2 Marzo 1998, 61° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni, Giancarlo Lotti e Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.
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Avvocato Sigfrido Fenyes, Avvocato Federico Bagattini
Presidente: Buongiorno, presente il Vanni, Fenyes mi sostituisce anche l’avvocato Filastò e Mazzeo va bene? Presente anche il Lotti stamattina, Bertini, le parti civili ormai hanno parlato tutti va bene, Va lei Avvocato?
Avv. Sigfrido Fenyes: Si signor presidente, signor giudice a latere, signori giudici popolari, nell’accingermi a parlare in difesa di Giovanni Faggi debbo innanzitutto ringraziare il presidente della Corte per la pacatezza e la serenità con la quale è stato condotto questo dibattimento, pacatezza e serenità della quale non avevamo motivo di dubitare, un dibattimento nel quale a ciascuno è stato dato il proprio spazio, è stato dato seguito ad ogni istanza rilevante senza nulla trascurare al fine esclusivo come l’esito dal presidente più volte ricordato per l’accertamento della verità, la ricerca della verità ha guidato e guida anche l’agire del pubblico ministero per quanto riguarda la nostra posizione, portatore pubblico ministero di un interesse pubblico, un interesse della collettività e non degli interessi di parte singolaristi appunto delle parti private, questo gli impone la legge e questo lo dico naturalmente per i giudici popolari gli impone anche il codice che lo obbliga alla ricerca anche di prove a favore dell’imputato. A lui diamo atto di una prova come egli stesso l’ha definita di onestà intellettuale, onestà intellettuale che in assenza di elementi di colpevolezza dell’imputato Giovanni Faggi ne ha chiesto l’assoluzione e noi a questo punto vorremmo sulla strada già dal pubblico ministero tracciata e senza venir meno ad una impostazione difensiva originaria che la Corte avrà senz’altro avuto modo di osservare offrire alla Corte medesima qualche elemento in più, qualche spunto di riflessione ulteriore teso ad evidenziare l’assoluta estraneità di Giovanni Faggi ai fatti a lui contestati e due allora sono gli ordini di considerazioni che proporremo all’attenzione della Corte, il primo trattato da chi vi parla che pur mantenendo un atteggiamento di riconoscimento della sostanziale credibilità di Giancarlo Lotti si pone in maniera più critica rispetto a fatti e circostanze che in qualche maniera potrebbero essere date per scontate e che fatti e circostanze scontate non sono, questo nella speranza di offrire come dicevo spunti di riflessione alla Corte tesi ad una valutazione corretta e puntuale di tutti gli elementi che questo processo ha offerto. Dicevo questo primo ordine di considerazioni si concretizza in un interrogativo, il Giovanni di Calenzano di cui parla Giancarlo Lotti è veramente Giovanni Faggi, il secondo ordine di considerazioni sarà trattato dal collega che mi segue e che invece quello che di colui che tutto concede alle ipotesi accusatoria e che ammette quindi che possa essere Giovanni Faggi e anche ammettendo questa circostanza evidenzierà come non sussista elementi per poter dire che Giovanni Faggi abbia in qualche maniera concorso nei reati di cui si vede accusato. Dunque allora il punto di partenza non potrà che essere Giancarlo Lotti, Giancarlo Lotti inquietante protagonista di questo processo, cosa ci ha detto il pubblico ministero di questo soggetto nella sua requisitoria? Ha parlato di imputato leale, senza una verità preparata, un uomo che stretto dall’evidenza ha parlato in un progressivo cammino di collaborazione, di persona sostanzialmente convincente, nei confronti della quale occorre avere un debito di credibilità, un debito di credibilità assoluto laddove Lotti abbia visto in prima persona, una credibilità da riscontrare laddove Lotti racconti fatti a lui raccontati ed allora occorre subito mettersi in guardia per un rischio che potrebbe insidiarsi in questa impostazione e cioè quella di prendere per buono tutto quello che dice Lotti non dimentichiamoci non devo dirlo io la particolarità del soggetto tutt’altro che facile, tutt’altro che tranquillizzante, la particolarità già avvertita dal pubblico ministero nelle indagini preliminari tanto che lo ha sottoposto al vaglio critico di consulente, i quali hanno concluso come tutti sappiamo e non sto qui a ripeterlo, hanno concluso conferendo a Lotti sostanzialmente una patente di credibilità che però dobbiamo riguardarci da ritenere blindata ed inattaccabile, grazie ad un soggetto del genere cioè occorrerà allertare i nostri sensi critici per valutare fin dove è credibile, dove è credibile, dove non lo è, ed allora occorrerà quindi riflettere su questa progressione del Lotti in questo suo atteggiamento collaborativo per individuare un limite, un punto di vertice oltre il quale il Lotti non è più credibile, oltre il quale il Lotti contraddice se stesso, perché il rischio sarebbe quello che ogni volta che sentiamo il Lotti possa aggiungere fatti, nomi, cognomi, circostanze e mestieri, se per avventura dovessimo celebrare un altro dipartimento verrebbe a raccontarci magari di altre persone, magari di altri fatti senza preoccuparsi minimamente che questi fatti, questi nomi, queste persone e queste circostanze tornino con quello che è stato sempre detto e sul quale ormai non c’è più nulla da dire, ripeto pur ammettendo una sostanziale credibilità del Lotti ed allora non intacchiamo la questa sostanziale credibilità e a tutto concedere prendiamo per buono il Lotti dell’incidente probatorio culmine di questa sua progressione catartica di collaborazione allorquando consegna ad un giudice la sua verità, al giudice per le indagini preliminari. Se così è vediamo allora se è sostenibile l’equazione che il Lotti ci offre, Giovanni di Calenzano con una 131, buco uguale a Giovanni Faggi, circostanza come accennavo prima da lui non direttamente percepita ma appresa da altri e sulla quale quindi occorrerà come dicevo prima allertare i nostri sensi critici, essere più rigorosi sia nel valutare l’attendibilità intrinseca del Lotti sia nel reperire riscontri esterni a quanto lui ci viene a raccontare, perché laddove non ha visto come sappiamo il Lotti prende come dice il pubblico ministero onestamente le distanze “così mi hanno detto” “così mi hanno raccontato poi non lo so” quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase dal Lotti ed allora andiamo a vedere che cosa dice il Lotti nell’incidente probatorio, a carte 87 dell’udienza del 19 Febbraio 97 incidente probatorio “mi dissero loro parlando dell’episodio di scoperte che c’era un certo Giovanni mi pare Giovanni però il cognome non lo so” la domanda del pubblico ministero “non lo sa e cosa faceva questo Giovanni di Calenzano?” “ma di lavoro” Si” “di lavoro non lo so” e poi dice che non l’ha mai conosciuto, riferisce poi una frequentazione e a carte 92 ribadisce “questo mi hanno detto che era questo Giovanni però il cognome non lo ricordo” e il pubblico ministero gli chiede “non l’ha visto, le hanno detto che macchina aveva? Se aveva una macchina questa Giovanni?” “mah un giorno Mario mi ha detto che aveva una 131” a carte 93 dello stesso incidente probatorio stessa udienza il pubblico ministero chiede a Lotti “senta una cosa è questo 131 le hanno detto se aveva questo particolare che era buco oppure no? Lei lo ha capito così lei?” e Lotti risponde “mah se uno mi fa il discorso e dice che è buco è segno ci credo da questo punto non lo so” bene si evidenziano allora quindi gli elementi di questa triade Giovanni di Calenzano, 131, buco e qui potrebbe essermi mossa un’obiezione plausibile e legittima secondo la quale mi potrebbe essere contestato ma il Lotti al dibattimento ha parlato di Giovanni Faggi e che faceva il rappresentante e andiamo a vederlo che cosa ha detto al dibattimento a carte 6 dell’udienza 27 novembre 97 alla domanda del pubblico ministero “le hanno raccontato o le ha raccontato Mario Vanni e Pacciani se loro conoscevano qualcuno a Calenzano? e Lotti “un certo Giovanni Faggi” e a carte 10 sempre a domanda del pubblico ministero “sa che mestiere faceva? Loro gliel’hanno detto?” “un certo rappresentante m’hanno detto così” ribadisce poi che non lo conosce che gli hanno detto che era finocchio, beh allora però per quello che si è detto prima occorrerà verificare se questa novità/se questo elemento ulteriore si concilia con quello che Lotti ha sempre detto, se in qualche modo non contrasti con quanto è sempre avvenuto affermando anche in momenti di piena collaborazione cioè laddove la collaborazione era matura, dove aveva già raggiunto l’apice, perché è chiaro che se avessi saputo una circostanza del genere l’avrebbe detta prima, nell’incidente probatorio si è detto che cosa ha detto “un certo Giovanni il cognome non lo so, il lavoro non lo so” e prima che cosa aveva detto prima in fase di indagini preliminari, in momenti ripeto già di piena collaborazione, nell’interrogatorio 26 Aprile 96 che la Corte conosce perché ha acquisito a seguito delle numerosissime contestazioni, a domanda del pubblico ministero risponde “il cognome Faggi non mi dice nulla, a Calenzano conoscevo solo il dottore veterinario di cui ho già parlato in precedenza, sono stato anche a casa sua e ho detto il perché” pagina 4 dell’interrogatorio 26 Aprile 96 e a pagina 7 “è vero come ha poi riferito a Pucci a Vanni e Pacciani mi avevano detto che era stato uno di Calenzano ad indicare loro la coppia che fu uccisa, questa persona di Calenzano non era il veterinario Bicchielli che non c’entra niente, mi hanno detto che la persona indicano loro la coppia stava a Calenzano e si chiamava Giovanni io questa persona so solo quello che mi hanno detto Vanni e Pacciani, io questa persona non l’ho mai vista, io questo Giovanni non l’ho mai visto di persona ma loro mi hanno detto che ci veniva a San Casciano Pacciani e Vanni dicevano che era un buco” e successivamente sempre nell’ambito di questa piena collaborazione che lui già aveva reso al pubblico ministero nell’interrogatorio del 12 giugno 1996 “Vanni mi disse che quella notte agli Scopeti c’era il Giovanni di Calenzano per la verità il Vanni mi disse anche il cognome del Giovanni ma io non lo ricordo. Vanni e Pacciani poco dopo mi dissero che il Giovanni lo conoscevano che stava a Calenzano, non mi dissero come lo avevano conosciuto né che età avesse né che mestiere facesse” gli fanno poi vedere la fotografia, quattro fotografie, non riconosce la fotografia di Giovanni Faggi il primo in alto a sinistra e quindi se questo è già un Giancarlo Lotti per così dire al top/al massimo della sua collaborazione occorrerà stare attenti a queste improvvise folgorazioni mnemoniche su nomi cognomi e mestieri. La circostanza è stata contestata da questa difesa nel corso dell’esame al dibattimento e la Corte ha preso atto della contraddizione del Lotti ed è stato anche lo stesso presidente che ha insistito sul punto a carte 3 dell’udienza 28 novembre 97 ed il presidente chiede “allora perché non l’ha detto anche allora il nome e il cognome” allora nell’incidente probatorio e Lotti “perché non mi era venuto in mente” qualche tempo prima “il nome Faggi non mi dice nulla, il cognome non lo ricordo” e poco dopo a carte 6 sempre a domanda dello stesso presidente “lei all’incidente probatorio ha detto di non sapere che mestiere facesse questo Giovanni Faggi” “m’hanno detto questo, rappresentante o coso, di preciso non me l’hanno specificato” beh allora evidentemente abbiamo Giancarlo Lotti che offre dati che mal si conciliano con quello che lui ha sempre detto, addirittura stridono con quello che ci ha sempre rappresentato, ripeto i momenti di piena collaborazione già al culmine di questo cammino che lo ha portato addirittura a confessare le proprie responsabilità ed allora occorre stare attenti perché questi nomi e questi cognomi potrebbero essere frutto di condizionamenti esterni, di deduzioni logiche, di stampa, televisione, di una vicenda processuale vissuta, di ragionamenti fatti più o meno in buona fede dello stesso Lotti certo è che offre dati che non lasciano tranquilli, che lasciano inquietudine e dunque sgombrato il campo da questa obiezione che dicevo legittima e plausibile torniamo all’equazione, Giovanni di Calenzano con una 131 buco uguale Giovanni Faggi, il primo problema è vedere e verificare se l’astratta compatibilità della persona Giovanni Faggi con quella persona che potrebbe evocare il Lotti, la Corte Giovanni Faggi lo conosce, è vero non è venuto/non si è presentato a questo dibattimento e l’argomento sarà più diffusamente trattato dall’amico Bagattini che mi segue ma la Corte dicevo la conosce, lo conosce non solo perché ne conosce l’effigie per averlo visto più volte in fotografia per le numerosissimi passaggi su questi monitor della foto di Giovanni Faggi ma lo conosce anche nei tratti caratteriali perché c’è stato ampiamente e diffusamente descritto dai familiari di alcuni testimoni ed allora ne è emersa una figura di un uomo preciso, metodico, regolare, una persona che lavorava con puntiglio, con meticolosità, che rientrava a casa, che cenava, che tra le 9 e le 09:30 riceveva le sue telefonate, che rigorosamente dopo cena usciva a piedi e andava alla casa del popolo dove rigorosamente sorseggia al massimo un caffè, che malgrado gli altri bevessero come dice il teste Pifi lui non beveva, che al massimo potevamo concedersi un gelato d’estate, che rientrava le 11/11:30 di tutte le sere, un uomo che non ha mai dato in escandescenze, che non ha mai posto in essere comportamenti violenti, un uomo mite, ci dà una bella immagine il teste Pisi un uomo che aspetta anche 15 minuti in macchina seduto con la cintura di sicurezza attaccata per uscire dal proprio cancello perché Pisi sta scaricando il proprio automezzo, un uomo che ha il culto della propria automobile che la lava tutte le domeniche anche se piove allora in questo caso la asciuga in garage, c’è l’ha detto il teste Azzini, un uomo che con un’espressione direi Toscana, nell’accezione Toscana vi prego di prenderla, direi quasi pissero un uomo attaccato alle piccolezze/al particolare, a caricare il pianale dell’automobile distribuendo il peso delle mattonelle, un uomo che ha sempre posseduto una ed una sola automobile per volta, un uomo che come ci dicono i familiari ricostruendo cronologicamente le auto possedute dallo stesso non ha mai posseduto una 131. Allora occorre chiedersi se effettivamente ci sia questa compatibilità come accennava il pubblico ministero tra Giovanni Faggi e personaggi come il Pacciani, che conoscesse il Pacciani è pacifico lo dice Vanni, lo dicono le agende, lo dicono le cartoline, lo dice egli stesso, ma un conto signori della Corte è conoscersi ed un conto è essere compatibili, una compatibilità né esteriore né interiore nell’intimo come ha detto il pubblico ministero non esteriore perché i personaggi che l’accusa ritiene responsabile dei gravi fatti che oggi voi siete chiamati a giudicare sono tutti caratterizzati dalla violenza, una violenza che esprimono non solo nel momento del delitto, una violenza che esteriorizzano quotidianamente nei rapporti familiari, con le proprie mogli, con i propri figli, con gli amici, una violenza ed una dedizione all’alcol, tutti bevono dal primo all’ultimo, tutti si ritrovano nella cantinetta a bere ma Giovanni Faggi non beve e questo c’è l’hanno detto più volte, è un uomo mite, è un uomo che non beve e così nell’intimo, non credo abbiate elementi per dire che sussista una compatibilità tra una personalità come quella di Pacciani e Giovanni Faggi ed a questo proposito il pubblico ministero richiama alle perquisizioni eseguite in casa Faggi dove sono state trovate delle riviste pornografiche, una ventina di riviste pornografiche, e tre se non ricordo male falli di gomma o di legno ma sono rinvenimenti significativi? Cioè il reperire alcune riviste pornografiche nella casa di un uomo di settant’anni significa compatibilità con una personalità come quella di Pacciani? E così i falli di gomma credo, non lo dico per esperienza ma si acquistino in negozi specializzati e che siano oggetti che si comprano e potrebbero nella specie avere una giustificazione nell’età allorquando vengono a mancare certe energie ma i desideri sono sempre quelli di una volta e tantomeno questi rinvenimenti sono significativi di un omosessualità nei falli e nelle riviste pornografiche, tra l’altro le riviste a quello che mi consta, e così parlano i verbali di sequestro, erano riviste sì per soli uomini perché si chiamano così ma non riviste gay, non riviste per omosessuali, il dato sarebbe stato sicuramente posto in evidenza dalla polizia giudiziaria se il rinvenimento fosse stato di questo tipo, ma sull’omosessualità ci dice il pubblico ministero un apporto lo danno i fratelli Giugni figli del Giugni amico di Giovanni Faggi ed allora vediamo che cosa vengono a dire i fratelli Giugni, a carte 66 dell’udienza del 10 luglio 97 Giugni Stefano alla domanda del pubblico ministero “come mai? Era troppo intenso questo rapporto” ed il Giugni rispose “no troppo intenso, il mio Babbo lavorava a turni si ritrovavano la sera, andava fuori, però giustamente anche noi si andava mica a vedere cosa” ed il pubblico ministero “sì ma io le dico solo se è sembrato in famiglia un rapporto anomalo non le chiedo niente di più” “no” rispondi Giugni che ci ha dato noia senz’altro quindi non anomalo e Giugni Tiziano il quale nel corso del suo esame sembra avere l’unico intento di rettificare/di aggiustare il tiro rispetto a come poteva essere stato interpretato in un precedente verbale nel quale era sentito come persona informata sui fatti ed a carte 55 infatti il pubblico ministero chiese “ci può far capire il disagio da cosa era dato?” “Ma non lo so che andava sempre fuori forse via con lui volevo dire sta cosa qui poi altro” ed il pubblico ministero gli contesta quanto egli aveva detto in precedenza nelle fasi delle indagini preliminari “a seguito dell’amicizia con il Faggi ribadisco che erano amici intimi, mia madre Lucia che tuttora vive in più occasioni ha manifestato il suo disappunto per l’amicizia che legava mio padre al Faggi in quanto secondo mia madre i due erano troppo amici, non che mio padre facesse mancare niente famiglia ma difatti in più occasioni mia madre ha litigato con mio padre o comunque discusso animatamente perché era decisamente contraria a quel tipo di rapporto che come ripeto per mia madre i due erano troppo amici e la loro frequentazione andava oltre alla normale amicizia tra due persone, tant’è che al paese la gente mormorava di una loro relazione” e così gli chiede il pubblico ministero più o meno dice il teste Giugni diciamo poi che ci sia stato quello io e il pubblico ministero insiste “però queste cose lei le ha dette alla polizia è così? Questo ho letto” Giugni “io veramente queste non mi sembra abbia detto” poi “ma le leggo un verbale” dice il pubblico ministero “sì sì può darsi qualcosa sì” e quindi rettifica, aggiunge alcuni elementi che debbono ritenersi significativi per la corretta interpretazione di quanto egli vuole dire, i fratelli Giugni in sostanza più che imbarazzati sono rammaricati, rammaricati di un padre che toglieva tempo alla famiglia ed è lo stesso rammarico che aveva la madre cioè la moglie del Giugni, di un uomo che faceva i turni che lavorava e poi anziché stare con la famiglia prendeva e usciva andava con il Faggi e questo costituiva un momento di attrito/di litigio in famiglia sul quale naturalmente i figli pensano, riflettono, rielaborano e che quindi rimane impresso ma questo è il messaggio che hanno inteso dare, un rammarico per il tempo sottratto alla famiglia, non un imbarazzo con una presunta relazione del padre e se questa è l’idea che hanno dato di loro padre di un Giugni che trascura la famiglia non è certo l’idea di un Giugni omosessuale e se i Giugni non hanno dato l’idea di un Giugni omosessuale non hanno dato l’idea neppure di un Faggi omosessuale. Un omosessualità signor presidente e signori della Corte che non si riscontra neppure nella famigerata agenda, dell’agenda tratterà diffusamente anche l’avvocato Bagatti per quanto mi riguarda debbo invitare alla cautela nella lettura di queste pagine per richiamare il personaggio pissero come si è definito prima, personaggio che annota le piccolezze e faccio mie alcune parole dello stesso ispettore Nativi il quale nella missiva d’accompagnamento alle pagine sequestrate dell’agenda credo sia in atto ma ripeto il pubblico ministero non me ne vorrà se le leggo e comunque le faccio mie e ci dice “da un’attenta lettura delle agende che si permette solo nella quasi totalità fitte di appunti tra cui spiccano appuntamenti, forniture da effettuare, persone conosciute anche occasionalmente per eventuali forniture anche di piccola entità eccetera oltre a questo si evidenzia che il Faggi annota in modo certosino ogni cosa gli accada, veda se ad esempio impressioni sul tempo, spese sostenute, qualità di un cliente o di persone conosciute anche occasionalmente, tutto annota” queste annotazioni sono perfettamente compatibili come con il personaggio come c’è stato descritto e come ho cercato di ricordare e leggetela con attenzione questa agenda, leggete, vedrete che non vi sono frasi per esteso, vi sono pennellate di colore, molte delle quali riferite al tempo e allora occorre attenzione evitate di coniugare aggettivi a sostantivi, attenzione ad una punteggiatura che c’è o che non c’è ma comunque deve presupporsi, evitate di attribuire significati reconditi ad aggettivi che questo significato non hanno perché se si lascia spazio alla fantasia il discorso può essere pericoloso, pensate al planning del 1968 costellato da bello freddo bellissimo piove, attribuire significati arbitrariamente può essere pericoloso e così per citarne un’altra andarlo a trovare per materiale Pasquale da Pucci Roberto bel materiale punto bello ma il bello si riferisce al tempo si hanno una serie di notazioni diverse una serie di pennellate riferibili a soggetti diversi, tutte fitte, annotate in modo certosino come ci dice l’ispettore Nativi, quindi tutte certamente compatibili con il personaggio come c’è stato e come lo conosciamo ma non certo inequivocabilmente significative di un omosessualità. Né maggiori certezze ci fornisce l’identikit, anche questo argomento trattato diffusamente dall’avvocato Bagattini, il pubblico ministero parla di somiglianza sorprendente, difficile trovare una somiglianza simile ci dice impensabile che i due Tozzini e Parisi abbiano visto una persona diversa ma qui occorre tener bene in considerazione due dati oggettivi e incontestabili, il primo che l’identikit non è affatto somigliante ed il secondo che i due testi Parisi e Tozzini non riconoscono Giovanni Faggi in fotografia né oggi né allora, e cosa ci dice la Parisi a domanda del pubblico ministero carte 12 dell’udienza 10 luglio 97 “sono caratteristiche fisiche di quel volto che le richiamano globalmente la persona che lei vide?” “non saprei dirlo” risponde la Parisi “ecco lei ha detto questo noto che la persona la parte superiore compreso il naso simile mentre la parte inferiore è caratterizzata da un’evidente pronunciamento delle guance, quindi una differenza” e segue a pagina 13 “tenga presente che una foto di ora appunto cioè la difficoltà è proprio quella capito mi rendo conto però la parte sotto del viso effettivamente non la ritrovo molto” ma qui si parla della forma del volto, il primo dato caratterizzante una persona, specialmente se la si è vista in una frazione di secondo in tempo di notte e vi pare poco? E così è la stempiatura, una stempiatura che la Parisi definisce in senso atecnico per così dire, parla di stempiatura per dire una fronte libera dai capelli, non si sa fino a dove perché c’era il tettino dell’auto che mi parava, perché era notte ma non è una stempiature in senso tecnico cioè un pronunciamento dei capelli sulla fronte in avanti che caratterizza Giovanni Faggi. Altro dato inequivocabile e significativo, del resto i dati forniti per la descrizione non corrispondono alle sembianze di Giovanni Faggi l’età 45/50/55 + 45 però c’è l’ha fatto capire, le sopracciglia che Giovanni Faggi non ha folte, tant’è che dati diversi identikit diversi, gli stessi discorsi ci fai Tozzini seppur più sfumati perché ha meno tempo di vederlo ma il quale ravvisa soltanto un po’ di somiglianza ma ripeto l’argomento sarà trattato più diffusamente dall’avvocato bagattini perché più conferente alle sue argomentazione. Io vengo ad un altro elemento della triade che è la 131, Lotti ci dice un giorno Mario mi ha detto che aveva una 131, ed una 131 con certezza la notte del delitto degli Scopeti c’era, c’è l’hanno detto due testimoni qualificati ed attendibili come ha detto il dottor Giuttari, Taylor e Gracili, persone che con certezza hanno visto una 131 tanto erano certi che hanno discusso a lungo sul colore della medesima, grigio metallizzato o bianca, dato pacifico incontrovertibile sicuro la 131 noi l’abbiamo vista ed una presenza di una 131 è per certo inquietante nella ricostruzione di queste vicende processuali perché cosa ha portato l’accusa in ordine alla riferibilità a Giovanni Faggi di una 131? Nessun elemento, né di natura testimoniale, Lotti e Pucci una 131 non la vedono, né di natura documentale, gli accertamenti al PRA sono stati negativi sul punto, non risulta al PRA Giovanni Faggi intestatario di una 131 né altro elemento di qualsivoglia altra natura e anzi direi che siamo andati oltre l’assenza di riscontri, abbiamo raggiunto la prova che Giovanni Faggi il 131 non l’ha mai avuto perché così ci hanno detto i testimoni, perché hanno ricostruito cronologicamente la successione delle auto posseduta da Giovanni Faggi che nell’85 non aveva una 131 e che non ha mai avuto 131, un Giovanni Faggi che usava solo la sua macchina che non prendeva il prestito macchine da altri, che non dava la sua in prestito anzi si sentiva a disagio se montava sulla 500 della figlia. Ecco allora quindi anche questo elemento della triade tanto forte non è più e sembra crollare. Ma si dice della presenza di Giovanni Faggi a San Casciano, i riscontri sarebbero consistiti nella testimonianza di alcune persone che avrebbero visto Giovanni Faggi in zona per così dire calde in presenza di personaggi pericolosi e via la testa Patierno che viene sentita nel 1996, le viene mostrata una foto di Giovanni Faggi a carte 6 dell’udienza 10 luglio 97 il pubblico ministero le chiede “le è stata mostrata una foto del Faggi che è un imputato di questo processo dalla polizia lei ha detto di averlo visto nei pressi ricorda in che termini?” è la Patierno “io ho detto che mi è parso di averlo visto” “dove lo avrebbe visto?” e lo avrebbe visto nella bottega di Ezio Pestelli bar/alimentari carte 8 della stessa udienza e ci dice “in quel momento cioè io andavo spesso in questa bottega o a prendere un caffè o a prendere un po’ di pane queste cose qui e di persone c’era tante però questo qui mi rimase impresso perché chiedeva sempre il caffè e l’ammazza caffè” ecco perché “perché è insolito chiedere il caffè e l’ammazzacaffè?” ecco la domanda “si chiedeva sempre queste cose e io prendevo un caffè ecco perché mi ricordo, però come ripeto non sono sicura” ecco quindi può essere una persona perché si cambia che gli assomigliasse in qualche modo anche e allora ricordate cosa ci hanno detto i familiari, i testimoni il Pisi? Il Faggi di alcolici non li toccava, poteva capitare che bevesse il dito di spumante nelle feste comandate a Natale, ma anche alla casa del popolo dove tutti bevevano come dice il Pisi il Faggi prendeva solo caffè e la circostanza non è di poco conto e quindi potrebbe avere ragione la Patierno, poteva essere anche uno che gli somigliava poteva non essere lui. Così la Cencin Gina alla quale viene mostrata anche a lei una foto di Giovanni Faggi nel corso del processo Pacciani le vien fatto fare mente locale relativamente ai ricordi del 78, 79, 16/17 anni prima, “l’ho incontrato qualche volta a San Casciano” ci dice “ma io vedevo sempre quelle persone che di solito andavano al bar a San Casciano ove io non la ricordo c’era una bettola dove davano da bere” carte 58 dell’udienza 10 luglio 97 e a domanda precisa “lei era sicura di aver visto questa persona o aveva un ricordo vago?” e la Cencin “io avevo un ricordo vago” e ancor più vago è il ricordo della Sperduto, una donna segnata dalle emozioni dalla vita, il nome Faggi non le dice niente è venuta a dirci “non l’ho mai visto vicino a casa” rappresenta sì l’astratta possibilità di averlo visto eppure se effettivamente fosse stato personaggio protagonista di queste vicende avrebbe dovuto conoscerlo. Maggiori certezze non ci dà neppure Malatesta, Malatesta il quale è venuto a dirci che riconobbe Faggi nel corso di un programma televisivo allorquando fu passata l’immagine della sua fotografia, un programma televisivo sui compagni di merende, lo riconobbe come quello che aveva deposto al processo Pacciani nel 94 seduto con un’agenda sulle ginocchia e allora ricorda di una grossa berlina scura che negli anni 79/80 si aggirava nei pressi di casa sua, nei pressi di casa di sua madre, quando lui aveva 12/13 anni al massimo e a carte 33 dell’udienza 10 luglio 97 si dice “79/80” io le spiego dice il Malatesta “queste sono immagini di un bambino, sono spezzoni, io vedevo questa persona, ho visto il postino, ho visto queste cose qui, questa macchina, poi dopo la connessione è stata fatta da quelle che sono state le indagini quindi comunque cioè questa è una mia considerazione alla luce di quello che so ora capito, mi si è aperto un universo, già erano tragiche le nostre vicende mi si è aperto un mondo/un abisso” la domanda “quindi lei ha dato un significato a quel ricordo di quando lei aveva 12 anni alla luce di quello che successivamente lei ha conosciuto?” “si” risponde il teste Malatesta quindi compie un’operazione pericolosa cioè colloca/attribuisce significati ha dei ricordi necessariamente sfumati di un bambino alla luce di avvenimenti successivi, ricordi che egli stesso poco dopo qualifica come insignificante. Due quindi sono le considerazioni da fare, il primo di carattere oggettivo in ordine alla grossa berlina scura, una grossa berlina scura che negli anni 79/80 Giovanni Faggi non aveva, dice “non mi intendo di macchine” dice il pubblico ministero “ha parlato di Berlino ma sicuramente l’ha descritta come berlina” bene l’ha descritta come berlina ma Giovanni Faggi lo sappiamo in quegli anni non aveva una grossa berlina scura, aveva la opera record chiara familiare così ci dice il Pubblico Registro automobilistico addirittura, così ci dice la figlia Rosetta che ricorda tanto bene quell’automobile perché legata al suo matrimonio, lei si è sposata a cavallo dal 79/80 e quindi poteva non essere lui in quella macchina che ronzava vicino a casa sua e l’altra considerazione è di carattere soggettivo e l’accennavo prima, l’operazione che compie il Malatesta è pericolosa cioè parte si parte da un postulato cioè l’immutabilità di un ricordo ma questo è inaccettabile specialmente in un bambino un ricordo necessariamente sfuma nei suoi contorni e quindi è facile che questo ricordo sia riempito ed impressionato da immagini successive alla luce senz’altro di lavorazioni mentali e processi interiori, di ripensamento, di rimeditazione in ordine a fatti che senz’altro hanno segnato la vita ma il postulato è inaccettabile, il ricordo non è immutabile negli adulti figuriamoci nei bambini 12/13 anni, quante persone avranno frequentato casa sua. Non porta maggiori certezze signor presidente e signori della Corte il teste Nesi il quale ci racconta di aver visto/di aver avuto l’impressione di averlo visto il Giovanni Faggi presso la cantinetta di San Casciano o più probabilmente nella trattoria del ponte rotto zona del Lotti e a carte 14 dell’udienza 4 luglio 97 “comunque questa persona di Calenzano io alla cantinetta al Ponte rotto o al ristorante l’ho vista, io con Faggi non c’ho mai ragionato però vedere l’ho visto, ora se io dissi l’impressione” “quindi non era con lei” “no non era con me era con loro semmai” Vanni e Pacciani “c’era anche lei? Era in compagnia di Vanni in quell’occasione?” “ma può più darsi di Lotti” beh ma allora qui occorrerà riflettere che se era in compagnia di Lotti non l’ha visto il Faggi perché Lotti il Faggi di persona non l’ha mai visto e c’è l’ha detto più volte. Quindi signor presidente e signori della Corte cominciano a sfumare i contorni di questa triade. I profili del Giovanni col 131 di Calenzano sembra non combaciare più perfettamente con quelli di Giovanni Faggi, e s’affacciano su questa scena altri personaggi, altri Giovanni che non solo di Calenzano, altri personaggi di Calenzano che non si chiamano Giovanni e non possono richiamare la famosa telefonata del 24 Marzo il 96 tra Giancarlo Lotti e la Nicoletti dove si parla di un Giovanni Vermigli detto Alberobello personaggio non di poco rilievo perché gli ha fatto conoscere la Filippa, frequenta la casa di Filippa quindi non certo un elemento di contorno ed un certo Giovanni di Arezzo pensionato o non pensionato, Lotti dice l’ho sentito dire era frequentatore della Filippa, si conoscevano tramite Salvatore non certo un personaggio di secondo profilo, vi è un Giovanni orefice di San Casciano e vi sono personaggi di Calenzano che non si chiamano Giovanni, vi sono dei veterinari dai quali si va a comprare delle salsicce senza sapere dove stiano che hanno tante macchine come ci dice Lotti il 26 Aprile 96, vi sono dottori, ginecologi, spuntano numerosi, vi sono altri personaggi di Prato che è molto vicino a Calenzano e in particolare un altro del quale ora non mi faccio il nome perché costituirà oggetto di discussione dell’avvocato Bagattini vero è che comunque questa granitica certezza dell’equazione mostra delle crepe significative, delle crepe che non sono colmate dall’altro grande protagonista di questo processo Fernando Pucci. Fernando Pucci tra le tante e le numerose cose che apprende da Giancarlo Lotti è quella di una persona di Calenzano che sarebbe andato sull’uomo degli omicidi perché gli garbava e così si esprime il 18 Aprile del 96 “Lotti diceva anche che conoscevano una a Calenzano che però io non conosco, era un guardone, Lotti disse che questo era stato presente all’omicidio di Calenzano, Lotti diceva che era un omosessuale non so come lo avevano conosciuto, Lotti mi disse anche che nel 1985 vicino al luogo dell’omicidio dei francesi in macchina c’era anche quello di Calenzano, io non lo vidi ero impaurito, Lotti mi disse ciò dopo l’omicidio la sera stessa mi disse anche che l’avevano chiamato Pacciani e il Vanni, Lotti mi disse che loro tre andavano a trovare quest’uomo a Calenzano, io non ci sono mai andato” e continua dicendo che l’avrebbe visto nella piazza dell’orologio, gli viene chiesta una descrizione dice “su per giù ha la mia età, ha la mia corporatura, è più alto di me che sono 1.70, ha i capelli tirati indietro” gli viene mostrata una foto di Giovanni Faggi la stessa che fu mostrata il 26 Aprile a Giancarlo Lotti, una pagina in cui vi erano quattro fotografie, Faggi, Pacciani, il Vanni e il Nori, e lui dice “forse è il primo in alto a sinistra” innanzitutto dice forse e poi bella forza probabilmente era l’unica che non conosceva e al dibattimento queste circostanze Pucci c’è le conferma, a carte 9 dell’udienza 6 ottobre 97 a domanda dello stesso signor presidente “quello di Calenzano l’ho visto una volta a San Casciano” (salta audio)
Avv. Sigfrido Fenyes: e il pubblico ministero ha sempre riferito che gliel’aveva detto il Lotti, ma signor presidente e signori della corte, il Lotti non ha mai visto il Faggi, non sa neppure come è fatto e non si capisce quindi come avrebbe potuto mostrargli una persona che non conosceva, allora c’è da chiedersi chi effettivamente gli indicò e questa circostanze è pacifica perché Lotti c’è l’ha più volte precisato, è incontestabile, attiene alla sostanziale credibilità del Lotti e lo ha detto al dibattimento il 27 novembre carte 10 “io non l’ho mai vista questa persona, non lo conosco nemmeno” e ancora a carte 10 “ci ha mai parlato?” “no io questa persona non l’ho mai vista” ed il 9 dicembre sempre a dibattimento a domanda dello stesso signor presidente “non l’ho mai visto nemmeno di persona” e nell’incidente probatorio a carte 88 “non l’ho mai conosciuto” e a carte 92 “lo ha visto fisicamente” la domanda “io non l’ho visto” e a carte 93 “non l’ho visto di persona” e negli interrogatori 26 Aprile 96 “non l’ho visto” e non solo gli mostrano la foto “il primo a sinistra non lo conosco” non credo sia necessario ulteriore commento a questa circostanza grave e significativa, certo è un dato su cui la Corte non potrà non riflettere viene a crearsi un’altra crepa lacerante in questa equazione di cui più volte si è parlato e chi indicò allora Pucci? Chi indicò Lotti a Pucci? Non certo una persona che non aveva mai visto né conosciuto, che non sapeva nemmeno com’era fatta in faccia, chi videro il Nesi ed il Lotti alla trattoria del ponte rotto? Non certo uno che Lotti non aveva mai visto, chi vide il Malatesta aggirarsi intorno alla sua casa con una grossa berlina scura? Non certo il Faggi perché non c’è l’aveva, chi vedevano la Cencin e la Paterna a bere? Non certo il Faggi perché il Faggi non beveva, chi è che andavano a trovare loro tre come ci dice il Pucci a Calenzano? Non certo il Faggi perché il Lotti il Faggi non lo conosce e comunque non tocca a me signori della Corte rispondere a questi interrogativi. Vero è che vengono a mancare gli elementi di sostegno a queste equazioni, tutto ciò che doveva reggerlo si è dimostrato poco solido, una compatibilità caratteriale che non c’è, un omosessualità tutt’altro che provata, il possesso di 131 che Faggi non ha mai avuto, delle frequentazioni a San Casciano in ordine alle quali abbiamo solo incertezze, un identikit che non torna, un Pucci che avrebbe dovuto chiudere il cerchio e che lascia ancora più inquieti e allora si aggiungono ulteriori motivi di riflessione per la Corte rispetto a quelli che vi ha già proposto il pubblico ministero, elementi certi, sicuri, inequivocabili per dire che Giancarlo Lotti parla di Giovanni Faggi non li aveva e allora vorrete assolverlo dai reati contestati per non averli commessi grazie.
Presidente: Quanto prevede di parlare lei avvocato?
Avv. Federico Bagattini: Signor Presidente, signori della Corte di Firenze certamente quando il PM vi ha chiesto l’assoluzione di Giovanni Faggi ciò egli ha fatto non per fare un regalo o uno sconto a quel imputato perché sconti o regali a Giovanni Faggi in queste indagini in questo procedimento mai ne sono stati fatti, vi ricordava oltre al dottor Giuttari il dottor Perugini che Giovanni Faggi è entrato nelle indagini relative al prima cosiddetto mostro di Firenze e successivamente ai delitti delle coppiette sin dal 1990, allora quando egli non soltanto fu sottoposto ad interrogatorio ma quando fu perquisito nella sua abitazione e la tensione investigativa su questo personaggio non è mai scesa e neppure è scesa quando Giovanni Faggi fu chiamato a testimoniare nel procedimento/nel processo contro Pietro Pacciani non certamente per fargli un piacere, forse più a disdoro del Faggi che non contro il Pacciani perché forse era Pacciani che poteva giovarsi della conoscenza di un Giovanni Faggi rappresentante di buona famiglia, di estrazione sociale, familiare, economica e quant’altro lontana 1000 miglia da Pietro Pacciani e quindi se esistono delle strategie nella impostazione delle cause certamente quella chiamata nel processo contro Pietro Pacciani era molto più dannosa per Faggi che utile per la accusa nei confronti di Pietro Pacciani. Veniamo successivamente a questa indagine nella quale in virtù delle dichiarazioni di Lotti e di Pucci poi vedremo che tipo di spessore di attendibilità e credibilità quelle dichiarazioni avranno, torna alla ribalta Giovanni Faggi, con un pubblico ministero legittimamente agguerrito contro costui, un pubblico ministero che ne chiede e ne ottiene l’arresto, un pubblico ministero che si è sempre tenacemente opposto a tutte le istanze difensive che richiedevano e reclamavano la libertà di Giovanni Faggi, acquietandosi solo alla fine soltanto quando il giudice per le indagini preliminari non certamente nella prima occasione e sempre sul parere contrario del pubblico ministero ebbe a scarcerare questo imputato, ne ha chiesto e ne ha ottenuto il rinvio a giudizio, avrete poi e l’avete constatavano nel corso della istruttoria dibattimentale come la tensione professionale nei confronti di Giovanni Faggi non sia mai mancata, ricorderete come a ogni testimone dell’accusa non si mancava di chiedere di far vedere la fotografia se per caso fosse conosciuto da quel teste Giovanni Faggi se per caso fosse stato visto in quella piazza dell’orologio di San Casciano all’ombra del quale sembra che tutto ed il contrario di tutto sia successo in questo processo. Allora se alla fine di questa istruttoria dipartimentale dove una storia di 10 anni di indagini contro Giovanni Faggi il pubblico ministero vi chiede l’assoluzione c’è da credere che non si tratti dell’effetto di un regalo o di uno sconto ma soltanto di applicazione di senso critico e come ricordava l’amico e collega Sigfrido Fenyes di onestà intellettuale, il senso critico signori giudici nel riconoscere intimamente che nei confronti di questo imputato non sussistono elementi di responsabilità e l’onestà intellettuale che poi per dirla con Pirandello si traduce in piacere dell’onestà di proclamarne e di richiederne pubblicamente l’assoluzione. Come avete avuto modo di constatare un analogo atteggiamento non è stato tenuto dalle parti civili e qui non si tratta di discutere se i rappresentanti delle parti civili siano portatori o capaci dello stesso sforzo/degli stessi valori mostrati dal pubblico ministero, senso critico ed onestà intellettuale, non è questo il punto signori giudici, il punto è completamente diverso ed altro, il fatto è che il pubblico ministero pur rappresentando e facendo parte di un ufficio che qualcuno vorrebbe ancor più gerarchicamente ordinato rimane un magistrato signori giudici, rimane un magistrato che ha l’obbligo di rispondere soltanto alla legge e di rispondere soltanto alla propria coscienza ed ecco la differenza fondamentale che esiste fra l’accusa pubblica e l’accusa privata, accusa pubblica si risponde alla propria ed esclusivamente alla propria coscienza, l’accusa privata deve necessariamente rifarsi a coloro che illegittimano il processo e cioè le vittime di questi reati, dei cui interessi/delle cui aspirazioni devono necessariamente farsi carico e queste vittime, familiari delle vittime ai quali ovviamente e naturalmente va anche la nostra più profonda e sentita umana solidarietà per quello che hanno dovuto sopportare hanno un approccio al materiale processuale, il materiale probatorio, che è deformato da una lente che è la lente delle emozioni e dei sentimenti e allora se si argomenta con le emozioni, con i sentimenti e con la suggestione si finisce per partire da quel sapore buono di giustizia come ricordava il pubblico ministero per trasmodare nel fiele dell’errore giudiziario. Su questo argomento torneremo in seguito signori giudici per darvi la prova concreta che questo tipo di argomentare suggestioni, emozioni, sentimento, genera l’errore dalla verità a cui tutti abbiamo teso alla falsità. La richiesta di assoluzione del pubblico ministero non posso nascondere che quella conclusione signori giudici è stata accolta da questa difesa con soddisfazioni, stata accolta con soddisfazione perché è stato un oggettivo riconoscimento della esattezza di una scelta che questa difesa ha compiuto all’inizio di questo processo una scelta che si muoveva fra due opposte linee di condotta, la prima propositiva o se si vuole di attacco e di sconto nei confronti del non teorema ma della ricostruzione proposta dal pubblico ministero, Lotti completamente credibile, compagni di merende, organizzazione dei crimini, coinvolgimento del Faggi oppure muoversi in una direzione se non opposta certamente diversa che in qualche modo facesse salva la ricostruzione del pubblico ministero ma nell’ambito della quale si creassero degli spazi di vuoto probatorio suscettibili tuttavia di essere colmati/di essere riempiti con segmenti di fatto sicuramente favorevoli all’ipotesi difensiva e dunque se il pubblico ministero ora alla fine di questo processo vi richiede l’assoluzione egli legittima l’esattezza di questo tipo, la seconda scelta che si poneva questa difesa è stata già accennata sulla quale ha ironizzato seppur con gargo il PM cioè quella presenza o assenza della partecipazione attiva di Giovanni Faggi a questo procedimento. La prima scelta come già vi è stato detto è stata compiuta sulla base di un criterio in qualche modo di realismo e di praticità, non opporsi in maniera radicale e frontale alla visione del pubblico ministero se si vuole aspettare gli esiti di una dialettica processuale che sarebbe stata come è stata sicuramente aspra in modo da potersi comunque giovare di qualsiasi esito della dialettica stessa, la scelta sul presenza dell’imputato. È vero Giovanni Faggi non è mai venuto al vostro cospetto però è altrettanto vero signori giudici che Giovanni Faggi sin da quel 1990 del quale prima vi parlavo non si è mai sottratto al confronto con gli inquirenti, egli rispose in quell’occasione, egli rispose al dibattimento nel procedimento contro Pietro Pacciani, egli ha sempre risposto agli interrogatori cui è stato sottoposto allorquando è entrato in questo procedimento allorquando egli fu arrestato in questo procedimento e allora che cosa avrebbe dovuto fare di più e di diverso Giovanni Faggi? Avrebbe dovuto sottoporsi all’ulteriore massacro della propria immagine da parte della stampa signori giudici in virtù della quale Giovanni Faggi a prescindere dai risultati che voi darete di questa vicenda e rimarrà sempre e comunque un compagno di merende, un’ulteriore massacro della sua immagine e come non essere consapevoli e dare quindi l’applicazione a questo tipo di consapevolezza del fatto che il rendimento dell’imputato a dibattimento e questo l’esperienza c’è lo insegna diciamocelo tutti fuori dai denti il rendimento dell’imputato al dibattimento allorquando si sottopone all’esame è direttamente proporzionale a due requisiti dell’imputato stesso, un cospicuo curriculum delinquenziale ed un grave coinvolgimento dell’imputato stesso nei delitti/nei crimini dei quali è accusato, capite quindi che la assenza di Giovanni Faggi a questo dibattimento non è una furberia, non è un sottrarsi ad un contraddittorio ma è un’esigenza dal punto di vista tecnico/dal punto di vista umano dal quale non si poteva prescinde e d’altro canto signori giudici nel momento nel quale ci si approssima alla difesa di un soggetto ritenendo che il materiale probatorio proposto dal pubblico ministero sia insufficiente per determinare un responso di colpevolezza far dire una parola in più all’imputato diventa una sorta di suicidio processuale signori giudici. Che una sorta di suicidio processuale vi sia stato c’è lo ricordava il pubblico ministero allorquando e giustamente dal suo punto di vista vi ricordava le risposte offerte al dibattimento o comunque le risposte offerte dagli altri imputati non ha mancato di coglierne gli aspetti controproducenti per la difesa stessa, ma la richiesta del pubblico ministero è una richiesta che non rende inutile questa ulteriore partecipazione nella difesa di Giovanni Faggi in questa fase del processo, non la rende inutile perché voi conoscete il sistema costituzionale sull’azione penale che impone obbligatorietà e irretrattabilità il pubblico ministero è obbligato ad esercitare l’azione penale ed una volta esercitata non può più tornare indietro e quindi questa Corte ovviamente libera a differenza di quello che si verifica in altri sistemi meno raffinati forse ma altrettanto più pratici e quindi sarete liberi di dare la vostra risposta in tutta coscienza alla domanda iniziale esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero e tuttavia nella consapevolezza di questa vostra assoluta libertà questa difesa ha voluto anche a rischio della propria credibilità professionale rivendicare la paternità della scelta difensiva compiuta, una scelta signori giudici d’altro canto che non va a strascico delle argomentazioni proposte dal pubblico ministero, già vi è stato indicato un profilo diverso, ne esistono altri che a questa scelta danno una autonoma ed originale dignità. Percorsi argomentativi diversi che vi consentiranno di pervenire a un giudizio di non responsabilità anche al di fuori ed oltre rispetto alle considerazioni che vi ha proposto e indicato prima il pubblico ministero e poi il collega che mi ha preceduto. Delitto di Calenzano 22 o meglio 23 ottobre 1981, rivedendo il capo di imputazione relativo a questo fatto voi troverete questa data 23 ottobre 1981, voi sapete tuttavia che l’indicazione del 23 è un’indicazione non relativa alla esecuzione del crimine bensì al dato più certo del rinvenimento dei cadaveri, voi sapete quindi che questo duplice efferato omicidio è da collocare non nella giornata del 23 bensì intorno alle 22/22.30 forse 23.30 del 22 ottobre 1981 e questa notazione ho voluto fare perché vedremo come in seguito le date e le ore assumono un’importanza fondamentale per ricostruire la posizione di Giovanni Faggi in relazione al delitto di Calenzano. In relazione a questo delitto signori giudici vi è stata proposta da parte del pubblico ministero una soluzione e non me ne voglia semplicistica, semplicistica perché si bypassa in qualche modo tutte le problematiche che sono connesse alla prova di quello che potremmo definire l’indizio di base a carico di Giovanni Faggi e cioè la frase attribuita a Giancarlo Lotti secondo il quale per averlo appreso vedremo non sappiamo da chi che quello di Calenzano aveva indicato la coppia e che successivamente aveva condotto gli altri due, il Vanni e il Pacciani, alla sua abitazione per potersi lavare cioè dicevo in maniera in qualche modo non convincente il pubblico ministero vi dà per buona questa affermazione, vi dà per provata questa affermazione quindi su questo sviluppa una serie di argomenti che tuttavia lo condurranno a richiedervi la soluzione di Giovanni Faggi, vedremo invece che la prova su questo come dicevo il vizio di base è tutt’altro che confortante per non dire del tutto carente. Vi è stato già ricordato come questa difesa non ha inteso condurre una battaglia diciamo pure contro mulini a vento e quindi qui non si tratta di attaccare la complessiva attendibilità di Giancarlo Lotti ma si tratta di richiamare quella differenziazione che lo stesso pubblico ministero ha posto fra ciò a cui Gianfranco Lotti ha assistito e ciò a cui eventualmente se del caso Giancarlo Lotti ha udito. Allora bisognerà seppur in termini di assoluta sinteticità ripercorrere le linee caratteriali di questo soggetto, un soggetto che ricordava il suo stesso difensore essere un ipodotato dal punto di vista anche principalmente intellettivo e allora viene buona e torna buona la differenziazione del pubblico ministero laddove un ipodotato può ricordare anche con margini di una certa precisione i fatti visti, l’impresa diventa assolutamente più difficile quando si tratta a distanza di 15 anni/10 anni/12 anni fate voi di riferire fatti in qualche modo uditi da parte di un soggetto signori giudici la cui compagna/la cui prostituta di elezione Nicoletti Filippa ricorda queste poche notazioni, udienza 3 luglio 1997 fascicolo 16 “così chiacchierando e scherzando è la risposta alla domanda del pubblico ministero come ha conosciuto Gianfranco Locchi perché fra me e il Lotti c’era anche il bottiglione di mezzo” praticamente c’era l’alcol immagine assolutamente icastica e convincente per rappresentarvi che tipo di partecipazione mnemonica può esserci stato nei racconti fra Nicoletta Filippa in mezzo il bottiglione del vino e quindi Gianfranco Lotti o Gianfranco Lotti è un altro interlocutore in mezzo al quale comunque c’era un bottiglione di vino, quando il pubblico ministero chiede ragione alla Filippa Nicoletti di questo peregrinare per il Mugello “perché vi siete spostati di 50/60 km da San Casciano per reperire una piazzola dove tentare di avere un incontro di carattere erotico?” la risposta di Nicoletta Filippi è ancora più chiara “il problema era questo” risponde alla stessa udienza la stessa Filippi “siccome il mio convivente non c’era eravamo tutti e due in quel periodo eravamo sempre quasi ubriachi” questo è il soggetto, questo è il personaggio che in qualche bettola puzzolente di San Casciano con un bel bottiglione sopra il tavolo sente, che cosa sente? Sente ciò che il vino consente di dire, vino che apre la bocca ma chiude sicuramente il cervello sia a chi parla che a chi ascolta, questo è il Gianfranco Lotti che non riferisce cose viste ma riferisce cose che in questa situazione egli avrebbe udito. Vi ricordava il collega che un punto di partenza delle dichiarazioni di Gianfranco Lotti è senz’altro ciò che egli ebbe a riferire all’incidente probatorio che si svolse il 19 Febbraio 1997 perché quello è un momento se si vuole di non ritorno perché la collaborazione chiamiamola così signori giudici era sicuramente matura e quindi ciò che Lotti avrebbe dovuto dire doveva dire l’avrebbe dovuto dire in quella circostanza perché ripeto gli interrogatori si erano susseguiti nel tempo perché era la prima volta che egli si trovava a confrontarsi con le proprie responsabilità, non più signori giudici nel segreto legittimo e in quella condizione in qualche modo ovattata per chi certe cose deve dire costituita dall’ufficio di un pubblico ministero o di un capo della squadra mobile ma di fronte al suo giudice, non tanto di fronte alle parti ma di fronte al suo giudice, in un momento ripeto perché non ci sia equivoco su questo nel quale la cosiddetta collaborazione di Gianfranco Lotti era già matura era già all’acqua e allora veniamo che cosa dice di questa indicazione orale che Gianfranco Lotti avrebbe avuto. Chiede il pubblico ministero “senta una cosa, le hanno mai parlato se conoscevano uno buco di Calenzano?” e così si inizia subito con una bella domanda suggestiva perché si inserisce il concetto, si fa per dire, di buco nell’ambito di un’altra domanda perché la risposta eventualmente positiva ad una domanda di questo genere è una risposta positiva a due domande conoscenza, Calenzano e buco e tuttavia Lotti tradisce in qualche modo il pubblico ministero “no ho sentito io questi discorsi li ho sentiti questi discorsi, è uno di Calenzano però non so nemmeno appena il nome io” “e come si chiama?” “un certo Giovanni mi pare Giovanni però il cognome non lo so” “non lo sa e che cosa faceva questo di Calenzano” “ma di lavoro?” “si” “ah di lavoro non lo so, chiedetemi tutto, vi posso dire che si chiama Giovanni ma il lavoro non lo so” “e come lo conosceva?” “ma io non l’ho mica mai conosciuto” altre domande vi è l’incalzare del pubblico ministero che si rende conto che questo teste non sta rendendo secondo le sue legittime aspettative rispetto a quelle dichiarazioni che erano state consacrate nel verbale incalza il pubblico ministero e risponde Lotti “ma di Calenzano che erano stati a casa sua non lo so questo” punto “se era quello lì proprio non lo so” e allora come non cogliere con serietà ciò che il collega poc’anzi ha cercato di dimostrare? Come ritenere con certezza che quando si parla di Giovanni buco di Calenzano quello che volete si parli effettivamente di questo imputato di questo procedimento, ma si va avanti “non so niente di questo fatto qui, a me mi hanno detto che erano a casa sua poi non so” “che cosa ci erano andati a fare?” chiede il pubblico ministero eh vabbè “se non me lo spiegano come fo a dirlo io?” allora dunque Giancarlo Lotti ammesso e non concesso che quel Giovanni sia Giovanni Faggi non sa se sono state a casa sua e tantomeno sa che cosa a casa sua erano andati a fare, “chi gliel’ha detto?” chiede ancora al pubblico ministero “ma me lo ha detto o Pietro o Vanni non mi ricordo di preciso” ecco allora si incomincia a intravedere quello che prima si diceva non abbiamo certezza neppure sull’interlocutore di Gianfranco Lotti in relazione a questo tipo di confidenza “o Pietro o Vanni” ma non abbiamo certezza neppure in relazione al periodo e quindi le circostanze abbiamo visto quelle di persone e le circostanze di tempo, questo racconto chiede il pubblico ministero che vuole in qualche modo rendere più stabile il dato per il momento del tutto evanescente “in che occasione le è stato fatto” risponde Lotti “ma come fo a ricordarmi il giorno” nessuno aveva chiesto Lotti il giorno, certamente Lotti cerca di nascondersi dietro un dito, non potendo collocarne il tempo il ricordo anche orientativo fa finta che la domanda sia diversa, una domanda alla quale non si possa rispondere a distanza di 15 anni e cioè il giorno preciso come può ricordare il giorno? Lotti è molto più callido di quanto abbia voluto accreditare in questo processo. “a me mi hanno fatto questa conversazione così” “ma la vuole spiegare questa conversazione?” e a questo punto il pubblico ministero che si rende appieno conto della incertezza dei confini di questa conversazione semmai questa conversazione è esistita ed esordisce è chiude in qualche modo l’argomento “a sentito questo discorso e ora lei non lo vuol dire o non lo sa o è incerto o non lo ha mai sentito” “no” risponde Lotti “lei ha riferito una cosa di questo genere” “mi sembra” risponde Lotti “non è sicuro di questo discorso” afferma il pubblico ministero e risponde Lotti “mah io non sono” beh molto corretto da parte sua osa il pubblico ministero e chiude Lotti “eh lo so” molto più furbo di quanto in realtà non abbia accreditato in questo processo. Le cose signori giudici non migliorano affatto a dibattimento allorquando Gianfranco Lotti viene nuovamente per l’ultima volta almeno fino ad ora sottoposto alle stesse domande che gli erano state poste durante l’incidente probatorio, non si arriva a nulla anche in questo occasione se non in forza della più evidenti delle domande suggestive udienza 27 11 97 fascicolo 53, “ci vuole spiegare meglio, cioè gliel’aveva indicata il Giovanni la coppia?” “si” e qual era la risposta che ci si poteva aspettare “ma chi sono loro domanda?” il presidente quando si chiede a Lotti chi avesse mai riferito a una circostanza di questo genere “Mario Vanni e Pacciani” vediamo di chiudere bene il centro laddove l’incidente probatorio vi era incertezza laddove a pagina 6 di questo stesso verbale il Lotti riferirà che l’interlocutore era il Vanni adesso perché non ci siano equivoci quell’incertezza/quell’indicazione vengono completamente stravolte Mario Vanni e Pacciani. Ma così come aveva concluso l’incidente probatorio allo stesso modo Lotti conclude le sue dichiarazioni in sede dibattimentale mi riferisco sempre all’incidente probatorio e si più che contestare si ricorda a Lotti che a proposito di questa conversazione aveva finito il proprio esame ammettendo lealmente che non si ricordava effettivamente bene di questa conversazione e il difensore in questo caso che può fare una domanda suggestiva “lei conferma di non essere sicuro sull’oggetto di questa conversazione?” e Lotti che avrebbe dovuto precisare, specificare, rettificare all’udienza dibattimentale “ma non son tanto sicuro” e allora in questa situazione probatoria sostenere che è stata approvata l’affermazione indizio di base Giovanni buco di Calenzano indicò la coppia e quindi ci portammo o si portarono a casa sua è un’assoluta forzatura, un qualche cosa che stride assolutamente con la logica che forse si coniuga con il preconcetto e con l’emozione ma certamente che non può essere oggetto del patrimonio di acquisizione di un qualsiasi giudice. Stavo per dimenticare quasi volutamente perché è sotto certi profili ripugnante signori giudici ad una coscienza libera e critica ciò che Pucci ha riferito a questo proposito già vi ricordava il collega Fenyes che Pucci è assolutamente in contrasto con Lotti quanto all’individuazione riconoscimento di Giovanni Faggi Lotti non l’ho mai visto in qualche modo Pucci invece ritiene di riconoscerlo perché gliel’aveva detto il Lotti, chi è Pucci signori giudici? Fra gli altri ve lo ha dimostrato il collega nel corso del suo controesame all’udienza del 6 ottobre 1997 con una serie di domande che in qualche modo rischiose ma allo stesso tempo provocatorie perché si trattava anche da parte nostri signori giudici, anche da parte nostra, di ricostruire la verità e quindi anche di rischiare nel momento in cui si facevano certe scelte difensive e nel momento in cui più nello specifico venivano affrontati certi specifici temi di indagine, “gliela indicò questa persona o no, cioè Lotti indico a lei il Faggi?” risposta “no” non gliela indicò “senta si ricorda di averla vista in televisione questa persona?” risposta del Pucci “no, non me la ricordo no” la contestazione ripeto rischiosa e provocatoria allo stesso tempo “ma stamattina ha detto di sì però” risposta del Pucci “ho detto di sì? Stamani? “stamattina ha detto di si” “può darsi che l’abbia detto ma io non mi ricordo nemmeno di stamani figurati” “stamattina aveva detto che riconosceva una certa persona” “non mi ricordo nemmeno di stamani che ho detto figurati un pochino” e questo è l’apporto di scienza e di conoscenza che dovrebbe indurvi oltre a quello che è stato detto a proposito di Lotti a ritenere provata quell’indicazione di base? Ripeto stavo per dimenticare questo verbale tanta è la ripugnanza nel dover constatare come si corra il rischio di essere massacrati non soltanto nella onorabilità da affermazioni e da soggetti di questo genere. In modo altrettanto provocatorio signori giudici questa difesa potrebbe anche fermarsi qui, purtroppo per voi non è così e dovrò continuare a parlare, dicevo potrebbe fermarsi qui perché una volta che voi avete acquisito come minimo incertezza sull’esistenza di quello che abbiamo definito indizio di base, la frase riferita da Lotti, discutere di riscontri su una circostanza non certa è assolutamente perdere tempo, perché? Perché il meccanismo e sillogismo indiziario si deve giovare di un dato di partenza per arrivare ad una conclusione che deve essere assolutamente certa, se è incerto il dato di partenza qualsiasi operazione successiva fa perdere tempo e tuttavia visto che il tempo non manca e visto che si discute della vita di una persona si tratterà di analizzare questi asseriti elementi di riscontro alle dichiarazioni di Lotti sul punto. Si è usato questo aggettivo straordinario, straordinario elemento di riscontro e dichiarazione del Lotti l’identikit elaborato da operatori della polizia sulle indicazioni offerte loro dai testi Parisi e Tozzini, parlare di somiglianza dal punto di vista del nostro giudizio è un argomento fuori luogo, per noi può essere somigliante per l’uno può essere o per altri no, non conta quello che noi pensiamo sulla somiglianza, ve l’ha ricordato il collega Fenyes, conta quello che riferisce riferiscono coloro che videro quella persona ma d’altra parte signori voi siete sempre stati abituati a vedere questa fotografia, ovviamente se accoppiato all’identikit la fotografia di Giovanni Faggi che in qualche modo gli assomigliasse di più e vedendo questo tipo di fotografia si è finito per perdere di vista quella che è una stigmate di Giovanni Faggi e del suo volto, il tipo di stempiatura, guardate questa fotografia e non potrete non riconoscere a voi stessi che si tratta di due persone completamente diverse, due persone completamente diverse sulla cui diversità viene stato detto per bocca di Parisi Rossella qui creandosi un primo e per questo motivo non curioso collegamento con quanto è avvenuto dal punto di vista probatorio con altro delitto di quelli dei quali stiamo discutendo. Vi ricordava Fenyes come quella teste non riconosca sì forse assomiglianza, si potrà assomigliare però insomma c’è questa ma non mi interessa quali siano le differenze, non mi interessa che non ci sia la stigmate, non mi ci interessa che la bocca sia in un modo piuttosto che l’altro, mi interessa che colei che vidi quella persona, non colei che fece l’identikit, colei che vide quella persona e la cui memoria si è fissata una fotografia, non riconosca il volto di Giovanni Faggi. Dicevo una similitudine con altro delitto, vi ricordate una teste che è stata cessata e voi direte se giustamente o meno prima dal dottor Giuttari e successivamente dalla pubblico ministero Maria Grazia Frigo delitto di Vicchio 1984, guardate la singolare coincidenza delle modalità di avvistamento sul ponte della Marina Calenzano e sul viottolo che abbandona la piazzola di Vicchio, Parisi e Frigo, le stesse modalità di avvistamento, un’auto che sta venendo in senso inverso che rischia di collidere con l’auto in un caso della Parisi, della Frigo e Bertaccini nell’altro caso si alzano i fari per mettere sull’avviso l’antagonista stradale e la Frigo vede, la Parisi vede. Frigo quando verrà messa di fronte ad una certa fotografia/ad una certa immagine non sto dicendo che dica il vero o che ricordi bene o che ricordi male, dico semplicemente e voglio semplicemente sottolineare la diversità di situazioni, identità di situazione, diversità della risposta
Parte 2
Avv. Federico Bagattini: è un momento che precede il rischio di una collisione, ecco perché è fissato nella memoria, però in un caso si riconosce, nell’altro non si riconosce affatto signori giudici, ma vi è se questo non bastasse e voi incominciate a rendervi conto che la mancata verifica di questi elementi di riscontro alle ipotesi di accusa finiscono per diventare altrettanti elementi a favore, altrettanti elementi che si aggiungono alla locuzione di base difensiva che sostiene “quella persona non è Giovanni Faggi”. Dicevo un argomento forte in qualche modo già accennato dal collega che mi ha preceduto, la macchina perché potremmo essere incerti su tutto, potremmo non credere fino in fondo a Parisi Rossella ma quello che è assolutamente certo è che la persona vista al ponte della Marina in relazione al quale fu elaborato l’identikit dai due testimoni viaggiava su un’auto sicuramente sportiva, sicuramente rossa verosimilmente Alfa Romeo GT ovvero HF Fulvia, probabilmente è questa l’auto signori giudici perché in relazione a questa opzione la teste Parisi aggiunge del suo e cioè a dire ho il ricordo di una macchina sicuramente rossa, sicuramente sportiva propendo più per l’HF perché era comunque un’auto che in quel periodo poco prima correva nei rally, ricordate Munari vincitore di più di un campionato del mondo a bordo di un’auto rossa e sportiva, un HF Fulvia. Allora il primo impegno che dovrà assumersi l’investigatore e l’interprete in questo caso è di andare a verificare se per caso Faggi Giovanni avesse mai posseduto un’auto con quelle caratteristiche HF o GT Alfa Romeo cambia veramente poco, sportiva sicuramente, rossa sicuramente, voi vi rendete conto quanto fosse molto più gravoso l’onere per la difesa di quanto non lo fosse per l’accusa, perché per l’accusa si trattava di provare un fatto positivo, dottor Giuntoli diceva ai suoi ragazzi andate a Praga, cercate i testimoni e chiedete loro se per caso risulti un dato positivo, una auto sportiva rossa, non si è trovata, pensate invece quanto era più difficile per la difesa che era sottoposta ad una ipotesi di scuola di probatio diabolica e cioè provare in negativo che Giovanni Faggi non avesse mai posseduto né in proprietà né comunque in disponibilità di un’auto rossa. Io credo che l’opera sia stata compiuta da parte di questa difesa, voglio soltanto ricordarvi quello che ha questo proposito dice il teste Pisi all’udienza del 13/01/1998 fascicolo 79, la domanda ovviamente era sul colore delle macchine “no assolutamente, macchine perché essendo vicino io non ho anche perché normalmente la mattina quando va via sta li, pulisce il vetro, sta lì sicché ci saluta, sicché voglio dire lo noto, ecco l’avrei vista una macchina rossa” ma chi è Pisi? Pisi è un vicino di casa da 30 anni le cui finestre di casa e del laboratorio sottostante affacciano sul cortile e sulla abitazione e sul garage di Giovanni Faggi, 30 anni signori giudici, tutte le mattine il pissero Giovanni Faggi pulisce la macchina, sta un quarto d’ora a riscaldare le candelette del diesel, pulisce i vetri e quindi è un osservatore del tutto privilegiato, avrebbe visto una macchina rossa, ma la macchina rossa non c’è perché Giovanni Faggi mai ha posseduto un’auto rossa. Sul Pisi si allineano tutti i testi che noi abbiamo portato Pazzini, Fiorucci, Faggi Rosetta e Stefania e ci siamo fermati qui signori giudici perché non crediate che sia stato facile convincere le persone a venire a testimoniare a favore di un compagno di merende perché Giovanni Faggi è stato bollato come compagno di merende ben prima che questo processo iniziasse e allora ci voleva una bella quota di senso civico, di onestà intellettuale anche in questo caso per assumersi delle responsabilità e per venire di fronte a voi per portare dei segmenti di fatto che in qualche modo aiutassero un compagno di merende e tuttavia Pisi, Azzini, Fiorucci ovviamente le figlie del Faggi sono venute di fronte a voi dandovi ed offrendo la prova che un’auto rossa Giovanni Faggi non l’ha mai posseduta in vita sua, ma quando vi dicevo che il compito della difesa era difficile e allo stesso tempo ammettevo forse in maniera presuntuosa che questo compito era stato assolto e io non posso non riferirvi come a contrario la difesa vi ha offerto la prova di che tipo di auto il Faggi avesse il giorno del 21/22/23 ottobre 1981, ricordate il teste Felli Antonio? Sul teste Ferri Antonio dovremmo dilungarci non poco per quel viaggio non angelico come ricordava il dottor Giuttari ma a Celano nel fucino, oltre al resto Felli ci riferisce un fatto importante che è quasi sfuggito anche a chi vi sta parlando e soltanto nello studio successivo è emerso in maniera inconfondibile, ricorda che macchina avesse? Una Opel record diesel, quindi non soltanto la difesa vi ha offerto la prova che Giovanni Faggi non ha mai posseduto auto rosse o sportive GT Alfa Romeo HF ma vi ha offerto la prova di che tipo di auto avesse il giorno dell’omicidio di Calenzo, Opel record diesel sappiamo che era giallina e cioè un tipo di vettura, una berlina non sportiva, completamente diversa è incompatibile rispetto alla visione certa e sicura della teste Parisi e del marito di lei. Signor Presidente io avrei bisogno di un attimo di riposo perché l’ho preso un pochino troppo più veloce.
Presidente: Diciamo che il Felli se non ricordo male parlava dell’80/81 non solo del delitto.
Avv. Federico Bagattini: Certo io volevo dirlo dopo credo di avere argomenti per poter sostenere che era proprio l’81 Presidente. (dopo la ripresa) L’altra bianca che segue conta relativamente al ponte della Marina una sola auto, si potrebbe sostenere che Parisi e Tozzini non hanno visto una seconda auto ben difficilmente non l’avrebbero vista se questa seconda auto ci fosse stata ma soprattutto se questa seconda auto avesse seguito lo stesso percorso della prima, perché la prima avrebbe dovuto rappresentare una sorta di apripista per andarsi a lavare le mani ricordate la frase di Lotti e la seconda avrebbe dovuto seguire, quindi passare da quello stretto ponte sulla Marina e quindi considerando che da lì il campo delle Bartoline è a circa 300/400/500/600 m quei testimoni non avrebbero non visto la seconda auto. Ma poi signori giudici e qui debbo introdurre l’argomento con una sorta di rammarico perché poi nelle cause tutto non si può fare, qualche cosa sfugge sempre, vi dicevo signori giudici come non cogliere l’assurdità di un piano così congegnato e cioè si commette un delitto in quella zona e si andrebbe a lavarsi le mani a casa del Faggi, la quale casa del Faggi signori giudici vi è stato ricordato non si trova in aperta campagna, non è quella casa ricordata dal Lotti nella quale si sarebbe andata a nascondere la pistola o altre zone sperdute del Mugello, è una casa nel centro abitato sotto le finestre di Pisi e di altri, a qualche passo dalla casa del popolo e qui il rammarico signor presidente e signori giudici di non aver chiesto ma la circostanza potrete comunque accertarla che accanto alla casa del popolo c’è la caserma dei carabinieri, sostanzialmente all’angolo di via del lago con la via che adesso non ricordo c’è la caserma dei carabinieri e quindi i callidi organizzatori di questo piano andrebbero a folle velocità alla casa del Faggi in pieno centro abitale sotto le finestre del sempre vigile Pisi che si sta preparando per andare o tornare dalla casa del popolo a 50 a 100 m dalla casa del popolo e sotto gli occhi dei carabinieri cioè mi sembra il minimo che si debba fare da parte di avveduti concorrenti di un reato rimasto impunito per 25 anni, sotto le finestre del Pisi alla casa del popolo e sotto gli occhi dei carabinieri. Vi rendete conto che allora per argomenti diretti, documentali, per argomenti logici risulta del tutto sprovvista di riscontro quell’affermazione di base che a sua volta abbiamo visto essere priva di contorni di concretezza e anche qui non nascondiamoci dietro un dito, c’è Calenzano, Faggi Giovanni è di Calenzano e allora potrebbe rimanervi il dubbio o il tarlo o l’inquietudine che chi altri se non chi abita a Calenzano avrebbe potuto dare un’indicazione di questo genere, la domanda è realmente retorica signori giudici non costa nulla dal punto di vista della difesa, perché di risposte se ne possono dare quante se ne vogliono. Compagni di merende, abbiamo visto ve lo ricordava il collega che mi ha preceduto quanti Giovanni alternativi e soprattutto quanti soggetti in qualche modo riconducibili o a Prato o al circondario del padre nel quale insiste Calenzano, ricordate quell’Andreaccio se non ricordo male, ricordate quella coppia di fratelli agnello come si chiamano che avevano una qualche attività commerciale a Prato? Frequentatori assidui di via di Faltignano partecipanti a riti magici e sacrilegi ma certamente di Prato in zona nella quale non poteva non essere conosciuta la caratteristica di elezione nel campo delle Bartoline luogo dove si appartano spinellari per chi ha certi tipi di interesse e coppiette perché ne ha di altri. Allora la notizia/la circostanza in quel campo ci sono coppiette, siamo certi che necessariamente dovesse venire da un soggetto che abitava a Calenzano piuttosto che a Prato, Baldi e Cambi le sventurate vittime di quel delitto non erano forse una delle due di Prato? Ma vi è di più signori giudici, vi è già stato ricordato, c’è un dottore a Calenzano, c’è un dottore dal quale ci si reca prima degli anni 80 per prendere in consegna 3 kg di braciole o 3 kg di salsicce come ricordava Lotti, dal quale ci si reca pur essendo sprovvisti di un’auto quindi sobbarcandosi questo percorso San Casciano-Calenzano con la sita, un soggetto signori giudici incline più alla terapia etilica che non quella che serve per curare le bestie, beveva forte e roba forte ricorda il Lotti, non si tratta di adombrare responsabilità, non si tratta di costruire come forse troppo superficialmente in troppe occasioni è stato fatto in questa vicenda di indagine, dicevo delle piste alternative si tratta di dare delle alternative logiche e un’ulteriore alternativa logica c’è la offre il teste Salvini, il maresciallo Salvini, che realizza in qualche modo quell’anello di congiunzione che è sempre mancato nei delitti del cosiddetto mostro di Firenze, Castelletti di Signa rispetto a quelli successivi la famigerata calibro 22 Beretta. Sentite chi abitava a Calenzano in tempi prossimi agli anni 80 “le risulta o non le risulta che abbia mai abitato Francesco Vinci a Calenzano? Le risulta che Salvatore per quanto tempo ha abitato lì?” “non ricordo se un anno due o roba del genere” “in che periodo?” “prima del mio arrivo, io sono arrivato alla fine degli anni 80” e allora alternative suggestive o meno, campo delle Bartoline qualificato per quella sua propensione quindi conoscibile in ambito diverso e più esteso rispetto a quello di Calenzano personaggi che a vario titolo sono entrati in queste indagini che sono o sono stati di Calenzano. Poi vi è la terza prospettiva signori giudici, la prospettiva è quella che vi ha offerto il pubblico ministero e che dando per scontata l’affermazione di base/dando per corroborata questa affermazione abbiamo visto che non è affatto così e tuttavia dal punto di vista della pubblica accusa rimane un margine di dubbio che non vi consentirebbe comunque di affermare la penale responsabilità di Giovanni Faggi. Per concludere l’argomento del delitto di Calenzano come prima come prima si accennava bisognerà fare riferimento ad una annotazione delle famose agende di Giovanni Faggi, due annotazioni contenute nell’agenda del 1979 e il rilievo di questa data successivamente verrà sottolineata e per quello che immediatamente più interessa l’indicazione contenuta nell’agenda del 1981 a mercoledì 21 e giovedì 22 ottobre, “a Celano Fucino a Celano Fucino ritorno”. Si trattava quindi di verificare se quell’indicazione di agenda ricordate quando vi parlavo della ora e quindi della data diversa del delitto di Calenzano 22 ottobre 81 e non 23 che è soltanto il giorno del ritrovamento dei cadaveri straziati di quei ragazzi, si trattava dicevo di verificare se a questa annotazione di agenda corrispondesse la realtà di un viaggio effettivamente compiuto, si trattava cioè di vedere signori giudici se il giorno dell’omicidio Napoli-Parma da Calenzano Faggi si fosse recato nella piana del fucino e quindi a ritroso avesse compiuto questo percorso di circa 500 km per tornare poi in tempo utile per assistere alle fasi preparatorie dell’omicidio e partecipare in quelle forme in qualche modo riferite al delitto stesso. Quindi si trattava di trovare quella persona che insieme a Faggi avrebbe compiuto quel percorso di andata e di ritorno, il teste è stato individuato successivamente vi verrà sottolineato come fu individuato non certamente a cura di Giovanni Faggi ma in virtù dello zelo investigativo doveroso del capo della squadra mobile dottor Giuttari, fissiamo sin da questo momento questo dato, questa annotazione di agenda ed il nome di Tonino Felli vengono fuori in questo processo affatto per contributo di Giovanni Faggi ma per merito del dottor Giuttari e dei suoi collabora, su questo punto ritorneremo successivamente. Felli fu sentito, Felli non è stato indicato dal pubblico ministero fra i suoi testimoni, anche giustamente, è stato indicato da questa difesa, si trattava dicevo di dare conferma della esattezza di quella data, queste sono state le domande, sono le domande, che sono state poste ad Antonio Felli udienza del 13/01/1998 fascicolo numero 79 “aspetti prima di parlare dell’anno vuol riferire qualche cosa proposito della stagione” e qui signori giudici c’è un esempio di domanda non suggestiva, questo non può sottolineare quanto sia brava la difesa e corretta ma sottolineare quanto vi sia un valore aggiunto alla attendibilità della risposta, infatti la domanda è “si ricorda se fosse estate o primavera?” è quasi una domanda che trae in inganno perché una domanda così formulata presuppone che si aspetti una risposta si era estate o primavera “era autunno” questa è la risposta di Felli ed ancora si affretta Felli a dire “beh ma io il giorno non me lo ricordo” “nessuno le chiede il giorno, è impossibile che lei possa riferire giorno a distanza di ormai 16/17 anni dal fatto” gli si fa un altro tipo di domanda signori giudici che ancora una volta tradisce la assoluta buona fede di questo teste, vi ricorderete che all’inizio dell’esame del teste Felli si era domandato a costui quale fosse stato mai lo scopo del viaggio “raccogliere patate e carote” e la domanda allora è questa “lei sa qual è il periodo di raccolta delle patate o delle carote” non si fa la domanda suggestiva signori giudici “non era per caso la fine di ottobre ed inizio di novembre?” così un bel sì stampato lì eravamo tranquilli e sicuri che sarebbe arrivato, no la domanda ripeto non perché sia particolarmente questo difensore corretto ma perché voleva che nelle risposte del teste emergesse la spontaneità e la genuinità, risposta “ora sarà gli ultimi di ottobre, i primi di novembre, non lo so un affare così però il giorno preciso non lo ricordo” e allora voi avete la prova certa che quel viaggio ebbe a verificarsi conferma dell’agenda il 22 e il 23 di ottobre non sappiamo ancora l’anno. La domanda si fa anche sulla “io non lo so se 80 e 81 come correttamente ricordava signor presidente, questo non me lo ricordo. Siccome so che nell’80 è morto il mio povero Babbo di maggio non ricordo se era l’80 sempre il mese di ottobre o l’81” abbiamo signori giudici un dato assolutamente certo la morte del povero Babbo del teste Felli maggio 1980, Felli colloca il ricordo di questo viaggio alla data successiva al maggio 1980 che quindi può essere l’ottobre 1980 ovvero l’ottobre 1981, rimane il fatto signori giudici che la seconda indicazione di questo viaggio è relativa al 1979 e quindi il viaggio del quale si sta parlando è stato sicuramente compiuto dopo la morte del padre di Felli e quindi 80 o 81 ma poiché l’indicazione in agenda è del 1981 e si è confermata la stagione e sostanzialmente il giorno non vi può essere un margine di incertezza nell’affermare effettivamente il 22 e 23 di ottobre 1981 Faggi Giovanni si accompagnò con Felli Antonio in quella trasferta che prima ho cercato di indicarti.
Presidente: Scusi avvocato devo far presente una cosa, l’ho già detto pochi giorni fa che la Corte manca di questa agenda.
Avv. Federico Bagattini: Io signor presidente io c’ho le copie che ho evidentemente
Presidente: Anche l’avvocato Moena aveva fatto riferimento all’annotazione, addirittura il 23 ottobre, ora la sta cercando c’è la daranno
Avv. Federico Bagattini: Presidente io qui a mia disposizione e quindi a vostra disposizione le copie le potete prendere quando volete, voi capite che queste copie non le ho prese direttamente dal signor Faggi ma dal fascicolo processuale, quindi se lo dico lo dico perché è così poi dopo ovviamente da parte vostra si tratterà di verificarlo dal vostro punto di vista, ma credo di potermi sbilanciare nel dire che le cose stanno esattamente nei termini in cui ho cercato di ricordare.
Presidente: Chiedo scusa.
Avv. Federico Bagattini: Questo argomento è stato preceduto dalla, non mi vergogno a dirlo, illazione che Faggi Giovanni avesse l’alibi per la sera del diritto, in realtà siccome questa difesa e credo che loro giudici c’è ne potranno dare atto non è abituata affatto ad arrampicarsi sugli specchi, un alibi Giovanni Faggi non c’è l’ha anche se le deduzioni che conseguono dalla prova relativa a questo viaggio costella il percorso di accusa di una serie di macigni logici assolutamente insormontabili o meglio provocatoriamente anche in questo caso si potrebbe dire che la pubblica accusa non ha provato che una volta compiuto il viaggio ed una volta che è una certa ora dopo pranzo il Faggi si trovava a circa 500 km di distanza rispetto al luogo del omicidio sarebbe stato onere dell’accusa una volta che la difesa ha allegato una circostanza completare il quadro in senso inverso per smentire ciò che quella circostanza era capace di indurre logicamente, sappiamo soltanto come prima vi ricordavo che Felli e Faggi ripartirono alla volta di Albinia prima Sticciano poi e Calenzano successivamente dopo l’ora di pranzo, sappiamo che si fermarono nella località Albinia per comprare il camino che fu riposto nella scatola da scarpe, sappiamo quindi che almeno questo è il ricordo di Felli che Faggi non si trattenne la cena ma certamente un teste che viene chiamato a distanza di così tanti anni non poteva essere certamente più preciso, egli induce una circostanza non favorevole ai fini della dimostrazione compiuta dell’alibi ma correttamente gli è stata proposta, la domanda è stata fatta, era doveroso che venisse fatta la domanda, ma dicevo sono altre le considerazioni che sono capaci di ritrarre da queste circostanze elementi utili per la difesa di Giovanni Faggi. Un primo elemento è un elemento di verosimiglianza di buon senso/di senso comune, il pubblico ministero vi ha dipinto un’associazione per delinquere nell’ambito della quale erano collocati determinati soggetti ognuno dei quali assegnatario di uno specifico compito, con compiti quindi anche di carattere logistico ed organizzativo, la necessità dei doverosi necessari collegamenti fra i complici sopralluoghi, appostamenti e voi credete che nell’ambito di un’associazione di tal fatta uno di questi protagonisti, il principale del delitto di Calenzano no? Perché sarebbe stato lui quello a dare l’indicazione il giorno prima dell’omicidio e il giorno successivo si allontana dalle sue zone di circa oltre 500 km esponendosi ad una sera di rischi assolutamente evidenti, la mancanza di collegamenti senza telefonini cellulari nel 1980 neppure c’è li sognavamo per fortuna, il rischio connesso ad un qualsiasi tipo di contrattempo che in un percorso così in qualche modo accidentato avete in mente che cosa sia l’autostrada fra Roma e l’Aquila/che cosa sia l’Aurelia negli anni 80? Quindi esporsi al rischio che un piano così raffinato quale quello vi è stato descritto da parte del pubblico ministero trovarsele l’intoppo di una ruota bucata, di un guasto al carburatore o a tutte le ipotesi che potete pensare, ad un incidente nell’Aurelia ma l’argomento a mio avviso forte e lo dico con franchezza e quello in qualche modo già accennato. Vi accennavo che l’indicazione di agenda così come l’individuazione/reperimento del teste Felli non è stata farina del sacco di Faggi, dottor Giuttari udienza 27 6 97 fascicolo 12 “queste annotazioni alla pagina del 21 ottobre/22 ottobre fu una scoperta vostra o vi fu indicato dal Faggi?” la domanda non so se sia suggestiva o meno ma credo che il dottor Giuttari sia refrattario alla suggestione delle domande “no questo lo abbiamo notato noi che c’era e infatti abbiamo sentito l’amico del Faggi senza che l’abbia detto il Faggi, lo abbiamo sentito noi per capire un po’ ecco che cosa significasse questo celico in realtà è celano ed abbiamo individuato identificato questo amico e lo abbiamo sentito” “quindi su iniziativa vostra?” “si” allora anche in questo caso abbiamo una prova piena a tutto tondo che l’iniziativa di indurre e dedurre la circostanza non venne da Giovanni Faggi ma venne dagli inquirenti e allora cerchiamo di metterci nella prospettiva preconcetta di un Giovanni Faggi colpevole. Un Giovanni Faggi che il giorno 22 ottobre 1981 superando tutte quelle riserve logiche di buon senso alle quali prima accennavo si forse messo per strada sapendo che la sera sarebbe andato a commettere o a partecipare a questo omicidio, voi credete che a distanza di anni Faggi avrebbe potuto mai dimenticare che cosa aveva fatto nel pomeriggio di quel giorno? È come se dipinto un Faggi anche come soggetto in qualche modo callido o che ha tentato di inquinare le prove con quei bigliettini, credete che non avrebbe fatto subito presente “ma guardate che io quel giorno non c’ero, guardate che quel giorno io ero a 500 km di distanza, guardate la mia agenda dell’81” non poteva non ricordarselo se lui avesse partecipato a quel delitto, pensate agli avvenimenti ovviamente positivi che vi hanno riguardato nel corso della vostra vita, un fatto eccezionale/irripetibile/una laurea/la vita di un concorso e voi a distanza anche di anni non ricordate quello che avete fatto quel giorno ma non è la vincita di un concorso ma è l’omicidio i due giovani innocenti e pensate che non avrebbe ricordato quello che aveva fatto nel pomeriggio? Pensate che non avrebbe detto agli inquirenti “controllate la mia agenda, andate a sentire Felli sul cui cattivo ricordo io posso sperare a distanza di 15 anni o magari cerco di contattarlo perché ricordi qualche cosa di più e non semplicemente che non erano andati via da Celano del fucino dopo pranzo? Guardate signori giudici che queste circostanze non furono riferite neppure ai suoi difensori, che ve lo dico io lo so non conta assolutamente nulla, che lo si è scoperto studiando le carte all’inizio di questo dibattimento è un’affermazione della difesa ma conta ciò che ha detto il dottor Giuttari, furono loro a individuare l’annotazione dell’agenda, furono loro a individuare il teste Ferri. Mi sembra signori giudici che veramente ve ne sia abbastanza per sostenere che difetta in maniera totale ed irreparabile la prova di una concorsuale responsabilità da parte di Giovanni Faggi in relazione all’omicidio di Calenzano. D’altro canto come non ricordare sempre in relazione a questo viaggio nel fucino lo stato d’animo descritto da Ferri. Questo è un processo signori giudici nel quale più volte si è indugiato sulla prova degli stati d’animo, ricordate quante domande e quante testimonianze sulla paura divani sulla inquietudine di Lotti, ricordate la Bartalesi? Aveva un atteggiamento come se volesse dire o dovesse dire ma non trova la forza, quindi gli stati d’animo e allora cercate di comparare lo stato d’animo del Faggi quel pomeriggio così come descritto dal teste Felli sereno, tranquillo, affatto eccitato, affatto preoccupato, scherzò mi ricordo con un casellante in relazione ad una tessera viacard che non c’era o cose di questo genere e allora cercate di imprimere nella vostra mente il ricordo di quel volto e guardate quello allucinato del ponte sulla Marina e non potrete non dare la risposta che io auspico, quell’uomo non è Giovanni Faggi. La terza ipotesi signori giudici ve l’ha già indicata il pubblico ministero quella alternativa fra attività concorsuale ed attività favore reggiatrice questo vuoto, questa carta velina così la chiamava il pubblico ministero che non consente a lui e quindi vi chiede di non fare l’ulteriore passo perché non è possibile farlo e di rimanere in questa zona di incertezza, le considerazioni che ho prima svolto voi capite che non mi consentono da un punto di vista come dire morale e professionale di addentrarmi in questa terza ipotesi ma è una terza ipotesi comunque che esiste che lo stesso pubblico ministero vi ha proposto. Si passa ora al secondo ed ultimo delitto quello altrettanto efferato degli Scopeti 9 settembre 1985. A questo proposito valgono sicuramente le osservazioni che vi ha fatto il collega che mi ha preceduto, non soltanto sotto il profilo della non sovrapponibilità del Giovanni eventualmente presente quindi Giovanni Faggi ma anche sotto il profilo della mancanza di riscontro all’affermazione anche in questo caso di Giancarlo Lotti, ricordate la 131, la prova, eccetera. Mi sovviene a questo proposito ma soltanto un passaggio, un’ulteriore argomento in punto di specifica attendibilità di Fernando Pucci interrogato da lei signor presidente a proposito della presenza di un’auto che fosse altra rispetto a quella nella quale il Pucci a su dire si trovava in prossimità della piazzola degli Scopeti udienza del 6 10 97 le domande signor presidente “Lei era in macchina e davanti alla macchina c’era qualche altra macchina?” “no” “non c’era nessun’altra macchina?” insiste signor presidente “no no, non c’era nessun’altra macchina c’era solamente quella del Lotti e basta” “senta ancora una cosa” interviene il pubblico ministero che forse si rende conto dell’insidia di questo tipo di risposte ma lei presidente non è pago e giustamente perché per la quarta volta alla domanda “non ha visto dopo nessun’altra macchina?” quarta risposta “no” c’era o non c’era non interessa signori giudici, non interessa, qui si tratta di valutare l’attendibilità di una persona, quattro volte domandata con quattro domande in forma anche diversa perché non è la stessa domanda ripetuta ma con parole diverse e si ottiene sempre la stessa risposta per quattro volte “no no c’era soltanto quella è basta” d’altro canto anche la Ghiribelli tutto sommato dice la stessa cosa perché la Ghiribelli non può essere attendibile quando vede la macchina del Lotti e diventa inattendibile se non ne vede un’altra? La Ghiribelli lei è quella che passando per la piazzetta degli Scopeti al ritorno di una dura giornata di lavoro vede questa macchina parcheggiata sulla destra e la domanda anche in questo caso sua signor presidente “c’erano altre macchine?” la risposta è un secco “no”. La Fiat 131, non mi nascondo dietro un dito così come non si è nascosto il collega che mi ha preceduto, un riscontro in qualche modo alla presenza di 131 grigio metallizzato quella sera esiste ma qui non si tratta tanto a questo punto del riscontro quanto di valutare l’attendibilità di certi soggetti quando rispondono su punti specifici non su un quadro d’insieme ma su conversazione specifiche, su una parola in più o in meno, l’indicazione per andare a guardare o l’indicazione per andare ad uccidere? Soltanto dopo che si accorse lì porto a casa oppure che cosa? I testi Taylor e Gracili ci danno un’autorevole conferma se non altro perché furono sentiti a distanza di poche ore dal rinvenimento dei cadaveri che in effetti oltre la piazzola, oltre per chi venisse da Firenze e quindi oltre l’unico imbocco anche su questo fatto dovremmo ritornare oltre l’unico accesso alla piazzola la destra vi era un’auto che costoro riconobbero essere un una 131 grigia metallizzata. C’è un attimo di contrasto fra i due testi Taylor e Gracili che poi abbiamo visto essere stato completamente chiarito allorquando la teste Gracili o Taylor non cambia nulla ci chiariscono appunto che l’incertezza era sul colore della targa e cioè se fosse una macchina con la vecchia targa o una di quelle, siamo nel 1985, con la targa nuova e cioè il nero sul fondo bianco, quindi 131 grigio metallizzato. Questo signori giudici ha costituito per lungo tempo ed anche qui un superlativo un formidabile elemento a carico di Giovanni Faggi a riscontro e a conferma della sua responsabilità perché fu detto e giustamente che Faggi aveva posseduto in anni in qualche modo compatibili con il 1985 una Fiat argento grigio metallizzato, voi capite una Fiat argento grigia metallizzata, una 131 grigio metallizzato io stesso non ricordo le peculiarità dell’argento rispetto alla 131 se non forse che la 131 era fatta con quattro fari anche mentre l’argenta se non ricordo male aveva soltanto i fari rettangolari ma anche la 131 aveva per lungo periodo e per molti suoi modelli il faro unico rettangolare. Argomento formidabile perché è una conferma diretta, poteva esserci e c’era perché abbiamo visto la tua macchina una macchina come la tua e non può essere una coincidenza, la difesa si affrettò a dimostrare che quell’auto effettivamente era stata posseduta da Giovanni Faggi bensì in epoca successiva e la risposta signori giudici fu in qualche modo come dire conforme a quello che in precedenza si era verificato e comunque fu una risposta di onestà perché si disse bene tu ci dimostri che l’iscrizione al PRA è avvenuta nel 1987 ma questo è un dato formale, è un dato che non ci conforta nell’ipotesi che tu non potessi avere quell’auto ancor prima. Sotto questo profilo signor presidente il dibattimento ha veramente fatto giustizia di qualsiasi tipo di incertezza, ricordate il teste Rizzi l’ultimo penultimo teste indotto da questa difesa all’udienza del 16/01/1998 fascicolo 80 carte 11 (salta l’audio) 87 ma come può essere una anche qui domanda apparentemente costosa ma che non costa nulla da parte della difesa perché conosceva quali erano i fatti, come fa a essere così preciso dopo 11 anni? Non soltanto perché era stato sentito dagli investigatori qualche tempo prima e non portato a dibattimento ma questo è legittimo ma perché se lo ricorda in relazione ad una circostanza che può documentare in maniera diretta “io vendetti l’auto nella quale si sta parlando a Giovanni Faggi, rimasi circa un mese/un mese e mezzo senza auto successivamente venni in possesso perché l’avevo acquistato di una Fiat Uno” della quale signori giudici Rizzi ha esibito il libretto di circolazione, è stata acquisita la coppia, esibito l’originale, un documento che conforta il ricordo di Rizzi, Rizzi non parte dal Febbraio/Marzo 1987 ma parte dal libretto di circolazione “siccome io ricordo che quest’auto la ebbi circa un mese/due mesi dopo aver venduto la precedente è sufficiente che io guardi la data del libretto di circolazione per ricordare e riferire quando ho ceduto a Faggi la fiat argento grigia metallizzata” dobbiamo avere ancora dubbi ma è giusto avere dubbi perché questo tipo di risposta non ha ancora risolto l’ultimo dilemma e cioè “benissimo tu ricordi Febbraio/Marzo ma vediamo se per caso tu non l’avessi materialmente ceduta prima ad altri o allo stesso Faggi” la domanda la pone lei signor presidente forse sotto questo profilo la difesa aveva più paura/è stata poco coraggiosa ma ha fatto male lei domanda signor presidente se avesse mai conosciuto “no l’ho conosciuto in quell’occasione” “non è che ha prestato a lui questa macchina precedentemente?” “no no” e a questo punto “prima della vendita di quest’auto mi riferisco all’argento questa macchina era nella sua esclusiva disponibilità? C’è l’aveva lei?” “sì sì l’avevo io” ma io dico una disgraziata difesa che cosa deve fare di più? La prova diabolica rispetto al non possesso di un’auto rossa, una prova positiva adempiuta in maniera assolutamente completa in punto di circostanza positiva di quando una certa auto è stata posseduta e allora di fronte a questa circostanza veramente valgono le considerazioni o le obiezioni che sono state mosse da parte del pubblico ministero anche se in maniera molto velata forse perché egli stesso si rendeva conto della non completa consistenza dell’argomento e perché poi come vedremo tutto sommato egli stesso si è dato la risposta e cioè che al PRA risulterebbero delle indicazioni non del tutto conformi in quanto vi è una sovrapposizione di date rispetto a due auto ed un’auto non risulta. Dico tutti noi sappiamo ma la risposta ve la dava il pubblico ministero allorquando in quella stessa occasione contro interrogando Faggi Rosetta si dava la risposta appunto dicendo “beh probabilmente suo padre dava in carico per fare le volture poi le volture chissà quando venivano effettivamente seguite” e sotto questo profilo signore giudici sono soltanto io lo sfortunato che riceve multe della propria auto venduta chissà quanti anni prima o è successo anche a voi qualche volta? Questa non è la prova che il PRA non è questo orologio svizzero di precisione e in ogni caso il fatto che non vi sia un’indicazione su un’auto sta a significare che la Fiat Argenta fosse posseduta due anni prima o che addirittura si aveva una macchina rossa quando tutti i testimoni hanno smentito la circostanza? Ma allora se nonostante tutto si ritenesse che la difesa non ha adempiuto completamente al suo mandato gli si potrebbe chiedere “sì però non hai provato che macchina ci avevi l’8 settembre o il 9 settembre del 1985” no è stato provato anche questo, è stato provato anche questo perché abbiamo le indicazioni del PRA che non sono isolatamente considerate perché sennò finiremo con lo smentirci, è un dato di inizio, il PRA non è completamente attendibile per quello che riguarda le date certo è che dal 06/11/1984 risulta iscritta al PRA una Peugeot 504, qui si dice, si legge poco bene, tipo uso forse promiscuo il che ci dà conferma che si tratti di un cassettone di una 504 familiare che mi sembra abbia veramente poco a che vedere con una berlina grigio metallizzata visto che questa era giallina Fiat 131 argento. Ma il dato documentale signori giudici è confermato dall’assunto testimoniale ricordate il teste Azzini anch’egli sentito all’udienza 8 10 97, anche egli non risparmiato giustamente da un penetrante contro esame da parte delle altre parti dei contraddittori pubblici e privati, il teste Azzini vi risparmio la lettura è colui che si adoperò per effettuare le formalità relative all’acquisto della Fiat argento 1987 ricordate quel documento prodotto dalla difesa in quel documento di una delegazione Aci nella quale ha appuntato “paga Azzini” che sta a significare egli si era interessato, egli titolare di un’officina e quindi si poteva giovare di determinati sconti per l’esecuzione di quelle formalità, quindi Azzini ha partecipato in prima persona al passaggio di proprietà, al passaggio della disponibilità di quella Fiat Argenta e quindi sapeva perfettamente o poteva sapere perfettamente che tipo di auto in quell’occasione il Faggi possedesse in precedenza e lui c’è lo dice la Peugeot familiare giallina. Dopo tutto questo credete che seriamente si possa sostenere che quella 131 grigia metallizzata vista da alcuni testi fosse guidata/il passeggero di quell’auto fosse Giovanni Faggi? Rimane da affrontare sotto questo profilo una ulteriore considerazione che anche questa la vedrete meglio di quanto non possa fare io con le parole consultando e rivedendo queste famigerate agende, l’obiezione che muove il dottor Giuttari, allorquando vi ricorda che dalle agende emergeva un dato in qualche modo contrastante in punto di disponibilità da parte del Faggi di una auto per volta/di una sola auto per volta perché egli vi ricordava che ad un certo mese si faceva un’indicazione di un acquisto di un’auto nuova, nuova nel senso non di fabbrica a 25.000/30.000 km dopo pochi mesi si faceva un altro tagliando per un’auto che aveva oltre 100.000 km, non so che tipo di esperienze abbia il dottor Giuttari in punto di percorrenze stradali, certo se avessi io ho dovuto giudicare questo tipo di notazione avrei detto che ne aveva tre di macchine perché per chi fa 10.000 km all’anno, 5000 o 15.000 trovare in pochi mesi un décalage di questo genere certamente circostanze inquietante ma ricordate o c’è bisogno di ricordarlo che tipo di lavoro facesse Giovanni Faggi? C’è bisogno di ricordare come a domanda anche delle parti civili che volevano sapere se per caso era conoscitore di tutte le piazze toscane dicevo ho bisogno di ricordare che Faggi per il suo lavoro si portava il lunedì mattina costantemente a Sassuolo 250/200 km andata e ritorno fanno 400, che tutti i giorni andava fino a Grosseto, si estendeva fino in Umbria o fino alla Liguria, Emilia-Romagna, delle volte se non ricordo male anche in Lazio e allora se voi moltiplicate, vi risparmio veramente l’operazione, quella quantità verosimile di chilometri rispetto al numero di giorni lavorativo moltiplicato per la settimana e per i mesi voi capite che trovare 20/25000 e dopo qualche mese 80.000/90.000/100.000 non ha il benché minimo significato. D’altro canto un’ultima notazione vi sembra un caso che laddove in relazione ad altri imputati di questo procedimento quando si parla delle loro auto si trova conferma dell’esistenza di quelle auto? La 500, la Fiesta, la 128 coda tronca e quando invece si parla di quelle del Faggi si hanno indicazioni completamente inverso rispetto a quella che le acquisizioni probatorie PRA, testimoni e documenti vi hanno offerto sarà un caso anche questo. L’ultimo argomento ed ho finito, in analogia quanto si è sviluppato per l’omicidio di Calenzano è una prospettiva ricostruttiva che dia per buona l’affermazione di base, abbia in qualche modo trovato conferma negli elementi cosiddetti di riscontro, quindi è vero che Giovanni è Giovanni Faggi, è vero che Giovanni aveva questo 131, del 131 si da la presenza provata per effetto di dichiarazioni benissimo siamo arrivati a questo punto, ma a questo punto si apre un’ulteriore prospettiva signori giudici, anche in questo caso la difesa ha difficoltà a sviluppare queste ipotesi perché la ritiene legittima soltanto come ultimissima scelta, Faggi è presente, gli garbava guardare, concorso, connivenza, mera presenza, quali sono gli elementi certi non le suggestioni, non i sentimenti, non le emozioni dei quali dopo si dirà, certi elementi per risolvere l’opzione fra concorso e mera presenza, nessuno, avete elementi semmai del tutto opposti all’ipotesi di accusa. Una banda di scellerati, una cricca è stata chiamata, che si organizzano per commettere delitti assegnando a ciascuno un ruolo nella preparazione, ideazione prima preparazione ed esecuzione del delitto, questa è l’immagine che ha proposto il pubblico ministero, allora spieghiamo e coniughiamo questa affermazione con quella di Lotti il quali Lotti se è vero quello che dice Lotti e non ci credo affatto avrebbe saputo della presenza di un’altra persona nell’imminenza del delitto, ne avrebbe avuto conferma dopo ma quello che è sconvolgente in un’ipotesi di questo genere è che non abbia saputo mai dai suoi interlocutori il ruolo che avrebbe svolto la terza persona ma come? Si organizza un delitto, ci si presenta in tre o quattro e non ci si conosce? Non ci si dice allora guarda io mi metto qui tu stai di là, io porto il coltello, ora scusate se ironizzo su cose così drammatiche ma voglio dire è la logica che si ribella signori giudici e d’altro canto Lotti su domande del suo difensore ha fatto un’ammissione fondamentale in relazione al delitto degli Scopeti “io ero lì per fare il palo” cosa vuol dire fare il palo? C’è l’ha spiegato, lo sappiamo “mettersi in un punto in qualche modo strategico per dissuadere chi fosse passato e avesse avuto intenzione di fermarsi dal fermarsi, dal curiosare o quant’altro” e infatti Lotti una volta tanto vi è congruenza nelle sue affermazioni dove dice di aver posto la sua macchina? In corrispondenza dello stradello e cioè in corrispondenza dell’unico luogo di accesso alla piazzola dove un palo aveva senso che stesse, se la macchina 131 o quello che è noi la mettiamo 100 m più in là oltre la piazzola come poi dirà l’ottimo Lotti, si fa per dire, se la mettiamo oltre la piazzola che senso ha? Quale funzione può avere nell’economia del delitto se la piazzola è dietro? Se la rampa o lo stradello di accesso alla piazzola è unica? E poi quanti pali che non si conoscono fra di loro dovevano esserci in un delitto di questo genere? Poi signori giudici ma un palo non dovrebbe intervenire come minimo all’inizio dell’esecuzione del delitto? Ma come minimo, in realtà un palo accorto si presenta sulla scena del delitto ben prima perché le esigenza che taluno non si avvicini alla piazzola esiste sia durante l’esecuzione del delitto ma prima anche perché se qualcuno si avvicina non possa avvicinarci noi e quando arriva questa 131 arriva dopo che è arrivata la macchina del Lotti e va via prima che il delitto sia compiuto. Allora funzioni di palo, funzioni di dissuasione come fu scritto nel decreto che ha disposto il giudizio da parte di un giudice che non conosceva le ulteriori acquisizioni dibattimentali, un materiale che ancora aveva dei vuoti in relazione a quali forse era legittimo chiedere ed ottenere come ha ottenuto pure il pubblico ministero un processo perché nel processo si facesse piena luce sulla posizione di ciascuno sulle singole responsabilità. “Bella girata a Travalle” signor presidente, usciamo intanto dalla suggestione di questa bella girata a Travalle per renderci conto che “bella girata a Travalle” rispetto al campo delle Bartoline è come dire che è indizio di colpevolezza essere stati in piazza delle cure o meglio essere stati a Fiesole per un delitto che è stato commesso in piazza delle cure, cioè sono due località che non c’entrano nulla, nemmeno sotto il profilo della continenza la più piccola che è contenuta dalla più grande e c’è lo dice un teste sotto questo profilo assolutamente qualificato maresciallo Salvini comandante di quella stazione dei carabinieri posta a 50/100 m dalla casa del Faggi fino alla fine degli anni 80 24 10 97 fascicolo numero 39 “mentre Travalle, la zona di Travalle che c’è una chiesa, c’è una fattoria, c’è il ristorante, una zona più vasta ed è più avanti cioè a circa diciamo qualche chilometro, un paio di chilometri forse oltre il luogo in cui furono rinvenuti i cadaveri, è una zona vasta la zona di Travalle, se ci sono punti di riferimento precisi si può dire ecco ci sono, questo ristorante chiamato ristorante Travalle, la fattoria Travalle, insomma è tutta una zona e aggiungo io in relazione alla quale può aver senso fare una girata a Travalle, c’è il ristorante, mentre la zona delle Bartoline è più minuta, è più piccola, perché è la zona circostante la piccola strada che va dalla periferia di Calenzano al torrente la Marina. Allora dobbiamo credere e non possiamo non credere al maresciallo Salvini un’indicazione di questo genere è un’indicazione che è acqua fresca sotto il profilo probatorio eppure su questa indicazione, sulla suggestione di questa indicazione, è stato commesso un errore signori giudici e voi lo verificherete, un errore che ha posto la bella girata a Travalle anziché al 20 Aprile 1981 data del tutto indifferente al delitto al 23 di ottobre 1981, errore signori giudici tanto più insidioso quanto è autorevole colui che l’ha commesso, ma questo signori è l’effetto dell’argomentare con suggestione, con emozione, con sentimento dei quali le parti civili ovviamente sono onerati, il passo fra la verità, la fastità, la giustizia e l’errore giudiziario può essere veramente molto breve, io vi chiedo di assolvere Giovanni Faggi perché egli non ha commesso i fatti grazie.
Presidente: Avvocato Mazzei quando vuole parlare lei?
Avv. Antonio Giuseppe Mazzeo: Io presidente non ho nessuna difficoltà ad iniziale però faccio rilevare che gradirei un uditorio più fresco poi mi rimetto a lei. Tutta la mattinata mi ci vorrà
Presidente: Sì sì va bene allora andiamo domani mattina alle 9 arrivederci l’udienza è tolta allora a domani alle 09:00 nuova traduzione del Vanni.