16 Marzo 1998, 71° udienza, processo, Compagni di Merende Mario Vanni,  Giancarlo Lotti e  Giovanni Faggi per i reati relativi ai duplici delitti del MdF e Alberto Corsi per favoreggiamento.

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Avv. Aldo Colao, Avv. Nino Filastò, Avv. Stefano Bertini, Avv. Federico Bagattini, perito Anton Blake

Presidente: Allora, ci siamo tutti o no? C’è Vanni con l’Avv. Nino Filastò; c’è Bagattini e Fenyes per Faggi; Bertini per Lotti. Lotti c’è? 

Segretario dell’udienza: (non udibile)

Presidente: Continua ad essere assente. Faggi sempre contumace. E Corsi? 

Avv. Federico Bagattini: (non udibile)

Presidente: Allora, Bagattini in sostituzione dell’avvocato Zanobini per Corsi, che continua ad essere assente. Poi c’è Pellegrini, Colao, per le parti civili mancanti. Va bene? E Voena e Curandai. Allora, la Corte, prima di tutto, sentiamo il perito.

Perito Anton Blake: Buongiorno.

Presidente: Allora, ha svolto l’incarico a lei affidato, ha fatto la traduzione?

Perito Anton Blake: Sì.

Presidente: Ci vuol consegnare il… Però ci deve parlare, eh. Allora, questa rossa…

Perito Anton Blake: Allora, deposito le trascrizioni.

Presidente: Questa rossa che è, l’originale?

Perito Anton Blake: La rossa è l’originale.

Presidente: L’originale. Questa è la bobina e qui ci sono le copie, due copie.

Perito Anton Blake: Due copie.

Presidente: Due copie. Benissimo. Ci sono domande al perito? 

(non udibile)

Presidente: Bene. Sì, sì. Allora, per noi può andare.

Perito Anton Blake: Grazie.

Presidente: Grazie. A questo punto diamo lettura, la Corte dà lettura – così, ai fini della notifica alle parti – dei proventi di liquidazione delle somme a favore dei periti che sono stati sentiti nelle varie udienze. Allora, c’è una prima liquidazione che riguarda…

P.M.: Li possiamo dare per letti, Presidente. 

Avv.: Li possiamo dare per letti, signor Presidente.

Presidente: Sì, insomma, l’onorario liquidato complessivo alla perizia collegiale di 1.548.000; l’altro, a Tinnirello per un incarico di 258.000 lire, oltre IVA; e un altro, mi sembra, a Tinnirello, 158.000 lire, oltre IVA. Poi c’è quell’altro del perito questo. Dov’è? Sarà rimasto di là. Antonio, mi guarda se è rimasto di là? Ah, no, no, eccolo qua, eccolo qua. Poi abbiamo la liquidazione in favore del perito, questo qui presente: è di 200.000 lire, perché c’è stato un aumento, secondo un decreto ministeriale, che è entrato in vigore il 24 febbraio. Eccoli qua. A questo punto si può riprendere la discussione che avevamo interrotta la scorsa udienza. Se il Pubblico Ministero mantiene ferme le conclusioni, io credo la legge non lo dice, ma la questione va ripresa dal momento in cui è stata lasciata. Va bene? Quindi, il Pubblico Ministero ha concluso.

P.M.: Ho concluso, Presidente.

Presidente: Le parti civili che hanno interesse a fare le repliche quali sono?

Avv. Aldo Colao: Sono io, Avv. Aldo Colao.

Presidente: Avv. Aldo Colao.

Avv. Aldo Colao: Poi c’è l’avvocato… 

Avvocato Voena: L’avvocato Voena. 

Avv. Aldo Colao:…Voena.

Avvocato Curandai: E l’avvocato Curandai.

Presidente: L’avvocato Curandai. Bene. Curandai in sostituzione di Pellegrini, vero? Prego, Avv. Aldo Colao.

Avv. Aldo Colao: L’avvocato Mazzeo, nella sua discussione, indica l’imputato Lotti Giancarlo come inveridico, in quanto guesti.. 

Presidente: Come?

Avv. Aldo Colao: Inveridico.

Presidente: Ah.

Avv. Aldo Colao: Persona non veritiera, da non tenere, da non dare fiducia nella sua esposizione. In quanto, questo, nell’incidente probatorio, sostiene: in primo luogo di non aver visto che l’aggressore avesse un coltello in mano, mentre stringeva il braccio al collo del giovane francese nell’omicidio di Scopeti e, in più, sostiene che l’aggressore abbia colpito la vittima col pugno, dandogli dei colpi con le mani, quando nella realtà il giovane fu ucciso con un’arma bianca. Sul punto bisogna fare chiarezza. Perché questa parte civile dice, viceversa, il Lotti è veridico proprio veritiero, proprio su questo punto. Infatti, nell’incidente probatorio è vero che Lotti a pagina 9 dell’udienza 19/02/97 fascicolo 2, afferma: “No, io il coltello non l’ho visto. Io ho visto che aveva il braccio al collo, così. L’aveva, stringeva.” E poi ancora a domanda del Giudice: “Le sembra ancora oggi di ricordare che questo colpo al collo, secondo quanto contestato dal verbale, fu inferto con un coltello?” Risposta: “No.” Ed a contestazione di questa parte civile: “Quindi, abbia pazienza, lei dichiara esplicitamente che il Pacciani rincorse il giovane francese; lo bloccò e lo accoltellò al collo e al petto.” Risponde il Lotti: “No.” Giudice: “Vide che lo colpì, ma non sa….” Perché il Giudice aveva capito. Lotti: “Io ho visto, l’ha preso qui al collo. Il coltello, no.” Giudice: “Ma non sa se lo colpì col coltello?” Avv. Aldo Colao: “Come lo ha preso?” Giudice: “Lo colpì col pugno. “Lo colpì.” E poi, a domanda, Lotti: “E poi gli avrà dato dei colpi nello stomaco.. ”E a domanda: “E con che cosa?” Risposta: “Con le mani.” Orbene, bisogna calarsi nella mentalità contadina del Lotti. É una persona che va al sodo, è stringato; ma nel contempo è prudente. Lui, il coltello in mano al Pacciani, non lo ha visto, c’è poco da fare. E quindi non lo fa il “saltum”, non lo dice che Pacciani era armato di un coltello. C’è poco da fare, non lo dice perché lui non lo ha visto. E questo è in contraddizio.. Anche se sa, e ci ha detto, che il Pacciani ha ucciso il ragazzo francese. Con tutto questo, lui non fa questo salto; lui, il coltello in mano, non lo ha visto. E quindi è veritiero proprio per questo. Il contadino mira all’essenziale. Perché dovrebbe dire un coltello, quando è in grado, quando non lo ha visto? E non è in grado di affermarlo con certezza, perché, non lo ha visto. Non bisogna dimenticare la bassa scolarità, la carente espressione di linguaggio. É stentato nel parlare perché è un semianalfabeta. Anche se è una persona intelligente e ne ha dato prova. E questo può dare spazio a cattive interpretazioni. Questa parte civile vuol venire in soccorso di. . . quanto meno vuole chiarire con i fatti, eh, con i fatti. Non far voli, qui non si parla di emozioni, nessuno vuol toccare i tasti emotivi. Per carità di Dio! Qui vogliamo stare ai fatti. Quindi, questa parte civile, sostenitrice che l’arma bianca che ha ferito il radio del polso destro del giovane francese, così come l’ha ucciso, ed ha effettuato l’escissione dei seni sinistri, è il trincetto modificato da Pacciani Pietro; di cui alla memoria depositata in atti, fa notare che, avendo probabilmente impugnato il Pacciani a metà – questo è il facsimile — a metà della sua lunghezza il trincetto, e la mano del Pacciani notoriamente era molto più grossa della mia, quindi sarà stata 14 o 15 centimetri circa, di poco poteva sporgere la parte finale acuminata dell’arma; di poco. E la parte terminale., anche, sporgeva: di -poco. É questo il punto. Il trincetto — questa è la copia conforme — è lungo 28 centimetri; mettiamo che la mano sia 15 o 16 centimetri, restano sei o sette centimetri da una parte e sei o sette centimetri dall’ altra parte. Quindi… Poi, il trincetto è brunito. Perché il trincetto è tutto di ferro. Ha l’impugnatura di ferro. Anche se concava e quindi si impugna anche abbastanza bene. Soprattutto il Pacciani, il quale aveva lavorato in pelletteria, aveva lavorato come calzolaio per decine d’anni. E non dimentichiamoci che il trincetto è l’arma tenuta in grande considerazione in campagna. | Perché è quasi come un bisturi. Lavorano i maiali, ci lavorano tutto con quello. E quindi ecco il motivo: il trincetto è brunito, non brilla come la lama di un coltello, quindi è meno visibile. A comprova di ciò, si precisa che Lotti è stato coerente, non è inveritiero. Il Lotti è stato coerente anche nel dibattimento; di una coerenza esemplare. Perché, a domanda del P.M. nel dibattimento, che giustamente, voleva sapere il P.M. perché questo punto aveva destato perplessità in tutti, dice: “No, il coltello non l’ho visto” E ancora a domanda: “É sicuro di aver visto un coltello o no?” “A me mi pare di aver visto una specie” – dice lui – “una specie di arma, qui alla gola.” E indicava anche. Perché, voi che avete seguito come noi attentamente il dibattimento, forse più attentamente di noi perché eravate anche più vicini, avete visto: il Lotti indicava, si aiutava con i gesti. Come da una persona rozza che non si sa esprimere bene e quindi si vuole aiutare. “Un’arma, lei dice? Un’arma bianca?” Il P.M. vuole sapere una specificazione. E il Presidente dice, giustamente: “Una specie di…” Perché il Presidente recepisce “una specie”: “Una specie di…” Risposta: “Come un coltello.” “Come un coltello”. Quindi il Lotti è coerente e preciso anche in dibattimento. Messo alle strette, dice: “Come un coltello”, non dice “un coltello”. E prosegue il P.M. perché bisogna far chiarezza su questo punto, molta chiarezza. Perché non si deve dire che è inveritiero. Non è in veritiero si è spiegato bene, chiaro. “Come un coltello?” — Gli dice il P.M. – “Lei. lo vide bene questo coltello, o non lo ha visto?” Lotti: “No…”. – Cioè: non l’ho visto bene – “Dalla mano, così, faceva così…” — Puntolini – “Sicché, anche se un sono distante, si vede bene, insomma.. . ” Lì voleva dire che non era distante, ma invece era vicino. Poi ce ne siamo accorti che il Lotti era lì vicino, c’è poco da fare. Era molto vicino. Ma questo è un altro. . . Lo lascio alla vostra interpretazione. Secondo questa parte civile è chiaro che, qualora per assurdo il Pacciani avesse impugnato un coltello, per assurdo, avesse impugnato un coltello, questo sarebbe stato chiaramente visto da Lotti, che era vicino. In quanto che la mano dell’aggressore avrebbe impugnato il manico, lasciando libera e visibile tutta la lama. Ma questo è pacifico, questo è elementare. Però andava chiarito, andava riportato nel binario. Perché questa cosa era fuori binario. Anche se non è questo, non è solo da questo che questa parte civile deduce… Anche perché ormai è provato in atti che l’arma del delitto sia stato il trincetto modificato, sequestrato in casa Pacciani. E mi riferisco a quanto ho portato alle pagine, a quanto ho detto dell’esame in dibattimento del Lotti e delle sue risposte, a pagina ‘74 e ‘75, udienza, del 27/11 del ’97. 

Avv. Aldo Colao: Passiamo ad un altro punto, sempre di pura replica. Lei, Presidente, ha detto che bisogna replicare puramente. E io puramente sto replicando.

Presidente: Non lo dico io, lo dice la legge.

Avv. Aldo Colao: L’Avv. Nino Filastò afferma che l’Avv. Aldo Colao ha una ossessione per il trincetto. L’Avv. Aldo Colao risponde che non ha nessuna ossessione! Ma che è fermamente convinto che il trincetto è l’arma bianca che ha ucciso il ragazzo francese e che ha escisso i seni delle povere Mauriot e Rontini, per quanto è stato provato in dibattimento e per quanto è stato precisato sul punto in udienza di discussione. Io sono fermamente convinto di questo, non sono ossessionato da niente! Non si soffermerà ancora, questa parte civile, sulla nota ossessione di Pacciani per i seni sinistri.. – Pacciani era ossessionato dai seni sinistri. E come noi… Già in udienza di discussione, ho; esplicato la nota, le radici di questa ossessione per- i seni sinistri: quello della Bugli offerto al rivale che poi lui uccise; quello contuso alla Sperduto. Ma aggiungo un’altra cosa: nel processo di Assise di I Grado, questo seno sinistro era contuso perfino alla figlia Graziella. Lo abbiamo saputo, la figlia si svegliava la mattina col seno sinistro contuso. E lui si meravigliava pure. Dice: ‘Io?’ Quindi era una ossessione. Lui, in quel momento, aveva perso il controllo, era fuori di sé. Era lucido, ma ossessionato da questo seno sinistro. L’Avv. Nino Filastò sostiene ancora abilmente, eh, per carità di Dio, con tutto il rispetto. Molto abile il collega. Però, eh, certe cose non sono vere, quindi bisogna rimetterle in linea. L’Avv. Nino Filastò sostiene che il trincetto, non avendo manico di legno, sarebbe scivolato dalle mani dell’aggressore del giovane francese, nel momento dell’impatto con l’osso radio. Gli sarebbe scivolato di mano. E quindi non avrebbe potuto provocare quel tipo di ferita, pertanto il trincetto, secondò l’Avv. Nino Filastò, non può essere l’arma del delitto. In altre parole lui dice: il coltello, l’osso radio, e scivolava di mano. Ciò non regge per questi motivi: il colpo al radio non è d’incontro. L’Avv. Nino Filastò ha tirato di boxe, mi disse una volta parlando amichevolmente, quindi sa che cos’è un colpo d’incontro. Un colpo d’incontro raddoppia le forze e raddoppia la forza dell’impatto. Perché questo colpo al radio non è d’incontro, cioè non raddoppia la violenza dell’impatto. E questo perché il giovane era in difesa passiva, era passivo il giovane. E un colpo vibrato da dietro, al polso destro, per far mollare la presa dalle mani del povero ragazzo al braccio sinistro di Pacciani che lo stava stringendo al collo. Prova di ciò sono, oltre alle dichiarazioni del Lotti che mi paiono le più verosimili, in quanto che lui era lì. Ce l’ha descritta la scena. Tanto che mi pareva di vederla e mi pare di vederla. Ce l’ha descritta bene questa scena. Prova di ciò, oltre a queste dichiarazioni, sono: l’escoriazione sul dorso del carpo della mano destra. Il giovane ha una escoriazione anche sul carpo della mano destra… E soprattutto, Signori, vi prego di fare attenzione. Mi rivolgo ai Giurati, perché voi dovrete dare il vostro voto; voi dovrete portare il vostro apporto, anche il vostro apporto scientifico delle vostre conoscenze. Che, come uomini esperti di vita, saranno sicuramente notevoli. Altrimenti non vi avrebbero chiamato a questo arduo compito. Naturalmente i togati sono del mestiere, quindi queste cose le afferrano a volo, per mestiere. Però dicevo: oltre a questa escoriazione sul carpo della mano destra, c’è: “Una ferita d’arma bianca di centimetri 3,9 per 0,6, con tramite trasversale interessante le ossa del carpo della mano sinistra e fuoriuscita a livello dell’estremità radiale del polso, con soluzione di continuo di centimetri 1,9 per 0,8, ad angolo distale acuto”, vedi perizia Maurri del 16/12/8 5, pagina 44 e tra parentesi ci metto anche il numero 51. Poi depositerò una memoria di questo. Nonché, pagina 13 e schema corporeo allegato terzo, perizia De Fazio. In altre parole: c’è una ferita che attraversa il carpo, qui: l’attraversa ed esce il radio. Però questa ferita, ha un angolo acuto distale, finale. E perché acuto? Perché il trincetto ha tre punte. La terminale ha un angolo acuto di 55 gradi; questa laterale è di 13 9 gradi. Questa ha attraversato, il radio è l’angolo acuto; questa, viceversa, ha colpito il radio, questa punta, e ha lasciato una impronta stampo di 139 gradi. Sta qui la differenza. Altri motivi quali sono? L’osso del radio è un osso lungo, sottile e poco resistente. A pagina 3 2 della perizia autoptica Maurri del 16/12/85 e depositata il 24/12/85, si precisa che il giovane Kraveichvili Jean — lo voglio chiamare per nome, anche se il nome è difficile, era alto 1 metro e 70. Era alto 1 metro e 70. Fon era alto 1 metro e 80; non era alto 1 metro e 90. Era alto 1 metro e 70. Il che vuol dire della stessa altezza circa di Pietro Pacciani. Il quale nella misura del processo di I Grado risultò essere alto, ora che naturalmente le vertebre si vanno a restringere, quindi… 1,69. Quindi, con le scarpe, sarà stato senz’altro, 1,71—1,73, forse. E il ragazzo era nudo, a piedi, nudi. Quindi Pacciani era quei due o tre centimetri, tre o quattro centimetri più alto del ragazzo. Notare questo. Quindi il colpo inferto al “radio destro è di striscio è di striscio – da dietro, dall’alto verso il basso; come l’altro colpo al carpo della mano sinistra, che poi fuoriesce al livello del radio prima che Pacciani potesse colpire il collo. Chiaramente, colpiva le mani; quello lo stringeva, il ragazzo tirava via le mani e lui voleva arrivare al collo, perché questo era il punto che lo metteva fuori combattimento, così come lo ha messo. Ragione per cui, la punta triangolare di 13 9 gradi del trincetto, da notare che non è la punta terminale che è acuta di 55 gradi che ha colpito invece la mano sinistra, ma bensì laterale che si attaglia perfettamente alla dinamica descritta da Lotti. In quanto che il radio sporge nel mentre uno cerca di portare via la mano. Ed ecco il punto: e questa punta è la laterale. La Corte potrà rilevare: questa ferita a stampo è la firma dell’arma. La ferita a stampa, in questo giovane… questo era un giovane. Qui è inutile, per carità, siamo tutti misericordiosi. Ma questo ragazzo grida vendetta e quest’arma ha lasciato la sua firma. La Corte potrà rilevare che l’andamento della ferita — vedi pagina 64 della perizia De Fazio— Pierini — va in direzione del gomito. L’andamento della ferita va in direzione del gomito, in modo cioè perfettamente concordante con le dichiarazioni di Lotti. “E, addirittura, con lunghezza dell’ipotenusa di 16 millimetri…” questo, a pagina 64 della perizia De Fazio-Pierini. “E, addirittura, con lunghezza dell’ipotenusa di 16 millimetri. Considerata la scheggiatura dell’osso provocata dalla punta dell’arma a fine corsa.” Vale a dire: in uscita si acquatta e crea una scheggiatura. E poi, che differenza avrebbe fatto il manico di legno o l’impugnatura di ferro nelle tremende mani di Pacciani Pietro, noto per la sua forza erculea? Anche un grosso chiodo sarebbe stata un’arma mortale in quelle mani. É risaputo che Pacciani sollevò una 500 da un fossetto e la rimise in strada, lui da solo, quando era con Simonetti e forse con Vanni. Ora, Presidente, poiché pure essendo stato direi, piuttosto chiaro, non lo so, ma noi avvocati abbiamo sempre il dubbio di non esserci espressi a volte sufficientemente, tanto che depositerò una memoria con chiarezza; desidererei fare un esperimento giudiziale, se lei mi consente, per ricostruire questa fase di aggressione col braccio e per vedere la sporgenza dei due radi… con _un collega, se si presta, qualche collega. (voci fuori microfono)

P.M.: É più alto.

Avv. Aldo Colao: Naturalmente è una questione molto seria. E se l’avvocato Pellegrini aderisce a questo, se lei mi autorizza. . . É una questione di un attimo, eh. Così come fece il P.M., quando prese il sedile e lo rivoltò. AW. Pellegrini: Purché il trincetto sia finto.

Avv. Aldo Colao: É di cartone, però è uguale. Tutto sommato è bene sdrammatizzare. 

Avv. Patrizio Pellegrini: Sì.

Avv. Aldo Colao: L’aggressione si è svolta, così. Lotti diceva: “Stringeva, stringeva”, io non stringo. E le mani vengono portate per portargli del braccio. A questo punto, ecco dove si infigge la punta laterale di 139 gradi; laddove., la figura del professor Pierini, quella immagine, ha rappresentato 140 gradi. L’altro colpo è stato portato qua ed è stato più violento, perché porta … il giovane. E quindi ha trapassato il carpo e il radio. Con la punta terminale. Grazie. (torna, al microfono) Ti ringrazio. Ma noi avvocati dobbiamo fare anche questo.

Presidente: (non udibile)

Avv. Aldo Colao: Prego?

Presidente:(non udibile)

Avv. Aldo Colao: Non ho capito, Presidente. Mi scusi. Ah, forse aveva il microfono…

Presidente: Ha rischiato di colpire anche se stesso, il Pacciani, col braccio sinistro così, come lo ha messo lei.

Avv. Aldo Colao: Presidente, non ho capito, io. Forse qui non c’è una buona acustica. O non ci sento bene da questo orecchio.

Avv. Nino Filastò: (non udibile) 

Avv. Stefano Bertini: Avrebbe rischiato dì colpire anche se stesso.

Avv. Nino Filastò: Pacciani avrebbe potuto colpire anche se stesso. 

Avvocato: Il proprio braccio.

Avv. Aldo Colao: Presidente, è una giusta osservazione, questa. Ma non dimentichiamoci che Pacciani era uno che faceva gli occhi alle pulci ed era abilissimo…

Presidente: Ho capito, ma insomma…

Avv. Aldo Colao: …ed era abilissimo nel manovrare. Era abilissimo,, noto per la sua perizia. Colpiva proprio… lui doveva colpire, voleva le mani libere. E poi, del resto, qualsiasi altro aggressore che avesse voluto uccidere quel ragazzo, chiunque altro, se non gli liberava il collo, come faceva a vibrargli… il punto mortale era questo. Poi è passato allo stomaco, come dice il Lotti. E ci sono quelle tre ferite nella regione precordiale bassa . con fase dall’alto in basso. Perché tutti i colpi sono portati dal di dietro, dall’alto in basso. Questa, poi, per la memoria, la deposito. Continuo la mia replica su Baccaiano, sull’omicidio di Baccaiano. Rocambolesca e fuori delle risultanze che l’Antonella Migliorini sia stata colpita alla fronte da un colpo sparato a bordo della macchina. Così: ‘pum-pum’ fece addirittura il gesto il collega, ma in quanto che io voglio stare ai fatti, eh, in quanto che è pacifico che se l’aggressore fosse montato in macchina, avesse… o montato dopo, e la ragazza rimaneva lì, impalata dietro, così, con la fronte pronta a dire: centratemi, qua. La ragazza, quanto meno, si sarebbe acquattata sul fondo della macchina. Quindi, l’aggressore, se lei fosse stata viva, in macchina, l’avrebbe colpita nel dorso, nella nuca. Quindi è verosimile la versione data dai periti e da Lotti. La povera ragazza morì subito, nella prima azione di sparo nella piazzola. Tre bossoli erano a terra. E uno di questi centrò il parabrezza all’altezza della ragazza che era dietro. Due colpi furono portati alla ragazza, perché sparati alla parte centrale; e uno di questi, mortale, sparato sul parabrezza. Quindi, questa è la ricostruzione. E per verità bisogna riportarla nei suoi limiti. I soccorritori non videro macchine. Non potevano vedere le macchine. Perché Lotti, che aveva . lasciato la macchina sulla parte destra direzione Baccaiano, direzione bar, sulla parte destra -mentre viceversa “i compagni di merende” l’avevano lasciata sulla parte sinistra, più occultata – Lotti ci ha dichiarato che, quando ci fu l’azione di sparo al centro-strada — e lì furono trovati due colpi, furono quelli che colpirono il povero giovane, il povero Mainardi Paolo alla mandibola e alla gola – il terzo, quello alla tempia, fu sparato nella macchina. Quindi Lotti, a questo punto, dice: ‘io, quando c’è stata l’azione di rincorsa in mezzo alla strada’, Lotti, a questo punto, si impressionò e se n’è andato. Quindi si è preso la macchina e se n’è andato. Era l’unica macchina. E quella dei ragazzi finì poi nella fossetta. L’unica macchina era quella del Lotti che se n’era | andato. Quindi è pacifico, e Lotti ce l’ha detto. Quindi, i soccorritori… prima di tutto i soccorritori, arrivando, non si mettevano a perlustrare la zona per vedere se c’erano macchine nascoste, è chiaro; i soccorritori avrebbero guardato il lato destro, dov’era la macchina che sporgeva dalla fossetta. E. da quella parte non c’era nulla, perché il Lotti se n’era andato. Gli altri due colpi sul bordo furono sparati ai fari, per avviare la macchina. Io sostengo che è stato- prima colpito il. ragazzo- e poi i fari. Perché, era chiaro: lui…voleva bloccare i ragazzi. La difesa del Vanni ci vuol far credere che Vanni usava quegli strumenti, quei vibratori con le donne per gratificare il partner. È un concetto inaccettabile, questo. È un concetto inaccettabile, perché sappiamo ormai che la moglie addirittura se n’era andata via di casa, l’aveva buttata lui fuori per incompatibilità agli inizi del matrimonio, perché non accettava queste pratiche. Quindi, quale gratificazione? Se la moglie fosse stata gratificata non se ne sarebbe andata, sarebbe stato un idillio e sarebbe stato molto meglio per tutti e per i ragazzi. 

Addirittura, poi, questo concetto è inaccettabile, perché delle prostitute hanno rifiutato questi strumenti; lo avete sentito voi in aula. Il Vanni attuava queste pratiche abnormi unicamente per dare sfogo ai suoi istinti di perversione, al suo delirio di potenza, al suo delirio di potere, al suo delirio di sottomissione della donna. Era questo il punto. E di qua, l’odio. Del resto, questo concetto anche noi, modestamente, molto modestamente, abbiamo fatto qualche piccola ricerca nel campo psichiatrico. E la scuola dello psichiatra fiorentino Roberto Assaioli, ben nota ormai a Firenze, la scuola di Psicosintesi, già dal 1950 dichiara che: “Queste pratiche, quando sono ripetitive e a carattere ossessivo” — e questa era una ossessione, perché ‘i compagni di merende’ ce l’avevano tutti questi strumenti ed era il pane quotidiano della loro vita – “diventano una forma di abbrutimento sessuale.” E questa scuola di Psicosintesi la deprecò, invogliando i giovani all’atto di amore, all’unione dell’istinto sessuale con qualche forma di sentimento che potesse veramente dare la gratificazione ad entrambi. E la deprecò, in quanto che la considerò causa ed effetto, queste pratiche abnormi, ripetitive di questi strumenti, di angoscia, frustrazione ed egoismo nel rapporto. Altro che gratificare il partner! L’avvocato Mazzeo, Giudici, Giurati, disse: siate misericordiosi. Non mi dispiacque, dico la verità, questa affermazione del collega. Ma come si può essere misericordiosi, quando c’è stata sempre una negazione tracotante, ostinata, sfrontata, aggressiva, nella prima fase di questo procedimento? Era anche aggressiva; poi è cambiato questo atteggiamento… Siamo stati, questa parte civile è stata pronta a portare alla Corte – e la Corte già la conosceva, non so – quella lettera del Lotti che accusa Pacciani e Vanni e che è uno sfogo ed è una forma di pentimento, perché l’accusa ad altri è una forma di pentimento sua. Perché mi è sembrata una forma di pentimento: Pacciani e Vanni, fate delle cose mostruose, siete delle bestie, Pacciani e Vanni. Lo avrà fatto dopo perché stava in carcere, perché stava ormai sotto controllo, non lo so questo. Non lo so, lo sa lui e la coscienza sua. Però lo ha scritto. E allora, in questo caso, la misericordia è adeguata. Qualunque atto di misericordia presuppone una forma di pentimento… Intendiamoci, nessuno spirito di vendetta anima questa parte civile e le parti civili. Abbiamo sofferto anche noi con le famiglie, anche noi difensori. Siamo stati insieme, affiancati, però, nessuno spirito di vendetta. Ma la sete di giustizia, sì. Appartiene proprio alle parti civili la sete di giustizia. Ed ecco la nostra ricerca attenta, oculata; ecco il nostro stare sempre al pezzo; cercare, scandagliare, verificare… Perché questo era un processo difficile e fra le pieghe di queste carte c’era tanto da trovare. E qualcosa abbiamo trovato anche noi e lo abbiamo offerto, perché voi possiate fare una sentenza che tenga conto di tutto. Perché dovete tenere conto di tutto, per non prestare il fianco che poi, sicuramente, si dirà lo stesso, va be’. Ma se non altro, la ragionevolezza deve venir fuori. E noi, ecco, abbiamo preso e portato più che si poteva. La difesa di Faggi Giovanni si duole, dice: ormai Faggi Giovanni è un “compagno di merende”; come a dire: come va va, ormai è stato inguaiato. Ma è lui che si è creato il ruolo, non è l’immaginario collettivo che glielo ha appioppato. E’ lui che si è creato questo ruolo con la sua attività, con gli indizi gravissimi che sono emersi contro di lui. Dice: non è stato esaminato, non se la sentiva, perché… Per carità, è un diritto, eh. Uno viene, o non viene. Per carità! La legge, in questo, è misericordiosa. La legge è misericordiosa, non impone una presenza. Ma, cavolo! L’innocente viene a muso duro, l’innocente… Voi, Giudici, li avete, visti: persone innocenti e colpevoli. E quanti ne avrete visti. E quindi l’innocente viene a muso duro. E dice: io, cosa dici di me? Chi te lo può aver detto? Io ero lì? Ma cosa ti sogni, cosa vieni a dire! E poi, quale interesse… Scusate, io mi chiedo: quale interesse avrebbe avuto il Lotti a parlare, e ad accusare Faggi Giovanni? Lo ha detto lui stesso: non l’aveva mai conosciuto proprio di 5 persona. Lo aveva visto, sì, alla Cantinetta insieme agli altri. Però quale interesse aveva? Nessuno. Non poteva avere nessun interesse a inventarsi nome e cognome, che stava lì a Calenzano, che era un rappresentante di mattonelle e di ceramiche e che in passato era stato un agricoltore. Ma era proprio, proprio una cosa spontanea che è venuta da parte del Lotti. Il quale ha voluto gradualmente… eh, certo, scoperto – e non mi ripeterò, perché ormai lo sappiamo, tutti, e come no! – scoperto; e poi, un po’ alla volta, si è dovuto per forza delineare su tutti i fronti. Eh, certo, ha avuto degli interrogatori da investigatori abili. Eh, non è mica stato investigato da quello o da quell’altro. Quindi gli …… .. hanno fatto delle domande tali che, un po’ alla volta, lui ha dovuto parlare. Ma allora dico: si duole di questo. E poi si dice anche che quell’identikit ha un valore probatorio svilito. Perché la teste – Parisi, mi pare – a distanza di 16 anni non ha riconosciuto la fotografia del Lotti (?), o quanto meno ha avuto delle perplessità. A parte il fatto che con gli anni la memoria sfuma, e lo sappiamo tutti. Quindi, questa teste è attendibilissima, perché a caldo dette tutte le informazioni e venne fuori l’immagine di Faggi Giovanni; poi, a distanza di 16 anni in dibattimento, ha delle perplessità. La memoria è sfumata. A parte i capelli vistosamente tinti di scuro. Ognuno deve avere il suo ruolo e la sua età, per carità! Ognuno se li tinge come gli pare. Dopo quel periodo, le tinture forti, forse anche qualche posticcio, non io so. Ma tinture veramente che contrastano proprio con la età del soggetto. Perché ci sono certe cose che stonano. Si vede una faccia che e”grinzosa, che gli anni li ha: capelli scuri, rosso. Quindi, perché quésto, eh? Era stato visto l’identikit, quindi, poi. era un “pissero”, no? La difesa stessa dice: è un “pissero”. Quindi, se è un “pissero”, è un signorino, non ci dimentichiamo che sapevano truccarsi molto bene. Il processo Pacciani ci ha fatto diventar pazzi, in quanto che si vedeva con gli occhiali, si vedeva coi capelli tinti di giallo… Il Pacciani, c’erano testi che l’avevano detto. Poi, no, era lui, lo avevano riconosciuto. Erano… era una banda. Questi si organizzavano. È un indizio grave questo identikit, ed ha un’alta valenza probatoria perché è stato fatto a caldo. Da una ispezione sul posto, perché questa parte civile si è voluta recare a Le Bartoline ed a Calenzano, in quanto che si dice: bah, abita a due passi dalla caserma, la difesa dice, dalla caserma dei Carabinieri e dalla casa del Popolo. Quindi è nel cuore di Calenzano. E invece Travalle, è. una località, dopo questo ponticello sul torrente La Marina, che porta in una grande vallata. E quella, da questo ponticello, dopo questo ponticello – questa è una ispezione che io ho fatto sul posto – si incomincia, la località Travalle. In questa località Travalle c’è la via delle Bartoline che scorre lungo il torrente. Er a un certo punto, c’è questo viottolo; sotto un olivo furono trucidati i due ragazzi. Ma non ci dimentichiamo che anche Faggi Giovanni è nato e vissuto a Calenzano. Era agricoltore prima di fare il rappresentante. E abitava in via Cascinale in un cascinale, guarda caso — da ragazzo e da giovane e da adulto, anche perché solo negli ultimi anni si spostò e andò in via del Lago — guarda caso, vicino a questo ponte a La Marina. Quindi sono i posti dei ragazzi, di quando siamo vissuti. Quindi, quella località era per lui familiare e di casa. Che poi ci fossero 800 metri dalla casa, o che ce ne fosse un chilometro e due dal punto, o due chilometri per arrivare lì al punto dove ci fu il delitto, non significa nulla. Questi erano i suoi posti e tutti sappiamo che si torna volentieri sui posti dove siamo stati da ragazzi. E li conosciamo bene. Di là la segnalazione, che non era facile trovare delle coppiette, eh si è parlato a lungo: ma perché, dice, ammazzavano le coppiette? È chiaro, la donna sola dove la trovi in mezzo ai campi? Ma neanche una prostituta la trovi in mezzo ai campi.

Avv. Nino Filastò: Accidenti! Basta andare a Calenzano, sul viale…

Avv. Aldo Colao: Senti, io ci sono passato anch’io, qualche volta di là, non fosse stato che per curiosità. Però, ascolta, lì sono sullo stradone, eh. Non tu le trovi in mezzo ai campi. È diverso. Comunque, per carità di Dio! Ognuno ha le sue idee. Ma, voglio dire, non era facile. Ecco perché veniva ucciso l’uomo. Perché lì era un’azione di osservazione, attenta. Eh, si seguiva la coppia, guarda. E di qua nasce quella “Bella girata a Travalle” il 20 aprile dell’81, quell’annotazione su quell’agenda. Quella registrava una forte emozione del soggetto. Aveva visto una coppia giusta e forse la ragazza giusta. Perché tutte le ragazze avevano un seno grosso. E quindi la banda, capeggiata da Pacciani sceglieva donne con un certo seno. Sembra incredibile però è così. E lui segnava “Bella girata a Travalle”, così, tanto per prendere e buttarla là; non ha saputo dare nessuna spiegazione di questo. Niente. Dice: così, mi venne in mente. “Bella girata a Travalle”. Sarebbe come — lui che ci era vissuto da ragazzo, che stava vicino al torrente de La Marina, quel ponticello famoso dove fu visto quella notte con gli occhi stralunati e che portò all’identikit — sarebbe stato come se uno capita al Ponte Rosso a Firenze e che avesse detto: “Bella girata al Campo di Marte” uguale. Poteva dire: “Bella girata a Viareggio”, “Bella girata all’Abetone”. E magari, poi, si scopre pure che a Campo di Marte c’era anche vicinissimo di casa. I ROS nel 1990 – 1990 – trovarono la famosa cartolina che Faggi Giovanni aveva inviato con tanto di nome, cognome e indirizzo a Pacciani:,-“Dimmi quando devo venire. La tuta ti è andata bene? Ti saluto nuovamente.”‘ Rapporti cordialissimi, affettuosi, che presuppongono frequenti contatti: “Ti saluto nuovamente”, una cartolina. Non esiste. I ROS trovarono questa cartolina nella perquisizione del 1990. E da questa cartolina risalì al Faggi. Tenuta questa cartolina, accanto al libretto della pensione, accanto al libretto degli assegni. Quindi come un segno molto importante, tenuta da conto, come si conservano le. fotografie dei cari, i ricordi cari. Indizio gravissimo, preciso, concordante. Di quell’alibi traballante parlerà il collega Voena. Però questa parte civile, nel ricorso per Cassazione che svolgemmo, tutte le parti civili, aveva già trattato di un alibi falso da parte di Pacciani Pietro, che risultò mendace. Perché da lui stesso contraddetto. E quindi, questa parte civile, in Cassazione, portò la tesi che un alibi falso, fallito, precostituito è un alibi mendace. Quindi, non è la prova, ma è un indizio grave contro il soggetto, il quale se n’era fatto uno a favore e, viceversa, se ne trova uno contro. E poi, questa seconda agenda è stata scoperta nel 1996 , eh. La prima perquisizione era del 1990. Bene hanno fatto a rifarla; è stata fatta a sorpresa. L’uomo ormai si sentiva al sicuro… Dice: com’è che teneva due agende e la teneva lì? E- che era stupido, la. bruciava? No, loro erano conservatori, conservavano tutto. E ormai sì sentiva sicuro, tranquillo. Dice: ‘io l’ho avuta nel 1990. Sì, ora gliene danno un’altra, vengono qui da me! Quindi se la teneva lì. Era della banda, era caratteristica di questa banda di turpi assassini e delinquenti formarsi degli alibi per dirottare le indagini. Eh, il lembo di seno alla dottoressa Silvia Della Monica: ma spedito da Vicchio. Ma ora io sto a Mercatale. Certo, molto grezzi anche, eh. Perché non è questa… molto grezzi, anche. Però: io ora sto a Mercatale, è 20 anni che sto qui a Mercatale. Sai, il lembo di seno, io glielo ma… Quindi, la sfida sì; ma sfida, ma anche dirottare le indagini. Il lembo di seno io glielo mando da Vicchio. A questo puntò lì si concentreranno le indagini. E poiché stanno diventando pazzi e brancolano nel buio’, diamogli un’altra impostazione falsa: confondiamo le acque. Quindi riportiamoli in zona, là. Noi stiamo qua, di noi non c’è più nessuno che abita là. I camuffamenti, ho già detto. Presidente, ringrazio e chiudo. 

Presidente: Prego.

Avv. Nino Filastò: Presidente, mi scusi, intervengo ora anche per dare spazio sia al Pubblico Ministero che ai colleghi della parte civile eventualmente di replicare su questo punto. E chiedo di potere produrre questi documenti. Il primo documento è un atto che proviene dall’ufficio del Pubblico Registro Automobilistico di Firenze e che riguarda la proprietà da parte del signor Giancarlo Lotti di una automobile che è un’auto 124 di colore, mi dicono blu, ma su questo si tratta di fare gli accertamenti…

P.M.: (Non udibile)

Avv. Nino Filastò: Senta, Pubblico Ministero, lei mi lascia parlare. Alla fine fa tutte le considerazioni che vuol fare, ma qui, siccome è un argomento, una situazione abbastanza delicata, lei mi lascia parlare dall’inizio alla fine e dopo fa tutto quello che deve e dice quello che deve dire. Cosi si evita, come dice lei, invettive ed enfasi, da parte di questo difensore Allora, questa auto 124 con targa FI42432 è stata acquistata dal signor Giancarlo Lotti con atto… con scrittura privata autenticata, del 3 luglio del 1985. Quindi, alla data del 3 luglio del 1985 il signor Giancarlo Lotti non aveva più quella macchina precedente da lui posseduta vale a dire la FIAT 128 coupé, fiscali 1,5, cilindrata 197, con targa FID56735, già Gorizia 084828, con indirizzo via Lucciano, eccetera, di cui appare cessata la circolazione in data 3 aprile del 1986′. Mi preme di spiegare le ragioni per le quali io sono arrivato in possesso di questo documento, da cui appare la proprietà da parte del Lotti e quindi anche il possesso di quest’auto fin dal luglio del 1985; la ragione per cui io sono in grado di produrre questo documento soltanto adesso. E spiego la trafila del come ci sono arrivato. Ne ho già parlato in sede di discussione e quindi non devo far altro che ripetere quello che ho detto. A me dette nell’occhio — come ho già detto in sede di discussione, mi aspettavo sul punto anche che qualcuno replicasse — il fatto che: quest’auto 128 risultava cessata la circolazione in data 3 aprile, del 1986. Ricorderà la Corte che io dissi che quando un atto di questo genere viene registrato sul Pubblico Registro Automobilistico, la macchina deve essere praticamente avulsa dalla circolazione già da un pezzo, perché si tratta di farla demolire, prendere la targa, poi portarla a chi di dovere; e in questo caso, soltanto dopo questi adempimenti, il Pubblico Registro Automobilistico trascrive questa cancellazione dalla circolazione. Quindi io avevo la percezione, come dire, il sospetto che all’epoca del settembre 1985 il signor Giancarlo Lotti possedesse, fosse in possesso di un’altra automobile. E naturalmente, a questo punto, la mia osservazione si è condensata sulla macchina successiva posseduta dal signor Giancarlo Lotti, vale a dire questa FIAT 124, con targa FIE424232, almeno così appariva apparentemente, già targata Bolzano 086273, con indirizzo via Lucciano 41 — appunto il suo indirizzo — San Casciano Val Di Pesa, anno di costruzione 1966. E naturalmente, a questo punto, io ho fatto fare da una – non io, per dir – la verità, anche questo gruppo che si occupa di queste cose, di questo processo, ma su mia iniziativa – a questa M.B. Investigazioni, abbiamo fatto fare a Roma, dove è possibile ottenere tutte le indicazioni riguardanti una persona. Cioè a dire, a Roma esiste un Registro Automobilistico, per cui io do il nome di una persona e loro dicono tutte le auto che sono state intestate e possedute da questa persona alla data in. cui io chiedo questa certificazione. Cosa impossibile da fare per esempio a Firenze. Quindi io chiedo questa cosa e loro mi mandano questa attestazione – e ho parlato nel corso della discussione – da cui risulta che la FIAT 124, via Lucciano, eccetera: anno di immatricolazione 00 0000. Quindi ero, sulla base di questa certificazione, nella impossibilità di appurare quando questa auto era stata immatricolata a Lotti. Bene, non solo. Ho fatto naturalmente gli accertamenti, ho fatto fare, da questa agenzia investigativa Falco di Lucca, che corrisponde ai signori Davide Cannella e Maurizio Gagliardi, che son qui che mi ascoltano, questi signori si sono adoperati per fare questo accertamento allora dal Pubblico Registro Automobilistico di Firenze su questa macchina. Non c’era versi di cavarne nulla, perché? Perché, guarda la combinazione, in questa attestazione, cioè a dire in quei computer centrale di Roma, non mancava solamente l’indicazione della immatricolazione al signor Giancarlo Lotti, ma era sbagliata anche la targa. Per cui questa targa, che doveva essere FIE42… che è in realtà FIE42232… fatemela leggere perché voglio essere sicuro, dunque… 

Presidente: (Non udibile)

Avv. Nino Filastò: E42432. Nella annotazione proveniente dal registro di Roma conteneva un numero in più, un 2 in più. Ecco perché questa attestazione, che riporta, la scrittura privata autenticata con cui l’automobile viene trasferita al signor Giancarlo Lotti e la data 03/07/85 mi perviene soltanto ora. Io chiedo che vengano acquisiti questi documenti. Questo documento che contiene altri documenti, compreso quello riguardante la nota informativa su Lotti Giancarlo, datato 02/03/1988 — qui c’è scritto 788 , ma ovviamente c’è un errore: è ’98 -riguardante tutte le auto possedute e comprate via via dal signor Lotti Giancarlo, nonché altri documenti che riguardano sempre, queste auto, alcune di queste auto. E una relazione che è stata fatta da questi’ signori che ho detto prima, in cui si fa il conto di tutte le auto possedute dal signor Lotti: la prima è una FIAT 850, la seconda è una FIAT 124 di colore beige o forse bianca, la terza è una FIAT 128 coupé di colore rosso — che è quella famosa, con coda mozza, che dovrebbe essere stata vista in vari posti, eccetera — la FIAT 124 di colore blu, la FIAT 131 di colore rosso e infine, l’ultima, la FIAT 131 di colore rosso. E questo documento che è la cosa ovviamente più importante. In questo documento, dell’istituto Investigazioni e Ricerche Falco, si fa riferimento anche al fatto che questi signori hanno interrogato i coniugi Scherma. Questo a pagina, di questa loro relazione, non c’è la pagina, credo sia la pagina 4. I coniugi Scherma sono gli ex datori di lavoro del signor Lotti e si chiamano Roberto Scherma e la signora Scherma, e figlio. Questi signori, interrogati da questi investigatori, sono in grado di riferire come la 128 rossa del signor Giancarlo Lotti rimase completamente ferma, bloccata, perché è una macchina fabbricata nel 1966 a un,certo punto, ovviamente per consunzione si fermò, e rimase per parecchi mesi ferma, bloccata davanti alla porta di casa del signor Lotti; quella casa di cui, vero, io ho lamentato la mancata perquisizione e che si trova appunto al Ponte Rotto, in via di Lucciano. Finché, fintanto che, un certo giorno arrivò una ruspa, mandata da un demolitore, che prendendola di peso con la ruspa, questa macchina, assolutamente immobile da mesi, la sistemò sopra un carro e la portò alla demolizione, dove poi naturalmente successe quello che successe. Quindi, io chiedo l’acquisizione di questo documento, che per me è sufficiente per affermare che alla data dell’8 settembre 1985 il signor Lotti non aveva la macchina rossa, la 128, bensì questa altra automobile 124 di conformazione mi dicono – io non me ne intendo di automobili — ma mi dicono diversissima. Perché pare che la 124 della FIAT abbia un bel bagagliaio e tutto il resto e sia completamente diversa, oltretutto i anche come colore, targata come ho detto E42432 e non come si voleva… come si leggeva in quel computer centrale di Roma 424232 — no, c’è un due di più, la vera targa è questa — acquistata appunto dal Lotti in data, come dicevo prima, 3 luglio del 1985. Mi spiace di non avere altre copie, ho solamente questa. Mi hanno portato tutto questo stamattina. Ecco, Presidente. …

Presidente:  … Pubblico Ministero?

P.M.: Sì, grazie Presidente.

Presidente: (Non udibile)

P.M.: Poi facciamo…

Presidente: …sospendiamo per un quarto d’ora e poi si riprende.

P.M.: Sì, Presidente. Si può andare avanti nella discussione. No, no, io lì vedo ora in questo momento.

Presidente: (Non udibile)

P.M.: Sì, sì, certo.

Presidente: (Non udibile)

P.M.: Presidente…

Presidente: Avv. Nino Filastò…

P.M.: Presidente. . .

Presidente: Avv. Nino Filastò, scusi eh. Lei chiede l’acquisizione di questi documenti, quindi lariapertura di nuovo dell’istruttoria.

Avv. Nino Filastò: Certamente, Presidente.

P.M.: Certo…

Avv. Nino Filastò: Per ascoltare i coniugi Scherma…

P.M.: Anche…

Presidente: Eh. 

(voci sovrapposte)

Presidente: Come?

Avv. Nino Filastò: Sono tre i signori Schermi: il signor Roberto Scherma, la moglie signora Scherma, di cui non so il nome e il figlio. Son tre persone.

Presidente: Bene.

P.M.: Presidente…

Presidente: Senta, sa anche il proprietario della macchina 124, targata E4…

Avv. Nino Filastò: Il primo proprietario c’è, ovviamente, nel documento.

P.M.: Ma sembra ci sia già negli atti.

Avv. Nino Filastò: C’è negli atti.

Presidente: Non lo so. Ora io non ho guardato nulla, vedremo tutto per bene. . .

P.M.: Non c’è problema.

Presidente: Bene.

Avv. Nino Filastò: La richiesta’ dei signori Scherma è in via di ipotesi da parta di questo difensore, perché Secondo me il documento è più che sufficiente.

Presidente: Sì. 

Presidente: Prego. Pubblico Ministero se c’ha da fare qualche osservazione sulla richiesta del…

P.M.: Sì, sì, Presidente, direi che i documenti obiettivamente sono molto chiari. Qui non c’è assolutamente, oggi, la possibilità di provare che le cose sono andate in modo diverso da come ha sempre raccontato il signor Lotti Giancarlo. Il signor Lotti Giancarlo dice che alla data dell’omicidio dell’85 aveva una macchina, era una 128 rossa. Ora, questa 128, perché sia ben chiaro, è stata: cessata dal PRA il 3 aprile ’86, quindi siamo obiettivamente diversi mesi dopo. Abbiamo anche una situazione che è altrettanto chiara. Per quanto riguarda la 124 oggi posta, alla loro attenzione dalla difesa, è proprio stata presentata la formalità per l’acquisto della 124 esattamente due giorni prima, il 1 aprile ’86, quindi esattamente due giorni prima la cessazione del 128. E siamo, completamente all’anno dopo. C’è dì più. E’ vero, le pratiche al PRA sono addirittura…

Presidente: Il 1 aprile? Il 1 aprile che cosa ha fatto lui?

P.M.: Scusi, l’operazione è di due tipi. Il 3 aprile ’86 viene demolito il 128. Il 1 aprile ’86, risulta dallo stesso documento presentato dall’Avv. Nino Filastò, si è presentato al PRA — lui o chi per lui — a chiedere l’immatricolazione della 124. Questa immatricolazione che lui chiede il 1 aprile ’86, guardate voi la coincidenza – c’è il caso nel mezzo ci sia un sabato e la domenica – sono proprio 1 aprile ’86, 3 aprile ’86. Quindi siamo a movimenti relativi alla proprietà di queste auto, annotate al PRA proprio esattamente nello stesso lasso di tempo, lascia il 128 e acquista il 124. Il PRA poi gli fa la annotazione, leggo qui, il 26/11/86 per il 124. Ma il punto fondamentale, dalla lettura di questi documenti, è che l’operazione, per il PRA ovviamente, per il PRA 124 e 128 è esattamente in quei primi di aprile del 1986. Quindi c’è una situazione PRA documentale di questo tipo. C’è una situazione obiettiva del signor Lotti che dice: io quest’auto l’ho tenuta fino alla demolizione e la demolizione l’ho fatta l’anno successivo in aprile. Può darsi, io non ne ho la più pallida idea, che avendo, per qualche motivo, deciso di non adoprare più questo 128 perché non gli andava, o perché aveva trovato un’altra macchina, mi sembra siano tutti oggetti che all’epoca costano uno 400.000 lire e uno… Cioè, questo 124 nuovo che acquista viene comprato al prezzo di lire 400.000. Il signor Lotti, per motivi suoi, avesse ovviamente il 03/07/85 come risulta da questo documento, previa verifica, ma io non ho nessun motivo di dubitarlo – deciso, presso i suoi meccanici, di comprare un’altra macchina per la quale, sicuramente, aveva fatto una scrittura privata di autenticità. Questo ce lo chiarirà il signor Lotti, se ha intenzione di chiarirlo. Ma non mi sembra, e anzi c’è la prova opposta, non c’è assolutamente alcun elemento per dire che, alla data dell’omicidio del 1985, il signor Lotti non avesse più il possesso o l’utilizzo, di. questo 12.8 di cui ha sempre parlato. Tant’è che l’unica operazione che fa la fa a Cavallo fra il 1 aprile ’86 e il 3 aprile 86;

Presidente: Pubblico Ministero, lei c’ha i documenti in mano.

P.M.: Sì.

Presidente: Non la voglio., interrompere, ma per capire poi la spiegazione che lei fa.

P.M.: Questi sono i documenti.

Presidente: La macchina che immatricola il 1 aprile ’86 è quella che dice. l’Avv. Nino Filastò, che ha acquistato il 3 luglio ’85.

P.M.: Esatto. Per cui ha fatto una scrittura privata il 3 luglio ’85. Però attenzione, la cessazione del 128 avviene al 1 aprile ’86. Cessazione del 128 di cui lui ha la disponibilità. Se poi ci sono dei testi che hanno la materiale certezza che un certo giorno non ce l’aveva più sentiteli pure. Ma è difficile pensare che un teste possa ricordare quanto questa macchina, di cui il signor Lotti evidentemente aveva…

Presidente: (Non udibile)

P.M.: …aveva deciso di non. avere più l’utilizzo, l’abbia distrutta proprio in quei giorni lì. Anzi, c’è la prova che l’ha fatto nei giorni, successivi. Direi quindi che, per quanto riguarda la prova documentale, mi sembra che nulla sposti. Anzi, questa annotazione 1 aprile-3 aprile ’86 è la prova certa che il signor Lotti, fino al 1 aprile non si è presentato all’ACI, pur avendo fatto quell’atto, quella scrittura privata. Si è presentato all’ACI lui, o chi per lui proprio il 1 aprile. In quella data ne cessa una e chiede di immatricolare l’altra. L’immatricolazione gli viene data il 26/11/86. Io credo che non ci siano elementi né per interrompere una discussione, né per valutare gli elementi acquisiti ad oggi in modo diverso, anche I perché non cambia nulla. Se ne aveva due, questo se al caso, la Corte se lo ritiene lo può chiedere al signor Lotti. Ma non c’è assolutamente, in queste carte, alcuna prova diversa da quella fornita finora. Il signor Lotti diceva era lì, dice: io c’ero con la 12 8. Gli elementi di prova che abbiamo li sappiamo. Se il signor Lotti in quel periodo abbia materialmente acquistato un’altra auto — di cui poi ha preso il possesso – o comunque usato o meno un 128 , io assolutamente in questo momento non ve lo so dire dico che queste carte, così come presentate, non spostato – se devono spostare qualcosa — il cambiamento per l’appunto al 1 aprile ’86. Vi faccio ancora una considerazione. Il signor Lotti cessa il possesso dell’auto 128 il 1 aprile ’86 e fino a quella data, insomma, l’avrà assicurata, l’avrà targata… avrà pagato il bollo. Mentre lui ne ha il possesso solo, della 124, dal 1 aprile ’84 (7); non mi sembra che Lotti fosse tipo che pagava due bolli e due assicurazioni. Se c’è qualche motivo si può vedere se il Lotti intende dichiarare qualcosa, dato che può essere 5 ancora sentito, può comunque fare le sue dichiarazioni. Io formalmente, che due testi vengano a dire: noi ci si ricorda che la macchina l’ha tenuta alla draga e che prima o poi gliel’hanno demolita, mi sembra che sono testimonianze, a distanza di tanto tempo, che è difficile poter pensare che i signori Scherma ci possano dare un’indicazione di tempo precisa. Rimane questo documento, nei limiti e nei modi che mi sembra di aver descritto, per i quali io non ho nessuna’ forma di opposizione. Mi sembra che, a questo punto, la discussione possa comodamente… 

Presidente: Le altre parti? 

Avvocato: Le altre parti, Presidente, Signori della Corte, si associano ovviamente alle conclusioni del Pubblico Ministero. Sottolineando che sarebbe veramente assurdo e anche molto grave interrompere la discussione. Discussione che è una fase del dibattimento che si può interrompere solo in casi eccezionali, articolo 523 VI comma, sulla base… interruzione sulla base di prove documentali e prove testimoniali che non potranno mai. fornirci la certezza del mancato possesso di questa macchina 128 rossa, all’8 settembre dell’85. Proprio da quel documento anzi, risulta il contrario: che la 128 fu demolita nell’aprile del 1986. Se poi c’è stato un intreccio, come capita spesso, il meccanico che ti fa un contrattino… è chiaro. Però che da quel documento e da quelle prove, chieste dall’Avv. Nino Filastò, voi non potrete mai avere la prova del mancato possesso di questa macchina all’epoca dei commessi delitti. Quindi sarebbe un’interruzione inutile e ridicola sotto certi aspetti. E molto grave, perché il documento non è un documento determinante non è un documento che ci può dare la prova contraria di quello che è emerso fino a questo momento.

Presidente: Ridicola no. 

Avvocato: Ridicola no. Mi scusi il termine, Presidente, ma insomma, proprio sulla base di quel documento noi abbiamo la prova che il mancato possesso non c’è stato, o per lo meno non abbiamo prova del mancato possesso. Abbiamo anzi la prova contraria che fu demolita nell’86. Se poi c’è stato un intreccio di contratti, di cose, bisogna vedere poi quando è avvenuto il materiale possesso della 124, eh, è chiaro. Perché se il Lotti avesse posseduto una 124, perché allora non ha parlato di una 124? Se ha parlato di una. . . era quella che aveva. Se poi vengono fuori testimoni all’ultimo tuffo, possano venire fuori tanti testimoni, li possiamo portare anche noi, qui non si finisce più, eh, Presidente. Attenzione, eh, perché noi possiamo portare testimoni a contrario su questo punto. Qui si va avanti. (Non udibile) 

Avvocato: Indico. Certo che li indico. Li indico. Li indico e li indicherò. In questo momento è chiaro in questo momento non te li posso indicare, perché non li conosco; ma li potrei conoscere… fra 10 minuti e indicarli. Eh, c’è tempo, stai tranquillo. Quindi non si finisce più, Presidente. E allora la discussione si può interrompere, ma si può interrompere in casi di assoluta necessità. Questa è la legge e questa è la norma che va rispettata. Grazie.

Avv. Aldo Colao: Presidente, scusi.

Presidente: Avv. Aldo Colao, prego.

Avv. Aldo Colao: Un’osservazione direi. È prassi diffusa fra i venditori di macchine, soprattutto in campagna, che per potere avere dei finanziamenti bancari, in attesa che l’altro — su quella macchina — in attesa che l’altro soggetto… che il soggetto che cede la sua macchina venga in possesso della nuova che compra, di lasciare alle volte in uso poi la macchina al soggetto stesso. Nel contempo si fanno delle scritture fra chi se la – intesta e chi, viceversa, è il soggetto che è il possessore della macchina e la usa, delle scritture di malleva nei confronti dell’altro. Vale a dire: te mi sollevi indenne da ogni e qualsiasi danno e responsabilità che venisse. Quindi io presumo, per carità di Dio, ma poiché qui, torno a ripetere, siamo sempre in campagna e quindi le abitudini sono queste; io faccio presente alla Corte che molto probabilmente questa indagine apporterebbe a un giro del genere, o di un finanziamento, o di una controscrittura che garantiva colui che lasciava al Lotti la macchina in possesso. Quindi al massimo arriveremmo là. E questo, poiché si può presumere per logica e per buonsenso, quindi non lo so, mi associo al P.M., però, per carità di Dio, poi voi dovete decidere.

Presidente: Bene.

Avv. Aldo Colao: Grazie.

Presidente: Avv. Stefano Bertini? 

Avv. Stefano Bertini: La difesa di Lotti, Presidente, in considerazione dell’ argomentazione già svolta dal P.M. e dagli altri colleghi, nulla eccepisce in ordine alla produzione documentale. Si oppone invece alla richiesta di ammissione della prova oggi citata. Quindi nessuna opposizione riguardo alla produzione documentale, siamo remissivi…

Presidente: Cioè, non ho capito. Lei non si oppone alla produzione… Ora la dobbiamo esaminare. 

Avv. Stefano Bertini: Certamente.

Presidente: Ora non è produzione. . . Ora la dobbiamo. . . La mette a disposizione della Corte per, esaminarli a… 

Avv. Stefano Bertini: Certo.

Presidente: Se riaprire o no l’istruttoria… diciamo l’istruzione dibattimentale. 

Avv. Stefano Bertini: Certo.

Presidente: Interrompere la discussione. Questo è il problema nostro. 

Avv. Stefano Bertini: Su quello naturalmente mi oppongo. 

Presidente: Bene, l’Avv. Federico Bagattini? 

Avv. Federico Bagattini: Si, signor Presidente. La difesa di Faggi si associa alla richiesta del collega Nino Filastò, rilevando come queste parti civili, che durante il corso dell’intera istruttoria dibattimentale si siano realmente riempite la bocca con la ricerca della verità, con la paura della verità, dì fronte a un fatto che ha la capacità potenziale di essere deflagrante in relazione alla ricostruzione che è stata offerta da parte del Pubblico Ministero e delle stesse parti civili, si trincerino dietro il dito e dietro la garbata e velata minaccia che così non si finisce più. Io mi associo alle richieste fatte dal collega e che, in caso positivo, e cioè se vengono accolte queste richieste, si interrompa la discussione.

Avv. Nino Filastò: Presidente, io volevo aggiungere questo, molto sommessamente. Qui voi, la Corte si trova di fronte a degli atti di carattere formale che devono essere interpretati. Ora, il primo dato è quello della demolizione della 128. Che questa demolizione sia avvenuta nel giorno indicato nel Registro – dico demolizione avvenuta concretamente, vale a dire presa la macchina e sfasciata e fatta diventare dei pezzi di ferro – è da escludere. Perché noi sappiamo, per esperienza comune, che prima avviene la demolizione, prima una persona si spoglia dell’auto, prima l’auto viene demolita, dopodiché avviene la trascrizione nel Registro. Trascrizione che, fra l’altro, riguardo alla demolizione, come ho detto del resto già in discussione, presuppone la demolizione già avvenuta. Perché la persona che vuole cancellare a suo nome una certa auto, per ottenere questo effetto, è obbligata a portare al Pubblico Registro…

P.M.: … c’è pieno di auto senza targa in tutte…

Avv. Nino Filastò: Oh Signore Iddio! Ma insomma, si vede che lei non l’ha, mai fatta questa trafila, abbia pazienza. Ma io penso che qualcuno di questi signori che mi stanno ascoltando l’avranno fatta sicura…

P.M.: (Non udibile)

Avv. Nino Filastò: Bisogna portare la targa e il libretto di circolazione.

P.M.: Ha mai visto macchine senza targa…

Avv. Nino Filastò: Ma certamente che le ho viste. 

P.M.: E allora?

Avv. Nino Filastò: Si capisce che… E che vuol dire questo? Io sto parlando… Ma mi scusi, lei continua a interrompermi in questo modo abbastanza antipatico, facendo delle osservazioni che non hanno senso, abbia pazienza. Io sto dicendo che quel Pubblico Registro, con quell’annotazione … anzi, 3 aprile dell’86 non certifica affatto che quel giorno lì è avvenuta la demolizione. Certifica che sicuramente in epoca precedente è avvenuta la demolizione. Perché, dicevo prima, per arrivare a questa annotazione, ad arrivare alla cancellazione di un’auto, è necessario portare al Pubblico Registro Automobilistico la targa e il libretto di circolazione, quindi la macchina deve essere già demolita. Questo è un primo dato. L’altro dato è questo. Il signor Lotti due macchine insieme non le può portare, anche per la ragione, semplicissima, che gli toccherebbe a pagare due bolli. Allora, quando io ho documentato che il signor Lotti alla data del luglio del 19 85 ha comprato un’altra automobile… 

P.M.: No, no, il bollo lo comincia a pagare dalla data di trascrizione, non dalla data…

Avv. Nino Filastò: Ma infatti. È ben per questo che…

P.M.: La data di trascrizione è 3 aprile…

Avv. Nino Filastò: Ma senta, mi fa parlare, ma abbia pazienza… Ma è per questo che lui evita di scrivere formalmente a suo nome la 124 fin dalla data in cui fa l’atto pubblico, autenticato dal notaro, di acquisto. Perché a un certo punto lascia impregiudicata la cosa fintanto che, fino a che almeno l’altra non è cancellata. Solamente dopo la cancellazione dell’altra si iscrive, o contemporaneamente, come è avvenuto.

P.M.: Allora va…

Avv. Nino Filastò: Eh, va be’. Allora bisogna andare avanti cosi con lei, non c’è niente da fare. Eh, abbia pazienza.

Presidente: Stiamo calmi.

Avv. Nino Filastò: Certo, io son calmissimo Presidente. Lui fa così proprio per evitare dì pagarsi due bolli, è abbastanza chiaro, è abbastanza evidente. Come ci ha detto l’Avv. Aldo Colao – cosa che condivido in pieno e non solamente in campagna avviene questo — quando… perché l’altra macchina ha evidentemente un bollo di circolazione che appartiene al vecchio proprietario, che è quella tedesca, che copre tutto l’anno. E quindi non ha bisogno, il Lotti, di pagare a nome suo, di nuovo, un bollo nuovo. Ed è per questo che non fa la cancellazione della macchina, quando la dovrebbe fare nella immediatezza della eventuale demolizione. Proprio perché il bollo è già pagato dal vecchio proprietario, che lo ha pagato evidentemente in termini, vale a dire entro, se non sbaglio, il mese di aprile dell’anno 1985, che quello è più o meno il termine. Quindi lui per tutto l’anno ce l’ha coperto. Salvo che poi, nell’anno successivo, per l’appunto ad aprile, lo deve rifare e questa volta lo rifà a nome suo. Ed ecco perché trascrive e chiede l’instaurazione del documento a nome suo del nuovo libretto di circolazione soltanto a partire dall’aprile dell’86, quando – l’altra macchina finalmente, è scomparsa dal mondo. Allora, il dato fondamentale, importante, significativo, qual è? É che alla data del 3 luglio del 1985, come certifica un notaro e come certifica quel documento che ho prodotto, il signor Lotti ha acquistato un’altra macchina, che è una 124. E la domanda, a questo punto, è questa: ce l’ha detta questa cosa il Lotti? Ha messo al corrente il Pubblico Ministero, la Corte, quando è stato interrogato… Ammettiamo pure che, per un certo periodo di tempo, lui avesse avuto la disponibilità di due macchine, ce l’ha detto? Ve lo ha raccontato? Vi ha detto: ‘guardate, signori, io a quell’epoca, per la verità, di macchine ne avevo due’ Ve lo ha detto? No, lo ha accuratamente nascosto. E si può mentire anche nascondendo dei fatti essenziali. Quindi la menzogna. di Lotti, sul punto, che potrà anche rimediare, sentendolo, sono sicuro. E quando viene qui ci dice: ‘ah, ma da un certo periodo di tempo .. l’ho avute tutte e due’, ce lo dirà sicuramente. Non c’è., bisogno nemmeno di sentirlo, perché mi immagino lo dirà, a questo punto. Purtroppo, come diceva il Metastasio: “Voce dal sen fuggita, più richiamar non vale, non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì.” Questa cosa il signor Lotti non ce l’ha detta. Non l’ha detta al Pubblico Ministero mai, va bene? Eh, infatti lui ha detto, ecco qui il collega che mi porta, a pagina 2 di questa sua trascrizione atto di individuazione di luoghi, Lotti Giancarlo:  “Io avevo il 128 rosso”, questo ci ha detto. E non ha mai parlato nemmeno lontanamente del possesso, addirittura dell’acquisto avvenuto precedentemente, di questa automobile. Io, il Lotti, basta questo per mandarlo, vero, come ho detto ripetutamente, in quel limbo dove vanno le false fonti di informazione dei processi. Limbo che, nel suo caso, sarebbe solo un limbo. Perché, al limite, il signor Lotti prima o poi si beccherà una bella denuncia per calunnia, questo lo dico chiaramente, perché il signore ne ha tutta la voglia e io sono d’accordo con lui, ecco. Però… in cui tutte queste cose verranno fuori. Comunque, Signori, se voi avete dei dubbi in materia, questo difensore, attraverso quell’atto, quelle investigazioni fatte da quei signori che sono sempre là dietro, spero che non. se ne siano andati, voglio dire, e sono pronti qui per essere sentiti anche stamani, tra l’altro. Gliel’ho detto: loro possono essere liberi anche stamani. Questi signori hanno interrogato i signori Scherma, i quali hanno detto: ‘questa macchina’ – quella del Lotti, la 128 — ‘era scassata, non andava più’. Rimase lì, in questa casaccia di via di Lucciano, quella che vi ho descritto, fotografato e tutto il resto, per svariati mesi prima che una ruspa — perché non era in grado di muoversi — la venisse a prelevare di peso e la portasse da quello che in Toscana si chiama “lo sfattino”. ’Lo sfattino’ che poi, ovviamente, la liquidò definitivamente portandola via. Eh, certamente…

Presidente: (Non udibile)

Avv. Nino Filastò: Se la Corte ha dei dubbi, può sentire questi signori. Sono quattro, sono cinque signori. I due investigatori e i tre Scherma.

Presidente: L’Avv. Nino Filastò? Il Pubblico Ministero?

Avv. Nino Filastò: (Non udibile)

Presidente:  … Allora, si tratta dì questo: la Corte, siccome sapete che tutti i documenti del processo sono di là, noi andiamo a memoria, però non possiamo verificare niente. Allora la Camera di Consiglio, questa Camera di Consiglio che attiene a questa istanza dell’Avv. Nino Filastò l’andiamo a fare lì. A fare lì e poi ritorniamo qui per leggere le cose. Va bene?

P.M.: Bene, Presidente.

Presidente: Altro non possiamo fare.

Avv. Nino Filastò: Quanto ci sarà…

Presidente:  Non lo so, perché dobbiamo… 

Presidente: “La Corte di Assise di Firenze, rilevato che, nel corso della udienza odierna, l’Avv. Nino Filastò, al termine della replica del difensore di parte civile, Avv. Aldo Colao, ha chiesto la parola e ha dichiarato di voler produrre alcuni documenti che ‘ gli erano pervenuti in quel momento e che, a suo dire proverebbero che l’imputato Lotti Giancarlo, nella data dell’8 settembre ’85 avrebbe avuto nella disponibilità,”non la FIAT 128 coupé rossa, bensì una FIAT 124 blu targata Firenze E42432 che avrebbe acquistato al 3 luglio ’85, Sentito il – Pubblico Ministero e le altre parti; Rilevato che dalla documentazione esibita dall’Avv. Nino Filastò risulta: 1-Che Lotti Giancarlo avrebbe acquistato il 3 luglio 785 la FIAT 124 targata Firenze E42432 da : tale Schwarzenberg Karl, nato a Zurigo l’NNNNNNNN; residente a San Casciano Val di Pesa in via Castelbonzi numero 1; II – Che l’acquisto di tale auto è stata trascritta presso il PRA il 26/11/86 su documentazione presentata il 1 aprile ‘86; III — Che l’auto FIAT 128 coupé rosso targata ] Firenze D56735, che sarebbe stata acquistata nel 1983 da Lotti, è stata formalmente cancellata dal PRA il 3 aprile ’86 su documentazione presentata il 19 marzo ’86; IV – Che entrambe le suddette auto sarebbero state assicurate presso la Compagnia Allsecures Preservatrice sede di San Casciano. Il che, sulla base di quanto esposto appare assolutamente necessario: a) -Acquisire copia della scrittura privata autenticata in data 3 luglio ’85 con la quale sarebbe stata trasferita la proprietà dell’auto FIAT 124 di cui saprà. nonché acquisire in copia tutta la documentazione inerente alla copertura assicurativa delle predette- due auto nei periodi sopra specificati; b) — Acquisire i documenti assicurativi di cui al punto 3 del verbale di sequestro a carico di Lotti Giancarlo in data 21, 23 gennaio ’96, che non risultano trasmesse a questa Corte; c) — Esaminare il teste Bellini Franco, residente in San Casciano Val di Pesa, Via NNNNNN; nonché il teste Schwarzenberg Karl sopra generalizzato sulle modalità della cessione della FIAT 124 a Lotti Giancarlo. Per questi motivi, visto l’articolo 523 Codice di procedura penale, dispone interrompersi la discussione in corso. Dispone l’acquisizione della documentazione prodotta dall’Avv. Nino Filastò. Dispone acquisirsi la documentazione di cui al punto “a” e “1b” sopraindicati e citarsi i testi menzionati al punto “c” a cura della Squadra mobile della Questura di Firenze. Fissa per la convocazione dei testimoni suddetti l’udienza di domani 17 marzo ’98 ad ore 10.00.” 

(Non udibile) 

Presidente: Come? Sempre, qui, sì, in quest’aula qui. Sì, perché fino a… Stanno facendo i lavori, staremo qui. Domani so che alle 0 9.00 c’è un altro processo; però sarà rinviato, di un’altra Corte. Avrei dovuto presiederlo io, però non posso perché, ovviamente, due cose non si possono fare. E quindi, l’altro collega lo rinvierà a data da destinarsi e poi si vedrà.

Avv. Nino Filastò: (Non udibile) I Presidente…

Presidente: Come?

Avv. Nino Filastò: (Non udibile)

Presidente: No, no. Il tedesco… Io ho telefonato, perché… IO faccio così, per regolarità, vedere, eccetera. Sta a San Casciano Val di Pesa. (Non udibile)

Presidente: Ho telefonato alla Caserma dei Carabinieri… 

Avv. Nino Filastò: (Non udibile)

Presidente: Ora, se è tornata… non lo so.

P.M.: Presidente, chiedo, scusa. C’è una anomalia. Perché… chi fa… sono padre e figlia. Sono due persone… Una.

Presidente: No, questo è Karl, Karl. Io sto parlando di Karl. 

Avv. Nino Filastò: Il proprietario. 

Presidente: Karl, Karl. L’ uomo, l’uomo.

P.M.: Però la proprietaria è la figlia.

Presidente: Io non lo so. Ora spiegheranno un po’ com’è avvenuto il fatto.

P.M.: Sì, nel senso…

Presidente: E pare che Bellini è quello, è il meccanico che abbia curato questi trasferimenti, rifatto le nuove targhe. Ci spiegherà un po’ come e perché… Insomma, quello che si può fare, si fa. Altro non posso dire.

Avv. Nino Filastò: Grazie. Grazie, Presidente.

Presidente: È importante acquisire, lo dico così informalmente, acquisire la copertura assicurativa di queste due macchine, di queste due auto. Poi, per l’Avv. Stefano Bertini. Avv. Stefano Bertini, volevo dire a lei: se è possibile far venire Lotti – io non so che rapporti ha lei con Lotti — per eventuali confronti con queste persone. Io non lo so cosa verrà fuori. Però, se ci fosse la necessità di un confronto, la Corte deve sapere anche questo e si metterà a confronto. Va bene? 

Avv. Stefano Bertini: Bene, Presidente.  

Presidente: Bene. L’udienza è tolta per oggi.

16 Marzo 1998 71° udienza processo Compagni di Merende

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