Nuove accuse contro il giornalista Fu lui a inviare i proiettili ai pm
FIRENZE – Non solo l’ asta guidamolla inviata ai carabinieri, ma anche i tre proiettili calibro 22 spediti ai magistrati nell’ 85. Più che un sospetto è un elemento che potrebbe essere confermato presto dalle perizie: Giovanni Spinoso, il giornalista Rai accusato di frode processuale per aver spedito nel ‘ 92 ai carabinieri di San Casciano un pezzo di pistola insieme ad una lettera anonima, avrebbe inviato anche altri messaggi senza firma, ipotizzano gli investigatori. Fra questi, le tre lettere arrivate in procura nell’ ottobre ’85. Buste con ritagli di giornali sul mostro e tre proiettili calibro 22, stesso tipo di quelli del mostro. Si attendono i risultati della perizia sulla saliva utilizzata per chiudere le buste e sulla macchina da scrivere del biglietto. I primi riscontri sarebbero già nelle mani degli investigatori, che però attendono ulteriori verifiche e conferme. Importanti soprattutto le analisi sulla saliva attraverso la quale si può arrivare al gruppo sanguigno e al Dna. «Sono indagini delicate, lunghe e prima di crocifiggere una persona è bene concluderle» avvisa il procuratore capo Antonino Guttadauro. Le lettere giunsero ai magistrati Pier Luigi Vigna, Francesco Fleury e Paolo Canessa. In ogni busta c’ erano fotocopie di ritagli di giornali e un dito di guanti da chirurgo tagliato con dentro il proiettile calibro 22. Il messaggio aveva il sapore della sfida: «Poveri fessi. Vi bastano uno a testa». Il ritaglio del giornale, invece, suonava come un avviso, un suggerimento: «Altro errore del mostro. La notte del delitto tutte le strade erano controllate e la sua auto potrebbe essere stata segnalata da un casellante». Ma c’ è un’ altra lettera anonima su cui il capo della squadra mobile Michele Giuttari e il pm Paolo Canessa indagano per scoprire chi l’ ha inviata e sulla quale il mistero è molto più fitto. E’ la lettera arrivata al sostituto procuratore Silvia Della Monica, il 10 settembre 1985. L’ anonimo la imbucò da San Piero a Sieve la notte del 9, presumibilmente subito dopo gli omicidi di Jean Michel Kraveichvilj e Nadine Mauriot, uccisi a Scopeti e trovati morti nel pomeriggio del 10. Nella lettera c’ era un frammento del seno di Nadine Mauriot, mutilata dall’ assassino. Molte le differenze con gli anonimi del proiettile. Nel caso della busta per Silvia Della Monica, il destinatario è scritto col cognome prima del nome e il testo confezionato con lettere ritagliate dal giornale. Fra l’ altro l’ indirizzo presenta un errore: “Procura della Republica”. Nelle buste coi proiettili invece Repubblica è scritta correttamente, anche se il testo battuto a macchina è sgrammaticato. Ma l’ inchiesta va avanti anche rileggendo le vecchie testimonianze alla luce delle nuove rivelazioni. Fra queste quella di Maria Consolata Corti, figlia di un questore. La donna disse nel 1990 che il mostro era un uomo dei servizi segreti, legato ad una setta. A maggio gli inquirenti hanno riascoltato la donna che oggi dice: «Non commento, allora deliravo». Intanto presto dovrebbe chiudersi il caso dell’ aggressione alla moglie di Pietro Pacciani, per la quale è indagata la vedova di un ginecologo. Ancora lontana, invece, la chiusura sul capitolo della donna bruciata a Calenzano pochi giorni prima del duplice delitto di Vicchio nell’ 84: gli investigatori ritengono che anche questo omicidio sia legato alla storia del mostro.
GIANLUCA MONASTRA
Una sostanza nel sangue del contadino ha insospettito gli esperti che indagano sulla sua morte
Pacciani, ecco il farmaco Killer
FIRENZE – Un farmaco controindicato per un soggetto come lui, obeso, diabetico, cardiopatico, sopravvissuto a tre infarti, attaccato alla bottiglia. Un farmaco che non avrebbe mai dovuto essere prescritto a un uomo di 73 anni, nelle sue condizioni di salute. Eppure tracce di quella sostanza sarebbero state trovate nel sangue di Pietro Pacciani.
La perizia dei tossicologi forensi Francesco Mari ed Elisabetta Bertol è quasi conclusa. Verranno compiute alcune verifiche e forse la relazione sarà consegnata con qualche giorno di ritardo. Ma due punti sembrano assodati. Fra le innumerevoli medicine trovate nella casa di Mercatale, dove Pietro Pacciani è morto nel febbraio ’98, ce ne erano alcuni che avrebbero potuto indurre un infarto, o aggravare una situazione già compromessa. E, quel che è più importante, tracce di una di queste sostanze sarebbero state trovate nei liquidi organici di Pacciani.
La consulenza tecnica disposta dal Pm Paolo Canessa è stata molto complessa. I due specialisti hanno dovuto riordinare miriadi di ricette e di farmaci trovati nella casa. C’erano medicine prescritte dal suo medico curante e dagli specialisti ospedalieri (l’ultimo ricovero era dell’ottobre ’97). C’era anche una prescrizione del professor Francesco Bruno, il medico psichiatra e consulente del Sisde che ha assistito Pacciani nei processi per i delitti del mostro.
I tossicologi hanno studiato anche eventuali interferenze di farmaci che potrebbero aver causato o concausato l’infarto. Chi lo ha frequentato negli ultimi mesi ricorda un evidente declino fisico. La giornalista Gabriella Carlizzi ha raccontato alla polizia che nel dicembre ’97 lo psicologo Aurelio Mattei, consulente del Sisde, le manifestò l’opinione che Pacciani sarebbe morto prima del nuovo processo d’appello. E intanto si scopre che nel ’52, mentre era in carcere per l’omicidio dell’amante della fidanzata, Pacciani avrebbe tentato il suicidio.
https://www.repubblica.it/online/cronaca/pacciani/farmaco/farmaco.html?ref=search