Dopo la perquisizione durata 15 ore nella sua abitazione
e nel suo studio Francesco Bruno annuncia un ricorso
Caso Pacciani, il criminologo: “Finalmente potrò parlare”
“A distanza di 7 anni potrò finalmente accennare alle piste
di cui feci cenno nella mia memoria di perito di parte
ROMA – “Non si va a casa di un avvocato a prendere la documentazione relativa a una vicenda”. Il paragone, forte, è di Francesco Bruno, criminologo di professione, l’uomo che fece parte del collegio difensivo di Pietro Pacciani, il “mostro di Firenze”. Il professor Bruno annuncia un ricorso contro la perquisizione subita ieri e conclusasi nella notte. Per quindici ore, gli inquirenti hanno frugato nella sua abitazione, nel suo studio privato e in quello all’Università di Roma. Ma si dice anche “contento” perché dopo sette anni potrà finalmente parlare delle piste investigative di cui fece cenno nella sua memoria di perito di parte. Documenti che – afferma – consegnò nel ’94 al processo contro il “mostro”. E quindi noti.
Francesco Bruno commenta così gli sviluppi dell’inchiesta bis sui delitti di di Firenze. Un nuovo filone d’indagine: la caccia ai mandanti dei delitti, a chi avrebbe ordinato gli omicidi. All’inizio di agosto, infatti, il capo della mobile Giuttari ha consegnato in Procura un lungo dossier nel quale per la prima volta si parla di una setta dietro i delitti del “mostro”. Un gruppo di insospettabili, persone protette e potenti, pronti a pagare milioni per quei delitti.
L’altro nuovo filone di indagine riguarda la morte di Pietro Pacciani, trovato riverso a casa sua la domenica del 22 febbraio 1998. Subito si pensò a un ictus, ma poi la Procura si convinse che forse la morte non fosse accidentale. E nella primavera scorsa aprì una nuova inchiesta.
Sotto tiro, oltre al criminologo Francesco Bruno, anche un uomo dei servizi segreti, uno 007 che giorni fa ha subito la stessa perquisizione. Nessuno dei due uomini è comunque indagato. Ma Francesco Bruno dopo 15 ore di perquisizione ha voluto alzare la voce. “Non capisco la scelta del metodo – ribadisce – perché avrei dato qualsiasi documento qualora qualcuno me lo avesse semplicemente chiesto. Nonostante ciò ho offerto agli inquirenti, a cui non ho mai nascosto niente, tutta la collaborazione possibile”. Il docente di criminologia si dice anche convinto però che dietro la scelta del metodo usato dagli inquirenti per venire in possesso dei suoi documenti “ci siano fondati motivi” che non possono però “essere altro che calunnie”.
Interviene anche l’avvocato Nino Marazzita, uno dei difensori “storici” di Pietro Pacciani e al quale si è rivolto in questi giorni il criminologo Francesco Bruno per farsi assistere nella vicenda. “Mi pare che ormai si sia a livelli di favola – dice Marazzita – come trama investigativa e d’inchiesta e come in tutte le favole ci si trova di fronte a fantasie illimitate”. “Si poteva chiedere a un serio professionista di aprire il proprio archivio”, senza arrivare a un mandato di perquisizione che sembra un fatto “intimidatorio e di poca civiltà”. Solo domani Francesco Bruno incontrerà il capo della mobile Giuttari.
(5 settembre 2001)
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