Mostro di Firenze, depositata in procura una nuova perizia su una lettera anonima del 1985
«In me la notte non finisce mai». Fu il Mostro di Firenze a scrivere questa inquietante frase contenuta in una lettera anonima pervenuta alla redazione de La Nazione il 20 settembre 1985? Meno di due settimane prima la Beretta calibro 22 aveva ucciso a Scopeti l’ottava e ultima coppia della lunga serie iniziata a Signa nel 1968. Molti ritennero che quella missiva, scritta a penna, con un testo suggestivo e di sfida, fosse autentica e compatibile con la psicopatologia dell’assassino ma una conferma non è mai arrivata, nemmeno dopo i processi a Pietro Pacciani e le discusse condanne in via definitiva a Mario Vanni e Giancarlo Lotti.
Oggi grazie a una ricerca compiuta dal seguitissimo e ben documentato blog Insufficienza di Prove arriva un nuovo colpo di scena: a scrivere quella lettera potrebbe essere stato Salvatore Vinci. A dirlo è una perizia grafologica curata dalla dottoressa Sara Codella, consulente del Tribunale di Venezia, specializzata in grafologia criminologa e collaboratrice della trasmissione Chi la visto?
Su richiesta di Francesco Cappelletti, autore del blog e di alcuni libri dedicati alla vicenda del Mostro di Firenze, il perito ha confrontato la lettera anonima spedita alla Nazione con una ricevuta fiscale emessa dall’azienda Pic (Pronto intervento casa) di Salvatore Vinci. Quest’ultima è stata compilata e emessa il 21 ottobre 1982 a carico di Luisa Meoni (poi trovata uccisa due anni dopo nella sua abitazione per soffocamento). Salvatore Vinci è entrato nella lunga e dolorosa scia di sangue del Mostro nel 1968 perché è stato uno degli amanti della prima vittima femminile ma soprattutto perché indagato con l’accusa di essere stato l’autore dei duplici omicidi delle coppiette. Il suo nome uscì definitivamente dalle indagini nel 1989 (con la fine della cosiddetta «pista sarda»).
Il confronto della lettera G scritta nella ricevuta e nella lettera anonima
Secondo la dottoressa Codella ci sono numerose affinità tra i caratteri manoscritti nella lettera e quelli della ricevuta. Nelle conclusioni si legge che «Le numerose concordanze rilevate in sede di confronto fanno propendere la sottoscritta per un giudizio di omografia». La consulenza, di tipo stragiudiziale, è stato depositata nei giorni scorsi in Procura a Firenze e chissà che non possa aprire nuovi scenari. Cappelletti, pur avendo compiuto questa importante scoperta, rimane cauto. «Se anche Salvatore Vinci fosse veramente l’autore della missiva anonima – si legge su Insufficienza di Prove – non lo si può ritenere automaticamente il mostro di Firenze, potrebbe semplicemente aver voluto dilettarsi con coloro che a quei tempi lo tenevano sotto stretta osservazione; burlarsi di quanti hanno cercato di incastrarlo senza esservi riusciti. Indubbiamente la sfrontatezza e l’audacia è a dir poco singolare ma del resto Salvatore Vinci era tutt’altro che una persona banale ed ordinaria».
L’ultimo capitolo di questa lunga storia vede il coinvolgimento di Giampiero Vigilanti, l’ex legionario originario di Vicchio e residente ormai da molti anni a Prato che nel 2017 fu iscritto nel registro degli indagati per il concorso negli otto duplici delitti compiuti nella campagna fiorentina tra il 1968 e il 1985. Il pm fiorentino Luca Turco ne ha poi chiesto l’archiviazione, alla quale è stata fatta opposizione dall’avvocato dei familiari delle ultime vittime. Alla soglia dei 90 anni Vigilanti è dunque è ancora sub iudice nell’inchiesta più nota e seguita della cronaca nera italiana.