? Lui mi rispose: non si può andare neanche a pisciare”. Tutto qui. Era prima di mezzanotte. Ma c’è un altro particolare che ci fa pensare a persone che già avevano visto e che si erano tirate indietro, non avevano raccontato nulla, avevano solo sospettato. La Ghiribelli e il Galli – soprattutto il Galli – dicono: mah, quella sera in macchina forse c’era anche Indovino Salvatore. Cioè, dà questo elemento, per cui ci fa capire come sia possibile che questo Indovino Salvatore, anche lui abbia veramente ipotizzato, saputo, fosse in qualche modo al corrente di qualcosa. Era sicuramente persona, Indovino Salvatore e la sua casa e quella della Filippa Nicoletti, è stato ricostruito ampiamente, in cui i nostri imputati -sicuramente il Lotti – erano di casa, la Sperduto era di casa, anche perché era divisa da soltanto una parete e sappiamo che erano quelle case lì. Ognuno era a casa sua, ma, ci ha spiegato la Sperduto, si sentivano. Erano di casa, nel senso che era una casa dove forse… in campagna si faceva qualche rito in più. Ha importanza, non ha importanza. Tazzine, tabelloni, che ci fossero riti magici. Mah, insomma, noi possiamo fantasticare quanto vogliamo. La cosa sicura è che quelle persone sono tutte persone di questo giro, non sono estranee. La povera Sperduto, che è sicuro come parte offesa di tutti questi fatti indiretti è sempre presente; è un mondo che noi abbiamo detto di campagna, ma quello è. Che poi ci fosse qualche rito, che Indovino avesse conosciuto qualcosa, che il Galli teneva da una parte, la Ghiribelli pure. Una Ghiribelli che poi frequentava, per il suo mestiere, queste persone, è una cosa che noi dobbiamo oggi valutare sotto il profilo che erano persone che, se raccontano, raccontano cose di cui hanno sicuramente conoscenza perché non sono fatti a loro estranei. Allora, andiamo ancora a quel racconto relativo al giorno prima. Noi sappiamo che la notte, abbiamo questa ricostruzione con questi riscontri oggettivi molto forti, ma abbiamo qualcosa anche sulla domenica pomeriggio. Perché noi, nella domenica pomeriggio di quel… il pomeriggio prima dell’omicidio, abbiamo qualcuno che ci riferisce cose che hanno poi detto Lotti e Pucci. Il pomeriggio, andando verso la Ghiribelli, la domenica c ‘eravamo fermati un po’ lì, a vedere la coppia. Voi vi ricordate il Pucci, con quale precisione ha poi, solo in dibattimento, precisato: sì, il pomeriggio vedemmo la coppia che faceva l’amore, loro non ci videro perché si baciavano. Eh, ma di questo ricordate? Che abbiamo riscontri obiettivi di questa sosta pomeridiana della 128 Coupé rossa e con Pucci e Lotti che si fermano lì. Quanto sono stati ha importanza? No, non ha importanza. È Pucci che ci dice cosa hanno fatto. E’ Lotti che ci dice: siamo andati il giorno, non ci credeva e la sera gli ho detto avevamo appuntamento, ci siamo tornati. Ve l’hanno detto qua in dibattimento. Ma queste persone ovviamente non passano inosservate. Perché è una macchina la loro che non passa inosservata. Perché sono soggetti che non passano inosservati. Perché purtroppo la tenda dei francesi non era passata inosservata, l’avevano vista tutti. E, chiaramente, quando poi succede l’omicidio, qualcuno ha memorizzato qualcosa e lo va a raccontare. Ci sono quei due coniugi, il signor Chiarappa… il signor De Faveri e la signora Chiarappa, o il contrario, forse, i cognomi, non ha importanza, quella è la coppia. Entrambi hanno sempre raccontato, all’epoca – all’epoca attenzione, oggi, al dibattimento vi hanno confermato dichiarazioni che hanno fatto allora – che quel pomeriggio, mentre si trovavano a casa della famiglia Rufo, lì davanti, avevano visto un’auto rossa con quelle caratteristiche, che aveva impedito il passaggio dell’auto e che era un ma… dell’auto del signor Chiarappa, che doveva rientrare dall’amico Rufo. E quella macchina era lì, fermata allo stradello, davanti… da cui si sale alla tenda. E c’erano due che guardavano verso la tenda dei francesi. Più riscontro obiettivo dell’epoca, alle dichiarazioni di Pucci e Lotti, almeno su questo: quale altro ne vogliamo avere. Forse l’altra dichiarazione, della Carmignani Sabrina, del tutto identica, stranissima anche questa come circostanza. Ma chi poteva immaginare che poi avveniva un omicidio. Quella ragazza che ha raccontato: guardate, io quel pomeriggio mi son fermata proprio lì, vicino alla tenda, con la mia macchina. Volevamo, col mio fidanzato di allora, mangiare un panino, qualcosa che avevamo. Vedemmo la tenda. E aggiunge: ‘vedemmo arrivare poi una macchina rossa, forse tipo Regata, con quei fari’. E’ la classica descrizione di una persona che lo ricorda nei modi che può, della nostra autovettura, e soprattutto una persona che dice: ‘beh, vidi che venivano lì a guardare, poi hanno visto noi e se ne sono tornati giù’. È anche questa una situazione obiettiva, perfettamente coincidente con quelle dichiarazioni. O meglio, con quella circostanza, direi più che provata, non solo dalle dichiarazioni dei protagonisti, dal fatto che il pomeriggio erano andati a dare un’occhiata, erano andati a fare un sopralluogo, il Lotti era stato incaricato di qualcosa, erano andati solo a fare i guardoni. Chi lo sa, che importanza ha. Sicuramente, quando dicono che c’erano andati, hanno dei riscontri inoppugnabili in testimonianze dell’epoca. La Carmignani dice: ‘sentii odore di qualcosa’. È un odore che forse poteva essere odore di morto, chissà perché gli viene fatta questa domanda. E poi descrive a lungo: ‘c’erano fogli sporchi vicino alla tenda’, segni di presenze umane. Sul fatto che quel pomeriggio i ragazzi erano vivi, io non vorrei assolutamente in questo momento, a questa fase delle indagini, tornare. Mi sembra abbiamo raccolto, oltre che la testimonianza secca del professor Maurri e dei medici legali che ci hanno spiegato come, per i fenomeni tanatologie!, quella morte è di quella notte. Abbiamo quelle testimonianze, a questo punto diventate numerose di fatto. Perché anche quel teste Fantoni, che c’è stato portato dalla difesa, di fatto ha portato acqua alla verità della ricostruzione. Hanno tutti detto che addirittura erano stati visti a mangiare in epoca, alla Festa de L’Unità che sappiamo e addirittura quei due testi hanno visto i due francesi vivi la mattina agli Scopeti. E quindi che la morte non sia del sabato è pacifico. Quindi quella indicazione della signora Carmignani Sabrina è un’indicazione, un’impressione sua. Sicuramente chissà cosa c’era. Ma non si può sicuramente collocare, in una situazione di ricostruzione del fatto, come se lì era 48 ore che c’erano dei cadaveri e nessuno se n’era accorto. Per carità. È impossibile. Non siamo né in cima a una montagna, né siamo al 31 dicembre dove non passa nessuno sotto la neve. No, siamo in piena estate, perché siamo ai primi di settembre. C’è un traffico che… noi abbiamo sentito descrivere da tutti, 48 ore che nessuno se ne accorgesse è impossibile passarle. Tant’è che il lunedì mattina, appena qualcuno va a far funghi in zona, se ne accorgono. Direi che l’argomento che l’omicidio era avvenuto il sabato, è un argomento che oramai
è esaurito, anche questo è stato superato da riscontri obiettivi. Allora, vorrei un attimo con voi esaminare quell’aspetto, che a me, e penso a tutti, è sembrato non confortante sul comportamento di coloro che qualcosa sapevano. Mi riferisco a quella testimonianza dell’orefice Zanieri. Il quale è venuto in quest’aula, dopo aver deposto nel corso delle indagini, e ha detto, sia pure prima, un po’ stentatamente, poi a contestazione: ‘sì, è vero è così, va bene è vero’. L’ha sempre sostenuto. ‘Al bar che frequentava il Lotti e che frequentavo anch’io, si era detto, l’aveva detto anche il Lotti . che quella sera lui, Lotti, era passato da quella piazzola’. Cioè, abbiamo un dato oggettivo alla dichiarazione di Lotti e di Pucci, nelle dichiarazioni dell’orefice Zanieri. Sono dichiarazioni che ci fanno stare tranquilli? Mah, attenzione, perché sono dichiarazioni importanti, perché mettono in luce un aspetto chiarissimo di quello che cercavo di dire, cioè il comportamento di coloro che sanno e il comportamento di coloro che non hanno certo spontaneamente mai dato un contributo all’accertamento della verità, soprattutto per quel che riguarda i cittadini di San Casciano, o almeno alcuni. Ovviamente non si può generalizzare. Direi alcuni frequentatori di bar, che mi sembra più giusto. Eh, lo Zanieri, che è persona più seria probabilmente di altri, alla fine dice: ‘sì, l’ho visto, lo so’. Dice: ‘sì, l’ho sentito dire dal Lotti, ma l’ho sentito dire molto bene nel bar’. ‘Ma chi lo diceva?’ ‘Mah, lo dicevano tutti’. E fa l’elenco di quelli che sono. E, se voi lo leggete quel verbale, in quell’elenco ci sono gli amici di loro, c’è il segretario dell’avvocato Corsi, c’è l’avvocato Corsi. ‘Sono tutte persone che questo discorso del Lotti che era passato di lì, l’hanno sicuramente sentito come l’ho sentito io. Andatelo a chiedere a lui’. Cioè, lo Zanieri è uno che, in un contesto di questo genere, ha il coraggio, sìa pure tardivo, di verificare questa circostanza, chiama, a soccorso, tutti gli altri che c’erano e si trova solo. Dice: come? Lo dicevano tutti, l’abbiamo sentito tutti e solo io… Voi tutti l’avete negato? Perché gli altri, che sono stati tutti sentiti nel corso delle indagini, hanno fatto gli orecchi da mercante, su questa circostanza. Evidentemente è una circostanza vera. Perché il signor Zanieri non ha nessun motivo di venire oggi, non solo a raccontarci che l’ha sentito sì, dal Lotti stesso, ma lo avevano sentito gli altri nel bar. Andatelo a chiedere a loro, non vi dovete accontentare di me. Lo sappiamo tutti, l’abbiamo sempre detto. Io sono meravigliato, sembra dire, che gli altri non lo dicono. Comunque io, sia pure con le difficoltà che vi dimostro, io ve lo dico perché questa è la verità. Lotti effettivamente lo disse che era passato da quella piazzola quella sera, non so se c’era anche Pucci, non mi ricordo se lo disse. Comunque nel bar questo discorso all’epoca si fece. Capite che è una testimonianza importante, se la leggiamo come va letta, in un contesto in cui, chi potrebbe darci una mano, potrebbe dare una mano ulteriore a chiarire questi fatti, si tira sempre indietro. È forse solo la paura di essere compromessi, o solo perché non si vuole venire a testimoniare? Il fastidio; il fastidio di far vedere che di queste cose si è sentito dir qualcosa e soprattutto si è taciuto tanti anni. Questo non ha importanza.
P.M.: È un’omertà tipicamente compatibile con altre situazioni geografiche, non certo con San Casciano. È inspiegabile, o è spiegabile soltanto nei limiti e nei termini che io ho cercato di indicarvi. Questo Zanieri va letto in questi esatti termini. Le sue parziali reticenze, il suo chiamare, a riscontro ulteriore di se stesso, gli altri che erano in quel bar è la dimostrazione. E nessuno si… prende il coraggio. Lo Zanieri, onestamente da solo, perché era fra coloro che frequentavano quel bar e quindi fu chiamato per questo motivo. Però, per quello che interessa come elemento obiettivo, è persona che ha chiaramente dato un riscontro secco a quell’accenno, al fatto che nel bar di San Casciano, quello frequentato da questi personaggi che girano intorno a questo processo, si era parlato del fatto che Lotti quella sera era passato di lì. E è un riscontro oggettivo che da San Casciano è l’unico che è venuto in maniera, così, secca e puntuale. È amaro, perché noi sappiamo che in questo contesto quanti altri avventori potrebbero darci, non certo elementi… averci dato, a questo punto, elementi di riscontro. Ma sicuramente un po’ di maggiore collaborazione alla Polizia di Stato, ai Carabinieri che facevano queste indagini la potevano dare e da quella ristretta cerchia di amici di questi signori non è venuto granché. Si è dovuto aspettare Lotti e Pucci, Ghiribelli e Galli, per sdipanare questa matassa di fatti e di circostanze che era sulla punta della lingua di tanti. Allora, vedete come tutta questa ricostruzione, che è oggettivamente provata, da quelle perizie che abbiamo detto per quanto riguarda l’85, anche dei riscontri ai discorsi di Lotti, molto puntuali, secchi, in testimonianze dell’epoca. Identica la situazione per quello che riguarda il 1984. E, per quanto riguarda il 1984, omicidio di Vicchio, è ancora più puntuale; è sempre una situazione analoga. E voi avete presente le due testimonianze fondamentali a riscontro di Lotti: quelle che hanno fatto smuovere il Lotti stesso. È la Nicoletti. La Nicoletti Filippa, la quale ci descrive questo suo rapporto strano, un po’ con Vanni, rarissimo, una sola volta – lo dice lo stesso Vanni – non è lì, ma è persona che conosce loro. Questo suo rapporto con Lotti, con Indovino, che ha il valore, in questo processo, a cui gli abbiamo volutamente dato indicazioni non oltre quello che era possibile dargli, la Nicoletti Filippa, senza poi riuscirci a spiegare perché – perché ancora io non l’ho capito – si fa portare volontariamente, consciamente o no, a fare l’amore proprio in quella piazzola dove, poco tempo dopo, verrà ammazzata la coppia nella Panda. È di una stranezza paurosa, che questa donna vada con il Lotti a fare l’amore così lontano da San Casciano, proprio in quel posto, in quello stesso tre metri di terreno, con la macchina posta nella identica posizione. Però, la Nicoletti, dobbiamo riconoscerle, che ha apertamente riconosciuto il posto, indicato nel sopralluogo la macchina. Ha detto: ‘sì, ci andammo, mi ci portò lui. abbiamo fatto l’amore lì’. È un dato obiettivo. Se il Lotti con questa scusa, come poi ci ha detto, era un mezzo per andare un po’ a vedere il posto, è una ipotesi più che credibile. Era un modo, per il Lotti, per andare un po’ a sindacare la zona, a vedere poi come si poteva, in quella zona, andare avanti nella ricerca di una coppia da ammazzare. Ma è pacifico che, con la Nicoletti, sono andati proprio lì. Voi pensate, un Lotti e una Nicoletti che possono un giorno avere l’interesse, la voglia, di stare un po’ insieme in macchina, su tutti i posti nei pressi di San Casciano, o anche della provincia di Firenze, in cui si può andare a – come si dice -imboscarsi, infrattarsi, tutte quelle belle parole lì, scelgono quello dove poi avviene l’omicidio. E la macchina è messa nella stessa identica posizione. A noi ci basta solo il dato oggettivo per dire che il Lotti, il posto, lo conosceva. E quando ci dice: ‘sì, avevo fatto qualche sopralluogo, anche con Pucci’, dice la verità. E Pucci, puntuale, risponde di suo. Anzi, è Pucci che lo dice prima: ‘sì, è vero, è vero’. “Pochi giorni prima dell’omicidio, un pomeriggio tardi, Lotti mi portò a quella piazzola, vedemmo la tenda e i due che facevano l’amore.” ‘Abbiamo discusso a lungo: era buio, era ancora giorno, cosa avete fatto, che strada avete fatto…’, ma l’importanza, anche lì, capito? E un Pucci che ci racconta quello che ricorda, in un posto dove non è mai stato, se non un posto perché ce lo hanno portato. Un posto di cui poi hanno parlato, in quello dell’omicidio che è avvenuto. Pucci ci terrà a precisare: ‘la coppia che abbiamo visto noi, non erano ancora morti. Fu prima. Io che ne so di quei nomi?’ Comunque è un fortissimo elemento a riscontro; un elemento testimoniale a riscontro del Lotti. Pucci è stato portato anche sul posto, è stato fatto un sopralluogo. Si dà atto nel verbale di sopralluogo, secondo me è indicativo molto anche della personalità del Pucci, che Pucci più volte, con i piedi in quel posto, strusciava sul terreno coi sassi e fece capire che lui aveva difficoltà a riconoscerlo, perché la ghiaia era stata posta dopo. Quando c’era stato lui, la ghiaia non c’era, c’era erba. Basta vedere le fotografie prima, o dopo, ha ragione proprio Pucci. Quindi, nel momento in cui lui ha difficoltà a riconoscere il punto in terra, è perché c’è la ghiaia, è stata messa da coloro che poi hanno voluto fare di quel luogo un luogo in cui è necessario ricordare cosa è avvenuto. Ma quando ci andò Pucci, la situazione era diversa, quindi, vedendoci la ghiaia, Pucci era un attimino titubante. Guardate quanto è credibile questo teste. Lui ricorda che è in modo diverso, ricorda la fisionomia dei posti cambiati. È la cosa che gli viene subito da mettere in evidenza, soprattutto a se stesso, perché c’è la ghiaia in terra. Vorrei ancora ricordare quelle testimonianze secondo me proprio tranquille, altrettanto tranquille, che riguardano la testimonianza dei signori Caini e Martelli. Sono testimonianze, quelle dei signori Caini e Martelli, non solo importanti perché ci danno una prova che quelle due macchine, la Ford Fiesta davanti e la FIAT . 128 dietro, quella notte passarono dalla collina sopra il luogo della piazzola degli Scopeti, da San Martino a Scopeto, ma sono testimonianze talmente genuine e di persone terze, che poi ci fanno vedere la notte come si svolsero quei fatti e cosa videro. Voi lo ricordate, ne parlo fra un attimo. Volevo solo farvi presente come, nei confronti di questi signori: Caini e Martelli, forse abbiamo, non solo un debito di verità, un debito nel senso che dobbiamo credergli perché sono persone genuine, ma perché sono persone che hanno fatto di tutto. Si sono presentate da sole, spontaneamente. Noi siamo in contraddizione – e parlo del P.M. e della Polizia – quando chiediamo la collaborazione dei cittadini, E poi si presentano un Caini e un Martelli; per fare un verbale ci mettiamo un anno. Sì, è vero, è colpa nostra. Non li abbiamo creduti a sufficienza. Ma non perché era il loro racconto, è perché, nella dinamica delle indagini, non sempre si fanno verbali subito. E cosa abbiamo fatto? A un primo racconto che questi signori fecero a me personalmente, io, occupato in un’altra vicenda processuale, gli chiesi di fare un verbale dalla Polizia. Non mi misi lì. Colpa mia, perché loro vennero, vennero subito a farlo. Non mi misi a stendere un verbale, feci, gli indicai di portarsi dalla Polizia. E loro erano persone che si sono portate avanti, si sono fatte avanti da sole, non avevano nessun interesse a raccontarci. Era un epoca in cui noi, di quella circostanza di quella notte, non si sapeva nulla finché non l’ha detta Lotti. Però abbiamo avuto quella esitazione di tempo a verbalizzarla che non ha niente a che vedere con la volontà di testimoniare di questi signori. Questa è una realtà. Caini e Martelli sono persone che si presentarono spontaneamente a me dicendomi questa circostanza. E io non feci un verbale perché ero occupato in un’altra cosa. Poi, forse, bisognava subito andare a fare un sopralluogo con i signori Caini e Martelli. Puntualmente, professionalmente, una volta incaricato il dirigente della Squadra Mobile, dottor Giuttari, ha fatto il sopralluogo, abbiamo fatto il sopralluogo insieme, per bene. E i signori Caini e Martelli ci hanno proprio dimostrato cosa avevano visto e hanno dato un riscontro puntuale alla via di fuga di quella notte. Cosa dissero? “La sera del delitto dell’84, nei pressi di una fonte dove andavamo a prendere l’acqua, incrociammo due auto che venivano verso Dicomano a forte velocità; alzavano polvere. Le notammo perché era una strada in genere poco frequentata, perché quegli autisti procedevano a forte velocità. Ci sembrò strano.” E ci sono le foto del sopralluogo, ci sono le cartine di quel sopralluogo. Avete voi avuto la possibilità di verificare esattamente il punto dove loro videro le due macchine, una dietro l’altra, e che sono le macchine che passarono in quell’orario, uniche in quella notte, davanti alla fonte, su quel ponticello, dove Lotti aveva raccontato di essere passato quella notte. Capendo o non capendo esattamente di dove si passava, ma seguendo l’auto di Pacciani. Ed è chiaro che quella strada da loro percorsa, voi vi ricordate, avete visto la cartina, è una strada sulla montagna che consente di evitare di fare la provinciale Sagginalese, andando verso Firenze da Dicomano, anziché verso Vicchio, dalla piazzola. È una strada che è proprio a monte del luogo dove è avvenuto l’omicidio che, per una ragione che poi vedremo quale può essere, pensarono gli autori di non percorrere per paura di essere forse visti, forse identificati. Sicuramente fu Pacciani a decidere di fare quella strada. E Lotti, puntualmente, nel suo sopralluogo, l’ha descritta: piazzola omicidio, a sinistra, indietro verso Vicchio, subito dopo a sinistra
verso la fattoria La Rena. Dalla fattoria La Rena, all’epoca, si poteva andare – ce lo ha detto il maresciallo Polito di Vicchio – e si arrivava a San Martino a Scopeto, la fonte, e poi si ritornava giù-giù, di nuovo, scendendo in basso, verso la strada Sagginalese che andava verso Dicomano. “Noi vedemmo queste due auto.” Il Lotti ha ricordato particolari: quello dell’acqua, che si vedeva e non si vedeva… Sì, è una cosa che effettivamente ha colpito tutti. Dice, come può avere Lotti riconosciuto quella notte che scendeva acqua da quel luogo? Se voi, penso non avete avuto necessità di andare a verificare, è scritto nei verbali come stanno le cose, nulla toglie che Lotti ci sia passato altre volte da quel punto e che abbia visto l’acqua o l’ha vista quella notte. Ricorda comunque sicuramente che era quel ponticello della fonte da cui loro sono passati. Ecco il particolare che, ovviamente, a noi lascia assolutamente indifferenti dal momento che i signori Caini e Martelli hanno sempre detto quando nessuno conosceva Lotti, quando nessuno sapeva che macchina aveva, che avevano visto ima macchina, prima bianca e un’altra dietro che mangiava, gli mangiava la polvere. E hanno sempre detto: ‘il nonno’ – per ricordarsi di come stanno le cose – ‘che era con noi alla fonte, lo ha sempre detto’. Deceduto, non è stato sentito. Ma era una cosa che allora già nell’84 aveva destato talmente curiosità ed era una cosa talmente inusuale, talmente anomala per loro che spesso andavano a quella fonte, da collegare quel fatto con qualcuno che si allontanava dal luogo dell’omicidio perché mai qualcuno sarebbe passato di lì se non perché conosceva la strada e mai sarebbe passato a quella velocità se non per un motivo particolare. Era una strada che non conosceva nessuno. Lotti ha sempre detto: ‘seguii loro, eran loro che facevano la strada’. C’è in più quel racconto della casa dove avrebbero, quella sera, depositato qualcosa di cui ho già parlato. Quel racconto di quella strada che si inserisce in quel percorso e in cui, per raggiungere esattamente il luogo dove si sarebbero fermati quella sera, nel racconto di Lotti, si dovrebbe aver fatto una deviazione breve e si sarebbe poi dovuti ritornare sempre sulla strada sterrata. Che può anche questo, onestamente, lasciare qualche margine. Dice: ma come è possibile? Eh, signori una cosa è certa: che la casa esiste, che Lotti dice di esserci passato, che la buca esiste, che il racconto di Lotti sia preciso per quella notte, per quell’ora li. Se prima, o dopo, io credo è una cosa in cui dobbiamo dare a Lotti il diritto di ricordarsi come lo ricorda lui, senza alcuna pretesa di collocare nel tempo esattamente quella deviazione. La deviazione da quel punto che lui ha indicato, dalla strada San Martino a Scopeto va veramente a quella casa; tant’è che l’abbiamo trovata nel corso di quel sopralluogo. E’ un luogo che ha quelle caratteristiche. Mi sembra che non è possibile non crederlo quando colloca quel racconto all’incirca in quell’arco orario. È più che verosimile, comunque, che nella dinamica materiale di quell’omicidio, quella sera, come sappiamo, si siano fermati a depositare qualcosa in quel luogo conosciuto da loro, nascosto. Non conosciuto nemmeno da Lotti, perché poi era più sicuro il rientro su Firenze, perché era sempre possibile che l’omicidio fosse stato individuato e che ci fossero stati dei posti di blocco. Quindi, se è verosimile che siano passati da quella strada sulla collina, è più che verosimile che si siano disfatti di qualcosa che, tipo un’arma, come dice Lotti, che nel caso, davanti ad un posto di blocco, era difficile da giustificare.
P.M.: Il punto fondamentale è che quel luogo, fisicamente e geograficamente, è proprio lì. E su questo racconto di quella strada, fattoria La Rena, San Martino a Scopeto, abbiamo quell’altra testimonianza molto forte della Frigo, la signora Frigo e dei suoi familiari. Su questa testimonianza mi vorrei soffermare un attimo. Perché voi la ricordate oggettivamente. E’ una signora che fa un racconto molto simile a quello del Lotti nella fase del percorso di allontanamento dalla piazzola verso San Martino a Scopeto attraverso la fattoria La Rena. Però credo che, nei confronti della signora Frigo, io come P.M., come persona fisica, ho un debito grosso. E me lo voglio levare davanti a voi oggi. Perché ho sentito, più di ima volta, che, correttamente secondo me, il difensore dice: ma c’è una annotazione del P.M. apparentemente in contrasto con i verbali della signora Frigo. E allora, questo debito di verità, signori, io me lo levo. Perché sennò non si capisce. Quando mai un P.M. fa un appunto e delega la Polizia Giudiziaria su un fatto di questo genere? Allora è bene che, la signora Frigo l’ha spiegato, che voi inquadriate quella testimonianza su come sono andati veramente i fatti. La signora Frigo, che è altra persona la quale è il cittadino disinteressato che vuole dare il suo contributo, la prima cosa che fece quando si rese conto di aver notato quella notte qualche cosa di importante, telefonò al suo difensore. Ce lo ha raccontato: l’avocato Ventura e l’avvocatessa Polcri. I quali, a quell’epoca, avevano iniziato una fase in cui difendevano Pacciani. La prima cosa che ci ha ricordato la signora Frigo è che i due avvocati, davanti a questa acquisizione, da questo racconto della signora nei termini che poi ha fatto, dissero: ‘beh, si rivolga al P.M., perché noi, difensori di Pacciani, non la possiamo sentire’. La signora Frigo – gli dettero ovviamente un numero di telefono – telefonò. Ed era una fase in cui il sottoscritto era nell’ambito di un processo grosso come sta avvenendo in questo momento. E la prima cosa che mi venne in mente, è dire: ‘signora, guardi, io non posso. Vada dalla Polizia Giudiziaria. La chiameremo’. E questo fu fatto. Anche lì, quanto sarebbe stato meglio, per evitare polemiche inutili, che io avessi – se potevo – fatto subito un verbale di sopralluogo con questa signora, ce l’avessi accompagnata. Però, il mestiere del P.M., come tutti gli altri, non è che siamo sempre a disposizione, ci sono tante cose da fare. Ebbi uno scrupolo nell’indirizzare la signora dalla Polizia Giudiziaria che l’ha, effettivamente, la chiamò. Uno scrupolo che fu quello successivo di appuntare cosa mi aveva detto per telefono; cosa che normalmente non si fa mai, perché il P.M. fa degli atti tipici. Un verbale di testimonianza, un decreto. Al limite, fa una lettera. Ma io ovviamente, come scrupolo – ed è qui che mi levo ogni… voglio levare ogni elemento di dubbio per quello che riguarda la signora Frigo. Io sono tranquillissimo, come tutti lo siamo – però siccome viene contestato che la signora forse al P.M. ha detto cose diverse che alla Polizia Giudiziaria, vide una macchina o vide due macchine , e la signora mi fece una telefonata. E io ebbi lo scrupolo, probabilmente oggi è bene che si sappiano questi risvolti, sennò non si capisce, appuntai successivamente quelle poche cose che mi ricordavo che mi aveva detto. E quindi, nell’invitare la Polizia Giudiziaria a sentire la signora, indicai quello che ricordavo mi aveva detto. Non feci ovviamente nessun tipo di verbale, invitando la Polizia Giudiziaria a sentirla, a fare tutto quanto era necessario. Questa è la genesi di quell’appunto di cui ancora oggi si dice: eh, acquisiamola agli atti. Santa pace! Sono stato io il primo a fornirlo, è stata la signora che ci ha raccontato come sono andate le cose. È un appunto che è solo una indicazione che serve a dire: c’è una signora che si è fatta viva con me, P.M., e dice di sapere qualcosa. Il contenuto è il contenuto di discorsi recepiti dal P.M. per telefono nell’ambito di una dimostrazione da parte della signora di essere a conoscenza di fatti che poi verranno man mano chiariti nel corso del puntuale sopralluogo che fu fatto dopo quel primo verbale della polizia Giudiziaria. E quindi allora non possiamo oggi metterci nell’ottica: la signora Frigo ha detto una macchina, poi ha detto due macchine. La signora Frigo ha fatto una telefonata per dire: guardate, io so qualcosa. Sentitemi. Quindi, l’appunto che io ho fatto e che è lì nelle carte, meno male che c’è, anche se non era nei miei compiti in quel momento prendere appunti di una telefonata. E’ un atto che non ha nessuna rilevanza, né processuale e né nulla, ma è bene che ci sia, perché è la dimostrazione di un fatto storico avvenuto, il contenuto ideologico di quello che disse la signora, dovete capire, il P.M. che è affaccendato in altre cose, ima signora che dice: ‘sono al corrente’. Io mi presi appunto di quello che mi disse a memoria e poi li misi per scritto con la segretaria per indicare alla Polizia Giudiziaria: guardate, non trascurate questa signora, andatela a sentire. Facciamo quel che c’è da fare, perché dice di essere al corrente di qualcosa di importante. Tutto qui. Questo è un dovere di obiettività. Perché se qualcuno avesse da dirvi: la signora Frigo non è credibile, perché un giorno dice in un modo, un giorno dice in un altro. Bene, sono fatti che sono nell’ambito di una cronistoria di questo tipo. E quindi noi dobbiamo valutare ciò che dice e non pensare a contraddizioni, perché sono esclusivamente di questo tipo. Allora è importante, invece, il racconto di questo testimone che spontaneamente si presenta ed è confortato da tutti i suoi familiari. È una signora alla quale era rimasta impressa una scena: un’auto che saliva verso la fattoria La Rena, la casa degli amici in cui aveva poi riconosciuto un’auto, in cui aveva riconosciuto il Pacciani. Gli era sempre rimasto impresso, era persona che, come era vestita e come viso, era lui. E dietro, fece una certa operazione che voi ricordate, impedendogli di passare, mettendosi davanti, forzando la strada. Tant’è che il marito fu costretto a rallentare, anche se pensava di avere una sorta di precedenza. E, soprattutto, una signora Frigo che racconta che dietro c’era un’altra auto. Ed è esattamente lo stesso identico racconto che poi ci viene fatto da Lotti quando ci dice che, per quella strada, le due macchine, quella bianca di Pacciani con Vanni sopra e quella rossa con lui, Lotti, erano una dietro l’altra. Riscontro dell’epoca. La signora ha sempre detto di aver visto questi fatti e di essersi poi meravigliata nel momento in cui fu reso noto il volto di Pacciani. Tant’è che si era tranquillizzata, ci ha raccontato, perché a quel che aveva letto sui giornali, gli aveva detto un maresciallo amico, tanto l’autore era stato grossomodo identificato, era un Vinci… Una persona diversa da quella da lei vista. E quindi si era messa, come si suol dire, da una parte. Dicendo che forse, quello che aveva visto lei, non aveva importanza. Ecco, questa testimonianza va collocata in questa ottica. Come lo stesso racconto importante della signora Frigo, quando ci dice che il giorno prima, il sabato, nella stradina sotto che porta, con una deviazione a “U”, sulla collinetta che sovrasta la piazzola di Vicchio, aveva visto una macchina rossa che è stata poi, si è creduto, correttamente o non, ma si è creduto di identificare in quella di Lotti. Una cosa è certa: la signora Frigo ha visto una macchina il sabato precedente su quel posto. Abbiamo sicuramente accertato che, da quella collinetta, si guardava, si poteva vedere la piazzola. E di questo fatto non ce ne ha parlato solo Lotti, ma addirittura quel Poggiali Mauro, il quale è stato chiamato il teste su una circostanza completamente diversa. Qualcuno seguiva la Pia la notte, ma quel Poggiali Mauro ha raccontato in dibattimento, senza che nessuno avesse avuto elementi per approfondire questo fatto, ma lo conosceva lui, Poggiali Mauro ci ha detto: ‘sì, è vero. Andando su dalla fattoria La Rena poi, con una curva a ,!UH si andava sulla collinetta da dove si vedeva proprio la piazzola’. Quindi, se qualcuno doveva fare questa è una deduzione nostra – dei sopralluoghi, era il punto adatto per vedere come si poteva spiare meglio quella coppia. Un riscontro di non poco valore probatorio oggi. Anche perché viene da parti terzi, i quali non hanno nessun interesse né a facilitare la posizione processuale di Lotti, né a indebolirla, né aggravare l’una all’altra. Ci raccontano dei fatti obiettivi, cose che loro hanno visto. Ma è venuto, in questo dibattimento, occasionalmente, fortuitamente. O meglio, per la puntuale professionalità di uno dei rappresentanti della parte civile, l’avvocato Santoni Franchetti, è venuto un teste che ci ha riferito cose importanti quel dipendente delle Ferrovie. E dobbiamo dare atto all’avvocato Santoni Franchetti, che non è con noi oggi, gli facciamo il massimo degli auguri, di avere lui voluto approfondire come ha sempre detto in quest’aula: ‘a noi ci interessa approfondire’ – sono parole che ha sempre ripetuto e io gliene do atto -‘guardate, io ho trovato, ho fatto un accertamento presso le Ferrovie, perché c’è un passaggio a livello che si trova fra la piazzola di Vicchio e la strada per Dicomano, andando verso Dicomano, fra le due strade, la strada esatta che viene dalla fonte, da dove secondo Caini, Martelli e Lotti, veniva quella macchina, c’è un passaggio a livello’. È un passaggio a livello che, la sera della domenica, in quegli orari, sta chiuso finché non passa il treno. Il treno, spesso, ritarda. Guardate che è una circostanza, questa, obiettiva che può, indirettamente, ma sicuramente, dimostrare come, essendo noto agli autori materiali di questi fatti, che ci poteva essere un inciampo, un ostacolo nell’allontanarsi dal luogo nel passaggio
a livello chiuso, era meglio, per più di una ragione, passare di sopra. E quindi, questo elemento è un elemento – il passaggio a livello – di non poco conto nello spiegare come si sia scelta quella via di fuga più tranquilla nel bosco sulla montagna. E direi che, anche questo elemento che è venuto nuovo nel dibattimento, una circostanza che le indagini non avevano creduto opportuno di approfondire, è un elemento, non solo perfettamente in linea con le circostanze obiettive già chiarite, ma è un elemento di forte impressione oggi in noi, o meglio in voi, che vi dovete convincere del fatto che Lotti racconti il vero. Quella strada così naturalmente e posta in quel luogo con un passaggio a livello, può essere sicuramente un ostacolo, può essere chiusa per chi scappa. Dà la dimostrazione che, se le cose stanno così -e stanno effettivamente così, perché il processo lo ha provato – che qualcuno aveva fatto veramente i sopralluoghi, così come ci ha indicato Lotti. E quindi si sapeva come stavano le cose. Qualcuno che conosceva i luoghi, c’è poco da fare. E guardate che, questo elemento, è un elemento che noi non pensavamo neppure di poter acquisire. Quindi vedete come il dibattimento, come ci ha portato 1’Allegranti con quegli esiti, ci ha portato il teste responsabile delle Ferrovie dello Stato, per la tratta Borgo-Vicchio, che ci ha portato gli orari dell’epoca e ci ha indicato quali erano le circostanze del percorso dei treni, del passaggio dei treni nelle notti di sabato e di domenica e le possibili chiusure. Finché il treno da Firenze non arrivava proprio intorno a quelle ore lì. Ci sono un paio di altre testimonianze sicuramente importanti. Perché abbiamo detto che stiamo esaminando le testimonianze a riscontro delle dichiarazioni di Lotti. A riscontro della presenza di queste due auto nei pressi del luogo dei delitti. Soprattutto per gli ultimi omicidi: la Fiesta e la FIAT 128 rossa. Voi avrete apprezzato sicuramente la testimonianza che riguarda i fatti del 1983 della signora Buzzichini Anna. È la testimonianza che voi avete solo attraverso il verbale del Nenci Giovanni, il marito, deceduto successivamente. Sono persone, anche queste – è bene tenerlo presente – che si erano presentate alla Polizia Giudiziaria al momento dei fatti. Quindi non c’è nessuna possibilità o motivo di pensare che siano testimonianze che, in qualche modo, vogliano favorire o nuocere a qualcuno. No, sono testimonianze obiettive, serie, sicure. Cosa dice la signora Buzzichini Anna? Si riferisce a quanto loro avevano visto e raccontato ai Carabinieri nell’immediatezza dell’omicidio di Giogoli del 1983. È una testimonianza che forse è, non dico passata inosservata, ma se lo fosse -e sono sicuro di sbagliarmi – voglio un attimo evidenziare a loro oggi. Perché, per il 1983, questa testimonianza, è molto secca. E’ proprio un ulteriore riscontro al fatto che la macchina rossa e la macchina bianca di Pacciani erano in zona, quantomeno la FIAT 128. E una macchina bianca che possiamo pensare che fosse quella. Ma anche qui, attenzione, sono testimonianze dell’epoca; vanno lette per quello che sono, non possono essere minimamente forzate né da una parte, né dall’altra. Sono un dato obiettivo. Lotti ci dice che andavano sul posto, erano sul posto, lui ci andò con la sua 128 e l’altro con la Fiesta. Ecco, abbiamo una testimonianza, quella della signora Buzzichini, dell’epoca e ripetuta qui in dibattimento, o meglio, quella del marito e quella della Buzzichini, qua in dibattimento, che è molto chiara. Dice: “guardate, noi si faceva sei volte al giorno la strada di Giogoli e andavamo verso Scandicci. Avevo una lavanderia al Galluzzo. E mio marito mi accompagnava. Io non guido. Vedevamo i tedeschi col camper già da una settimana.” Ecco, il riscontro al fatto che quel camper era lì da qualche tempo e quindi poteva essere stato individuato come oggetto di omicidio di ima coppia da ammazzare con quella strana circostanza dei capelli lunghi di due maschi. E dice: “Noi vedevamo i tedeschi col camper già da una settimana. Erano a pochi metri dalla strada. La mattina si sentiva la loro radio accesa. In mezzo al giorno, il camper non c’era. Mio marito andò dai Carabinieri subito dopo il fatto perché si sentì in dovere di farlo.” Aveva visto una circostanza importante. Aveva assistito a un fatto che lui riteneva importante. Perché aveva visto, la sera prima del fatto, una macchina rossa FIAT 128, proprio accanto al pulmino. “Ci dette nell’occhio, lui andò dal maresciallo. Io la mattina avevo visto anche una macchina bianca, proprio accanto al pulmino.” Questi testi sono persone che, sicuramente, non hanno motivi diversi da quelli di collaborare con la giustizia. Sono persone che si presentano da sole al momento dei fatti. Il valore della loro testimonianza è nei limiti che gli abbiamo voluto dare, cioè hanno visto queste macchine. Ma è importante: una 128 rossa, , lì vicino, aveva destato la nostra attenzione, per questo l’abbiamo riferita. E, come testi indifferenti, penso, non si possa pretendere niente di più da qualcuno che ha notato una circostanza così anomala, un’auto FIAT 128 rossa, lì vicino. Cosa ci facesse, l’altra era quella, era l’altra auto bianca quella dei nostri autori, di quelli che sappiamo essere indicati dal Lotti, come autori. È un dato obiettivo, esaminiamolo per quello che è.

P.M.: Vorrei ancora esaminare con voi il contenuto di alcune testimonianze, o meglio, delle resultanze degli esiti di alcuni accertamenti fatti dalla Polizia Giudiziaria, e dalle testimonianze fornite dal dirigente della Squadra Mobile, e da quel signor Mocarelli, che avete da poco sentito. Mi riferisco alla circostanza, indicata dal Lotti, circa un discorso de-relato importantissimo, che lui, Lotti, aveva sentito fare a Vanni circa colui, che forniva i proiettili: quell’appuntato Toscano dei Carabinieri. Lo vorrei esaminare questo aspetto, come dato oggettivo soltanto, ben consapevole come lo siete voi, che è un dato che è nel processo e che è un dato che si è approfondito nei limiti in cui poteva essere approfondito. Perché fra l’altro, in questo processo, l’appuntato Toscano non è imputato di niente. È estraneo, è esterno a questo processo. È sicuramente, un fatto importante. Perché è uno di quei fatti, che il Lotti introduce senza che noi abbiamo la possibilità di capire se è vero o meno. Noi, non avevamo nessun elemento, quindi è il classico elemento gratuito che non porta a niente alla economia della costruzione dei fatti, e che perciò solo dimostra quanto è spontaneo. Allora, c’è da chiedersi: innanzitutto è un discorso molto importante. Vanni dice: guardate, vi voglio raccontare che, secondo quanto mi riferiva Vanni, un loro amico, l’appuntato Toscano dei Carabinieri di San Casciano, era colui che forniva i proiettili consapevole a cosa servivano. “Attenzione”, dice Lotti – e anche in questo dobbiamo dargli atto della sua correttezza – “io se sia vero o meno non lo so, è un discorso che mi ha fatto Vanni.” Noi, abbiamo fatto tutto quello che era possibile per verificare queste circostanze, cosa è emerso? Ovviamente, se non lo diranno mai, nè Toscano nè Vanni, eh, la prova è sicuramente indiretta su questa circostanza. Siccome nessuno dei due ha mai inteso dire niente su questo, tranne il Toscano giustamente nel suo processo, di processarsi innocente. E il Vanni, avete visto che oltre a dire nel corso degli interrogatori di non conoscerlo, tranne poi vedremo, le altre sue dichiarazioni, ma non ha inteso rispondere all’esame. Dobbiamo vedere se questa dichiarazione di Lotti ha una qualche caratteristica di essere provata indirettamente, sicuramente nei limiti della verosimiglianza, per dimostrare che ciò che dice Lotti, anche su questo non sono cose del tutto campate in aria. Cosa abbiamo accertato? Solo i fatti oggettivi, perche’ non ci serve assolutamente a nulla, il sapere se questa è verità o meno, nell’economia della ricostruzione oggettiva di quello che voi siete oggi chiamati a dover giudicare, nei confronti dei vostri imputati. Però, avete oggi la possibilità di verificare che degli elementi oggettivi, circa la possibilità di una verosimiglianza di questa situazione – in mancanza di dichiarazioni degli interessati – è più che attuale. Perchè? Eh perchè, gli elementi oggettivi a questo riguardo, sul fatto che il Toscano aveva questa possibilità, sono più di uno. Perchè è stato fatto una perquisizione, è stato interrogato, sono stati fatti tutti quelli che erano gli atti necessari che indirettamente hanno indicato che, questa possibilità, non è del tutto remota. Perchè innanzitutto, la cosa fondamentale da fare, esiste davvero un’appuntato Toscano, eh perbacco se esiste. Ma se guardate oggettivamente, e ovviamente sempre con il limite che in questo processo se ne parli indirettamente, perché non c’è imputazione a suo carico. La sua posizione processuale è altrove, e quindi ha tutto il diritto di difendersi. In questo momento, dobbiamo solo verificare la verosimiglianza o meno, e la sussistenza di elementi oggettivi alle dichiarazioni di Lotti. Perchè è questo che stiamo facendo, sul punto, e tenendo ben presente che Lotti dice: son cose che io so de-relato, fate voi, guardate voi, non prendete per oro colato, io che ne so, non l’ho visto materialmente mai consegnare questo. Però abbiamo il primo dato. Non solo esiste, ma era proprio a Mercatale fino al ’74, quindi è più che verosimile che si conoscessero. Ma si conoscevano, perché poi ci è dimostrato. Ma abbiamo tutte quelle testimonianze, che vengono da quelle due figure – non so come indicarle in questo processo – quel, quella madre e quel ragazzo che, sicuramente, si dovrebbero indicare come vittime di disgrazie: mi riferisco a Sperduto Antonietta e Malatesta Luciano. Sono persone che hanno avuto sorella e padre morti in circostanze misteriosi, il bambino, sappiamo come. E quindi, sono persone che, si sono mostrate a voi con tutte quelle difficoltà che hanno quelle persone, che sono probabilmente nate sotto una cattiva stella. Eh…cosa hanno detto entrambi, un punto fondamentale: non solo il Toscano lo conoscevamo, ma il Toscano era uno che aveva interferito nella nostra vita privata. Voleva, quando noi gli andavamo a dire che Pacciani e Vanni erano sempre in casa, avevamo paura, ci costrinse ad andare via di lì. La signora Sperduto ha fatto, con quella capacità che ha lei , ma in quella genuinità dei suoi racconti, dice: quella persona che prendeva mio…per le orecchie, tutta quella, mio marito io ho capito che era una situazione, in cui il Toscano era coinvolto in quei fatti, sicuramente conosceva il Pacciani e il Vanni. Quindi non è uno estraneo, è un amico carabiniere che è in luogo che è sicuramente persona conosciuta dai nostri, sicuramente da Vanni e da Pacciani; per quel che può servire in questo processo. Ma è persona, che guarda caso, viene indicata come possessore, come possessore di proiettili calibro 22, il quale per comprarli probabilmente. . .bisogna verificare se un carabiniere può quel che gli pare, nessuno gli fa grandi verifiche. Ma guarda caso, dall’anno ’74, aveva sempre avuto pistole calibro 22, compresa una Beretta calibro 22. Quindi, era persona che, se noi dobbiamo solo verificare oggi sulla possibilità astratta che acquistasse delle calibro 22, è più che giustificato, perché aveva proprio una pistola di quel tipo. Proiettili che sappiamo erano in costruzione fino all’81, fino all ’80, ce l’ha detto il rappresentante della Società Beretta, tramite le parole…della Società Winchester produttrice, tramite le parole del dirigente della Squadra Mobile. Quindi, che gli H ci fossero in circolazione anche dopo , è un dato altrettanto vero. Che ci si fosse, chiunque se ne fosse approvvigionato per darle poi agli esecutori materiali, in un’epoca sicuramente corrispondente a quegli anni, è altrettanto pacifico. Ma dicevo, qui ci interessa solo dare la possibilità di riscontro a quelle dichiarazioni di Lotti, circa questa cessione. E voi avete visto come, anche il teste Mocarelli, il quale è venuto qua con la sua schiettezza, a dirci solo che lui aveva venduto la sua pistola, non si ricordava niente di più. Se non il fatto che probabilmente c’erano una serie di colpi sciolti, insieme a questa pistola e non „ricorda altro, una cosa sicura l’ha detta: si lo conoscevo, si l’arma gliel’ho data, forse c’erano altri colpi. Di più non ha saputo. Io non vorrei pensare, nemmeno che sia un teste, che si è trincerato dietro un riserbo, perchè tanto nessuno poteva contestargli nulla. È una circostanza obiettiva, la possibilità materiale di fornire, di avere possibilità il Toscano di approvvigionarsi di quei proiettili ovunque. In quegli anni, era una possibilità che poi non ha niente a che fare con il fatto che quando ha avuto l’arma c’erano dei proiettili insieme; l’arma l’ha avuta nell’85, lui andava nel poligono di tiro fino al ’78. Sono tutti elementi che sono rimasti così come elementi importanti, ma che non servono assolutamente, nè ad andare da una parte o dall’altra, se non nella direzione che è una cosa più che verosimile che una persona legata a Vanni e a Pacciani, nei modi in cui sappiamo, potesse avergli fatto anche queste strane forniture. Però qui, l’unico riscontro che abbiamo, fortissimo, fortissimo è nella persona Toscano. Sull’elemento materiale di questa cessione, solo i protagonisti ci potrebbero dire qualcosa, e correttamente da imputati, entrambi, in processi sia pure diversi, hanno scelto la strada di negare che non sappiamo se è la verità o se è una scelta di difesa. Ma, la circostanza forte è che, il signor Toscano, sicuramente, aveva a che fare con 22 e, sicuramente, conosceva i nostri soggetti. Ricordate quella testimonianza, proprio di due giorni fa del Mocarelli, addirittura quando nessuno lo aveva ben presente, ci ha detto: sì Pacciani e il Toscano si conoscevano. Addirittura, un giorno eravamo a Montefiridolfi, era in casa, ci fermammo e loro si conoscevano . Quindi, capite che tutta questa situazione che ha esclusivamente i margini che ho descritto, è una situazione che ci fa dar ragione anche a quelle dichiarazioni della Sperduto, e del figlio Malatesta. Quando ci parlano di questa conoscenza, fin da epoca remota, dagli anni 80 prima sicuramente, degli omicidi di cui noi stiamo parlando, oggi. Mi sembra che, l’indicazione puntuale di queste riscontri testimoniali ad alcune dichiarazioni di Lotti, ci danno ancora una maggiore tranquillità. Io uso spesso questo termine. Ma se dobbiamo fare a questo punto, un’ esame esatto di una valutazione complessiva di quali sono, al dì là dell’attendibilità materiale, le fonti dalle quali emerge questa credibilità e che poi sono ognuna numerosa; vedete che sono veramente tante. Perché noi abbiamo parlato fin dall’inizio, contestazione, ammissione su contestazioni; primo elemento forte. Continuità con la accusa e gli elementi acquisiti nei confronti di Pacciani, guardate e ricordate tutte le osservazioni che abbiamo fatto. Guardate che quantità di materiale, tutto coerente nei confronti alle dichiarazioni di Lotti. Abbiamo visto quei riscontri oggettivi – cito le fonti solo per riassumere a me stesso e a voi, la quantità di questo materiale oggettivo – i riscontri
oggettivi documentali, quelle perizie, quelle dichiarazioni del professor Marello, che voi avete sentito in quest’aula. Quelle dichiarazioni relative ai coltelli per l’85; avete visto i riscontri testimoniali su circostanze indirette, di cui vi ho parlato. Capite voi, che si tratta di una quantità di materiale, talmente abbondante, che ci permette poi di trarre valutazioni sicure Presidente, mi rendo conto che ho messo molto, ma la posizione dell’imputato – e mi riferisco a imputato Lotti – era sicuramente una posizione da dover esaminare con grande attenzione. E, mi rendo altrettanto conto che, il passaggio ulteriore da fare è quello di esaminare la – nei propositi del PM – la posizione dell’imputato Vanni, altrettanto importante, altrettanto posizione per la quale occorre impiegare del tempo. Perché, vi dico subito che, uno degli argomenti che riguardano la credibilità di Lotti, ulteriore, che non è ancora indicato è che, buona parte delle cose che dice Lotti – come circostanze marginali degli omicidi – trovano riscontro in alcune ammissioni fondamentali di Vanni. E quindi, per passare all’esame della posizione Vanni, credo che bisogna essere un’attimino più riposati. E quindi chiedo, Presidente, di darmi una pausa. Io do un’indicazione di questo genere. E siccome ne ho parlato con alcuni dei difensori, la mia…il mio proposito l’avevo già indicato a lei, Presidente, e a tutti loro l’altro giorno. Era quello di andare a domani mattina per concludere Però in molti, e forse sarebbe opportuno anche per quanto riguarda la ricostruzione, che sicuramente, abbastanza.. .occorre lina certa attenzione. Alcuni dei difensori, mi sembra tutti, mi hanno chiesto se era possibile slittare a lunedì mattina, anziché farlo domani. E, quindi, rivolgo una richiesta alla Corte, di proseguire e concludere nella mattinata di lunedì
Presidente: L’avvocato Pellegrini, ieri, mi aveva anticipato che c’aveva il Consiglio dell’Ordine.
Avvocato Pellegrini: Sì. Abbiamo una riunione con tutti i colleghi della Toscana.
Presidente: Ecco, quindi…va bene. Allora si può slittare a lunedì mattina alle 9.30.
Avvocato Pellegrini: Se possiamo fare alle 9.00, così magari anticipiamo, perchè…
P.M.: Penso parleranno le parti civili.
Presidente: Subito dopo, dico, sono…parlano le…
P.M.: Le parti civili.
Presidente: …di parte civile, già in calendario. Bene, l’udienza è tolta, a lunedì mattina alle ore 9.00. Nuova traduzione del Vanni; il Lotti è presente, quindi se vuol venire.

20 Febbraio 1998 55° udienza processo Compagni di Merende

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