25 Febbraio 1998, 58° udienza, processo Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
Link a Radio Radicale per sentire l’audio delle deposizioni
Dato che le registrazioni presentano un audio non perfetto possono sussistere errori di trascrizione, nel caso se ne trovino durante la lettura contattateci per la eventuali correzioni: redazione@mostrodifirenze.com
Avv. Giampaolo Curandai, Avv. Giovanni Paolo Voena, Avv. Luca Saldarelli
Presidente: Allora, Elisabetta, Vanni è rinunciante a comparire per oggi e domani. Lei è Sabrina Simone?
(voce non udibile)
Presidente: Allora, in sostituzione dell’avvocato Filastò, per cortesia mi fa anche difensore d’ufficio di Faggi, in sostituzione dell’avvocato Bagattini e Fenies. Poi c’è l’avvocato Franco Antonio. Lei? Per Zanobini. Bertini c/è. Bene. Poi c’è… oggi doveva parlare l’avvocato Voena e Curandai, vero?
Avv. Giampaolo Curandai: Sì. Curandai e Voena.
Presidente: Ah, va bene. Non c’è problema.
Avv. Giampaolo Curandai: Poi, ovviamente, conclude Saldarelli.
Presidente: Sì, sì. Prego, avvocato.
Avv. Giampaolo Curandai: Signor Presidente e Signori della Corte, avvocato Curandai per Laura Rontini. Laura Rontini, zia di Pia Rontini, affezionatissima zia. C’era un rapporto meraviglioso fra zia e nipote, zia paterna. A dimostrazione che spesso i figli non sono soltanto di chi li procrea, di chi li genera, ma anche di chi li sa amare e di chi li sa allevare. Un rapporto meraviglioso fra zia e nipote, in questo caso, come in moltissimi casi. Tanto è vero che Laura è stata la prima ad intervenire la notte della tragedia. Comunque, signor Presidente e Signori della Corte, questa parte civile non è qui per rappresentare il dolore, ma, al contrario, soprattutto la fredda forza del ragionamento. Cioè, non siamo qui, signor Presidente e Signori della Corte, per – in un certo senso – ricattare con i sentimenti le vostre coscienze già fortemente appesantite da questo complesso processo. Siamo qui, invece, per rappresentare la logica, la logica delle carte processuali, che sarà alla base della motivazione della vostra sentenza. Le sentenze si motivano non con le ipotesi, non con i sentimenti, ma con la ragione; con le emergenze processuali, con i riferimenti proprio cartacei alle singole pagine del processo. Tuttavia non siamo qui e ci tengo a sottolinearlo – per vincere, come si dice volgarmente, per vincere la causa; ma eventualmente per convincere, ammesso e non concesso che ve ne sia ancora bisogno, dopo lo splendido intervento del dottor Paolo Canessa, impareggiabile per prudenza e intelligenza, e dopo l’intervento anche dei valorosi colleghi di parte civile che ieri, appunto, mi hanno preceduto in guesto compito accusatorio privato. Io dico semplicemente guesto, signor Presidente e Signori della Corte, che spero di portare un piccolo contributo alle vostre coscienze, a tranguillizzare le vostre coscienze. Un po’ di acgua ulteriore – se ce ne fosse bisogno – al mulino delle vostre coscienze. Sono gui per fare in modo che voi possiate entrare in Camera di Consiglio il più serenamente possibile. E guesto, con una premessa ben precisa: la ricerca della verità, disinteressatamente, senza preconcetti e senza pregiudizi. Io, fatta guesta premessa, dico subito una cosa importante: che è mia ferma abitudine discutere una causa penale, soprattutto una causa penale complessa come guesta, con le carte processuali in mano, perché voi, in Camera di Consiglio, avrete bisogno di riferimenti cartacei precisi. Ripeto: con le ipotesi non si motivano le sentenze. E allora, ciò premesso, signor Presidente e Signori della Corte, io mi sono, in un certo senso, posto un problema importante, ma anche molto difficile. E cioè quello di non ripetere i concetti già espressi dal Pubblico Ministero e dalle parti civili che mi hanno preceduto. E’ un compito direi abbastanza difficile perché, come ripeto, il campo è stato arato compiutamente. Tuttavia, al fine di non annoiare voi, e al fine di rendere utile il mio intervento, è lina operazione che io devo necessariamente compiere. Cioè, affrontare argomenti nuovi e argomenti, e qualcosa in più, possibilmente, rispetto a quello che è stato già detto. Allora, iniziamo dal primo argomento – argomento delicato, ma molto importante – che è quello dell’origine delle due principali fonti di accusa di questo processo: Lotti e Pucci. Molto è stato detto. Io farò solo un breve riferimento per dire questo. Dopo il processo di I Grado, si sa che nell’occhio del ciclone entrano due persone: il Vanni, da una parte, e la Nicoletti. La Nicoletti perché? Perché è la prostituta che ha ricevuto le confidenze da parte dei principali protagonisti, di colono che saranno i principali protagonisti di guesto processo. E allora la Nicoletti viene interrogata. E cosa dice la Nicoletti? Cosa riferisce alla Polizia, al Pubblico Ministero, la Nicoletti? Dice, ma… leggete guesto punto: ‘ma, dico, ogni volta che vengo convocata in Questura, il Lotti si interessa, mi chiede su che cosa mi stanno interrogando’, siamo alla fine del ’95, dicembre ’95. Ecco che allora, a questo punto, viene fuori il nome di Lotti. Non è un nome nuovo, perché il Lotti era già stato interrogato nel ’90 e nel ’94 per un presunto scambio di macchine, cioè prestito di macchine, fra Lotti e Pacciani. Quindi viene interrogato il Lotti e gli si chiede: ‘ma come mai, Lotti, tu ti interessi tanto per guesti interrogatori da parte, nei confronti di Nicoletti?’, come ci ha riferito la Filippa Nicoletti. E il Lotti dà tutte quelle risposte che risultano dall’interrogatorio, dal processo verbale di interrogatorio del 15 dicembre del 1995. Senonché, ad un certo punto – ed ecco come viene fuori un altro nome sconosciuto, del tutto sconosciuto alle indagini, a qualsiasi tipo di inchiesta su questo, avente ad oggetto quello che allora si chiamava il cosiddetto “mostro di Firenze” – viene fuori il nome di Ghiribelli, per la prima volta. Ecco come viene fuori, questa è la vera genesi. Viene fuori perché il Lotti, mentre viene interrogato, dice: ‘un giorno mi trovavo in casa di Ghiribelli e dissi a Ghiribelli: guarda, che c’è la Nicoletti che, ogni volta che va in Questura, c’è la Nicoletti che deve essere convocata in Questura. Lei ha chiesto che io l’accompagni in Questura. Ma io ho preso una scusa, ho detto che dovevo lavorare e non voglio accompagnare la Nicoletti in Questura’. Però, ecco l’interesse di Lotti: ‘vacci tu, accompagna tu la Nicoletti in Questura’. E la Ghiribelli, in presenza di Lotti -interrogatorio del 15 dicembre del ’95 – cosa fa? Telefona alla Nicoletti e promette a Nicoletti di accompagnarla in Questura. Quindi, vedete, Nicoletti ci porta a Lotti; Lotti ci porta a Ghiribelli. E allora, a quel punto, viene messo sotto controllo il telefono Ghiribelli-Nicoletti. E durante una telefonata viene fuori un nome anche questo assolutamente sconosciuto alle indagini. La Ghiribelli chiede a Nicoletti: ‘ma perché Lotti non ha parlato ancora di Ferdinando?’ “Ferdinando”. Cameade, direbbe il Manzoni; chi era costui? Si saranno chiesti i poliziotti in quel momento, mentre stavano intercettando la telefonata. Eh, no. Il Fernando avrà un nome e una identificazione precisa: Fernando Pucci. Ecco che viene fuori il nome di Pucci. Quindi, Nicoletti ci porta a Lotti; Lotti, incidentalmente e fortunatamente, fortunosamente diciamo – perché le indagini devono anche avere una certa fortuna – ci porta a Ghiribelli; Ghiribelli ci porta a Fernando Pucci. E quindi costui viene identificato. E poi voi sapete quello che è successo successivamente. Ma io vi dovevo necessariamente evidenziare come fisiologicamente, diciamo, processualmente, anche se siamo all’inizio delle indagini preliminari, il nome di Lotti ed il nome di Pucci vengano fuori proprio in maniera pulita, in maniera spontanea e in maniera fortunata, direi. Quindi non possiamo dire e non possiamo neppure pensare che la Polizia abbia detto: Montefiridolfi, prendiamo i due scemi del villaggio e facciamoli parlare. No! Questo, assolutamente no, nella maniera più categorica. Perché la genesi di Lotti e Pucci è questa. E questo è un passaggio importantissimo del processo. Pucci parla subito; Lotti non parla subito. C’è il confronto fra Pucci e Lotti. E’ lì che Pucci comincia a schiacciare il Lotti di fronte alle sue responsabilità. Questo raffronto è stato giustamente trascritto dalla Corte di Assise. Perché non leggere alcuni passi importanti? E a un certo momento viene fori una cosa importantissima. Vi ricordate come l’avvocato Filastò abbia più volte chiesto a Lotti, reiteratamente: ‘ma lei è sicuro che il delitto di Scopeti è avvenuto di domenica?’ E il Lotti risponde: “Sì, sono sicuro.” E ripete: “Ma è sicuro? Ma è proprio sicuro?” Le domande le faceva dieci volte. Anche questa volta, forse, l’avrà fatta 10-15 volte. Alla fine: “Ma è sicuro? Per quale motivo è sicuro?” “Sono sicuro, perché sono sicuro”, la solita risposta di questo personaggio che è il Lotti, va preso come va preso. Poi ne parleremo, ne accenneremo più in là. E leggendo questo confronto si comprende per quale motivo il Lotti è, in questo dibattimento, sicuro della domenica. Perché la stessa domanda viene fuori fra Lotti e Pucci durante il confronto. “Ma che giorno gl’era?” “Domenica” – risponde il Lotti – “gl’era di domenica.” “Sì, sì, gl’era di domenica”. Ma non basta. Più in là, più in là, si parla ancora di questa domenica: “Di domenica?”, dice il Pucci. Risponde il Lotti: “Sì, di domenica, proprio di domenica. Ora mi ricordo, proprio di domenica.” E ne parlano. Durante il confronto viene fuori la domenica- Quindi ricorda bene questo punto il Lotti. Non si tratta di un confronto di 10 o 15 anni fa, si tratta di un confronto di due anni fa. E quindi questo lo ricorda il Lotti, questo può ricordare bene il Lotti. Poi, durante questo confronto ci sono delle cose che voi leggerete, estremamente interessanti. Lì, il Pucci contesta a Lotti: ‘guarda, che uno era il Pacciani, eh, quello con la pistola. Poi, l’altro, come si chiama? Il Vanni…’, eccetera, eccetera. Voi leggerete, darete un’occhiata se lo riterrete opportuno; si parla del coltello. E quindi vi è in luce tutto l’insieme delle contestazioni che poi la Polizia farà allo stesso Lotti e lo costringerà, poi, finalmente, nel settembre-novembre ’96, a dire la verità, a parlare, a collaborare in un certo senso. Poi, ovviamente, a Lotti saranno contestate tantissime altre cose, ovviamente. Di guesto ve ne ha già parlato i Pubblico Ministero; la Nicoletti che parla di questa visita, di questa gita a Vicchio, ne parla lo stesso Pucci, eccetera, eccetera. Su questo, poi, su questo punto eventualmente faremo una piccola riflessione in seguito. E quindi, da questo punto, dopo questo confronto, inizia questa progressiva maturazione delle confessioni di Lotti: all’inizio come teste, poi come indagato; e poi, al dibattimento, ovviamente, e prima ancora in sede di incidente probatorio, come imputato. L’incidente probatorio credo che sia avvenuto in sede di udienza preliminare, quindi, già imputato. Quindi, ed allora è importante sottolineare che le prime dichiarazioni, tuttavia, di Lotti, sono dichiarazioni che rispondono a una primordiale esigenza difensiva, cioè: negherà l’evidenza, dirà delle cose che non stanno né in cielo e né in terra. Ecco perché noi ci siamo scalmanati in questo processo, per far capire a voi e contestare, eccepire nei confronti dell’avvocato Filastò, che in questo dibattimento non si possono contestare i primi interrogatori di Lotti, perché il Lotti del dibattimento non è il vero Lotti, non è il Lotti, diciamo, dei primi interrogatori. Il vero Lotti del dibattimento è il Lotti degli ultimi interrogatori. Quindi, contestate eventualmente gli ultimi interrogatori di Lotti resi davanti a ben tre Pubblici Ministeri, signor Presidente e Signori della Corte. Anche questo è un passaggio importante. Il Lotti non è stato interrogato, con tutto il rispetto che si può avere da un vice brigadiere di periferia, è stato interrogato da ben tre magistrati, continuamente. Che lo hanno assistito e gli hanno detto: ‘ma lei è sicuro?’, lo vedremo poi anche addirittura in una videocassetta, per quanto riguarda Scopeti. Quindi, ecco che io sto cercando ovviamente – le pause servono a questo – a depennare le cose che sono già state dette. Perché, come ripeto, avendo già parlato più volte e molto bene la pubblica accusa e la privata accusa, evidentemente devo togliere diversi argomenti. Quindi, in conclusione, la genesi di come viene fuori il Lotti e di come viene fuori il Pucci è assolutamente pulita e trasparente. Bene.
Poi vorrei affrontare, signor Presidente e Signori della Corte, un secondo argomento. E il secondo argomento è ovviamente un argomento non molto originale in questo processo, ma molto importante: l’argomento Lotti. E lo vorrei affrontare sotto un certo punto di vista, spero per voi nuovo. Scusate un attimo. Cioè, si è detto: Lotti è caduto in contraddizioni, vi dirà la difesa di Vanni. E’ caduto in imprecisioni, non può soddisfare le aspettative di chi ovviamente sta per emettere una sentenza così grave. Bene. Su questo punto bisogna chiarire una cosa molto importante, signor Presidente e Signori della Corte, e cioè che sul nucleo centrale dei singoli fatti contestati Lotti ha sempre detto le stesse cose. Ha detto: nero, nero, nero. Non: nero, bianco, celeste, giallo. Ha sempre detto nero. Non si è mai contraddetto. Certo, bisogna enucleare questo nocciolo duro. E questo è il mio compito in questo momento. Cioè, su che cosa, che cosa innanzitutto costituisce il nocciolo duro? E che cosa ha sempre detto di importante e di costante? Prendiamo Baccaiano, partiamo da Baccaiano. Questo, interessa alla Corte ai fini della motivazione della sentenza, a mio avviso. Esprimo la mia opinione. Baccaiano, il nocciolo duro è sempre: il luogo, le modalità del fatto, le modalità essenziali del fatto. Quindi, come si arriva, che cosa succede, come si parte. Il luogo, il tempo, il giorno, le modalità, ovviamente, di un determinato fatto. E allora, per esempio, Baccaiano. L’avvocato Filastò chiede al Lotti… Scendiamo proprio nei particolari, eh. Scusate se sono un po’ minuzioso, ma io cerco di contribuire, di dare un mio piccolo contributo alla verità processuale. Proprio in maniera estremamente concreta. Chiede: “Lei, prima di arrivare a Baccaiano, ha passato un bar. “ Dice: “No” – risponde con sicurezza – “No, e che bar. Il bar l’è dopo.” E infatti… Ma ha risposto con estrema sicurezza. E infatti, per chi proviene da San Pancrazio come il Lotti ci ha detto di provenire, il bar è dopo, è a Baccaiano. Io sono rimasto impressionato da questa fermezza. Poi mi ha impressionato perché è stato sempre preciso sulla posizione delle autovetture; è sempre stato preciso sullo spostamento a retromarcia. Mi ha impressionato come ha delineato, ha spiegato la retromarcia di questa macchina che poi supera il manto stradale e quindi si incaglia in un avvallamento che costeggia, appunto, l’asfalto, la strada provinciale. Ci ha spiegato – e questo è veramente impressionante e lo ha sempre detto – che i fari prima erano spenti, e si può capire perché. Evidentemente quando ci si apparta per certi scopi, non si può stare lì con la macchina a fari accesi. Poi ci dice che erano accesi, in un secondo momento; e questo è logico, perché evidentemente c’è stato questo tentativo di fuga. E poi ci dice che si erano spenti, ce lo dice: prima, fari spenti, accesi e poi spenti. Spenti, evidentemente dopo gli spari e dopo la rottura dei due fanali anteriori, attraverso gli spari. Questo mi ha impressionato e questo ho il dovere di riferirvi. Il cosiddetto “Affare Allegranti”. E qui bisogna un attimino rimetter le cose a loro posto, secondo quella che è la mia opinione. Qui, secondo me, ci può essere una sola versione seria. E non è una ipotesi. Ma è seria perché non ci sono elementi contrari, ed è seria perché qualsiasi altra versione è contraddetta dagli elementi oggettivi. Per questi due motivi, ecco perché è seria. Allora, la ragazza è stata trovata vestita, o meglio rivestita. Perché, a mio avviso, il rapporto sessuale, quando sono intervenuti gli assassini, era già stato consumato, era già stato compiuto. Prova ne è che la ragazza, non solo era vestita o rivestita, ma c’erano tracce di rapporto sessuale sul sedile posteriore. Non solo, ma c’era addirittura anche un profilattico con del liquido seminale all’interno. L’avvocato Filastò su questo, scriverà un romanzo, lo ascolteremo ed eventualmente replicheremo. Quindi, la ragazza è… Ecco perché la ragazza è dietro. Perché evidentemente, come capita in questi casi, almeno usualmente, il rapporto è stato consumato sul sedile posteriore; la ragazza sta dietro, si è rivestita. A quel punto, secondo la mia opinione, bisogna rifarsi ad un dato obiettivo molto importante: il ragazzo è stato attinto da quattro proiettili. Però vi ha detto il medico-legale, e lo ha ribadito con assoluta certezza, che i primi due colpi non erano mortali. Quindi, prima – e questa, ecco, su questo non ci può essere incertezza – prima che arrivassero gli assassini- prima dello sparo, o anche dopo lo sparo, visto che i due colpi non erano mortali, il “ragazzo è passato sul sedile anteriore. Incendiamoci, la 127 ha solo due sportelli, quelli anteriori. Quindi è passato per motivi tecnici, ma anche per motivi di riservatezza, non lo so, è passato sul sedile anteriore. E, per fare questa operazione, f ha dovuto reclinare verso il sedile posteriore, verso il divano, ha dovuto reclinare il sedile anteriore di guida, lo schienale. Ecco perché lo schienale è stato trovato schiacciato contro il sedile posteriore, altrimenti non si spiegherebbe questo. A quel punto è il ragazzo che guida, è il ragazzo che fa la retromarcia disperatamente per salvare se stesso e forse anche la ragazza, in quel momento; così come poteva pensare lo stesso povero Mainardi. E viene, invece, raggiunto. A quel punto il Pacciani prende le chiavi e rabbiosamente le scaglia via, perché dice: ‘adesso non guidi più, ti blocco nel guidare. Non guidi più’, e lui lo avrà finito. Attenzione, su questo punto abbiamo dei riscontri obiettivi: abbiamo i fari rotti. Ma cosa ha fatto il signore che è fuggito via? Ha sparato ai fari? Ha sparato a se stesso? Abbiamo bossoli lungo il tragitto di fuga, sull’asfalto. Cosa ha fatto il “mostro”? Cosa ha fatto questo presunto guidatore? Ha sparato a se stesso? Abbiamo la colatura di sangue senza interruzione, senza soluzione di continuità che va dal finestrino, dal vetro di guida, del posto di guida, lungo la tappezzeria interna, fino alla moquette, ininterrottamente. Quindi, non possono essere macchie, diciamo, derivanti dallo spostamento del cadavere, dal prelievo, dall’estrazione del cadavere dalla macchina. Altrimenti sarebbero macchie da schiacciamento, con soluzione di confinilità. Ve lo ha detto Ulivelli, il teste Ulivelli: una colatura senza soluzione di continuità. E abbiamo un’altra prova di cui ignora non si è parlato, ma è estremamente importante, che viene fuori dal verbale effettuato dai Carabinieri proprio nell’immediatezza del fatto, del 20 giugno del 1982. Sentite cosa dicono i Carabinieri. In un processo in cui, come vedremo, ci sono grosse lacune da parte degli organi periferici investigativi, ma in questo caso, in questo caso è stata scritta una cosa importante, dice: “Abbiamo trovato” – sulla macchina ovviamente dov’è stata reperita la macchina, quindi già incagliata, eccetera – “Abbiamo trovato il finestrino dello sportello anteriore sinistro, quello corrispondente al posto di guida, infranto”. Infranto. Quindi, per ferire il ragazzo, si è infranto. Per finire, per uccidere definitivamente il ragazzo che era al posto di guida si è infranto il finestrino, il vetro dello sportello del posto di guida. Attenzione! Ma c’è un altro passaggio più importante: che a terra vengono rinvenuti frammenti di vetro macchiati di sangue, macchiati di sangue. In terra. Quindi, evidentemente lo sparo ha provocato lo spruzzo, proprio, del sangue contro il finestrino. Il vetro si è macchiato di sangue. È stato infranto. Frammenti di vetro macchiati di sangue sono caduti per terra. E lì li trovano i Carabinieri nell1 immediatezza del fatto. Altro che “mostro”, ipotesi… Signori, ma qui si rischia di cadere nella narrativa. La verità processuale è questa. Non voglio, appunto, andare oltre ed essere eccessivamente polemico con quella che sarà poi la tesi, lo vedremo, dell’avvocato Filastò. E questi sono gli elementi cartacei su cui dovrete basare la vostra sentenza, non sulle chiacchiere. Poi voi conoscete perfettamente che cosa hanno dichiarato i barellieri. I barellieri addirittura, non solo sono in contrasto con i primi, con coloro che hanno avuto il primo approccio con la macchina, cioè i primissimi soccorritori che hanno chiamato i barellieri. Ma voi sapete che si sono contraddetti anche fra loro. E su questo ha già parlato molto bene il Pubblico Ministero. Allegranti, che è venuto qui a fare la parte del leone, poi non ha neppure prelevato il corpo di questo povero ragazzo dalla macchina. Gli altri due barellieri lo hanno contraddetto. Gli hanno detto: ‘no, tu eri in prossimità dell’ambulanza a preparare la barella, quindi cosa ci vieni a raccontare che hai estratto tu il corpo? Perché devi mentire?’ E queste menzogne sono state contestate anche dalla dottoressa Della Monica nel primissimo interrogatorio. Quando, parlando con Gargalini, gli contesta: ‘ma guardi, il Mainardi si trovava supino, o leggermente spostato verso sinistra, sul sedile anteriore del guidatore e che tale sedile era disteso’. Ecco la parola “disteso”, importante. Disteso lo schienale del sedile del posto di guida e schiacciato, come è stato trovato, contro il sedile posteriore. In modo quasi da formare un tutt’uno. Tanto è vero che, molto probabilmente, il tronco del corpo del ragazzo si doveva trovare all’altezza del sedile, dello schienale, schiacciato contro il sedile posteriore, forse la testa sul divano posteriore. In modo da far quasi apparire, ai primi soccorritori, ai primi A barellieri, che il ragazzo si trovasse dietro. Questa è stata la prima versione – sbagliata, forse in buona fede – e hanno sempre portato avanti questa versione, non so per che cosa, forse per amore di casta, di immagine, di paese, non lo so. Non lo so. Era costituita da poco 1uesta associazione, non lo so. Qui poi sono venuti a raccontare delle balle, perché sono risultate balle, che sono stati interrogati tre o quattr’ore; figurati se la dottoressa Della Monica si mette a interrogare tre o quattr’ore un ragazzo di 17 anni. Quindi, smentito anche in questo, perché gli altri hanno detto: ‘siamo stati interrogati mezzora. Va be’, lasciamo perdere’. Comunque, è questo il punto. Io non voglio dire che loro hanno sbagliato, hanno mentito in mala fede. Probabilmente questo sedile del posto di guida, schiacciato, reclinato contro il divano posteriore, veniva a formare come un unico vano, un unico diciamo così, divano, in modo da far cadere, forse, in errore coloro che hanno prelevato il corpo. Perché questo ragazzo probabilmente ha avuto un disperato ultimo tentativo, forse, di spingersi indietro al momento degli ultimi due colpi mortali. Questo volevo mettere in evidenza per quanto riguarda… Quindi l’affare di Baccaiano mi sembra che sia molto più semplice di come è stato presentato dalla difesa di Vanni.
Per quanto riguarda Giogoli, signor Presidente, io direi che non vi annoierei più di tanto su questo punto e spero di dire anche qui cose nuove. E due cose fondamentali, signor Presidente. Il Lotti ha sempre detto, mi ha impressionato, è sempre stato preciso e non si è mai contraddetto sulla posizione del furgone. E poi non si. è mai contraddetto su un altro punto fondamentale: lui ha detto di avere sparato attraverso il vetro. Dice: ‘il vetro era opaco, era appannato’. E infatti, quel tipo di Volkswagen ha il vetro opaco sullo sportello, sui due sportelli, diciamo a libro, questo è il tipo di furgone, di camper, che si trovano sulla fiancata destra del furgone. E questo è un elemento oggettivo. Come poteva sapere, il Lotti, che questo tipo di Volkswagen ha il vetro opaco? Basta. Ha sparato attraverso il vetro opaco. E c’è un altro fatto al quale questo difensore attribuisce molto rilievo, un rilievo del tutto particolare. C’è un riscontro obiettivo alle dichiarazioni di Lotti impressionante. Lotti durante il dibattimento è stato accusato dall’avvocato Mazzeo di volersi correggere, eccetera. Però a un certo momento, allora, io… L’avvocato Mazzeo ha detto a un certo momento: “l’avvocato Curandai deve fare delle domande precise”. E ho fatto io una domanda precisa a un certo momento, su un punto sul quale Lotti aveva già risposto. I movimenti di Pacciani intorno al furgone. Il Pacciani comincia a sparare sulla destra, poi si porta sulla sinistra e poi ritorna sulla destra. Io mi sono chiesto perché ritorna sulla destra il Pacciani? E allora io do questo tipo di spiegazione. Cioè si riporta sulla destra per due motivi, anzi per tre motivi. Primo, perché questo furgone non ha lo sportello sulla fiancata sinistra, lo sportello che dà sull’abitacolo interno. Ha solo lo sportello del posto di guida, il quale era chiuso. Poteva benissimo, con qualsiasi mezzo, in quel momento aprire lo sportello di guida. Perché non l’ha fatto? Perché tra lo sportello di guida e il muro ci sono 80 centimetri, l’ha detto il maresciallo Storti. Quindi era estremamente difficoltoso entrare lì. Allora lascia quel posto e ritorna sulla destra e lì gli sportelli sono aperti. E li troveremo aperti, come in questa fotografia scattata dai primi investigatori. È impressionante: gli sportelli di destra aperti, gli sportelli di sinistra chiusi. Impressionante. Impressionante. Guardate che su questo punto il Lotti è estremamente credibile e sapete perché? Perché il Lotti non vi dice: gli sportelli di sinistra del furgone erano… gli sportelli di destra erano M aperti e quelli di sinistra erano chiusi. Non ve lo dice il Lotti. Ma ve lo fa capire indirettamente, il che è più importante. Ve lo fa capire indirettamente. Perché se il Lotti avesse detto: gli sportelli di destra sono aperti – del furgone – gli sportelli di sinistra sono chiusi, si direbbe che è stato imbeccato dalla Polizia, sicuramente; gli hanno fatto vedere la foto. Invece lui ce lo fa capire molto indirettamente. Perché se Pacciani fa questo movimento significa che gli sportelli di sinistra erano chiusi e non si potevano aprire in quel momento. Gli sportelli di de… Quindi ha finito i ragazzi ritornando sulla destra e infatti la foto ci dà ragione, è impressionante. Quindi: riscontro obiettivo e attendibilità del Lotti, nel momento in cui ci fa capire questo molto indirettamente. Perché Lotti certe cose, fra l’altro, le fa capire indirettamente, per questo è credibile. E secondo me, lo dico fin da ora, è credibile anche nelle sue imprecisioni. Perché io, come parte civile, mi sarei preoccupato se il Lotti fosse stato troppo preciso per raccontare fatti di 10-15 anni fa. Allora, sì, avrei potuto pensare a un governo, a una gestione scorretta di questo teste, indagato, eccetera. Invece no, invece no. Le imprecisioni di Lotti, secondo me, sono il segno della sua credibilità, della sua attendibilità, su fatti di 10-15 anni fa. E in riferimento, provenienti poi da un personaggio come Lotti. Poi vi devo dire… Ecco, questo bisogna che lo butti fuori, perché sennò sto male. Ci sono, a proposito di Lotti, delle dichiarazioni di Lotti; e qui faccio un riferimento preciso: fascicolo 63, pagina 95; fascicolo 64, pagina 7. Lui dice di non aver fatto i sopralluoghi né a Baccaiano, né a Giogoli. Su questo si potrebbe anche aprire un altro discorso, perché su Giogoli c’è già una 128 rossa e un’auto bianca: teste Nenci e teste Buzzichini. Non ne parlo più, ne ha parlato il Pubblico Ministero. Però, guarda strano, sarà anche una coincidenza, ma in questo processo ce ne sono tante: Baccaiano e Giogoli non ci sono sopralluoghi e sono, sotto certi aspetti, secondo gli scopi di questi criminali, sono due omicidi falliti, sotto certi aspetti. Mentre dove si fanno i sopralluoghi, minuziosamente – come vedremo, Vicchio e Scopeti -c’è il raggiungimento dello scopo. Come ripeto, prendetela come una semplice coincidenza. E Giogoli, Giogoli poi apre un certo tipo di discorso, perché a me ha impressionato quello che Lotti ha sempre detto e ha ribadito qui al dibattimento sullo scopo di questo duplice omicidio: la liberazione di Vinci. Dice: ‘io l’ho appreso da Vanni. Vanni mi indicò quella persona, quella persona barbuta che io’ -che poi è stata riconosciuta per Vinci Francesco -‘in San Casciano e mi disse: guarda, quel signore è colui che noi abbiamo fatto liberare, per cui noi abbiamo ucciso quei due poveretti di Giogoli’. Qui il Lotti è stato un po’ confuso in modo lessicale, perché diceva “dovevan, dovevan”. Poi abbiamo capito che il “dovevan” di Lotti va tradotto come avevano, avevano liberato. L’abbiamo capito in un secondo momento. In un primo momento siamo rimasti un po’ tutti sconcertati da questo linguaggio estremamente, diciamo così, asintattico e sgrammaticato, appunto, di Lotti. E poi su questo punto abbiamo appunto Sgangarella il quale diceva che il Vinci, in carcere, si lamentava, era depresso: ‘mi hanno abbandonato, gli amici di fuori mi hanno abbandonato’. Dirà poi il Calamosca che li aveva ricattati, aveva paura di loro, c’è la lettera alla moglie, insomma, tutti discorsi che però vanno a inserirsi in questo quadro di cui parla il Lotti, come in questo caso, de relato. Perché sono cose apprese appunto dal Vanni. E quindi su questo punto non insisto più di tanto. Ecco, passiamo quindi adesso al duplice omicidio di Vicchio. Anche qui Lotti ha sempre detto – su circostanze importanti che costituiscono il nucleo centrale dei fatti – ha sempre detto cose importanti e sempre le stesse cose. Non si è contraddetto. E qui, per quanto riguarda Vicchio, signor Presidente e Signori della Corte, qui sono importanti anche i fatti prodromici, rispetto a Vicchio e cioè i cosiddetti sopralluoghi. Il Lotti ci ha detto, e mi ricordo che sono state necessarie le insistenze anche del signor Presidente, il quale ha rivolto domande mirate su questo punto; un punto estremamente importante. Alla fine il Lotti ha ammesso: ‘sì, si facevano i sopralluoghi’. Poi vedremo che sulla necessità dei sopralluoghi c’era già un’intuizione di Perugini. Parleremo anche di Perugini su questo punto. E c’è un sopralluogo, un sopralluogo che lui non ha potuto negare, ed è quello con la Nicoletti. E qui mi viene in mente quello che diceva Perugini: può darsi che uno di costoro, di questi criminali – o “il mostro”, od altri – abbia fatto il sopralluogo con una donna, proprio per non essere individuato, proprio per camuffarsi, per mimetizzarsi. Sarà anche questa una coincidenza, ma fa questo primo sopralluogo con la signora Nicoletti. Tant’è vero che a pagina 15 delle intercettazioni telefoniche, il Lotti nel suo linguaggio così, diciamo, per usare un eufemismo, estremamente rurale, dice: “Eh, è a Vicchio, l’è cominciato tutto da Vicchio. Ora ho capito perché è cominciato tutto da Vicchio. L’è stato tutto l’84 per me” – parlando con la Nicoletti – “l’è stato tutto l’84”. E’ chiaro. Perché qui non c’è il Pucci di mezzo, qui ci sono altri testi diversi dal Pucci. I quali dicono… Cioè, c’è la Nicoletti, la quale dice di essere stata con lui a Vicchio. C’è lo stesso Pucci, ma c’è un altro teste, ecco perché parlavo di altri testi, che indirettamente ci fa capire la presenza di Lotti a Vicchio. Vi ricordate la domanda che io feci a Lotti: “Ma lei è mai stato da solo a Vicchio?” E lui rispose: “Sì, sono stato da solo”. E ci disse addirittura che era stato su quell’altura da cui… Cioè, diciamo così, sopra la piazzola, da cui poteva osservare la piazzola. Cioè quell’altura che si raggiunge da quella strada sterrata, che è stata poi la strada della via di fuga, fattoria La Rena. E su questo punto la Frigo ci dice una cosa importante. E’ forse una delle cose più nascoste fra le carte, ma che io ho il dovere di mettere in rilievo. Ci dice che lei aveva visto una settimana prima una macchina rossa. C’è una ricognizione fotografica. La Frigo notava una forte rassomiglianza con . la persona raffigurata, che raffigurava la persona di Lotti sulla fotografia. Su questo punto c’è una testimonianza importante della Frigo che coincide con quello che ha… Ma sapete poi dove la Frigo ha visto il Lotti? Lo ha visto su quella stessa, in prossimità di quella stessa altura, dove il Lotti dice di essere andato da solo- Impressionante! Un quadro… Però bisogna conoscere bene le carte processuali. E allora, conoscendo bene le carte processuali, la verità pian pianino viene fuori. E poi il Lotti è andato a Vicchio con il Vanni -su questo punto è preciso il Pucci – e ci è andato con il Pacciani. Che sia andato col Vanni ce lo fa capire molto indirettamente lo stesso Vanni, quando confessa su questo punto. Ma il Pucci ci dice che il Pacciani e il Vanni erano stati a vedere come potevano fare per ammazzarli. E poi c’è il sopralluogo di Pucci. C’è il sopralluogo di Lotti su Vicchio. Leggete quel sopralluogo, ve ne ha parlato il Pubblico Ministero, ma è un passo importante del processo. Come il Pucci… il Lotti riconosca i luoghi, dice: ‘state attenti, qui si va a destra, qui c’è un ponte, qui c’è un passaggio a livello’. Insomma, non ritorno su questo punto. Su altri fatti importanti di Vicchio, ha detto la verità il Lotti.
Poi un altro particolare. Sui pedinamenti di Pia Rontini ha parlato molto diffusamente ieri l’avvocato Pellegrini, ma io voglio aggiungere un particolare importante. Il Poggiali ha detto che la macchina che li seguiva era color, forse amaranto – è stato molto indeciso su questo punto, ma siamo di notte – ma aveva i fari tondi. E, guarda caso, la 128 di quell’epoca, che poi risaliva alla fine anni ’70, aveva, quel tipo di macchina, i fari tondi, l’ha detto Poggiali. Poi ovviamente, sulla lettera… non torno su questo argomento, vado oltre. Secondo me concilia anche l’orario. Ha sempre parlato di ore 23 e quindi sono arrivati alle 23. L’orario coincide. Coincide anche con quello che diranno poi i testimoni successivi. Mi ha impressionato, di Vicchio, un altro punto su cui, ripeto, il Lotti è stato sempre preciso. E cioè il posizionamento di tutte le macchine: della macchina delle vittime, della loro macchina. E poi sul fatto della sua macchina, della sua posizione, di questo palo della luce e del fatto – e c’è stata una domanda precisa su questo punto, molto importante del Presidente – cioè, ha detto c’era questa strada sterrata, fra la strada asfaltata, fra quella principale, la Sagginalese, e la piazzola. Ed è lì che aveva messo la macchina. Ecco, e infatti c’è questo tratto di strada sterrata, eccetera, eccetera. Ovviamente a me hanno anche impressionato anche le macchie di sangue, sulla strada asfaltata e poi giù sul fiume, sul greto, in prossimità dell’acqua del fiume, dove Vanni e Pacciani sarebbero andati a lavarsi le mani successivamente al delitto di Vicchio. E c’è una cosa importante che su questo punto può essere rilevante, perché il Lotti dice: secondo me la ragazza non fu colpita dall’arma da fuoco. E su questo punto il Lotti ci fa capire perché si sia sbagliato. Si è sbagliato perché lui ha più volte detto: ‘io gli spari li ho sentiti, ma non ho visto la direzione’. Ha sentito poi il lamentio di questa povera ragazza e con tutte le conseguenze e tutte le modalità che noi conosciamo. La ragazza è morta di edema polmonare, quindi c’è stata quella sopravvivenza che noi conosciamo. Mi ha impressionato il passaggio a livello. Come, c’è un teste, un ingegnere delle Ferrovie dello Stato, che ci dice che a quell’ora il passaggio a livello era chiuso, e quindi ecco uno dei motivi, il motivo fondamentale per cui sono passati da sopra. E mi ha impressionato un altro fatto importante, e qui c’è un altro risconto obiettivo. Lui dice che hanno fatto a piedi l’ultimo tratto di strada, prima di arrivare al casolare, dove hanno nascosto non si sa bene che cosa, ma sicuramente qualcosa di importante. E infatti, l’ultimo tratto di strada, anche oggi, anche allora, si faceva e si poteva fare soltanto a piedi. Mi ha impressionato il fatto che lui dica, a proposito di quella lettera imbucata e indirizzata a questa Manuela, che collochi bene la buca della posta; buca della posta, va bene, a destra prima di arrivare alla stazione. Sulla buca famosa – di cui si è parlato tanto all’interno della piazzola di Vicchio, mi ha impressionato la testimonianza di Rontini. Rontini ha detto che questa buca fu rinvenuta nell’84 e che egli ne parlò con i Carabinieri. E quindi niente di più probabile che anche in questo caso vi sia stata una delle tante omissioni che vi sono state in questo processo e che fra un po’ elencherò. E Filastò naturalmente è venuto fuori con la tesi, no, che il Rontini di questa buca verrà a sapere soltanto nel ’90, a seguito di seduta medianica. Quindi questo non è vero, perché il signor Rontini, sotto giuramento, ha dichiarato che il rinvenimento di questa buca risaliva al 1984. Mi ha impressionato il fatto, il sopralluogo sul casolare – presenti i magistrati, presente il dottor Giuttari – quando lui, prima di entrare dentro il casolare, dice: ‘vedete, sulla destra c’è una nicchia’. E infatti, sulla destra c’era una nicchia. E poi è andato dentro, ha cercato di razzolare, di tirare fuori qualcosa. E per quanto riguarda lo spolverino, io vorrei aggiungere – perché non voglio ripetere, come dico, le argomentazioni del signor Pubblico Ministero – ma vorrei mettere in rilievo che mi ha impressionato un fatto su questo spolverino. Che quando sono state mostrate le foto, in atti, foto che voi avete a disposizione, sugli spolverini, su due… sugli spolverini di Vanni e di Faggi, il Lotti non ha mica riconosciuto quello di Faggi, ha riconosciuto quello di Vanni, sulla sinistra, le due foto sulla sinistra; e infatti corrispondono a quello di Vanni. Anche questo nell’economia processuale è una goccia, d’accordo, ma può avere la sua importanza. A questo punto io passerei agli Scopeti, signor Presidente. Io non voglio ripetere, come dico, argomenti già trattati. Quindi non dirò i fatti prodromici, non parlerò di questa macchina, delle coincidenze fra le testimonianze di Pucci e Chiarappa. Non parlerò della posizione Ghiribelli, Gallo, secondo il Galli, secondo la moglie di Chiarappa, eccetera, di tutti questi bellissimi argomenti. La Ghiribelli però ci dà l’ora in cui l’ha vista e coincide con l’ora in cui la macchina doveva essere lì. Coincide con l’ora del delitto, di cui ci ha parlato il Lotti. Ma io voglio invece parlarvi di una cosa molto importante. Cioè, l’avvocato Filastò ha chiesto e ha ottenuto la visione della videocassetta sul sopralluogo di Lotti in quel di Scopeti. Insomma, qui bisogna mettere in rilievo una cosa: che io in quella videocassetta ho visto un Lotti -non so che impressione abbia riportato la Corte -ma io ho visto un Lotti estremamente sicuro di sé: la tenda era lì, il ragazzo è fuggito verso il bosco, non verso la parte opposta, verso la strada. La posizione della macchina era qui. La posizione dell’altra macchina era là. Insomma, tant’è vero che a un certo momento il dottor Fleury gli ha chiesto: “Ma lei è sicuro?” Perché io voglio dire anche una cosa. Lui è sempre stato sentito, nelle fasi più importanti, da almeno tre magistrati, tre galantuomini: noi tutti conosciamo il dottor Fleury, il dottor Canessa, e quindi sappiamo perfettamente il loro garantismo, la loro prudenza. E anche in questo caso il dottor Fleury ha chiesto e lui ha detto: “Certo che son sicuro, certo”. Un’altra cosa che voglio riferire alla Corte su cui Lotti è stato preciso, ed è importante. Si trova nel fascicolo 63 – delle carte processuali, dibattimentali — pagine 32 e 30. A un certo momento lui dice: “Gli spari erano tutti davanti alla tenda”. Parole testuali: “Spari tutti davanti alla tenda”. E infatti i bossoli sono stati tutti raggruppati, erano tutti raggruppati davanti alla tenda. Sui due coltelli non parlerò. Per quanto riguarda il coltello di Vanni, ma chi ha detto che il coltello di Vanni debba essere necessariamente l’arma del delitto? Certamente, „ abbiamo tanti elementi per pensare che sia l’arma del delitto. Ma comunque lo scopo principale è questo, delle domande, dell’esame su questo punto: è che il Lotti ha detto che è: “un coltello simile”. Quindi siamo vicini all’arma del delitto, anche su questo punto. Può essere veramente l’arma del delitto. Il dottor Canessa su questo punto vi ha portato altri argomenti importanti, eccetera, eccetera. Non li ripeto. Arma del delitto, simile all’arma del delitto. E qui è credibile. E’ credibile perché, durante l’incidente probatorio – attenzione, a questo punto – egli aveva già descritto questo coltello, prima ancora di averlo visto in aula. Rileggete 1’incidente probatorio, vero. Questo è un altro passaggio importante. Perché si potrebbe dire: mah, ha visto il coltello, è chiaro che poi ce lo descrivere così come lo ha visto in aula. No. Durante l’incidente probatorio non c’erano coltelli, non l’ha mai visto. E l’ha descritto, così come poi ci è stato esibito in quest’aula: un grosso coltello; aveva descritto la lunghezza, monotagliente; aveva descritto addirittura il manico di legno, marrone. Poteva dire di plastica o di qualsiasi altra cosa. “Marrone” poi, non… Intendiamoci, tutto è possibile, certo che sono dati impressionanti. E veniamo al discorso famoso di quando gli avvocati della difesa… Eh, è il loro dovere, giustamente, correttamente, hanno tutto il mio affetto, la mia simpatia e la mia stima gli avvocati di Vanni. Però… Poi faremo un discorsino anche su questo punto. Lì hanno cercato di dimostrare che il Lotti avrebbe collocato il Vanni, nel tagliare la tenda, sulla parte anteriore, diciamo quella che dà più verso la strada. Vi ricordate, c’è stata quella ricognizione, eccetera, eccetera. Ma secondo me Signori, o può darsi che abbia capito male io, io ho capito che il taglio è avvenuto dietro e lì è stata rappresentata la posizione, l’altezza. Però c’è un dato preciso su questo punto, l’avvocato Bertini fa una precisa domanda al Lotti e dice: “Quando lei ha visto il Vanni, il Vanni era di spalle, lei lo vedeva di spalle?” “No”. Sappiamo dov’era il Vanni… sappiamo dov’era il Lotti. Era nascosto, era praticamente… aveva davanti a sé la parte anteriore della tenda. Sulla parte posteriore c’è il taglio. Quindi il Vanni… quindi dice: “No, non lo avevo di spalle”. È chiaro, il Vanni era sulla parte posteriore, dove è avvenuto il taglio.” “E il Pacciani dov’era?” “Il Pacciani ce lo avevo di spalle”. Leggete: pagina 43, fascicolo 64. Quindi tutto guel clamore che si è fatto da parte della difesa – errore, è caduto – è un tentativo di mistificazione delle risposte di Vanni (N.d.t. Lotti), come spesso è avvenuto in questo processo. E affronteremo questo argomento sulle risposte di Vanni e perché Vanni… AVVOCATO: (voce non udibile) Lotti.
Lotti, pardon, di Lotti. Su Scopeti c’è un altro argomento importante. Vi ricordate come l’avvocato Filastò abbia insistito su questo punto: “Ma lei è sicuro che è avvenuto di domenica il delitto degli Scopeti? Lei non lavorava il sabato, può darsi che l’abbia commesso di sabato”, eccetera, eccetera. In effetti il dubbio era venuto anche nell’altro processo Pacciani, ma è stato completamente fugato. Non solo il Lotti è sicuro su questo punto. Il Lotti dice: ‘sì, son sicuro. Non so spiegare il perché, ma sono sicuro’. ‘È avvenuto un fatto particolare per cui lei sia sicuro?’ ‘No, no, non è avvenuto nessun fatto, sono sicuro’. Prima vi ho raccontato il confronto. Era sicuro perché, già durante il confronto fra Pucci e lo stesso Lotti era venuto fuori insistentemente la domenica, il giorno domenica. Ma poi è sicuro, lo sapete perché è sicuro? Perché questo delitto è avvenuto di domenica e lui c’era. Ecco perché è sicuro. E ce lo dicono ben tre testimoni, uno addirittura citato per errore dall’avvocato Filastò, quindi ex adverso addirittura viene fuori. Ha citato un certo Fantoni Marcello, una persona sbagliata come identità, come tutto; sta per andarsene via, Filastò lo fa di nuovo sedere e gli dice: ‘Ma lei, per caso, quella domenica dov’era?’ ‘Io, guardi che quei ragazzi li ho serviti io a tavola, quei due francesi’. ‘Ma è sicuro che fosse domenica?’ ‘Certo, perché il giorno dopo è stata data la notizia attraverso la RAI’. Il giorno dopo è lunedì e quindi non si può sbagliare. E quindi ecco perché è sicuro il Fantoni Marcello. E poi ci sono altri due testimoni che l’hanno visto la mattina: il Borsi e il Bonciani. Vogliamo prove ancora più precise di questo? Sono due galantuomini il Borsi e il Bonciani, perché hanno detto, quando sono venuti qui: ‘guardate, io non ricordo’. Sono stati contestati i primi interrogatori di dieci anni fa e là hanno chiaramente parlato di aver visto questi due ragazzi francesi – non è che penso in quella zona ce ne siano tanti – di questi due ragazzi francesi, poi, le cui foto sono state riviste… riportate sui giornali, eccetera eccetera.
E mi ha impressionato di Lotti, del racconto di Lotti, l’inseguimento del ragazzo. L’inseguimento del ragazzo. Avete visto, dice: ‘io sono mancino’, quindi faceva il gesto, ecco perché faceva il gesto con la mano… con la mano sinistra. Ma evidentemente l’ha abbrancato con la sinistra e poi lo ha finito col coltello. E qui c’è una rispondenza con la perizia medico-legale: l’ha colpito – lui lo dice, l’ha detto durante l’incidente probatorio – lo ha ribadito al dibattimento, lo ha colpito al collo e al petto. E Maurri ci dirà che questo ragazzo è stato colpito al collo e al petto. L’avvocato Filastò, giustamente, ha insistito tanto per la trascrizione delle intercettazioni telefoniche. Beh, grazie a Dio è stato ascoltato, anche se, come ripeto, la trascrizione delle intercettazioni telefoniche fra la Ghiribelli… fra la Nicoletti e il Lotti è identica al Brogliaccio, alla precedente trascrizione. Comunque, giustamente, formalmente è questo il documento utilizzabile, quello ovviamente trascritto, con la perizia di trascrizione. E qui, se voi leggete queste trascrizioni, io direi, basterebbe leggere queste trascrizioni per non andare oltre, perché, insomma: il Lotti c’era. E se il Lotti c’era perché dovrebbe accusare il suo migliore amico, il Vanni? Ci sono motivi di rancore nei confronti di lui? No, non è venuto fuori niente. Queste sono delle frasi interessanti perché 1’interlocutrice di Lotti è la migliore interprete, in quel momento, del senso, del significato delle parole di Lotti. Tant’è vero che dice: “Dovevi parlare prima. Dovevi parlare prima.” Lui poi dirà: “Io li ho visti, io c’ero.” – queste sono le frasi più significative – “C’ero, c’ero, c’ero. L’è stato tutto l’84 per me”, e vi ho spiegato il motivo, l’ho capito. E poi a tante altre frasi, ora… “Pacciani è furbo. Pacciani è fuori.” Purtroppo, in questo momento Pacciani è fuori dal processo e quindi non voglio insistere oltre su questo punto. “Io li ho riconosciuti, io li ho riconosciuti. Io li conoscei, io li conoscei, che gl’erano loro, Giancarlo.” eccetera eccetera. Quindi non sto a tediarvi ulteriormente su queste trascrizioni. Voi sicuramente le leggerete e darete il senso che queste trascrizioni ispirano. Io volevo un attimino e brevemente, signor Presidente, Signori della Corte, parlare di queste famose imprecisioni di Lotti. Io ho fatto una promessa prima, io sarei molto più preoccupato in senso contrario, se fosse stato estremamente preciso. Comunque, andiamo oltre. Il Lotti, secondo la mia opinione, ha una certa scaltrezza, perché il Lotti cerca, a un certo punto, di marginalizzare la sua posizione e lo fa da imputato. Non dimentichiamo che il Lotti è un imputato. Cerca di marginalizzare la propria posizione e, ecco, quando fa questo tentativo lì diventa impreciso. Ma quando invece accusa, noi abbiamo quel nocciolo duro su cui ha sempre detto la verità, ha sempre detto le stesse cose. Si può discutere se Lotti sia un collaboratore o non sia un collaboratore; sicuramente non è un collaboratore come potrebbe essere un pentito di mafia o un pentito di terrorismo, per un motivo molto semplice: perché il pentito di mafia o il pentito di terrorismo usufruisce di un diritto premiale che riduce la pena addirittura a un grappoletto di anni. Cioè, per esperienza si sa che persone accusate di gravissimi fatti, stragi, omicidi, eccetera, se la cavano con sette-otto anni di reclusione, dieci anni di reclusione. Questo non è il caso di Lotti. Per Lotti sono state chieste le attenuanti generiche e basta, come si chiedono in genere agli imputati che confessano o che collaborano.
(voce non udibile) È incensurato.
Avv. Giampaolo Curandai: È incensurato, fra l’altro.
(voce non udibile)
Avv. Giampaolo Curandai: Va be’, questo, ovviamente… per questi reati non credo che la censuratezza o 1’incensuratezza conti molto; però, ecco, questo fatto è importante. È importantissimo. Cioè, che sono stati chiesti 21 anni di reclusione. Per una persona che ha 60 anni, 21 anni di reclusione sicuramente costituiscono un quasi ergastolo, sotto certi aspetti. Sicuramente è una pena pesante. E io sono convinto anche che il Lotti, forse, possa sapere anche più cose di guelle che ha detto. Però io voglio riferirvi la mia esperienza professionale. Nella maggior parte dei delitti, soprattutto nei delitti di omicidio, non si conoscono mai esattamente le modalità esecutive di un determinato omicidio. L’importante è conoscere il sé, è conoscere l’autore attraverso quelli che sono gli elementi essenziali delle modalità esecutive di un delitto. Le minuzie e i particolari, soprattutto se si tratta di delitti di dieci-quindici anni fa, spesso rimangono assolutamente nell’ombra, nel mistero. Le imprecisioni di Lotti, secondo me, derivano proprio anche dalle sue… dalla lontananza nel tempo di questi fatti, dalla persona che è Lotti. E insomma, Signori, ma è umano non essere precisi su certi particolari di contorno. Io ricordo una cosa, che durante un convegno, a un relatore si avvicinò un signore che aveva il pizzo, aveva il pizzo questo signore, e allora il re… poi questo signore se ne andò. E allora il relatore chiese ai ragazzi che stavano ascoltando, all’auditorio, eccetera, dice: ‘ma quel signore, cosa aveva? Lo sapreste descrivere?’. E venne fuori, alcuni dicevano aveva la barba, altri aveva i baffi, altri che aveva i capelli lunghi, altri che aveva i capelli corti. Insomma, è venuto fuori tutta una diversità, una congerie di… Testimoniare non è facile, figuriamoci su fatti di tanti anni addietro. Prima di passare un attimo a un argomento che io ritengo centrale, cioè la personalità di Lotti, io vorrei trovare un’altra motivazione – oltre a quelle che ho già detto – sulle cosiddette imprecisioni di Lotti. Un’altra motivazione deriva proprio, signor Presidente, Signori della Corte, dal modo con cui sono state poste certe domande da parte della difesa di Vanni. Cioè, io non voglio parlare di assoluta scorrettezza, ma si tratta sicuramente di domande trabocchetto, di domande tranello nei confronti di un personaggio che, come vedremo, ha grossissime difficoltà espressive, ha grossissime difficoltà e anomalie personologiche. Per esempio, questa è una delle tante domande singolari – per usare un eufemismo – che sono state fatte al Lotti. Per esempio, a proposito di Giogoli, l’avvocato Filastò. Il Lotti dice: “Per l’appunto c’era un vetro opaco, sicché un si vedeva tanto bene dentro.” E Filastò risponde: “Però lei ha detto che aveva sparato contro il vetro. Lei ha detto che il vetro... allora è il parabrezza. Ma se ha parlato di vetro opaco, come può il vetro opaco identificarsi col parabrezza? Che si guida al buio? Sapete cosa risponde? “Sì. “ Il Lotti risponde sì; poveretto, risponde sì. Questo è il Lotti. Anche di fronte a una domanda assurda, risponde in modo assurdo. Ecco una delle tante imprecisioni di Lotti. Ma sono imprecisioni, sono contraddizioni, assurdità artatamente provocate su un soggetto, come vedremo, del tutto particolare. Queste sono le domande della difesa, questo… come si è letto, Lotti, Lotti qui, Lotti cade in contraddizione. È questa la contraddizione. E ce ne sono tante altre di contraddizioni di Lotti. Tant’è vero che qui poi interviene anche il Presidente, su questo punto, lo leggerete; questo si trova: fascicolo 57, pagina 106. Altro, andiamo avanti. Per esempio, a proposito degli Scopeti il Filastò chiede l’ora e il Lotti non sa rispondere l’ora del pomeriggio passarono per gli Scopeti. E allora Filastò insiste, dice: “Lei ha detto che era arrivato verso le quattro e mezzo”. Ma quando l’ha detto? Tant’è vero che poi interviene il Pubblico Ministero qui, proprio, come si dice, a brutto muso: “Ma ora mi permetta…” eccetera, eccetera, eccetera. Andiamo avanti. A proposito del ragazzo francese, non si chiede – e qui lo posso capire il Filastò, forse l’avrei fatto anch’io al posto suo – non si chiede: era vestito o non era vestito il ragazzo? Il Filastò gli chiede: “Come era vestito?” Per farlo cadere in un tranello, ovviamente. E però qui non ci casca il Lotti, perché dice: “Mi pareva un’avesse niente.” Poi dirà, che forse su insistenza ha dovuto dare il contentino a Filastò, ha parlato di pantaloncini. Altro, poi, sempre Filastò: “E quindi Pacciani ‘vai giù’ quante volte gliel’ha detto?” E lui risponde in un certo modo. E l’altro: ‘vai giù, vai giù, vai giù’, alla fine interviene anche il Presidente: “Ma non si possono fare le domande quaranta volte. Dobbiamo documentare” – dice il Presidente “quello che dichiara e basta. E passare oltre.” È questo l’esame di Lotti da parte dell’avvocato. Altri esempi, altri esempi. Qui interviene addirittura l’avvocato Bertini: “Io li ho visti”, dice l’avvocato Bertini. Perché il Filastò in quel momento leggeva un’intercettazione telefonica, leggeva la famosa intercettazione telefonica Nicoletti-Lotti. Però in quel momento il Filastò leggeva una parte della risposta di Lotti e allora il Bertini gli dice: “Guardi, avvocato Filastò, legga tutto, perché se lei va avanti c’è scritto anche: io li ho visti, io li ho visti”, pagina 93, fascicolo 61. E lì viene fuori una bagarre. Ma la vera e propria bagarre poi verrà fuori dopo, successivamente; ne parlo fra un secondo. Altra scorrettezza. Poi, dunque, si va oltre. Scusate se sono un po’ minuzioso, ma credo che sia importante anche per comprendere il perché il Lotti sia caduto in certe contraddizioni. L’avvocato Mazzeo gli chiede, chiede al Lotti: “Quale era lo scopo di queste escissioni, lo sapeva lei?” “Sì, lo sapevo, sì lo sapevo”, risponde. Poi gli fa tutta una serie di domande, gli fa tutta una serie di domande e poi a pagina 29, fascicolo sempre 62, gli fa ancora la stessa domanda: “Sì, lo sapevo”, risponde Lotti. E Mazzeo risponde:“Oh, visto che l’ha detto ora per la prima volta.” Ma come l’ha detto ora per. la prima volta, l’ha detto già tre volte in precedenza. Questo modo di interrogare, secondo me, è estremamente singolare. E qui che viene fuori poi la bagarre. Che viene fuori, come ripeto, quell’attacco assolutamente gratuito e ingiusto nei confronti dell’avvocato Bertini. E mi sia consentito di spendere una parola, perché qui sono stati attaccati tutti, giudici, Pubblici Ministeri, avvocati e in particolar modo l’avvocato Bertini, un professionista estremamente serio, che ha un compito gravissimo. È stato nominato di ufficio; un ruolo importantissimo che sta svolgendo con assoluta dignità. Perché questo attacco nei confronti dell’avvocato Bertini? Assolutamente incomprensibile. Su questo punto c’è stata fortissima delusione da parte mia. E ho capito perché si è riscaldato in quel momento l’avvocato Filastò, l’ho capito. Giustamente – fascicolo 59, pagina 13 – è stato colpito in uno dei punti più importanti dell’accusa e più deboli per la difesa. E l’avvocato Bertini, infatti, gli dice: “Ma avvocato Filastò, ma lei non gli contesti al Lotti i primi interrogatori, perché il Lotti del dibattimento non è il Lotti dei primi interrogatori, è il Lotti degli ultimi interrogatori, perché solo da settembre-novembre il Lotti si è deciso di dire quelle cose che poi ha confermato in sede di incidente probatorio e in sede dibattimentale.” E qui è successo il putiferio. È stato colpito nel vivo e qui c’è stata una reazione ingiustificata e ingiustificabilissima esecrabile, da parte dell’avvocato Filastò nei confronti dell’avvocato Bertini. Perché se il processo è anche un duello – scusate questo termine – ad armi pari, ma che sia un duello leale. E soprattutto risparmiamoci gratuite offese nei confronti di un avvocato estremamente giovane, molto più giovane di lui che, al contrario, andrebbe incoraggiato in questa sua delicatissima funzione. E non vado oltre per quanto riguarda queste scorrettezze, perché ho l’impressione di tediare la Corte.
Però mi consentirete, signor Presidente e Signori della Corte, di soffermarmi il dovuto sulla personalità di Lotti. Io sono rimasto, fra l’altro, impressionato da un teste a cui è stato sottoposto il Lotti; sapete, quello delle tavole. Le tavole rappresentano varie figure e bisogna dare un”interpretazione. E a pagina 29 – si chiama TAT, T, A, T – a pagina 29 della consulenza del professor Fornari, che è un luminare in guesta materia, come voi sapete, vedi il processo Stevanin, eccetera e tanti altri: Tavola numero 15: Il Lotti identifica – in una croce – un uomo che guarda. Tavola 17: il Lotti identifica un uomo nudo che fugge. Poteva identificare tantissime altre cose; evidentemente, secondo la mia opinione, ha identificato ciò che si è radicato nel proprio subcosciente. E terzo fatto veramente impressionate a proposito della tavola 13: “Negazione della componente violenta, spesso identificata in uno stupro.” In alcuno di questi delitti vi è stupro. Pensate che coincidenza. Ed allora, aquando il professor Fornari ci va a delineare la personalità di Lotti, noi dobbiamo stare molto attenti, perché qui si dicono delle cose veramente importanti, perché si parla di una compatibilità fra la personalità del Lotti e il tipo di delitto, e i tipi di delitti. Anzitutto, il professor Fornari parte dalla figura astratta del “mostro di Firenze”, quale fu delineata dai periti di Modena, veramente in epoca non sospetta, dieci-quindici anni fa, quando ancora si parlava del serial killer. Si parla di: “iposessualità, difficoltà nel rapporto con il sesso femminile, gravi problematiche personologiche”. E tutto questo è stato riscontrato in Lotti e tutto questo si afferma nella consulenza del Lotti. Cosa dice Fornari? Fornari dice: “Disturbi sessuali che entrano nella dinamica dei delitti del mostro”, queste cose le ha dichiarate al dibattimento. “Voyeurismo, passività mite ma al momento stesso anche persona irritata e irritabile. Tant’è vero che quando l’hanno stuzzicato sul Pacciani ha preso fuoco e ha detto: ‘se Pacciani alza il tiro lo alzo anch’io’. Astuto, paura del Pacciani, assenza di empatia.” C’è anche un “freddo”. “È un fréddo”. E su questo punto c’è la testimonianza di Butini, il quale dice che era ‘una persona capace di stare in silenzio senza dire una parola per quattro o cinque ore. “Una persona fredda, con una certa dose di cinismo” – e soprattutto – “non è un mitomane, al contrario, è la figura contraria del mitomane: il reticente.” Il mitomane non è un reticente. Ma mi ha impressionato, come ripeto, soprattutto questa compatibilità, questo rapporto difficile con le donne, con il sesso femminile. E guardate che in Vanni ritroviamo le stesse caratteristiche, rapporto con l’altro sesso difficile anche in Vanni, perché le due persone veramente perverse, in guesto processo, profondamente perverse, sono Vanni e Lotti. Rapporto difficilissimo con l’altro sesso. E quindi, come dirà poi e come aveva detto e come ci dirà al dibattimento Perugini: “Avversione verso il sesso femminile, ma soprattutto avversione verso la coppia felice e quindi che va colta e distrutta nel momento dell’orgasmo.” Questo ci dice il professor Fornari. Questo ci ha detto anche lo stesso Perugini. È una domanda mia: “Cosa intende per avversione?” “Questo, tant’è vero che si separa l’uomo dalla donna, per gelosia.” Avversione verso una coppia felice. L’altra caratteristica che noi riscontriamo in ambedue è il cinismo, è questa chiusura. Del cinismo di Lotti ha parlato il professor Fornari e ce ne siamo resi conto anche noi. Di Vanni ne parla il Nesi. Il Nesi racconta un episodio sconcertante. Dice: “Con il Vanni ci trovavamo tutti e due in Questura e stavamo esaminando 1’album fotografico ritraente i due francesi, i due poveretti massacrati. Io ho avuto un momento di sgomento, mi son messo addirittura le mani sugli occhi. Sapete il Vanni che cosa ha detto e cosa ha fatto: ‘bah, un son mica parenti miei’.” Sconcertante. Quindi, cinismo sconcertante. Il Vanni che è rifiutato dalla moglie, che è rifiutato dalle prostitute, dalla stessa Ghiribelli, addirittura, quindi… E lo stesso, forse lo stesso giorno del delitto viene rifiutato dalla Ghiribelli. C’è quindi questo senso di estrema frustrazione, di questo senso di aggressività a lungo contenuto e poi sfogato nell’atto, in questo atto criminale. E io ho assistito ad altri processi del genere, sotto altri… vi ricordo il caso Francalanci quest’uomo solo, emarginato, che non aveva rapporti con le donne, che era affetto da “impotentia coeundi”, che a un certo momento per strada estrae una pistola e spara contro una donna. Me lo ricordo questo processo, ero all’inizio della mia modesta carriera insieme al Pubblico Ministero dottor Vigna. Altro delitto, però la radice, la tematica è la stessa, è la stessa: questa nevrosi, questa rabbia, questa frustrazione di natura sessuale a lungo contenuta che si scarica in questo atto. E qui c’è una frustrazione di gruppo ancora più grave, ancora più micidiale, come appunto i fatti dimostrano. Il Vanni che ci viene a dire: ‘sono un uomo mite e buono’. Ma poi sappiamo che è stato incarcerato per avere gettato la moglie giù per le scale, incinta. E io, dico la verità, mi troverei come difensore, come avvocato, in grave difficoltà a difendere un uomo che ha gettato la moglie, incinta, per le scale. Perché si può difendere benissimo un uomo accusato di maltrattamenti in famiglia, di qualsiasi cosa, anche di colluttazione con la moglie; sono casi, diciamo, abbastanza ordinari. Ma questo fatto, questa violenza contro una persona incinta, incinta di diversi mesi, sette-otto mesi credo… Un Vanni che dice di essere un uomo mite e buono e poi, secondo la testimonianza di Pucci, gira con questo coltellaccio per Montefiridolfi e dice: ‘voglio uccidere qualcuno’. Testimonianza di Pucci. Un uomo buono e mite che scrive tutte quelle lettere minatorie dal carcere. C’è una relazione della Polizia. ‘Ve la farò pagare, farò qui e farò là’, eccetera, eccetera. Quindi, Lotti e Vanni che hanno queste caratteristiche comuni del rapporto difficile con le donne e il cinismo. Io sono andato più in là, per quanto riguarda la violenza di Vanni, e ho attaccato questo argomento parlando anche di Lotti. E sulla violenza di Lotti ne parla anche Pu… di Vanni ne parla anche Pucci, quando dice: ‘mi facevano paura questi due tipi, il Pacciani e il Vanni. Mi facevano paura, erano due tipi troppo violenti’. Testimonianza di Pucci. Presidente, io ho ancora alcuni argomenti da sviluppare, non so se si può fare una piccola sospensione e poi concluderei…
Presidente: Un quarto d’ora di sospensione. Va bene.
Avv. Giampaolo Curandai: La ringrazio tanto, Presidente.
Presidente: Prego.
Avv. Giampaolo Curandai: Grazie, signor Presidente e Signori della Corte. Io farò di tutto per accelerare i tempi e concludere nel più breve tempo possibile. Quindi abbiamo visto due argomenti importanti, a mio avviso, di questo dibattimento: l’origine di Pucci e Lotti; e il secondo argomento, il Lotti, argomento che ho cercato di tratteggiare, di variegare sui singoli fatti e sulla personalità di Lotti. Adesso passiamo al terzo argomento che proviene da una norma di legge, all’articolo 192, per cui la chiamata in correità deve essere valutata unitamente ad altri elementi di prova. Questi altri elementi di prova ci sono in questo processo e sono abbondanti. L’Illustrissimo signor Pubblico Ministero, che mi ha preceduto, ha fatto tabula rasa di questi argomenti, così come anche gli avvocati di parte civile. Il mio compito pertanto è alleggerito e cercherò, pertanto, di sintetizzare su questo punto; sempre cercando di dire qualcosa di nuovo, qualcosa di integrativo sennò il mio compito sarebbe inutile. Allora, vi hanno parlato dei consulenti, vi hanno parlato dei periti e vi hanno parlato dei testimoni, a conforto delle dichiarazioni di Lotti. Tuttavia non è stato ancora accennato ad alcuni testimoni che, secondo me, sono molto importanti. Brevemente – sono pochi – ma mi consentirete di fare un breve cenno. Allora, il primo, a parte la Bartalesi Alessandra, su questo si è detto tutto, tranne la famosa frase che lei avrebbe, appunto, recepito dal Lotti. “Quando ci sono io, stai tranquilla che il mostro non c’è”. È una frase a cui bisogna dare il valore che ha, ad colorandum, però nel contesto di tutta la testimonianza di Bartalesi anche questa frase può assumere un certo rilievo. Ovviamente la difesa di Vanni è estremamente agguerrita e potete stare tranquilli che l’avvocato Filastò e l’avvocato Mazzeo sicuramente affileranno le loro armi e vi diranno cose contrarie a quelle che vi stiamo dicendo noi e cercheranno di capovolgere la situazione processuale. È per questo che io, oggi, cerco di compiere il mio dovere in modo scrupoloso, perché si parla una volta sola, poi non parlerò più, purtroppo. Anzi, per voi forse è meglio. L’altra testimonianza è quella di Butini. Il Butini ci parla di Lotti perché è amico di Lotti. Ora io non voglio entrare nella omosessualità, tutti questi fatti privati, per delicatezza, eccetera, eccetera; però il Butini, signori, ci dice una cosa estremamente importante. Ci dice, il Butini – e questa va sottolineata a spada tratta, come si dice “Il Giancarlo litigò violentemente con Vanni e disse a questi: ‘se parlo io, tu stai più fermo’. Questo episodio è avvenuto davanti al bar Sport di San Casciano”, dice il Butini. “Ora, alla luce dei nuovi fatti ho ricollegato la frase detta da Giancarlo a Vanni…”, eccetera, eccetera, eccetera. “Il litigio, per come ho saputo, si è verificato davanti alla porta di ingresso del bar.” “Per come ho saputo”, lui dice di averlo saputo da un certo Marco. Signori, ma vi rendete conto che in questo paese, San Casciano, molte persone erano a conoscenza anche di questo episodio e nessuno ha avuto il coraggio di riferirlo, tranne che il Butini! Ma come è possibile non parlare di omertà di un paese, su questo punto. Di un paese che forse ha taciuto per tanti anni, che forse conosce anche in questo momento la verità. Non voglio andare oltre su questo punto, perché offenderei le vostre intelligenze. E poi c’è, Presidente, a me risulta… Io non so, veramente mi sento sgomento di fronte a certi episodi, anche investigativi. La Gracili, la Gracili che viene sentita – è un’avvocatessa, fra l’altro – viene sentita in 10 settembre dell’85, subito dopo Scopeti. E le sue dichiarazioni non vengono messe a verbale. Addirittura, si fa una specie di appuntino, di appunto; un piccolo appunto che viene fatto dal maresciallo dei Carabinieri credo di San Casciano. Un piccolo appunto in cui si dice che lei ha visto una FIAT 128 rossa, ultimamente, quindi prima del delitto. Ma come, non si mette a verbale questa dichiarazione? Poi come si può pretendere che, a distanza di dieci anni, questo teste ricordi perfettamente? Ma purtroppo – e qui ci sarebbe da aprire una lunga parentesi, ma io la paro e la chiudo quasi subito – purtroppo di lacune investigative, a livello, parlo, di organi periferici investigativi, ce ne sono state tante, tantissime. Caini e Martelli, i famosi signori della fonte, che vedono, guarda strano, la macchina bianca e la macchina rossa, nella stessa successione: bianca e rossa, con cui l’ha viste la Frigo. E come, non si mette a verbale nulla? Pasquini e Bartolini che hanno visto il sangue, lungo quel tratto di strada antecedente alla piazzola di Vicchio. E non si mette niente a verbale su questo punto. Della Frigo vi ha già parlato il Pubblico Ministero e così io chiudo subito la parentesi. Quindi, non ci si deve meravigliare se la verità è venuta fuori con difficoltà e se ci sono state delle lungaggini, se siamo arrivati troppo tardi anche con Pacciani. Perché queste erano le indagini; questo era il modo di gestire queste indagini da parte delle Autorità investigative, soprattutto periferiche. Altro teste che mi ha veramente inquietato, che mi ha veramente sconvolto, è il Nesi; di questo vi ha parlato il Pubblico Ministero. Il Nesi, grande amico di Vanni. Ne raccoglie le confidenze, tant’è vero che anche quando è venuto a testimoniare poi è sceso, dopo la testimonianza, è andato da Vanni: ‘su, di’ la verità, deciditi’, mi sembra che abbia detto una frase del genere, eccetera. C’è stata questa confidenza fra lui e Vanni anche qui, al dibattimento, davanti alle Signorie Loro. Di Nesi ha già parlato abbondantemente il dottor Paolo Canessa; io vi riferisco solo una frase che è stata contestata e quindi è a verbale: “Quando Vanni sbiancò, pensai che anche Vanni aveva fatto quei delitti. Anche perché, nei vari discorsi sul Pacciani, il Vanni mi aveva detto in qualche occasione che con Pacciani avevano fatto cose brutte, cose che non vanno bene.” E poi c’è l’episodio dell’album fotografico e via discorrendo. Non voglio ripetere argomenti già trattati.
Per me è un teste importante in questo processo, signor Presidente e Signori della Corte anche il Perugini, eh. Il Perugini è un teste importantissimo. Perché ci fa un po’, a parte tutto l’iter storico di tutte queste inchieste che il Pubblico Ministero ha diviso in tre parti – autore ignoto, processo indiziario, processo a prova diretta – ma ci dice, per esempio, una cosa importante: i ritagli di giornale. Lui aveva detto che il “mostro” – allora si parlava veramente di “il mostro di Firenze” – che il “mostro di Firenze” è solito conservare dei ritagli di giornale. Ora, io non voglio ovviamente apparire come colui che porta qui prove nuove o il cosiddetto coniglio dal cappello, ma io credo di fare una discussione proprio a livello cartaceo, quindi scientifico. E non posso non ricordare in questo momento il famoso giornale che è stato sequestrato a Vanni. Cioè io ho chiesto… Vanni purtroppo non si è sottoposto a esame, però ho dovuto, sono stato costretto a fare questa domanda un po’ riservata alla sorella di Vanni: ‘il Vanni era solito… che tipo di giornali era solito leggere? Leggeva anche giornali extra cittadini, non so, La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Messaggero?’. Non ha saputo rispondere, ma evidentemente il Vanni, se leggeva gualche giornale, penso che leggesse i giornali locali. E nella sua abitazione è stato trovato, è stato sequestrato II Messaggero di Roma del 7 maggio ’95. È un verbale di perquisizione personale, quindi è in atti, lo posso leggere: “Quotidiano, questo, conservato in un mobile del salotto e recante un articolo sui ‘compagni di merende’. Si precisa che tutti gli altri giornali del Vanni erano conservati in uno stanzino adibito a ripostiglio.” Quindi, è strano che compri un giornale non cittadino, Il Messaggero; ma vi immaginate il Vanni che va a comprare II Messaggero di Roma? Mah, non lo compro nemmeno io II Messaggero di Roma, e qui è stato trovato II Messaggero di Roma e conservato in salotto. E il Perugini ci dice che probabilmente gli autori di questi delitti conservano, tendono a conservare i ritagli. Sarà, anche questo, un ritaglio, un particolare, ma ho il dovere di riferirlo perché a me personalmente ha impressionato. E poi il Perugini è importante perché ci parla dello scopo di queste escissioni, di questa avversione; ci parla di possibili chiavi di lettura che anche allora emergevano. Ha detto: “Noi non escludevamo altre possibilità”, anche perché loro si chiedevano : ma è possibile che non ci sia mai un testimone? Ora si capisce perché non c’è mai stato un testimone, perché il Lotti ha svolto la funzione di palo. Si diceva: possibile un serial-killer… vengono commessi otto delitti da una sola persona e non c’è mai un testimone? Perché c’era il palo, e il palo è il Lotti. Ecco che gli interrogativi che si poneva il Perugini hanno trovato risposta in questo processo. E poi si chiedeva, il Perugini: sopralluogo; ma è possibile che non sia mai stato fatto il sopralluogo? Forse è stato fatto con una donna, ipotizzava. La Nicoletti. O forse è stato fatto con altre persone, è stato fatto da persone diverse dal “mostro”. Ecco che fin da allora si ipotizzavano anche versioni alternative. Il Perugini ha poi aggiunto che avevano indagato anche sul Vanni e sul Lotti e ha poi aggiunto che la sua metodologia di indagine è diversa da quella del dottor Giuttari. Sono due metodologie diverse. Quella di Perugini è oggettiva, che si va avanti se si trovano elementi oggettivi. E siamo andati avanti contro Pacciani perché si è trovato il proiettile, sennò forse non si andava avanti nemmeno contro Pacciani. Il Giuttari, invece, ha una metodologia soggettiva. È chiaro che Perugini ha riconosciuto che bisogna anche avere fortuna, ovviamente, evidentemente; ecco, perché vi ho spiegato all’inizio come vengono fuori tutti quegli elementi: la Nicoletti che chiama Lotti, Lotti che chiama Ghiribelli, Ghiribelli che chiama Pucci. Il Perugini ci ha parlato di un episodio riferito dalla Sperduto, cioè la rabbia di Pacciani nel vedere le coppie lì, felici, lì a Scopeti. Dimostrava una grande rabbia, dice la Sperduto. Il Perugini ci ha parlato che, durante le intercettazioni telefon… ambientali, pardon, in casa di Pacciani, il Vanni e il Pacciani si sono visti almeno una volta fuori, perché già erano iniziate le perquisizioni; già si sospettavano le intercettazioni e non si vedono mai in casa: si vedono fuori. E poi, fra l’altro, ci ha parlato che alla base, una costante di questi autori, potrebbe essere il vandalismo, l’incendio. E ci ha detto che anche il Lotti, lo sappiamo, il Lotti si è reso responsabile, fra l’altro, di un incendio. Ora, questi possono essere anche tutti particolari, però erano particolari insignificanti allora; ma oggi, alla luce delle nuove conquiste di indagini, alla luce della nuova ricostruzione sulla base di prova diretta, noi diciamo che queste ipotesi di Perugini non erano delle fantasie. Altro testimone – l’ultimo che cito, poi non ne cito più – è Ricci Walter. Ricci Walter ci parla di un Vanni che aveva paura di Pacciani perché il Pacciani, dice, aveva, teneva in macchina quel pistolone. E state attenti, che il Ricci Walter è l’unica persona dell’ambiente omertoso di San Casciano che ci parla di guardoni. Cioè, dice: ‘Lotti, Vanni e Pacciani eran dei guardoni’. È l’unico che ce ne parla, è l’unico che lo dice a chiarissime note. Altro teste importante, ovviamente, è anche il nostro Pucci. Anche qui stesso concetto. Il Pucci, sul nocciolo duro dice… le cose essenziali, le dice, ve l’ha piegato il Pubblico Ministero: il Vanni col coltello; poteva dire il Pacciani col coltello. Ha detto: il Vanni col coltello, il Pacciani con la pistola, il taglio dal basso verso… e poi un altro particolare, che ancora non è emerso e che voglio sottoporre alla vostra attenzione. Il Pucci ci parla anche di un motorino, il giorno del delitto degli Scopeti, quella domenica. Ci parla di un motorino, appoggiato a un albero o a un muro; in questo momento sinceramente non ricordo. E sapete chi parla di un motorino? Un’altra persona che era andata lì quel giorno: la Carmignani Sabrina. Parla di questo motorino. Quindi, il Pucci trova riscontro in Carmignani Sabrina, sul motorino, sulla presenza di questo motorino. C’è una sola differenza, che secondo me forse non ha poi un gran rilievo: la Carmignani o il Pucci, non ricordo, parla di un motorino appoggiato al muro, al muretto, a un muretto; e l’altro parla appoggiato a un albero. Insomma, non credo che sia una divergenza estremamente importante. Di un Pucci, vi ha già parlato il Pubblico Ministero, di un Pucci terrorizzato da Vanni e da Pacciani; di un Pucci il quale dice: “Un mio amico mi invitò al processo Pacciani e io non ci volli andare perché ero terrorizzato.” E a me, in particolare, mi ha sconvolto la sicurezza con cui il Pucci, offeso dal Vanni in aula – che giustamente ha reagito, dal suo punto di vista, verso queste accuse e su questo punto vi parleranno ad abundantiam gli avvocati di Vanni e sentirete le loro campane – però il Pucci io vi dico che ha reagito bene, perché a un certo momento, con estrema sicurezza gli ha detto: “E tu c’eri, e tu c’eri, vai, te lo dico io. Tu c’eri.” Mi ricordo ancora l’espressione del viso: “E tu c’eri, ti c’eri te, stai tranquillo, te lo dico io. E io dico la verità.” E che lui dica la verità, no dica mai bugie – e su questo non possiamo ovviamente mettere una mano sul fuoco come Muzio Scevola – però c’è la testimonianza dei parenti su questo punto. E’ un tipo chiuso, quando parla non è capace di dire le bugie o di dire grosse bugie. Il professor Fornari di Pucci ci dice che è una persona sana di mente, che è una persona che non ha particolari infermità mentali, che è una persona non mitomane, certo è un sempliciotto e che non ha neppure un grave ritardo mentale. È una persona compos sui, lucida, capace di… e soprattutto non è un mitomane, è il contrario del mitomane. Perché in questi processi il pericolo è la mitomania. Ma ci sono dei consulenti psichiatrici che vi dicono: ‘questi due personaggi sono tutto fuorché mitomani’. Ma cosa vogliamo più di così? Che cosa ci ha detto su questo punto la difesa, oltre ad arrabbiarsi, a scagliarsi contro tutti e contro tutto in questo processo. Ma, Signori, vogliamo trascurare le testimonianze dei parenti di Pucci? Ma insomma, ci sono tre persone, tre galantuomini, Fanfani, Pucci Valdemaro, Pucci Marisa, i quali hanno detto: il nostro fratello ci ha detto ‘io ho visto tutto; io ho visto tutto’. E la Fanfani ci dice anche in che frangente: TG1 del 13 febbraio, giorno in cui viene annunciata l’assoluzione di Pacciani. E allora c’è da porsi una sola domanda in questo: forse sapevano già, forse aveva già parlato, il Pucci; forse questi parenti sapevano già qualcosa. E un sospetto ci può essere, vero? perché se voi andate a esaminare cortesemente la consulenza su Pucci, allora esaminerete le dichiarazioni di Pucci Marisa, di Pucci Marisa, la sorella. Dice: “Il signor Vanni sarebbe da tempo conosciuto dall’intera famiglia Pucci come postino del paese ed era un collega del marito di Pucci Marisa e un amico di famiglia…”. Il Vanni era un amico di famiglia dei Pucci. “E la signora afferma più volte la volontà” – ecco qui, ecco qui l’omertà familiare – “afferma più volte la volontà del nucleo di non arrecare danno a persone che da tempo si conoscono”. È il timore della donnina di paese che ha paura, che spera sempre nell’innocenza di tutti. O che preferisce la strada del silenzio, perché è la strada più comoda, più tranquillizzante, soprattutto nei paesi, o nei paesoni, o nei paesini del nostro entroterra toscano. Quindi, niente di più probabile che forse sapessero già fin da prima. Io non lo voglio pensare, non lo voglio dire, ma purtroppo il sospetto c’è, perché queste confidenze sono state fatte da Pucci Marisa al professor Fornari. Oppure c’è un’altra versione, che forse non è meno infondata ed è di natura psicologica. E cioè il Pucci ha sempre avuto, lo ha detto lui, il terrore di Pacciani. Il Pacciani finché è stato in galera, nessun problema. È in galera dall’87. Al TG1 viene a sapere che il Pacciani è stato assolto, il Pacciani deve esser scarcerato. Io credo che questa persona, fragile, debole, abbia avuto un’esplosione dì terrore in quel momento e gli sia scappato detto: ho visto tutto. Ho visto, so. Dio buono, il Pacciani torna fuori, so’. Ecco il fatto emotivo. Perché finché il Pacciani… il Pacciani è stato dentro fin dall’87. E quindi il Pacciani fuori lo può terrorizzare. Io dico, concludo con questa considerazione: erano amici di famiglia di Vanni – l’hanno coperto, non l’hanno coperto, non lo so – però, proprio perché erano amici di Vanni, nel momento in cui fanno, questi familiari di Pucci, dichiarazioni contro Vanni sono a maggior ragione credibili. Eh, se hanno coperto tutto o se non hanno detto tutto perché erano amici di Vanni, o per il solo fatto di essere amici di Vanni, se accusano il Vanni sono credibili, a quel punto. Quindi il Pucci va esaminato, e vi prego di esaminarlo, anche e sopratutto alla luce delle testimonianze dei parenti. Questo è già stato detto, va bene… Allora, io a proposito di Vanni, che è il mio quarto argomento, ho già parlato del giornale II Messaggero, del coltello ne ha già parlato il Pubblico Ministero. Io vorrei accennare a quella tesi dei periti di Modena sulla famosa altezza dell’uomo che praticamente ha lasciato alcune impronte sullo sportello di destra della macchina di Vicchio, dei due ragazzi. Si parla di un uomo alto fra l’l,80, l’l,85. E cosa ci dice il Lotti? Che, a estrarre il corpo da quello sportello, è stato il Vanni. E il Vanni è alto 1,80-1,85. E questo è stato ipotizzato già da questi periti di Modena fin dal 1985. Poi, signor Presidente, Signori della Corte, voi esaminerete gli interrogatori di Vanni. E mi ricordo che il maestro del dottor Canessa – perché anche il dottor Canessa credo abbia avuto un maestro, è il dottor Fleury. Bravissima e intelligentissima persona – mi ricordo, durante un’udienza disse: guardate, signori – rivolgendosi alla Corte di Assise – che le prove più gravi, gli indizi più gravi spesso provengono proprio dall’interno dell’imputato, anziché dall’esterno, dai dati oggettivi. Se voi andate ad esaminare le dichiarazioni di Lotti Vanni – (ndt), ma Lotti (Vanni – ndt) ha detto una caterva di menzogne spudorate da fare, da impressionare veramente. Io ora capisco per quale motivo non si è fatto esaminare, perché sicuramente avrebbe aggravato la propria posizione. Ma insomma, inizia già male l’interrogatorio dicendo: ‘io, “Torsolo”? E chi…’ ‘No, lei, il suo soprannome è “Torsolo”.’ ‘No, no’ – dice – ‘a me mi chiamano “Cambroni”.’ Si vada a leggere le dichiarazioni di Sabrina, di Carmignani Sabrina, che è ima giovane ragazza di San Casciano e ci dice che il cognome di lui è “Torsolo”. Perché lui dice: ‘”Torsolo” mi chiamavano da piccolo’. No, “Torsolo” ti chiamano anche ora, perché lo dice una ragazza di 18 anni che ti chiami, che a San Casciano tutti ti chiamano “Torsolo”. Quindi si incomincia già male, si incomincia già male. E quindi… E poi si va avanti. E poi la cosa… Per esempio, lui dice di non essere mai stato a Scopeti. E viene smentito dalla Carmignani, perché ce lo ha visto a Scopeti. Lui dice, per esempio, in un altro interrogatorio, più avanti, sempre nell’interrogatorio davanti al Gip, dice di essere andato una sola volta davanti alla Ghiribelli, dalla Ghiribelli. E poi si smentisce. Successivamente, vista la malaparata, dice: ‘no, no, non ci sono andato dalla Ghiribelli’. Prima dice di sì e poi dice di no. E poi, a proposito del Lotti – e qui è lo sgomento: “Lei lo conosce il Lotti?” “Lo conosco appena.” Ma come, si conoscono da 25 anni, hanno abitato più di 10 anni nella strada, dice: “Lo conosco appena.” Perché mentire? Perché mentire? E poi altre cose. Dice di non aver frequentato Faltignano. E invece ci sono tanti testimoni che lo dicono. E poi, addirittura, sempre su questi argomenti, ci sono le testimonianze, viene contestata la testimonianza di Ricci Walter sulle sue frequentazioni di Pacciani e di Vanni.
E, a proposito della lettera, sapete cosa dice? ‘Mah, la lettera, la lettera inviata dal Pacciani a me, parlava… Pacciani parlava delle figliole. Dice, aveva paura, parlava delle merende, delle figliole. . . ‘ Guarda, risposta di… Allora giustamente il Pubblico Ministero gli contesta: ‘ma come, se parlava delle figliole e delle merende, che motivo c’era di preoccuparsi tanto per questa lettera? Che motivo c’era di andare eventualmente dai Carabinieri, o di andare da un avvocato?’ Eh, invece il Nesi ci dice, e tanti altri testimoni, ci dicono che quella lettera parlava di cose molte brutte. Ma perché negare questo? Perché negarlo? E allora tanto è vero che, a un certo momento, interviene il difensore di Vanni e gli chiede: ‘ma scusi, Vanni, il Lotti lei… fra lei e il Lotti che rapporti c’erano? C’è del rancore nei conf… Perché il Lotti lo accuserebbe? Il Lotti ha del rancore verso di lei?’ E lui risponde: ‘no, a me un mi risulta che c’ha…’, ecco, forse l’unico grande sprazzo in cui dà una risposta – e non poteva fare diversamente – è questa. Anche sulla piazzola famosa: sì, è vero, lui ammette la piazzola. Dice: ‘sì, io… Lotti mi parlò della piazzola, mi parlò di non dire niente mentre eravamo al bar’. Poi interviene l’avvocato Pepi e fa sospendere l’interrogatorio. Visto la malaparata fa sospendere lì. Rileggete la pagina successiva, pagina 6: viene sospeso l’interrogatorio. Quando il Vanni forse stava per dire qualcosa, forse per cedere… viene sospeso 1’interrogatorio. E, tanto è vero che, nell’interrogatorio successivo, sapete cosa dice il Vanni? Interrogatorio del 15 luglio del ’96, dice: “No, io no, io il Lotti della piazzola non me ne ha mai parlato”. Ecco, ha fatto un passo indietro. Ma per quale motivo? Se non hai da temere nulla, perché prima dici una cosa e poi ne dici un’altra? , E quindi, voglio dire, tutte queste contraddizioni non depongono, non depongono a favore di Lotti. E poi ci sono queste lettere minatorie, c’è un rapporto della Polizia. Insomma, qui si parla a spada tratta di minacce: ‘quando tornerò, te la farò pagare, ci penso io al Pucci di Monte… Me la pagheranno, va be’, questo può derivare ovviamente da vari motivi, non è un elemento di prova. Certamente la grande quantità di queste lettere dimostra ovviamente un carattere non certo mite, non certo, né certo buono. Dunque, vado, signor Presidente, verso la mia fase finale che sono poi ovviamente le mie conclusioni. Del patrimonio di Pacciani ve ne ha parlato specificamente ieri il Patrizio Pellegrini; io voglio solo sottolineare una cosa che non è stata, a mio avviso, messa in rilievo: che cioè, proprio nel periodo ’81-’87, ci sono questi circa 158 milioni e non c’è nessuna entrata, non c’è nessun segno di entrata, né a livello di diritto successorio, niente. Nessuna entrata. Sia ben chiaro, non è che abbia acquisito questi, con delle giustificazioni. Non ci sono entrate di alcun genere. Quindi la Polizia ha fatto le indagini su tutte le entrate e non ci sono entrate. Per quanto riguarda il Vanni, l’ispettore Fanni e la stessa Bartalesi. In particolare il Fanni… La parte lesa, ci parla della liquidità, di prestiti, di cene, eccetera, gli ultimi tempi. Il Fanni, ci parla invece di 19 milioni, se vi ricordate, non giustificati, non giustificabili nel periodo ’84. Nel 1984, 19 milioni, tah, secchi, così, non giustificati, che non hanno trovato alcuna giustificazione. Io voglio parlare un attimino soltanto del famoso passaggio della pistola calibro 22. Faccio un breve cenno, eh, su questo punto. Ma qui, signori, ci sono delle coincidenze spaventose. E, in questo processo, ce ne sono tante. Ora, una coincidenza può capitare a chiunque; due coincidenze sono una grande sfortuna; ma tre-quattro coincidenze, possono essere anche un indizio, un grave indizio contro una persona. Perché c’è il Calamosca che qui in aula, ma soprattutto davanti al dottor Giuttari – e sono stati prodotti questi documenti – dice chiaramente che la pistola del ’68, la famosa calibro 22 utilizzata nel ’68 e utilizzata, allora si diceva, dal cosiddetto “mostro di Firenze”, questa pistola, il Calamosca dice: ‘apparteneva al Vinci, me lo disse il Vinci, era sua. La usò lui per il delitto del ’68 insieme al Mele’. Poi lui pagò il Mele, promise di pagare il Mele, ovviamente, per pagare il silenzio di Mele. Poi il Mele voleva parlare ma fu fermato da un gruppo di sardi che, appunto, in un certo senso, in quel momento, hanno protetto, protessero il Vinci. Ecco, il Vinci quindi dice a Calamosca che la pistola calibro 22, all’origine, era del Vinci e che fu poi ceduta. Questo lo dice chiaramente. Qui, il Calamosca, è stato molto contratto. Però, davanti al Giuttari aveva detto che l’aveva ceduta questa pistola. Il Vinci l’aveva ceduta. Lo Sgangarella ci dice – ecco la seconda coincidenza – che, fra Vinci e Pacciani c’era amicizia, una grande amicizia. Che si erano frequentati a Calenzano. Ecco l’escalation. Si erano frequentati a Faltignano, pardon. Che c’era questa grande amicizia. E, guarda caso, nell’orto di Pacciani si trova un proiettile sparato da quell’arma. E, guarda caso, il Lotti riconosce per il Vinci quella persona che si aggirava a San Casciano, quel giorno in cui il Lotti era insieme al Vanni, quando cioè il Vanni disse a Lotti: ‘guarda, ; quella persona lì è quella che noi abbiamo fatto scarcerare’. Sono quattro-cinque coincidenze disarmanti, inquietanti, sconcertanti. Io non posso dire altro e non voglio dire altro su questo punto. Presidente, sul movente di questi delitti si potrebbe dire sicuramente ancora qualcosa, anche se molto è già stato riferito, è già stato detto. Se vi interessa l’opinione di questo difensore: io sono molto fermo in questa mia versione, in questa mia opinione. Sulla base di tutto quello che io ho acquisito nel corso di questo dibattimento. A mio avviso si intrecciano due moventi: l’uno, di natura economica; e l’altro, di natura edonistica, che riguarda cioè, la perversione di queste persone. Mi spiego meglio. Il Pacciani sicuramente ha agito più per motivi economici, che non per la propria perversione. Ma state attenti, anche Pacciani è un pervertito. Ricordate il primo omicidio, quando ferisce il seno sinistro della donna. La Sperduto poi ci dirà che, durante l’amplesso amoroso, anche il suo seno veniva ferito; ci dirà la rabbia di Pacciani nel vedere le coppie felici agli Scopeti. E poi tutta la personalità di Pacciani, a tutto questo si aggiunga. Non occorre aggiungere altro. Però io credo che Pacciani lo faccia più per motivo economico che per motivo edonistico. Le vere persone perverse sono il Vanni e il Lotti. Il Lotti lo fa solo per piacere, perché “gli garbava”, come dirà il Pucci. Il Vanni è una via di mezzo fra Pacciani e Lotti: lo fa, sia per piacere, e sia per motivi economici. Perché i soldini lui li ha presi. E ce li aveva. Quindi, questa è la mia scala, il mio quadro. E, alla base di tutto c’è, da parte del Pacciani, lo sfruttamento della perversione altrui. Vengono sfruttati questi due individui: il Lotti e la ; perversione soprattutto di Vanni. Il rifiuto, i rifiutati dalle donne. Il Vanni, addirittura, è rifiutato non solo dalla moglie, ma anche dalle prostitute. Questa grande frustrazione, questa grande aggressività, questa avversione verso la coppia felice nel momento dell’orgasmo. E, signori, per quanto riguarda questi personaggi, non fatevi incantare dal loro trasformismo, dalla loro doppia personalità. È un trasformismo, a mio avviso, di stampo mostruoso. Perché il Pacciani sventola il santino, ma poi sappiamo chi è, non ho bisogno di parlare oltre del Pacciani. Io parlo di persone viventi. Mi interessa il Vanni, in questo momento. Il Vanni, lo sappiamo, l’ho già detto, dice di essere una persona mite. Ma poi, come ripeto, ha una personalità invece completamente contraria. Un uomo mite, un uomo malato. 10-15 anni fa era un uomo nella pienezza delle proprie forze, non era un uomo malato, era un uomo perverso. Quello sì. Anche Allocca diceva: ‘sono un povero vecchio’, e poi aveva violentato ed ucciso e fatto sparire il corpo di quel ragazzo. Attenzione a non farvi incantare da questa falsa apparenza, che è la cosa più mostruosa, la cosa più inquietante di tutto questo processo. Questa metamorfosi di questi personaggi. Attenzione, su questo punto. Ed è il punto, secondo me, più grave, più inquietante della loro personalità: questo sdoppiamento, questo volere apparire come persone vecchie, miti e malate. E invece la loro personalità è completamente, al contrario, diametralmente opposta. Sul Faggi, signor Presidente, mi riporto a quello che ha già detto ieri l’avvocato Colao e a quello che dirà l’avvocato Voena. E concluderò anche per la responsabilità di Faggi. Perché ci sono elementi gravi anche a carico di Faggi: vedi l’identikit; vedi le testimonianze; vedi altri fatti per cui egli si è inserito nella struttura associativa, egli si è inserito in questo giro. E quindi non può essere esentato da alcuna responsabilità. Io non voglio ripetere i concetti dell’avvocato Colao e quello che vi dirà poi il professor Voena. Io vi dico soltanto che c’è anche un’altra coincidenza: che morto Indovino Salvatore e arrestato il Pacciani nell’86-’87, non c’è stato più alcun delitto a Firenze. Anche questo sarà una bella coincidenza. Non fatevi soprattutto incantare. Il Lotti ha parlato. Ma il Lotti, Presidente, dice: forse ha parlato per captatio benevolentia. Eh, certo, è normale che uno parli anche per captatio benevolentia. Però ricordatevi, che 21 anni per il Lotti sono pesanti. 21 anni non è un premio, un grande premio. Non è l’applicazione del diritto premiale. Un pentito di mafia o di terrorismo racconta tutto nei minimi particolari, perché sono fatti – parlo di terrorismo io – la cui molla iniziale, ideale poteva essere anche buona; è stata poi attuata criminosamente. E quindi raccontano tutto. Qui, ricordiamo che c’è anche la vergogna nel raccontare. C’è anche una ritenzione di ordine psicologico nel raccontare tutto fino in fondo, c’è anche un blocco psicologico per questi fatti. E sono due i fatti per cui in genere non ci sono mai pentiti fino in fondo: i fatti a sfondo sessuale e i fatti di stragismo. Anche in caso di stragismo non c’è quasi mai un pentito. Che sono i fatti più obbrobriosi, più scandalosi e più gravi che si possano commettere. Quindi non siamo ingenui. Non è stato detto tutto da Lotti. Ma cosa vi doveva dire di più il Lotti? Questo è l’interrogativo che io vi pongo. E quindi vi dico: non fatevi incantare e ve lo chiedono questi ragazzi, signor Presidente e signori della Corte. Ve lo chiedono Pia, Claudio, Nadine, Jean, Host, Jean, Paolo, Antonella, Stefano e Susanna. E concludo, signor Presidente e signori della Corte. Concludo per l’affermazione di responsabilità di tutti gli imputati, per i reati loro rispettivamente ascritti. E quindi la condanna per il risarcimento dei danni morali in favore della parte civile che si determinano nella somma di lire 50 milioni o in quella inferiore o superiore che la Corte riterrà | di Giustizia; nonché delle spese e degli onorari, come da separata nota, con provvisoria esecuzione. Grazie.
Avv. Giovanni Paolo Voena: Grazie, signor presidente eccellentissima Corte io prendo qui la parola a mezzogiorno per conto della signora Iolanda Cardini la madre di Stefano Baldi il ragazzo ucciso il 23 ottobre 1981 a Calenzano Travalle località le Bartoline, campo le Bartoline, la sua richiesta di giustizia è già passata per queste aule ed approdo ora di fronte a voi un’altra volta con altrettanta inappagata ansia di verità, noi siamo qui in questo processo solo per questo episodio, per questo gravissimo omicidio e di questo parleremo. Io non sono un reduce del processo Pacciani e non voglio insistere più di tanto sul passato però questa vicenda è iniziata allora in un contesto diverso, qual era il contesto nel quale si è mosso il processo Pacciani lo sappiamo tutti, un contesto nel quale la ricerca dell’autore unico, la suggestione del processo indiziario ho pesato per tutto il processo, in sostanza ha pesato moltissimo quello che si usa chiamare il contesto di ricerca, il contesto di ricerca che è preziosissimo nella prima fase dell’indagine ha finito poi per pesare sull’intero processo e quindi anche sul contesto di giustificazione ovverosia sul processo come dimostrazione dell’enunciato esplicitato dall’accusa. Oggi non è più così, abbiamo sentito riproporsi mi è spiaciuto per la statura del personaggio, attraverso le parole del professor Bruno sono cadute nel silenzio in quest’aula, perché adesso tutto è cambiato, lo scenario è completamente diverso e per questa ragione e direi che il punto non è in discussione così come in realtà non è stato in questo processo Pacciani un convitato di pietra quando era vivo non sarà un’entità fantasmatica da richiamare una volta che è morto. Questo è un altro processo, lo sappiamo tutti perché è un altro processo, è un altro processo per il tipo di prova che viene in gioco qui, non siamo più ai giochi intellettuali dei processi indiziari che consente a tutti di proporre delle ipotesi, di argomentare, di discutere al caffè, il nostro paese è il paese dei caffè delle discussioni purtroppo in tante vicende e forse anche per questo c’è stata meno attenzione da parte dei mass media ed è bene tutto sommato che sia stato così che ci sia stato meno pressione su questo processo rispetto al passato. Ed ho ancora una cosa da aggiungere alle bellissime parole del pubblico ministero su questo punto, è bene che non sia stato celebrato l’abbreviato, questo processo ha dimostrato ed è vero che la giustizia è lunga e costosa ma ha significato solo se viene fatta nella pienezza del contraddittorio delle parti, se viene fatta in pubblico, in un pubblico non enfatizzato ma davanti a tutti perché la giustizia è più importante che appaia e che sia resa più di ogni altra cosa, quindi è andato bene che oggi la Corte costituzionale non consenta di celebrare il giudizio abbreviato per reati che comportino in astratto la pena dell’ergastolo, questo processo dimostra la forza del processo del dibattimento come luogo di conoscenza, come strumento epistemologico di fronte alle istanze sempre più forti per fare della giustizia una macchina che deve rendere/deve dare certi risultati, allora dicevo questo processo si basa essenzialmente su delle prove dichiarative, c’è l’ha detto all’inizio il pubblico ministero nell’esposizione introduttiva, l’hanno ribadito tutti lo ribadisco permettetemi anch’io, da un lato le dichiarazioni Pucci, del testimone Pucci, dall’altro le dichiarazioni dell’esaminato Lotti cioè dell’imputato di reati connessi o collegati. Quindi è da questo che dobbiamo partire e partirò anch’io da questo profilo seppure molto brevemente, la prima considerazione dobbiamo mettere in campo è l’opportunità della perizia anzi più esattamente la consulenza tecnica affidata a due illustri cattedratici quale professor Fornari e il professor Ragazzi in ordine alla capacità di deporre di Pucci, è stato così sgombrato ogni campo dall’inizio evitando difficoltà successive, certamente Pucci è in grado di testimoniare, forse non è neanche così sofferente di un handicap come potrebbe risultare dalla sua seppur misera pensione ma quello che importa è che egli ha capacità di memorizzare, ha capacità di orientarsi nel tempo e nello spazio, al più gli può mancare la capacità di giudizio ma forse non è difficoltà in tutti i processi quella per la quale il testimone al tempo stesso espone i fatti/rigiudica? Forse qui abbiamo un testimone che meno di altri è indotto a sovrapporre il piano della narrazione a quello della valutazione che è sempre difficile forse impossibile come sappiamo dai nostri giornali, quindi da questo punto di vista siamo di fronte ad una testimonianza a tutti gli effetti che come tale deve essere valutata e come tale pesa e pesa molto, forse sarà un guardone Pucci ma per fortuna che lo è stato così abbiamo avuto una testimonianza, non dobbiamo esprimere confronti dei giudizi di natura morale, certo non è andato a fare la denuncia, certo è un uomo povero di spirito perché è bastato che l’amico Lotti dicesse “no non andiamo dai carabinieri” e lui non ci è andato e allora da questo punto di vista certo è un povero di spirito ma ripeto non è questo il terreno su cui dobbiamo entrare. È un teste essenziale, è un testo essenziale sia per Vanni e sia anche ed è quello che mi più mi preme per Vanni ma vorrei solamente due aspetti strani con voi in ordine a Vanni, è il soggetto che ci dice che c’era lui la sera agli Scopeti, lo ha visto, non solo l’ha visto ma ha visto anche tagliare la tenda, ha sentito il rumore del taglio della tenda, rumore che il coltello provoca con lo sfregamento, quel che è peggio che ci fa più effetto ha sentito i lamenti delle vittime, descrive la scena illuminata dalla luna e sappiamo adesso contro quella mitologia passata che in realtà c’era un certo chiarore, c’è l’è venuto a dire quel testimone dell’osservatore di Arceto, non solo ma ci viene anche dire sul Vanni pomeriggio, sulla Ghiribelli, sul fatto che la Ghiribelli non volle andare col Vanni e poi soprattutto ci dice di averlo detto al bar degli Scopeti, certo questo è un dato inquietante purtroppo ai tempi della Rivoluzione francese si voleva introdurre la denuncia civica è la si introdusse, il cittadino deve avere questo senso di fraternità, di difendere lo Stato e gli altri cittadini, nel nostro paese sappiamo bene che non allinea questa pianta, che non cresce questa pianta che invece allinea semmai fenomeni di tipo opposto spiace purtroppo che questo succeda nella civile Toscana, mi spiace tanto più a me che toscano non sono, però dobbiamo anche riconoscere che tra tutti un testimone c’è stato, che ci è venuto confermare queste cose, un testimone importante credibile ed è teste l’orefice Zanieri, ricorderete Zanieri è venuto a dire “sì effettivamente lo dicevano al bar” e poi ancora abbiamo adesso non stiamo qui a entrare nei particolari perché non è questa la sede per farlo ma abbiamo ancora la testimonianza del fratello Valdemaro del Pucci, Valdemaro che è un teste dolente possiamo dire per questa vicenda che ci viene a dire sì effettivamente lo disse davanti alla televisione quel giorno come ha ricordato poc’anzi l’avvocato Colao e lo disse 10 anni dopo, quindi un teste molto importante per quanto riguarda Vanni, ma è un testimone di un certo peso anche per quanto riguarda Faggi, la posizione che a me più interessa anche se importante per quanto riguarda l’omicidio di Vicchio (salta l’audio) la partecipazione di Faggi, in quel linguaggio elementare, rude, che rende i toscani unici, cosa ha detto “hanno morto anche quelli di Calenzano” basterebbe questa dichiarazione, sinceramente non lo credo che basti questa dichiarazione per provare il fatto oggetto della stessa, tuttavia le parole di Faggi danno un sigillo indelebile di credibilità a quello che dice Lotti e Lotti badate bene che adesso è un chiamante in correità glielo disse all’amico Faggi glielo disse in epoca non sospetta all’amico scusate all’amico Pucci glielo dissi in epoca non sospetta, glielo disse in un contesto fuori di questo processo in tempi remoti e lontani, quindi è un elemento molto forte questo, non so se si possa dire tecnicamente se si tratti di un riscontro in senso tecnico oppure si tratti più semplicemente di un supporto all’attendibilità generica di Lotti tuttavia il risultato è unico, le parole di Pucci ci inducono a credere a quelle di Lotti, ma non basta, non basta perché Pucci ci dice che è Faggi è stato indicato dal suo amico Lotti e poi c’è un altro passaggio che non so se può essere indotto di questo processo perché non so se è stato oggetto di contestazione precisa, ad ogni modo nel corso interrogatorio del 18 4 96 Pucci ci dice che “Lotti mi raccontava ogni cosa riguardo agli omicidi e mi disse che a Vicchio la notte dell’omicidio c’era anche quello di Calenzano” l’ambito sì estende e allora non conta molto che su precisa domanda dell’avvocato Fénis il Pucci ci dica che lui non guarda mai in televisione il processo Pacciani, non la guardava certo il processo Pacciani veniva trasmesso la sera alla televisione ma la vicenda in cui egli disse di aver visto tagliare la tenda e di aver visto Pacciani e Vanni avvenne lo sappiamo la mattina quindi quella risposta certamente non ha alcuna forza, quindi in sostanza per concludere Pucci dà forza alle dichiarazioni di Lotti circa la responsabilità di Faggi. Adesso arriviamo a Lotti, ha detto bene il pubblico ministero al principio questo è anzi tutto il processo a Lotti ed è vero che il processo Lotti perché processualmente è un processo che muove da Lotti e prima deve come vedremo verificare l’affermazione di Lotti, deve partire col piede giusto, ed è partito col piede giusto. Cosa sono le dichiarazioni che rende Lotti? sono quelle dichiarazioni che si usano chiamare che però il codice non chiama le chiamate in correità. Adesso qui permettetemi di dire qualche parola che naturalmente non è rivolta ai signori giudici togati ma che mi permetto di esprimere e indirizzare ai giudici popolari proprio per dare anche un contributo da questo punto di vista a questo processo, forse l’unico contributo che sono in grado di dare, la testimonianza e la chiamata in correità sono entrambe quelle che si usano chiamare delle prove narrative, cosa vuol dire prove narrative? Vuol dire delle prove con cui si racconta una propria esperienza, le testimonianze sono una narrazione della propria esperienza e questo le distingue nettamente sul piano conoscitivo dalle cosiddette prove indiziarie, prove indiziarie l’esempio più classico lo conoscete è quello della dattiloscopia cioè di una prova che si ricava attraverso una serie di difficili inferenze logiche ed è per quello che lo abbiamo detto prima a voi del processo Pacciani che nei processi indiziari le inferenze possono essere le più varie, possiamo costruirle un po’ come un gioco intellettuale. Invece quando si tratta di una prova narrativa, come quella di cui stiamo discutendo in questa sede, il discorso si rende più semplice e per questa ragione giustamente il pubblico ministero diceva “potete stare tranquilli” certo perché qui abbiamo delle dichiarazioni, cosa bisogna fare di fronte ad una dichiarazione? Dobbiamo essenzialmente esprimere una valutazione/un giudizio di valutazione circa l’attendibilità di quella dichiarazione, quando abbiamo fatto questo passaggio possiamo sostenere che il fatto dichiarato che è stato oggetto del racconto è vero, cioè nella prova narrativa si passa dal fatto dichiarato dalla realtà del fatto dichiarato, dal fatto della dichiarazione alla realtà del fatto dichiarato. È un inferenza semplice, da questo punto di vista mi sembra che però bisogna ancora fare un piccolo passaggio, quando noi parliamo della testimonianza e la mettiamo in relazione alla chiamata in correità dobbiamo tener presente che poche sono le testimonianze con le quali possiamo fare il raffronto con la chiamata in correità perché sono molto rare quelle nelle quali può farsi questo rapporto perché? Perché il rapporto può farsi unicamente su quelle testimonianze che hanno per oggetto il cosiddetto fatto principale, ricordate tutti quel film di Hitchcock “finestra sul cortile” ecco qualcuno vede commettere l’omicidio, vede l’autore del reato, ecco quella è una vera testimonianza sul fatto diretto, la maggior parte delle testimonianze non sono sul fatto diretto sono su altri fatti più o meno lontani rispetto al fatto principale da provare, invece nella testimonianza diretta sul fatto storico principale si dimostra il fatto storico oggetto dell’imputazione, il fatto storico oggetto di quel enunciato fatto dal pubblico ministero di cui parlavo all’inizio e allora da questo punto di vista il raffronto va fatto alla chiamata in correità, è chiaro che una testimonianza di tal genere è molto forte, l’ha visto, risolviamo tutto basta che gli crediamo è molto forte, ma è ancora direi più forte per certi aspetti nei confronti della chiamata in correità perché nella chiamata in correità il soggetto non solo ha partecipato al fatto ma si assume lui sulle sue spalle la responsabilità di questi fatti, quindi da questo punto di vista il parallelo va compiuto in questi termini, diversamente il discorso potrebbe essere fuorviante e allora da questo punto di vista si capisce molto bene come la giurisprudenza, una giurisprudenza massiccia, dica sempre che sottolinea la natura probatoria e la valenza dimostrativa della chiamata in correità rispetto al mero indizio cioè quello che si chiama la prova indiziaria e per questo giustamente il pubblico ministero vi ha detto che potete stare più tranquilli di altri giudici che magari possono sedere in altre aule di questo tribunale. Certo il punto però è sempre quello di credere al testimone diretto, di credere alla chiamata in correità perché credere vuol dire dare fiducia ed è questo il profilo più delicato, è chiaro che se anche il testimone diretto sul fatto siamo in grado di demolirlo/di screditarlo perché aveva dei debiti con un soggetto accusa, di aver visto l’omicidio eccetera, in simili ipotesi evidentemente possiamo eliminare il peso di quelle dichiarazioni, per quanto riguarda invece la chiamata in correità il legislatore è più guardingo, perché è più guardingo? È più guardingo perché sa che il chiamante in correità è persona interessata alla vicenda tanto che poi avrà diritto al difensore, lo abbiamo visto, abbiamo visto come nel tempo Calamosca dopo molti anni da una vicenda dalla quale è stato pur prosciolto e venuto ancora qui con il difensore certo perché egli ha diritto alla garanzia perché si tratta di un legame con certe vicende quindi chiamata in correità per definizione a questo legame con il processo di cui si tratta quindi viene nel processo anche se così com’è è venuto Calamosca che pur non è un chiamante con il suo difensore ma poi mi è stato detto tante volte, vi sono i problemi della benevolenza che può essere esercitata nei confronti dei chiamanti in correità, degli sconti di pena, della possibilità di non subire misure cautelari personali, allora qual è il problema di fronte al quale versa il legislatore? Il problema del legislatore è cercare di minimizzare il rischio di una fiducia temeraria che potrebbe caratterizzare questo rischio di questa prova quindi bisogna minimizzare il rischio, e come fa il legislatore per minimizzare questo rischio? Ricorre ai cosiddetti riscontri, i riscontri per carità i riscontri valgono anche nelle testimonianze, bene avessimo dei riscontri saremo molto più tranquilli ma i riscontri per quanto riguarda la chiamata in correità hanno un significato del tutto particolare perché lo è stato detto già ieri permettetemi di ripeterlo oggi hanno significato particolare perché fanno assumere alla chiamata in correità il valore di prova, se non ci sono quei riscontri quella chiamata in correità non è prova la fanno assurgere al rango di elemento decisorio in sede dell’orizzonte della decisione. Cosa sono allora i riscontri? Non sto qui a parlarvene a lungo perché sennò veramente vi annoierei comunque possiamo dire che sono delle circostanze di fatto, almeno questa è la tesi prevalente in dottrina anche in giurisprudenza, accertata autonomamente che ci consentono di sopperire a quella difficoltà valutativa/a quel rischio valutativo a cui alludevo poc’anzi, vogliamo un esempio banale? Va bene facciamo un esempio banale ma non troppo anacronismo, tizio e Caio sono concorrenti in corruzione, tizio dichiara di aver dato soldi a Caio, come lo riscontriamo? Se troviamo sul libretto di Caio la somma che Tizio dice di avergli dato ecco che siamo a cavallo il processo è chiuso abbiamo la dichiarazione abbiamo l’elemento di riscontro molto forte il processo è chiuso, e per questo ripeto che il dottor Canessa insisteva opportunamente sugli aspetti anche per certi aspetti più facili di questo processo rispetto al processo Pacciani, perché qui si tratta solo di fare questo. Per concludere questa regola dei riscontri c’era già in realtà nella giurisprudenza in passato ma il nostro nuovo codice lo ha previsto espressamente introducendo una norma apposita dicendo che gli elementi e le dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità, quindi questa conferma di attendibilità, ha codificato in sostanza un principio che già circolava nella giurisprudenza, si parla in proposito di collaboration ma in realtà se noi andiamo a leggere Mario Pagano, il grande Mario Pagano, che scriveva alla fine del 700 diceva conviene che la nomina del socio sia vestita quindi non è una novità, è una novità il fatto che il legislatore abbia di fronte alla delucidazione giurisprudenziale lo abbia finalmente codificato, chiuso il discorso. Ci vuole ancora un altro passaggio, ci vogliono i riscontri ma prima bisogna fare qualcosa e infatti il pubblico ministero prima vi ha fatto tutto un discorso prima di andare a riscontrare le affermazioni, prima vi ha fatto un discorso sull’attendibilità che è discorso diverso e autonomo diverso dai riscontri, il discorso dell’attendibilità è un profilo che precede perché si può andare a riscontrare una dichiarazione solo se questa dichiarazione ha già un certo tasso di credibilità, in materia c’è una sentenza molto importante già ricordata due volte io non posso però esimermi dal ricordarla ancora, si tratta della sentenza resa dalle sezioni unite nel caso … in un caso che assomiglia per certi versi a quelli che abbiamo qui davanti, cosa insegnano le sezioni unite in quella circostanza? “Bisogna sciogliere il problema della credibilità del dichiarante in relazione alla sua personalità, alle condizioni socio economiche e familiari, al suo passato e i rapporti, con i chiamanti in correità, alla genesi remota e prossima della sua risoluzione, alla confessione e dall’accusa dei coautori e dei complici” non basta dice ancora questa sentenza del 1993 “si deve verificare l’intrinseca consistenza e le caratteristiche delle dichiarazioni alla luce dei criteri che l’esperienza giurisprudenziale ha individuato come la precisione, la coerenza, la costanza, la spontaneità così via” naturalmente le sezioni unite sono consapevoli anche noi siamo consapevoli che i piani dei riscontri e questa dell’intrinseca attendibilità possono in parte sovrapporsi ma però dice giustamente quella decisione delle sezioni unite vanno tenuti tecnicamente distinti perché il profilo dell’attendibilità riguarda un profilo che è intrinseco come si usa dire, è una qualità inerente alla prova, l’altro invece il profilo dei riscontri è un’operazione che va effettuata si ma va effettuata dopo, prima bisogna cioè vedere che le dichiarazioni abbiano un’attendibilità e poi andremo a controllarla attraverso degli elementi esteri e questo direi che è un’operazione che in questo processo è stata fatta, è stata fatta a lungo. Visto che il tempo scorre rapido non starò qui a insistere sulle dichiarazioni fatte dal Lotti nei confronti del Vanni, la novità di queste dichiarazioni, il fatto che esse combaciano con cose che non sapevamo o che erano state già limiate ma che non erano state processualmente dimostrate, pensiamo ai due coltelli nella vicenda degli Scopeti, ai lamenti della ragazza nella vicenda di Vicchio, ci sono tanti elementi di riscontro ma giacché io mi sono posto un obiettivo parlerò di quello, in realtà nell’udienza del 27/11/1997, quindi l’udienza di novembre, le parole di Lotti cadono come dei macinini pesanti su fatti non solo egli ci dice che Pacciani e Vanni conoscevano Faggi e gliel’hanno detto tra l’altro tutti e due, tutti e due badate non solo uno gli hanno detto tutti e due, ma ci dice che quella della coppia di Calenzano era stata indicata dal Faggi e lo aveva detto già nell’incidente probatorio, non solo, era stata indicata da Faggi ma addirittura erano andati a lavarsi le mani e forse non solo le mani nella casa di Faggi e qui badate bene avete sempre questa possibilità quella di avvalervi dell’incidente probatorio, in realtà a questo punto va pur detto questo aspetto che sono sullo stesso piano l’incidente probatorio e le dichiarazioni rese nel dibattimento perché tutti e due hanno il crisma del contraddittorio, certo quelle rese al dibattimento hanno il crisma anche dell’oralità perché la prova si forma davanti al giudice del dibattimento/davanti a voi che non già si è formata prima però sono sul piano a parte un’unica eccezione che non ci interessa in questa sede sono poste le dichiarazioni rese nell’incidente probatorio e quelle rese al dibattimento sullo stesso piano, non vi sono distinzioni di sorta. Poi anche qui non importa che Lotti nell’udienza poi successiva di dicembre stimolato da una domanda ci dica che in ordine all’omicidio di Calenzano non sappia nulla della vicenda di Renzo Spalletti ed è bene che sia così, Lotti dice solamente le cose che conosce, non sa altre cose e quindi non introduce degli elementi esterni, quindi allora a questo punto possiamo iniziare quel discorso che impostavo poc’anzi cioè da un lato prima vedere l’attendibilità e poi vedere il profilo dei riscontri, non sto a svolgere perché è stato già svolto così egregiamente in questa sede che sarebbe un fuor d’opera farlo. Non vorrei dicevo insistere più di tanto sul problema dell’attendibilità, direi che le cose più stimolanti le ha dette e anche più convincenti quindi le ha dette ieri l’avvocato Ross, l’avvocato Ross è stato in realtà un applicatore di quelle che potremmo definire le teorie popperiane ha provato a falsificare l’ipotesi e ha detto “cosa capiterebbe se ci fosse un processo a carico del solo Lotti e ci fossero tre testimoni ed una confessione? Lo condannerebbero?” certo che lo condannerebbero non solo ha provato a falsificare anche su un altro livello/su un altro piano e ci ha detto “attenzione andiamo a vedere se ci sono degli indicatori negativi circa la dichiarazione di Lotti” no perché la scelta di parlare di Lotti è stata autonoma, guardate com’è la differenza rispetto alla vicenda pur contestata del processo in realtà il Marino, il chiamante, era stato coinvolto in una vicenda esterna a quella delle rapine se ben ricordo eccetera quindi era un altro ed è stato messo in gioco per un’altra cosa e poi allora si può discutere se ha avuto dei vantaggi eccetera, qui no qui il coinvolgimento è sullo stesso fatto storico, sul fatto storico diciamo che sia apparso forse in Italia negli ultimi cinquant’anni e quindi da questo punto di vista mi sembrano molto forti le argomentazioni che ha svolto ieri l’avvocato Ross sulle quali non insisto, si certo domani forse domani potrà avere uno sconto di pena, sappiamo l’età che ha, non è questo l’elemento decisivo, poi ci sono una serie di elementi di contorno, ci sono anche delle posizioni di don Poli che ci dirà tutto sommato essere una persona corretta, c’è la sua personalità che certamente è omosessuale, certamente una personalità che ha dei problemi di relazione con le altre persone, ma un’ultima cosa/una battuta c’è il problema del linguaggio l’avvocato Filastò insiste sempre su questo linguaggio di Lotti sul cosa? Su questo punto direi che l’analisi linguistica svolta dal pubblico ministero è convincente, è un uomo semplice/un uomo rozzo diciamolo pure e quindi questo cosare non ci deve preoccupare e stupire più di tanto, non è l’atteggiamento di chi mentiva, di chi mente, allora a questo punto naturalmente concentrando il discorso su Faggi penetriamo sul discorso dei riscontri e abbiamo un riscontro fortissimo sulle responsabilità di Faggi per l’episodio di Calenzano del 1981 anzi due se volete e badate bene un riscontro sul fatto storico quello che in maniera univoca la giurisprudenza tutti sostengono che sia il più forte, qui non ci sono problemi se c’è un riscontro o se non c’è un riscontro perché si discute su altri profili, queste non vengono in gioco qui siamo di fronte ad un riscontro su un fatto storico, il fatto storico principale, sapete bene di quello di cui parlo cioè intendo riferirmi all’identikit fatto poco dopo gli eventi da quei due testimoni, da Parisi Rossella e da Pazzini Giampaolo, ormai abbiamo risolto il piccolo giallo sul maresciallo Simpatia c’è l’ha spiegato quindi ormai non ci sono più dubbi sul modo come è stato confezionato quell’identikit ed è un identikit impressionante ricorderete, dice bene il pubblico ministero “se non è lui e il fratello gemello” io direi di più se non è lui è una fotocopia, è un’immagine certo di qualche anno prima, è veramente fortissimo/impressionante/una cosa che non succede abitualmente diciamo pure non succede abitualmente nell’aula di giustizia di vedere un identikit che tanto assomiglia a quella persona che poi viene riconosciuta come quella che si è vista e la Parisi Rossella c’è le spiega molto bene le modalità sono andato una sera a vedere il luogo com’era direi anche il mio dovere per vedere anche l’altro luogo dove sono stati ammazzati i ragazzi e sono andato a vedere anche il ponte delle due strade una che va a Travalle e l’altra che va a Prato Calenzano, la larghezza del ponte, i gradini che c’erano effettivamente, effettivamente la scena è stata ricostruita con assoluta precisione, certo c’è un’obiezione, non risulta che Faggi avesse una GT rossa perché sembra che sia un di rosso, così forte questo elemento, dobbiamo credere più importante l’aspetto dell’autoveicolo rispetto a quello della persona che due persone identificano con certezza per ragioni di orario non sto qui a insistere queste sono cose che voi ben conoscete ormai e sulle quali abuserai solo del vostro tempo e possiamo dire che è veramente così decisivo il fatto che la l’alfa rossa GT e non invece una delle macchine che non sappiamo esattamente che non siamo mai riusciti a capirlo bene devo dire la verità forse sarà una mia difficoltà di sapere esattamente le macchine che aveva il Faggi in quel periodo. Direi che se uno va a fare certe cose prenderà quando va a 1 km in linea d’aria dalla sua abitazione, a 3 km in macchina dal luogo dove abita, si prenderà bene qualche precauzione, forse eviterà di andare con la sua automobile mi sembra abbastanza evidente, non è un elemento che possa spostare l’altro che è molto più forte, non bisogna confondere un aspetto meccanico e seriale come sono le automobili che si prestano, che si possono prendere anche per 10 minuti che non ci si ricorda neanche di aver prestato una sera ad un amico magari rispetto all’identikit che è molto forte. Poi abbiamo tutti i riscontri, i riscontri dichiarativi, numerosi, la Cencin che abitava vicino alla Sperduto e al marito Malatesta, ha visto Pacciani, Vanni e Faggi con un’altra persona al bar di San Casciano anni 78/79, la teste che non è stata rammentata ancora forse la Patierno Maria Grazia l’amica di Paradiso quella su cui poi è nata poi quella falsa mitologia della ammazzacaffè, quella persona che lo vedeva dalla bottega di Enzo a prendere il caffè, e poi abbiamo due testimonianze che avete visto per aspetti diverse drammatiche ma su questo punto entrambe univoche, intendo riferirmi a quella di Maria Antonietta Sperduto Malatesta e quella di suo figlio, certo la Malatesta prima gli si chiede se conosce il Faggi, il Faggi non lo conosce, certo che non lo conosce non sa chi sia ma quando gli si fa vedere l’immagine di Faggi, la fotografia di Faggi allora sì dice di averlo visto di vista, averlo visto di vista, e sia pure con qualche difficoltà che peraltro è consueta, possiamo ben comprenderla questa volta viva Dio al personaggio, ci dice anche che l’ha visto passare in via di Faltognano, una testimonianza drammatica su questa vicenda, molto drammatica eppure su questo punto è univoca ma è anche univoca la testimonianza del figlio di Malatesta il quale in realtà ci viene a dire una cosa molto interessante che aveva già detto in realtà ed era uno degli spunti investigativi ricorderete del Dott. Giuttari, ci viene a dire all’udienza di luglio che ha riconosciuto in tv Faggi, ha riconosciuto in Faggi quella persona che si aggirava negli anni 79/80 nella strada che conduceva solo a casa sua e dei suoi vicini a 200 m dalla via chiantigiana quando egli ha quel tempo aveva 13 anni, non era proprio incapace di rammentare, 13 anni si ricordano poi con ragazzi che hanno avuto esperienze di questo genere crescono in fretta. Non solo ma ci darebbe di più, ha uno scrupolo, ci dice attenzione “non sono sicuro mi sembra che quando l’ho sentito parlare assomiglia alla voce” assomiglia alla voce molto scrupolo “non sono sicuro mi sembra che mi abbia chiesto qualcosa di mia madre ma non sono sicuro, lo dico ma non mi impegno” uno stupro e l’aveva visto ripeto alla sambuca prima del dicembre dell’80 quando poi si sposta in via Partigiana nella via dove sono avvenute tutte quelle violenze, nella casa dove si aggiravano protervi violenti, violentatori nel senso vero della parola Pacciani e Vanni. A tutto ciò non dovrai aggiungere però permettetemi ve lo dico, non dovrei aggiungere perché processualmente inutilizzabile comunque è significativa una dichiarazione resa dal Vanni il 19 di Febbraio del 96 “conosco il Faggi, è un amico Di Pietro, l’ho visto a bere nella cantinetta non so dire quando, io mi trovavo lì lui arrivò insieme a Pietro, non ricordo che macchina avesse anzi non so se avesse la macchina” battuto un po’ divertente per uno che certo sapendo il mestiere che faceva rappresentante senza macchina adesso effettivamente non ne vedrei. E poi abbiamo ancora ancora altre testimonianze Giuni, i fratelli Giuni che vengono a deporre con difficoltà e con reticenza ma con onestà, i quali si dicono “effettivamente nostra madre era arrabbiata delle frequentazioni così profonde/così intense tra Faggi e nostro padre” ma ci dicono anche qualcosa di molto interessante su cui non abbiamo ancora potuto approfondire fino in fondo perché non riusciamo a capire la ragione per cui Faggi menta sul punto, in realtà Faggi e Pacciani fanno risalire il loro incontro al 1981, un incontro ad un ristorante di Scarperia a cui ci sarebbe stato anche iI Gugni e i figli, mentre invece sappiamo documentalmente che la conoscenza risale almeno al 1976 e questo ti dicono quindi che non è vero, quella è una circostanza di riscontro di un certo peso, non sto più a insistere basta leggere voi l’avete agli altri potete anche utilizzarle le dichiarazione rese da Faggi ma poi vi sono tutte le prove documentali, qui non sto a insistere sulle riviste pornografiche, i falli e via discorrendo, non sto ad insistere più di tanto su questi aspetti perché sarebbe veramente un ripetere cose già dette ma su un punto non posso non insistere ed è in particolare che a mio avviso è veramente agghiacciante alla lettera agghiacciante, c’è un’agenda del 1981, non 80/81 ma un’agenda dell’81 che è di Faggi la quale reca il 23 ottobre del 1981 la data dell’efferato episodio di Calenzano, una scritta veramente agghiacciante e lo ripeto, c’è scritto bella gita Travalle, a Travalle che sono andato a verificarlo io si trova a un circa 800/900 m dal luogo dove stava in linea d’aria dove stava Faggi, circa 3 km 5 minuti di macchina dicevo il maresciallo dei carabinieri, 5 minuti di macchina, ed uno va a scrivere bella gita a Travalle? Cosa vogliamo che scrivesse? Bella gita a Travale località Campo le Bartoline? Bella gita ammazzati due ragazzi? No, in realtà non si scrive qualcosa in un appunto in un’agenda se non è un aspetto importante del proprio vissuto, se non è un aspetto che si vuole rammentare non si ispirano le cose non importanti, si scrivono le cose importanti che vogliamo tenere nel nostro cuore ma vogliamo anche poter dopo un po’ ricordarci esattamente la data, per questo servono i diari perché uno se li va a guardare, i diari i grandi scrittori scrivono per gli altri ma i diari noi lì scriviamo per noi stessi per poter ripercorrere più facilmente la memoria, ricordarcelo e allora questo è un aspetto a mio avviso fondamentale sulla quale direi che bisognerebbe ancora insistere a lungo, non lo farò, vi dirò solamente una cosa nell’interrogatorio del 6 luglio 1996 interrogatorio che da voi è pienamente utilizzabile perché Faggi non si è sottoposto all’esame non da spiegazioni a riguardo anzi ne da di puerili “le annotazioni che ho fatto perché forse era bel tempo, si vede che quella volta mi venne da scrivere così senza un motivo particolare” senza un motivo particolare, come si fa a sostenere/supportare queste affermazioni? Doveva esserci qualcosa di molto significativo per scrivere un diario della stessa giornata, 23 ottobre 81, o mi si dimostra che non è vera/che non è di mano di Faggi oppure qui abbiamo un elemento di una forza incredibile a mio avviso, certo questo sì è un elemento dobbiamo ragionarci sopra, certo bisogna fare delle inferenze probatorie, certo ma il processo è fatto anche purtroppo di inferenze probatorie, quindi cosa abbiamo? Accanto alle merende del Vanni abbiamo a questo punto anche le girate del Faggi. Certo adesso sono sulla via della confusione abbiamo il problema dell’auto, certo la difesa ha dimostrato l’avvocato Fenies e l’avvocato Bagattini hanno dimostrato il loro impegno e hanno portato a casa qualche punto perché non riconoscerlo? È giusto dire che qualche punto l’hanno riportato effettivamente l’argenta che però l’altro non è la Fiat 131, io sono torinese quindi sul modello delle auto Fiat qualcosa ricordo è stata acquistata nel Marzo dell’87 quindi non poteva averla nell’85 però non sappiamo sulle macchine che poteva in realtà disporre, sappiamo che ci sono dei buchi al Faggi, risultano dei periodi in cui non ci sono macchine, l’ha dimostrato documentalmente il pubblico ministero quindi non insisterei anche qui più di tanto su questo aspetto, certo comunque qualche punto almeno a riguardo lo ha portato a casa. Mentre invece direi che ha testimoniato di quello della gita al sud direi che è molto debole, non ci si ricorda dell’anno esattamente.
Presidente: Scusi una piccola interruzione, tanto per memorizzare bene, l’annotazione che lei cita il 23 ottobre 81? Ci porterebbe alla data del 26 ottobre del 81 per la gita a Travalle è così? 26 ottobre 81 bene.
Avv. Giovanni Paolo Voena: Chiedo ai miei illustrissimi, sì direi che non è poco, bene mi fa piacere che l’abbia interessato signor Presidente. Dicevamo l’alibi non è un alibi quello che fornisce il testimone che appunto è una difesa solerte, ha richiamato, ha portato qui, si non si ricorda se l’80 o l’81, il periodo d’autunno, (salta l’audio) è un elemento molto debole si forse ha fatto un viaggio a sud poi anche a Dicembre. Certo però il problema dell’auto, con questo veramente siamo alla fine, il problema dell’auto è delicato, è delicato per dire degli Scopeti, perché gli Scopeti sia Lotti sia Pucci dicono che c’era una macchina ed una macchina scura, sanno da Pacciani e Vanni, dopo sanno dopo la vicenda che quel giorno doveva esserci anche presente il Faggi quello della 131, quel buco di Calenzano, però il pubblico ministero ha già detto che effettivamente non hanno visto il colore della macchina, ma non hanno visto neanche il numero degli occupati anzi di più il Pucci che è più vicino perché è più lontano dal centro storico della vicenda, dal posto dove è avvenuta, il Pucci ci viene a dire che erano due persone, quindi cosa fa il pubblico ministero? Ci dice non so esattamente che cosa abbia fatto “io so ho provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Faggi era presente non solo a Calenzano ma era presente anche agli Scopeti, ma non so cosa faceva, se era lì solo per soddisfare una sua perversione, se guardava solo, se gli piaceva vedere ammazzare come dice Lotti” e allora questo magistrato dell’accusa la cui sagace, cui scrupoli, il cui impegno, la cui dedizione e al di là di ogni discussione, tanto è universalmente nota, questo pubblico funzionario che è tenuto alla imparzialità perché anche il pubblico ministero è tenuto ai sensi dell’articolo 97 non va oltre, ci dice di non poter andare, ma a noi è lecito, a me è lecito andare oltre, ma anche a voi è lecito andare oltre perché su di voi grava il peso delle decisioni e per questo potete andare anche contro, per questo il nostro sistema non è il sistema anglosassone, qui ci si può discostare da quello che chiede la pubblica accusa, in Inghilterra e in America no perché quello che dice l’accusa il giudice non può andare oltre, qui abbiamo il problema del 507 che qualche volta può non piacere all’avvocato Saldarelli però è anche vero che abbiamo anche questo, cioè tutto si tiene un po’, e quindi è lecito per voi che avete il fardello della decisione di scostarvi da quello che ha chiesto il pubblico ministero che dice ho provato ripeto la presenza a Calenzano agli Scopeti di Faggi ma non so esattamente cosa abbia fatto e allora chiedo l’applicazione di quella norma 530 secondo comma sull’insufficienza o contraddittorietà della prova. Un obiettore audace potrebbe dire simul stabunt simul cabut cioè stanno insieme cadono insieme, naturalmente mi riferisco all’episodio di Calenzano non sto dicendo che qui tutto salta sia ben chiaro io parlo per Calenzano, si potrebbe dire sempre riferito a Calenzano che se condannate Vanni non potete non condannare anche Faggi e se prosciogliere Faggi non potete che prosciogliere pure Vanni, la catena che li lega che li avvince è forte non si può spezzare, riferimento all’episodio di Calenzano naturalmente, è necessario arrivare a tanto? No, il pubblico ministero ha offerto effettivamente una strada brillante ci ha detto non è necessario arrivare a tanto perché c’è l’unicità dell’arma, unicità del mezzo, unicità della mano, la mano che ha fatto le scissioni pienamente compatibili con le altre e qui basta andare a leggere l’ampia perizia per la vicenda Baldi Cambi, ci dice ancora il pubblico ministero non è casuale il fatto che sia avvenuto proprio lì e qui giocano dichiarazione rese da Vanni e da Pacciani al Lotti “l’hanno fatto lì perché era a 800/900 m in linea d’aria dal luogo dove egli abitava” la località le Bartoline mi allora il pubblico ministero che è uomo dotto ci mette in campo i riscontri per traslazione, effettivamente la giurisprudenza in quel senso è ammissibile quando si è provato un episodio con certezza e provata poi la continuazione possibile traslare agli altri, è nata certo in materia di mafia questa giurisprudenza ma però questa giurisprudenza esiste. Io credo che però voi possiate verificato quell’appunto possiate percorrere un’altra strada, una strada che è percorribile alla luce della normativa sul concorso, cosa vuole in fondo il legislatore quando si occupa del concorso? Cosa vuole in fondo? Vuole che tutti i concorrenti abbiano realizzato un contributo causale, abbiano fatto qualcosa in quella vicenda, questo è il vero nucleo forte del concorso e allora se io dimostro che Faggi ha dato un contributo causale nell’omicidio del 1981 a Calenzano io allora avrò dimostrato il concorso ed il PM ci dice che effettivamente l’omicidio di Calenzano avvenne in quel luogo perché quel luogo distava 800 m 1000 m in linea d’aria dalla casa del Faggi, però sapeva Faggi che cosa facevano? Qui ci sono quattro elementi a mio avviso che giocano, primo, gioca temporalmente prima la consuetudine a darsi appuntamenti in giorni, orari e luoghi misteriosi ma per fare che cosa? Non è chiaro voi certamente avete in atti ma almeno leggere quei due famosi biglietti così un linguaggio di una tale intimità e anche permettetemi di un vago sapore allusivo che è ancora una volta inquietante “fammi sapere quando devo venire nuovamente ti saluto tanto” e poi ancora nella cartolina “scrivimi dimmi quando devo venire il giorno e l’ora pressappoco e dove” se leggessimo normalmente non avrebbero nessuna valenza ma se lì leggiamo in un certo contesto ne possiamo valorizzare il significato semantico ultimo. Secondo elemento, gioca quella inquietante annotazione relativa al 23 ottobre del 1981 ripeto “bella girata a Travalle” perché l’ha scritta sennò? Ripeto il giorno in cui furono massacrati quei ragazzi. Terzo elemento direi non meno importante gioca soprattutto la frase di Lotti che dice in sostanza per scriverlo in italiano me lo sono appuntato in modo da non ripetere il linguaggio pure espressivo talora impreciso ma talora anche molto espressivo di Lotti “fu Faggi ad indicare il luogo e l’ora consueta delle vittime di Calenzano” fu Faggi a sceglierle, e come potrebbero aver fatto diversamente? Andare così lontano da dove stavano i Sancancianesi, che erano un’associazione criminale la quale aveva e lo vediamo che quando funziona bene i colpi riescono, hanno i pali, hanno chi va a vedere le persone, controllano 1, 2, 3, 4 volte, tant’è vero che quando non si fa e probabilmente non lo si è fatto non solo perché non abbiamo la prova ma non si è fatto allora il colpo non riesce bene, cos’altro andava a fare Faggi? Era il basista di questa vicenda, era il palo, era soprattutto colui che li ha indicati, è lui che ha messo la sentenza di condanna a loro carico, quindi organizzava il servizio di segnalazione. Ancora infine l’offerta della casa per lavarsi le mani. A questo punto direi che posso concludere la mia conclusione dicendo una cosa sola, Giovanni Faggi fu davvero ripeto la guida sanguinaria di una bella girata di morte, il dito di Faggi condannò quella coppia e gronda sangue altrettanto come il dito di chi sparò e allora se questo non basta per il concorso che cos’altro vogliamo? Permettetemi di leggere le mie conclusioni, vuole l’eccellentissima Corte di assise di primo grado di Firenze affermare la penale responsabilità degli imputati Mario Vanni e Giovanni Faggi e per l’effetto condannarli alla pena che riterrà di giustizia, voglio inoltre condannare gli imputati in solido al risarcimento dei danni tutti morali e materiali, patrimoniali e non in favore della parte civile costituita Iolanda Cardini vedova Baldi da liquidare in via equitativa o da rimettere alla liquidazione del giudice civile, concedendo comunque alla parte civile una provvisionale immediatamente esecutiva di lire 500 milioni, voglio infine condannare gli imputati Mario Vanni e Giovanni Faggi in solido al pagamento delle spese di costituzione difesa della parte costituita come da conteggio qui specificato.
Presidente: Avvocato Saldarelli.
Avv. Luca Saldarelli: Signori della corte rassegno le mie conclusioni come da documento scritto che porterò al termine del mio breve dire. Chi vi parla non voglio dire che sia la memoria storica di questa vicenda complessa che si è sviluppata negli anni sia da un punto di vista della commissione di questi gravissimi delitti sia nell’evoluzione delle indagini ma certamente poco ci manca, ricordo che intervenni in casa Cambi la mattina nella quale venne dato alla signora Nencini la madre della povera Susanna la notizia del rinvenimento del corpo della figlia così orrendamente
…. e si è riusciti a all’esito di questo processo si è stabilire ad esempio il come il dove e quando così come un processo può anche rispondere al perché cioè il movente ma non è indispensabile che questa risposta intervenga perché l’accertamento è pur sempre il frutto di umana valutazione e dello sforzo che ciascuno di noi cerca di fare per arrivare a quella che è la verità o ad una parte della verità, il movente può anche rimanere del tutto sconosciuto, ci sono molti episodi di grave criminalità il cui movente può essere solamente ipotizzato, in questo processo non è neppure così perché in questo processo voi avete delle risposte precise anche sul movente, ad esempio, perché non vi è dubbio che è la stessa progressione cronologica e fattuale degli episodi che oggi sono alla vostra conoscenza assieme a quelli per i quali oggi non è processo ma è stato processo che ad esempio vi da un indicatore assolutamente chiaro e cioè sull’esistenza di plurimi moventi e sulla evoluzione dei moventi, ricordo a me stesso ad esempio come si è passati dall’omicidio puro e semplice per arrivare all’omicidio con vilipendio di cadavere, ricordo il tralcio di vite infilato in quella che poi sarà la parte escissa nei successivi omicidi, non è un fatto del quale oggi questa Corte è chiamata a giudicare ma può conoscerne per arrivare alle scissioni di parti anatomiche del corpo femminile, è un’evoluzione, una modificazione e un’integrazione di più moventi certo che l’atteggiarsi degli omicidi e per certo significativo di un cambiamento e così come non si può non accennare perché è un dato di fatto abbastanza oggettivo che alcuni di questi omicidi sono stati commessi per tutt’altri moventi, non presentano escissioni, direi che presentano anche modalità di attuazione forse assai più superficiali ma sono semplici indicazioni che io intendo dare alla Corte, in alcuni processi molti processi non si è neppure in condizioni di stabilire un movente, nell’ambito di questo procedimento sono emersi per certo sia attraverso le dichiarazioni dei protagonisti sia dai rilievi obiettivi dei fatti sono emersi più moventi tra di loro per certo non conflittuali ed incompatibili, moventi ai quali hanno fatto riferimento i colleghi che mi hanno preceduto e lo stesso signor pubblico ministero, a me era bastato contrassegnare alla Corte come proprio nella evoluzione di questi fatti, direi nel comportamento complessivo di quello che noi oggi possiamo a buona ragione definire un gruppo integrato o integrabile di criminali evoluzione che nel tempo ha avuto. Quindi il processo può dare anche solo alcune risposte, non le deve dare tutte, anche perché spesse volte i limiti dell’accertamento umano sono tali da non consentire di dare esaustiva e completa risposta a tutti i quesiti che pur legittimamente debbono essere affrontati e discussi in un processo, ciò non vuol dire però che la risposta a quei quesiti ai quali ho poc’anzi fatto riferimento e la mancata risposta ad altri quesiti determini una sorta di insanabile contraddizione nell’ambito di un giudizio che ripeto in quanto umano è pur sempre un giudizio limitato. Allora noi ci accontentiamo di avere solo alcune risposte nella speranza a questo punto fondata che probabilmente nel corso dei prossimi anni e all’esito di future indagini sapremo anche qualcos’altro, le risposte che noi oggi chiediamo alla Corte e sulle quali riteniamo di poter seriamente ottenere giustizia si riferiscono essenzialmente al chi, cioè chi è l’autore degli efferati omicidi dei quali si è discusso in questo processo, sgomberando ovviamente il campo subito perché non credo meriti neppure di soffermarcisi ulteriormente su quella che può e deve essere definita compatibilità d’autore che è concetto assolutamente diverso dal cosiddetto tipo d’autore che io personalmente mi guarderei bene dal proporre ad una corte, cosa vuol dire compatibilità d’autore? È un concetto molto semplice cioè è necessario ad avviso di chi vi parla arrivare quantomeno ad un dato di certezza che non è assolutamente esaustivo ma oserei dire che è prodromico e cioè che i fatti dei quali si discute, i gravi fatti di sangue con quelle connotazioni che ormai risultano accertate nella loro massima parte siano astrattamente riferibili ai soggetti oggi imputati e siano ad essi alla loro personalità compatibili, solo questo perché mi troverei a disagio e lo ripeto e lo sottolineo a dover affrontare un processo nell’ambito del quale dovessi come conclusione finale dire è vero ci sono degli elementi a carico di questi soggetti però la personalità per quello che si è evidenziato nel corso delle indagini e del dibattimento non appare compatibile con i fatti dei quali lo stesso è chiamato a rispondere, quindi è una valutazione astratta, è una valutazione fatta come primo scalino oserei dire di cautela e di prudenza al fine di passare all’ulteriore passaggio e cioè se al di là di questa compatibilità astratta esistono poi dei riferimenti oggettivi tali da ritenere costoro effettivamente gli autori di questi fatti, mi sia consentito fare questa piccolissima digressione perché sul punto vorrei che non sorgessero equivoci, nessuno ha mai inteso parlare di tipo d’autore, nessuno ha mai inteso fare ricorso a categorie che non mi appartengono per cultura e non appartengono neanche alla nostra civiltà giuridica, quello che si è detto è certamente una serie di omicidi che ha delle caratteristiche complesse tanto complesse quanto sono i moventi emersi ad oggi salvo quelli che potrebbero emergere successivamente che richiedono inevitabilmente da parte di colui o coloro che li hanno commessi una struttura quantomeno psicologica tale da poter essere compatibile con i fatti di cui si discute. Credo che il processo abbia evidenziato al di là di ogni possibile dubbio l’esistenza di questa compatibilità astratta, ci sono le consulenze in atto, ne hanno parlato direi con dovizia di particolari il pubblico ministero e i colleghi di parte civile sia con riferimento al Vanni, sia con riferimento a Lotti, sia con riferimento al Faggi, il mondo è quello, l’ambiente è quello, le devianze sono quelle, la carica di violenza è sicuramente quella ed è un livello tale da consentire oserei dire una valutazione sempre aprioristica e con quel livello di cautela da definire gli attuali imputati sicuramente compatibili con i fatti dei quali sono accusati. Per questo difensore diviene quindi difficile fare una sorta di cernita di quegli elementi che intende sottolineare alla Corte come criteri di sicura guida nella valutazione di queste responsabilità, correrebbe per certo il rischio di una inutile ripetizione probabilmente fatta anche in maniera meno brillante rispetto a come è stata fatta dal pubblico ministero e dai colleghi che lo hanno preceduto salvo che non voglia fare una anodina elencazione di elementi da consegnare alla Corte per la sua propria valutazione e questo non intende fare questo difensore, questo difensore intende fare un’altra cosa perché ritiene che questo processo al di là della complessità degli atti dell’istruttoria dibattimentale doverosa perché si discute di una serie di duplici omicidi, del fatto più grave accaduto nel nostro paese ha detto il professor Buena negli ultimi cinquant’anni io oserei dire da che la storia giudiziaria in qualche modo si è interessata delle vicende umane, non a caso il processo Pacciani è stato seguito da tutti i mass media del mondo, proprio per la anomalia e per le novità del caso. Dico ma al di là di questo e quindi della doverosità di una indagine penetrante su tutti gli elementi che il signor pubblico ministero ha offerto all’attenzione della Corte debbo dire alla Corte che questo è un processo di una semplicità disarmante, talmente disarmante da rendere per questo difensore difficile proporre alla Corte un discorso complesso ed articolato, perché è di una semplicità disarmante? Perché io credo che volontariamente o involontariamente il signor pubblico ministero nella contestazione dei reati abbia chiaramente indicato qual è la fonte di prova principe di questo processo e quali sono gli elementi assolutamente incontrovertibili di questo processo, enunciando come primo fatto contestato agli imputati l’omicidio degli Scopeti, da lì che si deve partire perché tutto il resto sono conseguenze di ordine logico, di ordine cronologico, di ordine fattuale nell’ambito delle quali i riferimenti che provengono dai molteplici elementi acquisiti al processo servono direi forse a tranquillizzare perché per certo l’esito di un processo di questa mole e di questa gravità deve arrivare anche a tranquillizzare tutti coloro che di questo processo si sono interessati in maniera tale che si possa dire che nulla è stato lasciato di intentato. Ma la soluzione di quei quesiti che mi ero posto poc’anzi è una soluzione poc’anzi è una soluzione direi assolutamente obbligata a meno che non si vogliano stravolgere le regole ermeneutiche del processo, della prova, a meno che non si voglia arrivare a negare valenza di prova a fatti e circostanze che storicamente risultano assolutamente certe e non certe oggi perché risultavano già certe ma era la chiave di lettura che era diversa perché all’epoca e non a caso mi sono permesso di sottolinearlo in buona sostanza venivano eliminati tutti quegli elementi che sopraggiunti turbavano l’equilibrio di una costruzione logica che era quella del serial killer, ma erano elementi già esistenti che hanno subito fortunatamente un attenta rivalutazione rilettura all’esito del processo di primo grado a carico Di Pietro Pacciani tutti elementi già acquisiti nel processo Pacciani, in buona parte oggetto di vaglio dibattimentale/di conferma dibattimentale, il primo di questi elementi direi l’elemento principe direi l’elemento essenziale/l’elemento fondamentale/l’elemento sul quale non è ammessa perché non è ipotizzabile risposta diversa è di una semplicità disarmante, beh il 9 settembre del 1985 Giancarlo Lotti era a Scopeti e si ha un bel dire in questo processo valutiamo le prove, non valutiamole, eccetera, Giancarlo Lotti la sera sapremo poi che c’era andato due volte ma sicuramente in occasione dell’omicidio era presente in Scopeti, risulta questo non dalle dichiarazioni di Giancarlo Lotti signori della Corte, risulta da una serie di elementi aliunde acquisiti da persone certamente al di al di fuori della vicenda da persone che sono del tutto estranee alle parti in causa che contrassegnano un dato oggettivo che ha direi tale e tanta importanza in questo processo da correre il rischio qualche volta di essere così obliterato, no? È come quando si trova davanti a una montagna alta 500 m e si dice che c’è un albero, prima di tutto c’è la montagna no? Bene questo elemento è l’elemento cardine del processo, Giancarlo Lotti la sera dell’omicidio agli Scopeti era lì, mi interessa poco poi quello che dirà, i particolari che riferirà, sono stati oggetto di attento esame da parte del pubblico ministero e dei difensori delle parti civili, mi interessa altrettanto poco se nelle sue dichiarazioni certamente non spontanee perché Giancarlo Lotti non si presenta come Marino sta a 25 giorni dai carabinieri e poi riferisce dell’omicidio del commissario Calabrese, Giancarlo Lotti lo dice “sono stato incastrato” termine che ha una sua direi chiarezza da non consentire ma lo diceva già prima perché noi sappiamo che di alcune confidenze sappiamo che temeva prima o poi di essere in qualche modo individuato, il dato oggettivo che a me interessa è che Giancarlo Lotti era gli Scopeti quella sera perché ivi c’è la sua macchina, la famosa 128 rossa è un dato di fatto oggettivo nel processo che consente di formulare ecco come prova di resistenza, è astrattamente ipotizzabile che Giancarlo Lotti quella sera fosse lì per altre cose no? Non a caso ho fatto riferimento a quella regola generalissima ma spesse volte dimenticata del id quod perunque acidit cioè ogni cosa, ogni fatto, ogni accadimento va interpretato direi secondo la normalità, secondo ciò che accade in natura perché le spiegazioni alternative astrattamente ipotizzabili possono essere molte ma per certo non solo riscontrabili in natura di tal che queste spiegazioni non hanno dignità, di alternatività, beh Giancarlo Lotti avrebbe potuto dire tante cose, poteva dimostrare di essere andato lì con un amico, poteva dimostrare, non dimostra nulla, perché non dimostra nulla? Perché noi sappiamo per certo come in certe ore si vada in certi posti solo per fare certe cose, soprattutto da parte di chi come i personaggi di questo processo di chi era ad uso a fare certe cose, perché si andava a guardare le coppiette, a molestare le coppiette, a volte a fare di peggio come accadde quella sera agli Scopeti, questo è un dato talmente imponente che di fatto travolge ad avviso di questo difensore ogni perplessità in ordine alla valutazione dell’attendibilità del Lotti, in realtà la prova che Lotti sia coinvolto nell’omicidio degli Scopeti ci proviene da fatti e circostanze che prescindono dalle dichiarazioni del Lotti, che prescindono dalle successive ammissioni e confessioni del Lotti che aggiungeranno solo qualcosa, che spiegheranno come è successo, che indicheranno chi era coinvolto, ma è tale e tanta l’evidenza della prova da consentire di fare una prima iniziale affermazione in risposta a quel quesito che avevo poc’anzi formulato, chi cominciamo a dire che quella sera agli Scopeti c’era Giancarlo Lotti, dirà la Corte beh detto questo si afferma la penale responsabilità di Giancarlo Lotti perché con riferimento agli altri e no, no perché quell’omicidio se non vado errato è stato commesso con la stessa Beretta calibro 22 che ha materialmente ucciso negli altri omicidi, perché in quell’omicidio sono avvenute le escissioni di parti intime della povera Nadine, perché in quell’omicidio come mi sono permesso poco fa di sottolineare alla Corte per certo gli autori erano sicuramente più di uno proprio per le caratteristiche di quell’omicidio, proprio per la necessità di essere più di uno proprio per la impossibilità di un controllo della situazione come avrebbe potuto essere negli altri omicidi nei quali ripeto e sottolineo si andavano ad uccidere due soggetti chiusi in una scatola, impossibilità di muoversi e reagire. Quindi insieme a Giancarlo Lotti c’era per forza qualcun altro, c’era qualcun altro, sappiamo che c’era Pietro Pacciani e sappiamo che c’era Vanni sicuramente ma perché lo sappiamo? Perché a questo punto io credo che la Corte abbia la possibilità sotto un profilo proprio logico, una volta accertata la presenza fisica di Giancarlo Lotti quella notte agli Scopeti, presenza fisica che poi egli Giancarlo Lotti dovrà ammettere non ha altra possibilità che accettare le dichiarazioni che su quell’episodio e sugli altri episodi Giancarlo Lotti farà, ed è importante che per la presenza fisica di Giancarlo Lotti quella sera agli Scopeti la Corte non debba fare riferimento alle dichiarazioni di Giancarlo Lotti perché il dato fattuale è un dato fattuale puro neppure da un punto di vista di ipotesi inquinato o inquinabile perché è quel dato di fatto che poi consente una volta controllata la lealtà di Giancarlo Lotti nella sua dichiarazione confessoria di essere stato presente lì consente di dire che Giancarlo Lotti preferisce cose vere anche in relazione agli altri soggetti di questo processo. Non è signori della Corte che particolari tutto sommato insignificanti, oserei dire anche sottili disquisizioni ancorché di natura tecnico scientifica ma che comunque hanno semmai il pregio di porre il problema ma sicuramente non di risolverlo possono incrinare quello che Giancarlo Lotti vi ha detto e guardi la Corte io non ho fatto ricorso a criteri interpretativi ormai consolidati nella giurisprudenza della Suprema Corte perché altrimenti quello che ha detto il professor Voena e l’avvocato Ross prima di me sarebbe stato assolutamente sufficiente, mi sono permesso di dire alla Corte e di sottolineare alla Corte come si sia arrivati alla presenza di Giancarlo Lotti in quel di Scopeti la sera di settembre di quell’anno direi aliunde per altre circostanze, per altri fatti, per altri accertamenti, dico non saranno certamente sottili disquisizioni tecniche o scientifiche ad incrinare l’attendibilità di Giancarlo Lotti. Si è parlato a lungo della possibilità che alcune di queste sciagurate vittime nell’esalare l’ultimo respiro riuscissero a pronunciare gemiti, urla, oserei dire che da un punto di vista scientifico tutto è possibile, non è certamente escludibile che abbiano avuto la possibilità di fare un ultimo urlo prima del definitivo silenzio, d’altra parte ricordavo a me stesso che nel leggere alcune cronache sulle esecuzioni capitali ad esempio si narra che un famoso pirata giustiziato con la decapitazione in un’isola dei Caraibi dopo la decapitazione riuscì a percorrere 12 passi, questo per dire come egualmente da un punto di vista fisico le reazioni del corpo umano siano delle volte impressionanti, certamente nessuno potrà dirci, nessuno potrà farci credere con assoluta certezza che quelle vittime non siano state assolutamente in grado di esprimere quell’ultimo grido, quell’ultimo lamento, anche se mi venissero portati su quella sedia fior di scienziati dovrei concludere che è possibile, questo è quanto basta. Perché ho fatto riferimento a questo fatto del tutto marginale? Perché la Corte si deve guardare dal rendere significativi fatti o aspetti che restano nella loro marginalità relegati al novero della mera ipotesi renderli così significativi da trascurare la valenza di quegli elementi che sono la base di questo processo e sono gli elementi che vi ha indicato il pubblico ministero, sono gli elementi che vi hanno indicato i difensori di parte civile, sono gli elementi che addirittura trovano una loro conferma laddove c’è ne fosse stato bisogno in quelle trascrizioni di telefonate sulla cui genuinità direi non vi è alcun motivo di discutere emergendo la stessa proprio dal tenore della conversazione e se Lotti a questo punto era lì quella sera non poteva che esserci con quelle funzioni e con quel compito che egli si è assegnato ma che noi ricaviamo anche questa volta inevitabilmente da una serie di valutazioni complessive perché Lotti Giancarlo più di quello che ha fatto non poteva fare, perché nel gruppo era per così dire il mozzo, era l’elemento sicuramente utile, sicuramente succube, sicuramente servizievole e sicuramente tale da prestarsi ad una serie di compiti, l’elemento al quale tra l’altro in occasione dell’omicidio dei due tedeschi si arriverà a mettere in mano la pistola per fargli fare quel salto di qualità che poi farà dire allo stesso Lotti mi hanno incastrato ma Lotti quello poteva fare, non poteva certamente né organizzare, non poteva certamente pianificare, non poteva certamente avvalersi egli personalità succube della collaborazione di altri che per certo avevano personalità molto più forte di lui e allora vedete come torna tutto? Torna il discorso che vi fa Lotti su quelle che sono state le sue mansioni nell’ambito di questi omicidi perché quello poteva fare Lotti e quello gli è stato fatto fare ed allora siccome Lotti per certo non può aver sparato se non occasionalmente ai giovani tedeschi e siccome Lotti non può avere formulato l’ideazione di questi piani, siccome il Lotti non può certamente aver personalmente provveduto a quelle scissioni è evidente che i ruoli che egli attribuisce nell’ambito della primitiva grezza ma forte struttura associativa di questo gruppo sono ruoli assolutamente realisti che non vanno al di là di quello che noi abbiamo acquisito in questo dibattimento e che non trovano la minima scalfittura in quella che è stata quella valutazione di compatibilità alla quale ho poc’anzi fatto riferimento. Allora, ed ho concluso, cosa vuole di più una Corte d’Assise per arrivare ad affermare la penale responsabilità degli imputati? C’è la prova della presenza fisica di uno di essi sul luogo dell’omicidio in occasione dell’omicidio, prova che è stata ricavata ed è ricavabile da circostanze indipendenti ed autonome dalle dichiarazioni di esso imputato, c’è una confessione in ordine alla quale molto è stato detto e forse non tutto ma che per certo ha quelle caratteristiche che il signor pubblico ministero vi ha connotato ed è la confessione di chi progredisce all’esito di precise ed invincibili contestazioni, c’è una confessione, c’è una chiamata in correità, oserei dire che c’è qualcosina di più perché la Corte andrà a rileggersi gli interrogatori ad esempio di Vanni e ivi troverà una serie di conferme alle indicazioni che Lotti ha fornito nelle sue dichiarazioni, ecco perché dico che questo in fin dei conti è un processo semplice perché si basa su fondamenta solide, perché parte da un fatto l’omicidio degli Scopeti in ordine al quale la Corte deve anche tener presente questo, è l’ultimo della serie, vede i suoi protagonisti forse commettere una serie di errori per eccesso di fiducia, forse non più nel pieno delle loro capacità fisiche, forse con la maggior partecipazione della banda di talché aumenta il margine di errore, omicidio anomalo rispetto agli altri perché è stato un salto di qualità da parte di questa banda proprio per le modalità esecutive soprattutto per la scelta dell’obiettivo, ripeto e sottolineo, di maggior impegno e certamente con maggiori difficoltà di controllo ed è l’omicidio nel quale forse vivaddio una volta per tutte le indagini sono state fatte a livello degli accertamenti immediati forse in maniera più serie e più approfondita e non come alla fiera dei brigidini come ebbe a dire nella sentenza la Corte di assise di primo grado in quel processo dove non furono acquisiti elementi oggettivi perché arrivavano tutti, calpestavano per terra, sporcavano, ecco l’omicidio della giovane coppia francese in quella tenda rappresenta forse uno sforzo eccessivo per questa banda, gli impone la commissione di alcuni errori, gli impone soprattutto una maggior presenza sul luogo che verrà vista, verrà segnata, verrà connotata e verrà riferita ecco perché si deve partire dall’omicidio degli Scopeti, si devono individuare quelle che sono le responsabilità e le partecipazioni in quell’omicidio e se per il racconto che di quell’omicidio fa il Lotti le cose tornano e tornano al di là dei particolari che ripeto a distanza di 11/12 anni possono anche sfuggire o sovrapporsi nella memoria eh perché questa è gente che non ha mica fatto solamente un omicidio, ne ha fatto più d’uno forse ne ha fatto anche qualcun altro che noi non conosciamo ancora o in relazione al quale l’autore è ancora del tutto sconosciuto, magari usando altre armi, qualche volta i particolari si possono sovrapporre, rimane il fatto storico nella sua gravità e nella sua rilevanza psicologica a rimanere contrassegnato ma se quello che il Lotti dice a proposito dell’omicidio di Scopeti torna e abbiamo visto che torna perfettamente su tutto allora il Lotti diventa direi automaticamente altrettanto credibile per gli altri episodi così come è un dato di fatto accertato che sia stata la stessa arma a colpire in tutti questi episodi e la regola del buonsenso id quod plerumque accidit la impossibilità di ipotizzare una diversa ricostruzione dei fatti, una diversa collocazione degli attuali imputati nell’ambito di queste vicende, l’impossibilità di ipotizzare per costoro una estraneità ai fatti perché tali e tanti sono i riferimenti anche soggettivi fatti da costoro agli episodi di cui si discute va a dimostrarne al di là di ogni dubbio il loro intrinseco e indissolubile collegamento. Questa difesa pertanto conclude per la condanna di tutti gli imputati.
Presidente: Allora si va domani mattina alle 09:00, a parlare c’è Zanobini, Bertini, Bagattini bisogna avvertire Bertini e … l’udienza è tolta.