Il 5 giugno 2002 rilascia testimonianza Antonio De Blasi, Maresciallo Capo dei Carabinieri, nel procedimento n. 178697/01 R.G. mod. 44, in Perugia presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, dinanzi al Pubblico Ministero Dr. Giuliano Mignini sost., assistito dal Tenente Antonio Morra, Comandante del Nucleo Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Perugia, alla presenza del_M.llo A s UPS Mario Fringuello.
Questo il verbale: De Blasi Antonio 05.06.2002
Questa la trascrizione:
Domanda : ” Cosa ricorda della scomparsa e della morte avvenuta nel 1985 del Prof. Francesco Narducci?”
Risposta : ” All’epoca ero in servizio quale sottordine alla Stazione CC. di Castel del Piano con il grado di Vice Brigadiere. Ricordo che durante il periodo relativo alla scomparsa del Professor Narducci, quando ancora non era stato rinvenuto il cadavere, ricevetti una telefonata dall’allora comandante della Compagnia di Perugia, Capitano Di Carlo, con la quale l’ufficiale mi preannunciava che l’indomani ci sarebbe stata una battuta, a cui avrebbero preso parte altri militari e anche appartenenti alla Polizia di Stato, senza specificare né il luogo né il motivo della battuta. L’unica cosa che ci disse fu quella di vestirci tipo cacciatori o contadini con stivali di gomma e jeans per non dare nell’occhio. Successivamente, dopo qualche ora arrivò in caserma un fonogramma con il quale il capitano DI CARLO ci ordinava di partecipare sempre senza indicare la zona, se ben ricordo; rammento che il tutto mi apparve come un’azione molto riservata. A quella battuta ricordo che parteciparono quattro persone della mia Stazione tra i quali, se non erro, l’allora appuntato MANDADORI Franco che presta ancora servizio a quella Stazione come Brigadiere. Non Ricordo altro. La mattina dopo intorno alle 04,30 aspettavamo le direttive dalla Centrale Operativa dinanzi alla Caserma di Castel del Piano. Poco dopo arrivò l’ordine via radio di portarci verso il Lago Trasimeno, non sapevamo altro. Durante il tragitto l’operatore ci ordinò di portarci verso il molo di San Feliciano. Arrivati, quindi, al molo ci incontrammo con altri militari e poliziotti e ricordo che essendo arrivato a Perugia l’anno prima non conoscevo quasi nessuno. A comandare i militari dell’Arma vi era o il Capitano Di Carlo o il Tenente FIORAVANTI, all’epoca comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia CC. di Perugia. Non ricordo con assoluta precisione, comunque, chi fosse a comandare i militari dell’Arma. Non sono sicuro ma credo che a coordinare la polizia vi fosse il Dirigente della Mobile Dr. Speroni. Poco dopo siamo saliti sul battello e ci hanno portati, credo che fossimo in tutto circa cinquanta elementi, nell’isola Polvese. Una volta giunti venne indetto un briefing con il quale ci dissero che dovevamo pattugliare l’isola alla ricerca dello scomparso Prof. NARDUCCI. Non ricordo se altri militari o poliziotti siano stati inviati presso le altri isole del lago Trasimeno e che giorno della settimana fosse, però ricordo che il cadavere riapparve o venne rinvenuto due giorni dopo di questo servizio. A questo punto credo che tale battuta venne il giorno 11 ottobre. Voglio aggiungere che la data e i partecipanti si possano desumere dai memoriali del servizio dell’epoca. Durante la battuta vi erano anche dei giornalisti che scattarono a noi tutti delle foto. La battuta ebbe esito negativo e verso le ore 12,00 circa facemmo rientro a terra così come da ordini ricevuti. Voglio aggiungere un elemento dato da una confidenza fattami da un collega all’epoca vice brigadiere DE MATTIA Salvatore, che allora era in servizio quale sottordine alla Stazione CC. di Magione. Un giorno, credo fossimo alla Compagnia CC. di Perugia, sita in Via Mario Angeloni, 39, incontrai il collega DE MATTIA oggi in servizio presso il Nucleo Carabinieri Aeroporto di Fiumicino, così riferitomi dal Brig. Mancinelli Luciano, in servizio presso la Stazione CC. Di Perugia Fortebraccio, che mi ha anche fornito il numero del cellulare che corrisponde a: 360/242718. In quella occasione finimmo a parlare della storia relativa ai delitti del “mostro di Firenze” ed il collega mi confidò che vi erano collegamenti tra la storia di Firenze e la morte del Prof. Francesco Narducci in quanto lo stesso era sospettato di essere lui il mostro di Firenze e che si era suicidato, forse per un rimorso di coscienza. Aggiunse anche che il medico si uccise nel lago assumendo prima dei barbiturici, perché altrimenti si sarebbe salavato essendo anche un ottimo nuotatore. Andando avanti con il discorso il Brig. DE MATTIA mi confidò che lui medesimo, unitamente ad altre persone della Stazione di Magione, senza farmi nomi, erano venuti a conoscenza, dopo la morte dello stesso Professore, del fatto che questi fosse proprietario di un appartamento credo, a Firenze o nei suoi dintorni, del cui acquisto non erano a conoscenza né la moglie, né i genitori e nemmeno altri parenti. Il collega aggiunse, e lo ricordo perfettamente, che si recò assieme ai colleghi in una casa a Firenze o dintorni dove effettuarono una perquisizione domiciliare senza però trovare nulla in quanto erano stati mandati lì per rinvenire le parti anatomiche femminili escisse in occasione dei delitti. Mi aggiunse, inoltre, che purtroppo erano arrivati troppo tardi perché qualcuno li aveva preceduti, facendo sparire i feticci e quindi le prove, e si pensava fosse stato il padre il quale non conoscendo l’esistenza di questa casa, non appena ne venne a conoscenza, quasi in contemporanea con i Carabinieri, li avrebbe anticipati sul tempo. Mi disse anche il motivo di questa corsa del padre era dovuta al fatto che per la famiglia, molto nota e importante, sarebbe stato uno scandalo insopportabile. Il collega mi disse anche che il padre era intervenuto a colpo sicuro sull’appartamento perché aveva dei sospetti sulle devianze sessuali del figlio.
Domanda : ” Ritiene attendibili le dichiarazioni fattele dal collega DE MATTIA?”
Risposta : ” Penso di sì perché lo reputavo e lo reputo una persona seria e professionalmente valido. Anche nell’ambito della Compagnia Carabinieri il Brig. DE MATTIA era abbastanza stimato.
A.D.R. non escludo che tali confidenze siano state fatte in presenza anche del Brig. MANCINELLI Luciano e non escludo che quest’ultimo possa aver anch’egli raccolto tali confidenze dal DE MATTIA.”
A.D.R. non sono a conoscenza del fatto che il M.llo Bruni all’epoca Comandante della Stazione di Magione e diretto superiore del DE MATTIA fosse a conoscenza di tali fatti ma è inconcepibile che un sottordine faccia un’azione così delicata senza portare a conoscenza il proprio superiore.
A.D.R. ricordo con certezza che non fui io a chiedere della perquisizione. Il tutto nacque nel corso di una conversazione sui fatti legati al mostro di Firenze. Ricordo anche che il mio collega non poteva aggiungere altro perché vi era il segreto istruttorio. Ricordo che gli chiesi come mai per una cosa del genere fossero intervenuti loro e non un Nucleo Operativo, certamente più specializzato per una cosa del genere. Lui mi disse che visto che a procedere al rinvenimento erano stati loro e visti anche gli elementi raccolti fino a quel momento volevano essere loro a fare qualche indagine. Ricordo che dopo non volle più aggiungere niente, né io insistetti. Il collega comunque mi disse che i superiori a livello Comando Compagnia ne erano a conoscenza
Domanda : ” Le sembrò serio quando le raccontò questi fatti? ”
Risposta : ” Direi di sì sia per la persona che era seria e sia per l’euforia data dal fatto di aver scoperto qualcosa o di aver partecipato a qualcosa di importante. Penso che mi confidò questa cosa perché aveva stima di me e si fidava molto.
Null’altro ricordo.
Chiuso alle ore 16,45
Dichiarava di aver ricevuto confidenze dal collega Salvatore De Mattia relativamente al fatto che c’erano collegamenti tra la morte del Narducci e i delitti del Mostro di Firenze. Aveva saputo anche che il medico era proprietario di un appartamento a Firenze o nei dintorni e che di questa disponibilità nessuno dei suoi familiari ne era al corrente. A tal proposito aveva appreso che il De Mattia con suoi colleghi si era recato in quella casa allo scopo di rinvenire le parti anatomiche femminili escisse in occasione dei delitti, ma l’esito della perquisizione era stato negativo poiché erano stati preceduti da qualcuno (forse il padre del medico). Gides 2 Marzo 2005 Nota riassuntiva Nr.133/05/GIDES Pag.124
Questo uno stralcio della testimonianza:
Domanda: “Cosa ricorda della scomparsa e della morte avvenuta nel 1985 del Prof. Francesco Narducci?”
(..) All’epoca ero in servizio quale sottordine alla Stazione CC di Castel del Piano con il grado di Vice Brigadiere. Ricordo che durante il periodo relativo alla scomparsa del Professor NARDUCCI, quando ancora non era stato rinvenuto il cadavere, ricevetti una telefonata dall’allora comandante della Compagnia di Perugia, Capitano Di Carlo, con la quale l’ufficiale mi preannunciava che l’indomani ci sarebbe stata una battuta, a cui avrebbero preso parte altri militari e anche appartenenti alla Polizia di Stato, senza specificare né il luogo né il motivo della battuta. L’unica cosa che ci disse fu quella di vestirci tipo cacciatori o contadini con stivali di gomma e jeans per non dare nell’occhio.
Successivamente, dopo qualche ora arrivò in caserma un fonogramma con il quale il capitano DI CARLO ci ordinava di partecipare sempre senza indicare la zona, se ben ricordo; rammento che il tutto mi apparve come un’azione molto riservata.
A quella battuta ricordo che parteciparono quattro persone della mia Stazione tra i quali, se non erro, l’allora appuntato MANDADORI FRANCO che presta ancora servizio a quella Stazione come Brigadiere. Non ricordo altro. La mattina dopo intorno alle 04,30 aspettavamo le direttive dalla Centrale Operativa dinanzi alla Caserma di Castel del Piano. Poco dopo arrivò l’ordine via radio di portarci verso il Lago Trasimeno, non sapevamo altro. Durante il tragitto l’operatore ci ordinò di portarci verso il molo di San Feliciano. Arrivati, quindi, al molo ci incontrammo con altri militari e poliziotti e ricordo che essendo arrivato a Perugia l’anno prima non conoscevo quasi nessuno. A comandare i militari dell’Arma vi era o il Capitano DI CARLO o il Tenente FIORAVANTI, all’epoca comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia CC di Perugia. Non ricordo con assoluta precisione, comunque, chi fosse a comandare i militari dell’Arma.
Non sono sicuro ma credo che a coordinare la polizia vi fosse il Dirigente della Mobile Dr. Speroni. Poco dopo siamo saliti sul battello e ci hanno portati, credo che fossimo in tutto circa cinquanta elementi, nell’isola Polvese. Una volta giunti venne indetto un briefing con il quale ci dissero che dovevamo pattugliare l’isola alla ricerca dello scomparso Prof. NARDUCCI. Non ricordo se altri militari o poliziotti siano stati inviati presso le altre isole del Lago Trasimeno e che giorno della settimana fosse, però ricordo che il cadavere riapparve o venne rinvenuto due giorni dopo di questo servizio. A questo punto credo che tale battuta venne il giorno 11 ottobre. Voglio aggiungere che la data e i partecipanti si possono desumere dai memoriali del servizio dell’epoca. Durante la battuta vi erano anche dei giornalisti che scattarono a noi tutti delle foto. La battuta ebbe esito negativo e verso le ore 12,00 circa facemmo rientro a terra così come da ordini ricevuti.
Voglio aggiungere un elemento dato da una confidenza fattami da un collega all’epoca vice brigadiere DE MATTIA SALVATORE, che allora era in servizio quale sottordine alla Stazione CC di Magione. Un giorno, credo fossimo alla Compagnia CC di Perugia (..), incontrai il collega DE MATTIA oggi in servizio presso il Nucleo Carabinieri Aeroporto di Fiumicino, così riferitomi dal Brig. MANCINELLI LUCIANO, in servizio presso la Stazione CC di Perugia Fortebraccio, che mi ha anche fornito il numero del cellulare che corrisponde a: 360/242718. In quella occasione finimmo a parlare della storia relativa ai delitti del “mostro di Firenze” ed il collega mi confidò che vi erano collegamenti tra la storia di Firenze e la morte del Prof. FRANCESCO NARDUCCI in quanto lo stesso era sospettato di essere lui il mostro di Firenze e che si era suicidato, forse per un rimorso di coscienza. Aggiunse anche che il medico si uccise nel lago assumendo prima dei barbiturici, perché altrimenti si sarebbe salvato essendo anche un ottimo nuotatore. Andando avanti con il discorso il Brig. DE MATTIA mi confidò che lui medesimo, unitamente ad altre persone della Stazione di Magione, senza farmi nomi, erano venuti a conoscenza, dopo la morte dello stesso Professore, del fatto che questi fosse proprietario di un appartamento credo, a Firenze o nei suoi dintorni, del cui acquisto non erano a conoscenza né la moglie, né i genitori e nemmeno altri parenti. Il collega aggiunse, e lo ricordo perfettamente, che si recò assieme ai colleghi in una casa a Firenze o dintorni dove effettuarono una perquisizione domiciliare senza però trovare nulla in quanto erano stati mandati lì per rinvenire le parti anatomiche femminili escisse in occasione dei delitti. Mi aggiunse, inoltre, che purtroppo erano arrivati troppo tardi perché qualcuno li aveva preceduti, facendo sparire i feticci e quindi le prove, e si pensava fosse stato il padre il quale non conoscendo l’esistenza di questa casa, non appena ne venne a conoscenza, quasi in contemporanea con i Carabinieri, li avrebbe anticipati sul tempo.
Mi disse anche che il motivo di questa corsa del padre era dovuta al fatto che per la famiglia, molto nota e importante, sarebbe stato uno scandalo insopportabile. Il collega mi disse anche che il padre era intervenuto a colpo sicuro sull’appartamento perché aveva dei sospetti sulle devianze sessuali del figlio.
Domanda: “Ritiene attendibili le dichiarazioni fattele dal collega DE MATTIA?”
(..) “Penso di sì perché lo reputavo e lo reputo una persona seria e professionalmente valido. Anche nell’ambito della Compagnia Carabinieri il Brig. DE MATTIA era abbastanza stimato. (..) Non escludo che tali confidenze siano state fatte in presenza anche del Brig. MANCINELLI LUCIANO e non escludo che quest’ultimo possa aver anch’egli raccolto tali confidenze dal DE MATTIA. (..) Non sono a conoscenza del fatto che il M.llo Bruni all’epoca Comandante della Stazione di Magione e diretto superiore del DE MATTIA fosse a conoscenza di tali fatti ma è inconcepibile che un sottordine faccia un’azione così delicata senza portare a conoscenza il proprio superiore.
(..) Ricordo con certezza che non fui io a chiedere della perquisizione. Il tutto nacque nel corso di una conversazione sui fatti legati al mostro di Firenze. Ricordo anche che il mio collega non poteva aggiungere altro perché vi era il segreto istruttorio. Ricordo che gli chiesi come mai per una cosa del genere fossero intervenuti loro e non un Nucleo Operativo, certamente più specializzato per una cosa del genere. Lui mi disse che visto che a procedere al rinvenimento erano stati loro e visti anche gli elementi raccolti fino a quel momento volevano essere loro a fare qualche indagine. Ricordo che dopo non volle più aggiungere niente, né io insistetti. Il collega comunque mi disse che i superiori a livello Comando Compagnia ne erano a conoscenza.
Domanda: “Le sembrò serio quando le raccontò questi fatti?”
(..) Direi di sì sia per la persona che era seria e sia per l’euforia data dal fatto di aver scoperto qualcosa o di aver partecipato a qualcosa di importante. Penso che mi confidò questa cosa perché aveva stima di me e si fidava molto. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 736/737/738